Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Finanziaria 2008 - Legge 24 dicembre 2007, n. 244 - Schede di lettura (articolo 2, commi 1-303)
Riferimenti:
L n. 244 del 24-DIC-07     
Serie: Progetti di legge    Numero: 292    Progressivo: 11
Data: 31/01/2008
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
Altri riferimenti:
AC n. 3256/XV   AS n. 1817/XV


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

 

Finanziaria 2008

Legge 24 dicembre 2007, n. 244

Schede di lettura

(articolo 2, commi 1-303)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 292/11

Tomo III

Edizione aggiornata

 

14 marzo 2008


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il presente dossier si compone dei seguenti tomi:

§      Tomo I: articolo 1, commi 1-166;

§      Tomo II: articolo 1, commi 167-387;

§      Tomo III: articolo 2, commi 1-303;

§      Tomo IV: articolo 2, commi 304-642;

§      Tomo V: articolo 3.

Le schede sono aggiornate con riferimento alle modifiche al testo apportate dal D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31 e alle misure attuative intervenute entro la data del 31 gennaio 2008.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coordinamento: Dipartimento Bilancio e politica economica

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: ID0020s3.doc


INDICE

 

 

Tomo III

 

Schede di lettura (articolo 2, commi 1-303)

§      Articolo 2, comma 1 (Scioglimento dei consigli comunali nei casi di mancata approvazione del bilancio)3

§      Articolo 2, comma 2 (Determinazione dei trasferimenti erariali agli enti locali per il 2008)7

§      Articolo 2, comma 3 (Compartecipazione delle province al gettito IRPEF)11

§      Articolo 2, comma 4 (Esclusione di restituzioni di somme versate a fini ICI)13

§      Articolo 2, comma 5 (Disposizioni finanziarie per la regione Friuli-Venezia Giulia)15

§      Articolo 2, comma 6 (Soppressione norme sulla riqualificazione urbana)18

§      Articolo 2, comma 7 (Pubbliche affissioni)20

§      Articolo 2, comma 8 (Utilizzo dei proventi delle concessioni e delle sanzioni in materia edilizia)22

§      Articolo 2, comma 9 (Disposizioni varie per gli enti locali – Fondo delle entrate erariali per prestazioni di servizi non commerciali degli enti locali territoriali )23

§      Articolo 2, comma 10 (Finanziamenti a favore dei piccoli comuni)25

§      Articolo 2, comma 11 (Contributo ai comuni per l’attuazione della direttiva 2004/38/CE)26

§      Articolo 2, comma 12 (Uffici unici di avvocatura degli enti locali)29

§      Articolo 2, comma 13 (Utilizzo dell’avanzo di amministrazione per l’estinzione anticipata di prestiti)31

§      Articolo 2, comma 14 (Destinazione dei contributi residui per le alluvioni del 1994)33

§      Articolo 2, comma 15 (Trasferimento ai comuni degli alloggi per i profughi)35

§      Articolo 2, commi 16-22 (Comunità montane: razionalizzazione e contenimento dei costi)38

§      Articolo 2, commi 23-32-bis (Contenimento dei costi per la rappresentanza nei consigli circoscrizionali, comunali, provinciali e degli assessori comunali e provinciali)51

§      Articolo 2, commi 33-34 (Norma di indirizzo alle regioni per la riduzione dei costi derivanti da duplicazione di funzioni)81

§      Articolo 2, commi 35-37 (Norme sui Consorzi di bonifica)83

§      Articolo 2, comma 38 (Rideterminazione degli Ambiti territoriali ottimali)86

§      Articolo 2, comma 39-39-bis (Modifiche alla disciplina dei conti intrattenuti dal Tesoro per la gestione delle disponibilità liquide)90

§      Articolo 2, comma 40 (Fondo nazionale per la montagna)94

§      Articolo 2, commi 41-43 (Fondo di sviluppo delle isole minori)96

§      Articolo 2, comma 44 (Integrazione del Fondo per le aree svantaggiate confinanti con le Regioni a statuto speciale)99

§      Articolo 2, comma 45 (Ente italiano montagna)102

§      Articolo 2, commi 46-49 (Attuazione dei piani di rientro regionali in materia sanitaria)104

§      Articolo 2, commi 50-51 (Condizioni di accesso al Fondo transitorio per i disavanzi regionali)109

§      Articolo 2, commi 52-54 (Ripartizione delle risorse rivenienti dalle riduzioni di cui all’articolo 1, comma 320, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.)112

§      Articolo 2, commi 55-58 (Razionalizzazione degli organici e del personale utilizzato dagli uffici locali all’estero)116

§      Articolo 2, commi 59-69 (Organizzazione del vertice «G8» in Italia ed altri adempimenti internazionali)122

§      Articolo 2, comma 70 (Collettività italiane all’estero)137

§      Articolo 2, commi 71-74 (Sviluppo professionale delle Forze armate)140

§      Articolo 2, commi 75-77 (Nucleo operativo del Corpo forestale dello Stato di tutela ambientale)145

§      Articolo 2, commi 78-81 (Misure a sostegno di personale operante in aree militari e nei poligoni di tiro e incremento del fondo bonifiche delle aree militari)148

§      Articolo 2, commi 82-83 (Razionalizzazione del sistema delle intercettazioni telefoniche, ambientali e altre forme di comunicazione informatica o telematica)153

§      Articolo 2, commi 84-85 (Misure in favore della giustizia minorile)156

§      Articolo 2, commi 86-88 (Norme per il finanziamento dell’OIC, dell’IASB e dell’EFRAG)158

§      Articolo 2, commi 89-90 (Criteri per il calcolo dell’indennità di espropriazione)161

§      Articolo 2, commi 91-96 (Riattribuzione delle funzioni istituzionali del personale in posizione di comando appartenente alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco)167

§      Articolo 2, comma 97 (Potenziamento della sicurezza e del soccorso pubblico)175

§      Articolo 2, commi 98-99 (Sicurezza della navigazione)178

§      Articolo 2, commi 100-101 (Assunzioni di personale civile già alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica)180

§      Articolo 2, commi 102-104 (Istituzione del Fondo per la legalità)181

§      Articolo 2, comma 105 (Benefici in favore delle vittime della criminalità organizzata e del dovere)184

§      Articolo 2, comma 106 (Modifiche alla legge 3 agosto 2004, n. 206, concernente le vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice)190

§      Articolo 2, commi 107-109 e 112-115 (Disposizioni connesse a vari eventi calamitosi e per contrastare gli incendi boschivi)199

§      Articolo 2, commi 110-111 (Definizione automatica debiti tributari e previdenziali degli enti operanti nel settore sanitario e aventi sede in Molise, Sicilia e Puglia)208

§      Articolo 2, commi 116-117 (Recupero tributi e contributi sospesi nei territori colpiti da eventi calamitosi del Molise e delle province di Foggia e Catania. Estensione dei benefici fiscali nei comuni colpiti da calamità naturali)212

§      Articolo 2, commi 118-119 (Interventi a favore di zone colpite da eccezionali eventi alluvionali)216

§      Articolo 2, commi 120-121 (Pesca e vittime del mare)217

§      Articolo 2, commi 122-123 (Dotazione del fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera in Italia)220

§      Articolo 2, comma 124 (Rafforzamento della filiera agroenergetica)224

§      Articolo 2, comma 125 (Interventi per il settore dell’apicoltura)226

§      Articolo 2, comma 126 (Sospensione temporanea delle esecuzioni forzose in danno di imprenditori agricoli della regione Sardegna)228

 

 

§      Articolo 2, commi 127-132 (Trasparenza del mercato agroalimentare ed accesso all’acquisto dei prodotti alle fasce sociali di disagio)231

§      Articolo 2, comma 133 (Interventi nel settore dell’irrigazione)235

§      Articolo 2, comma 134 (Sviluppo della multifunzionalità nel settore agroforestale)239

§      Articolo 2, comma 135 (Interventi in favore delle aziende siciliane colpite da plasmopara viticola)241

§      Articolo 2, commi 136-138 (Incentivi alle fonti energetiche rinnovabili)244

§      Articolo 2, commi 139-140 (Biodiesel)249

§      Articolo 2, commi 141-142 (Disposizioni riguardanti il prezzo del metano e i progetti a vantaggio dei consumatori di energia elettrica)252

§      Articolo 2, commi 143-157 (Norme per l’incentivazione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili)255

§      Articolo 2, commi 158-161 (Norme per facilitare la diffusione di fonti energetiche rinnovabili)269

§      Articolo 2, commi 162-163 (Misure per il contenimento delle emissioni di CO2)278

§      Articolo 2, commi 164-166 (Connessione degli impianti, acquisto e trasmissione dell’elettricità da fonti rinnovabili)282

§      Articolo 2, commi 167-172 (Armonizzazione delle funzioni dello Stato e delle regioni in materia di fonti rinnovabili)286

§      Articolo 2, commi 173-174 (Impianti fotovoltaici)290

§      Articolo 2, comma 175 (Disposizioni in materia di concorrenza e qualità dei servizi essenziali nel settore della distribuzione del gas)293

§      Articolo 2, comma 176 (Istituzione del Fondo per Piattaforma italiana per lo sviluppo dell’idrogeno e delle celle a combustibile)300

§      Articolo 2, commi 177-178 (Istituzione di fondi per l’agricoltura esente da organismi geneticamente modificati e nel campo delle biotecnologie)302

§      Articolo 2, commi 179-181 (Partecipazione a programmi europei ad alto contenuto tecnologico nei settori aeronautico, navale e terrestre)304

§      Articolo 2, commi 182-183 (Sostegno all’imprenditoria femminile)311

§      Articolo 2, comma 184 (Modifica al comma 842 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296)315

 

§      Articolo 2, commi 185-187 (Comitato nazionale italiano per il microcredito)316

§      Articolo 2, commi 188-190 (Disposizioni in materia di autoimprenditorialità)319

§      Articolo 2, comma 191 (Rimodulazione patti territoriali e contratti di area)324

§      Articolo 2, comma 192 (Sede universitaria di ingegneria a Genova nell’area di Erzelli)326

§      Articolo 2, commi 193-195 (Misure per la crescita della competitività dell’offerta del sistema turistico nazionale)328

§      Articolo 2, commi 196-203 (Misure urgenti per la tutela dei consumatori in materia di prezzi)332

§      Articolo 2, commi 204-215 (Interventi a favore dell’industria cantieristica e delle imprese armatoriali)335

§      Articolo 2, commi 216-217 (Tonnage tax)342

§      Articolo 2, commi 218-220 (Ammortamento di alcuni beni mobili registrati)344

§      Articolo 2, comma 221 (Sgravio contributivo per le navi da cabotaggio)347

§      Articolo 2, commi 222-223 (Ulteriori interventi a favore dell’industria cantieristica e delle imprese armatoriali)348

§      Articolo 2, comma 224 (Sistema “Alta velocità/Alta Capacità” della Rete transeuropea di trasporto)351

§      Articolo 2, commi 225-227 (Interventi in favore dell’autotrasporto)354

§      Articolo 2, commi 228-253 (Miglioramento del sistema di trasporto nazionale per favorire l’intermodalità e l’utilizzo di mezzi meno inquinanti)358

§      Articolo 2, comma 254 (Somme da corrispondere alla società Trenitalia Spa in relazione agli obblighi di servizio pubblico)373

§      Articolo 2, comma 255 (Linee metropolitane)375

§      Articolo 2, comma 256 (Passante grande di Bologna)376

§      Articolo 2, commi 257-262 (Finanziamento delle infrastrutture di preminente interesse nazionale. Legge obiettivo)377

§      Articolo 2, comma 263 (Giochi del Mediterraneo del 2009)386

§      Articolo 2, commi 264-270(Fondo di garanzia per le opere pubbliche)388

§      Articolo 2, comma 271 (Interventi per i Campionati del mondo di nuoto di Roma 2009)393

§      Articolo 2, commi 272-274 (Interventi per i campionati del mondo di ciclismo su pista 2012 in provincia di Treviso)395

§      Articolo 2, comma 275 (Riduzione autorizzazione di spesa legge 157/1999)397

§      Articolo 2, commi 276-278 (Edilizia scolastica e penitenziaria)400

§      Articolo 2, commi 279-280 (Edilizia sanitaria)404

§      Articolo 2, commi 281-282 (Verifiche energetiche)409

§      Articolo 2, commi 283-284 (Riordino delle funzioni sanitarie penitenziarie)412

§      Articolo 2, commi 285-288 (Residenze di interesse generale destinate alla locazione)417

§      Articolo 2, commi 289-290 (Modifiche delle modalità di gestione dell’autostrada A4 – tronco Venezia-Trieste: federalismo infrastrutturale)420

§      Articolo 2, comma 291 (Interventi per la salvaguardia della città di Venezia)423

§      Articolo 2, comma 292 (Contributo per il sistema ferroviario metropolitano regionale veneto)427

§      Articolo 2, commi 293-298 (Sostegno alle imprese editrici e TV locali)428

§      Articolo 2, commi 299-300 (Sviluppo della banda larga e del digitale terrestre)439

§      Articolo 2, commi 301-302 (Modifiche al testo unico della radiotelevisione)445

§      Articolo 2, comma 303 (Sviluppo mercato postale)451

 


Schede di lettura
(articolo 2, commi 1-303)


 

Articolo 2, comma 1
(Scioglimento dei consigli comunali nei casi
di mancata approvazione del bilancio)

 

1. Ai fini dell’approvazione del bilancio di previsione degli enti locali e della verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio sono confermate, per l’anno 2008, le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2004, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° marzo 2005, n. 26.

 

 

Il comma 1 dell’articolo 2 conferma per l’anno 2008 l’applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 314 del 2004 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26/2005), concernenti l’ipotesi di scioglimento dei consigli comunali, ai fini dell’approvazione del bilancio di previsione degli enti locali e della verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio.

 

In sostanza, la disposizione citata richiama l’applicazione delle disposizioni recate per l’anno 2002 dall’articolo 1 del D.L. 22 febbraio 2002, n. 13 (legge n. 75/2002)[1], concernenti la procedura per lo scioglimento dei consigli comunali nei casi di mancata approvazione del bilancio di previsione nei termini stabiliti.

Più in particolare, le disposizioni richiamate disciplinano lo scioglimento dei consigli comunali nel caso in cui un comune non abbia predisposto lo schema di bilancio o approvato il bilancio stesso nei termini previsti dal testo unico degli enti locali (art. 141, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 267/2000), nonché nel caso in cui il consiglio non abbia adottato le necessarie misure per riportare in equilibrio il bilancio.

In tali casi, l’articolo 1 del D.L. n. 13/2002 attribuisce al prefetto i poteri, prima spettanti al Comitato regionale di controllo, relativi alla nomina del commissario ad acta incaricato di predisporre lo schema del bilancio ovvero di provvedere all’approvazione del bilancio stesso.

 

Lo scioglimento dei consigli comunali per mancata approvazione del bilancio di previsione, ovvero per mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio del bilancio, è previsto dall’articolo 141, comma 1, lettera c), del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000.

La disposizione stabilisce che i consigli comunali e provinciali vengano sciolti, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno, in presenza di determinate fattispecie, tra le quali, appunto, la mancata approvazione nei termini del bilancio[2].

In tale specifica ipotesi, l’art. 141 del TUEL prevede che trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla Giunta il relativo schema, l’organo regionale di controllo (CO.RE.CO.) nomina un commissario affinché predisponga lo schema d’ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso, e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l’organo regionale di controllo assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto, che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.

La norma prevista dal D.L. n. 13/2002, che assegna al prefetto la nomina del commissario ad acta, è stata introdotta a seguito dell’abrogazione dell’articolo 130 della Costituzione che individuava nel CO.RE.CO. l’organo cui era affidato il controllo di legittimità sugli atti degli enti locali, abrogazione disposta dall’art. 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione. In assenza di una disposizione transitoria, era sorto il problema di quale organo fosse legittimato a nominare i commissari ad acta che devono redigere o approvare un documento contabile essenziale per regolare la vita amministrativa dell’ente, anche nella fase intermedia tra scioglimento e rinnovo elettorale delle assemblee. Con l’articolo 1 del D.L. n. 13/2002 è stata quindiintrodotta una disciplina di carattere transitorio, diretta a colmare il vuoto normativo determinatosi con l’abrogazione della norma costituzionale.

Le norme del D.L. n. 13/2002, dettate per l’anno 2002, sono state richiamate da successivi provvedimenti legislativi, ed applicate anche negli anni 2003, 2004, 2005, 2006 e 2007.

 

La procedura introdotta dal D.L. n. 13/2002 e, di fatto, richiamata dal comma in esame, prevede che, trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato:

a)      nell’ipotesi di mancata predisposizione dello schema del bilancio da parte della Giunta, il prefetto nominerà un commissario per la predisposizione dell’atto d’ufficio e, successivamente, assegnerà al Consiglio un termine di venti giorni per l’adozione della relativa deliberazione;

b)      nell’ipotesi in cui lo schema di bilancio risulti già predisposto dalla Giunta, il prefetto dovrà assegnare al Consiglio, con atto notificato ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per l’adozione della relativa deliberazione.

 

Decorso inutilmente il termine assegnato al Consiglio per l’approvazione del bilancio, il prefetto si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente e inizia la procedura per lo scioglimento del Consiglio.

Va evidenziato in proposito che il comma 3 dell’art. 1 del D.L. n. 13/2002 afferma il principio per cui spetta agli statuti degli enti locali disciplinare, in tale ipotesi, le modalità di nomina del commissario per la predisposizione dello schema e per l’approvazione del bilancio.

L’attribuzione al prefetto dei poteri di nomina del commissario, pertanto, si applica soltanto nel caso in cui lo statuto comunale non detti una disciplina diversa.

In ogni caso, il termine entro il quale deve avere luogo l’approvazione del bilancio nel caso di ricorso alla nomina di un commissario è fissato in 50 giorni dalla scadenza di quello prescritto.

 

L’applicazione della procedura sopra illustrata si applica anche all’ipotesi di scioglimento per mancata adozione, da parte degli enti locali, dei provvedimenti di riequilibrio previsti dall’articolo 193 del D.Lgs. n. 267/2000.

 

Ai sensi dell’articolo 193 del Testo unico, gli enti locali sono tenuti, durante la gestione, al rispetto del pareggio finanziario e di tutti gli equilibri stabiliti in bilancio sia per la copertura delle spese correnti che per il finanziamento degli investimenti, secondo le norme contabili recate dal Testo unico.

Con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell’ente locale, e comunque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno, l’organo consiliare deve provvedere, con propria delibera, ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi. In tale sede l’organo consiliare dà atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, adotta contestualmente i provvedimenti necessari per il ripiano degli eventuali debiti fuori bilancio (di cui all’articolo 194), e per il ripiano dell’eventuale disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto approvato.

Qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di amministrazione o di gestione, il Consiglio adotta le misure necessarie a ripristinare il pareggio.

 

La mancata adozione, da parte dell’ente, dei suddetti provvedimenti di riequilibrio è equiparata ad ogni effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione di cui all’articolo 141 del Testo unico, e dà luogo alla procedura di scioglimento del Consiglio prevista in tale ipotesi.

 

 


 

Articolo 2, comma 2
(Determinazione dei trasferimenti erariali agli enti locali per il 2008)

 

2. I trasferimenti erariali per l’anno 2008 in favore di ogni singolo ente locale sono determinati in base alle disposizioni recate dall’articolo1, comma 696, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

 

Il comma 2 dell’articolo 2 provvede alla determinazione dei trasferimenti erariali spettanti agli enti locali per l’anno 2008.

 

Come già nelle finanziarie precedenti, la disposizione è finalizzata a dettare criteri per la definizione dell’entità dei trasferimenti spettanti a ogni singolo ente locale nel 2008, in modo da consentire l’approvazione dei relativi bilanci.

In attesa di un complessivo riordino, i trasferimenti agli enti locali continuano ad essere disciplinati ai sensi del decreto legislativo n. 504/1992 (articoli 34-43)[3].

 

Per l’anno 2008, la determinazione dei trasferimenti spettanti a ogni singolo ente locale è effettuata sulla base dei criteri già adottati dalla legge finanziaria dello scorso anno (art. 1, comma 696, della legge n. 296/2006), che, di fatto, richiamandosi a quanto disposto dalle precedenti leggi finanziarie, consolidano, nel contributo ordinario spettante agli enti locali per l’anno 2008, i contributi erariali attribuiti agli enti locali fino all’anno 2002.

 

Il richiamo al comma 696 dell’articolo 1 della legge finanziaria dello scorso annopermette inoltre diconfermare, per l’anno 2008, anche la ripartizione dei contributi e delle altre provvidenze in favore degli enti locali nella stessa misura disposta lo scorso anno, al fine di garantire che ad ogni singolo ente venga attribuito nell’anno 2008 lo stesso ammontare di contributi assegnato nel 2007.

In particolare, il comma 696 ha disposto, ai sensi delle disposizioni già applicate negli anni precedenti (art. 1, co. 64, legge n. 311/2004) la ripartizione tra gli enti locali delle maggiori risorse che si sono rese disponibili a legislazione vigente, a partire dal 2005, sui tre Fondi principali (Fondo ordinario, consolidato e perequativo) per il venir meno della riduzione disposta dall’art. 24, co. 9, della legge n. 448/2001[4], pari a circa 340 milioni di euro. La ripartizione dei 340 milioni viene effettuata, anche nel 2008, nel seguente modo:

a)       260 milioni di euro per confermare i contributi assegnati ai sensi dell’art. 3, co. 27, secondo periodo, 35, 36 e 141, della legge n. 350/2003. In particolare:

-        20 milioni alle unioni di comuni che abbiano effettivamente attivato l’esercizio associato dei servizi (art. 3, co. 27, legge n. 350/2003), al fine di assicurare a tali enti, anche nel 2008 le risorse assegnate nell’anno precedente (31,8 milioni);

-        180 milioni sul Fondo ordinario, quale incremento in base al tasso di inflazione programmato (art. 3, co. 35, secondo periodo, legge n. 350/2003). Tali risorse sono ripartite, per il 50% alla generalità dei comuni e per il restante 50% ai comuni “sottodotati”, individuati ai sensi dell’art. 9, co. 3, del D.Lgs. n. 244/1997;

-       5 milioni per le comunità montane e di 5 milioni per le province (art. 3, co. 141, legge n. 350/2003);

-        50 milioni per il finanziamento degli investimenti dei comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti (art. 3, co. 36, legge n. 350). Tali risorse vengono assegnate per le medesime finalità cui sono destinati i contributi del Fondo nazionale ordinario per gli investimenti, vale a dire, per il finanziamento di opere pubbliche di preminente interesse sociale ed economico. Tale contributo è infatti iscritto sul Fondo nazionale ordinario per gli investimenti;

b)       80 milioni di euro sono destinati in favore dei comuni di cui all'articolo 9, comma 3, del D.Lgs. 30 giugno 1997, n. 244. Si tratta dei comuni c.d. “sottodotati”, le cui risorse, cioè, risultano al di sotto della media pro-capite della fascia demografica di appartenenza, in misura proporzionale allo scarto rispetto alla media stessa[5].

Gli stanziamenti dei Fondi di parte corrente e di conto capitale per il 2008

Il comma in esame non dispone incrementi dei contributi assegnati agli enti locali sui principali Fondi, ma si limita a confermare il quadro normativo delineato dalle disposizioni introdotte dalla legge finanziaria dello scorso anno (art. 1, comma 696, legge n. 296/2006).

E’ inoltre confermata per le province l’attribuzione per l’anno 2008 della compartecipazione al gettito dell’IRPEF nella stessa misura di quella attribuita negli anni precedenti (cfr. la scheda di lettura relativa all’articolo 2, comma 3).

 

Risorse aggiuntive per gli enti locali sono invece autorizzate dall’Allegato 1, relativo alle “Eccedenze di spesa”, che reca le misure correttive degli effetti finanziari recati da disposizioni legislative ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater, della legge n. 468 del 1978, in relazione alla compensazione delle minori entrate per i comuni derivanti dall’ICI (a tale riguardo, cfr. la scheda di lettura relativa all’articolo 3, comma 156).

In particolare, l’allegato dispone l’incremento di 1,2 milioni di euro per il 2008 e di 0,256 milioni di euro a decorrere dal 2009 del Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali, quale compensazione di minori entrate derivanti dall’ICI in conseguenza dell’esenzione dal pagamento dell’imposta stessa delle pertinenze degli edifici di culto, disposta dall’articolo 2, comma 1, della legge 1° agosto 2003, n. 206.

In base alle certificazioni prodotte dagli enti locali, l’ammontare annuo dei trasferimenti compensativi dovuti a partire dal 2004 sarebbe pari a 5,6 milioni di euro, contro lo stanziamento di 2,5 milioni previsto dalla legge n. 206/2003. Pertanto, attraverso l’Allegato 1 “Eccedenze di spesa” si provvede a rifinanziare il Fondo ordinario per fronteggiare tali maggiori oneri, pari a 0,256 milioni di euro annui a decorrere dal 2004.

 

Trasferimenti compensativi sono peraltro stati assegnati ai comuni in relazione ai minori introiti derivanti dall’ICI in conseguenza delle ulteriori detrazioni dall’imposta dovuta per le unità immobiliari adibite ad abitazione principale (articolo 1, comma 7), nonché ai minori introiti a titolo di addizionale comunale all’IRPEF conseguenti ai provvedimenti normativi modificativi della disciplina dell’IRPEF (articolo 1, comma 15).

 

Riduzioni del Fondo ordinario sono state disposte:

§      dall’articolo 2, commi 16-22, concernenti la razionalizzazione delle comunità montane, con i quali si è disposta la riduzione dei trasferimenti a tali entiper un importo paria 33,4 milioni per l’anno 2008 e a 66,8 milioni a decorrere dal 2009 (si veda, a tale riguardo, l’art. 2, comma 16);

§      dall’articolo 2, commi 23-32, relativi al contenimento dei costi per la rappresentanza nei consigli circoscrizionali, comunali, provinciali e degli assessori comunali e provinciali, con i quali si è disposta la riduzione del Fondo ordinario di 313 milioni a decorrere dal 2008(cfr. art. 2, comma 31). La citata disposizione prevede peraltro che quota parte di tali risorse, nella misura di 100 milioni di euro, sia destinata, per l’anno 2008, all’incremento del contributo a favore dei piccoli comuni che non beneficiano dei contributi assegnati ai sensi del comma 703, art. 1, della legge n. 296/2006[6]. Pertanto dei 313 milioni di euro decurtati al Fondo ordinario, 100 milioni riconfluiranno nel Fondo medesimo.

 

Nel bilancio per il 2008 (legge n. 245/2007 e relativo D.M. Economia e finanze 28 dicembre 2007 di ripartizione delle UPB in capitoli), i principali Fondi di parte corrente e di conto capitale destinati al finanziamento degli enti locali risultano determinati come indicato nella tavola seguente:

(milioni di euro)

Cap.

 

Bilancio
2007

Assestam
2007

BLV
2008

Legge finanziaria 2008

Risorse 2008

U.P.B. 2.3.2 parte corrente

1316

Fondo ordinario

6.786

6.972

5.251

-592

4.659

1317

Fondo perequativo

953

1.020

998

-

998

1318

Fondo consolidato

2.412

2.496

2.480

-

2.480

1319

Fondo federalismo amministrativo

224

224

224

-

224

1320

Compartecipazione all’IRPEF

1.263

1.263

902

+361

1.263

1321

Trasferimenti compensativi minori introiti ICI

-

-

-

+904

904

1322

Trasferimenti compensativi minori introiti a titolo di addizionale comunale

-

-

-

+1,5

1,5

 

TOTALE

11.638

11.975

9.855

+674,5

10.529,5

Cap.

U.P.B. 2.3.6 - conto capitale

 

 

 

 

 

7232

Fondo sviluppo investimenti comuni e province

1.128

1.128

2.493

-

2.493

7233

Fondo sviluppo investimenti comunità montane

16

16

16

-

16

7236

Fondo nazionale ordinario investimenti

50

50

72

-

72

7237

Fondo per il federalismo amministrativo

676

676

676

-

676

 

TOTALE

1.870

1.870

3.257

-

3.257

La riduzione di 592 milioni del Fondo ordinario è così determinata: riduzione di 361 milioni in relazione all’attribuzione alle province della compartecipazione al gettito dell’IRPEF, ai sensi dell’art. 2, comma 3, con conseguente incremento di pari importo del capitolo 1320; riduzione di 33,4 milioni dei trasferimenti alle comunità montane, ai sensi dell’art. 2, co. 16; riduzione di 313 milioni dei trasferimenti in relazione alle misure di contenimento dei costi per la rappresentanza, di cui all’art. 2, co. 31, di cui 100 milioni di euro riassegnati al Fondo medesimo, quale contributo ai piccoli comuni; incremento di 13,6 milioni per i comuni colpiti da sisma, ai sensi dell’art. 2, comma 107; dall’incremento di 1,2 milioni, quale compensazione di minori entrate derivanti dall’ICI, ai sensi dell’Allegato 1 “Eccedenze di spesa”.


 

Articolo 2, comma 3
(Compartecipazione delle province al gettito IRPEF)

 

3. Le disposizioni in materia di comparte­cipazione provinciale al gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche di cui all’articolo31, comma 8, dellalegge 27 dicembre 2002, n. 289, confermate per l’anno 2007 dall’articolo1, comma 697, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, sono prorogate per l’anno 2008.

 

 

Il comma 3 dell’articolo 2 conferma, per l’anno 2008, la compartecipazione delle province al gettito dell’IRPEF, disciplinata ai sensi dell’articolo 31, comma 8, della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002), e confermata negli anni successivi dalle varie leggi finanziarie[7].

 

Va segnalato che il comma 8 dell’articolo 31 della legge n. 289/2002 richiamato dal comma in esame si riferisce alla compartecipazione al gettito dell’IRPEF sia delle province che dei comuni, che fino al 2006 sono state disciplinate secondo analoghe modalità[8]. La legge finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 697, legge n. 296/2006) ha peraltro confermato per le sole province la compartecipazione all’IRPEF come disciplinata dall’articolo 31, comma 8, della legge n. 289/2002, recando invece per i comuni l’istituzione di una nuova forma di compartecipazione all’IRPEF (c.d. dinamica) a partire dall’anno 2007, legata all’andamento del gettito IRPEF (art. 1, commi 189-193, della legge n. 296/2006).

 

In particolare, la disciplina dettata dall’articolo 31, comma 8, della legge n. 289/2002, fissa la compartecipazione provinciale al gettito dell’IRPEF nella misura dell’1 per cento del riscosso in conto competenza che affluisce al bilancio dello Stato, con riferimento all’esercizio finanziario 2002, quali entrate derivanti dall’attività ordinaria di gestione, iscritte nel capitolo 1023 dello stato di previsione dell’entrata (per i comuni la misura della compartecipazione era fissata al 6,5%).

In base a tale disciplina, alle province verrà pertanto attribuito, anche nel 2008, lo stesso ammontare di compartecipazione riconosciuto negli anni precedenti (a decorrere dal 2003).

 

L’attuazione della compartecipazione comporta la riduzione dei trasferimenti erariali spettanti a ciascun ente di un ammontare pari alle somme spettanti a titolo di compartecipazione.

La compartecipazione all’IRPEF come disciplinata dall’art. 31, comma 8, della legge n. 289/2002 non costituisce, infatti, una entrata aggiuntiva per i bilanci locali.

Inoltre, poiché dalla compartecipazione all’IRPEF gli enti non possono, comunque, ricevere più di quanto spetti loro a titolo di trasferimento erariale, la normativa vigente prevede che nel caso in cui il livello dei trasferimenti spettanti ai singoli enti risulti insufficiente a consentire il recupero integrale della compartecipazione, la compartecipazione stessa sia corrisposta al singolo ente nei limiti dei trasferimenti spettanti per l’anno corrispondente (comma 4 dell’articolo 67 della legge n. 388/2000).

 

Nel bilancio per il 2008, le somme spettanti alle province e ai comuni a titolo di compartecipazione all’IRPEF sono iscritte nello stato di previsione del Ministero dell’interno, al capitolo 1320/U.P.B. 2.3.2, nell’ambito della missione 3 “Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali” (corrispondente alla seconda missione del Ministero dell’interno). Il capitolo risulta dotato di complessivi 1.263 milioni di euro, di cui 902 milioni di euro per i comuni (peraltro già iscritti nel bilancio a legislazione vigente in quanto la disciplina della compartecipazione comunale all’IRPEF è a regime dal 2007, ai sensi dell’art. 1, comma 697 della legge finanziaria dello scorso anno) e 361 milioni di euro per le province, a seguito della conferma anche per l’anno 2008 della compartecipazione provinciale all’IRPEF, ai sensi del comma in esame, con conseguente riduzione, di pari importo, dello stanziamento del Fondo ordinario (-361 milioni di euro).

 

Per quanto riguarda le modalità di ripartizione, si ricorda che, ai sensi dell’art. 67, comma 3, della legge n. 388/2000, il gettito della compartecipazione è ripartito tra le province in proporzione all’ammontare dell’imposta netta dovuta dai contribuenti, distribuita territorialmente in funzione del domicilio fiscale risultante presso l’anagrafe tributaria. L’imposta dovuta dai contribuenti per ciascun ente è determinata dal Ministero dell’economia e delle finanze sulla base dei dati disponibili.

Ai sensi del decreto del Ministero dell'interno del 21 febbraio 2002, gli importi della compartecipazione al gettito dell'IRPEF sono erogati in due rate di eguale importo entro i mesi di marzo e luglio.


 

Articolo 2, comma 4
(Esclusione di restituzioni di somme versate a fini ICI)

 

4. Non è ammessa la restituzione di somme eventualmente versate a titolo di imposta comunale sugli immobili ai comuni, per periodi di imposta precedenti al 2008, dai soggetti destinatari delle disposizioni di cui alla lettera i) del comma 3-bis dell’articolo9deldecreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, introdotta dall’articolo42-bisdeldecreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, in relazione alle costruzioni di cui alla medesima lettera i).

 

 

Il comma 4 dell’articolo 2 interviene sulla disciplina ICI degli immobili ai quali è stata attribuita la qualifica di ruralità.

In particolare, la norma esclude la restituzione dell’imposta eventualmente versata dagli imprenditori agricoli nei periodi d’imposta precedenti al 2008 relativamente alle costruzioni strumentali destinate alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli (lettera i), comma 3-bis dell’articolo 9 del decreto–legge n. 557/1993, come introdotta dall’articolo 42-bis del decreto legge n. 159/2007) alle quali, in virtù delle citate norme, è stato riconosciuto ai fini fiscali, carattere di ruralità.

 

L’articolo 42-bis del decreto legge n. 159/2007[9] ha modificato in più parti l’articolo 9 del decreto legge n. 557/1993[10], disciplinante l’istituzione del catasto dei fabbricati, sostituendone, tra l’altro, il comma 3-bis, relativo alle costruzioni strumentali all’attività agricola cui deve riconoscersi carattere di ruralità ai fini fiscali. Il nuovo comma 3-bis riconosce tale carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’articolo 2135 del codice civile in particolare destinate:

a) alla protezione delle piante;

b) alla conservazione dei prodotti agricoli;

c) alla custodia delle macchine agricole, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione e l’allevamento;

d) all’allevamento e al ricovero degli animali;

e) all’agriturismo;

f) ad abitazione dei dipendenti esercenti attività agricole nell’azienda a tempo indeterminato o a tempo determinato per un numero annuo di giornate lavorative superiore a cento, assunti in conformità alla normativa vigente in materia di collocamento;

g) alle persone addette all’attività di alpeggio in zona di montagna;

h) ad uso di ufficio dell’azienda agricola;

i) alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli, anche se effettuate da cooperative e loro consorzi ;

l) all’esercizio dell’attività agricola in maso chiuso.

 

Si ricorda che i fabbricati considerati rurali a fini fiscali non sono oggetto di autonomo accatastamento e pertanto non pagano le ordinarie imposte come fabbricati (ICI e sui redditi)[11]. Tali costruzioni vengono pertanto considerate pertinenze del terreno cui afferiscono. Viceversa, qualora perdano il requisito di ruralità, sono ricondotti a tassazione ordinaria.


 

Articolo 2, comma 5
(Disposizioni finanziarie per la regione Friuli-Venezia Giulia)

 

5. In sede di prima applicazione, i maggiori introiti a favore del bilancio della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia derivanti dall’applicazione del comma 4 dell’articolo1deldecreto legislativo 31 luglio 2007, n. 137, non possono superare, per gli anni 2008 e 2009, rispettivamente gli importi di 20 milioni di euro e di 30 milioni di euro. [A partire dall’anno 2010 i maggiori introiti, rispetto all’importo riconosciuto per l’anno 2009, acqui­siti alle casse regionali in applicazione del citato comma 4 dell’articolo1deldecreto legislativo n. 137 del 2007 sono riconosciuti solo con contestuale attribuzione di funzioni dallo Stato alla medesima regione auto­noma.](*)

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(*)  Periodo soppresso dall’art. 47-ter del D.L. n. 248/2007 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 31/2008.

 

 

Il comma 5 dell’articolo 2, come modificato e integrato dall’articolo47-ter del D.L. n. 248/2007, convertito con modificazioni dalla legge n. 31/2008 - incide sull’ordinamento finanziario della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, disponendo sui maggiori introiti a favore del bilancio della regione derivanti dall’applicazione della norma di attuazione dello Statuto speciale che include nelle entrate della regione le ritenute sui redditi da pensione.

 

L’articolo 49 dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia (L.cost. n. 1/1963) elenca le quote fisse delle entrate tributarie che spettano alla regione. Tra queste, al punto 1), i sei decimi delle imposte sul reddito delle persone fisiche.

L’articolo 1 del D.Lgs. 31 luglio 2007, n. 137, recante norme di attuazione dello statuto speciale della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia in materia di finanza regionale, dispone sulle modalità di attribuzione dei proventi erariali spettanti alla regione. Secondo quanto dispone il comma 4 del medesimo articolo, fra le entrate regionali di cui all’art. 49 Statuto, punto1) - i sei decimi dell’IRPEF - sono comprese, nella stessa misura, le ritenute sui redditi da pensione.

La disposizione dà seguito a quanto stabilito nel Protocollo d’intesa siglato tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia il 6 ottobre 2007.

Si ricorda che per le modifiche all’ordinamento finanziario della regione Friuli-Venezia Giulia – ai sensi dell’articolo 63, quinto comma dello statuto speciale - è sempre richiesto il parere (l’intesa) della regione. 

 

Il Protocollo si pone come obiettivo l’individuazione di un programma di azioni condivise “per attuare le riforme strutturali e promuovere il rilancio del territorio”; tra le problematiche affrontate l’approvazione del nuovo statuto, i rapporti finanziari tra Stato e regione; i rapporti internazionali, il sistema tavolare, le grandi opere.

Con riguardo alle questioni finanziarie viene rilevata – tra l’altro - la necessità di verificare e risolvere anomalie nell’attuale andamento del gettito, tra cui quella riguardante l’imposta sul reddito delle persone fisiche. Attualmente (fino all’entrata in vigore della norma in esame) sono infatti attribuiti alla regione i 6/10 del gettito IRPEF solo con riferimento ai redditi da lavoro dipendente e non anche ai redditi da quiescenza (comma 7 dell’articolo 3 del Protocollo).

Il comma 4 dell’articolo 1 del D.Lgs. 137/2007 include espressamente nella fattispecie di cui all’art. 49, primo comma n. 1) dello statuto “le ritenute sui redditi da pensione” riferite ai soggetti passivi residenti nella regione, ancorché riscosse fuori del territorio regionale.

La decorrenza della disposizione è fissata alla data di entrata in vigore della legge finanziaria per il 2008, nell’ambito della quale si provvederà alla regolazione finanziaria tra lo Stato e la Regione.

 

La norma in esame provvede alla regolazione finanziaria Stato-Regione in relazione alle maggiori entrate derivanti dall’inclusione delle ritenute sui redditi da pensione. Per gli anni 2008 e 2009 viene stabilito un regime transitorio in cui il gettito spettante alla regione è determinato in quota fissa.

Le maggiori entrate non potranno superare l’importo di:

-       20 milioni di euro per l’esercizio 2008;

-       30 milioni di euro per l’esercizio  2009.

L’articolo 47-ter del D.L. n. 248/2007, convertito con modificazioni dalla legge n.  31/2008, proroga il regime transitorio – determinazione in quota fissa del gettito spettante alla regione - anche per l’anno 2010 nella misura di 30 milioni di euro.

Contestualmente abroga la disposizione contenuta nel secondo periodo del comma 5 dell’articolo 2 secondo cui, a decorrere dal 2010, gli introiti superiori al tetto di 30 milioni di euro sarebbero stati riconosciuti alla regione solamente con contestuale attribuzione di funzioni.

A decorrere dal 2011, pertanto, la regione potrà incassare i sei decimi  dell’intero gettito della compartecipazione all’IRPEF, comprensiva delle ritenute sui redditi da pensione, come stabilito dal D.Lgs. 137/2007, senza ulteriori attribuzioni di funzioni da parte dello Stato.

L’incremento di entrate dovuto all’applicazione della norma a decorrere dal 2011, è stato stimato dalla Regione in 300 milioni di euro all’anno.

 


 

Articolo 2, comma 6
(Soppressione norme sulla riqualificazione urbana)

 

6. Il comma 10 dell’articolo25dellalegge 28 dicembre 2001, n. 448, è abrogato ed è conseguentemente soppressa l’autorizzazione di spesa prevista al comma 11 dello stesso articolo 25.

 

 

Il comma in esame, attraverso l’abrogazione del comma 10 dell’art. 25 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002) e la conseguente soppressione dell’autorizzazione di spesa indicata al successivo comma 11, sopprime il Fondo per la riqualificazione urbana dei comuni.

Tale fondo, istituito dal citato comma 10 ai fini dell'adozione di programmi di sviluppo e riqualificazione del territorio, era già stato dichiarato incostituzionale con la sentenza 10-16 gennaio 2004, n. 16.

 

I commi 10 e 11 dell’art. 25 della legge n. 448/2001 prevedevano l'istituzione, presso il Ministero dell'interno, del Fondo per la riqualificazione urbana dei Comuni. Tale Fondo, istituito ex novo per il 2002, ma destinato a permanere negli esercizi successivi, diretto a finanziare l'adozione di programmi di sviluppo e riqualificazione del territorio da parte dei Comuni: una quota non inferiore all'85% è riservata ai Comuni minori (con popolazione non superiore a 40 mila abitanti), in particolare delle Regioni meridionali. La norma prevede ancora che le modalità degli interventi e la ripartizione del Fondo "tra gli enti interessati" saranno disciplinate con regolamento governativo, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Per l'anno 2002 le risorse del Fondo venivano fissate in 103,3 milioni di euro.

La Corte Costituzionale,con sentenza 10-16 gennaio 2004, n. 16, accogliendo il ricorso proposto dalla Regione Umbria, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del richiamato art. 25, comma 10. Con tale sentenza, la Corte ha affermato in termini generali che nelle materie di legislazione concorrente «non possono trovare oggi spazio interventi finanziari diretti dello Stato a favore dei comuni, vincolati nella destinazione, per normali attività e compiti di competenza di questi ultimi» se non nell'ambito della disciplina degli speciali interventi finanziari in favore di determinati comuni ai sensi del quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione. La Corte ha quindi individuato nei seguenti i criteri, confermati anche nella giurisprudenza successiva, per ricondurre una determinata tipologia di interventi a favore dei comuni nell'ambito degli interventi speciali di cui al quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione:

-        il fatto che tali interventi siano aggiuntivi rispetto al finanziamento integrale delle funzioni spettanti ai comuni e si riferiscano a finalità di perequazione e di garanzia enunciate dalla stessa norma costituzionale o comunque a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni;

-        la loro destinazione a determinati comuni o categorie di comuni;

-        la previsione, qualora essi riguardino ambiti di competenza legislativa delle regioni, che queste ultime siano chiamate ad esercitare compiti di programmazione e di riparto dei fondi all'interno del proprio territorio.

Con specifico riferimento alla disposizione censurata, la Corte ha rilevato che ogni intervento sul territorio può di per sé essere presentato come volto alla «riqualificazione urbana» del territorio medesimo e quindi riconducibile all'esercizio di funzioni proprie degli enti locali interessati.

 


 

Articolo 2, comma 7
(Pubbliche affissioni)

 

7. Dopo l’articolo 20.1 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, è inserito il seguente:

«Art. 20.2. - (Spazi riservati ed esenzione dal diritto) – 1. I comuni che hanno riservato il 10 per cento degli spazi totali per l’affissione di manifesti ai soggetti di cui all’articolo 20, o quelli che intendono riservarli per motivi attinenti ai princìpi ispiratori dei loro piani generali degli impianti pubblicitari, possono continuare a disporre di spazi esenti dal diritto sulle pubbliche affissioni, comunque in misura non superiore alla predetta percentuale del 10 per cento.

2. Il termine per effettuare il versamento della somma di 100 euro per anno e per provincia, già previsto dall’articolo 20-bis, comma 2, è fissato al 30 settembre 2008, a pena di decadenza dal beneficio».

 

 

Il comma 7 dell’articolo 2 aggiunge un nuovo articolo (art. 20.2) al D.Lgs. 507/1993[12] (che disciplina, tra l’altro, l’imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni), dopo l’attuale art. 20.1.

 

Si ricorda in premessa che il comma 1 dell’art. 20-bis del D.Lgs. 507/1993[13] prevedeva (a decorrere dal 1° gennaio 2005) l’obbligo per i comuni di riservare il 10 per cento degli spazi complessivamente destinati all’affissione dei manifesti, ai soggetti di cui al precedente art. 20, in esenzione dal diritto sulle pubbliche affissioni.

I soggetti menzionati dal citato art. 20[14] sono i seguenti:

-        Stato ed enti pubblici territoriali (fatti salvi i casi per i quali è prevista l’esenzione ai sensi dell’art. 21);

-        comitati, associazioni, fondazioni ed ogni altro ente che non abbia scopo di lucro;

-        soggetti che realizzano attività politiche, sindacali e di categoria, culturali, sportive, filantropiche e religiose, con il patrocinio o la partecipazione degli enti pubblici territoriali;

-        soggetti che realizzano festeggiamenti patriottici, religiosi, spettacoli viaggianti e di beneficenza;

-        soggetti che effettuano annunci mortuari.

Il comma 2 dell’art 20-bis disponeva inoltre la sanatoria delle violazioni delle norme in materia d’affissioni e pubblicità commesse fino alla data di entrata in vigore della disposizione (1° gennaio 2005), relativamente alle violazioni compiute mediante affissioni di manifesti politici ovvero di striscioni e mezzi similari. In base a tale norma le violazioni, anche ripetute, potevano essere definite, in qualunque ordine e grado di giudizio, nonché in sede di riscossione delle somme eventualmente iscritte a titolo sanzionatorio, mediante il versamento, a carico del committente responsabile, di una imposta pari, per il complesso delle violazioni commesse e ripetute a 100 euro per anno e per provincia. Il termine per il versamento era stato fissato, a pena di decadenza dal beneficio, al 31 maggio 2005.

L’articolo 20-bis è stato abrogato dall’art. 1, co. 176, lett. a), della legge finanziaria 2007 (L. 27 dicembre 2006, n. 296), a decorrere dal 1° gennaio 2007. Il successivo comma 177 ha tuttavia fatto salvi gli effetti prodotti dal comma 2 dell’art. 20-bis.

 

Il comma 1 del nuovo articolo 20.2 riguarda i comuni che hanno riservato il 10 per cento degli spazi totali per l’affissione di manifesti ai soggetti di cui all’art. 20 del medesimo D.Lgs. 507/1993, o che intendono riservarli per motivi attinenti ai principi ispiratori dei loro piani generali degli impianti pubblicitari.

Tali comuni, secondo la norma in esame, potranno continuare a disporre di spazi esenti dal diritto sulle pubbliche affissioni, comunque non oltre il 10 per cento del totale, pari alla quota già prevista dall’abrogato art. 20-bis.

Effetto della norma pare quello di rendere possibile, anche per il futuro (per i comuni che “intendono riservare […]”) la riserva di spazi che l’abrogato art. 20-bis prevedeva come obbligatoria.

 

Il comma 2 del nuovo articolo 20.2 riapre il termine per effettuare il versamento della somma di 100 euro per anno e per provincia, in sanatoria delle violazioni delle norme in materia d’affissioni e pubblicità verificatesi sino al 1° gennaio 2005. Il termine, già fissato al 31 maggio 2005 dal comma 2 dell’abrogato art. 20-bis, è differito al 30 settembre 2008, a pena di decadenza dal beneficio.

 

Si ricorda infine che il comma 157 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 ha introdotto un art. 20.1 nel D.Lgs. 507/1993, a norma del quale, ai fini della salvaguardia degli enti locali e a decorrere dal 1° gennaio 2007, gli oneri derivanti dalla rimozione dei manifesti affissi in violazione delle disposizioni vigenti sono a carico dei soggetti per conto dei quali gli stessi sono stati affissi, salva prova contraria.

 


 

Articolo 2, comma 8
(Utilizzo dei proventi delle concessioni
e delle sanzioni in materia edilizia)

 

8. Per gli anni 2008, 2009 e 2010, i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, possono essere utilizzati per una quota non superiore al 50 per cento per il finanziamento di spese correnti e per una quota non superiore ad un ulteriore 25 per cento esclusivamente per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale.

 

 

Il comma 8consente i seguenti utilizzi, per il triennio 2008-2010, dei proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (testo unico in materia edilizia):

§       per una quota non superiore al 50% per il finanziamento di spese correnti;

§       per una quota non superiore ad un ulteriore 25% esclusivamente per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale.

 

La norma in commento ripropone nella sostanza, per il triennio 2008-2010, quanto disposto per il solo 2007 dal comma 713 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296).

Si ricorda, inoltre, che nella vigente normativa, recata dal citato testo unico in materia edilizia, è stato eliminato (attraverso l’abrogazione dell’art. 12 della legge 28 gennaio 1977, n. 10) qualsiasi vincolo di destinazione sui proventi in questione.

Si segnala, infine, che il medesimo testo unico ha sostituito la nozione di concessione edilizia con quella di permesso di costruire. Ciò non ha peraltro comportato l’eliminazione del contributo da corrispondere per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.


 

Articolo 2, comma 9
(Disposizioni varie per gli enti locali – Fondo delle entrate erariali per prestazioni di servizi non commerciali degli enti locali territoriali )

 

9. Il comma 3 dell’articolo6dellalegge 23 dicembre 1999, n. 488, come modificato dall’articolo1, comma 711, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, trova applicazione dal 1° gennaio 2007 e pertanto dalla certificazione che gli enti locali sono tenuti a presentare entro il 31 marzo 2008, ferma restando la validità delle certificazioni prodotte in precedenza.

 

 

Il comma 9 dell’articolo 2 dispone che l’articolo 6, comma 3 della legge n. 488/1999, trovi applicazione dal 1° gennaio 2007.

Tale norma istituisce il fondo per il contenimento delle tariffe presso il Ministero dell’interno, alimentandolo con le risorse derivanti dalle entrate IVA per prestazioni di servizi non commerciali per cui è previsto il pagamento di una tariffa, affidate dagli enti locali a soggetti esterni all’amministrazione.

Gli enti locali sono tenuti a presentare entro il 31 marzo 2008 una certificazione in ordine alle entrate relative a servizi non commerciali per i quali sia previsto il pagamento di una tariffa, ferma restando la validità delle certificazioni prodotte in precedenza.

 

Il fondo è stato istituito, a decorrere dall’anno 2000, dall’articolo 6, comma 3, della legge n. 488 del 1999. Si è inteso con ciò risolvere il problema derivante dall’aggravio dei costi a carico degli utenti, conseguente alla trasformazione in tariffa di precedenti prelievi di carattere tributario connessi alla prestazione di particolari servizi. È il caso, ad esempio, del passaggio dalla TARSU (tassa sulla raccolta dei rifiuti solidi urbani) o dalla TOSAP (tassa sull’occupazione del suolo pubblico) a un sistema di tariffe. Tale trasformazione ha infatti comportato che fossero assoggettate all’IVA le prestazioni di servizi non commerciali affidate dagli enti locali a soggetti esterni, con conseguente aumento del costo finale per il soggetto fruitore.

Il fondo è alimentato proprio con le risorse finanziarie costituite dalle entrate erariali derivanti da tale assoggettamento all’IVA, a decorrere dal 1° gennaio 2000. Per l'attuazione di queste disposizioni e per la ripartizione del fondo tra gli enti interessati è stato adottato apposito regolamento, emanato con D.P.R. 8 gennaio 2001, n. 33[15].

In base a questo regolamento, al fondo è affluito inizialmente il maggior gettito dell'imposta sul valore aggiunto effettivamente realizzato nel 2000 rispetto agli importi inclusi nelle previsioni del gettito dell'imposta sul valore aggiunto per l'anno 2000. Per l’alimentazione del fondo si considerano solo i contratti aventi ad oggetto i servizi non commerciali, intendendosi per tali i servizi assoggettati all'imposta sul valore aggiunto che, ove prestati dagli enti locali, sarebbero considerati esenti ovvero non rientrerebbero nel campo di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto. Sono esclusi i servizi relativi al trasporto pubblico locale. Il regolamento prevede inoltre che in sede di costituzione del fondo siano detratte preliminarmente le quote dell'imposta sul valore aggiunto spettanti all’Unione europea e quelle attribuite alle regioni a statuto speciale, alle province autonome di Trento e Bolzano e alle regioni a statuto ordinario in base alla vigente normativa. Su tale profilo è intervenuto l'articolo 3, comma 25, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004), il quale ha disposto che fino al 31 dicembre 2003 la determinazione degli importi dell'IVA da rimborsare alle regioni a statuto ordinario e agli enti locali interessati ai sensi dell'articolo 6, comma 3, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, fosse effettuata al lordo delle quote dell'IVA spettanti alle regioni a statuto ordinario in base alla normativa vigente. È stata inoltre autorizzata la spesa di 282 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006 per ristorare i predetti enti territoriali dei maggiori oneri sostenuti nel triennio 2001-2003 in cui il rimborso è stato operato al netto delle suddette quote di compartecipazione.

Per quanto riguarda la quantificazione del fondo, per gli anni successivi al 2000 il regolamento prevede che sia effettuata sulla base della determinazione definitiva della spesa relativa all'imposta sul valore aggiunto per l'anno precedente e successivamente aggiornata in relazione alle dichiarazioni che gli enti locali trasmettono entro il termine perentorio del 31 marzo di ciascun anno.

 

Il comma 711 della legge finanziaria per il 2007 (L.296/06) ha modificato la disciplina del fondo per il contenimento delle tariffe,chiarendo che il medesimo fondo è alimentato esclusivamente dalle entrate relative a servizi non commerciali per i quali sia previsto il pagamento di una tariffa da parte degli utenti.

 


 

Articolo 2, comma 10
(Finanziamenti a favore dei piccoli comuni)

 

10. All’articolo 1, comma 703, lettera a), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le parole: «30 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «25 per cento».

 

 

Il comma 10 dell’articolo 2 reca una modifica al comma 703 dell’articolo 1 della legge n. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007), recante finanziamenti nel triennio 2007-2009 in favore dei piccoli comuni.

 

In particolare, la novella interessa la lettera a) del comma 703, relativamente ai contributi concessi in favore dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti che presentano una popolazione residente ultrasessantacinquenne particolarmente elevata, abbassando dal 30 al 25% il rapporto tra la popolazione residente ultrasessantacinquenne e la popolazione residente complessiva, in base al quale sono individuati i comuni beneficiari dei finanziamenti disposti dal comma 703, pari a complessivi 55 milioni di euro, da destinarsi ad interventi di natura sociale o socio assistenziale.

La norma citata prevede che i comuni che presentino tali condizioni demografiche potranno beneficiare di un incremento del contributo ordinario in misura pari al 40 per cento.

 

Si ricorda che il comma 703 prevede inoltre i seguenti contributi:

-        71 milioni, in favore dei comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti nei quali la popolazione residente al di sotto dei 5 anni sia superiore al 5% della popolazione complessiva. Il 50% di tale contributo è finalizzato a interventi di natura sociale;

-        42 milioni destinati ai comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti, tra loro associati o che abbiano delegato funzioni alle comunità montane, per finalità di investimento;

-        20 milioni di euro in favore delle comunità montane, da ripartire in proporzione alla popolazione residente nelle zone montane.


 

Articolo 2, comma 11
(Contributo ai comuni per l’attuazione della direttiva 2004/38/CE)

 

11. Per ciascuno degli anni 2008 e 2009, a valere sul fondo ordinario di cui all’articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è disposto un intervento fino a un importo di 10 milioni di euro per la concessione di un contributo a favore dei comuni per l’attuazione della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, di cui al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30. Con decreto del Ministro dell’interno sono determinate le modalità di riparto ed erogazione dei contributi.

 

 

Il comma 11 dispone, per ciascuno degli anni 2008 e 2009, un intervento fino ad un importo di 10 milioni di euro per la concessione di un contributo a favore dei comuni per l’attuazione della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari di soggiornare e circolare liberamente nel territorio degli Stati membri, di cui al D. Lgs. 30/2007[16].

 

Il D.Lgs. 30/2007, in conformità all’atto normativo europeo, disciplina le modalità di esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio dello Stato da parte dei cittadini dell'Unione europea e dei familiari che li accompagnano o li raggiungono. Il provvedimento prevede la regolamentazione del soggiorno fino a tre mesi, del soggiorno per una durata superiore a tre mesi edel diritto di soggiorno permanente, nonché le limitazioni ai predetti diritti per motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza.

Il 14 gennaio 2008 è stato sottoposto alle Camere, per il parere delle competenti Commissioni, lo schema di decreto legislativo n. 210 recante modifiche al D.Lgs. 30/2007. Le modifiche, come precisato da un comunicato stampa della Presidenza del Consiglio dei ministri, si sono rese necessarie al fine di adeguare la normativa sugli allontanamenti di cittadini comunitari alle esigenze di celerità ed effettività della loro esecuzione in caso di comportamenti gravi e per motivi imperativi di pubblica sicurezza. Tra le disposizioni modificate vi è la disciplina relativa alla dichiarazione di presenza sul territorio nazionale, la necessità che le fonti di reddito siano dimostrabili e, ovviamente, lecite, la cancellazione anagrafica in caso di allontanamento per motivi di sicurezza, l’obbligo di consegna di un attestato di ottemperanza all’ingiunzione di lasciare il territorio nazionale.

Nella riunione del 28 dicembre 2007, il Consiglio dei ministri, oltre al citato schema di decreto legislativo, ha approvato altresì il D.L. 249/2007[17] recante misure urgenti in materia di espulsioni e di allontanamenti per terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicurezza. L'insieme dei due decreti, come rilevabile dalla nota del Ministero dell’interno[18], ripropone, in sostanza, i contenuti del precedente D.L. 181/2007[19], non convertito in legge, così come era stato approvato dal Senato; ciononostante i decreti si configurano, sia dal punto di vista formale che sostanziale, come misure diverse, contenute in norme diversamente strutturate.

Il D.L. 181/2007 era stato presentato per la conversione in legge al Senato e approvato, con modificazioni, da tale ramo del Parlamento. Il 17 dicembre 2007 le Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) della Camera concludevano l’esame del provvedimento, conferendo ai relatori il mandato a riferire all'Assemblea in senso favorevole sul testo del provvedimento approvato dal Senato. Il 19 dicembre, mentre in Assemblea era in corso la discussione sulle linee generali del provvedimento, il Governo ha annunciato in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo la decisione di non insistere per la conversione in legge del decreto. Il seguito dell'esame del provvedimento non ha pertanto avuto luogo ed i termini per la conversione del decreto-legge sono scaduti il 1° gennaio 2008.

Il 9 gennaio 2008 è iniziato, sempre presso la Commissione affari costituzionali della Camera, l’esame in sede referente del disegno di legge di conversione (A.C. 3325) del D.L. 249/2007. Il preambolo del D.L. 249/2007 fa riferimento alla straordinaria necessità ed urgenza di “integrare gli strumenti di prevenzione e contrasto del terrorismo internazionale con particolare riguardo alla disciplina delle espulsioni per motivi di prevenzione del terrorismo” e di “disciplinare parimenti l'immediata esecuzione dei provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale dei cittadini dell'Unione europea adottati per motivi imperativi di pubblica sicurezza, con particolare riferimento alla specifica individuazione dei motivi che ne legittimano l'adozione, considerando che il recente ampliamento dello spazio di applicazione degli accordi di Schengen rafforza l'esigenza di una immediata risposta operativa nei casi di particolare gravità”.

 

Il contributo previsto dal comma in esame è posto a carico del fondo ordinario di cui all’art. 34, co. 1, lett. a), del D. Lgs. 504/1992[20].

 

I trasferimenti erariali agli enti locali sono disciplinati ai sensi del D.Lgs. 504/1992 (articoli da 34 a 43). Il fondo ordinario costituisce la base di riferimento per l'aggiornamento delle risorse correnti degli enti locali.

 

Le modalità di riparto e erogazione dei contributi sono determinate con decreto del Ministro dell’interno.

Il comma non precisa a quali adempimenti siano specificamente destinati gli stanziamenti previsti. Si ricorda che il D.Lgs. 30/2007, come unica previsione in capo ai comuni determina la competenza per l’attestazione della richiesta, dell’iscrizione anagrafica (art. 9) e del rilascio dell’attestato di soggiorno permanente per i cittadini dell’Unione ed i loro familiari (art.16). Lo schema di decreto legislativo di modifica non introduce ulteriori adempimenti a carico delle amministrazioni comunali, se non quelli relativi alla cancellazione anagrafica conseguente al provvedimento di allontanamento.


 

Articolo 2, comma 12
(Uffici unici di avvocatura degli enti locali)

 

12. Gli enti locali di cui all’articolo 2 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, possono istituire, mediante apposite convenzioni, da stipulare ai sensi dell’articolo 30 del medesimo testo unico, uffici unici di avvocatura per lo svolgimento di attività di consulenza legale, difesa e rappresentanza in giudizio degli enti convenzionati.

 

 

L’articolo 2, comma 12, attribuisce agli enti locali la facoltà di istituire, attraverso lo strumento della convenzione previsto dall’art. 30 del TUEL, uffici unici di avvocatura per svolgere le attività di consulenza legale, difesa e rappresentanza in giudizio degli enti che aderiscono alla convenzione.

La disposizione si applica agli enti indicati dall’articolo 2, comma 1, del TUEL, ai sensi del quale si intendono per enti locali i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane, le unioni di comuni e i consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale.

L’istituzione di uffici unici di avvocatura mediante forme associative consente agli enti locali di realizzare economie di spesa e di fruire di un servizio più efficiente, in particolare per quanto riguarda i comuni di minori dimensioni. In alcuni casi questi ultimi si trovano anche, per carenza di risorse, nell’impossibilità di istituire un proprio servizio di assistenza legale.

 

Lo strumento della convenzione rientra tra le forme associative degli enti locali previste dal Capo V del Titolo II del TUEL e da essi utilizzate per gestire in forma associata lo svolgimento di proprie funzioni e servizi. Nelle convenzioni, che sono approvate dall’organo consiliare ai sensi dell’art. 42, comma 2, lettera c), del TUEL, devono essere stabilite le finalità da perseguire, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie (art. 30, TUEL).

Ai fini del concreto esercizio dell’attività in forma associata, gli enti possono prevedere la costituzione di uffici comuni, nei quali ciascun ente partecipante alla convenzione può distaccare proprio personale o, altrimenti, delegare le proprie funzioni per le attività previste dalla convenzione a favore di uno degli enti, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti.

 

In generale, l’avvocatura comunale (ufficio legale) viene istituita, allo scopo di rappresentare in giudizio l’ente e di fornire consulenza legale su questioni di particolare rilievo, nei comuni di maggiori dimensioni, i quali richiedono un servizio di tal genere a causa della particolare complessità delle attività che sono chiamati a svolgere e dispongono di maggiore capacità di spesa per realizzarlo.

Peraltro convenzioni ai sensi dell’articolo 30 del TUEL sono state già in passato stipulate, anche prima della approvazione della disposizione illustrata introdotta dalla legge finanziaria per il 2008, da alcuni enti locali allo scopo di fornire assistenza legale agli enti aderenti.


 

Articolo 2, comma 13
(Utilizzo dell’avanzo di amministrazione per l’estinzione anticipata di prestiti)

 

13. All’articolo 187, comma 2, lettera b), del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono aggiunte, in fine, le parole: «e per l’estinzione anticipata di prestiti».

 

 

Ilcomma 13 dell’articolo 2 modifica il comma 2, lettera b), dell’articolo 187 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali,di cui al D.Lgs. n. 267/2000, introducendo la possibilità per gli enti locali di utilizzare l’avanzo di amministrazione per l’estinzione anticipata di prestiti.

 

In base al comma 2 dell’articolo 187 del TUEL, l'eventuale avanzo di amministrazione, accertato con l'approvazione del rendiconto dell'ultimo esercizio chiuso, può essere utilizzato soltanto:

a)  per il reinvestimento delle quote accantonate per ammortamento, provvedendo, ove l'avanzo non sia sufficiente, ad applicare nella parte passiva del bilancio un importo pari alla differenza;

b)  per la copertura dei debiti fuori bilancio;

c)  per i provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio ove non possa provvedersi con mezzi ordinari, per il finanziamento delle spese di funzionamento non ripetitive in qualsiasi periodo dell'esercizio e per le altre spese correnti solo in sede di assestamento;

d)  per il finanziamento di spese di investimento.

 

Va segnalato che una norma di contenuto analogo è stata introdotta dall’articolo 11 del D.L. n. 159/2007 (convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2007, n. 222), dichiarato collegato alla manovra di finanza pubblica per il 2008.

In particolare, la norma citata prevede l’attribuzione di contributi, fino all’importo di 30 milioni di euro annui, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009,perincentivare l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione per l'estinzione anticipata di mutui e prestiti obbligazionari da parte di province e comuni.

I contributi sono corrisposti per far fronte agli indennizzi correlati strettamente alle estinzioni anticipate effettuate negli anni 2007, 2008 e 2009.

Si ricorda, infatti, che la legge finanziaria dello scorso anno (art. 1, comma 699, legge n. 296/2006), modificando l’articolo 28, comma 3, della legge n. 448 del 1998, ha abrogato la disposizione che prevedeva la possibilità, per gli enti locali che avessero presentato al Ministero dell’economia e delle finanze piani finanziari quinquennali di riduzione del rapporto debito/PIL, di estinguere anticipatamente i debiti contratti con la Cassa depositi e prestiti, ponendo a carico dello Stato sia gli oneri aggiuntivi che il pagamento dell’indennizzo previsto per le estinzioni anticipate dei mutui.

La disposizione introdotta dal provvedimento collegato rappresentava una deroga alle norme recate dall’articolo 187, comma 2, del TUEL, che, nel testo vigente, non prevede l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione per fini diversi da quelli espressamente elencati dall’articolo medesimo.

 

Con la norma in esame, il comma 2 dell’art. 187 del TUEL viene novellato proprio al fine di ricomprendere l’estinzione anticipata dei prestiti tra le finalizzazioni per le quali gli enti locali hanno facoltà di utilizzare l’avanzo di amministrazione.

 

Si evidenzia, infine, che ai sensi dell’articolo 3, comma 164, della legge finanziaria in esame tale disposizione assume efficacia già nell’esercizio finanziario 2007.

Infatti, in base a quanto disposto dal citato comma 164, la disposizione in commento entra in vigore il 28 dicembre 2007, giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della legge finanziaria.

 

Il comma 164 richiamato dispone, come di consueto, l’entrata in vigore della legge finanziaria al 1° gennaio dell’anno 2008. Esso prevede peraltro due sole eccezioni relative al comma 13 all’art. 2 in commento – relativo alla possibilità per gli enti locali di utilizzare l’avanzo di amministrazione per l’estinzione anticipata di prestiti - e al comma 36 dell’articolo 3 - relativo alla riduzione da sette a tre anni del termine di perenzione dei residui passivi propri di conto capitale – che entrano in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della legge finanziaria.

 


 

Articolo 2, comma 14
(Destinazione dei contributi residui per le alluvioni del 1994)

 

14. Le somme che residuano ai comuni dalle assegnazioni operate in loro favore dal Ministero dell’interno ai sensi del decreto-legge 19 dicembre 1994, n. 691, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 febbraio 1995, n. 35, e successive modificazioni, e del decreto-legge 28 agosto 1995, n. 364, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n. 438, e successive modificazioni, e finalizzate all’erogazione di contributi per danni subiti da soggetti privati in dipendenza dell’evento alluvionale dei giorni 5 e 6 novembre 1994 ad intervenuta definizione delle pratiche di rimborso, rimangono nella disponibilità degli enti locali stessi e sono destinate al finanziamento di spese di investimento.

 

 

Il comma 14 prevede che le somme che residuano ai comuni dalle assegnazioni disposte dal Ministero dell’interno (ai sensi del decreto-legge 19 dicembre 1994, n. 691[21] e del decreto-legge 28 agosto 1995, n. 364[22]) finalizzate all’erogazione di contributi per i danni subiti dai soggetti privati a seguito degli eventi alluvionali del 5 e 6 novembre 1994 che hanno colpito alcune zone del Nord Italia, una volta definita la pratica di rimborso, rimangano nella disponibilità degli enti stessi che le possono utilizzare per spese di investimento.

 

Le regioni colpite dagli eventi alluvionali sopra richiamati sono state individuate con il D.P.C.M. 10 novembre 1994 nelle seguenti: Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Toscana.

Con i decreti-legge n. 691 del 1994 e n. 364 del 1995 sono state adottare le prime misure urgenti per la ricostruzione e la ripresa delle attività produttive in alcune zone del Nord Italia colpite dalle eccezionali avversità atmosferiche e dagli eventi alluvionali verificatesi nella prima decade del mese di novembre 1994.

In particolare sono stati disposti contributi sia a favore di singoli proprietari di unità immobiliari danneggiate dagli eventi alluvionali della prima decade del mese di novembre 1994 sia a favore di imprese industriali, commerciali, artigianali e di servizi, nonché di aziende agricole, singole e associate, comprese le cooperative per la raccolta, trasformazione, commercializzazione e vendita dei prodotti agricoli, per il ripristino degli impianti, strutture, infrastrutture e opere di bonifica e di irrigazione.

 


 

Articolo 2, comma 15
(Trasferimento ai comuni degli alloggi per i profughi)

 

15. Gli alloggi di cui all’articolo4, commi 223 e 224, dellalegge 24 dicembre 2003, n. 350, sono trasferiti in proprietà, a titolo gratuito e nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano al momento del loro trasferimento, ai comuni nel cui territorio gli stessi sono ubicati ai sensi dell’articolo1, comma 441, dellalegge 30 dicembre 2004, n. 311. I comuni procedono, entro centoventi giorni dalla data della volturazione, all’accertamento di eventuali difformità urbanistico-edilizie. Il vincolo di destinazione di cui al citato articolo4, comma 224, dellalegge n. 350 del 2003 resta fermo esclusivamente per le domande di acquisto regolarmente presentate dagli assegnatari entro il termine stabilito dall’articolo45, comma 3, dellalegge 23 dicembre 2000, n. 388, nonché per le assegnazioni in locazione sulla base di un bando riservato alla categoria dei profughi, il cui espletamento deve precedere il trasferimento ai comuni.

 

 

Il comma in esame dispone, al primo periodo, il trasferimento in proprietà ai comuni, a titolo gratuito e nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano al momento del loro trasferimento, degli alloggi di cui all’art. 4, commi 223-224, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004), cioè degli alloggi costruiti per i profughi.

La disposizione specifica che tale trasferimento avviene a favore dei comuni, nel cui territorio tali alloggi sono ubicati, ai sensi dell’art. 1, comma 441, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005).

 

Il citato comma 441 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004 dispone che “entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli alloggi di cui all'articolo 2 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, sono trasferiti in proprietà, a titolo gratuito e nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano al momento del loro trasferimento, ai comuni nel cui territorio gli stessi sono ubicati. I comuni procedono, entro centoventi giorni dalla data della volturazione, all'accertamento di eventuali difformità urbanistico-edilizie. Le disposizioni del presente comma non si applicano agli alloggi realizzati in favore dei profughi ai sensi dell'articolo 18 della legge 4 marzo 1952, n. 137, nonché agli alloggi di cui al comma 442”.

In base al richiamato art. 2 della legge n. 449 del 1997 “gli alloggi e le relative pertinenze di proprietà dello Stato, costruiti in base a leggi speciali di finanziamento per sopperire ad esigenze abitative pubbliche, compresi quelli affidati agli appositi enti gestori, ed effettivamente destinati a tali scopi, possono essere trasferiti, a richiesta, a titolo gratuito, in proprietà dei comuni nei cui territori sono ubicati a decorrere dal secondo mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge. Le relative operazioni di trascrizione e voltura catastale sono esenti da imposte”.

La finalità della norma recata dal citato comma 441 veniva indicata nella relazione illustrativa del relativo disegno di legge, nel fatto che non tutti i comuni si sono avvalsi della facoltà (prevista dall’art. 2 della legge n. 449 del 1997) di richiedere il trasferimento in proprietà e che, pertanto, anche “laddove è stata avanzata la richiesta questa ha riguardato parte e non la totalità degli alloggi esistenti sul territorio” e, quindi, è stata vanificata la finalità delle disposizioni contenute nell’art. 2 della legge n. 449 del 1997, che era quella di “riunificare a livello locale la titolarità e l’intera gestione dell’edilizia residenziale pubblica”.

Relativamente agli alloggi interessati dal trasferimento previsto dal periodo in esame, si ricorda che il comma 223 dell’art. 4 della legge n. 350 del 2003 reca l’interpretazione autentica del comma 24 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 1993, n. 560, specificando che solo gli alloggi attualmente di proprietà statale realizzati ai sensi dell'articolo 18 della legge 4 marzo 1952, n. 137, sono ceduti in proprietà ai profughi assegnatari o ai loro congiunti in possesso dei requisiti previsti dalla predetta legge e che, per la determinazione delle condizioni di vendita, incluse la fissazione del prezzo e le modalità di pagamento, debba farsi riferimento alla normativa in vigore alla data di presentazione della domanda di acquisto dell'alloggio.

L’interpretazione autentica disposta dal comma 223 sembrerebbe propendere per una interpretazione restrittiva dell’articolo 1, comma 24, della legge n. 560 del 1993, ovvero della locuzione “alloggi realizzati ai sensi della legge 4 marzo 1952, n. 137 e successive modificazioni”, applicabile quindi ai soli assegnatari di alloggi costruiti con i finanziamenti post-bellici - realizzati cioè ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 137 del 1952 e non quelli in quota di riserva di cui all’art. 17 - acquistabili da parte dei profughi secondo la normativa in vigore alla data di presentazione della domanda di acquisto. Del resto, come è stato precisato da fonti ministeriali, il comma 223 si proponeva la finalità di chiudere alcuni casi ancora pendenti relativi a domande di acquisto di immobili presentate circa quaranta/cinquanta anni fa e relative ad immobili costruiti prevalentemente nel 1952 a favore dei profughi dalmati ed istriani.

Il comma 224 dell’art. 4 della legge n. 350 del 2003 reca una disposizione riguardante gli immobili di cui al comma 3 dell'articolo 45 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), realizzati ed assegnati ai profughi, che prevede che tali immobili non possono essere utilizzati per finalità diverse da quelle originarie e, di conseguenza, anche se gestiti da amministrazioni non statali, il preesistente vincolo di destinazione non può essere modificato.

Si ricorda che l’art. 45, comma 3, della legge n. 388 del 2000 dispone che “il termine per la domanda di cessione di immobili a profughi di cui agli articoli 1, 17 e 18 della legge 4 marzo 1952, n. 137, e successive modificazioni, nonché di cui all'articolo 1, comma 24, della legge 24 dicembre 1993, n. 560, è prorogato sino al 30 dicembre 2005. Le disposizioni di cui all'articolo 5 del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 542, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 649, si applicano a tutti gli immobili destinati ai profughi di cui alla predetta legge 4 marzo 1952, n. 137, e successive modificazioni; tra i predetti immobili sono ricompresi anche quelli realizzati nelle regioni a statuto speciale, o di proprietà dell'ex Opera Profughi, dell'ex EGAS e dell'ex Ente Nazionale Tre Venezie […]”.

 

Il secondo periodo del comma in esame riproduce esattamente il corrispondente periodo del richiamato articolo 1, comma 441, della legge finanziaria 2005, disponendo che i comuni procedono all'accertamento di eventuali difformità urbanistico-edilizie, entro 120 giorni dalla volturazione.

 

Il terzo periodo dispone che il vincolo di destinazione di cui all’art. 4, comma 224, della legge finanziaria 2004, resta fermo esclusivamente per:

§      le domande di acquisto regolarmente presentate dagli assegnatari entro il termine stabilito dall’art. 45, comma 3, della legge finanziaria 2001,

§      nonché per le assegnazioni in locazione sulla base di un bando riservato alla categoria dei profughi, il cui espletamento deve precedere il trasferimento ai comuni.


 

Articolo 2, commi 16-22
(Comunità montane: razionalizzazione e contenimento dei costi)

 


16. Il fondo ordinario di cui all’articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è ridotto di 33,4 milioni di euro per l’anno 2008 e di 66,8 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009.

17. Le regioni, al fine di concorrere agli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvedono con proprie leggi, sentiti i consigli delle autonomie locali, al riordino della disciplina delle comunità montane, ad integrazione di quanto previsto dall’articolo 27 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in modo da ridurre a regime la spesa corrente per il funzionamento delle comunità montane stesse per un importo pari almeno ad un terzo della quota del fondo ordinario di cui al comma 16, assegnata per l’anno 2007 all’insieme delle comunità montane presenti nella regione.

18. Le leggi regionali di cui al comma 17 tengono conto dei seguenti princìpi fondamentali:

a) riduzione del numero complessivo delle comunità montane, sulla base di indicatori fisico-geografici, demografici e socio-economici e in particolare: della dimensione territoriale, della dimensione demografica, dell’indice di vecchiaia, del reddito medio pro capite, dell’acclività dei terreni, dell’altimetria del territorio comunale con riferimento all’arco alpino e alla dorsale appenninica, del livello dei servizi, della distanza dal capoluogo di provincia e delle attività produttive extra-agricole;

b) riduzione del numero dei componenti degli organi rappresentativi delle comunità montane;

c) riduzione delle indennità spettanti ai componenti degli organi delle comunità montane, in deroga a quanto previsto dall’articolo 82 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni.

19. I criteri di cui al comma 18 valgono ai fini della costituzione delle comunità montane e non rilevano in ordine ai benefìci e agli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea e dalle leggi statali e regionali.

20. In caso di mancata attuazione delle disposizioni di cui al comma 17 entro il termine ivi previsto, si producono i seguenti effetti:

a) cessano di appartenere alle comunità montane i comuni capoluogo di provincia, i comuni costieri e quelli con popolazione superiore a 20.000 abitanti;

b) sono soppresse le comunità montane nelle quali più della metà dei comuni non sono situati per almeno l’80 per cento della loro superficie al di sopra di 500 metri di altitudine sopra il livello del mare ovvero non sono comuni situati per almeno il 50 per cento della loro superficie al di sopra di 500 metri di altitudine sul livello del mare e nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore non è minore di 500 metri; nelle regioni alpine il limite minimo di altitudine e il dislivello della quota altimetrica, di cui al periodo precedente, sono di 600 metri;

c) sono altresì soppresse le comunità montane che, anche in conseguenza di quanto disposto nella lettera a), risultano costituite da meno di cinque comuni, fatti salvi i casi in cui per la conformazione e le caratteristiche del territorio non sia possibile procedere alla costituzione delle stesse con almeno cinque comuni, fermi restando gli obiettivi di risparmio;

d) nelle rimanenti comunità montane, gli organi consiliari sono composti in modo da garantire la presenza delle minoranze, fermo restando che ciascun comune non può indicare più di un membro. A tal fine la base elettiva è costituita dall’assemblea di tutti i consiglieri dei comuni, che elegge i componenti dell’organo consiliare con voto limitato. Gli organi esecutivi sono composti al massimo da un terzo dei componenti l’organo consiliare.

21. L’effettivo conseguimento delle riduzioni di spesa di cui al comma 17 è accertato, entro il 31 luglio 2008, sulla base delle leggi regionali promulgate e delle relative relazioni tecnico-finanziarie, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sentite le singole regioni interessate. Gli effetti di cui al comma 20 si producono dalla data di pubblicazione del predetto decreto.

22. Le regioni provvedono a disciplinare gli effetti conseguenti all’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 17, 18 e 20 ed in particolare alla soppressione delle comunità montane, anche con riguardo alla ripartizione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, facendo salvi i rapporti di lavoro, a tempo indeterminato esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Sino all’adozione o comunque in mancanza delle predette discipline regionali, i comuni succedono alla comunità montana soppressa in tutti i rapporti giuridici e ad ogni altro effetto, anche processuale, ed in relazione alle obbligazioni si applicano i princìpi della solidarietà attiva e passiva.


 

 

I commi 16-22 dell’articolo 2 affidano alle regioni il compito di provvedere con legge al riordino delle comunità montane, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria 2008[23]. A regime, il riordino dovrà comportare, in ciascuna regione, la riduzione della spesa corrente per il finanziamento delle comunità montane per un importo pari ad un terzo della quota loro destinata del “Fondo ordinario per il finanziamento degli enti locali” (comma 17).

 

Contestualmente la dotazione del Fondo medesimo viene ridotta di 33,4 milioni di euro per il 2008 e di 66,8 milioni a decorrere dal 2009 (comma 16).

Il risparmio deve essere conseguito attraverso la riduzione del numero complessivo delle comunità e la riduzione del numero dei componenti e delle indennità loro spettanti (comma 18).

 

È introdotta, inoltre, una disposizione sostitutiva che scatta in caso di inerzia delle regioni: essa prevede la soppressione automatica delle comunità montane che non corrispondono a precisi criteri altimetrici e di quelle costituite da meno di cinque comuni; la decadenza dalla partecipazione alle comunità dei comuni capoluogo, di quelli costieri e di quelli con più di 20.000 abitanti; la riduzione del numero dei consiglieri e dei membri dell’esecutivo delle comunità (comma 20).

 

Le disposizioni sostitutive si applicano dopo aver accertato l’effettiva entità del risparmio, accertamento da effettuarsi entro il 31 luglio 2008 (comma 21).

In caso di eventuale soppressione di comunità montane, le regioni disciplinano gli effetti giuridici conseguenti (comma 22).

Le comunità montane sono unioni di comuni, enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti a province diverse (D.Lgs. 267/2000, art. 27 e 28[24]), “create in vista della valorizzazione delle zone montane, allo scopo di esercitare, in modo più adeguato di quanto non consentirebbe la frammentazione dei Comuni montani, ‘funzioni proprie’, ‘funzioni conferite’ e funzioni comunali”[25]. Si tratta, dunque, di un caso speciale di unioni di Comuni, di enti dotati di un certo grado di autonomia, non solo dalle Regioni ma anche dai Comuni, come dimostra, tra l’altro, l’espressa attribuzione agli stessi della potestà statutaria e regolamentare[26]. Spetta alle regioni l’individuazione degli ambiti territoriali per la costituzione delle comunità montane e la istituzione delle stesse comunità, che avviene con provvedimento del presidente della giunta regionale. Alla legge regionale è demandata la disciplina delle comunità montane che comprende tra l’altro, le modalità di approvazione dello statuto, i criteri di ripartizione dei finanziamenti, la regolazione dei rapporti con gli altri enti locali.

Attualmente le comunità montane sono 355, situate in tutte le regioni ad eccezione della Sicilia. Ne fanno parte 4.201 comuni (3.546 montani e 655 parzialmente montani) con una popolazione complessiva di 10.822.605 abitanti[27] (si veda la tabella in calce alla presente scheda). Per ulteriori approfondimenti si rinvia alla XII e alla XIII relazione sullo stato della montagna italiana presentate alle Camere dal Presidente del Consiglio ai sensi dell’art.24, co. 4, della L. 97/1994 e trasmesse, rispettivamente, il 21 novembre 2006 e il 18 gennaio 2008 (doc. CXV, n. 1 e 2).

Il comma 16 riduce il Fondo ordinario di cui all’articolo 34, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 504/1992 di un importo pari a 33,4 milioni per il 2008, che sale a 66,8 milioni annui a decorrere dal 2009.

 

Si ricorda che i trasferimenti erariali a favore degli enti locali iscritti nel bilancio dello Stato si articolano sulla base di fondi disciplinati dal D.Lgs. 504/1992[28]. In particolare, secondo lo schema generale delineato dal citato decreto legislativo, lo Stato concorre al finanziamento dei bilanci di province e comuni con l’assegnazione dei seguenti fondi di parte corrente:

-       “Fondo ordinario”, in cui confluiscono la gran parte delle risorse destinate al finanziamento dei bilanci degli enti locali;

-       “Fondo consolidato”, in cui confluiscono i contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi;

-       “Fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale” (relativo, in particolare, ai problemi perequativi derivanti dall’ICI). Le risorse sono attribuite alle province e ai comuni sulla base del gettito delle imposte e delle addizionali di loro competenza per le quali non vi sia discrezionalità, considerato in relazione alla classe demografica di appartenenza degli enti medesimi.

Il sistema è completato dalla presenza di due ulteriori fondi per i trasferimenti in conto capitale: il fondo nazionale ordinario per gli investimenti e il fondo nazionale speciale per gli investimenti, disciplinati sempre dal citato art. 34.

 

La disposizione di cui al comma 16 è strettamente collegata con la finalità di risparmio – fissata dal successivo comma 17 in un terzo della quota destinata alle comunità montane del citato Fondo – che le regioni dovranno perseguire attraverso il riordino delle comunità entro sei mesi dall’approvazione della legge finanziaria.

 

Il comma 17 fissa l’obiettivo del contenimento della spesa corrente per il finanziamento delle comunità montane, come accennato, ad un terzo della quota del Fondo ordinario citato spettante alle comunità montane presenti in ciascuna regione. La riduzione, viene specificato, dovrà essere conseguita “a regime” e, quindi, presumibilmente, a partire dal 2009, data dalla quale, ai sensi del comma 1, decorre la decurtazione del fondo di 66,8 milioni all’anno.

Nel 2006 sono state attribuiti alle Comunità montane trasferimenti erariali per complessivi 169,15 milioni. I contributi correnti sono ripartiti tra il fondo ordinario di 116,12 milioni e il fondo consolidato di 37,42 milioni. I contributi per sviluppo e investimenti 2006 ammontano a 15,61 milioni. La ripartizione dei contributi complessivi favorisce in particolare la Campania (25,74 milioni) e la Calabria (19,74 milioni)[29].

La legge finanziaria 2007[30] (art. 1, co. 703) ha disposto l’assegnazione di un contributo di 20 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009 in favore delle comunità montane, da ripartire in proporzione alla popolazione residente nelle zone montane, a valere sulle risorse del Fondo ordinario.

Per il 2007 i contributi spettanti alle comunità montane ammontano a 189,6 milioni di euro di cui: fondo ordinario 136,13 milioni; fondo consolidato 37,41 milioni; contributi per sviluppo e investimenti 16,04 milioni[31].

Risorse finanziarie spettanti alle comunità montane. Anno 2007.

Regioni

Fondo ordinario

Fondo consolidato

Fondo sviluppo investimenti

Totale contributi

Piemonte

12.861.110,79

1.139.835,75

1.002.642,64

15.003.589,18

Lombardia

16.300.868,45

1.259.325,28

2.010.816,68

19.571.010,41

Veneto

6.312.078,54

426.319,76

682.454,21

7.420.852,51

Liguria

6.216.352,82

520.624,76

803.448,67

7.540.426,25

Emilia - Romagna

5.957.899,69

324.836,48

512.074,58

6.794.810,75

Toscana

7.027.318,16

925.391,72

616.194,05

8.568.903,93

Umbria

5.914.436,53

984.187,53

766.382,65

7.665.006,71

Marche

4.873.803,37

826.392,52

451.943,34

6.152.139,23

Lazio

9.154.068,12

835.716,39

990.909,19

10.980.693,70

Abruzzo

6.925.303,96

876.788,33

1.223.797,62

9.025.889,91

Molise

3.374.395,54

1.277.348,89

527.493,68

5.179.238,11

Campania

11.161.758,22

14.667.875,30

1.451.898,77

27.281.532,29

Puglia

3.657.835,00

1.314.583,81

719.180,06

5.691.598,87

Basilicata

5.533.560,23

3.150.825,44

904.678,40

9.589.064,07

Calabria

11.685.094,83

8.189.692,43

1.676.874,53

21.551.661,79

Sicilia (*)

7.996.373,08

131.058,17

-

8.127.431,25

Sardegna

11.180.054,01

561.055,58

1.703.663,42

13.444.773,01

Totale

136.132.311,34

37.411.858,14

16.044.452,49

189.588.621,97

Fonte: Relazione sullo stato della montagna 2007

(*)  La legislazione siciliana non prevede l’istituzione di comunità montane; il finanziamento, effettuato tramite le province, è destinato ai comuni montani.

 

L’obiettivo di risparmio dovrà essere conseguito attraverso il riordino delle comunità montane operato da ciascuna regione con leggi regionali da emanarsi, con il parere dei consigli delle autonomie locali, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria.

 

L’articolo 7 della legge costituzionale n. 3 del 2001[32], di riforma del Titolo V della Costituzione, ha aggiunto un comma all’art. 123 Cost., prevedendo l’istituzione di un organo regionale consultivo, rappresentativo delle autonomie locali, denominato Consiglio delle autonomie locali. Null’altro dispone il comma in ordine a quest’organo, la cui disciplina è espressamente rimessa agli statuti regionali.

 

La disposizione in esame prevede la consultazione del Consiglio delle autonomie locali, organismo previsto dall’art. 123 Cost., che al momento non risulta essere stato istituito in tutte le regioni.

Si segnala inoltre che il comma 17, subordinando l’adozione delle leggi regionali al parere dei Consigli delle autonomie locali, introduce con legge dello Stato un adempimento aggiuntivo a corredo del procedimento legislativo regionale, materia quest’ultima ordinariamente rientrante nella potestà statutaria della regione.

 

Il comma 18 individua i seguenti criteri generali di cui il legislatore regionale deve tener conto nell’adempiere alle disposizioni sopra indicate:

§      la riduzione del numero delle comunità montane sulla base di alcuni indicatori fisico-geografici (dimensione territoriale, acclività dei terreni, altezza altimetrica, distanza dal capoluogo di provincia), demografici (dimensione demografica, indice di vecchiaia) e socio-economici (reddito medio pro capite, livello dei servizi, presenza di attività produttive extra-agricole);

§      la riduzione del numero dei componenti degli organi rappresentativi delle comunità montane;

§      la riduzione delle indennità spettanti ai componenti degli organi delle comunità montane, in deroga a quanto previsto dall’art. 82 del testo unico in materia di enti locali (D.Lgs. 267/2000).

 

Ciascuna comunità montana ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo, composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti. Il presidente può cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della comunità (art. 27, co. 2, TU).

L’art. 82, co. 1, del TU comprende tra gli amministratori locali che hanno diritto ad un’indennità di funzione il presidente della comunità montana e i componenti degli organi esecutivi delle comunità montane.

Il comma 2 dello stesso articolo (come modificato dal comma 25 dell’articolo in esame) prevede inoltre, per i consiglieri delle comunità montane, la corresponsione di un gettone di presenza per l’effettiva partecipazione alle riunioni dei consigli e delle commissioni comunitarie. L’ammontare percepito nell’arco di un mese non può comunque superare un quarto dell’indennità massima prevista per il presidente della comunità montana.

Le indennità di funzione non sono tra loro cumulabili. L’interessato opta per la percezione di una delle due indennità ovvero per la percezione del 50 per cento di ciascuna (art. 82, co. 5, TU).

La determinazione della misura base delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza di tutti gli amministratori locali (compresi quelli delle comunità montane) è demandata (art. 82, co. 8, TU) ad un regolamento ministeriale adottato con decreto del ministro dell’interno, di concerto con il ministro dell’economia e finanze, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, nel rispetto di specifici criteri (D.M. 4 aprile 2000, n. 119).

Sono validi, anche per le indennità degli amministratori delle comunità montane, i limiti di spesa previsti per quelle dei componenti delle unioni di comuni: le indennità di funzione del presidente e degli assessori sono pari al massimo al 50% dell’indennità prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione della comunità montana (art. 82, co. 8, lett. c), TU, come modificato dall’art. 25 del presente articolo).

 

Il comma 19 reca disposizioni che riproducono in parte il contenuto nel secondo periodo del comma 5 dell’art. 27 del TU, volto a non escludere dai provvedimenti comunitari, statali e regionali a favore della montagna, i territori montani che non abbiano titolo per l’inserimento nelle comunità montane. In altri termini, per beneficiare dei relativi interventi di sostegno non è condizione necessaria essere comunità montana.

Nel testo in esame, analogamente, si dispone che i criteri limitativi dettati al comma 18 (ivi indicati come principi), che le regioni devono seguire ai fini della costituzione delle unioni di comuni montani, non rilevano tuttavia in ordine ai benefici e agli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea e dalle leggi statali e regionali.

 

Il comma 20 dispone direttamente la riduzione automatica delle comunità montane qualora le regioni non abbiano provveduto entro i sei mesi di tempo prescritti alla loro riordino (ma sull’efficacia temporale di tale disposizione sostitutiva si veda anche il seguente comma 21).

In primo luogo, si dispone la cessazione dell’appartenenza alle comunità montane dei comuni capoluogo di provincia, dei comuni costieri e di quelli con popolazione superiore a 20.000 abitanti.

Vengono, inoltre, soppresse le comunità montane nelle quali almeno la metà dei comuni non sono situati per almeno l’80% della loro superficie al di sopra di 500 m (600 m nelle regioni alpine) di altitudine s.l.m, oppure, non sono situati per almeno il 50% della loro superficie al di sopra di 500 m di altitudine s.l.m. e nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore è almeno 500 m (600 m nelle regioni alpine).

In terzo luogo, sono soppresse le comunità montane che sono costituite da meno di 5 comuni. Tale effetto si produce anche se la riduzione al di sotto della soglia consentita è il risultato della cessazione ex lege dell’appartenenza alle comunità delle categorie di comuni di cui sopra (capoluoghi di provincia, comuni costieri e quelli con popolazione superiore a 20.000 abitanti).

Infine, vengono introdotti alcuni limiti numerici alla composizione degli organi rappresentativi delle comunità:

§      gli organi consiliari devono essere composti da non più di un membro per ciascun comune, in modo tale, però, da garantire (come previsto dalla normativa vigente, art. 27, co. 2, TU) la presenza delle minoranze; a tal fine la base elettiva è composta da tutti i consiglieri dei comuni, che procedono all’elezione con voto limitato[33];

§      gli organi esecutivi sono composti al massimo da un terzo dei componenti l’organo consiliare.

Si ricorda che attualmente il numero degli amministratori delle comunità montana è determinato dallo statuto di ciascuna comunità, deliberato, come si è accennato, secondo le modalità fissate con legge regionale.

 

Il comma 21 differisce l’applicazione delle riduzioni automatiche di cui al comma 20 alla data di pubblicazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e di quello degli affari regionali, sentite le singole regioni interessate, che accerti l’effettivo conseguimento delle riduzioni di spesa stabilite al comma 17. Tale accertamento deve effettuarsi entro il 31 luglio 2008 sulla base delle leggi regionali nel frattempo promulgate e delle relative relazioni finanziarie.

Pertanto, la scansione temporale che le disposizioni in esame prefigurano si può così riassumere:

§      entro il 30 giugno 2008 le regioni devono adottare le leggi di riordino delle comunità montane;

§      nel mese di luglio 2008 il Governo deve procedere all’accertamento delle riduzioni di spesa effettivamente conseguite;

§      entro il 31 luglio 2008 deve essere emanato il D.P.C.M. relativo a tale accertamento;

§      al momento della pubblicazione del D.P.C.M., (che può in ipotesi aver luogo anche successivamente al 31 luglio), scattano le riduzioni automatiche del numero delle comunità montane e del numero dei loro amministratori.

 

Infine, il comma 22 pone in capo alle regioni il compito di disciplinare gli effetti giuridici derivanti dall’applicazione delle disposizioni recate dall’articolo in esame, ed in particolare gli effetti conseguenti l’eventuale soppressione delle comunità montane. Le regioni dovranno, in particolare, provvedere alla ripartizione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, facendo salvi i rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

Non viene specificato né lo strumento da utilizzare da parte delle regioni per la disciplina degli effetti giuridici conseguenti la riduzione delle comunità, né il termine entro cui provvedervi. Verosimilmente, le regioni potranno dare attuazione a queste disposizioni con la stessa legge di riordino delle comunità.

In ogni caso, una norma di chiusura prevede che, nelle more del provvedimento regionale o in caso di mancata adozione, i comuni subentrino alla comunità montana soppressa in tutti i rapporti giuridici di cui questa è titolare. La disposizione prevede che in relazione alle obbligazioni si applichino i principi della solidarietà attiva e passiva.

 

L’espressione “solidarietà attiva e passiva” richiama le cosiddette obbligazioni solidali e descrive, nel caso della solidarietà attiva, il vincolo in forza del quale, in presenza di più creditori di un medesimo debitore, ogni creditore può pretendere l’intera prestazione, e l’adempimento da lui conseguito libera il debitore anche nei confronti degli altri; il concreditore che avrà riscosso dovrà corrispondere ai restanti concreditori la parte della prestazione di loro spettanza.

Con solidarietà passiva si indica invece il vincolo in forza del quale, in presenza di più debitori di un unico creditore, i debitori sono solidalmente obbligati per la medesima prestazione, così che il creditore può pretendere l’intera prestazione da uno qualunque dei debitori, il cui adempimento libera tutti gli altri. Il condebitore che ha pagato avrà azione di rivalsa nei confronti degli altri, per ottenere il rimborso della sua parte.

 

Compatibilità costituzionale

La giurisprudenza costituzionale affermatasi successivamente alla riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, comprende le comunità montane nell’ambito della competenza regionale residuale, il che di per sé parrebbe escludere l’ambito di intervento statale, salvo per tale ambito si rilevi un titolo ulteriore. Le comunità montane, infatti, non sono considerate dalla Costituzione come enti locali necessari, né sono considerati all’interno della disposizione che attribuisce allo Stato competenza in tema di funzioni fondamentali degli enti locali ed organi degli enti locali.

Secondo la Corte, infatti, (sent. 456/2005) la disciplina delle comunità montane, pur in presenza della loro qualificazione come enti locali contenuta nel D.Lgs. 267/2000, rientra ora nella competenza legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione.

Inoltre (da ultimo, sent. 397/2006) l’art. 114 (che individua nei comuni, province, città metropolitane, regioni e nello Stato gli enti costituenti la Repubblica) e l’art. 117, secondo comma, lettera p) (che affida alla legislazione esclusiva dello Stato la legislazione elettorale, gli organi di Governo e le funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane) della Costituzione non trovano applicazione nei confronti delle comunità montane, in quanto in tali disposizioni si fa esclusivo riferimento ai comuni, alle province e alle città metropolitane e l’indicazione deve ritenersi tassativa (sentt. 456/2005 e 244/2005). Allo stesso modo non si estende alle comunità montane il sistema delle garanzie, in sede di esercizio delle funzioni amministrative, assicurato dal nuovo art. 118 della Costituzione. Le comunità montane sono “enti locali costituzionalmente non necessari” (sent. 238/2007).

Tuttavia, non sembra potersi negare ogni titolo all’intervento statale, il cui fondamento potrebbe trovarsi sia nella finalità del coordinamento finanziario (essendo finalità della norma la riduzione delle spese), sia nel riflesso – sulle comunità montane – di disposizioni dettate comunque in riferimento agli organi degli enti locali con “copertura” costituzionale, quali sono i comuni. Questo solo se – ammesso che le ipotizzate titolarità abbiano fondamento – non sia rinvenuta una eventuale “prevalenza” della competenza regionale residuale.

L’applicabilità, poi, della norma in esame nei confronti delle autonomie differenziate è un effetto della norma non agevolmente affermabile in modo univoco. A parte il caso della Sicilia (che ha soppresso le comunità montane con L.R. 9/1986[34]), per le altre regioni a statuto speciale, l’articolo 3, comma 163, del provvedimento in esame, contenente la cosiddetta “clausola di salvaguardia” non appare sicuro indice di riferimento per determinare l’applicabilità o meno: la competenza delle autonomie differenziate in tema di comunità montane appare indubbia, ma si potrebbe ritenere che concorra la già affermata competenza statale in tema di coordinamento finanziario (non l’altra, in tema di organi comunali, propria delle Regioni a statuto speciale a differenza delle Regioni a statuto ordinario[35]).

La Corte ha spesso ribadito che i princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica attinenti alla spesa “devono ritenersi applicabili anche alle autonomie speciali, in considerazione dell’obbligo generale di partecipazione di tutte le Regioni, ivi comprese quelle a statuto speciale, all’azione di risanamento della finanza pubblica” (sentt. 169/2007, 82/2007, nonché sentt., da questa richiamate, 417/2005, 353/2004, 345/2004 e 36/2004, 416/1995; in senso analogo, anche sent. 267/2006).

 

Già a partire dal mese di gennaio 2008, molte regioni hanno avviato l’iter per l’adozione delle misure di contenimento dei costi delle comunità montane in attuazione delle disposizioni in esame.

Tra le iniziative legislative concluse o in corso nel 2007 si segnalano le seguenti.

La regione Umbria, come accennato, ha, in un certo senso, anticipato la riforma con l’approvazione della legge regionale 23 luglio 2007, n. 24, che ha operato un radicale riassetto della disciplina di settore: le comunità montane saranno ridotte da 9 a 5, con un risparmio per la regione calcolato in due terzi delle spese.

Nel 2007 in Sardegna è proseguito il processo di riordino delle comunità montane avviato con la legge regionale 2 agosto 2005, n. 12. La Giunta regionale ha, infatti, definitivamente approvato il Piano per il riordino dell’associazionismo comunale (Delibera del 15 dicembre 2006, n. 52/2) cui è conseguito lo scioglimento delle comunità montane sarde e la nomina dei presidenti alla carica di commissari straordinari liquidatori delle rispettive comunità (Delibera 26 marzo 2007, n. 35). Nuove comunità montane potranno essere costituite dai comuni interessati secondo le procedure e i criteri fissati dalla citata legge regionale n. 12.

La regione Calabria ha ridotto a 3 il numero dei rappresentanti di ogni Comune nei consigli delle comunità montane (L.R 11 maggio 2007, n. 9, art. 29).

La giunta regionale della Campania ha approvato il 20 luglio 2007 un disegno di legge di riforma della materia che prevede la riduzione sia del numero dei comuni partecipanti alle comunità montane campane (da 365 a 313), sia del numero complessivo delle comunità montane (da 27 a 25). Il progetto dovrà ora essere esaminato dal Consiglio regionale e, presumibilmente, emendato in modo da recepire le disposizioni della legge finanziaria in commento.

 

La legge finanziaria contiene altre norme di interesse per le comunità montane e per la montagna in genere.

Tra queste, si ricordano in particolare:

§       art. 2, comma 24: limita la possibilità di collocamento in aspettativa non retribuita, per il periodo di espletamento del mandato, soltanto ad alcune figure di amministratori locali (tra i quali i presidenti delle comunità montane). Inoltre, sono interamente posti a carico di alcune categorie di amministratori locali (tra cui i consiglieri delle comunità montane) gli oneri previdenziali e assistenziali qualora questi siano stati collocati – a domanda – in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato;

§       art. 2, co. 25: riduce da un terzo a un quarto dell’indennità del sindaco o del presidente dell’organo rappresentativo dell’ente locale, il gettone di presenza che consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno diritto a percepire per la partecipazione a consigli e commissioni; elimina la possibilità di trasformare il gettone di presenza in indennità di funzione e di cumulare entrambi gli emolumenti; riduce il tetto massimo delle indennità del presidente e degli assessori di unioni di comuni, consorzi e comunità montane (non oltre il 50% della misura prevista per un singolo comune di eguale popolazione o di popolazione pari alla popolazione montana della comunità montana) elimina la facoltà per gli organi degli enti locali di adeguare gli importi dei gettoni di presenza e riduce la possibilità di incremento dell’indennità unicamente ai sindaci, i presidenti di provincia e gli assessori (con delibera della giunta) e ai presidenti delle assemblee (con delibera del consiglio);

§       2, co. 28: consente l’adesione da parte di un comune ad unica forma associativa tra quelle previste dal testo unico;

§       art. 1, co. 240: dispone una proroga, sino al 31 dicembre 2008, dell’incremento dell’agevolazione a favore dei soggetti che utilizzano il gasolio e il GPL per uso di riscaldamento nelle zone montane;

§       art. 2, co. 35-37: dettano disposizioni sulla riduzione dei componenti dei consigli di amministrazione e degli organismi esecutivi ovvero sulla soppressione di alcuni enti, tra cui i consorzi dei bacini imbriferi montani;

§       art. 2, co. 40: reca una autorizzazione di spesa pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 a favore del Fondo nazionale per la montagna;

§       art. 2, co. 44: integra per 10 milioni per il 2008, 5 milioni per il 2009 e 5 milioni per il 2010, il fondo per le aree svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale al fine di sostenere progetti di sviluppo economico e di integrazione delle aree montane negli assi di comunicazione interregionali.

§       art. 2, co. 45: trasferisce all’Ente Italiano Montagna (EIM), le risorse già attribuite all’istituto nazionale per la montagna (IMONT);

§       art. 2, co. 134: prevede che le cooperative ed i loro consorzi che esercitino prevalentemente nei comuni montani le loro attività di sistemazione e manutenzione agraria, forestale e del territorio e degli ambienti rurali, possano ricevere in affidamento diretto dagli enti locali e dagli altri enti di diritto pubblico lavori attinenti alla valorizzazione e alla gestione e manutenzione dell’ambiente e del paesaggio nonché la realizzazione e la gestione di impianti di produzione di calore alimentati da fonti rinnovabili di origine agricola;

§       art. 2, co. 332: prevede la definizione e attivazione, da parte del Ministero dell’ambiente sulla base delle richieste dei comuni e delle comunità montane, di un programma di interventi di manutenzione del reticolo idrografico minore e dei versanti che privilegi la realizzazione di opere tradizionali e a basso impatto ambientale e che sia finalizzato alla mitigazione del rischio idrogeologico e alla tutela dell’assetto del territorio, nonché all’incentivazione alla permanenza delle popolazioni nelle aree di montagna e di collina.


La montagna italiana al 1° gennaio 2007

Regioni

Comuni

Comuni montani


comunità
montane

Superf.
Territ.
Ha (a1)

Superf.
Montana
Ha (a2)

%
(b1/a1)

Pop.
Totale
(a2)

Pop.
Montana
(b2)

%
(b2/a2)

 

(A)

Tot.
(B)

Parz.
(C)

B+C

C/A

 

 

 

 

 

 

 

PIEMONTE

1.206

503

27

530

43,95

48

2.540.246

1.316.591

51,83

4.341.733

675.253

15,55

VDA

74

74

0

74

100,00

8

326.324

326.324

100,00

123.978

123.978

100,00

LIGURIA

235

167

20

187

79,57

19

542.155

441.834

81,50

1.610.134

348.558

21,65

LOMBARDIA

1546

529

13

543

35,12

30

2.386.280

1.032.322

43,26

9.475.202

1.265.687

13,36

TRENTO

223

223

0

223

100,00

11

620.690

620.690

100,00

502.478

502.478

100,00

BOLZANO

116

116

0

116

100,00

8

739.992

739.992

100,00

482.650

482.650

100,00

VENETO

581

119

39

158

27,19

19

1.839.885

588.703

32,00

4.738.313

410.588

8,67

FVG

219

84

21

105

47,95

4

785.839

447.349

56,93

1.208.278

174.432

14,44

EMI.ROM.

341

95

29

124

36,36

18

2.211.734

851.977

38,52

4.187.557

371.736

8,88

TOSCANA

287

114

43

157

54,70

20

2.299.351

1.086.904

47,27

3.619.872

533.049

14,73

MARCHE

246

103

21

124

50,41

13

969.406

571.873

58,99

1.528.809

315.874

20,66

UMBRIA

92

69

22

91

98,91

9

845.604

725.875

85,84

867.878

552.830

63,70

LAZIO

378

175

65

240

63,49

22

1.723.597

761.634

44,19

5.304.778

753.428

14,20

ABRUZZO

305

200

27

227

74,43

19

1.076.271

824.885

76,64

1.305.307

479.777

36,76

MOLISE

136

111

12

123

90,44

10

443.768

349.157

78,68

320.907

224.006

69,80

CAMPANIA

551

197

102

298

54,08

27

1.359.024

765.979

56,36

5.790.929

687.215

11,87

PUGLIA

258

26

35

61

23,64

6

1.935.790

479.609

24,78

4.071.518

315.384

7,75

BASILICATA

131

106

9

115

87,79

14

999.461

712.243

71,26

594.086

393.653

66,26

CALABRIA

409

218

68

286

69,93

26

1.508.055

990.991

65,71

2.004.415

733.784

36,61

SICILIA

390

102

83

185

47,44

0

2.571.140

943.179

36,68

5.017.212

640.510

12,77

SARDEGNA

377

215

19

234

62,07

24

2.408.989

1.793.774

74,46

1.655.677

837.735

50,60

TOTALE

8.101

3.546

655

4.201

51,86

355

30.133.601

16.371.885

54,33

58.751.711

10.822.605

18,42

Fonte: Elaborazioni UNCEM su dati ISTAT al 31/12/2005


 

Articolo 2, commi 23-32-bis
(Contenimento dei costi per la rappresentanza nei consigli circoscrizionali, comunali, provinciali e degli assessori comunali e provinciali)

 


23. All’articolo 47, comma 1, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, la parola: «sedici» è sostituita dalla seguente: «dodici». La presente disposizione entra in vigore a decorrere dalle prossime elezioni amministrative locali.

24. All’articolo 81, comma 1, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole: «Gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «I sindaci, i presidenti delle province, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti dei consigli circoscrizionali dei comuni di cui all’articolo 22, comma 1, i presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni, nonché i membri delle giunte di comuni e province»;

b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I consiglieri di cui all’articolo 77, comma 2, se a domanda collocati in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato, assumono a proprio carico l’intero pagamento degli oneri previdenziali, assistenziali e di ogni altra natura previsti dall’articolo 86».

25. All’articolo 82 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali, limitatamente ai comuni capoluogo di provincia, e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere può superare l’importo pari ad un quarto dell’indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8. Nessuna indennità è dovuta ai consiglieri circoscrizionali»;

b) i commi 4 e 6 sono abrogati;

c) al comma 8, la lettera c) è sostituita dalla seguente:

«c) articolazione dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vice sindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura massima del 50 per cento dell’indennità prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell’unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana»;

d) al comma 11, il primo periodo è sostituito dai seguenti: «Le indennità di funzione, determinate ai sensi del comma 8, possono essere incrementate con delibera di giunta, relativamente ai sindaci, ai presidenti di provincia e agli assessori comunali e provinciali, e con delibera di consiglio per i presidenti delle assemblee. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario fino alla conclusione dello stesso, nonché gli enti locali che non rispettano il patto di stabilità interno fino all’accertamento del rientro dei parametri. Le delibere adottate in violazione del precedente periodo sono nulle di diritto. La corresponsione dei gettoni di presenza è comunque subordinata alla effettiva partecipazione del consigliere a consigli e commissioni; il regolamento ne stabilisce termini e modalità» e il terzo periodo è soppresso.

26. L’articolo 83 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 è sostituito dal seguente:

«Art. 83. - (Divieto di cumulo) – 1. I parlamentari nazionali ed europei, nonché i consiglieri regionali non possono percepire i gettoni di presenza previsti dal presente capo.

2. Salve le disposizioni previste per le forme associative degli enti locali, gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2, non percepiscono alcun compenso, tranne quello dovuto per spese di indennità di missione, per la partecipazione ad organi o commissioni comunque denominate, se tale partecipazione è connessa all’esercizio delle proprie funzioni pubbliche.

3. In caso di cariche incompatibili, le indennità di funzione non sono cumulabili; ai soggetti che si trovano in tale condizione, fino al momento dell’esercizio dell’opzione o comunque sino alla rimozione della condizione di incompatibilità, l’indennità per la carica sopraggiunta non viene corrisposta».

27. L’articolo 84 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 è sostituito dal seguente:

«Art. 84. - (Rimborso delle spese di viaggio) – 1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti esclusivamente il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché un rimborso forfetario onnicomprensivo per le altre spese, nella misura fissata con decreto del Ministro dell’interno e del Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

2. La liquidazione del rimborso delle spese è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell’interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.

3. Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate».

28. Ai fini della semplificazione della varietà e della diversità delle forme associative comunali e del processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture, ad ogni amministrazione comunale è consentita l’adesione ad una unica forma associativa per ciascuna di quelle previste dagli articoli 31, 32 e 33 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, fatte salve le disposizioni di legge in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti. A partire dal 30 settembre 2008, se permane l’adesione multipla ogni atto adottato dall’associazione tra comuni è nullo ed è, altresì, nullo ogni atto attinente all’ad­esione o allo svolgimento di essa da parte dell’amministrazione comunale interessata. Il presente comma non si applica per l’adesione delle amministrazioni comunali ai consorzi istituiti o resi obbligatori da leggi nazionali e regionali.(*)

------------------------

(*)  Comma così modificato dall’art. 35-bis, co. 1 del D.L. n. 248/2007, convertito, con modi­ficazioni, dalla legge n. 31/2008.

 

29. All’articolo 17 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «100.000 abitanti» sono sostituite dalle seguenti: «250.000 abitanti»;

b) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. I comuni con popolazione tra i 100.000 e i 250.000 abitanti possono articolare il territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento ai sensi di quanto previsto dal comma 2. La popolazione media delle circoscrizioni non può essere inferiore a 30.000 abitanti».

30. Le funzioni della commissione elettorale comunale previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, in materia di tenuta e revisione delle liste elettorali, sono attribuite al responsabile dell’ufficio elettorale comunale, salvo quanto disposto dagli articoli 12, 13 e 14 del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 1967, e successive modificazioni. L’inca­rico di componente delle commissioni elettorali comunali e delle commissioni e sottocommissioni elettorali circondariali è gratuito, ad eccezione delle spese di viaggio effettivamente sostenute. In tutte le leggi o decreti aventi ad oggetto la materia elettorale, ad eccezione degli articoli 3, 4, 5 e 6dellalegge 8 marzo 1989, n. 95, e successive modificazioni, ogni riferimento alla commissione elettorale comunale deve intendersi effettuato al responsabile dell’ufficio elettorale comunale.

31. A decorrere dal 2008 il fondo ordinario di cui all’articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è ridotto di 313 milioni di euro. In sede di ripartizione delle risorse del fondo ordinario, come rideterminate ai sensi del presente comma, si tiene conto, anche sulla base di certificazioni prodotte dagli enti interessati, delle riduzioni di spesa derivanti, per ciascun ente territoriale, dall’attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 23 a 31. Le risorse derivanti dalle riduzioni di spesa di cui ai commi da 23 a 29, valutate in 313 milioni di euro annui a decorrere dal 2008, sono destinate, per l’anno 2008, per 100 milioni di euro, salvo quanto disposto dal comma 32, all’incremento del contributo ordinario di cui all’articolo1, comma 703, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, in favore dei piccoli comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, non rientranti nei parametri di cui al medesimo comma, da ripartire in proporzione alla popolazione residente, e per 213 milioni di euro a copertura di quota parte degli oneri derivanti dai commi 383 e 384.

32. Entro il 30 giugno 2008, sulla base delle certificazioni prodotte dagli enti interessati, il Ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, quantifica l’ammontare effettivo delle riduzioni di spesa conseguibili al 31 dicembre 2008. A seguito di tale accertamento, il Ministro dell’economia e delle finanze, in relazione alla differenza riscontrata tra l’ammontare delle economie di spesa e la riduzione dei trasferimenti, adegua con propri decreti la dotazione per l’anno 2008 del fondo ordinario di cui all’articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, per i soli enti che hanno dato piena attuazione alle disposizioni previste dai commi da 23 a32, a valere e nei limiti dell’incremento del fondo ordinario di cui al comma 31.

32-bis. Le regioni a statuto speciale provvedono ad adottare le disposizioni idonee a perseguire le finalità di cui ai commi da 23 a 29. In caso di mancata attuazione delle disposizioni di cui al primo periodo del presente comma entro la data del 30 giugno 2008, la riduzione del fondo ordinario prevista dal comma 31 si applica anche agli enti locali delle regioni a statuto speciale. (*)

------------------------

(*)  Comma inserito dall’art. 40, co. 4-bis, del D.L. n. 248/2007, convertito, con modifi­cazioni, dalla legge n. 31/2008.


 

 

I commi da 23 a 29 dell’articolo 2 modificano in più parti il Testo unico sull’ordinamento degli enti locali[36] al principale fine di contenere i costi per la rappresentanza degli enti locali.

 

Una parte del contenuto normativo delle disposizioni in esame, sia nella versione originaria del disegno di legge governativo, sia nella attuale formulazione, corrisponde sostanzialmente allo schema di disegno di legge, approvato dal Consiglio dei ministri il 13 luglio 2007 e pubblicato nel sito Internet del Governo, recante “Misure per la riduzione dei costi politico-amministrativi e per la promozione della trasparenza”. Iniziative legislative sul tema sono all’esame della Camera dei deputati[37].

 

Si ricorda che le disposizioni del TUEL non trovano applicazione nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano[38] che, in forza dell’autonomia normativa in materia di ordinamento degli enti locali loro riconosciuta, hanno emanato specifiche disposizioni.

Il comma 23 interviene sull’art. 47, co. 1, del TUEL, riducendo il previsto tetto massimo di assessori (comunali e provinciali) da 16 a 12. Come espressamente previsto, la disposizione entra in vigore a partire dalle prossime elezioni amministrative.

 

La norma in precedenza vigente (vedi testo a fronte) stabiliva che la Giunta comunale e la Giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a 16 unità.

 

D.Lgs. 267/2000
Testo previgente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Articolo 47
Natura e ruolo

Articolo 47
Natura e ruolo

1. La Giunta comunale e la Giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia, che le presiedono, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a sedici unità.

1. La Giunta comunale e la Giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia, che le presiedono, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a dodici unità.

2. Gli statuti, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 1, possono fissare il numero degli assessori ovvero il numero massimo degli stessi.

2. Identico.

3. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province gli assessori sono nominati dal sindaco o dal presidente della provincia, anche al di fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere.

3. Identico.

4. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la nomina ad assessore di cittadini non facenti parte del consiglio ed in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere.

4. Identico.

5. Fino all’adozione delle norme statutarie di cui al comma 1, le giunte comunali e provinciali sono composte da un numero di assessori stabilito rispettivamente nelle seguenti misure:

a) non superiore a 4 nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti; non superiore a 6 nei comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 100.000 abitanti; non superiore a 10 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei capoluoghi di provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti; non superiore a 12 nei comuni con popolazione compresa tra 250.001 e 500.000 abitanti: non superiore a 14 nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e 1.000.000 di abitanti e non superiore a 16 nei comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti;

b) non superiore a 6 per le province a cui sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a 8 per le province a cui sono assegnati 30 consiglieri; non superiore a 10 per le province a cui sono assegnati 36 consiglieri; non superiore a 12 per quelle a cui sono assegnati 45 consiglieri.

5. Identico.

 

Considerando che la composizione delle giunte comunali e provinciali è direttamente correlata (art. 47, co. 1, TUEL) a quella dei rispettivi consigli, la modifica introdotta ha l’effetto di ridurre il numero massimo dei componenti delle giunte:

§      nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti;

§      nei comuni che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluogo di provincia;

§      nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti.

 

L’art. 37 del TUEL determina la composizione dei consigli comunali[39] e provinciali[40] in relazione alla dimensione demografica degli enti, come risulta dall’ultimo censimento.

Nelle due tabelle seguenti si riporta il numero degli enti (comuni e province) che sono interessati dalla disposizione illustrata, suddivisi per classe demografica, con l’indicazione del numero di consiglieri previsti dall’art. 37 del TUEL e del tetto massimo di assessori indicato dall’art. 47 del medesimo TUEL, prima e dopo la modifica apportata dall’art. 2, comma 23[41].

 

Componenti delle Giunte comunali

 

Classe demografica

Numero dei componenti del Consiglio (compreso il sindaco)

Tetto massimo degli assessori

Numero dei comuni

 

 

prima della modifica

dopo la modifica

 

100.001-250.000 e capoluoghi di provincia con popolazione inferiore

41

14

12

75

250.001-500.000

47

16

12

5

500.001-1.000.000

51

16

12

2

Oltre 1.000.000

61

16

12

3

Totale

 

 

 

85


 

Componenti delle Giunte provinciali

 

Classe demografica

Numero dei componenti del Consiglio (compreso il presidente della provincia)

Tetto massimo degli assessori

Numero delle province

 

 

prima della modifica

dopo la modifica

 

oltre 1.400.000 abitanti

45

15

12

5

 

Si osserva peraltro che il co. 2 dell’art. 47 del TUEL stabilisce che gli statuti possono fissare in modo rigido il numero degli assessori, oppure determinarne il numero massimo: in quest’ultimo caso, il sindaco e il presidente della provincia hanno piena facoltà di limitare la composizione della giunta nominando un numero di assessori inferiore a quello massimo.

 

Il comma 24, articolato nelle lettere a) e b), interviene sull’articolo 81 del TUEL, che disciplina il regime delle aspettative degli amministratori locali (vedi testo a fronte).

 

D.Lgs. 267/2000
Testo previgente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Articolo 81
Aspettative

Articolo 81
Aspettative

1. Gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2, che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio effettivamente prestato, nonché come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova.

1. I sindaci, i presidenti delle province, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti dei consigli circoscrizionali dei comuni di cui all’art. 22, comma 1, i presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni, nonché i membri delle giunte di comuni e province che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio effettivamente prestato, nonché come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova. I consiglieri di cui all’articolo 77, comma 2, se a domanda collocati in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato, assumono a proprio carico l’intero pagamento degli oneri previdenziali, assistenziali e di ogni altra natura previsti dall’articolo 86.

La disposizione di cui alla lettera a), modificando il primo periodo dell’art. 81 del TUEL, limita la possibilità di collocamento in aspettativa non retribuita, per il periodo di espletamento del mandato, soltanto ad alcune figure di amministratori locali, vale a dire ai: sindaci, presidenti delle province, presidenti dei consigli comunali e provinciali, presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni, componenti delle giunte comunali e provinciali, presidenti dei consigli circoscrizionali dei comuni capoluogo di aree metropolitane.

 

L’art. 81, nel testo in precedenza vigente, prevedeva che il collocamento a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato spettasse a tutti gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2, che fossero lavoratori dipendenti.

Attraverso il richiamo all’art. 77, secondo comma, la normativa previgente comprendeva dunque – oltre alle figure espressamente contemplate dal comma in esame – i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento.

 

La disposizione di cui alla lettera b) ha aggiunto invece all’art. 81 un nuovo periodo, che riguarda i “consiglieri” di cui all’articolo 77, comma 2, del TUEL; attraverso quest’ultimo rinvio, essa sembra fare dunque riferimento ai seguenti soggetti in quanto componenti dei rispettivi organi rappresentativi: i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i consiglieri delle comunità montane[42], i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti dei consigli circoscrizionali. La novella introdotta dalla lettera b) della disposizione in esame dispone che tutti costoro, nel caso in cui siano stati collocati – a domanda – in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato, devono assumere a proprio carico l’intero pagamento degli oneri previdenziali, assistenziali e di ogni altra natura previsti dall’articolo 86.

 

L’art. 86, co. 1, pone a carico degli enti locali il versamento degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi per i seguenti amministratori locali che siano lavoratori dipendenti collocati in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato: sindaci, presidenti di provincia, presidenti di comunità montane, di unioni di comuni e di consorzi fra enti locali, assessori provinciali e assessori dei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, presidenti dei consigli dei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, presidenti dei consigli provinciali; presidenti dei consigli circoscrizionali nei casi in cui il comune abbia attuato nei loro confronti un effettivo decentramento di funzioni; presidenti delle aziende anche consortili fino all’approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali.

 

Il comma 25, con le disposizioni di cui alle lettere da a) a d), apporta alcune modifiche all’art. 82 del TUEL, relativo alle indennità degli amministratori locali (vedi testo a fronte).

 

D.Lgs. 267/2000
Testo previgente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Articolo 82
Indennità

Articolo 82
Indennità

1. Il decreto di cui al comma 8 del presente articolo determina una indennità di funzione, nei limiti fissati dal presente articolo, per il sindaco, il presidente della provincia, il sindaco metropolitano, il presidente della comunità montana, i presidenti dei consigli circoscrizionali dei soli comuni capoluogo di provincia, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, nonché i componenti degli organi esecutivi dei comuni e ove previste delle loro articolazioni, delle province, delle città metropolitane, delle comunità montane, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali. Tale indennità è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l’aspettativa.

1. Identico.

2. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere può superare l’importo pari ad un terzo dell’indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8.

2. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali , limitatamente ai comuni capoluogo di provincia, e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere può superare l’importo pari ad un quarto dell’indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8. Nessuna indennità è dovuta ai consiglieri circoscrizionali.

3. Ai soli fini dell’applicazione delle norme relative al divieto di cumulo tra pensione e redditi, le indennità di cui ai commi 1 e 2 non sono assimilabili ai redditi da lavoro di qualsiasi natura.

 

3. Identico.

4. Gli statuti e i regolamenti degli enti possono prevedere che all’interessato competa, a richiesta, la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, sempre che tale regime di indennità comporti per l’ente pari o minori oneri finanziari. Il regime di indennità di funzione per i consiglieri prevede l’applicazione di detrazioni dalle indennità in caso di non giustificata assenza dalle sedute degli organi collegiali.

Abrogato

5. Le indennità di funzione previste dal presente capo non sono tra loro cumulabili. L’interessato opta per la percezione di una delle due indennità ovvero per la percezione del 50 per cento di ciascuna.

5. Identico.

6. Le indennità di funzione sono cumulabili con i gettoni di presenza quando siano dovuti per mandati elettivi presso enti diversi, ricoperti dalla stessa persona.

Abrogato

7. Agli amministratori ai quali viene corrisposta l’indennità di funzione prevista dal presente capo non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, né di commissioni che di quell’organo costituiscono articolazioni interne ed esterne.

7. Identico.

8. La misura delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza di cui al presente articolo è determinata, senza maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali nel rispetto dei seguenti criteri:

8. Identico:

a) equiparazione del trattamento per categorie di amministratori;

a) identica;

b) articolazione delle indennità in rapporto con la dimensione demografica degli enti, tenuto conto delle fluttuazioni stagionali della popolazione, della percentuale delle entrate proprie dell’ente rispetto al totale delle entrate, nonché dell’ammontare del bilancio di parte corrente;

b) identica;

c) articolazione dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vicesindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori e dei consiglieri che hanno optato per tale indennità, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell’unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana;

c) articolazione dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vice sindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura massima del 50 per cento dell’indennità prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell’unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana;

d) definizione di speciali indennità di funzione per gli amministratori delle città metropolitane in relazione alle particolari funzioni ad esse assegnate;

d) identica;

e) determinazione dell’indennità spettante al presidente della provincia e al sindaco dei comuni con popolazione superiore a dieci mila abitanti, comunque, non inferiore al trattamento economico fondamentale del segretario generale dei rispettivi enti; per i comuni con popolazione inferiore a dieci mila abitanti, nella determinazione dell’indennità si tiene conto del trattamento economico fondamentale del segretario comunale;

e) identica;

f) previsione dell’integrazione dell’indennità dei sindaci e dei presidenti di provincia, a fine mandato, con una somma pari a una indennità mensile, spettante per ciascun anno di mandato.

f) identica.

9. Su richiesta della Conferenza Stato-città ed autonomie locali si può procedere alla revisione del decreto ministeriale di cui al comma 8 con la medesima procedura ivi indicata.

9. Identico.

10. Il decreto ministeriale di cui al comma 8 è rinnovato ogni tre anni ai fini dell’adeguamento della misura delle indennità e dei gettoni di presenza sulla base della media degli indici annuali dell’ISTAT di variazione del costo della vita applicando, alle misure stabilite per l’anno precedente, la variazione verificatasi nel biennio nell’indice dei prezzi al consumo rilevata dall’ISTAT e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale relativa al mese di luglio di inizio ed al mese di giugno di termine del biennio.

10. Identico.

11. Le indennità di funzione e i gettoni di presenza, determinati ai sensi del comma 8, possono essere incrementati o diminuiti con delibera di Giunta e di consiglio per i rispettivi componenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                   Nel caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve superare una quota predeterminata dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dal decreto di cui al comma 8. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario.

11. Le indennità di funzione, determinate ai sensi del comma 8, possono essere incrementate con delibera di giunta, relativamente ai sindaci, ai presidenti di provincia e agli assessori comunali e provinciali, e con delibera di consiglio per i presidenti delle assemblee. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario fino alla conclusione dello stesso, nonché gli enti locali che non rispettano il patto di stabilità interno fino all’accertamento del rientro dei parametri. Le delibere adottate in violazione del precedente periodo sono nulle di diritto. La corresponsione dei gettoni di presenza è comunque subordinata alla effettiva partecipazione del consigliere a consigli e commissioni; il regolamento ne stabilisce termini e modalità. Nel caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve superare una quota predeterminata dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dal decreto di cui al comma 8.

 

La lettera a), sostituendo il testo del comma 2 dell’art. 82, riduce da un terzo a un quarto dell’indennità del sindaco o del presidente dell’organo rappresentativo dell’ente locale, il limite massimo di valore del gettone di presenza che consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali delle comunità montane hanno diritto a percepire per la partecipazione a consigli e commissioni.

Il nuovo testo del comma 2 dell’art. 82, inoltre:

§      limita la corresponsione del gettone di presenza ai consiglieri circoscrizionali dei soli comuni capoluogo di provincia;

§      esclude dal diritto all’indennità tutti i consiglieri circoscrizionali.

 

La lettera b), abrogando i commi 4 e 6 del testo dell’art. 82, sopprime la possibilità di trasformare il gettone di presenza in indennità di funzione e di cumulare i due emolumenti.

 

Il comma 4 (abrogato) dell’art. 82 del TUEL stabiliva che gli statuti e i regolamenti degli enti potessero prevedere che l’interessato optasse, a richiesta, per la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, sempre che tale regime di indennità comportasse per l’ente pari o minori oneri finanziari. Nel caso in cui si fosse scelto il regime di indennità di funzione, questo avrebbe dovuto prevedere l’applicazione di detrazioni dalle indennità in caso di assenza ingiustificata dalle sedute degli organi collegiali.

Ai sensi del comma 6 (anch’esso abrogato) del medesimo articolo, le indennità di funzione erano cumulabili con i gettoni di presenza soltanto nel caso in cui fossero dovuti per mandati elettivi presso enti diversi, ricoperti dalla stessa persona.

Il comma 7 (che è rimasto in vigore) dispone che agli amministratori ai quali viene corrisposta l’indennità di funzione, non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, né di commissioni che di quell’organo costituiscono articolazioni interne ed esterne.

 

La lettera c) sostituisce il testo della lett. c) del co. 8 dell’art. 82, recante alcuni dei criteri per la quantificazione delle indennità e dei gettoni di presenza.

 

La determinazione della misura base delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza è demandata (art. 82, co. 8) ad un regolamento, adottato con decreto del ministro dell’interno[43] nel rispetto di specifici criteri, elencati nelle lettere da a) a f) del medesimo comma 8.

La lettera c), in particolare, nel testo previgente, disponeva che l’importo dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vicesindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori, e dei consiglieri che hanno optato per tale indennità, è parametrato in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Ai sensi della medesima disposizione, le indennità del presidente e degli assessori delle forma associative di enti locali sono invece pari a quelle previste per un comune che abbia popolazione pari alla popolazione dell’unione dei diversi enti locali associati o alla popolazione montana della comunità montana.

 

Nel nuovo testo della lett. c) del co. 8 dell’art. 82:

§      è stato eliminato il riferimento ai “consiglieri” che hanno optato per le indennità, essendo venuta meno tale possibilità (in conseguenza della già esaminata soppressione del co. 4 dell’art. 82);

§      è stata ridotta l’entità massima delle indennità del presidente e degli assessori delle forme associative di enti locali (unioni di comuni, consorzi e comunità montane), stabilendo che l’indennità corrisposta a tali soggetti non può superare il 50 per cento[44] di quella prevista per un singolo comune di popolazione eguale a quella complessiva dell’unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana.

 

La lettera d) sostituisce il primo periodo e sopprime il terzo periodo del co. 11 dell’art. 82, concernente la facoltà degli organi degli enti locali di modificare gli importi delle indennità e dei gettoni di presenza.

 

L’art. 82, co. 11, nel testo previgente stabiliva che le misure delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza possono essere incrementate (se l’ente non versa in stato di dissesto finanziario) o diminuite con delibera consiliare o della giunta, sulla base di valutazioni e scelte politiche e di gestione[45]. La disposizione citata pone un limite agli incrementi: la spesa complessiva per le indennità e i gettoni di presenza risultante non deve superare una quota dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dalla tabella D del D.M. 119/2000.

Il legislatore è già intervenuto nelle precedenti manovre finanziarie nella materia disciplinata dall’art. 82 del TUEL: la L. 266/2005 (legge finanziaria 2006), all’art. 1, co. 201, ha disposto in via generale che gli enti locali possono concorrere al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica attraverso interventi diretti alla riduzione dei costi di funzionamento degli organi istituzionali, da adottare ai sensi dell’art. 82, co. 11, del TUEL.

Il disegno di legge finanziaria per il 2007 (A.C. 1746-bis), nel testo originario presentato dal Governo, prevedeva, all’art. 76, co. 1, lett. i), la soppressione della facoltà per gli organi degli enti locali di aumentare, ai sensi dell’art. 82, co. 11, del TUEL, le indennità e i gettoni di presenza, mantenendo ferma la possibilità di apportare riduzioni a tali emolumenti. La disposizione stabiliva inoltre che gli eventuali incrementi già disposti dovessero essere eliminati dalle amministrazioni locali entro un mese dall’entrata in vigore della legge finanziaria 2007. La previsione illustrata, presente anche nel testo approvato in prima lettura dalla Camera (A.S. 1183, art. 18, co. 361), venne successivamente soppressa nel corso dell’esame al Senato in seguito all’approvazione del “maxiemendamento” del Governo.

 

Nel nuovo testo del co. 11 dell’art. 82 è stato soppresso il riferimento ai gettoni di presenza: in tal modo, risulta del tutto eliminata la facoltà per gli organi degli enti locali di adeguare gli importi dei gettoni di presenza. Inoltre, la possibilità di disporre l’aumento delle indennità di carica viene limitata ai sindaci, presidenti di provincia e assessori (con delibera della giunta) e ai presidenti delle assemblee (con delibera del consiglio): l’incremento non è dunque più possibile per i presidenti di comunità montane e dei consigli circoscrizionali dei comuni capoluogo di provincia e i componenti degli organi esecutivi di comunità montane, unioni di comuni e consorzi fra enti locali.

Il nuovo testo, inoltre, preclude la possibilità di incremento delle indennità, non soltanto agli enti locali che si trovino in condizioni di dissesto finanziario (come peraltro già previsto nel testo previgente, precisando però che l’esclusione sussiste fino al superamento di tale stato), ma anche agli enti locali che non rispettano il patto di stabilità interno, fino all’accertamento del rientro dei parametri. Per le delibere adottate in violazione di tali divieti la disposizione sancisce la nullità di diritto.

Infine, il co. 11 dell’art. 82, come riformulato, subordina la corresponsione dei gettoni di presenza alla effettiva partecipazione del consigliere alle riunioni di consigli e commissioni, rimettendo al regolamento (comunale) la definizione dei termini e delle modalità.

 

Il comma 26 sostituisce l’art. 83 del TUEL, che disciplina il divieto di cumulo degli emolumenti degli amministratori locali (vedi testo a fronte).

 

D.Lgs. 267/2000
Testo previgente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Articolo 83
Divieto di cumulo

Articolo 83
Divieto di cumulo

1. I parlamentari nazionali o europei, nonché i consiglieri regionali possono percepire solo i gettoni di presenza previsti dal presente Capo.

1. I parlamentari nazionali o europei, nonché i consiglieri regionali non possono percepire i gettoni di presenza previsti dal presente Capo.

 

2. Salve le disposizioni previste per le forme associative degli enti locali, gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2, non percepiscono alcun compenso, tranne quello dovuto per spese di indennità di missione, per la partecipazione ad organi o commissioni comunque denominate, se tale partecipazione è connessa all’esercizio delle proprie funzioni pubbliche.

 

3. In caso di cariche incompatibili, le indennità di funzione non sono cumulabili; ai soggetti che si trovano in tale condizione, fino al momento dell’esercizio dell’opzione o comunque sino alla rimozione della condizione di incompatibilità, l’indennità per la carica sopraggiunta non viene corrisposta.

Il testo previgente constava di un solo comma, con cui si stabiliva che ai parlamentari nazionali o europei, e ai consiglieri regionali venissero corrisposti soltanto i gettoni di presenza, escludendo pertanto l’erogazione delle indennità di funzione previste dal TUEL. Nella nuova formulazione il co. 1 dell’art. 83 stabilisce che i medesimi soggetti non possono percepire i gettoni di presenza.

Dal tenore letterale della disposizione, come novellata, non sembra esclusa la possibilità per i medesimi soggetti di percepire (ove previste) le indennità: possibilità che il testo previgente (ricorrendo al termine “solo”) chiaramente negava. Tale lettura è peraltro difficilmente conciliabile con la finalità inequivoca della norma, che si inserisce in un intervento complessivo di contenimento dei costi della rappresentanza locale, comportando essa la corresponsione di emolumenti (le indennità) che risulterebbero più onerosi per gli enti locali di quelli contemplati in precedenza (i gettoni di presenza) e che comunque, prima della modifica illustrata, non venivano erogati.

È stato poi aggiunto all’art. 83 un comma 2, ai sensi del quale agli amministratori locali (definiti in senso ampio, con riferimento all’art. 77, co. 2, del TUEL[46]) non viene erogato alcun compenso per la partecipazione ad organi o commissioni comunque denominati, se tale partecipazione è connessa all’esercizio delle proprie funzioni pubbliche.

Il medesimo comma 2 precisa che sono invece percepibili le indennità di missione e che sono fatte salve le disposizioni previste per le forme associative degli enti locali, per le indennità dei cui amministratori in realtà non risulta essere prevista un disciplina specifica.

Con il comma 3, anch’esso aggiunto dalla novella in esame, si dispone infine che, qualora rivestano cariche tra di loro incompatibili, gli amministratori locali non possono cumulare le rispettive indennità di funzione: si stabilisce pertanto il principio secondo cui, nel caso in cui sussista l’incompatibilità, non può essere riconosciuta più di una indennità di funzione.

L’indennità spettante per la carica sopraggiunta (che si è cioè aggiunta – in modo incompatibile – a quella già esercitata) non viene corrisposta, fino al momento dell’esercizio dell’opzione (che è l’ordinaria modalità di risoluzione delle incompatibilità) a chi venga a trovarsi a cumulare la carica incompatibile.

 

La rimozione della condizione di incompatibilità rende poi percepibile l’unica indennità alla quale si ha, da quel momento, diritto.

L’indennità per la carica “sopraggiunta” non dovrebbe competere fin dal momento di acquisizione della nuova carica, ma il momento di accertamento di tale status potrebbe essere successivo: in tal caso, potrebbe dunque porsi la questione del recupero di indennità indebitamente percepite.

 

Il comma 27, novellando l’articolo 84 del TUEL, sostituisce l’indennità di missione percepita dagli amministratori locali in caso di viaggio, con un rimborso forfetario onnicomprensivo per le spese diverse da quelle di viaggio. L’importo del rimborso è fissato con decreto dei ministri dell’interno e dell’economia, d’intesa con la Conferenza Stato-città; è comunque mantenuto, unitamente a quello forfetario, il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute (vedi testo a fronte).

 

D.Lgs. 267/2000
Testo previgente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Articolo 84
Rimborsi spese e indennità di missione

Articolo 84
Rimborso delle spese di viaggio

1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché la indennità di missione alle condizioni dell’articolo 1, comma 1, e dell’articolo 3, commi 1 e 2, della legge 18 dicembre 1973, n. 836, e per l’ammontare stabilito al numero 2) della tabella A allegata alla medesima legge, e successive modificazioni.

1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti esclusivamente il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché un rimborso forfetario onnicomprensivo per le altre spese, nella misura fissata con decreto del Ministro dell’interno e del Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

2. La liquidazione del rimborso delle spese o dell’indennità di missione è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell’interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.

2. La liquidazione del rimborso delle spese è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell’interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.

3. Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute, per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate.

3. Identico.

4. I consigli e le assemblee possono sostituire all’indennità di missione il rimborso delle spese effettivamente sostenute, disciplinando con regola­mento i casi in cui si applica l’uno o l’altro trattamento.

4. Soppresso.

 

La disposizione, per il resto, conferma quella vigente, ad eccezione del comma 4 (soppresso), che prevedeva la possibilità di sostituire l’indennità di missione con il rimborso delle spese effettivamente sostenute.

 

L’art. 84 del TUEL disponeva in precedenza che gli amministratori che si recano, per motivi dipendenti dal loro mandato, fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente hanno diritto al rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché all’indennità di missione.

Le missioni devono essere autorizzate dal capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, dal presidente del consiglio, nel caso di consiglieri.

Le richieste di rimborso delle spese di viaggio e soggiorno devono essere documentate e accompagnate da una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.

Agli amministratori che non risiedono nel capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, sono rimborsate le sole spese di viaggio effettivamente sostenute, per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, e per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle loro funzioni.

L’indennità di missione può essere sostituita dal rimborso di tutte le spese - non solo quelle di viaggio - effettivamente sostenute (comma 4).

 

Il comma 28 stabilisce che ogni comune possa aderire ad una unica forma associativa per ciascuna di quelle previste dagli articoli 31, 32 e 33 del TUEL (si tratta, sostanzialmente, dei consorzi e delle unioni di comuni, vedi infra).

Finalità della norma è la semplificazione della varietà e della diversità delle forme associative comunali e del processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture.

 

Essa incide in particolar modo sui Comuni di piccole dimensioni, che generalmente aderiscono a più di un consorzio per garantire l’erogazione dei servizi minimi.

 

La disposizione sanziona la permanenza di un comune in più di una forma associativa dello stesso tipo (“adesione multipla”) oltre il termine del 30 settembre 2008. In tal caso è nullo non solo ogni atto adottato dall’associazione (forma associativa), ma anche ogni atto attinente all’adesione o allo svolgimento di essa da parte del comune interessato (per il quale – dovrebbe intendersi – permanga l’adesione a più forme associative).

L’articolo 35-bisdel recente D.L. 248/2007[47], convertito con modificazioni in L. 31/2008, recante proroghe di termini legislativi e altre disposizioni urgenti, ha così modificato il termine del 1° aprile 2008, originariamente previsto dalla L. 244/2007 per l’applicazione della norma che sanziona la permanenza dell’adesione da parte dei comuni a più di una forma associativa tra quelle previste dal TUEL.

 

La nullità degli atti dell’“associazione” pare colpire anche i comuni ad essa partecipanti eventualmente incolpevoli (per i quali non si configuri cioè adesione multipla), nonché tutte le associazioni alle quali il comune partecipi, inclusa – ad esempio – la prima alla quale abbia aderito.

Si ricorda, ai fini del collocamento della disposizione nel quadro delle competenze dello Stato e delle Regioni delineate dalla riforma del Titolo V della Costituzione, che l’art. 33 del TUEL disciplina le linee principali dell’intervento regionale in materia di incentivazione delle forme associative dei Comuni ai fini della riorganizzazione sovracomunale dei servizi e delle funzioni.

La disposizione illustrata non si applica all’adesione a consorzi obbligatori. Essa fa inoltre salve le disposizioni di legge in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti, per le quali sia rinvia alla scheda relativa alla disposizione sugli ambiti territoriali ottimali (ATO) di cui all’art. 2, co. 38.

 

Gli articoli 31, 32 e 33 del TUEL sono contenuti, insieme ad altri, nel capo V[48] del Testo unico, intitolato appunto alle forme associative.

Ivi si prevedono, oltre alle convenzioni[49] (art. 30), i “consorzi” e le “unioni di comuni” (art. 32). Si ricorda peraltro che il comma 7 dell’art. 31 dispone comunque che tra gli stessi enti locali non può essere costituito più di un consorzio; inoltre, la legge dello Stato, in caso di rilevante interesse pubblico, può prevedere la costituzione di consorzi obbligatori. L’art. 33 non individua ulteriori forme di associazione e di cooperazione tra i Comuni; esso attribuisce alle Regioni il compito di promuovere l’esercizio associato delle funzioni dei Comuni e di individuare i livelli ottimali di esercizio delle stesse. Le regioni predispongono, concordandolo con i Comuni nelle apposite sedi concertative, un programma per l’individuazione degli ambiti per la gestione associata sovracomunale di funzioni e servizi, prevedendo la corresponsione di contributi per incentivare l’unificazione tra gli enti.

I consorzi e le unioni di comuni, differentemente dalle convenzioni, prevedono la costituzione di organi amministrativi per la loro conduzione. Si ricorda peraltro, che, per quanto riguarda le unioni di comuni, il presidente dell’unione deve essere scelto tra i sindaci dei comuni interessati e gli altri organi devono essere formati da componenti delle giunte e dei consigli dei comuni associati (art. 32, comma 2).

 

Il comma 29, novellando l’art. 17 del TUEL (vedi testo a fronte), modifica i parametri demografici per l’istituzione delle circoscrizioni di decentramento comunale, con lo scopo di ridurne il numero.

La loro istituzione è divenuta pertanto obbligatoria nei soli comuni con più di 250.000 abitanti (rispetto alla previsione precedente che fissava la soglia demografica minima per la loro istituzione a 100.000 abitanti) e facoltativa nei comuni con popolazione compresa tra 100.000 e 250.000 abitanti (la possibilità di istituire le circoscrizioni era prima prevista per i comuni nella fascia tra 30.000 e 100.000 abitanti); in questo secondo caso la popolazione media delle circoscrizioni non può essere inferiore a 30.000 abitanti.

 

D.Lgs. 267/2000
Testo previgente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Art. 17
Circoscrizioni di decentramento comunale.

Art. 17
Circoscrizioni di decentramento comunale.

1. I comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti articolano il loro territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento, quali organismi di partecipazione, di consultazione e di gestione di servizi di base, nonché di esercizio delle funzioni delegate dal comune.

1. I comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti articolano il loro territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento, quali organismi di partecipazione, di consultazione e di gestione di servizi di base, nonché di esercizio delle funzioni delegate dal comune.

2. L’organizzazione e le funzioni delle circoscrizioni sono disciplinate dallo statuto comunale e da apposito regolamento.

2. Identico.

3. I comuni con popolazione tra i 30.000 ed i 100.000 abitanti possono articolare il territorio comunale per istituire le circoscrizioni di decentramento secondo quanto previsto dal comma 2.

3. I comuni con popolazione tra i 100.000 e i 250.000 abitanti possono articolare il territorio comunale per istituire le circoscrizioni di decentramento secondo quanto previsto dal comma 2. La popolazione media delle circoscrizioni non può essere inferiore a 30.000 abitanti.

4. Gli organi delle circoscrizioni rappresen­tano le esigenze della popolazione delle circoscrizioni nell’àmbito dell’unità del comune e sono eletti nelle forme stabilite dallo statuto e dal regolamento.

4. Identico.

5. Nei comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti, lo statuto può prevedere particolari e più accentuate forme di decentramento di funzioni e di autonomia organizzativa e funzionale, determinando, altresì, anche con il rinvio alla normativa applicabile ai comuni aventi uguale popolazione, gli organi di tali forme di decentramento, lo status dei componenti e le relative modalità di elezione, nomina o designazione. Il consiglio comunale può deliberare, a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati, la revisione della delimitazione territoriale delle circoscrizioni esistenti e la conseguente istituzione delle nuove forme di autonomia ai sensi della normativa statutaria.

5. Identico.

 

La presenza obbligatoria delle circoscrizioni rimane pertanto una prerogativa dei comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti: ossia Torino, Milano, Genova, Venezia, Verona, Firenze, Bologna, Roma, Napoli, Bari. Non sono compresi tra questi i comuni con le medesime caratteristiche demografiche appartenenti alle regioni a statuto speciale; al riguardo si osserva che le disposizioni del TUEL non trovano applicazione nelle regioni a statuto speciale e nelle Province autonome che, in forza dell’autonomia normativa in materia di ordinamento degli enti locali loro riconosciuta, hanno emanato specifiche disposizioni[50].

In applicazione della nuova formulazione dell’art. 17 del TUEL, le circoscrizioni possono dunque essere mantenute (ove istituite), o create, e comunque nel rispetto del limite demografico cui si è in precedenza accennato, nei seguenti comuni:

 

Comuni tra 100.000 e 250.000 abitanti

 

 

Comune

Abitanti

1

Padova

204.870

2

Taranto

202.033

3

Brescia

187.567

4

Reggio di Calabria

180.353

5

Modena

175.502

6

Prato

172.499

7

Parma

163.457

8

Livorno

156.274

9

Foggia

155.203

10

Perugia

149.125

11

Reggio nell’Emilia

141.877

12

Salerno

138.188

13

Ravenna

134.631

14

Ferrara

130.992

15

Rimini

128.656

16

Monza

120.204

17

Pescara

116.286

18

Bergamo

113.143

19

Forlì

108.335

20

Latina

107.898

21

Vicenza

107.223

22

Terni

105.018

23

Novara

100.910

24

Ancona

100.507

Fonte:   D.P.C.M. 2 aprile 2003, Popolazione legale della Repubblica in base al censimento del 21 ottobre 2001[51].

 

Per il calcolo della popolazione è stato applicato il principio secondo cui, in materia di composizione degli organi, la popolazione è determinata in base ai risultati dell’ultimo censimento[52]. Tale disposizione è contenuta nell’art. 37, co. 4, del TUEL, e si riferisce alla composizione dei consigli comunali e provinciali, ma viene applicata alla formazione di tutti gli organi rappresentativi locali, compresi quindi i consigli circoscrizionali.

 

Non è più prevista, pertanto, la possibilità di istituire le circoscrizioni nei 210 comuni[53] delle regioni a statuto ordinario (un quarto dei quali sono capoluoghi di provincia) che hanno una popolazione compresa fra 30.000 e 100.000 abitanti.

 

Da una prima indagine effettuata dall’ANCI[54], sono 74 i comuni compresi nella fascia tra i 30.000 e i 100.000 abitanti nei quali risultano attualmente istituite le circoscrizioni, che verrebbero pertanto soppresse; si riporta di seguito l’elenco.


 

 

Comune

1

Afragola

2

Alessandria

3

Arezzo

4

Ascoli Piceno

5

Asti

6

Augusta

7

Avellino

8

Barletta

9

Biella

10

Bollate

11

Brindisi

12

Camaiore

13

Carbonia

14

Carrara

15

Casoria

16

Castellammare di Stabia

17

Catanzaro

18

Cinisello Balsamo

19

Cisterna di Latina

20

Civitavecchia

21

Como

22

Cosenza

23

Crotone

24

Faenza

25

Fano

26

Fasano

27

Foligno

28

Formia

29

Frosinone

30

Gallarate

31

Gorizia

32

Grosseto

33

Guidonia Montecelio

34

Jesi

35

La Spezia

36

Lamezia Terme

37

L'Aquila

38

Lecce

39

Lodi

40

Lucca

41

Macerata

42

Manfredonia

43

Mantova

44

Marino

45

Nola

46

Pavia

47

Piacenza

48

Piombino

49

Pisa

50

Pistoia

51

Pordenone

52

Pavia

53

Piacenza

54

Piombino

55

Pisa

56

Pistoia

57

Pordenone

58

Pavia

59

Piacenza

60

Piombino

61

Segrate

62

Senigallia

63

Sesto San Giovanni

64

Siena

65

Teramo

66

Trapani

67

Udine

68

Varese

69

Verbania

70

Viareggio

71

Vibo Valentia

72

Vigevano

73

Viterbo

74

Voghera

 

L’articolo 42-bis del citato D.L. 248/2007, recante proroga di termini legislativi, rinvia alle elezioni successive all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge stesso[55] l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 2, co. 29, della L. 244/2007 testé illustrate, che dispongono la riduzione del numero delle circoscrizioni di decentramento comunale attraverso la modifica dei parametri demografici per la loro istituzione.

 

Si ricorda che anche l’art. 12 dello schema di disegno di legge, approvato dal Consiglio dei ministri il 13 luglio 2007 e pubblicato nel sito Internet del Governo, recante “Misure per la riduzione dei costi politico-amministrativi e per la promozione della trasparenza” dispone l’eliminazione dei consigli circoscrizionali nei comuni con popolazione inferiore a 250.000 abitanti. L’art. 19 del medesimo schema reca una norma transitoria, con cui si rinvia l’applicazione delle misure che riducono il numero dei rappresentanti locali (e dei consigli circoscrizionali) alle prime elezioni successive alla data di entrata in vigore del provvedimento.

 

Per quanto riguarda l’istituzione delle circoscrizioni, il TUEL prevedeva, prima della modifica introdotta dalla disposizione in esame, i seguenti ambiti territoriali:

-        comuni fino a 30.000 abitanti: in essi non era consentita la creazione di circoscrizioni, pur essendo possibile realizzare altre forme di decentramento e di partecipazione ai sensi degli artt. 6 e 8 del TUEL[56];

-        comuni da 30.000 a 100.000 abitanti: avevano la facoltà, se lo ritenevano opportuno, di istituire le circoscrizioni (art. 17, co. 3);

-        comuni con oltre 100.000 abitanti: per essi vi era l’obbligo di istituire le circoscrizioni (art. 17, co. 1).

 

Il comma 30 ridefinisce le competenze in materia di tenuta e revisione delle liste elettorali previste dal Testo unico sull’elettorato attivo (D.P.R. 223/1967[57]), trasferendole dalla Commissione elettorale comunale al responsabile dell’ufficio elettorale comunale e stabilendo, a fini di coordinamento, che in tutte le leggi o decreti aventi ad oggetto materia elettorale, ogni riferimento alla Commissione elettorale comunale deve intendersi effettuato al responsabile dell’ufficio elettorale comunale.

La disposizione attribuisce dunque al responsabile dell’ufficio elettorale comunale (cioè ad una figura gerarchica del personale dell’ente, in qualche modo sottoposta al sindaco) le funzioni in materia di tenuta e revisione delle liste elettorali in precedenza svolte dalla Commissione elettorale comunale (che è invece un organo collegiale, eletto dal Consiglio comunale al suo interno).

L’intervento normativo è finalizzato ad un contenimento della spesa pubblica, in particolare di quella degli enti locali. Inoltre, la disposizione, trasferendo - in tutti i comuni - ad un organo monocratico alcune competenze prima attribuite alla Commissione elettorale comunale, si colloca nell’ambito del processo di snellimento e semplificazione dell’azione della pubblica amministrazione, in quanto si propone di ottenere maggiore efficienza ed economicità nel procedimento di formazione ed aggiornamento delle liste elettorali, valorizzando, al tempo stesso, la funzione svolta dal personale dei comuni preposto al servizio elettorale[58].

La disposizione fa salve le norme del citato Testo unico sull’elettorato attivo che disciplinano l’istituzione della Commissione elettorale comunale e ne regolano la composizione e le modalità di funzionamento.

In virtù del riferimento alla L. 95/1989[59] contenuto nell’ultimo periodo della norma in esame continuano a rimanere di competenza della Commissione elettorale comunale le attribuzioni ad essa affidate dagli artt. 3, 4, 5 e 6 della citata L. 95/1989, relative alla tenuta e all’aggiornamento dell’albo delle persone idonee all’ufficio di scrutatore di seggio elettorale e alla nomina degli scrutatori.

 

La citata circolare del Ministero dell’interno ha precisato che in tale contesto normativo restano vigenti le disposizioni del successivo articolo 15 del Testo unico sull’elettorato attivo, volte ad assicurare il pieno svolgimento delle funzioni della commissione elettorale comunale, attraverso la disciplina delle ipotesi di decadenza, della sua rinnovazione e di interventi sostitutivi.

Il Consiglio comunale nella prima seduta elegge, tra i propri membri, la Commissione elettorale comunale, composta dal sindaco e da tre componenti effettivi e tre supplenti nei comuni al cui consiglio sono assegnati fino a cinquanta consiglieri, da otto componenti effettivi e otto supplenti negli altri comuni (art. 12, D.P.R. 223/1967).

Il riferimento alla Commissione elettorale comunale contenuto in tutte le leggi o decreti aventi ad oggetto materia elettorale si intende effettuato, ai sensi dell’art. 26, comma 13, della legge 340/2000[60], all’Ufficiale elettorale.

Secondo quanto stabilisce l’art. 4-bis del D.P.R. 223/1967 (aggiunto dall’art. 26, comma 1, della citata legge 340/2000, e in seguito sostituito dall’art. 10 della legge n. 270/2005), alla tenuta e all’aggiornamento delle liste elettorali provvede l’Ufficio elettorale e in ciascun comune l’Ufficiale elettorale è la Commissione elettorale prevista dagli articoli 12, 13, 14 e 15 dello stesso testo unico. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti la Commissione elettorale può delegare e revocare le funzioni di Ufficiale elettorale al segretario comunale o a un funzionario del comune.

In proposito, la circolare più volte citata, chiarisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2008, il responsabile dell’ufficio elettorale comunale assume le funzioni della commissione elettorale comunale in materia di tenuta e revisione delle liste elettorali, agendo nella veste di Ufficiale elettorale (secondo quanto prevede l’articolo 2, comma 30, della legge 244/2007, in combinato-disposto con l’articolo 4-bis, comma 2, del D.P.R. 223/67). Ne consegue la caducazione della delega eventualmente già conferita ai sensi del comma 3 del predetto art. 4-bis del D.P.R. n. 223/67.

 

La disposizione sopprime inoltre il gettone di presenza che veniva in precedenza corrisposto ai componenti delle commissioni e delle sottocommissioni elettorali circondariali, mantenendo invece il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute.

 

In ogni comune capoluogo di circoscrizione giudiziaria, dopo l’insediamento del consiglio provinciale, è costituita, con decreto del presidente della corte di appello, una commissione elettorale circondariale[61], presieduta dal prefetto o da un suo delegato e composta da quattro componenti effettivi e da quattro componenti supplenti, di cui uno effettivo ed uno supplente designati dal prefetto, e tre effettivi e tre supplenti designati dal consiglio provinciale (art. 21 del D.P.R. 223/1967). Nei circondari con popolazione superiore a 50.000 abitanti può essere costituita, su proposta del presidente della Commissione circondariale, una sottocommissione elettorale circondariale.

L’art. 21 del D.P.R. 223/1967 (che non è stato abrogato) stabilisce che ai componenti e ai segretari delle commissioni (e delle sottocommissioni) elettorali circondariali può essere corrisposto, oltre al rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, un gettone di presenza pari a lire 60.000 (euro 30,99), al lordo delle ritenute di legge, in luogo di quello previsto dalle disposizioni in vigore per i componenti delle commissioni costituite presso le amministrazioni dello Stato. L’importo del gettone di presenza è rivalutato, a partire dall’anno 2000, con le procedure ed i termini previsti dalla L. 117/1985[62].

 

Il comma 31 contiene le disposizioni di rilievo finanziario relative alle risorse derivanti dalle riduzioni di spesa di cui ai commi da 23 a 29 che precedono.

A decorrere dal 2008 il “fondo ordinario” (su cui v. infra) è ridotto di 313 milioni di euro, vale a dire di un ammontare pari a quello per il quale vengono valutati i risparmi derivanti dai commi da 23 a 29.

Il comma in esame, quindi, destina la stessa cifra di 313 milioni di euro derivante, in sostanza, dai predetti risparmi, alle seguenti finalità nell’anno 2008:

§      per 100 milioni di euro, salvo quanto disposto dal successivo comma 32, all’incremento del contributo ordinario di cui all’art. 1, co. 703, della legge finanziaria 2007, in favore dei piccoli comuni, da ripartirsi in proporzione alla popolazione residente. Beneficiari sono – più precisamente – una parte dei piccoli comuni: quelli aventi popolazione fino a 5.000 abitanti e non rientranti nei parametri previsti dall’articolo 1, comma 703, della legge finanziaria 2007, vale a dire

-          popolazione residente oltre i 65 anni superiore al 30% del totale;

-          popolazione residente sotto i 5 anni superiore al 5% del totale;

§      per 213 milioni di euro, a copertura di quota parte degli oneri derivanti dai commi 383 e 384 del medesimo articolo 2. Tali commi istituiscono presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un fondo per la repressione dei reati in danno agli animali, dotato di 1 milione di euro per gli anni 2008, 2009 e 2010.

Considerata la sproporzione tra onere e copertura, si può forse ritenere che il richiamo ai commi 383 e 384 sia frutto di un errore materiale: dall’esame del testo originario del maxiemendamento presentato dal Governo alla Camera[63] si desume che il richiamo andrebbe presumibilmente riferito ai commi 376 e 377 del medesimo articolo 2, con i quali si dispone l’abolizione, per l’anno 2008, della quota di partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale per gli assistiti non esentati (si rinvia, al riguardo, alla relativa scheda di lettura).

 

L’art. 1, co. 703, della legge finanziaria 2007, citato dal comma in esame, reca numerose disposizioni in favore dei piccoli comuni, individuando i beneficiari su tre parametri, contenuti alle lettere da a) a c) dello stesso comma. Il terzo parametro, che riguarda i comuni sotto i 3.000 abitanti, conferisce risorse a valere sul fondo ordinario per gli investimenti e perciò potrebbe essere ritenuto non incluso per il riferimento – nella disposizione in esame – al “contributo ordinario”.

I comuni sono individuati dal comma 703 della legge finanziaria 2007, in primo luogo, per avere una popolazione fino a 5.000 abitanti, e, in secondo luogo, per avere una delle seguenti caratteristiche:

-        rapporto tra la popolazione residente ultrasessantacinquenne e popolazione residente complessiva è superiore al 30 per cento (55 milioni di contributo ordinario, di cui il 50 per cento finalizzato ad interventi di natura sociale e socio-assistenziale);

-rapporto tra popolazione residente di età inferiore a cinque anni e popolazione residente complessiva è superiore al 5 per cento (71 milioni di contributo ordinario, di cui almeno il 50 per cento finalizzato ad interventi di natura sociale);

-        popolazione inferiore a 3.000 abitanti (42 milioni contributo a valere sul fondo nazionale ordinario per gli investimenti).

Beneficiano infine di un contributo complessivo di 20 milioni di euro le comunità montane.

 

I trasferimenti erariali a favore degli enti locali iscritti nel bilancio dello Stato si articolano sulla base di fondi disciplinati dall’art. 34 del D.Lgs. 504/1992[64]. In particolare, secondo lo schema generale delineato dal citato decreto legislativo, lo Stato concorre al finanziamento dei bilanci di province e comuni con l’assegnazione dei seguenti fondi:

§       Fondo ordinario” (articolo 34, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 504), in cui confluiscono la gran parte delle risorse destinate al finanziamento dei bilanci degli enti locali;

§       Fondo consolidato” (articolo 34, comma 1, lettera b) del D.Lgs. 504), in cui confluiscono i contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi;

§       Fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale” (articolo 34, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 504) relativo, in particolare, ai problemi perequativi derivanti dall’ICI. Le risorse sono attribuite alle province e ai comuni sulla base del gettito delle imposte e delle addizionali di loro competenza per le quali non vi sia discrezionalità, considerato in relazione alla classe demografica di appartenenza degli enti medesimi.

 

Il comma 32 stabilisce che il Ministero dell’economia, d’intesa con la Conferenza Stato-città e autonomie locali, quantifichi entro il 30 giugno 2008, basandosi sulle certificazioni inviate dagli enti locali interessati dalle disposizioni illustrate, l’ammontare effettivo delle riduzioni di spesa conseguibili al 31 dicembre 2008.

Il Ministro dispone quindi con proprio decreto l’adeguamento della dotazione del Fondo ordinario (vedi supra) e l’eventuale integrazione dei trasferimenti ai soli enti che abbiano dato piena attuazione alle disposizioni di contenimento dei costi previste dai commi da 23 a 32.

 

L’articolo 40, comma 4-bis, del citato D.L. 248/2007, recante proroga di termini, ha aggiunto all’articolo 2 della L. 244/2007 il comma 32-bis, con il quale si estende agli enti locali delle regioni a statuto speciale l’efficacia delle disposizioni relative al contenimento dei costi della politica e, nella specie, le misure indicate come necessarie a consentire la riduzione di 313 milioni di euro del Fondo ordinario per i comuni, riduzione disposta dal comma 31 quale ammontare dei risparmi attesi dalla realizzazione delle misure di indicate ai precedenti commi da 23 a 29.

Il primo periodo del comma 32-bispone a carico delle regioni a statuto speciale l’obbligo di emanare disposizioni idonee a che quelle misure siano assunte, nei medesimi termini e tempi, anche dagli enti locali del proprio territorio per modo che anche essi concorrano alla realizzazione del risparmio atteso. La disposizione si rende necessaria perché nelle regioni a statuto speciale la disciplina della finanza degli enti locali è materia che rientra nella competenza primaria (o esclusiva) delle regioni. L’intervento della legislazione statale si legittima tuttavia sotto il profilo del coordinamento della finanza pubblica, coordinamento al quale soggiace anche la competenza legislativa delle regioni a statuto speciale. L’accollo di parte dei “risparmi” agli enti locali delle regioni a statuto speciale diminuisce di pari somma l’entità delle riduzioni poste a carico di ciascuno degli enti.

Il secondo periodo del comma 32-bis dispone che in caso di inadempimento – della Regione – o di mancato adempimento da parte degli organi locali, i trasferimenti derivanti dal fondo comune siano ridotti – anche per gli enti locali delle regioni a statuto speciale – della medesima misura comminata per gli inadempimenti degli enti locali delle regioni a statuto ordinario.

 


 

Articolo 2, commi 33-34
(Norma di indirizzo alle regioni per la riduzione dei costi derivanti
da duplicazione di funzioni)

 

33. Anche ai fini del coordinamento della finanza pubblica, in attuazione dell’articolo 118 della Costituzione, lo Stato e le regioni, nell’ambito di rispettiva competenza legislativa, provvedono all’accorpamento o alla soppressione degli enti, agenzie od organismi, comunque denominati, titolari di funzioni in tutto o in parte coincidenti con quelle assegnate agli enti territoriali ed alla contestuale riallocazione delle stesse agli enti locali, secondo i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

34. I comuni e le province provvedono alla soppressione degli enti, agenzie ed organismi, comunque denominati, istituiti dai medesimi enti locali nell’ambito della rispettiva potestà regolamentare e titolari di funzioni in tutto o in parte coincidenti con quelle svolte dagli enti locali medesimi.

 

 

I commi 33 e 34 dell’articolo 2 contengono una disposizione di indirizzo diretta alla razionalizzazione dell’organizzazione amministrativa degli enti territoriali, in particolare alla soppressione o accorpamento di enti, agenzie, organismi che svolgano le medesime funzioni – o parte di esse – esercitate dagli enti territoriali.

Scopo della norma è il miglioramento dei saldi di bilancio di regioni ed enti locali, miglioramento non quantificabile e da considerare come misura ulteriore (non determinante) per il raggiungimento degli obiettivi del patto di stabilità.

 

Il comma 33 è indirizzato alle regioni che, in coordinamento con lo Stato, dovrebbero provvedere alla revisione dell’allocazione delle funzioni al fine, come detto, di eliminarne le duplicazioni.

 

Il comma 34 è diretto agli enti locali, per quanto concerne enti ed organismi da essi istituiti.

Le disposizioni in esame sono in relazione con quanto disposto dall’articolo 2, comma 634, lettera c) della legge finanziaria in esame, secondo cui lo Stato provvede a sopprimere od accorpare enti, agenzie, organismi che svolgano le medesime funzioni - in tutto o in parte – esercitate da regioni ed enti locali su conferimento o delega dello Stato.

 

La norma richiama il principio di coordinamento della finanza pubblica e l’attuazione dell’articolo 118 della Costituzione.

Com’è noto il principio di coordinamento della finanza pubblica, contenuto nel secondo comma dell’articolo 119 della Costituzione, può essere alla base dell’intervento legittimo dello Stato sulle politiche degli enti territoriali imponendo anche vincoli di bilancio - come nel caso delle regole del patto di stabilità e crescita - a condizione che venga mantenuto il carattere “finalistico” dell’azione di coordinamento. In altre parole lo Stato può prescrivere criteri ed obiettivi ma non imporre nel dettaglio gli strumenti per raggiungerli[65].

L’articolo 118 della Costituzione statuisce il principio secondo cui le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni e ogni diversa allocazione – anche per assicurarne l’esercizio unitario - deve ispirarsi ai principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza.

 

Norma di indirizzo ispirata ai principi sopra citati, non è accompagnata da disposizioni sulla rilevazione di adempimenti specifici o comunque sul monitoraggio del comportamento delle regioni e degli enti locali a riguardo. Sono altresì assenti disposizioni su conseguenti sanzioni in caso di non osservanza.

Si osserva infine che in caso di inadempienza – peraltro come visto non rilevata - non sembrano esserci gli estremi per un eventuale esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato ai sensi dell’articolo 120 secondo comma della Costituzione. Lo Stato potrebbe ‘solamente’ impugnare innanzi la Corte costituzionale la legge regionale emanata in violazione dei principi richiamati dalla norma.


 

Articolo 2, commi 35-37
(Norme sui Consorzi di bonifica)

 


35. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alla riduzione del numero dei componenti dei consigli di amministrazione e degli organi esecutivi dei consorzi tra comuni compresi nei bacini imbriferi montani, costituiti ai sensi dell’articolo1dellalegge 27 dicembre 1953, n. 959, nonché dei consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario di cui al capo I del titolo V del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, e successive modificazioni. La riduzione del numero dei componenti degli organi di cui al presente comma deve essere conforme a quanto previsto per le società partecipate totalmente anche in via indiretta da enti locali, ai sensi dell’articolo1, comma 729, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296.

36. [In alternativa a quanto previsto dal comma 35 ed entro il medesimo termine, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano d’intesa con lo Stato possono procedere alla soppressione o al riordino di consorzi, di cui al medesimo comma 35, facendo comunque salvi le funzioni e i compiti attualmente svolti dai medesimi consorzi e le relative risorse, ivi inclusa qualsiasi forma di contribuzione di carattere statale o regionale. In caso di soppressione le regioni adottano disposizioni al fine di garantire che la difesa del suolo sia attuata in maniera coordinata fra gli enti che hanno competenza al riguardo, nel rispetto dei princìpi dettati dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, e delle competenze delle province fissate dall’articolo 19 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, evitando ogni duplicazione di opere e di interventi, disponendo il subentro in tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo ai consorzi suddetti. Per l’adempimento dei fini istituzionali dei medesimi consorzi, agli enti subentranti è attribuita la potestà, già riconosciuta agli stessi consorzi, di cui all’articolo59delregio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, di imporre contributi alle proprietà consorziate nei limiti dei costi sostenuti per le citate attività. Nel rispetto di quanto previsto dal comma 37, il personale che al momento della soppressione risulti alle dipendenze dei consorzi di bonifica passa alle dipendenze delle regioni, delle province e dei comuni, secondo modalità determinate dalle regioni, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Anche in caso di riordino i contributi consortili devono essere contenuti nei limiti dei costi sostenuti per l’attività istituzionale.](*)

37. [Dall’attuazione delle disposizioni di cui al comma 36 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. A tale fine la soppressione di consorzi per i quali si evidenzino squilibri di bilancio ed esposizioni debitorie è subordinata alla previa definizione di un piano finanziario che individui le necessarie misure compensative.](*)

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(*)  Commi soppressi dall’art. 27, co. 2 del D.L. n. 248/2007 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 31/2008.


 

 

Il comma 35 detta disposizioni sulla riduzione dei componenti dei consigli di amministrazione e degli organi esecutivi dei consorzi di bonifica e miglioramento fondiario, di cui al Capo I del titolo V del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, nonché dei consorzi tra comuni compresi nei bacini imbriferi montani, di cui all’art. 1 della legge 27 dicembre 1953 n. 959.

In particolare, il comma dispone che, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano provvedano alla riduzione del numero dei componenti dei consigli di amministrazione e degli organi esecutivi dei consorzi tra comuni compresi nei bacini imbriferi montani, nonché dei consorzi di bonifica e miglioramento fondiario. La riduzione deve essere conforme a quanto disposto dall’art. 1, comma 729, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007) per le società partecipate totalmente da enti locali.

 

L’art. 1, comma 729, della finanziaria 2007 pone il limite numerico di tre componenti ai consigli di amministrazione delle società totalmente partecipate, anche in viaindiretta, da enti locali. Tale limite sale a cinque per le società il cui capitale, interamente versato, raggiunga o superi un determinato importo, il cui ammontare è stato fissato con il DPCM 26 giugno 2007 (G.U. 7 agosto 2007, n. 182). Per tutte le società miste, partecipate cioè anche da altri soggetti pubblici o privati, la norma dispone che il numero massimo dei componenti il consiglio di amministrazione designati dai soci pubblici locali (inclusi, se presenti, quelli di nomina regionale) non sia superiore a cinque. Entro i successivi tre mesi è fatto obbligo alle società di apportare i necessari adeguamenti statutari, nonché di adeguare eventuali patti parasociali.

 

Si segnala che l’articolo 27 del D.L. n. 248/2007[66] (c.d. mille proroghe), a seguito delle modifiche apportate in sede di conversione, interviene sul comma 35 in commento, precisando che la riduzione ivi prevista dei componenti dei consigli di amministrazione e degli organi esecutivi dei consorzi “non si applica ai membri eletti dai consorziati utenti che partecipano agli organi a titolo gratuito”.

Il medesimo articolo 27 del D.L. n. 248/2007 reca inoltre l’abrogazione dei commi 36 e 37 dell’articolo 2 della legge finanziaria 2007, i quali prevedevano, in alternativa alla riduzione del numero dei componenti dei consigli di amministrazione e degli organi esecutivi prevista dal comma 35, che le Regioni e le province autonome, d’intesa con lo Stato, potessero procedere alla soppressione o al riordino dei Consorzi di cui al medesimo comma 35.

Il contenuto dei commi 36 e 37 della L. finanziaria 2008 è peraltro riformulato, con riferimento ai soli Consorzi di bonifica e miglioramento fondiario (nullasi dispone infatti rispettoai Consorzi tra comuni compresi nei bacini imbriferi montani),dal citato art. 27 del D.L. n. 248/2007[67], con il quale, in particolare, si dispone quanto segue:

-             le regioni possono procedere entro il 30 giugno 2008 (il termine era fissato dalla L. finanziaria al 1°gennaio 2009) al riordino dei consorzi di bonifica, “anche mediante accorpamento o eventuale soppressione di singoli consorzi”, secondo criteri definiti di intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, su proposta dei ministri delle politiche agricole, alimentari e forestali e delle infrastrutture;

-             sono fatti salvi le funzioni ed i compiti attualmente svolti dai Consorzi e le relative risorse, incluse le contribuzioni di carattere statale o regionale;

-             i contributi consortili devono essere contenuti nei limiti dei costi sostenuti per l’attività istituzionale;

-             dall’attuazione delle disposizioni di cui sopra non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 


 

Articolo 2, comma 38
(Rideterminazione degli Ambiti territoriali ottimali)

 


38. Per le finalità di cui al comma 33, le regioni, nell’esercizio delle rispettive prerogative costituzionali in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione integrata dei rifiuti, fatte salve le competenze del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in ottemperanza agli obblighi comunitari, procedono entro il 1° luglio 2008, fatti salvi gli affidamenti e le convenzioni in essere, alla rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei medesimi servizi secondo i princìpi dell’efficienza e della riduzione della spesa nel rispetto dei seguenti criteri generali, quali indirizzi di coordinamento della finanza pubblica:

a) in sede di delimitazione degli ambiti secondo i criteri e i princìpi di cui agli articoli147 e 200deldecreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, valutazione prioritaria dei territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali ai fini dell’attribuzione delle funzioni in materia di rifiuti alle province e delle funzioni in materia di servizio idrico integrato di norma alla provincia corrispondente ovvero, in caso di bacini di dimensioni più ampie del territorio provinciale, alle regioni o alle province interessate, sulla base di appositi accordi; in alternativa, attribuzione delle medesime funzioni ad una delle forme associative tra comuni di cui agli articoli 30 e seguenti del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, composte da sindaci o loro delegati che vi partecipano senza percepire alcun compenso;

b) destinazione delle economie a carattere permanente derivanti dall’attua­zione del presente comma, come accertate da ciascuna regione con provvedimento comunicato al Ministro dell’economia e delle finanze, al potenziamento degli interventi di miglioria e manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti e delle infrastrutture di supporto nei rispettivi ambiti territoriali, nonché al contenimento delle tariffe per gli utenti domestici finali.


 

 

Il comma 38 prevede l’obbligo, per le regioni, nell’esercizio delle rispettive prerogative costituzionali in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione integrata dei rifiuti, fatte salve le competenze del Ministero dell’ambiente, in ottemperanza agli obblighi comunitari, di procedere entro il 1º luglio 2008, fatti salvi gli affidamenti e le convenzioni in essere, alla rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei medesimi servizi.

 

 

L’organizzazione del servizio idrico integrato in base al codice ambientale

Il servizio idrico integrato è costituito, ai sensi della definizione recata dall’art. 141, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cd. codice ambientale), “dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue” .

La disciplina del servizio idrico integrato è contenuta negli articoli 147-158 del D.Lgs. n. 152/2006, la cui struttura si basa in buona parte sulle disposizioni della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (cd. legge Galli), ora abrogata dall’art. 175 del medesimo decreto.

In base all’art. 147, l’organizzazione dei servizio idrici è basata sugli ambiti territoriali ottimali (d’ora in poi ATO) definiti dalle regioni in attuazione della medesima legge Galli.

Lo stesso articolo (al comma 2) fissa i seguenti importanti principi informatori della gestione del servizio:

a)       unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui;

b)       unicità della gestione e, comunque, superamento della frammentazione verticale delle gestioni[68];

c)       adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici.

Un’importante innovazione introdotta dal codice ambientale è rappresentata dalla norma recata dall’art. 148, comma 1, che attribuisce personalità giuridica alle autorità d'ambito, costituite in ciascun ATO delimitato dalla competente regione, alle quali gli enti locali partecipano obbligatoriamente. Si segnala anche l’articolo 148, comma 5, che prevede la facoltatività dell’adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato per i per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane. La disposizione richiede la condizione che la gestione del servizio idrico sia operata direttamente dalla amministrazione comunale ovvero tramite una società a capitale interamente pubblico e controllata dallo stesso comune e precisa che su tali gestioni l'Autorità d'ambito esercita funzioni di regolazione generale e di controllo[69].

Il successivo art. 149 prevede che entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del decreto n. 152 , l'Autorità d'ambito provveda alla predisposizione e/o aggiornamento del piano d'ambito, e disciplina i contenuti del medesimo. Tale piano rappresenta lo strumento programmatorio cardine dell'Autorità d'ambito, risultato di un'attività di ricognizione delle infrastrutture esistenti, della stesura di un programma degli interventi infrastrutturali necessari e di un piano finanziario connesso ad un modello gestionale ed organizzativo.

Per quanto riguarda le modalità di affidamento del servizio si rinvia agli articoli 150 ss. del codice ambientale.


L’organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti in base al codice ambientale

L’art. 200 del D.Lgs. n. 152/2006 dispone, al comma 1, che “la gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, di seguito anche denominati ATO, delimitati dal piano regionale di cui all'articolo 199, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o), e secondo i seguenti criteri:

a)       superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti;

b)       conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative;

c)       adeguata valutazione del sistema stradale e ferroviario di comunicazione al fine di ottimizzare i trasporti all'interno dell'ATO;

d)       valorizzazione di esigenze comuni e affinità nella produzione e gestione dei rifiuti;

e)       ricognizione di impianti di gestione di rifiuti già realizzati e funzionanti;

f)         considerazione delle precedenti delimitazioni affinché i nuovi ATO si discostino dai precedenti solo sulla base di motivate esigenze di efficacia, efficienza ed economicità”.

Il comma 2 del medesimo articolo prevede che “le regioni, sentite le province ed i comuni interessati, nell'ambito delle attività di programmazione e di pianificazione di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, provvedono alla delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m)” ma anche che “le regioni possono adottare modelli alternativi o in deroga al modello degli Ambiti Territoriali Ottimali laddove predispongano un piano regionale dei rifiuti che dimostri la propria adeguatezza rispetto agli obiettivi strategici previsti dalla normativa vigente, con particolare riferimento ai criteri generali e alle linee guida riservati, in materia, allo Stato ai sensi dell'articolo 195”.

Il nuovo principio dell’unicità del governo dell’ambito viene quindi realizzato attraverso l’istituzione obbligatoria delle Autorità d’ambito (art. 201), alle quali è demandata l’organizzazione, l’affidamento ed il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti. volgere nell’ambito. Si tratta dei cd. STUA (soggetti titolari unici dell’autorità d’ambito), soggetti dotati di personalità giuridica di diritto pubblico, di autonomia statutaria, regolamentare, finanziaria e organizzativa, che dovranno essere costituiti dalle regioni entro sei mesi dall’entrata in vigore della parte quarta del codice e ai quali gli enti locali del medesimo ambito partecipano obbligatoriamente.

L’Autorità d’ambito, quindi, viene configurata come soggetto dotato di personalità giuridica, espressione delle autonomie locali con compiti di indirizzo politico-amministrativo, di amministrazione attiva (essenzialmente la gestione delle gare) e di controllo. È il soggetto cui compete la “gestione” dei rifiuti urbani ed assimilati, che indice le gare ad evidenza pubblica, al quale è demandata “l’organizzazione, l’affidamento e il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti” (comma 1). L’Autorità d’ambito organizza il servizio e determina gli obiettivi da perseguire per garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, adottando, a tal fine, un apposito piano d’ambito, in conformità a quanto previsto dall’art. 203, comma 3 (comma 3). È l’Autorità d’ambito che aggiudica il servizio (art. 202, comma 1) ed il contratto di servizio intercorre tra Autorità d’ambito e i soggetti affidatari del servizio (art. 203, comma 1). Spetta, inoltre, alle Autorità d’ambito definire le procedure e le modalità per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla parte quarta del decreto ed elaborare un piano d’ambito comprensivo di un programma degli interventi necessari, accompagnato da un piano finanziario e dal connesso modello gestionale ed organizzativo (art. 203, comma 3).

Circa le modalità di affidamento della gara da parte degli STUA e il rapporto tra i medesimi e i soggetti affidatari si rinvia agli articolo 202 e ss. del codice.

Per quanto riguarda i criteri cui devono attenersi le regioni nella rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei servizi, la disposizione fa riferimento in termini generali ai principi dell’efficienza e della riduzione della spesa e, nello specifico, ai seguenti criteri, definiti quali indirizzi di coordinamento della finanza pubblica:

a)      oltre al richiamo ai criteri e i princìpi di cui ai già citati articoli 147 e 200 del codice ambientale, si prevede la valutazione prioritaria dei territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali. Tale previsione è finalizzata all’attribuzione:

-        delle funzioni in materia di rifiuti alle province;

-        delle funzioni in materia di servizio idrico integrato di norma alla provincia corrispondente ovvero, in caso di bacini di dimensioni più ampie del territorio provinciale, alle regioni o alle province interessate, sulla base di appositi accordi.

La medesima disposizione prevede in alternativa l’attribuzione delle medesime funzioni ad una delle forme associative tra comuni di cui agli articoli 30 e ss. del TUEL di cui al D.Lgs. n. 267/2000 (consorzi, unioni di comuni, ecc.), composte da sindaci o loro delegati che vi partecipano senza percepire alcun compenso;

b)      si prevede inoltre la destinazione delle economie a carattere permanente derivanti dall’attuazione del presente comma, come accertate da ciascuna regione con provvedimento comunicato al Ministro dell’economia e delle finanze:

-       al potenziamento degli interventi di miglioria e manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti e delle infrastrutture di supporto nei rispettivi ambiti territoriali;

-       al contenimento delle tariffe per gli utenti domestici finali[70].


 

Articolo 2, comma 39-39-bis
(Modifiche alla disciplina dei conti intrattenuti dal Tesoro per la gestione delle disponibilità liquide)

 


39. All’articolo 5 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 5, dopo il primo periodo sono inseriti i seguenti: «A decorrere dall’entrata in vigore del decreto di cui al periodo successivo, tale remunerazione non si applica alle somme in eccedenza rispetto al saldo previsto nell’ambito degli scambi di informazioni sui flussi di cassa tra il Ministero e la Banca d’Italia. Ai fini della stabilizzazione del saldo rispetto alle previsioni, con successivo decreto del Ministro, sulla base di criteri di trasparenza, efficienza e competitività, sono stabilite le modalità di movi­mentazione della liquidità e di selezione delle controparti»;

b) al comma 6, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Sul predetto conto, nonché sul conto di tesoreria denominato: “Dipartimento del Tesoro-Operazioni sui mercati finanziari“, non sono ammessi sequestri, pignoramenti, opposizioni o altre misure cautelari»;

c) dopo il comma 6 è inserito il seguente:

«6-bis. Ai conti e depositi intestati al Ministero presso il sistema bancario e utilizzati per la gestione della liquidità si applicano le disposizioni del comma 6. (L)»;

d) i commi 7 e 9 sono abrogati.

39-bis. Le disposizioni di cui al comma 39 si applicano a decorrere dal parere della Banca centrale europea.(*)

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(*)  Comma aggiunto dall’art. 42 del D.L. n. 248/2007 convertito, con modificazioni, dalla leggen. 31/2008.


 

 

Il comma 39, lettera a), modifica l’articolo 5, comma 5, del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico (T.U.D.P) [71].

Tale disposizione disciplina la remunerazione delle somme giacenti sul conto corrente presso la Banca d’Italia, denominato “Conto disponibilità del Tesoro per il servizio di tesoreria”, prevedendo che sul predetto conto la Banca d'Italia, all'inizio di ogni semestre, corrisponda un interesse uguale ad un tasso pari a quello medio dei buoni ordinari del tesoro emessi nel semestre precedente.

In virtù della modifica apportata dall’articolo, si prevede che la remunerazione di cui sopra non si applichi alle somme in eccedenza rispetto al saldo previsto nell’ambito degli scambi di informazione sui flussi di cassa tra Ministero dell’economia e finanze e Banca d’Italia.

Inoltre, ai fini della stabilizzazione del saldo rispetto alle previsione, si demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la definizione, sulla base di criteri di trasparenza, efficienza e competitività, delle modalità di movimentazione della liquidità e di selezione delle controparti.

 

Si ricorda che la Banca d'Italia svolge la funzione di tesoreria per conto dello Stato. La funzione si esplica nell'esecuzione di tutte le disposizioni di pagamento emesse dalle amministrazioni dello Stato a valere sugli stanziamenti di bilancio e sulle contabilità fuori bilancio e nella riscossione di tutte le somme dovute a qualsiasi titolo allo Stato, sia direttamente sia indirettamente.

La Banca d’Italia detiene il “Conto disponibilità del Tesoro per il servizio di tesoreria”, disciplinato dal sopra commentato articolo 5 del T.U.D.P, sul quale sono regolate le operazioni svolte per conto dello Stato. Più precisamente, l’articolo 5, comma 5 del T.U.D.P prevede che sul predetto conto vengano giornalmente registrate le operazioni di introito e di pagamento connesse con il servizio di tesoreria e utilizzate per assicurare il regolare svolgimento del servizio medesimo.

In linea con la normativa comunitaria, che vieta alle banche centrali degli Stati membri di concedere qualsiasi forma di finanziamento al Tesoro, il conto disponibilità non può presentare saldi a debito. Ciò è disposto dallo stesso articolo 5, comma 8 [72] del T.U.D.P. Il medesimo articolo, al comma 1 prevede che la Banca d’Italia non possa concedere anticipazioni di alcun tipo al Ministero.

 

La lettera b) del medesimo comma 39 modifica, inoltre, il comma 6 dell’articolo 5 del citato Testo Unico, estendendo il divieto di pignoramento, sequestro, opposizioni o altre misure cautelari previsto per il predetto Conto disponibilità anche al Conto di tesoreria denominato “Dipartimento del tesoro - Operazioni sui mercati finanziari[73].

 

La successiva lettera c) aggiunge il comma 6-bis al già citato articolo 5 del T.U.D.P, prevedendo che ai conti e ai depositi intestati al Ministero dell’economia e finanze presso il sistema bancario ed utilizzati per la gestione della liquidità si applichino le medesime disposizioni in materia di inapplicabilità di misure cautelari di cui al suddetto comma 6.

 

La lettera d), infine, abroga i commi 7 e 9 dello stesso articolo 5 del T.U.D.P, relativi alla disciplina del saldo minimo del Conto disponibilità del Tesoro, nonché la previsione in base alla quale le somme giacenti nel conto disponibilità non possono essere, tra l’altro, essere utilizzate in modo duraturo per la copertura del fabbisogno del tesoro.

 

Infine, si ricorda che l’articolo 42 del decreto – legge n. 248/2007[74] ha previsto che le disposizioni di cui al comma in esame si applichino successivamente all’espressione del parere da parte della Banca centrale europea.

 

Si ricorda, in particolare, che il comma 7 dell’articolo 5, del D.P.R. n. 398/2003, la cui abrogazione, come accennato, opera successivamente all’espressione del parere delle Banca centrale europea, dispone l’obbligo per il Ministero del tesoro di ricostituire il saldo di 15.493.706.973 euro del predetto conto laddove - dalla situazione di fine mese della Banca d'Italia – lo stesso saldo dovesse risultare inferiore alla suddetta cifra. Il citato comma 7 prevede, inoltre, che le somme giacenti nel Conto disponibilità non possano essere utilizzate in modo duraturo per la copertura del fabbisogno del Tesoro, prevedendo inoltre l’obbligo in capo al Ministro dell’economia e finanze di inviare al Parlamento una relazione sulle cause dell'insufficienza del saldo e sugli eventuali provvedimenti correttivi, ove questo a fine mese risulti inferiore del cinquanta per cento dell'importo di cui sopra, ovvero allorquando lo stesso saldo risulti, per tre mesi consecutivi, inferiore all'importo di cui sopra.

Il comma 9 dello stesso articolo 5, la cui abrogazione opera anch’essa dopo l’espressione del parere della Banca centrale, prevede che qualora il fabbisogno del settore statale risulti, in due esercizi consecutivi, inferiore di oltre il 30 per cento di quello del 1992, il Ministro, con proprio decreto, possa procedere a modificare l'importo di 15.493.706.973 euro[75]. Tale importo, con decreto ministeriale del 19 settembre 2005[76], è stato fissato in euro 10.000.000.000.


 

Articolo 2, comma 40
(Fondo nazionale per la montagna)

 

40. Per il finanziamento del Fondo nazionale per la montagna, di cui all’articolo2dellalegge 31 gennaio 1994, n. 97, e successive modificazioni, è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2008 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010.

 

 

Il comma 40 stanzia a favore del Fondo nazionale per la montagna 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

 

L’art. 1, comma 1278 della finanziaria per il 2007 aveva recato una autorizzazione di spesa pari 25 milioni di euro per il solo esercizio 2007. Nel contempo, nei documenti di bilancio, il Fondo era stato trasferito dalla tabella del dicastero dell’economia e finanze allo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, Tab. 3, nella quale era stato istituito il nuovo centro di responsabilità “Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione”.

Con l’esercizio 2008 tuttavia, in conseguenza dell’approvazione del D.L. n. 181/2006[77], il Fondo confluisce tra le spese riferibili alla Presidenza del Consiglio e pertanto è nuovamente iscritto nella tabella dell’economia dove costituisce quota parte del cap. 2115 (UPB 21.3.3) intitolato Fondo per il funzionamento della Presidenza del Consiglio, rientrando conseguentemente nella Missione 1 “Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del Consiglio dei Ministri”.


La tabella che segue riassume gli stanziamenti per la montagna disposti dal 2005 in poi, inclusa l’autorizzazione di spesa recata dalla norma in commento.

Legge n. 97/1994: Nuove disposizioni per le zone montane: Stanziamenti
(migliaia di euro)

(U.P.B.)

2005

2006

2007

2008

2009

2010

L. n. 311/2004 Finanziaria per il 2005

(Economia - UPB 1.2.3.6 - cap. 7003, all’interno del Fondo unico investimenti - Difesa del suolo e tutela ambientale)

 

31.000

-

-

-

 

 

L. n. 266/2005 Finanziaria per il 2006

(Economia - UPB 5.2.3.13 – cap. 7698)

 

20.000

 

 

 

 

L. n. 296/2006 Finanziaria per il 2007

(Sviluppo economico - UPB 6.2.3.5 - cap. 8370)

 

 

25.000

-

 

 

L. n. 244/07 Finanziaria per il 2008

(Economia 1.3 – UPB 21.3.3 – cap. 2115)

 

 

 

50.000

50.000

50.000

Il Fondo per la montagna è stato istituito dalla legge n. 97/1994, che nel suo complesso mira alla salvaguardia e alla valorizzazione delle zone montane comprese nel territorio nazionale, attraverso interventi che attengano la tutela e la valorizzazione delle risorse ambientali, cui devono associarsi azioni di promozione dello sviluppo economico, sociale e culturale dei territori. Compito del Fondo è disporre il sostegno finanziario di tali interventi; su di esso, ai sensi dell'art. 2, co. 2, devono confluire i trasferimenti comunitari, quelli statali e di enti pubblici.

Relativamente ai criteri di ripartizione del Fondo per la montagna tra le regioni e le province autonome, interviene l’articolo 2, comma 5, della legge n. 97/94 che stabilisce che essi siano definiti con deliberazione del CIPE, sentita la Conferenza Stato-regioni, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con i Ministri dell'economia e delle politiche agricole e forestali.

Il comma 6 dell’art. 2 richiede che nel definire tali criteri il CIPE tenga conto dei seguenti fattori:

1.  dell’estensione del territorio montano;

2.  della popolazione residente nelle aree montane;

3.  della salvaguardia dell’ambiente e dello sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali;

4.  del reddito medio pro-capite;

5.  del livello dei servizi;

6.  dell’entità dei trasferimenti ordinari e speciali.

Con la delibera n. 140 del 2/12/2005 il CIPE ha definito i criteri per il riparto del 2004, e con quella n. 142/2006 i criteri per il riparto 2005.

I criteri relativi all'impiego delle risorse assegnate sono invece definiti dalle singole regioni con proprie leggi.


 

Articolo 2, commi 41-43
(Fondo di sviluppo delle isole minori)

 


41. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, il Fondo di sviluppo delle isole minori, con una dotazione finanziaria pari a 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008. Il Fondo finanzia interventi specifici nei settori dell’energia, dei trasporti e della concorrenza, diretti a migliorare le condizioni e la qualità della vita nelle suddette zone, assegnando priorità ai progetti realizzati nelle aree protette e nella rete «Natura 2000», prevista dall’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, ovvero improntati alla sostenibilità ambientale, con particolare riferimento all’utilizzo delle energie rinnovabili, al risparmio e all’efficienza energetica, alla gestione dei rifiuti, alla gestione delle acque, alla mobilità e alla nautica da diporto ecosostenibili, al recupero e al riutilizzo del patrimonio edilizio esistente, al contingentamento dei flussi turistici, alla destagionalizzazione, alla protezione degli habitat prioritari e delle specie protette, alla valorizzazione dei prodotti tipici, alla certificazione ambientale dei servizi, oltre a misure dirette a favorire le imprese insulari in modo che le stesse possano essere ugualmente competitive. All’erogazione del Fondo si provvede sulla base del Documento triennale unico di program­mazione isole minori (DUPIM), elaborato dall’Associazione nazionale comuni isole minori (ANCIM), nel quale sono indicati i singoli interventi e le relative quanti­ficazioni, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali e del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo8deldecreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

42. Al fine di assicurare il necessario coordinamento e la migliore finalizzazione di tutti gli interventi a favore delle isole minori e ferme restando le contribuzioni per i progetti già approvati con i decreti del Ministro dell’interno 13 dicembre 2004 e 8 novembre 2005, pubblicati rispettivamente nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 304 del 29 dicembre 2004 e nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del 6 dicembre 2005, le risorse iscritte sul Fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori di cui all’articolo25, comma 7, dellalegge 28 dicembre 2001, n. 448, dello stato di previsione del Ministero dell’interno, sono trasferite al Fondo di cui al comma 41, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali.

43. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

I commi da 41 a 43 dell’articolo 2 istituiscono e disciplinano il Fondo di sviluppo delle isole minori.

 

In particolare, il comma 41 istituisce il suddetto Fondo di sviluppo delle isole minori presso il Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con una dotazione pari a 20 milioni di euro a decorrere dal 2008.

 

Il testo originario del disegno di legge prevedeva uno stanziamento pari a 34 milioni di euro; durante l’esame al Senato, esso è stato ridotto di 14 milioni.

 

Tale fondo è destinato a finanziare:

§      specifici interventi nei settori dell’energia, dei trasporti e della concorrenza, diretti a migliorare le condizioni e la qualità della vita nelle suddette zone.

E’ inoltre disposto l’uso prioritario dei fondi peruna serie di finalità; quali i progetti realizzati nelle aree protette e nella rete “Natura 2000[78]”, ovvero improntati alla sostenibilità ambientale, con particolare riferimento all’utilizzo delle energie rinnovabili, al risparmio e all’efficienza energetica, alla gestione dei rifiuti e delle acque, alla mobilità e alla nautica da diporto ecosostenibili, al recupero e al riutilizzo del patrimonio edilizio esistente, alla contingentazione dei flussi turistici, alla destagionalizzazione, alla protezione degli habitat prioritari e delle specie protette, alla valorizzazione dei prodotti tipici e alla certificazione ambientale dei servizi.

§      misure dirette a favorire la competitività delle imprese insulari.

 

La norma precisa che all’erogazione del fondo si provvede sulla base del Documento triennale unico di programmazione isole minori (DUPIM), elaborato dall’Associazione nazionale isole minori (ANCIM), nel quale devono essere indicati i singoli interventi e le relative quantificazioni.

 

Tale documento è approvato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri , su proposta del Ministro per gli affari regionali e del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata (di cui all’articolo 8, D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281[79]).

 

Il comma 42 stabilisce, al fine di assicurare il necessario coordinamento e la migliore finalizzazione di tutti gli interventi in favore delle isole minori, il trasferimento al Fondo per le isole minori delle risorse iscritte sul “Fondo per la tutela e sviluppo delle isole minori” dello stato di previsione del Ministero dell’interno (di cui all’articolo 25, comma 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 488, legge finanziaria per il 2002).

 

Si ricorda che i commi 7 e 8 del citato articolo 25 avevano istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, un fondo denominato “Fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori”, dotato di 51,65 milioni di euro per l’anno 2002, per l’adozione urgente di misure di salvaguardia ambientale e di sviluppo socio-economico delle isole minori, individuate tra gli ambiti territoriali indicati nell’allegato “A” annesso alla legge finanziaria. L’allegato “A” elencava singolarmente le isole e per ciascuna di esse determinava la porzione di acque territoriali entro le quali potevano attuarsi gli interventi finanziati dal fondo:

Le modalità procedurali di attivazione del Fondo erano stabilite dal comma 9 del medesimo articolo 25. In particolare, si stabiliva che la tipologia e i settori di intervento ammessi ad accedere al Fondo fossero determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2002, su proposta del Ministro dell’interno.

Le modalità di accesso al Fondo e i criteri per la ripartizione delle risorse dovevano, invece, essere definiti con decreto del Ministro dell’interno, da adottarsi entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria, sentita la Conferenza Stato–Città ed Autonomie locali. Il comma 9, infine, richiamava genericamente le disposizioni dettate dal decreto legislativo n. 281 del 1997, che disciplina i poteri e i compiti della Conferenza Stato-regioni e della Conferenza unificata.

 

La disposizione di cui al comma 42 fa tuttavia salve le contribuzioni per i progetti già approvati con i D.M. Interno 13 dicembre 2004 e 8 novembre 2005.

 

Il D.P.C.M. 7 marzo 2003, emanato ai sensi del citato articolo 25, comma 9, l. n. 448/2001, ha individuato la tipologia ed i settori degli interventi ammessi ad accedere al Fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori. I criteri e le modalità di accesso al Fondo sono stati stabiliti con D.M. Interno 15 marzo 2004, n. 163.

Il D.M. Interno 13 dicembre 2004 ha successivamente individuato i progetti ammessi al riparto delle risorse (detto decreto è stato parzialmente annullato dal D.M. 8 novembre 2005, che ha escluso le isole ponziane e la provincia di Latina dal riparto delle risorse).

 

Il comma 43 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

Articolo 2, comma 44
(Integrazione del Fondo per le aree svantaggiate confinanti con le Regioni a statuto speciale)

 

44. Al fine di sostenere progetti di sviluppo economico e di integrazione delle aree montane negli assi di comunicazione interregionali, il Fondo per le aree svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale di cui al comma 7 dell’articolo6deldecreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 127, e successive modificazioni, è integrato di 10 milioni di euro per l’anno 2008 e di 5 milioni di euro per gli anni 2009 e 2010.

 

 

La norma in esame integra il Fondo per le zone confinanti con le regioni a statuto speciale per il triennio 2008 - 2010.

 

Il Fondo è stato istituito dal comma 7 dell’articolo 6 del Decreto legge 2 luglio 2007 n. 81 e modificato da ultimo dall’articolo 35 del Decreto legge 1° ottobre 2007, n. 159 (come modificato dalla legge di conversione 29 novembre 2007, n. 222).

Il Fondo è attualmente dotato di 25 milioni di euro per il 2007 e interamente finalizzato alla valorizzazione e la promozione delle aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale.

 

Le modalità di erogazione sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Sulla base delle indicazioni del DPCM e sentite le regioni interessate il Fondo - gestito dal Dipartimento per gli affari regionali - dovrà essere utilizzato per finanziare specifici progetti finalizzati allo sviluppo economico e sociale dei territori dei comuni confinanti con le regioni a statuto speciale. Ai fini della valutazione dei progetti, inoltre è particolarmente importante la caratteristica sovracomunale degli stessi.

 

La norma in esame finanzia il fondo per 10 milioni di euro per l’anno 2008 e 5 milioni per ciascuno degli anni 2009 e 2010.

Viene inoltre introdotta una ulteriore motivazione e finalità del Fondo stesso. Esso dovrebbe sostenere progetti di sviluppo economico e di integrazione delle aree montane negli assi di comunicazione tra le regioni.

 

 

Fondo per le zone confinanti con le regioni a statuto speciale

Il “Fondo per le zone di confine è riconducibile alle tipologie previste dall’articolo 119, quinto comma della Costituzione. Come più volte ribadito dalla Corte costituzionale lo Stato può erogare risorse in ambiti che non siano strettamente di propria competenza osservando determinati limiti: devono essere aggiuntive rispetto alla ordinaria autonomia finanziaria; rispondere alle finalità di perequazione e garanzia sociale enunciate nella norma costituzionale; devono finanziare interventi “speciali” in favore di determinati comuni (o province, o regioni o ad una specifica categoria di enti).

Il Fondo ‘riprende’ il finanziamento di 10 milioni di euro che l’articolo 1, comma 494 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) – poi integrato dal comma 709 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296 - ha istituito per integrare i trasferimenti erariali ‘in favore dei comuni delle province confinanti con quelle di Trento e di Bolzano’. Le risorse, ripartite per il 90% in base della popolazione e per il 10% in base al territorio dei comuni, sono destinate per non meno del 40% ai comuni il cui territorio confina con le province di Trento o di Bolzano.

Il finanziamento integrativo avrebbe sostenuto le maggiori spese che quei comuni avrebbero dovuto affrontare per adeguare i propri servizi alle condizioni più favorevoli in cui quei servizi sono goduti dai cittadini dei comuni confinanti nelle province autonome di Trento e Bolzano. Condizione che era divenuta la causa immediata delle richieste che molti dei comuni confinanti delle province del Veneto e della Lombardia (a partire dal comune di Lamon) andavano perfezionando per abbandonare le regioni di origine e transitare nelle speciali Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia.

Successivamente, altri comuni hanno completato l’iter del procedimento che dovrebbe consentire loro di passare da una regione a statuto ordinario ad una confinante a statuto speciale. Così i comuni Carema (A.C. 2727) e Noasca (A.C. 2525) per il passaggio dal Piemonte alla Valle d’Aosta; Sovramonte (A.C. 2524) e Asiago, Conco, Enego, Foza, Gallio, Lusiana, Roana e Rotzo (A.C. 2951) per il passaggio dal Veneto al Trentino-Alto Adige; Cinto Caomaggiore (A.C. 2526) dal Veneto al Friuli-Venezia per ricordare qui, dopo Lamon (AC 1359 e 1427), soltanto quelli per i quali si è già svolto il referendum con esito positivo ed è stato presentato al Parlamento il relativo disegno di legge costituzionale.

Da ultimo (28 ottobre 2007) si è svolto il referendum – con esito favorevole - per il distacco dal Veneto e l’aggregazione al Trentino-Alto Adige dei comuni di Cortina d’Ampezzo, Livinallongo del Col di Lana e Colle Santa Lucia e sono stati convocati i comizi per la consultazione referendaria (il 9 marzo 2008) per chiedere il distacco del comune di Pedemonte dalla regione Veneto alla regione Trentino-Alto Adige, e del comune di Sappada dalla regione Veneto alla regione Friuli-Venezia Giulia.

 

Iniziative regionali

Anche le regioni hanno intrapreso iniziative per sostenere le zone di confine. A tale proposito si segnalano le iniziative della regione Veneto a sostegno dei comuni montani e dei comuni del settore orientale. Nel luglio 2007 è stato siglato un Protocollo d’Intesa tra la regione Veneto e la Provincia autonoma di Trento con lo scopo di favorire la cooperazione tra i territori di confine, per il “migliore esercizio delle funzioni amministrative inerenti i settori dello sviluppo locale, della sanità, della cultura, dell’alta formazione, dell’istruzione, della formazione, delle infrastrutture e reti di trasporto”.

L’intesa è stata siglata ai sensi dell’art. 117, ottavo comma della Costituzione, che prevede espressamente l’utilizzo da parte delle regioni di questo strumento “per il migliore esercizio delle proprie funzioni”. L’intesa interessa 32 comuni veneti (8 in provincia di Verona, 12 in provincia di Vicenza e 12 in provincia di Belluno) e 29 comuni della provincia di Trento (confinanti con le province venete). Prevede la costituzione di una Commissione di gestione, quale organismo comune di coordinamento politico-amministrativo, con il compito di programmare gli interventi da realizzare (attuati poi mediante specifici accordi operativi). I finanziamenti sono messi a disposizione dalle due parti.

A seguito dell’Intesa la regione Veneto ha approvato legge regionale 26 ottobre 2007, n. 30 recante “Interventi regionali a favore dei comuni ricadenti nelle aree svantaggiate di montagna e nell’area del Veneto orientale”. La legge ha l’obiettivo di favorire ed armonizzare la crescita competitiva delle popolazioni venete di confine. I destinatari degli interventi sono i piccoli comuni montani, i comuni ubicati nell’area del Veneto orientale con priorità per i piccoli comuni “che sono gravati da situazioni di disparità socio-economica dovute alla sfavorevole contiguità territoriale con Regioni a Statuto speciale”. Gli interventi riguardano principalmente i servizi ai cittadini, in particolare i servizi socio-sanitari.

 


 

Articolo 2, comma 45
(Ente italiano montagna)

 

45. La disposizione di cui all’articolo1, comma 1282, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, si interpreta nel senso che le risorse da trasferire all’Ente italiano montagna (EIM) sono tutte quelle complessivamente già attribuite all’Istituto nazionale della montagna (IMONT) al 1° gennaio 2007. Tali risorse sono rese immediatamente disponibili per effetto dell’esclusione disposta dal primo periodo del comma 507 dell’articolo1, dellacitatalegge n. 296 del 2006.

 

 

Il comma 45 contiene una norma interpretativa dell’art. 1, comma 1282, della legge n. 296/2007 (finanziaria 2007), per quanto riguarda la determinazione delle risorse da trasferire all’Ente Italiano Montagna (EIM), istituito dalla medesima legge finanziaria 2007 in sostituzione dell’istituto nazionale per la montagna (IMONT).

La legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007), all’art. 1, commi 1279-1283, ha istituito l’Ente italiano montagna (EIM), in sostituzione dell’Istituto nazionale della montagna (IMONT)[80], del quale il nuovo ente eredita il patrimonio, i beni mobili e le attrezzature, nonché il personale. Il nuovo soggetto subentra all’IMONT anche per quanto attiene ad impegni e funzioni. L’EIM si qualificacome organismo di supporto dellepolitiche di sviluppo, sia socio-economico che culturali, dei terreni montani. L’organo vigilante è individuato nella Presidenza del Consiglio dei Ministri. Per quanto riguarda il funzionamento del nuovo ente, un DPCM dovrà determinare:

-        gli organi di amministrazione e controllo;

-        la sede;

-        le modalità di costituzione e funzionamento;

-        le procedure di assunzione e utilizzo del personale;

-       le procedure per l’erogazione delle risorse.

Il comma 1282 individua le risorse delle quali l’ente potrà avvalersi, che sono costituite da quelle di cui attualmente dispone l’IMONT - che saranno iscritte in apposito capitolo della Presidenza del Consiglio, e da quelle di provenienza dei soggetti che “aderiranno alle attività” dell’ente.

Il DPCM di organizzazione dell’EIM non è stato ancora emanato: con DPCM in data 7 marzo 2007 l’On. Luigi Olivieri è stato nominato Commissario dell’IMONT, con il compito di garantire l’ordinaria amministrazione e lo svolgimento delle attività istituzionali dell’Ente fino all’avvio dell’Ente Italiano montagna, e comunque non oltre il 31 dicembre 2007. Il Commissario è altresì incaricato di trasmettere entro il 31 dicembre 2007 al Presidente del Consiglio dei Ministri una relazione sull’attività svolta, nella quale “formula proposte sull’avvio dell’EIM, anche con riguardo alle esigenze di risorse umane, strumentali e finanziarie del nuovo Ente, nonché indicazioni circa la sua configurazione statutaria, regolamentare ed organizzativa”.

 

Il comma 45, con norma di interpretazione autentica dell’art. 1, comma 1282, della legge n. 296/2006, precisa che le risorse da trasferire all’EIM sono “tutte quelle complessivamente già attribuite all’Imont al 1° gennaio 2007”, e che tali risorse devono considerarsi immediatamente disponibili, in quanto i relativi trasferimenti rientrano tra le voci di spesa alle quali non si applica il taglio lineare degli stanziamenti di bilancio disposto per gli esercizi dal 2007 al 2009 dall’art. 1, comma 507, della medesima legge n. 296/2006.

 


 

Articolo 2, commi 46-49
(Attuazione dei piani di rientro regionali in materia sanitaria)

 


46. In attuazione degli accordi sottoscritti tra lo Stato e le regioni Lazio, Campania, Molise e Sicilia ai sensi dell’articolo1, comma 180, dellalegge 30 dicembre 2004, n. 311, con i quali le regioni interessate si obbligano al risanamento strutturale dei relativi servizi sanitari regionali, anche attraverso la ristrutturazione dei debiti contratti, lo Stato è autorizzato ad anticipare alle predette regioni, nei limiti di un ammontare complessivamente non superiore a 9.100 milioni di euro, la liquidità necessaria per l’estinzione dei debiti contratti sui mercati finanziari e dei debiti commerciali cumulati fino al 31 dicembre 2005, determinata in base ai procedimenti indicati nei singoli piani e comunque al netto delle somme già erogate a titolo di ripiano dei disavanzi.

47. Le regioni interessate, in funzione delle risorse trasferite dallo Stato di cui al comma 46, sono tenute a restituire, in un periodo non superiore a trenta anni, le risorse ricevute. Gli importi così deter­minati sono acquisiti in appositi capitoli del bilancio dello Stato.

48. All’erogazione delle somme di cui ai commi 46 e 47, da accreditare su appositi conti correnti intestati alle regioni interes­sate, lo Stato procede, anche in tranche successive, a seguito del riac­certamento definitivo e completo del debito da parte delle regioni interessate, con il supporto dell’advisor contabile, come previsto nei singoli piani di rientro, e della sotto­scrizione di appositi contratti, che indivi­duano le condizioni per la restituzione, da stipulare fra il Ministero dell’economia e delle finanze e ciascuna regione. All’atto dell’erogazione le regioni interessate provvedono all’immediata estinzione dei debiti pregressi per l’importo corri­spondente e trasmettono tempe­stivamente la relativa documentazione ai Ministeri dell’economia e delle finanze e della salute.

49. In presenza della sottoscrizione dell’accordo con lo Stato per il rientro dai deficit sanitari, ai sensi dell’articolo1, comma 180, dellalegge 30 dicembre 2004, n. 311, alle regioni interessate che non hanno rispettato il patto di stabilità interno in uno degli anni precedenti il 2007 spetta l’accesso al finanziamento integrativo del Servizio sanitario nazionale a carico dello Stato previsto per l’anno di riferimento dalla legislazione vigente, nei termini stabiliti dal relativo piano.


 

 

Le disposizioni in esame sono volte a dare attuazione agli accordi stipulati[81], ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311[82], tra i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze e le regioni Lazio, Campania, Molise e Sicilia, accordi che impegnano le regioni interessate al risanamento strutturale dei relativi servizi sanitari regionali, anche attraverso la ristrutturazione dei debiti contratti.

 

Il comma 46 prevede un'anticipazione finanziaria, nei limiti di un ammontare non superiore a 9.100 milioni di euro, da parte dello Stato, in favore delle menzionate regioni, ai fini dell'estinzione dei debiti contratti sui mercati finanziari e dei debiti commerciali cumulati fino al 31 dicembre 2005.

L’ammontare della citata anticipazione finanziaria è determinato in base ai procedimenti indicati nei singoli piani di rientro e, comunque, al netto delle somme già erogate a titolo di ripiano dei disavanzi.

 

L’articolo 1, comma 180, della citata legge n. 311 del 2004 disciplina le ipotesi di inadempimento - da parte delle regioni - degli obblighi di contenimento della spesa sanitaria (definiti, nel dettaglio, dalla successiva Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005), ovvero i casi di disavanzo di gestione (di cui all’articolo 1, comma 174, della medesima legge n. 311 del 2004).

In tali ipotesi, la regione interessata, anche avvalendosi del supporto tecnico dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali, procede ad una ricognizione delle cause ed elabora un programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale, di durata non superiore al triennio. Inoltre, essa stipula con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze un accordo che definisca gli interventi necessari per il conseguimento dell'equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e degli adempimenti summenzionati.

La sottoscrizione dell'accordo e la verifica (in senso positivo) dell'attuazione del programma sono condizioni necessarie ai fini della riattribuzione (anche in maniera parziale e graduale) alla regione del maggior finanziamento previsto dall’articolo 1, comma 164, della medesima legge n. 311 del 2004, ossia delle risorse aggiuntive (rispetto al finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato) destinate al ripiano dei disavanzi nel settore sanitario[83].

Sul tema dei disavanzi, va ricordato, altresì, che l’articolo 1, comma 278, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006) stabilisce un incremento di 1.000 milioni di euro limitatamente all'anno 2006 del finanziamento del SSN. L'incremento in questione è ripartito tra le regioni, secondo criteri e modalità definiti con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di intesa con la Conferenza Stato-regioni, che prevedano, per le regioni interessate, la stipula di specifici accordi diretti all'individuazione di obiettivi di contenimento della dinamica della spesa nell’ottica della riduzione strutturale del disavanzo[84].

Con il decreto ministeriale 3 aprile 2007 i suddetti 1.000 milioni di euro sono stati assegnati alle seguenti regioni: Lazio (400.555.418 di euro); Abruzzo (31.319.830 di euro); Molise (22.343.600 di euro); Campania (383.764.213 di euro); Sicilia (153.223.604 di euro); Sardegna (8.793.335 di euro).

L’articolo 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007) ha previsto, poi, l’istituzione di un Fondo transitorio (1.000 milioni di euro nel 2007; 850 milioni di euro nel 2008; 700 milioni di euro nel 2009) destinato alle Regioni nelle quali si è registrato un elevato disavanzo sanitario, le cui risorse sono assegnate subordinatamente:

-        alla sottoscrizione di un apposito accordo, ai sensi del citato articolo 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004, comprensivo di un programma di rientro dal disavanzo entro il 2010;

-        all’innalzamento ai livelli massimi dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

In caso di mancato conseguimento degli obiettivi intermedi di riduzione del disavanzo previsti dal piano di rientro, è disposto l’automatico innalzamento – per l’anno di imposta dell’esercizio successivo – dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive oltre i livelli massimi previsti dalla legislazione vigente e fino alla copertura integrale dei disavanzi.

Il decreto ministeriale 23 aprile 2007 ha assegnato alle regioni, Liguria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania e Sicilia le risorse per il triennio 2007-2009 stabilite nel citato Fondo transitorio.

Successivamente, l’articolo 1 del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23[85] ha previsto, nel quadro delle misure definite dalla legge finanziaria per il 2007, il concorso straordinario dello Stato, per il periodo 2001-2005, nel ripiano dei disavanzi strutturali dei servizi sanitari regionali, esplicitamente in deroga alla disciplina generale (secondo cui gli oneri di ripiano dei disavanzi in oggetto sono a carico delle regioni[86]) a condizione che le regioni interessate assolvano ad alcuni adempimenti, tra i quali la sottoscrizione degli accordi con lo Stato, comprensivi dei piani di rientro, che consentono l’accesso al citato Fondo transitorio.

Al fine di ripianare i disavanzi pregressi (periodo 2001-2005), è stata quindi autorizzata, a titolo di regolazione debitoria, la spesa di 3.000 milioni di euro[87] per l’anno 2007 a beneficio delle regioni che, oltre a sottoscrivere il suddetto accordo con lo Stato, a decorrere dal 2007, attivano specifiche misure fiscali ovvero destinano quote di manovre fiscali già adottate o quote di tributi erariali attribuiti alle regioni, in via ulteriore rispetto all’incremento nella misura massima dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’addizionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche.

Da ultimo, l’articolo 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159[88], convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, ha introdotto ulteriori disposizioni per le regioni che non rispettano gli adempimenti previsti dai piani di rientro dai deficit sanitari.

Il citato articolo 4 prevede, infatti, la nomina di commissari ad acta per le regioni che non rispettano gli adempimenti individuati dai piani di rientro dai deficit sanitari. In particolare, si attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri il potere di diffidare la regione ad adottare, entro quindici giorni, tutti gli atti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi previsti nel piano di rientro dai deficit sanitari.

La diffida è adottata nel caso di mancato rispetto da parte della regione degli adempimenti previsti dai medesimi piani - in relazione alla realizzabilità degli equilibri finanziari nella dimensione e nei tempi ivi programmati - tale da mettere in pericolo la tutela dell’unità economica e dei livelli essenziali delle prestazioni, lasciando ferme le disposizioni di cui al citato articolo 1, comma 796, lettera b) della legge n. 296 del 2006.

Nell’ipotesi che la regione non adempia alla diffida ovvero nel caso in cui gli atti e le azioni posti in essere risultino inidonei o insufficienti al raggiungimento degli obiettivi programmati, il decreto-legge n. 159 del 2007 prevede la nomina di un commissario ad acta, per l’intero periodo di vigenza del singolo piano di rientro, da parte del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali. Gli oneri derivanti dalla nomina del commissario ad acta sono a carico della regione interessata.

Il decreto-legge prevede, altresì, la facoltà del commissario ad acta di proporre la sostituzione dei direttori generali delle aziende sanitarie locali o delle aziende ospedaliere.

È stata sancita, altresì, l’incompatibilità della nomina del commissario ad acta con l’affidamento o la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la regione commissariata.

Infine, è stato disposto che i crediti interessati dalle procedure di accertamento e riconciliazione del debito pregresso al 31 dicembre 2005, attivate dalle regioni nell'ambito dei piani di rientro dai deficit sanitari, per i quali sia stata inoltrata ai creditori richiesta di informazioni da rendere entro un termine definito, si prescrivono in cinque anni dalla data in cui sono maturati e comunque non prima di 180 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, qualora, alla scadenza del termine fissato, non sia pervenuta la comunicazione richiesta.

A decorrere dalla scadenza del suddetto termine, i crediti in questione non producono interessi.

Nel corso dell’esame in sede referente del disegno di legge di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (A.C. 3324-A), recante Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria, le Commissioni riunite I e V della Camera hanno apportato alcune modifiche al testo originario dell’articolo 8, comma 1, del medesimo decreto-legge, finalizzate ad integrare la disciplina in materia di piani di rientro dai disavanzi sanitari.

In particolare, al citato comma 1 dell’articolo 8 è stata introdotta una lettera a),in base alla quale, con riferimento all’anno 2007, le regioni per le quali non sono stati raggiunti gli obiettivi di risanamento individuati dai piani di rientro non sono tenute ad incrementare, oltre i livelli massimi previsti dalla legislazione vigente, l'addizionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche e l'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive[89], limitatamente all’importo per il quale le stesse regioni hanno adottato, entro il 31 dicembre 2007, misure di copertura idonee a realizzare l’equilibrio nel settore sanitario per il medesimo anno. Resta ferma comunque l’applicazione dell’articolo 4 del predetto decreto legge n. 159 del 2007.

 

Il comma 47 stabilisce l’obbligo da parte delle regioni interessate di restituire, entro un periodo non superiore a trenta anni, le anticipazioni finanziarie erogate dallo Stato, i cui importi affluiscono su appositi capitoli del bilancio dello Stato.

 

Il comma 48 prevede che lo Stato procede all'erogazione, anche graduale, delle anticipazioni, da accreditarsi su appositi conti correnti intestati alle regioni interessate, a seguito del riaccertamento definitivo e completo del debito regionale, con il supporto dell'advisor contabile (per le attività connesse al potenziamento dei procedimenti amministrativi e contabili e alla certificazione dei debiti pregressi), secondo le previsioni del piano di rientro e le indicazioni contenute in appositi contratti - sottoscritti tra il Ministero dell'economia e delle finanze e le singole regioni - che specifichino le condizioni di restituzione.

Le regioni devono provvedere all'immediata estinzione dei debiti in oggetto per l'importo corrispondente alle anticipazioni percepite, trasmettendo tempestivamente la relativa documentazione al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero della salute.

 

Il comma 49 dispone che le regioni che hanno sottoscritto i citati accordi per il rientro dal disavanzo sanitario e non hanno rispettato il patto di stabilità interno, in uno degli anni precedenti al 2007, hanno diritto di accedere al finanziamento integrativo[90] del Servizio sanitario nazionale, previsto per l’anno di riferimento dalla legislazione vigente, nei termini stabiliti dal relativo piano.


 

Articolo 2, commi 50-51
(Condizioni di accesso al Fondo transitorio
per i disavanzi regionali
)

 

50. All’articolo 1, comma 796, lettera b), quarto periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, fatte salve le aliquote ridotte disposte con leggi regionali a favore degli esercenti un’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera arte o professione, che abbiano denunciato richieste estorsive e per i quali ricorrano le condizioni di cui all’articolo4dellalegge 23 febbraio 1999, n. 44».

51. Le agevolazioni di cui al comma 50 si applicano nel limite massimo di 5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2008. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le regioni interessate, sono adottate le disposizioni attuative del comma 50 e del presente comma.

 

 

Le disposizioni in esame novellano l’articolo 1, comma 796, lettera b), quarto periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007), introducendo benefici fiscali per le vittime di richieste estorsive.

 

La lettera b) del citato comma 796 dell’articolo 1 della predetta legge finanziaria per il 2007 dispone l’istituzione di un Fondo transitorio (1.000 milioni di euro nel 2007; 850 milioni di euro nel 2008; 700 milioni di euro nel 2009) destinato alle Regioni nelle quali si è registrato un elevato disavanzo, le cui risorse sono ripartite con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni (primo periodo).

L’accesso a tali risorse è condizionato, tra l’altro:

-        alla sottoscrizione di un apposito accordo, stipulato, ai sensi della disciplina vigente, dai Ministri della salute e dell'economia e delle finanze e la singola regione interessata per l’individuazione degli interventi necessari al perseguimento dell'equilibrio economico[91]. Tale accordo deve includere un programma di rientro del disavanzo entro il 2010 (secondo e terzo periodo);

-        all’attivazione dell’innalzamento ai livelli massimi dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (quarto periodo).

Qualora nel procedimento di verifica annuale del piano si prefiguri il mancato rispetto di parte degli obiettivi intermedi di riduzione del disavanzo contenuti nel piano di rientro, la regione interessata può proporre misure equivalenti che devono essere approvate dai Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze.

In caso di mancato conseguimento degli obiettivi intermedi di riduzione del disavanzo previsti dal piano di rientro, è disposto l’automatico innalzamento - per l’anno di imposta dell’esercizio successivo – dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive oltre i livelli massimi previsti dalla legislazione vigente e fino alla copertura integrale dei disavanzi.

Viene inoltre precisato che la maggiorazione dei suddetti tributi ha carattere generalizzato e non è suscettibile di differenziazioni per settori di attività e per categorie di soggetti passivi e che il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e finanze, svolga un’attività di affiancamento alle regioni che hanno sottoscritto il previsto accordo per l’accesso alle risorse del Fondo transitorio, comprensivo del Piano di rientro dai disavanzi.

Tale affiancamento è finalizzato al monitoraggio del Piano di rientro, all’adozione dei provvedimenti regionali subordinati alla preventiva approvazione dei suddetti Ministeri, all’attività dei Nuclei con funzioni consultive di supporto tecnico da realizzarsi nelle singole Regioni, nell’ambito del Sistema nazionale di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria (SiVeAS).

Per una più dettagliata ricostruzione della normativa in materia di disavanzi sanitari regionali, cfr. il commento all’articolo 2, commi 46-49, della legge finanziaria per il 2008.

 

Il comma 50 prevede che l’innalzamento ai livelli massimi dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRE) e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), cui è subordinato l’accesso alle risorse del suddetto Fondo transitorio per il risanamento dei disavanzi sanitari regionali, non si applica agli esercenti una attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera arte o professione, che abbiano denunciato richieste estorsive e per i quali ricorrano le condizioni di cui all’articolo 4 della legge 23 febbraio 1999, n. 44.

In tali casi, infatti, si continuano ad applicare le aliquote ridotte disposte dalle leggi regionali.

 

Ai sensi del comma 51, le agevolazioni in questione sono mantenute nel limite annuo complessivo di 5 milioni di euro a decorrere dal 2008.

Le disposizioni attuative dei suddetti commi 50 e 51 sono dettate con un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le regioni interessate.

 

Al riguardo, si osserva che la citata legge n. 44 del 1999 reca disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura. In particolare, ai sensi del richiamato articolo 4, l'elargizione prevista dalla legge in esame è concessa a condizione che:

a)       la vittima non abbia aderito o abbia cessato di aderire alle richieste estorsive;

b)       la vittima non abbia concorso nel fatto delittuoso o in reati con questo connessi ai sensi dell'articolo 12 del codice di procedura penale;

c)       la vittima, al tempo dell'evento e successivamente, non risulti sottoposta a misura di prevenzione o al relativo procedimento di applicazione, ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, né risulti destinataria di provvedimenti che dispongono divieti, sospensioni o decadenze ai sensi degli articoli 10 e 10-quater, secondo comma, della medesima legge n. 575 del 1965, salvi gli effetti della riabilitazione;

d)       il delitto dal quale è derivato il danno, ovvero, nel caso di danno da intimidazione anche ambientale, le richieste estorsive siano stati riferiti all'autorità giudiziaria con l'esposizione di tutti i particolari dei quali si abbia conoscenza.


 

Articolo 2, commi 52-54
(Ripartizione delle risorse rivenienti dalle riduzioni di cui all’articolo 1, comma 320, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.)

 

52. La ripartizione delle risorse rivenienti dalle riduzioni annuali di cui all’articolo1, comma 320, dellalegge 23 dicembre 2005, n. 266, può essere effettuata anche sulla base di intese tra lo Stato e le regioni, concluse in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

53. La disposizione di cui al comma 52 si applica anche in relazione alle ripartizioni di risorse concernenti gli anni 2005 e 2006 e sono fatti salvi gli atti già compiuti in conformità ad essa presso la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

54. Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge 29 novembre 2007, n. 223.

 

 

I commi 52-54 dell’articolo 2 intervengono sull’applicazione della disciplina del federalismo fiscale recata dalla legge finanziaria per il 2006 in relazione al D.Lgs. 56/2000, in particolare sui criteri di ripartizione delle somme dovute alle regioni ai fini della perequazione.

 

Il comma 52 riproduce sostanzialmente la disposizione recata dal Decreto legge n. 29 novembre 2007, n. 223 (pubblicato nella GU n. 279 del 30/11/2007), secondo cui le ripartizioni del fondo perequativo possono essere effettuate sulle base “di uno specifico accordo stipulato tra le regioni”, quando non sia possibile rispettare la formula di ripartizione scritta nell’allegato “A” del decreto legislativo n. 56.

 

Il comma 53 estende questa possibilità anche alle ripartizioni relative agli anni 2005 e 2006, sulle quali peraltro si è già espressa positivamente la Conferenza Stato-regioni.

 

Il comma 54 infine fa salvi gli effetti giuridici sorti sulla base del decreto legge n. 223/2007.

 

Con la legge finanziaria 2006 è stato recepito il cosiddetto Accordo di Santa Trada del 21 luglio 2005 con il quale Regioni e Governo hanno trovato un’intesa sui finanziamenti – e sulla la ripartizione degli stessi – per gli anni 2002-2004.

Si ricorda che l’applicazione del nucleo centrale della disciplina dettata dal D.Lgs. 56/2000 per quanto attiene alla determinazione delle somme spettanti a ciascuna regione e per quanto prevede, di conseguenza, circa le modalità ed il livello della perequazione, è stato di fatto sospeso[92].

In suo luogo – sino all’adozione dei provvedimenti di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione - quella disciplina è modificata per modo che sia garantito a ciascuna regione in ciascuno esercizio, il livello di ripartizione stabilito per l’esercizio 2002, rideterminato per ogni anno successivo di una somma non maggiore di quella risultante nell’esercizio 2002 quale scostamento dalla copertura integrale della spesa storica.

Per ottenere questi risultati senza intervenire direttamente sulla complessa formula di ripartizione scritta nell’allegato “A” del decreto legislativo n. 56, quel testo viene temporaneamente ‘delegificato’; il Governo adatta quei parametri in modo da rispettare somme e limiti indicati dalla legge.

L’articolo 1, comma 320 della legge 266/2005 dispone che nella determinazione delle somme spettanti ogni anno a ciascuna regione il parametro della spesa storica decresce più gradualmente che secondo l’originaria curva del decreto legislativo n. 56/2000 e, congiuntamente, la quota di risorse che è ripartita secondo i cosiddetti ‘parametri obiettivi’ (di cui all’Allegato al D.Lgs. 256/2006) può crescere non oltre il valore nominale della cifra determinata per l’anno 2002.

In particolare:

-        per l’anno 2002 la «quota di incidenza della spesa storica» (art. 7, comma 3, D.Lgs. n. 56/2000) è ridotta del 5% (come era originariamente, e secondo il DPCM 14 maggio 2004);

-        per gli anni 2003, 2004 e 2005 l’incidenza della spesa storica è ulteriormente ridotta dell’1,5% annuo. In termini cumulativi la riduzione ammonta, rispettivamente, al 6,5%, 8% e 9,5%, nella successione dei tre anni;

-        in ogni caso, dall’anno 2003 e sino alla entrata in vigore delle leggi di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione (c.d. nuovo federalismo fiscale), la quota di finanziamento che è ripartita secondo i parametri di Tabella “A”, ferma la misura dell’1,5%, non potrà crescere più di 98 milioni di euro all’anno; quanto cioè stabilito per l’anno 2002;

Per soddisfare integralmente la richiesta di ‘sterilizzazione’ del decreto legislativo n. 56/2000, viene inoltre fissato un limite all’incremento annuo allo scostamento fra ammontare dei trasferimenti soppressi e totale delle somme assegnate dalla ripartizione effettuata ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 56/2000.

La legge finanziaria 2006 sospende anche l’efficacia delle disposizioni che nel decreto legislativo n. 56/2000 prevedono la determinazione e la rideterminazione successiva delle aliquote di compartecipazione regionale al gettito dell’IVA, dell’addizionale regionale all’Irpef e all’accisa sulle benzine.

 

Sulla base dei criteri concordati sono stati quindi determinati con Decreti del Presidente del Consiglio dei ministri per l’anno 2002 (DPCM 3 ottobre 2006), per l’anno 2003 (DPCM 3 ottobre 2006) e per l’anno 2004 (DPCM 18 ottobre 2006):

§      le quote di compartecipazione all’IVA - previste dall’articolo 2, comma 4 del D.Lgs. 56/2000 e determinata sulla base ai consumi delle famiglie;

§      le quote di concorso alla solidarietà interregionale e le quote da assegnare a titolo di fondo perequativo – previsto dall’art. 7 del D.Lgs. 56/2000;

§      le somme da erogare a ciascuna regione sulla base della ripartizione delle quote sopra dette.

 

Per gli anni 2005 e 2006 le regioni hanno proposto criteri di ripartizione, diversi da quelli indicati nella tabella A allegata al D.Lgs. 56/2000; le proposte sono state accettate dal Governo e – conseguentemente - sono state sancite le intese sugli schemi di DPCM recanti i finanziamenti e le relative ripartizioni per l’anno 2005 e per l’anno 2006.

Per consentire la diversa ripartizione e rendere disponibili le risorse si è reso necessario l’intervento legislativo.

 

Per l’anno 2005, l’intesa sullo schema di DPCM per i finanziamenti e le relative ripartizioni, in sede di Conferenza Stato-regioni, è stata raggiunta in data 18 ottobre 2007[93].

L’Intesa, come per gli anni precedenti, determina:

§      le quote di compartecipazione all’IVA per ciascuna regione a statuto ordinario, per complessivi 39.874 milioni di euro;

§      le quote di concorso alla solidarietà interregionale (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Lazio sono le regioni che versano somme nel fondo perequativo)

§      le somme da erogare a ciascuna regione sulla base della ripartizione delle quote sopra dette.

Queste ultime sono però “corrette” secondo il nuovo criterio concordato tra Stato e Regioni.

All’articolo 5 dello schema di Decreto infatti è stata recepita la proposta delle regioni di riassegnare le ulteriori risorse rese disponibili dall’applicazione dei criteri concordati nell’Accordo di Santa Trada anziché dei parametri iniziali contenuti nel D.Lgs. 56/2000, nel triennio 2002-2004.

Queste risorse sono ripartite proporzionalmente tra le regioni che hanno maggiormente contribuito al fondo perequativo sempre nel triennio 2002-2004, sia come maggiori somme versate al fondo, sia come minori esborsi ottenuti dal fondo stesso. La Tabella D allegata allo schema di decreto recante somme da ripartire alle regioni è stata corretta sulla base di queste indicazioni, esposte nelle Tabelle E ed F allegate allo schema di DPCM.

 

Analogamente per l’anno 2006 l’intesa in sede di Conferenza Stato-regioni – conclusa in data 15/11/2007[94] - ha portato alla correzione dell’assegnazione delle somme alle regioni – per complessivi 40.985 milioni di euro, sulla base dei criteri sopra esposti. Le ulteriori risorse da assegnare proporzionalmente alle regioni che maggiormente hanno contribuito al Fondo nel periodo 2002-2005, sono quantificate (nelle premesse al decreto) in “oltre dieci milioni di euro”.


 

Articolo 2, commi 55-58
(Razionalizzazione degli organici e del personale utilizzato
dagli uffici locali all’estero)

 


55. In coerenza con il processo di revisione organizzativa di cui all’articolo 1, comma 404, lettera g), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica ammini­strazione, sentite le organizzazioni sindacali, da emanare entro il mese di giugno 2008, sono individuate tutte le tipologie professionali connesse con lo svolgimento dell’azione degli uffici all’estero, con l’obiettivo di razionalizzare la spesa destinata alle relative funzioni e di ridurre quella relativa all’utilizzazione degli esperti di cui all’articolo168deldecreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni.

56. Il contingente di cui all’articolo152deldecreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, e successive modificazioni, viene conseguentemente, ove ne ricorrano i presupposti nell’eser­cizio 2008, adeguato con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

57. Quota parte delle risorse derivanti dalle iniziative di cui ai commi 55 e 56, previa verifica ed accertamento, è destinata ad alimentare, nel limite di 5 milioni di euro per l’anno 2008 e nel limite di 7,5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009, il fondo di cui all’articolo3, comma 39, dellalegge 24 dicembre 2003, n. 350, che per l’anno 2008 è integrato di 45 milioni di euro, e a decorrere dall’anno 2009 è integrato di 42,5 milioni di euro.

58. Nel medesimo fondo confluiscono, altresì, le entrate accertate ai sensi dell’articolo1, comma 568, della citata legge n. 296 del 2006, nel maggior limite di 40 milioni di euro, nonché quota parte delle dotazioni delle unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, da porre a disposizione degli uffici all’estero.


 

 

Il comma 55 dell’articolo 2 reca norme per la prosecuzione del processo di razionalizzazione e revisione organizzativa dei Ministeri di cui all’articolo 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007). Con particolare riferimento alla lettera g) - dedicata alla riorganizzazione delle rete diplomatica, consolare e degli istituti di cultura – il comma in esame prevede, entro il mese di giugno 2008, l’adozione di un decreto del Ministro degli Affari esteri, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella P.A., e sentite le organizzazioni sindacali. Nel decreto in questione dovranno essere individuate tutte le tipologie professionali connesse con lo svolgimento dell’azione degli Uffici all’estero, al fine di ottenere una razionalizzazione della spesa destinata alle relative funzioni, contestualmente riducendo i costi per l’utilizzazione degli esperti con incarico biennale inviati presso gli uffici all’estero, di cui all’art. 168 del DPR 5 gennaio 1967, n. 18 (Ordinamento dell’Amministrazione degli Affari esteri).

Si ricorda che – rispettivamente in data 8 e 14 novembre 2007 – la I Commissione della Camera e l’omologa del Senato hanno approvato il parere sull’Atto del Governo n. 180, recante Schema di regolamento di organizzazione del Ministero degli affari esteri che già ha dato parziale attuazione alle disposizioni di cui all’art. 1, comma 404 della legge n. 296 del 2006. Il regolamento in questione è stato successivamente emanato con DPR 19 dicembre 2007, n. 258.

 

La legge finanziaria 2007 ha intrapreso un vasto programma di riorganizzazione dei Ministeri. Il programma era finalizzato al contenimento delle spese di funzionamento, da attuare attraverso l’adozione di regolamenti di delegificazione da emanarsi, su proposta da ciascuna amministrazione, ai sensi dell’art. 17, comma 4-bis, della L. 400/1988[95].

Il comma 4-bis in questione prevede che l'organizzazione e la disciplina degli uffici ministeriali siano determinate con regolamenti emanati ai sensi del precedente comma 2, ovvero mediante Decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri e sentito il Consiglio di Stato. Tale modalità si applica ai regolamenti volti a disciplinare materie non coperte da riserva assoluta di legge in base alla Costituzione, e per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del governo, determinano le norme generali regolatrici e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti. Sempre il comma 4-bis specifica che i regolamenti in oggetto sono da emanare su proposta del Ministro competente, d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del Tesoro (attuale Ministro dell'economia e finanze), e devono procedere:

-        al riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione;

-        all’individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilità eliminando le duplicazioni funzionali;

-        alla previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati;

-        all’indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche;

-        alla previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali”.

Va inoltre ricordato che il comma 4-bis fa riferimento alla necessità che i regolamenti vengano emanati nel rispetto dei principi posti dal Decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni: il Decreto legislativo 29 del 1993 è stato in effetti abrogato dall'articolo 72 del Decreto legislativo 30 marzo 2001, 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

 

Il comma 404 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, al fine di “razionalizzare e ottimizzare l'organizzazione delle spese e dei costi di funzionamento dei Ministeri” aveva disposto l’emanazione di regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis della legge n. 400 del 1988, fissando peraltro il termine del 30 aprile 2007.

Nell’indicare con maggiore dettaglio le finalità di tale opera di riorganizzazione la legge finanziaria precisava i seguenti punti:

-        riorganizzazione degli uffici di livello dirigenziale generale e non generale, procedendo alla riduzione in misura non inferiore al 10 per cento di quelli di livello dirigenziale generale ed al 5 per cento di quelli di livello dirigenziale non generale (lettera a) del comma 404);

-        gestione unitaria del personale e dei servizi comuni anche mediante strumenti di innovazione amministrativa e tecnologica (lettera b) del comma 404);

-        rideterminazione delle strutture periferiche (lettera c) del comma 404);

-        riorganizzazione degli uffici con funzioni ispettive e di controllo (lettera d) del comma 404);

-        riduzione degli organismi di analisi, consulenza e studio di elevata specializzazione (lettera e) del comma 404);

-        riduzione delle dotazioni organiche in modo da assicurare che il personale utilizzato per funzioni di supporto (gestione delle risorse umane, sistemi informativi, servizi manutentivi e logistici, affari generali, provveditorati e contabilità) non ecceda comunque il 15 per cento delle risorse umane complessivamente utilizzate da ogni amministrazione, mediante processi di riorganizzazione e di formazione e riconversione del personale addetto alle predette funzioni che consentano di ridurne il numero in misura non inferiore all'8 per cento all'anno fino al raggiungimento del limite predetto (lettera f) del comma 404).

Una specifica previsione era poi dedicata al Ministero degli Affari esteri. Infatti la lettera g) del comma 404 prescriveva l’” avvio della ristrutturazione” della rete diplomatica, consolare e degli istituti di cultura ed in particolare l'unificazione dei servizi contabili degli uffici della rete diplomatica aventi sede nella stessa città estera. A quest’ultimo proposito si precisava che le nuove norme dovessero prevedere che le funzioni delineate dagli articoli 3, 4 e 6 del regolamento di cui al DPR n. 120 del 2000 dovessero essere svolte dal responsabile dell'ufficio unificato per conto di tutte le rappresentanze medesime.

Va ricordato che a norma dell’articolo 3 – che opera l’estensione della responsabilità contabile per l’attività degli uffici all’estero - sono funzionari delegati presso gli uffici all’estero non più i soli capi degli uffici stessi, ma anche i funzionari amministrativi investiti delle funzioni di commissario amministrativo o commissario amministrativo aggiunto, seppure limitatamente alle spese di mantenimento e funzionamento degli uffici e alle spese per stipendi e indennità del personale, e comunque sotto indirizzo e vigilanza dei preposti agli uffici.

In base all’articolo 4 la gestione delle risorse finanziarie assegnate compete a coloro che sono funzionari delegati ai sensi del precedente articolo 3. In particolare l’articolo 4 riguarda le spese di mantenimento e funzionamento degli uffici, le risorse relative alle quali vengono determinate in base alla relazione previsionale predisposta annualmente, entro il mese di ottobre, dai titolari degli uffici, sentito il commissario amministrativo o il commissario amministrativo aggiunto. Le risorse stabilite vengono assegnate con decreto del dirigente preposto alla Direzione generale del personale e dell’amministrazione del Ministero degli Affari esteri, che può con analogo strumento procedere anche ad integrazioni delle somme, in caso di esigenze nuove e inderogabili. La disponibilità dei fondi assegnati è assicurata con ordini di rimessa valutaria.

L’articolo 6 conferma il meccanismo degli ordini di rimessa anche per i fondi relativi alla terza categoria di spese degli uffici all’estero, ossia le retribuzioni e indennità del personale. L’articolo introduce altresì la possibilità di somministrazione di questa categoria di fondi mediante ordini di accreditamento a favore dei funzionari delegati a norma dell’art. 3.

 

Va altresì ricordato che tra gli interventi volti alla semplificazione organizzativa e alla razionalizzazione della spesa nell'attività degli uffici all'estero del Ministero degli affari esteri figura, in attuazione di una delega contenuta nella legge di semplificazione per il 2005, il decreto legislativo 15 dicembre 2006, n. 307, recante riassetto normativo in materia di gestione amministrativa e contabile degli Uffici all'estero del Ministero degli affari esteri, a norma dell'articolo 4 della legge 28 novembre 2005, n. 246.

In particolare, l’art. 2 del D.Lgs. 307/2006 introduce modifiche alle funzioni delle diverse figure professionali amministrative e contabili operanti negli uffici all’estero, in connessione con le innovazioni normative che hanno interessato negli anni tali professionalità, e rinviando alla contrattazione collettiva per i contenuti e le specifiche professionali riferiti al profilo del personale interessato. L’art. 3 individua specificamente, al comma 2, la tipologia delle spese di competenza degli uffici all’estero, mentre, al comma 1, attribuisce la responsabilità degli obiettivi e della conseguente programmazione al titolare dell’ufficio. L’art. 5 prevede l’istituzione di Centri interservizi amministrativi che operino presso le Ambasciate, per coordinare la gestione delle spese degli uffici all’estero. L’art. 6 dispone, in materia di contratti da eseguire all’estero che, in caso di incompatibilità fra ordinamento italiano ed ordinamento locale, il titolare dell’ufficio può direttamente autorizzare l’applicazione della normativa locale. L’art. 7 attribuisce al titolare dell’ufficio all’estero la piena competenza in ordine alla dismissione di beni mobili di pertinenza dell’ufficio, con l’eccezione di autovetture di servizio e di rappresentanza ed oggetti d’arte, per i quali resta necessaria l’autorizzazione dell’amministrazione centrale. L’art. 8 prevede interventi volti all’applicazione del D.Lgs. n. 82 del 2005 (Codice dell’amministrazione digitale) anche alle comunicazioni fra la sede centrale e gli uffici all’estero.

 

Il D.P.R. n. 18 del 1967[96], all’art. 168 prevede che l'Amministrazione degli affari esteri può utilizzare negli uffici centrali o nelle rappresentanze diplomatiche e negli uffici consolari, per l'espletamento di specifici incarichi che richiedano particolare competenza tecnica e ai quali non si possa sopperire con funzionari diplomatici, esperti tratti da personale dello Stato o di enti pubblici appartenenti a carriere direttive o di uguale rango.

Qualora per speciali esigenze anche di carattere tecnico o linguistico non possa farsi ricorso per incarichi presso uffici all'estero ad esperti tratti dal personale dello Stato e da enti pubblici, l'Amministrazione degli Affari esteri può utilizzare in via eccezionale e fino ad un massimo di trenta unità, persone estranee alla pubblica Amministrazione purché di notoria qualificazione nelle materie connesse con le funzioni del posto che esse sono destinate a ricoprire.

L'esperto inviato in servizio presso un ufficio all'estero, a norma dei precedenti commi, occupa un posto espressamente istituito, sentito il consiglio di amministrazione, ai sensi dell'articolo 32, nell'organico dell'ufficio stesso, in corrispondenza, anche ai fini del trattamento economico, a quello di primo segretario o di consigliere o di primo consigliere, nel limite massimo di otto posti, ovvero di console aggiunto o console ed assume in loco la qualifica di addetto per il settore di sua competenza.

Gli incarichi sono biennali. Alla stessa persona possono essere conferiti più incarichi purché, nel complesso, non superino gli otto anni.

Gli esperti che l'Amministrazione degli affari esteri può utilizzare a norma del presente articolo non possono complessivamente superare il numero di centosessantacinque, di cui cinque da destinare a posti di addetto agricolo, con l'esclusione delle unità riservate da speciali disposizioni di legge all'espletamento di particolari compiti relativi alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza nazionale nonché al contrasto della criminalità organizzata e delle violazioni in materia economica e finanziaria a tutela del bilancio dello Stato e dell'Unione europea, di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, Adeguamento dei compiti del Corpo della Guardia di finanza, a norma dell’articolo 4 della L. 31 marzo 2000, n. 78.

 

Il comma 56 precisa che, a seguito dell’emanazione del decreto di cui al comma 1, il contingente degli impiegati a contratto delle rappresentanze diplomatiche e consolari e degli istituti di cultura all’estero, di cui all’articolo 152 del citato D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, viene conseguentemente adeguato, ove ne ricorrano i presupposti nell’esercizio 2008, mediante decreto del Ministro degli affari esteri di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Il D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, all’art. 152 dispone chele rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari di prima categoria e gli istituti italiani di cultura possono assumere personale a contratto per le proprie esigenze di servizio, previa autorizzazione dell'Amministrazione centrale, nel limite di un contingente complessivo pari a 2.277 unità[97]. Gli impiegati a contratto svolgono le mansioni previste nei contratti individuali, tenuto conto dell'organizzazione del lavoro esistente negli uffici all'estero.

Il contratto di assunzione è stipulato a tempo indeterminato, con un periodo di prova di nove mesi, alla scadenza del quale, sulla base di una relazione del capo dell'ufficio, si provvede a disporre la conferma o la risoluzione del contratto.

 

Il comma 57 stabilisce che parte delle risorse derivanti dalle iniziative di cui ai commi precedenti, previa verifica ed accertamento, è destinata ad alimentare, nel limite di 5 milioni per l’anno 2008 e nel limite di 7,5 milioni a decorrere dall’anno 2009, il Fondo per i consumi intermedi del MAE di cui all’articolo 3, comma 39, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (finanziaria 2004). Il Fondo, per l’anno 2008, è inoltre integrato di 45 milioni di euro, e a decorrere dall’anno 2009 è integrato di 42,5 milioni di euro.

 

La legge 350 del 2003 all’art. 3, comma 39 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, e precisamente nell'ambito della unità previsionale di base 6.1.1.2 - Uffici all'estero, un Fondo da ripartire per eventuali maggiori esigenze per consumi intermedi, relativi agli uffici all'estero, la cui dotazione iniziale era commisurata al 10 per cento degli stanziamenti per consumi intermedi iscritti nella medesima unità previsionale di base, che venivano corrispondentemente ridotti.

La ripartizione del fondo è disposta con decreti del Ministro degli affari esteri comunicati, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

 

Il comma 58 dispone che nel medesimo Fondo per consumi intermedi confluiscono, altresì, le maggiori entrate derivanti dall’applicazione della tariffa consolare, ai sensi dell’articolo 1, comma 568 della citata legge finanziaria 2007, non oltre il limite di 40 milioni di euro, nonché quota parte delle dotazioni delle unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri da porre a disposizione degli uffici all’estero.

 

Il comma 568 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 ha disposto in merito alle risorse da reperire a valere sulla riscossione dei diritti consolari, la cui tariffa è fissata in una tabella allegata al DPR 200/1967 (“Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari”), come modificata dalla legge 185/1983 e, da ultimo, dall’art. 80, comma 41, della legge finanziaria per il 2003.

In particolare, ilcomma 568 ha destinato risorse aggiuntive a carattere permanente al funzionamento e agli interventi di razionalizzazione delle sedi all’estero, da reperire a carico delle maggiori entrate annue derivanti dall’applicazione della tariffa consolare. Le risorse aggiuntive non potranno comunque eccedere l’importo annuo di 10 milioni di euro, ed è per esse prevista la certificazione con decreto del Ministro degli Affari esteri.

 


 

Articolo 2, commi 59-69
(Organizzazione del vertice «G8» in Italia ed altri adempimenti internazionali)
[98]

 


59. A tal fine il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro degli affari esteri, è autorizzato ad effettuare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.

60. Con riferimento alle politiche di sostegno agli italiani nel mondo e di informazione, promozione culturale, scientifica e dell’immagine del Paese all’estero, di cui ai programmi n. 4.8 e n. 4.9, è autorizzata per l’anno 2008 la spesa ulteriore di:

a) 12,5 milioni di euro, per le spese relative alla tutela e all’assistenza dei connazionali;

b) 5,5 milioni di euro, per il finanziamento delle iniziative scolastiche, di assistenza scolastica e di formazione e perfezionamento professionali, di cui alla legge 3 marzo 1971, n. 153.

61. Per la razionalizzazione di iniziative nel settore della divulgazione della cultura italiana all’estero, da realizzare anche in connessione con eventi internazionali già programmati, è autorizzata per l’alle­stimento di una mostra itinerante la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

62. Per il funzionamento dell’unità di crisi del Ministero degli affari esteri in relazione allo svolgimento di interventi a tutela dei cittadini italiani in situazioni di rischio e di emergenza all’estero, svolti anche in coordinamento con le unità di crisi dei Paesi dell’Unione europea, è autorizzata, a decorrere dall’anno 2008, la spesa di 400.000 euro.

63. Al fine di assicurare l’adempimento degli impegni internazionali derivanti dalla partecipazione ai fori internazionali in particolare dall’esercizio della presidenza italiana del «G8», il Ministero degli affari esteri è autorizzato a procedere, per gli anni 2008 e 2009, nel limite di spesa di 1,5 milioni di euro per l’anno 2008 e di 3 milioni di euro a decorrere dal 2009, a valere sul Fondo di cui all’articolo1, comma 527, dellalegge n. 296 del 2006, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato.

64. Per l’organizzazione del vertice «G8» previsto per l’anno 2009 è stanziata la somma di euro 30 milioni per l’anno 2008.

65. La somma di cui al comma 64 può essere in parte utilizzata anche attraverso un programma, da definire di intesa con la Regione autonoma della Sardegna, per la realizzazione di infrastrutture sociali e servizi civili nel territorio dell’Isola, con particolare riferimento al comune della Maddalena, in funzione contestuale della occupazione stabile, della salvaguardia ambientale e della cooperazione euromediterranea.

66. Piena e diretta esecuzione è data alla decisione n. 2007/436/CE/Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall’articolo 11, terzo comma, della decisione stessa.

67. Il contributo all’Accademia delle scienze del Terzo Mondo (TWAS), di cui alla legge 10 gennaio 2004, n. 17, è incrementato di 500.000 euro annui a decorrere dall’anno 2008 per sostenere l’attività dell’Inter Academy Medical Panel (IAMP).

68. Per consentire la partecipazione dell’Italia all’Esposizione universale di Shanghai del 2010 è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2008, di 5 milioni di euro per l’anno 2009 e di 6 milioni di euro per l’anno 2010.

69. Per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per il finanziamento del contributo italiano al Trust Fund presso la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) e di euro 67.000 per il contributo al Segretariato esecutivo dell’Iniziativa centro-europea (INCE).


 

 

Il comma 59 dell’articolo 2 prevede che, ai fini suesposti, il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro degli affari esteri, sia autorizzato ad effettuare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Il comma 60 autorizza, per l’attuazione di politiche di sostegno agli Italiani all’estero e di promozione dell’immagine dell’Italia all’estero, la spesa ulteriore di 18 milioni di euro così ripartita: 12,5 milioni per la tutela e l’assistenza ai connazionali (lett. a); 5,5 milioni per iniziative scolastiche e di formazione professionale di cui alla legge n. 153 del 1971, Iniziative scolastiche, di assistenza scolastica e di formazione e perfezionamento professionali da attuare all'estero a favore dei lavoratori italiani e loro congiunti (lett. b).

 

Si ricorda che in base alla richiamata legge del 1971, il Ministero degli affari esteri promuove ed attua all'estero iniziative scolastiche, nonché attività di assistenza scolastica e di formazione e perfezionamento professionali, a favore dei lavoratori italiani e dei loro congiunti emigrati. Tra le iniziative scolastiche e le attività di assistenza scolastica (art. 2) sono da ricordare: i corsi per l'inserimento dei congiunti dei lavoratori italiani nelle scuole dei paesi di immigrazione; corsi integrativi di lingua e cultura generale italiana per i congiunti; corsi per la preparazione dei lavoratori italiani e dei loro congiunti agli esami di idoneità e di licenza di scuola italiana elementare e media; corsi di scuola popolare per lavoratori italiani; scuole materne e nidi d’infanzia.

Tra le attività di formazione e perfezionamento professionale di cui all’art. 3 vi sono: corsi di integrazione ed aggiornamento dell’istruzione di base; corsi di preparazione tecnico-professionale; corsi di insegnamento pratico della lingua locale, diretti a favorire l'accesso dei lavoratori italiani e dei loro congiunti all'ambiente di lavoro ed ai corsi stranieri che perseguano scopi di formazione professionale.

Si ricorda che i programmi di insegnamento, le norme per lo svolgimento degli esami e per il rilascio dei titoli di studio delle classi, corsi e scuole di cui all'articolo 2 sono stabiliti con decreto del Ministro per gli affari esteri, di concerto con il Ministro per la pubblica istruzione.

Altre norme della stessa legge riguardano l’equipollenza dei titoli di studio e il personale docente.

 

Per le politiche di sostegno degli Italiani all’estero in generale v. quanto diffusamente commentato relativamente al successivo comma 70 dell’art. 2.

 

Il comma 61 autorizza la spesa di 1 milione di euro per ciascuna delle annualità 2008, 2009 e 2010 per l’allestimento di una mostra itinerante, nel quadro delle iniziative divulgative della cultura italiana all’estero – e con l’intento di una razionalizzazione delle stesse -, e in coordinamento con eventi già facenti parte del calendario internazionale.

 

Attraverso la Direzione Generale per la Promozione e la Cooperazione Culturale, il Ministero degli Esteri conduce un’intensa e articolata opera di promozione della cultura italiana, mirata alla sua diffusione all’estero[99] soprattutto tramite la rete degli Istituti Italiani di Cultura.

Spettacoli, mostre e concerti ma anche corsi di lingua, incentivi alla traduzione di opere italiane e borse di studio concesse a cittadini stranieri sono gli aspetti più rilevanti di questa attività promozionale, accanto alla gestione della complessa rete di istituzioni scolastiche italiane all’estero.

A tal fine, di concerto con la rete diplomatico-consolare e gli Istituti, la Direzione Generale per la Promozione e la Cooperazione Culturale stipula con altri Paesi accordi e protocolli esecutivi, sia culturali che scientifici, in grado di aprire la strada alle diverse forme di collaborazione, nonché di finanziarle.

Di grande importanza è anche l’attività svolta dalla DGPCC in ambito multilaterale, presso l’Unesco. L’Italia è uno dei principali finanziatori dell’organizzazione internazionale, e partecipa con un forte contributo di idee, tecnici e progetti al perseguimento delle sue finalità.

Più specificamente, la Direzione Generale per la Promozione e la Cooperazione Culturale attende ai seguenti compiti:

-        cura la diffusione della lingua e della cultura italiana all’estero;

-        tratta le questioni culturali e scientifiche in relazione a enti e Organizzazioni Internazionali;

-        sovrintende al funzionamento degli istituti italiani di cultura e, sentito il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, delle istituzioni scolastiche, educative e culturali italiane all’estero. Segue l’attività delle istituzioni scolastiche straniere in Italia. Amministra il personale non appartenente ai ruoli del Ministero degli Affari Esteri, addetto alle istituzioni scolastiche, educative e culturali all’estero;

-        concorre a promuovere la collaborazione culturale e scientifica internazionale;

-        partecipa alla selezione degli studenti italiani assegnatari di borse di studio all’estero e provvede all’assegnazione di borse di studio a favore di studenti stranieri in Italia, nonché agli scambi giovanili;

-        provvede all’attività relativa alle borse di studio per gli studenti italiani all’estero e per gli studenti stranieri in Italia, nonché agli scambi giovanili;

-        adotta le opportune iniziative internazionali per agevolare l’attività presso università ed enti di ricerca italiani di qualificati docenti e ricercatori stranieri, nonché l’attività presso università ed enti di ricerca stranieri di docenti e ricercatori italiani.

Per la diffusione della lingua italiana ad un pubblico adulto, il Ministero degli Affari Esteri dispone della rete degli Istituti Italiani di Cultura e dei corsi di lingua e cultura italiana destinati alle collettività italiane e di origine italiana all’estero.

A questi si deve aggiungere il sostegno alla Società Dante Alighieri che, con i suoi oltre 400 comitati all’estero, copre un bacino di utenza di oltre 190.000 studenti.

Anche nell’era multimediale il libro ricopre un ruolo fondamentale nello sviluppo della cultura di un Paese. La diffusione del libro italiano nel mondo costituisce quindi uno strumento indispensabile per la promozione culturale dell’Italia all’estero. In tale quadro, la Direzione Generale per la Promozione e la Cooperazione Culturale:

-        eroga premi e contributi per la divulgazione del libro italiano, della sottotitolatura e doppiaggio di lungometraggi e cortometraggi.

-        contribuisce alla partecipazione italiana alle Fiere Internazionali del Libro.

Premi e contributi per la diffusione del libro e del libro tradotto, della sottotitolatura e doppiaggio di lungometraggi e cortometraggi sono erogati (Legge 401/90 e D.I. 593/95 – G.U. 141 del 18.06.1996) previo parere della Commissione Nazionale per la Promozione della Cultura Italiana all’Estero sulle proposte di premi e contributi che il Ministero acquisisce ogni sei mesi dalle Ambasciate.

I premi rappresentano il riconoscimento di un’attività particolarmente significativa di diffusione della cultura italiana già svolta da editori o traduttori stranieri che ne sono i beneficiari.

I contributi sono concessi a opere italiane inserite in progetti culturali ampi e coerentemente articolati.

La somma a disposizione è di circa 430.000 € all'anno con la quale è mediamente incentivata la traduzione di più di cento opere ogni anno.

In tale contesto sono prese prioritariamente in considerazione le traduzioni di libri italiani che facciano parte di progetti mirati (collane, eventi speciali, testi didattici), che evidenzino significativi nessi storico-culturali o che riguardino settori della cultura italiana oggetto di particolare interesse all'estero.

Per informazioni: DGPCC I, sezione Editoria

Agli incentivi forniti dal Ministero degli Affari Esteri per la divulgazione del libro italiano in lingua straniera si aggiungono quelli forniti dalla Direzione Generale per i beni librari e gli istituti culturali del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Divisione Editoria, che fornisce un “Premio Nazionale per le traduzioni”, e dal Dipartimento Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Per quanto riguarda la partecipazione italiana alle Fiere Internazionali del Libro nel 2003, ad esempio, la Direzione Generale per la Promozione e la Cooperazione Culturale ha fornito un significativo contributo per la presenza dell’Italia come Paese ospite alla Biennale Internazionale del Libro di Rio de Janeiro e per la consueta partecipazione italiana alla Fiera del Libro di Buenos Aires.

 

Il comma 62 autorizza la spesa di 400.000 euro, con decorrenza dal 2008, per interventi a favore dei cittadini italiani in situazioni di emergenza all’estero, coordinati dall’Unità di crisi del Ministero degli Affari esteri,eventualmente di concerto con le unità di crisi di altri Stati membri dell’Unione europea.

 

L’Unità di crisi è stata istituita con Decreto del Ministro degli esteri del 19 gennaio 1990 ed ha il compito di: analizzare le situazioni internazionali di tensione; predisporre intereventi operativi per garantire la sicurezza dei cittadini italiani all’estero; raccogliere gli elementi necessari all’eventuale messa in opera di piani di emergenza, in coordinamento con altri organi dello Stato; distribuire apparecchiature di emergenza quali, ad esempio, sistemi di telecomunicazioni; gestire un Centro Operativo. L’Unità è diretta da un funzionario della carriera diplomatica e opera nell’ambito della Segreteria generale del Ministero degli affari esteri, secondo quanto stabilito dall’articolo 3, comma 4, lettera b), del D.P.R. 11 maggio 1999, n. 267 [100].

Si ricorda che l’art. 9 del decreto-legge 31 maggio 2005, n. 90, recante disposizioni urgenti in materia di protezione civile – convertito con modificazioni dalla legge 26 luglio 2005, n. 152 – ha previsto la spesa di 200.000 euro, per gli anni 2005-2007, a favore dell’Unità di crisi, e precisamente per compensi al personale a fronte di prestazioni rese per assicurare adeguati interventi, in occasione di catastrofi naturali, eventi bellici, o comunque in situazioni di emergenza all'estero.

 

Il comma 63 reca disposizioni in materia di assunzioni da parte del Ministero degli affari esteri.

Tale comma, in particolare, autorizza il Ministero degli affari esteri, al fine di assicurare l’adempimento degli impegni derivanti dalla partecipazione ai fori internazionali, a procedere, per il biennio 2008-2009, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, a valere sul Fondo di cui all’articolo 1, comma 527, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), che ha previsto un contingente complessivo di personale corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 75 milioni di euro a regime.

 

Il citato comma 527 della legge finanziaria 2007attribuisce alle medesime pubbliche amministrazioni di cui al comma 523 (amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco; agenzie, ivi comprese le agenzie fiscali; enti pubblici non economici; enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001) la possibilità di usufruire di limiti meno rigidi per le assunzioni da effettuare negli anni 2008 e 2009 rispetto a quelli fissati dal citato comma 523. Si ricorda che il comma 523 prevede che le pubbliche amministrazioni di cui sopra possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per gli anni 2008 e 2009 nei limiti di un contingente di personale corrispondente ad una spesa complessiva pari al 20 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente.

 

La disposizione del comma 64 è volta ad assicurare copertura finanziaria alle spese per lo svolgimento del vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi del G8 in Italia nel 2009, stanziando a tale scopo la somma di 30 milioni di euro per l’anno 2008.

 

Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 settembre 2007, recante dichiarazione di "grande evento" relativa alla Presidenza italiana del G8 nell'anno 2009, ha conferito alla Presidenza medesima, in considerazione della complessità organizzativa dell'evento sotto il profilo della sicurezza, dell'ordine pubblico, della mobilità, della ricezione alberghiera e delle telecomunicazioni, la dichiarazione di "grande evento", ai sensi e per gli effetti dell'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001 n. 343[101], convertito con modificazioni dalla legge n. 41 del 2001.

L'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge citato estende l'ambito di applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 5 della legge n. 225 del 1992[102] anche ai grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile e diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza.

L'articolo 5 della legge 2005 relativo allo stato di emergenza e al potere di ordinanza, disciplina anzitutto il potere del Consiglio dei ministri di dichiarazione dello stato di emergenza, sulla base del quale possono anche essere adottate ordinanze in deroga ad ogni vigente disposizione, ma nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico. Il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, può emanare altresì ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose, nonché avvalersi di commissari delegati per gli interventi di emergenza.

 

Si ricorda che dal 1975, i Capi di Stato o di Governo dei principali Paesi industrializzati si incontrano annualmente per esaminare le maggiori problematiche economiche e politiche.

I sei Paesi che si incontrarono al primo Vertice, tenutosi a Rambouillet in Francia nel novembre 1975, furono la Francia, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Germania, il Giappone e l'Italia. Si unirono a loro il Canada al Vertice di San Juan di Porto Rico del 1976, e la Comunità Europea al Vertice di Londra del 1977.

A partire dal Vertice di Napoli del 1994 il G7 e la Russia si sono incontrate come P8 ("Political 8"), e da allora ad ogni Vertice G7. Il Vertice degli otto Paesi a Denver nel 1997 ha segnato la piena partecipazione della Russia alle discussioni, fatta eccezione per quelle di ordine finanziario ed economico. Il Vertice di Birmingham del 1998 ha visto la piena partecipazione della Russia e quindi la nascita del G8. Tuttavia il foro di discussione a 7 continua ad esistere per la trattazione dei suddetti temi finanziari.

I Vertici del G7/G8 hanno più volte affrontato questioni di macroeconomia, relative al commercio internazionale ed alle relazioni con i paesi in via di sviluppo. Argomenti come le relazioni economiche Est-Ovest, l'energia ed il terrorismo sono stati più volte oggetto di dibattito.

Partendo da questi temi iniziali l'agenda del Vertice si è estesa in modo considerevole negli anni includendo temi come l'occupazione e le reti d'informazione; grandi questioni transnazionali come l'ambiente, il crimine e la droga; ed una serie di questioni politiche e di sicurezza che vanno dai diritti umani al controllo delle armi, alla sicurezza regionale. Per affrontare tali questioni il G7/G8 ha altresì sviluppato una serie di incontri a livello ministeriale. Infatti i Ministri del G7/G8 si riuniscono ad hoc per affrontare le questioni più pressanti. Infine anche Gruppi di esperti o Gruppi di lavoro vengono convocati su determinati argomenti.

Si ricorda dunque che il vertice G8 si tiene ogni anno; l’ultima edizione si è svolta a Heiligendamm in Germania nel 2007 e la prossima si terrà in Giappone, nel 2008. Nel 2009 sarà ospitato in Italia, a La Maddalena. Quello sull'isola della Maddalena sarà il quinto appuntamento del G8 ospitato in Italia, dopo i primi due a Venezia (22-23 giugno 1980 e 8-10 giugno 1987), il terzo a Napoli (8 luglio 1994) e il quarto a Genova (20-22 luglio 2001).

 

Il comma 65 prevede che la somma di 30 milioni di cui al comma precedente possa essere in parte utilizzata nel quadro di un programma stabilito d’intesa con la Regione Sardegna, allo scopo di realizzare nell’isola, e specialmente nel territorio del Comune di La Maddalena, infrastrutture sociali e servizi civili, avendo di mira l’obiettivo della salvaguardia occupazionale e ambientale, nonché a favore della cooperazione euromediterranea.

 

Si ricorda che la problematica della salvaguardia ambientale del comprensorio di La Maddalena è stata posta già da molti anni, in connessione con la presenza sull’isola di Santo Stefano di un’installazione militare statunitense, e precisamente delle strutture per la nave appoggio Emory Land e i relativi sottomarini nucleari. In particolare, due incidenti a detti sottomarini, nel 2002 e nel 2003, avevano sollevato preoccupazioni sulla possibile crescita dei tassi di radioattività in tutta la zona, nella quale per di più insiste un’area ambientale protetta. Dopo una fase interlocutoria, con progetti di ampliamento della struttura militare, negli ultimi tempi è maturata la soluzione di una chiusura definitiva della medesima: nell’ottobre 2007 la nave appoggio Emory Land ha lasciato in via definitiva l’isola di Santo Stefano, mentre lo smantellamento dell’intera struttura è stato previsto doversi completare entro la metà del 2008. Conseguentemente, gli oltre cento dipendenti civili della base dovrebbero essere licenziati già a partire dal 1° gennaio 2008, e si avrebbero ripercussioni almeno doppie anche sull’indotto che la presenza militare americana necessariamente aveva generato: di qui il dibattito sulle iniziative per la salvaguardia occupazionale iniziato in loco, con la prospettiva di dar vita a iniziative nel campo del turismo – soprattutto con la creazione di un polo nautico sia per la costruzione che per l’attracco di grandi yacht - e del recupero edilizio.

Meno specifico appare il riferimento ad iniziative nell’ambito della cooperazione euromediterranea: in senso tecnico si tratterebbe del lungo e difficile processo inaugurato con la Conferenza di Barcellona del novembre 1995 per dare vita, appunto, a una collaborazione strutturata tra l’Unione europea e i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo, e, in prospettiva, giungere fino alla creazione di un’area di libero commercio. In senso più generale, va ricordato che tra i Paesi che si affacciano nel Mediterraneo è in atto da sempre una cooperazione inerente alla gestione dei flussi di traffico marittimo e in parte della pesca, e con particolare riguardo alla tutela ambientale (questo profilo è stato peraltro arricchito dalla conclusione di numerose Convenzioni multilaterali).

 

Il comma 66 è diretto a dare esecuzione alla decisione n. 2007/436/CE, Euratom del Consiglio del 7 giugno 2007, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee[103].

 

Si ricorda che le risorse proprie sono costituite dai dazi doganali[104], dai prelievi riscossi sulle importazioni di prodotti agricoli[105], dai proventi dell’IVA[106] e da un’ultima risorsa, istituita con l’Accordo interistituzionale sulla disciplina di bilancio del 1988. Tale risorsa consiste in contributi versati dagli Stati membri nell’ipotesi in cui le precedenti risorse non siano sufficienti a garantire la copertura del bilancio comunitario. In seguito alla Decisione del Consiglio del 29 settembre 2000, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee, tali contributi non vengono più calcolati in percentuale sul prodotto nazionale lordo (PNL) dei singoli Stati membri, bensì calcolando il reddito nazionale lordo (RNL).

La parte del bilancio non finanziata da risorse proprie, è costituita da imposte e prelievi effettuati sui redditi del personale, interessi bancari, rimborsi di aiuti comunitari non utilizzati, interessi di mora e il saldo dell’esercizio precedente.

 

In virtù dell’articolo 11 della decisione 2007/436/CE, Euratom, per l’adozione della decisione gli Stati membri notificano al Segretario generale del Consiglio l’espletamento delle procedure richieste dalle rispettive norme costituzionali. La Commissione procede, ad intervalli regolari, all’esame delle disposizioni nazionali che le sono comunicate dagli Stati membri e, conseguentemente, comunica agli Stati membri gli adattamenti necessari in linea con le normative comunitarie[107] (art. 8 decisione n. 2007/436/CE, Euratom).

 

La decisione 2007/436/CE, Euratom, che ha effetto a partire dal 1o gennaio 2007, sostituisce la decisione del 2000/597/CE, Euratom, sul sistema delle risorse proprie[108]. Essa riprende i contenuti dell’accordo politico sul bilancio dell’Unione europea definito dal Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2005, accordo che ha modificato il sistema di finanziamento delle risorse proprie dell’Unione.

 

Il massimale è mantenuto all’1,31 per cento del RNL per stanziamenti di impegno e all’1,24 per cento del RNL per stanziamenti di pagamento, come previsto per il periodo 2000-2006 dalla decisione vigente (articolo 3 della decisione).

L’aliquota dell’IVA viene fissata allo 0,30 per cento, anche se sono introdotte correzioni a favore di alcuni fra i maggiori contribuenti netti al bilancio comunitario. In particolare, per il periodo 2007-2013 l’aliquota di prelievo della risorsa IVA per la Germania è fissata allo 0,15 per cento, per i Paesi Bassi e la Svezia allo 0,10 per cento, per l’Austria allo 0,225 per cento.

È prevista inoltre una riduzione lorda del proprio contributo RNL annuo pari a 605 milioni di euro e a 150 milioni di euro rispettivamente per i Paesi Bassi e la Svezia nel periodo 2007-2013.

È prevista anche la risorsa RNL, da determinare secondo la procedura di bilancio tenuto conto di tutte le altre entrate, relativa a un alla somma dei redditi nazionali lordi di tutti gli Stati membri.

Per quanto riguarda la compensazione britannica[109], essa viene sostanzialmente ribadita nella decisione, anche se con talune limitazioni in quanto dopo un periodo di introduzione graduale previsto fra il 2009 e il 2011, il Regno Unito dovrà partecipare integralmente al finanziamento dei costi dell’allargamento, ad eccezione dei pagamenti diretti nel settore agricolo e delle spese connesse al mercato e delle spese per lo sviluppo rurale originate dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG).

 

Il comma 67 incrementa di 500.000 euro, a decorrere dal 2008, il contributo a favore della TWAS (Accademia delle scienze del Terzo Mondo), previsto nella misura di 2.325.000 euro annui, a decorrere dal 2005, dall’art. 3 della legge 10 gennaio 2004 [Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (UNESCO) e il Governo della Repubblica italiana concernente l'Accademia delle scienze del Terzo Mondo (TWAS), fatto a Parigi l'8 dicembre 1998].

L’incremento del contributo è finalizzato in particolare al sostegno dell’iniziativa denominata Inter Academy Medical Panel (IAMP).

 

L'Accordo tra l'UNESCO e l'Italia in merito all'Accademia delle scienze del Terzo Mondo (TWAS, operante a Trieste sin dal 1983), firmato a Parigi l'8 dicembre 1998, ha fissato per legge - per l'appunto la legge di autorizzazione alla ratifica dell'Accordo stesso - il contributo dell'Italia alla TWAS, conferendo per tal modo ad esso lo stesso statuto dei contributi che il nostro Governo già conferisce agli altri Centri internazionali con sede a Trieste (il Centro di fisica teorica - ICTP, il Centro per la scienza e l'alta tecnologia - ICS e il Centro per l'ingegneria genetica e le biotecnologie - ICGEB).

L'Accordo tra Italia e UNESCO si pone quindi come momento del processo di razionalizzazione del polo scientifico-tecnologico internazionale di Trieste, già avviato da parte del nostro Paese. La TWAS in particolare, a differenza degli altri organismi triestini, che si concentrano maggiormente sull'attività di formazione di studiosi dei Paesi in via di sviluppo (PVS); esercita la propria iniziativa nel sostegno a programmi proposti da ricercatori provenienti dai PVS e da attuare in loco, ovvero da concretizzare nei centri di ricerca e nelle Università dei Paesi avanzati. Pertanto la TWAS copre anche spese per attrezzature e assistenza tecnica ai centri di ricerca nei PVS.

Il contributo a carico del Governo italiano - che è giunto a rappresentare negli ultimi anni all’incirca un quarto del totale dei finanziamenti a favore della TWAS – è stato peraltro accresciuto con l’art. 3 della legge 17/2004 per facilitare l'attività del Segretariato permanente dello IAP (Inter Academy Panel), che ha deciso recentemente di dislocare la propria sede presso quella triestina della TWAS. Anche lo IAP è un'Organizzazione rilevante, in quanto associa le Accademie delle scienze di circa 80 Paesi, ponendosi in sostanza in posizione eminente di consulente per i Governi dei Paesi avanzati in merito ai problemi del Terzo Mondo.

Il fatto che l'Accordo concernente la TWAS sia stato stipulato dall'Italia con l'UNESCO trae origine da un'intesa del marzo 1991 tra la TWAS e l'UNESCO, che ha stabilito che i finanziamenti erogati a favore dell'Accademia vadano appunto versati all'UNESCO. Inoltre, nel Preambolo dell'Accordo ci si riferisce tra l'altro ad una Risoluzione di stanziamento adottata nella 29ma sessione della Conferenza generale UNESCO, in base alla quale il Direttore generale è autorizzato a ricevere fondi da Governi, Organizzazioni internazionali, ecc, nonché erogazioni liberali da individui, per i programmi e i progetti correlati alle attività della TWAS. La Risoluzione di stanziamento stabilisce anche che l'UNESCO può contrarre impegni in merito all'attività della TWAS, in conformità alle proprie norme e agli accordi stipulati con i vari finanziatori.

L'articolo I dell'Accordo enuncia le principali attività della TWAS, ossia l'assegnazione di contributi di ricerca su specifici progetti scientifici presentati da giovani scienziati e da istituzioni dei PVS, nonché l'assegnazione di borse di studio a giovani scienziati del Terzo Mondo particolarmente capaci, per progetti di ricerca da portare avanti in loco o anche in Italia. E' prevista poi la promozione della collaborazione scientifica tra i centri di eccellenza del Terzo Mondo e i corrispettivi italiani. E' contemplato anche il conferimento di premi a singoli scienziati che abbiano dato significativi contributi alla scienza e alla sua applicazione per la soluzione di problemi pratici. La TWAS si servirà di una serie di reti scientifiche da essa stessa costituite, nelle quali sarà possibile la collaborazione tra i migliori scienziati dei PVS, i ministeri della scienza e della tecnologia e gli organismi specializzati nella ricerca del Terzo Mondo, e una serie di istituti e laboratori italiani attivi nei campi delle scienze di base e applicate.

La parte finanziaria dell'Accordo è contenuta nell'articolo II, in base al quale le risorse necessarie alle attività della TWAS verranno da contributi del Fondo di dotazione della stessa Accademia, dall'UNESCO e da contributi del Governo italiano. Inoltre potranno aversi sovvenzioni, donazioni e lasciti da parte di Governi, Organizzazioni o individui, intestati alla TWAS. La progressione del contributo italiano è fissata nell'ammontare di 1,5 miliardi di lire per il primo anno di attuazione dell'Accordo, 2 miliardi per il secondo e 3 miliardi per il terzo anno (o l'equivalente in euro). Il contributo verrà aggiornato ogni due anni in base alle necessità della TWAS e ai contributi ad essa pervenuti da altre fonti. L'amministrazione della TWAS seguirà le regole e le procedure previste dall'UNESCO. Un rendiconto annuale verrà presentato dall'UNESCO al Governo italiano: esso comprenderà il bilancio della TWAS al 31 dicembre di ciascun anno. L'UNESCO inoltre potrà concludere accordi con altri Stati, per integrare le risorse necessarie alla TWAS, dopo consultazione del Comitato direttivo della stessa da parte del Direttore generale dell'UNESCO.

L'articolo III dell'Accordo prevede la costituzione di un Comitato direttivo composto da un rappresentante nominato dall'UNESCO, due rappresentanti del Governo italiano - uno dei quali scienziato - e due rappresentanti dei PVS, ma designati uno dal Direttore generale dell'UNESCO e uno dal Governo italiano. Il Comitato direttivo sarà competente per l'amministrazione e gli aspetti concernenti l'utilizzazione dei finanziamenti da parte della TWAS, e presenterà al Direttore generale dell'UNESCO le bozze del programma e del bilancio dell'Accademia. Il Comitato sarà inoltre competente a coordinare le funzioni della TWAS con quelle delle altre istituzioni scientifiche internazionali con sede a Trieste e a Venezia (si tratta in quest'ultimo caso dell'Ufficio UNESCO per la scienza e la tecnologia in Europa), all'interno di un unico e omogeneo polo scientifico.

La durata dell'Accordo, in base all'articolo VII, è indefinita, ma ciascuna Parte potrà denunciarlo con un preavviso scritto di 24 mesi all'altra Parte. D'altronde la validità dell'Accordo cesserà in ogni caso se la sede della TWAS fosse trasferita fuori del territorio italiano. Eventuali consultazioni riguardanti modifiche dell'Accordo avranno luogo su richiesta dell'UNESCO o del Governo italiano.

 

Per quanto concerne l’Inter Academy Medical Panel,si tratta di una struttura di coordinamento costituitasi nel 2000 con il Congresso degli Accademici Scientifici, alla quale sono associati medici e scienziati di tutto il mondo. Ne fanno parte dieci Paesi e raggruppamenti regionali (Stati Uniti, India, Giappone, Regno Unito, Africa Sub-Sahariana, Turchia, Filippine, Messico, Francia e Cina). Lo IAMP promuove la cooperazione tra le Accademie scientifiche della sanità pubblica, fornendo ai responsabili politici consulenze sulla salvaguardia della salute umana. Lo IAMP agisce quale interlocutore e consulente dei Governi dei Paesi più sviluppati nei confronti dei PVS. Il 25 marzo 2004, a Parigi, è stato deliberato l'insediamento, a Trieste, del Segretariato Esecutivo dello IAMP (presso la sede della TWAS), beneficiando del sostegno finanziario delle Autorità locali. Per il 2007, l'Amministrazione regionale giuliana ha erogato un contributo di 150.000 Euro[110].

 

Il comma 68 autorizza la spesa di 2 milioni per il 2008, di 5 milioni per il 2009 e di 6 milioni per il 2010, al fine di consentire la partecipazione italiana all’Expo di Shangai del 2010.

 

La legge finanziaria per il 2007, articolo unico, commi 951-962,ha assicurato le disponibilità finanziarie necessarie per la partecipazione a due importanti manifestazioni internazionali:

-        l’Esposizione internazionale di Saragozza, che si terrà dal 14 giugno al 14 settembre 2008 ed avrà per tema “L’acqua e lo sviluppo sostenibile”;

-        l’Esposizione Universale di Shangai, che si terrà dal 1° maggio al 31 ottobre 2010 sui temi dell’ambiente urbano e dello sviluppo sostenibile (il titolo è: “Migliore città, migliore vita”).

In particolare, ai sensi del comma 952, ai fini della partecipazione all'Esposizione di Shanghai 2010, è stata autorizzata la spesa di euro 800.000 per il 2007, di euro 1.250.000 per il 2008 e di euro 7.000.000 per il 2009.

Si segnala che analoghi provvedimenti furono adottati al fine di garantire il necessario supporto organizzativo alla partecipazione italiana alle due ultime esposizioni universali (Hannover 2000 e Aichi 2005).

I successivi commi 953-961 recano le disposizioni organizzative inerenti alla partecipazione italiana alle due manifestazioni in questione, mentre il comma 962 definisce le modalità con le quali si farà luogo alla copertura finanziaria di tali disposizioni.

In particolare, il comma 953 istituisce un Commissariato per l'Expo di Saragozza 2008 e un Commissariato generale per l'Expo di Shanghai 2010[111], e prevede che le due strutture cessino di operare entro nove mesi dalla chiusura delle rispettive Esposizioni, dopo la presentazione dei rendiconti finali delle spese di pertinenza (termine così incrementato rispetto ai sei mesi previsti dall’articolo 2 della legge n. 360/2003 per il Commissariato generale per l’Expo 2005 di Aichi).

In base al comma 955 sidovrà procedere, sempre con decreto del Ministro degli affari esteri, alla nomina dei Segretari generali[112] del Commissariato per Saragozza 2008 e del Commissariato generale per Shangai 2010.

 

Il comma 69 autorizza, per ciascuna delle annualità 2008-2010: a) la spesa di 2 milioni di euro quale contributo italiano al Fondo fiduciario (Trust Fund) della BERS (Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo); b) la spesa di 67.000 euro quale contributo al Segretariato esecutivo dell’InCE (Iniziativa Centro-europea).

Il comma trova una sua unitarietà nel riferimento all’InCE (iniziativa Centro-europea), poiché il Trust Fund della BERS deve intendersi quale Fondo fiduciario dell’INCE amministrato dalla BERS stessa.

 

L'InCE (Iniziativa Centro Europea, in inglese - lingua ufficiale e di lavoro- CEI, Central European Initiative) nasce, con il nome di Iniziativa Quadrilaterale, con l'accordo firmato a Budapest nel novembre del 1989 dai Ministri degli Esteri di quattro Paesi: Italia, Austria, Jugoslavia e Ungheria.

Scopo dell’iniziativa era quello di dare una prima risposta, da parte di alcuni Paesi occidentali, alla richiesta di alcuni Paesi dell'ex area di influenza sovietica di avvicinarsi all'Europa occidentale, fungendo da cerniera tra le diverse organizzazioni internazionali a carattere regionale ed i paesi dell'Europa centro orientale.

Nel maggio del 1990, con l'ingresso della Cecoslovacchia, l'iniziativa prese il nome di Pentagonale e nel 1991, a seguito della adesione della Polonia, divenne Esagonale.

Nel vertice dei Capi di Governo di Vienna (16-17 luglio 1992), si stabilì di adottare la denominazione di "Iniziativa Centro Europea".

Attualmente i membri dell'InCE sono 17: Albania, Austria, Bielorussia, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, Italia, Moldova, Polonia, Romania, Repubblica Ceca, Serbia e Montenegro, Slovacchia, Slovenia, Ucraina, Ungheria.

Parallelamente al suo sviluppo, l'In.C.E. si è dotata di un Centro di informazione e documentazione – dal 1997 denominato Segretariato esecutivo - situato a Trieste, per il quale lo Stato italiano ha stipulato un apposito Accordo di sede e scambio di note con la Presidenza in esercizio dell'Iniziativa, ratificato e reso esecutivo ai sensi della legge 28 agosto 1997, n. 286, che ne ha migliorato la funzionalità.

Si ricorda che fino al 2003, l'Italia versava un contributo ordinario di 200 milioni di lire annue al Centro-Segretariato esecutivo dell'In.C.E, come stabilito dall'Accordo tra il Governo italiano e la Presidenza dell'Iniziativa Centro-europea reso esecutivo con la legge 28 agosto 1997, n. 286.

In seguito, per coprire le spese di funzionamento e le attività predisposizione delle iniziative programmatiche e progettuali, notevolmente accresciute anche in seguito agli eventi conflittuali subiti dalla regione, nonché per l'organizzazione di vari eventi annuali di grande rilievo politico (riunione dei Ministri degli esteri, "Vertice" dei Capi di Governo, Summit Economic Forum) la legge 18 giugno 2003, n. 142 aveva provveduto ad elevare il contributo al Segretariato esecutivo dell'In.C.E. a 1.267.470 euro per l'anno 2003 e di 1.186.470 euro annui a decorrere dal 2004 .

 

Gli obiettivi principali dell'InCE sono:

-        rafforzare la cooperazione tra i paesi membri;

-        rafforzare il processo di trasformazione economica, sociale e legislativa dei paesi membri in transizione.

-        rafforzare la partecipazione di tutti i paesi membri al processo di integrazione europea.

L’Iniziativa ha tre dimensioni: governativa, economica (affidata principalmente alle Camere di Commercio) e parlamentare (gestita dai Parlamenti nazionali). La dimensione governativa opera peraltro attraverso due tipi di attività, una politica ed una economica. La prima ha lo scopo di fornire ai paesi membri ed alle loro istituzioni un contesto flessibile e pragmatico per la cooperazione regionale, cercando nel contempo di preparare la futura adesione dei Paesi membri all'Unione Europea. La seconda tende a favorire i progetti di cooperazione tra i Paesi partecipanti, mobilitando risorse in grado di accrescere le possibilità di studio, finanziamento e esecuzione di progetti settoriali, nazionali e internazionali.

Per la realizzazione di progetti rispondenti a dette finalità, l’Italia nel 1991 ha costituito presso la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) il fondo Fiduciario dell’InCE, noto come “CEI Trust Fund”, nel quale sono stati versati da parte del Governo italiano dal 1991 ad oggi circa 28 milioni di euro.

Più precisamente, nell’ambito dell’InCE, il Project Secretariat, con sede a Trieste ed uffici nel quartier generale della BERS, ha il compito di assistere i paesi membri dell’InCE nel loro processo di transizione economica e politica, sia favorendo il dialogo politico, sia, soprattutto, tramite il sostegno finanziario di specifici progetti e programmi di sviluppo. Per il perseguimento di tale compito, si avvale del Fondo fiduciario dell’INCE, gestito dalla BERS nell’ambito dell’Unità di co-finanziamento ufficiale. Tale Fondo viene utilizzato principalmente per sostenere la Cooperazione Tecnica legata ai progetti di investimento della BERS, ma anche per il finanziamento del Programma di scambio del Know-How (Know-how exchange Programme).

Successivamente, nel 2001, è stata approvata l’introduzione di un contributo annuo (300.000 euro) ripartito tra tutti i Paesi membri per il finanziamento di progetti e programmi . Sono stati così attuati finora oltre trenta progetti di assistenza tecnica associati a investimenti finanziari della stessa BERS. Tra i più significativi figurano: l'assistenza tecnica fornita nel settore elettrico in Bosnia, la realizzazione del "Master Plan" per la riabilitazione dell'aeroporto di Sarajevo, un progetto di informatizzazione nel settore dei trasporti centro-europei (CETIR), l'assistenza tecnica alla navigazione aerea in Ucraina, un ampio progetto rivolto ai mercati agricoli all'ingrosso (comprensivo di una linea di credito ad hoc), la ristrutturazione della rete idrica macedone e alcune iniziative di formazione nel settore giuridico/commerciale.

A titolo di completezza, si ricorda, infine, che la BERS è un’Istituzione Finanziaria Internazionale costituita nel 1991 per favorire la transizione dei Paesi dell’Europa centrale e orientale e dell’ex-URSS verso un’economia di mercato ed il processo di privatizzazione dell’economia. Per la realizzazione di tale mandato, la Banca, che opera in stretta collaborazione con le Istituzioni Finanziarie Internazionali e nazionali, agisce direttamente concedendo finanziamenti a medio-lungo termine e indirettamente attraverso intermediari finanziari, concedendo linee di credito e cofinanziamenti.

Gli azionisti della Banca sono 62, tra cui tutti i Paesi dell’Unione Europea, i Paesi d’operazione, la Commissione Europea e la Banca Europea per gli Investimenti (BEI).

La Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo è un organismo finanziario multilaterale, che opera anche a beneficio dei Paesi dell'Europa Centrale ed Orientale e della Comunità di Stati Indipendenti.

Le principali condizioni dei finanziamenti dei progetti di investimento sono normalmente le seguenti: durata tra i 5 e i 10 anni, con un periodo di grazia, i tassi (normalmente il LIBOR più uno spread) variano però a seconda dei casi, e dipendono anche dalle condizioni di retrocessione applicate dagli intermediari; il finanziamento BERS può coprire fino al 35% del costo del progetto o del capitale sociale di una joint-venture; la BERS beneficia di commissioni sia front-end che di gestione e richiede garanzie reali sul patrimonio del progetto di investimento.


 

Articolo 2, comma 70
(Collettività italiane all’estero)

 

70. Per le politiche generali concernenti le collettività italiane all’estero, la loro integrazione, l’informazione, l’aggiornamento e le iniziative di promozione culturale ad esse rivolte, ivi comprese la realizzazione, con decreto del Ministro degli affari esteri, della Conferenza dei giovani italiani nel mondo e del Museo della emigrazione italiana, nonché la valorizzazione del ruolo degli impren­ditori italiani all’estero e le misure necessarie al rafforzamento e alla razionalizzazione della rete consolare, è autorizzata la spesa di 14 milioni di euro per l’anno 2008.

 

 

Il comma 70 dell’articolo 2 autorizza la spesa, per l’anno 2008, di 14 milioni di euro da destinare alle politiche concernenti le collettività italiane residenti all’estero ed alle iniziative di promozione culturale ad esse rivolte. Tra le attività da realizzare, si ricordano, in modo particolare, la Conferenza dei giovani italiani nel mondo e il Museo dell’emigrazione italiana. Si prevedono, altresì, iniziative volte alla valorizzazione del ruolo degli imprenditori italiani all’estero e misure necessarie per il rafforzamento e la riorganizzazione della rete consolare.

 

L’articolo in oggetto, pur riferendosi in maniera generica ai vari ambiti di attività beneficiari dello stanziamento, trova tuttavia una sua unitarietà nel riferimento agli interventi da compiere sulla rete consolare: questa, infatti, che ben può necessitare di autonomi provvedimenti di razionalizzazione[113], trova nel proprio rafforzamento anche un potenziamento delle numerose competenze che la vigente normativa attribuisce ad essa nei confronti dei nostri connazionali residenti all’estero, tanto come individui quanto come collettività locali.

Va ricordato anzitutto che le attribuzioni dei Consolati nelle diverse materie di interesse dei singoli cittadini italiani all’estero sono previste dal DPR 5 gennaio 1967, n. 200, recante disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari. Per quanto invece concerne le collettività italiane all’estero, queste ricorrono nei riferimenti normativi alla stregua di nozione di fatto, cui i vari provvedimenti si rapportano.

Nel complesso, comunque, le competenze consolari vanno dalla formazione e trascrizione di atti di stato civile, quali la celebrazione di matrimoni, al rilascio e rinnovo di passaporti. I Consolati hanno inoltre la facoltà di compiere atti inerenti alla cittadinanza, nonché alla navigazione marittima nazionale all'estero. Presso i Consolati possono altresì compiersi funzioni inerenti ad atti notarili e testamenti, autentiche di firma, traduzioni e legalizzazioni, così come certificazioni doganali connesse al rimpatrio.

Più recentemente hanno assunto particolare importanza gli atti consolari inerenti al servizio elettorale, che in precedenza si limitavano all’organizzazione delle elezioni per gli organismi di rappresentanza locale (COMITES – Comitati degli italiani all’estero) e generale (CGIE – Consiglio generale degli italiani all’estero) dei nostri connazionali all’estero, nonché all’allestimento di apposite sezioni elettorali in occasione delle elezioni europee. Con l’approvazione nella XIII Legislatura delle necessarie modifiche costituzionali, e nel dicembre 2001 della legge 27 dicembre 2001, n. 459[114], i cittadini italiani residenti all’estero hanno acquistato il diritto di partecipare alle consultazioni politiche e referendarie in Italia, con la modalità del voto per corrispondenza, affidata per la preparazione, appunto, alla rete consolare.

Inoltre, i Consolati esercitano importanti funzioni sociali, nella misura in cui prestano assistenza per lo svolgimento di pratiche pensionistiche o assistenziali, ovvero provvedono all’erogazione di sussidi o al pagamento di spese mediche a favore di connazionali in stato di indigenza. Quest’ultima funzione viene talvolta esercitata da associazioni operanti nella circoscrizione consolare, che ricevono dal Ministero degli Affari esteri appositi contributi.

La protezione consolare si estende anche ad altre fattispecie: in particolare, i Consolati assistono i cittadini italiani detenuti o perseguiti nella circoscrizione di pertinenza, e quelli che subiscono incidenti (incluso il rimpatrio delle salme); è inoltre intrapresa la ricerca di connazionali che non danno più notizia di sé, e viene prestata l'assistenza necessaria a genitori italiani ai quali il coniuge straniero o doppio cittadino abbia sottratto un figlio portato all'estero.

Per quanto concerne poi la promozione culturale a favore delle collettività italiane, essa corre, nell’attività della rete diplomatico-consolare, parallelamente al più ampio contesto della diffusione della cultura e della lingua italiane all’estero, che il Ministero degli Affari esteri svolge in stretta collaborazione con il Ministero per i beni e le attività culturali e con il Ministero dell’istruzione, università e ricerca.

Oltre agli 89 Istituti italiani di cultura all’estero, è soprattutto la rete delle scuole italiane all’estero ad assicurare la diffusione della lingua italiana: nei confronti delle collettività italiane all’estero, in particolare, assumono importanza peculiare i corsi di lingua e cultura italiana previsti dall’art. 625 e disciplinati dall’art. 636 del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297[115]. I corsi sono attualmente circa trentamila, e sono organizzati da enti, associazioni, comitati o scuole a livello locale, tutti finanziati dal Ministero degli Affari esteri. I docenti impiegati sono assunti in base alla normativa locale, purché in possesso di un titolo di studio valido per l’insegnamento. Si stima che gli allievi dei corsi di lingua italiana siano nel mondo oltre mezzo milione. La vigilanza sulla conduzione dei corsi spetta al Consolato competente per territorio, ove sono istituiti uffici scolastici con personale dei ruoli dirigenziale, docente e amministrativo.

Talora, e più spesso nei Paesi europei, a provvedere ai corsi sono insegnanti di ruolo distaccati presso il Ministero degli Affari esteri, che provvede a smistarli nelle varie circoscrizioni consolari.

Un’ulteriore modalità per la diffusione della lingua italiana è quella della stipula, nelle circoscrizioni consolari ove maggiore è la presenza di una comunità italiana, di convenzioni con le autorità scolastiche locali per l’inserimento dell’italiano nei rispettivi sistemi educativi. Le autorità italiane contribuiscono in tal caso alla formazione dei docenti locali, nonché con la fornitura di materiale didattico.

Per quanto poi concerne la valorizzazione del ruolo degli imprenditori italiani all’estero, va ricordata la legge 31 marzo 2005, n. 56[116]. In tale contesto operano i circa 150 Uffici commerciali presso le Rappresentanze diplomatico-consolari, unitamente ai 104 Uffici dell’I.C.E. (Istituto per il commercio estero) e alle 66 Camere di commercio italiane all’estero; inoltre la citata legge n. 56/2005 ha previsto la costituzione di sportelli unici all’estero, operanti in raccordo con le Rappresentanze diplomatico-consolari, per la consulenza e l’assistenza alle imprese, e soprattutto mediante il coordinamento delle iniziative promozionali realizzate localmente da tutti gli attori nazionali, incluse le regioni. La prima fase dell’iniziativa ha visto già nel 2004 l’integrazione fra rappresentanze diplomatico-consolari e Uffici dell’I.C.E.

In merito alla Conferenza dei Giovani Italiani all’estero si ricorda che la prima sessione ha avuto luogo a Roma dal 3 al 7 dicembre 2006, a latere dell’assemblea plenaria del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, con la partecipazione di 20 giovani italiani, provenienti da altrettanti Paesi esteri di residenza.

Il viceministro degli Affari esteri con delega per gli Italiani all’estero, ha annunciato l’istituzione del Museo nazionale delle Migrazioni, in occasione del convegno organizzato dalla Farnesina "Museo Nazionale delle Migrazioni. L’Italia nel mondo. Il mondo in Italia" svoltosi il 26 ottobre 2007. Il viceministro ha precisato che il Museo dovrebbe essere concepito non come un semplice luogo espositivo, ma come una testimonianza multimediale dei fenomeni dell’emigrazione italiana e dell’immigrazione nel nostro Paese. Il nuovo museo dovrebbe entrare in rete con i centri museali delle migrazioni presenti in tutto il mondo e con quelli regionali che già operano in Italia.


 

Articolo 2, commi 71-74
(Sviluppo professionale delle Forze armate)

 


71. Gli importi previsti dalla tabella A allegata alla legge 14 novembre 2000, n. 331, nonché dalla tabella C allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 226, così come rideterminati dall’articolo1, comma 570, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, sono incrementati di 30 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008.

72. Allo scopo di continuare ad assicurare le capacità operative dello strumento militare per l’assolvimento dei compiti previsti dalla legge, la dotazione del fondo di cui all’articolo1, comma 1238, della citata legge n. 296 del 2006, è incrementata di 140 milioni di euro per l’anno 2008.

73. La dotazione del fondo istituito dall’articolo1, comma 899, della citata legge n. 296 del 2006 è determinata in 20 milioni di euro per l’anno 2008, dei quali 7 milioni da destinare alla prosecuzione degli interventi relativi all’arsenale della Marina militare di Taranto e 1 milione da destinare al rilancio del Polo di mantenimento pesante nord di Piacenza.

74. Nello stato di previsione del Ministero della difesa è istituito un fondo da ripartire per le esigenze di funzionamento dell’Arma dei carabinieri, con una dotazione di 40 milioni di euro per l’anno 2008. Con decreti del Ministro della difesa, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze, si provvede alla ripartizione del fondo tra le unità previsionali di base del centro di responsabilità «Arma dei carabinieri».


 

 

Il comma 71 provvede ad incrementare gli stanziamenti destinati alla professionalizzazione delle Forze armate di un importo pari a 30 milioni di euro a decorrere dall’esercizio finanziario 2008.

Gli oneri relativi al processo di professionalizzazione delle Forze armate sono contenuti nella tabella A allegata alla legge 14 novembre 2000, n. 331, nonché nella tabella C allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 226.

L’articolo 3, comma 1 della legge n. 331/2000[117], ha conferito una delega al Governo per l’adozione di un decreto legislativo diretto a disciplinare la progressiva trasformazione dello strumento militare in professionale, attraverso la sostituzione, entro sette anni dall’entrata in vigore del decreto medesimo, dei militari di leva con volontari di truppa e con personale civile del Ministero della difesa.

La tabella A, allegata alla legge, ha determinato la misura massima degli oneri relativi agli anni dal 2003 fino al 2020, mentre l’onere a regime a decorrere dal 2020 è quantificato in un importo massimo di 1.096 miliardi di lire. È previsto, tuttavia, che qualora il tasso d’incremento degli oneri indicati nella tabella A risulti superiore al tasso di incremento del PIL indicato dal documento di programmazione economico-finanziario, le quote annue dell’onere corrispondenti alla differenza tra i due tassi di variazione siano determinate dalla legge finanziaria.

La legge n. 226/2004[118] ha poi disposto la sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e la disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata. Il comma 2 dell’articolo 23 prevede che, a decorrere dall'anno 2007 e fino al 31 dicembre 2020, le consistenze dei volontari in ferma prefissata e in rafferma di ciascuna Forza armata siano determinate annualmente con decreto del Ministro della difesa, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per la funzione pubblica, secondo un andamento coerente con l'evoluzione degli oneri complessivamente previsti per l'anno di riferimento dalla tabella A allegata alla legge n. 331/2000 e dalla tabella C allegata alla stessa legge n. 226/2004.

Per effetto della rideterminazione delle risorse operata dall’articolo 1, comma 570, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007), il finanziamento previsto veniva ridotto nella misura del 15% e pertanto per l’esercizio finanziario 2007 risultava pari a 334 milioni di euro.

Il finanziamento previsto per l’esercizio finanziario 2008, a legislazione vigente, è pari a 364 milioni di euro.

 

Il comma 72 provvede ad incrementare gli stanziamenti destinati al fondo per le esigenze di funzionamento dello strumento militare, di cui all’articolo 1, comma 1238, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007), di un importo pari a 140 milioni di euro per l’anno 2008.

L’art. 1, comma 1238, della finanziaria 2007 ha istituito, nell’ambito dello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa, un Fondo di 350 milioni di euro per l'anno 2007, e di 450 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009, destinato a spese per il funzionamento dello strumento militare.

In particolare, le spese sono imputate alla realizzazione di interventi di sostituzione, ripristino e manutenzione ordinaria e straordinaria di mezzi, materiali, sistemi, infrastrutture, equipaggiamenti e scorte, nonché all'adeguamento delle capacità operative e dei livelli di efficienza delle componenti militari, anche in funzione delle missioni internazionali di pace. La norma dispone altresì che il fondo sia alimentato con i pagamenti a qualunque titolo effettuati da Stati o organizzazioni internazionali, ivi compresi i rimborsi corrisposti dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, quale corrispettivo di prestazioni rese dalle Forze armate italiane nell'ambito delle missioni di pace.

Per quanto concerne i rimborsi delle Nazioni Unite per la partecipazione a operazioni di mantenimento della pace, si ricorda che essi fanno parte della normale prassi dei rapporti tra singoli Stati partecipanti e Nazioni Unite, stante il fatto che le truppe impiegate nelle operazioni di pace ONU vengono pagate dai loro governi nazionali, secondo il grado e livello salariale nazionale. Successivamente intervengono i rimborsi, che coprono (parzialmente) sia le spese per il personale militare che quelle per materiali vari ed equipaggiamenti, incluse le armi personali. Attualmente, i rimborsi mensili ai Paesi fornitori di truppe ammontano a 1.028 dollari USA per il salario e altre voci correlate, 303 dollari aggiuntivi per gli specialisti, 68 dollari per divise e equipaggiamento, 55 dollari per le armi personali.

I dieci maggiori contribuenti per le operazioni di pace ONU erano, al 1° gennaio 2006, Stati Uniti, Giappone, Germania, Regno Unito, Francia, Italia, Canada, Spagna, Cina e Paesi Bassi.

L’articolo 3 del decreto-legge n. 159 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, recante Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale (collegato al disegno di legge finanziaria), detta norme sull'utilizzo del «Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile» (Fondo TFR), istituito dalla legge finanziaria 2007.

Tale Fondo è alimentato dai contributi versati mensilmente dai datori di lavoro - ad eccezione di quelli che abbiano alle proprie dipendenze meno di 50 addetti - corrispondenti alla quota di TFR maturata a decorrere dal 1° gennaio 2007 e non destinata alle forme pensionistiche complementari. Le risorse del Fondo, al netto di quelle necessarie per le finalità previdenziali, sono destinate al finanziamento degli specifici interventi indicati nell'elenco 1 allegato alla stessa legge finanziaria nei limiti degli importi ivi stabiliti. Tra questi interventi figura il finanziamento di quota parte del Fondo per le spese di funzionamento dello strumento militare, istituito ai fini del mantenimento in efficienza dello strumento militare, anche in funzione delle operazioni internazionali di pace. Rispetto alla dotazione complessiva del fondo, pari a 350 milioni di euro per l'anno 2007 e a 450 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, la parte finanziata con i versamenti del TFR, di cui al citato elenco 1, corrisponde a 160 milioni di euro per l'anno 2007, a 350 euro milioni nell'anno 2008 e ad euro 200 milioni nell'anno 2009. Poiché ai sensi della legge finanziaria 2007, l'utilizzo delle risorse finanziate dall'elenco 1 è subordinato all'effettivo afflusso dei versamenti al Fondo TFR e a procedure di riparto particolarmente complesse, l'articolo 3 del decreto legge n. 159/07 detta disposizioni per la semplificazione di quest'ultime, autorizzando l'utilizzo di una parte delle risorse destinate a ciascun intervento dall'elenco 1, a prescindere dall'effettivo afflusso degli introiti nel Fondo TFR. La risorse sono rese disponibili fino ad un massimo dell'ottanta per cento per l'anno 2007 e del settanta per cento per gli anni 2008 e 2009 degli importi iscritti nell'elenco stesso, computati, ai fini contabili, in termini di indebitamento netto, ossia in termini di competenza economica.

 

Il comma 73 provvede a determinare, per l’anno 2008, gli stanziamenti destinati al Fondo per la ristrutturazione degli arsenali e degli stabilimenti militari, di cui all’articolo 1, comma 899, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007): l’importo pari a 20 milioni di euro, dei quali 7 espressamente riservati alla prosecuzione degli interventi relativi all’arsenale della Marina militare di Taranto – come nell’originaria formulazione – e 1 al rilancio del Polo di Mantenimento Pesante Nord di Piacenza.

L’art. 1, comma 899, della legge finanziaria 2007 ha istituito, nell’ambito dello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa, un fondo di conto capitale, destinato alla ristrutturazione ed all’adeguamento degli arsenali e degli stabilimenti militari, comprese le darsene interne.

La dotazione di tale fondo per il 2007 era pari a 20 milioni di euro. La ripartizione avviene con uno o più decreti del Ministro della difesa, da comunicarsi, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze.

Si ricorda che, dopo la riorganizzazione dell'area tecnico-industriale del Ministero della difesa, attuata dal D.Lgs. 28 novembre 1997, n. 459, gli stabilimenti e gli arsenali militari sono stati posti alle dipendenze dell’Ufficio Generale Gestione Enti Area Tecnico-Industriale, delle singole Forze armate o dell’Agenzia Industrie difesa (istituita dall’articolo 22 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300).

Fanno parte dell’Agenzia Industrie difesa le seguenti attività:

-        Stabilimento Militare Ripristini e Recuperi di Noceto di Parma;

-        Stabilimento Militare Munizionamento Terrestre di Baiano di Spoleto;

-        Stabilimento Militare Propellenti di Fontana Liri;

-        Stabilimento Militare Spolette di Torre Annunziata;

-        Stabilimento Militare Chimico Farmaceutico di Firenze;

-        Stabilimento Produzione Cordami di Castellammare di Stabia;

-        Arsenale Militare Marittimo di La Maddalena;

-        Stabilimento Militare Grafico di Gaeta;

-        Arsenale Militare Marittimo di Messina.

Le singole Forze armate gestiscono le seguenti strutture:

-        Arsenale militare marittimo di La Spezia

-        Arsenale militare marittimo di Taranto

-        Stabilimento NBC di Civitavecchia.

 

Altri stabilimenti militari, posti alle dipendenze dell’Ufficio Generale Gestione Enti Area Tecnico-Industriale, sono ubicati presso Nettuno, Torino, Ciriè, Pavia e Capua.

L'Arsenale M.M. di Taranto fa parte dell'area Tecnica-Industriale della Difesa (di cui rappresenta, con i quasi 2400 dipendenti civili, l'Ente anche numericamente più importante) ed i suoi compiti consistono principalmente nell'assicurare il supporto e l'efficienza delle Unità Navali, secondo un programma annuale di soste lavori e di interventi che viene proposto dallo Stato Maggiore, concordato ed approvato dall'Ispettorato Navale Logistico, previo esame congiunto con lo Stabilimento.

In aggiunta ai compiti istituzionali, l'Arsenale è chiamato a svolgere, nei limiti e con le modalità previste dai regolamenti e dalle leggi in vigore, attività che, seppure di carattere secondario, sono importanti e significative: assistenza alla Protezione Civile, interventi nelle calamità naturali, supporto alle Unità Navali appartenenti ad altre Forze Armate ed alla Marina Mercantile, assistenza ai barotraumatizzati. L'attività di pronto intervento o per i lavori programmati viene espletata da reparti di lavoro supportati da magazzini e laboratori. Vi sono numerosi reparti specializzati per le lavorazioni di bordo (da quelle più tradizionali: costruzione in ferro, congegnatoria, stampaggio bandiere, a quelle di consistente contenuto tecnologico: revisione e riparazione di impianti missilistici, T.L.C., radar, comando e controllo, riparazione moduli e schede elettroniche) più una Direzione di Supporto Diretto per le Unità in linea.

Si ricorda che, a seguito della riorganizzazione dell’area tecnico-industriale della Difesa di cui alla legge n. 459 del 1997, il Polo di Mantenimento Pesante Nord di Piacenza, costituito nella sede dell'attuale arsenale di Piacenza è posto, ai sensi del decreto ministeriale 20 gennaio 1998, alle dipendenze dell’Ispettorato logistico dell’esercito.

 

Il comma 74 prevede l’istituzione, nell’ambito dello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa, di un Fondo per le esigenze di funzionamento dell’Arma dei Carabinieri.

La dotazione di tale fondo è quantificata in 40 milioni di euro e la relativa ripartizione è disposta mediante uno o più decreti del Ministro della difesa, da comunicarsi, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze.


 

Articolo 2, commi 75-77
(Nucleo operativo del Corpo forestale dello Stato di tutela ambientale)

 


75. Al fine di rafforzare la sicurezza e la tutela dell’ambiente, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, è istituito presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare il Nucleo operativo del Corpo forestale dello Stato di tutela ambientale. Il Nucleo dipende funzionalmente dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e concorre nell’attività di prevenzione e repressione dei reati ambientali e in materia di maltrattamento degli animali nelle aree naturali protette nazionali e internazionali. Nello svolgi­mento di tali compiti, il Nucleo può effet­tuare accessi e ispezioni amministrative avvalendosi dei poteri previsti dalle norme vigenti per l’esercizio delle attività istituzionali del Corpo. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, è determinato il relativo contingente di personale. Restano, in ogni caso, ferme le competenze previste per il Comando dei carabinieri per la tutela dell’ambiente.

76. All’istituzione del Nucleo di cui al comma 75 si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Dalle disposizioni di cui al medesimo comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

77. Gli arruolamenti autorizzati per l’anno 2007 dall’articolo1, comma 574, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, possono essere effettuati anche nel 2008.


 

 

I commi 75 e 76 prevedono l’istituzione –presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare – del Nucleo operativo del Corpo forestale dello Stato di tutela ambientale, con la specifica finalità di rafforzare la sicurezza e la tutela dell’ambiente.

Per quanto riguarda la procedura per l’istituzione del Nucleo, la disposizione prevede un DPCM, su proposta del Ministro delle politiche forestali e alimentari e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare; per quanto riguarda l’attività del Nucleo, essa ne dispone la dipendenza funzionale dal Ministro dell’ambiente e la funzione di concorrere all’attività di repressione dei reati ambientali e in materia di maltrattamento degli animali nelle aree naturali protette nazionali e internazionali.

A tal fine, il Nucleo è autorizzato ad effettuare accessi ed ispezioni amministrative avvalendosi dei poteri previsti dalle norme vigenti per l’esercizio dell’attività istituzionale del Corpo forestale.

 

Si richiama brevemente la legge 6 febbraio 2004, n. 36 recante Nuovo ordinamento del Corpo Forestale dello Stato, che con l'art. 1 ha definito la natura e i compiti istituzionali del C.F.S. riconoscendone la qualifica di forza di polizia e le funzioni di tutela del patrimonio agroforestale; esso svolge anche attività di polizia giudiziaria e di repressione dei reati contro il patrimonio agroambientale del Paese.

L'art. 2 ne disciplina le funzioni, che possono così essere individuate:

-       attività di ordine e sicurezza pubblica, in particolare relativamente ai territori montani ed alle aree rurali;

-       attività di sorveglianza controllo e repressione dei reati ambientali, anche in attuazione di convenzioni internazionali e di normative comunitarie;

-       attività di controllo volta al rispetto delle norme in materia di sicurezza alimentare e biosicurezza in genere;

-       pubblico soccorso ed interventi di rilievo nazionale di protezione civile su tutto il territorio nazionale anche con riferimento alla lotta agli incendi boschivi e all’utilizzo di mezzi aerei per il loro spegnimento;

-       attività di studio in merito alla rilevazione qualitativa e quantitativa delle risorse forestale;

-       attività di supporto al Ministero delle politiche agricole nella rappresentanza degli interessi forestali nazionali in sede comunitaria ed internazionale e nel raccordo con le politiche forestali regionali;

-       reclutamento, formazione e gestione del proprio personale;

-       ogni altro compito assegnatogli dalla legislazione vigente.

L'art. 3 stabilisce che il Corpo opera alle dipendenze del Ministro delle politiche agricole, fatta salva: la dipendenza funzionale dal Ministero dell'interno per gli interventi che riguardano l’ordine e la sicurezza pubblica, il pubblico soccorso e la protezione civile; la dipendenza dal Ministero dell’ambiente per tutta l’attività di tutela ambientale del territorio.

Con l'art. 4 sono regolati i rapporti tra il C.F.S. e le regioni. Qualora le stesse non intendano istituire propri servizi tecnici forestali, il Ministero delle politiche agricole può stipulare convenzioni per l'affidamento al C.F.S. di compiti e funzioni proprie delle regioni medesime. Viene, altresì, istituito un Comitato di coordinamento delle attività del C.F.S. con quelle dei servizi tecnici regionali.

 

Lo stesso comma 75 demanda ad un DPCM, su proposta del Ministro delle politiche forestali e alimentari e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, la determinazione dei contingenti di personale e fa salve le le competenze previste per il Comando dei Carabinieri per la tutela dell’ambiente.

 

Si ricorda che nel 1986, unitamente all’istituzione del Ministero dell'Ambiente, fu istituito anche il Nucleo Operativo Ecologico (N.O.E.) dei Carabinieri, posto alle dipendenze funzionali di questo stesso ministero con compiti di vigilanza, prevenzione e repressione delle violazioni compiute in materia ambientale. Successivamente, con la legge 23 marzo 2001, n. 93, tale nucleo ha assunto la nuova denominazione di Comando Carabinieri per la Tutela dell'Ambiente, la cui struttura organizzativa è stata potenziata e calibrata su base interprovinciale, in modo da garantire una presenza qualificata su tutto il territorio nazionale.

 

Il comma 76 precisa che dall’istituzione del Nucleo non dovranno derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e che si dovrà provvedere con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Il comma 77, infine, consente di effettuare anche nel 2008 gli arruolamenti di personale presso il Comando Carabinieri per la tutela dell’ambiente, autorizzati per il 2007 dall’art. 1, comma 574, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).

 

L’art. 1, comma 574, della legge n. 296 del 2006 autorizzava il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ad avvalersi di strutture specialistiche del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, allo scopo di potenziare gli strumenti per la lotta alle forme di criminalità organizzata in campo ambientale, anche attraverso azioni di ricerca operativa e di intelligence. A tal fine il predetto Comando Carabinieri per la tutela dell’ambiente veniva autorizzato, per l'anno 2007, a ricorrere ad arruolamenti straordinari fino ad un massimo di venti unità di personale, anche in questo caso da considerarsi in soprannumero rispetto all'organico dell'Arma previsto dalle norme vigenti. Tale contingente avrebbe dovuto essere composto da sei tenenti, dodici ispettori e due appuntati/carabinieri.

 


 

Articolo 2, commi 78-81
(Misure a sostegno di personale operante in aree militari e nei poligoni di tiro e incremento del fondo bonifiche delle aree militari)

 


78. Al fine di pervenire al riconoscimento della causa di servizio e di adeguati indennizzi al personale italiano impiegato nelle missioni militari all’estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonché al personale civile italiano nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale, che abbiano contratto infermità o patologie tumorali connesse all’esposizione e all’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito e alla dispersione nell’ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico, ovvero al coniuge, al convivente, ai figli superstiti nonché ai fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti in caso di decesso a seguito di tali patologie, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2008-2010.

79. Con regolamento da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi dell’articolo17, comma 1, dellalegge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro della salute, sono disciplinati i termini e le modalità per la corresponsione ai soggetti di cui al comma 78 ed entro il limite massimo di spesa ivi stabilito delle misure di sostegno e tutela previste dalle leggi 13 agosto 1980, n. 466, 20 ottobre 1990, n. 302, 23 novembre 1998, n. 407, e 3 agosto 2004, n. 206.

80. La dotazione del Fondo istituito all’articolo1, comma 898, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, è determinata in 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2008-2010.

81. L’autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 16 luglio 1997, n. 264, è ridotta dell’importo di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.


 

 

Il comma 78 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2008 al 2010 per provvedere al ristoro dei danni di coloro che abbiano contratto infermità o patologie tumorali connesse:

a)      all’esposizione e all’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito;

b)      all’esposizione alla dispersione di nanoparticelle di minerali pesanti, prodotte da esplosione di materiale bellico.

 

Si ricorda che l’uranio impoverito deriva dall’uranio naturale, un elemento radioattivo presente generalmente nel terreno e nelle rocce. L’uranio naturale contiene tre diversi isotopi: U-235, U-234 e U-238. L’uranio è il principale combustibile utilizzato nella produzione dell’energia nucleare. Per ottenere uranio di grado sufficientemente elevato per essere utilizzato in tale impiego è necessario effettuare un trattamento di arricchimento.

Il trattamento di arricchimento sopprime quasi completamente l’isotopo U-234 e i due terzi dell’U-235. La sostanza che residua dopo il trattamento, denominata uranio impoverito, è composta dell’isotopo meno radioattivo, l’U-238, che presenta una radioattività inferiore di circa il 60% di quella dell’uranio naturale.

Gli impieghi militari dell’uranio impoverito comprendono l’integrazione nelle blindature e nei proiettili anti-blindato. L’efficacia in tali impieghi è dovuta al fatto che l’uranio impoverito ha una densità del 65% maggiore del piombo e ciò lo rende particolarmente atto all'impiego nelle corazzature dei veicoli e nelle munizioni ad efficacia cinetica. I proiettili all’uranio impoverito sono infatti considerati fra i più efficaci proiettili anticarro. Al momento dell’impatto del proiettile contenente uranio impoverito si sviluppano temperature estremamente alte e parte del proiettile può vaporizzare (“aerosol”).

Recentemente, i vertici delle Forze armate, nell’ambito dell’indagine conoscitiva condotta dalla IV Commissione Difesa della Camera sulle servitù militari, hanno dichiarato che le forze armate italiane non hanno mai fatto uso di munizionamento ad uranio impoverito.

 

In particolare, la norma in esame autorizza la predetta spesa al fine di:

§       pervenire al riconoscimento della causa di servizio;

§       pervenire al riconoscimento di adeguati indennizzi a favore delle seguenti categorie di soggetti:

a)      personale italiano impiegato:

-        nelle missioni militari all’estero,

-        nei poligoni di tiro;

-        nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti (senza ulteriore specificazione);

b)      personale civile italiano che si trovi:

-        nei teatri di conflitto;

-        nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale;

c)      il coniuge, il convivente, i figli superstiti, nonché i fratelli a carico delle persone di cui sopra, qualora siano gli unici superstiti in caso di decesso a seguito delle suddette patologie.

 

Il comma 79 prevede che, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, sia emanato un regolamento di delegificazione ai sensi della legge n. 400 del 1988[119], su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa e il Ministro della salute, per disciplinare le modalità e i termini per la corresponsione delle misure di sostegno e tutela previste per le vittime del dovere e del terrorismo ai sensi della leggi n. 466 del 1980[120],n. 302 del 1990[121], n. 407 del 1998[122] e n. 206 del 2004[123] e successive modificazioni.

 

La disciplina legislativa in materia di vittime del dovere e del terrorismo è particolarmente stratificata e complessa, tant'è che la legge di semplificazione per il 2005 [124], all'art. 3, ha previsto una delega triennale al Governo per il completo riassetto della normativa. Brevemente può ricordarsi che al godimento dei benefici già riconosciuti agli appartenenti ai corpi di polizia vittime del dovere, la legge del 1980 ammetteva i militari, i magistrati, il personale civile dell’Amministrazione penitenziaria, i cittadini italiani, stranieri, gli apolidi vittime di azioni terroristiche, nonché i familiari delle vittime decedute; successivamente la legge del 1990 estendeva i benefici anche alle vittime degli atti eversivi e della criminalità organizzata di tipo mafioso. Infine la legge del 2004 li ha estesi a tutte le vittime degli atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice, compiuti sul territorio nazionale o extranazionale, se coinvolgenti cittadini italiani, nonché ai loro familiari superstiti. Ha inoltre stabilito che coloro che hanno subito un'invalidità permanente pari o superiore all'80 per cento della capacità lavorativa, causata da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice, sono equiparati, ad ogni effetto di legge, ai grandi invalidi di guerra di cui all'articolo 14 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915[125].

Da ultimo è intervenuto in materia l'articolo 34 del decreto legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale), che al comma 1 estende alle vittime del dovere ed ai familiari superstiti nonché alle vittime della criminalità organizzata ed ai familiari superstiti - individuate rispettivamente ai sensi della legge finanziaria 2006 e della legge n. 302 del 1990 - le elargizioni previste per le vittime del terrorismo dalla legge n. 206 del 2004. Risultano pertanto automaticamente equiparati alle vittime del terrorismo anche i soggetti già equiparati dalla legislazione vigente alle vittime del dovere, ossia coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative.

I benefici previsti per le vittime del terrorismo consistono nell'elargizione a favore di chi abbia subito un'invalidità permanente a causa di un atto di terrorismo, di un beneficio proporzionato alla percentuale di invalidità riportata, in ragione di 2.000 euro per ogni punto percentuale, e comunque non superiore a 200.000 euro; nell'elargizione a favore dei componenti della famiglia di colui che, in conseguenza dell'atto di terrorismo, abbia perso la vita, pari a 200.000 euro. La disposizione in esame prevede che ai beneficiari vadano compensate le somme già percepite.

Si segnala, per altro, che, per effetto delle modifiche introdotte dal Senato, è stata ampliata l'efficacia temporale della disposizione, nel senso che l'estensione dei benefici previsti per le vittime del terrorismo non è più limitata, come prevedeva originariamente il decreto-legge, alle sole vittime del dovere e alle vittime della criminalità organizzata ed ai relativi familiari superstiti riconosciute tali alla data di entrata in vigore del decreto medesimo. Di conseguenza, è stata inserita una autorizzazione di spesa, non solo per l'anno 2007, ma anche per gli anni seguenti, per far fronte agli oneri derivanti dai riconoscimenti successivi alla predetta data.

Sempre per effetto delle modifiche introdotte dal Senato, sono state apportate alcune novelle alla legge sulle vittime del terrorismo (legge n. 206 del 2004).

In primo luogo, è stata ampliata la nozione di «atto di terrorismo», anche alle «azioni criminose compiute sul territorio nazionale in via ripetitiva, rivolte a soggetti indeterminati e poste in essere in luoghi pubblici e aperti al pubblico». Come emerge dal dibattito presso la Commissione bilancio del Senato, la disposizione è finalizzata a estendere i benefici della legge sulle vittime del terrorismo anche alle vittime di atti criminosi indiscriminati e ripetitivi dei quali potrebbe non essere certa la finalità terroristica.

In secondo luogo, il trattamento economico riservato a chi abbia subito un'invalidità permanente in conseguenza di atti di terrorismo, nonché alle vedove e agli orfani, ai fini della liquidazione della pensione e dell'indennità di fine rapporto, o di altro trattamento equipollente, viene determinato non più facendo riferimento agli incrementi stipendiali previsti dall'articolo 2 della legge n. 336 del 1970 a favore dei dipendenti pubblici ex combattenti o assimilati, ma alla retribuzione pensionabile incrementata del 7,5 per cento.

In terzo luogo, in relazione ai benefici riconosciuti dalla legge finanziaria 2007 ai soggetti che abbiano subito un'invalidità permanente di qualsiasi entità e grado della capacità lavorativa, a causa di atti di terrorismo o ai loro familiari (il coniuge e i figli anche maggiorenni) siano essi dipendenti pubblici o privati, si prevede un'indennità, a favore dei lavoratori autonomi e dei liberi professionisti, a titolo di trattamento equipollente al trattamento di fine rapporto. Tale indennità è determinata applicando appositi parametri ad una base, rappresentata dalla media dei redditi da lavoro autonomo o da attività libero professionale percepiti negli ultimi cinque anni di contribuzione, moltiplicata per dieci.

 

Il comma 80 stabilisce che la dotazione del Fondo per le bonifiche delle aree militari è fissata in 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

Si ricorda che il Fondo per le bonifiche delle aree militari è stato istituito con l’articolo 1, comma 898 della legge finanziaria per il 2007. Si tratta di un fondo di conto capitale, previsto nello stato di previsione del Ministero della Difesa, destinato alle bonifiche delle aree militari, sia dismesse che attive, e di pertinenza dei poligoni militari di tiro, nonché delle unità navali, da effettuarsi d’intesa con il Ministero dell’Ambiente, anche mediante l’impiego del Genio militare. La dotazione iniziale era di 25 milioni di euro. La ripartizione del fondo va effettuata con decreti del Ministro della Difesa, emanati di concerto con il Ministero dell’Ambiente e comunicati al Ministero dell’Economia e Finanze.

Il comma 81 dispone che l’autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 16 luglio 1997, n. 264[126], sia conseguentemente ridotta dell’importo di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

Si segnala che nel testo risulta un riferimento all’autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo n. 264 del 1997, relativo al riordino dell’area centrale della Difesa, che peraltro non sembra prima facie contenere una espressa autorizzazione di spesa.


 

Articolo 2, commi 82-83
(Razionalizzazione del sistema delle intercettazioni telefoniche, ambientali e altre forme di comunicazione informatica o telematica)

 


82. Il Ministero della giustizia provvede entro il 31 gennaio 2008 ad avviare la realizzazione di un sistema unico nazionale, articolato su base distrettuale di corte d’appello, delle intercettazioni telefoniche, ambientali e altre forme di comunicazione informatica o telematica disposte o autorizzate dall’autorità giudi­ziaria, anche attraverso la razionaliz­zazione delle attività attualmente svolte dagli uffici dell’amministrazione della giustizia. Contestualmente si procede all’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 96 del codice delle comu­nicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni.

83. Il Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, procede al monitoraggio dei costi complessivi delle attività di intercettazione disposte dall’autorità giudiziaria.


 

 

I commi 82 e 83 dell’articolo 2 prevedono la razionalizzazione del sistema delle intercettazioni telefoniche, ambientali e di altre forme di comunicazione informatica o telematica.

 

In particolare, il comma 82 prevede, nel primo periodo, che il Ministro della giustizia, entro il 31 gennaio 2008, avvii la realizzazione di un "sistema unico" nazionale delle intercettazioni telefoniche, ambientali e di altre forme di comunicazione informatica o telematica disposte o autorizzate dall’autorità giudiziaria, anche attraverso la razionalizzazione delle attività attualmente svolte dagli uffici dell’Amministrazione della giustizia. Tale sistema unico dovrà essere articolato su base distrettuale di corte d’appello.

Sebbene la disposizione in esame non fornisca dettagli sulle caratteristiche di tale sistema unico, parrebbe che esso debba condurre ad una razionalizzazione delle spese connesse all'esecuzione delle operazioni di intercettazione.

La relazione di accompagnamento del disegno di legge finanziaria (A.S. 1817), infatti, afferma che il sistema unico nazionale «consentirà di superare l’attuale ricorso al noleggio di apparati in sede locale».

 

Si ricorda che i costi connessi alle operazioni di intercettazione derivano da tre distinte voci: dalla remunerazione degli operatori delle comunicazioni che svolgono le intercettazioni; dall’acquisizione dei tabulati telefonici; dal noleggio dei macchinari.

Per quanto riguarda il costo delle intercettazioni, in Italia, contrariamente a quanto avviene in altri Paesi europei, gli operatori telefonici, sebbene obbligati a collaborare con l'autorità giudiziaria, hanno diritto ad ottenere una controprestazione economica per le attività connesse all'intercettazione.

Ai sensi dell'art. 7, comma 13, del D.P.R. 19 settembre 1997, n. 318[127], infatti, «le prestazioni effettuate a fronte di richieste di intercettazioni e di informazioni da parte delle competenti autorità giudiziarie sono obbligatorie, non appena tecnicamente possibile da parte dell'organismo di telecomunicazioni nei tempi e nei modi che questo concorderà con le predette Autorità. Le prestazioni relative alle richieste di intercettazioni vengono remunerate secondo un listino, redatto per tipologie e fasce quantitative di servizi, proposto dall'organismo di telecomunicazioni ed approvato dal Ministero delle comunicazioni di concerto con il Ministero della giustizia». Il listino è stato approvato con D.M. 26 aprile 2001[128] .

Successivamente, il D.P.R. 318/1997 è stato abrogato dal decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259[129] , il cui art. 96 (rubricato "Prestazioni obbligatorie") prevede l’obbligatorietà, per gli operatori, di acconsentire alle richieste di intercettazioni da parte dell’autorità giudiziaria. I tempi e i modi delle intercettazioni sono concordati con le predette autorità in attesa dell’approvazione di un apposito repertorio.

Il ristoro dei costi sostenuti dagli operatori e le modalità di pagamento sono stabiliti con decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle comunicazioni, in forma di canone annuo determinato anche in considerazione del numero e della tipologia delle prestazioni complessivamente effettuate nell'anno precedente.

Il repertorio dovrà essere approvato con decreto del Ministro delle comunicazioni, di concerto con i Ministri della giustizia e dell'interno. Nelle more dell’approvazione del repertorio, continua ad applicarsi il listino adottato con D.M. 26 aprile 2001.

 

Per quanto riguarda il noleggio delle apparecchiature, attualmente il procedimento di scelta del contraente per la fornitura del servizio in questione avviene a livello di singola Procura.

 

Il Ministero della Giustizia, Direzione generale di statistica, ha pubblicato sul proprio sito internet i dati nazionali relativi ai costi delle intercettazioni e del noleggio degli apparati nel quadriennio 2003-2006 .

 

(importi totali in euro)

2003

2004

2005

2006

263.861.624

254.053.063

286.962.492

223.976.088

 

Il secondo periodo del comma 82 dispone affinché, contestualmente all'avvio del sistema unico, si proceda all’adozione dei provvedimenti previsti dal citato art. 96 del d.lgs. n. 259 del 2003 (v. sopra): repertorio delle prestazioni obbligatorie e decreto sui costi.

 

Ai sensi del comma 83, il Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, procede al monitoraggio dei costi complessivi delle attività di intercettazione disposte dall’autorità giudiziaria.

 


 

Articolo 2, commi 84-85
(Misure in favore della giustizia minorile)

 

84. Al fine di garantire la continuità dei servizi di assistenza e di vigilanza nei confronti dei minorenni collocati, a seguito di provvedimento dell’autorità giudiziaria, nelle comunità dell’am­ministrazione della giustizia minorile, previste dall’articolo10deldecreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, al personale appartenente ai profili di operatore e di assistente di vigilanza è corrisposta, in presenza di articolazioni di orario, l’indennità di turnazione prevista dal contratto collettivo nazionale del comparto Ministeri, con modalità e criteri che sono stabiliti in sede di contrattazione integrativa.

85. Per le finalità di cui al comma 84 è autorizzato in favore del Ministero della giustizia uno specifico stanziamento di euro 307.000 per l’anno 2008.

 

 

Il comma 84 dell’articolo 2 prevede la corresponsione dell'indennità di turnazione agli operatori ed agli assistenti di vigilanza in servizio presso le comunità di cui all'art. 10 del decreto legislativo n. 272 del 1989[130], organizzate dall'amministrazione della giustizia minorile.

 

Ai sensi dell'art. 10 del decreto legislativo n. 272/1989, i centri per la giustizia minorile stipulano convenzioni con comunità pubbliche e private, associazioni e cooperative che operano in campo adolescenziale e che siano riconosciute o autorizzate dalla regione competente per territorio. Essi possono altresì organizzare proprie comunità, anche in gestione mista con enti locali.

L'organizzazione e la gestione delle comunità deve rispondere ai seguenti criteri:

a)       organizzazione di tipo familiare, che preveda anche la presenza di minorenni non sottoposti a procedimento penale e capienza non superiore alle dieci unità, tale da garantire, anche attraverso progetti personalizzati, una conduzione e un clima educativamente significativi;

b)       utilizzazione di operatori professionali delle diverse discipline;

c)       collaborazione di tutte le istituzioni interessate e utilizzazione delle risorse del territorio.

Operatori dei servizi minorili dell'amministrazione della giustizia possono essere distaccati presso comunità e strutture pubbliche o convenzionate per compiti di collaborazione interdisciplinare.

Le comunità sono dunque strutture utilizzate, nella maggior parte dei casi, per l'esecuzione delle misure cautelari non detentive e della misura di sicurezza del riformatorio giudiziario, con dimensioni strutturali e organizzative connotate da una forte apertura al contesto ambientale.

I collocamenti in comunità possono essere disposti sia verso le comunità dell'amministrazione della giustizia minorile, avviate e gestite direttamente dall'amministrazione stessa (cui si riferisce la disposizione in esame), sia verso comunità private, associazioni e cooperative, con cui l'amministrazione della giustizia minorile stipula convenzioni, al fine di aumentare la possibilità di accesso dei minori a tale tipo di strutture.

 

L'indennità in questione, corrisposta in presenza di articolazioni di orario, è prevista dal contratto collettivo nazionale del comparto Ministeri. Le modalità e i criteri di corresponsione sono stabiliti in sede di contrattazione integrativa.

 

A tal fine, comunque, il comma 85 dell’articolo 2 autorizza, a favore del Ministero della giustizia, uno stanziamento di 307.000 euro per l'anno 2008.


 

Articolo 2, commi 86-88
(Norme per il finanziamento dell’OIC, dell’IASB e dell’EFRAG)

 


86. Al finanziamento dell’Organismo italiano di contabilità (OIC), fondazione di diritto privato avente piena autonomia statutaria, concorrono le imprese attraverso contributi derivanti dall’appli­cazione di una maggiorazione dei diritti di segreteria dovuti alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura con il deposito dei bilanci presso il registro delle imprese ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera e), della legge 29 dicembre 1993, n. 580.

87. Il Collegio dei fondatori dell’OIC stabilisce annualmente il fabbisogno di finanziamento dell’OIC nonché le quote del finanziamento di cui al comma 86 da destinare all’International Accounting Standards Board (IASB) e all’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG).

88. Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, provvede con decreto, ai sensi dell’articolo18, comma 2, dellalegge 29 dicembre 1993, n. 580, a definire la misura della maggiorazione di cui al comma 86 sulla base delle indicazioni di fabbisogno trasmesse dall’OIC. Con lo stesso decreto sono individuate le modalità di corresponsione delle relative somme all’OIC tramite il sistema camerale.


 

 

I commi da 86 a 88 dell’articolo 2 recano disposizioni in materia di finanziamento dell’Organismo italiano di contabilità (OIC).

 

In particolare, ai sensi del comma 86, il finanziamento deve essere effettuato mediante un incremento dei diritti di segreteria versati dalle imprese per il deposito dei bilancio presso il registro delle imprese tenuto nelle Camere di commercio, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera e), della legge n. 580 del 1993.

 

L'Organismo Italiano di Contabilità è una fondazione costituita in data 27 novembre 2001. La struttura dell'OIC è formata da: un Collegio dei Fondatori, un Consiglio di Amministrazione, un Comitato Esecutivo, un Comitato Tecnico-Scientifico e un Collegio dei Revisori dei Conti.

Alla stipula dell'atto costitutivo hanno partecipato, in qualità di Fondatori, le organizzazioni rappresentative delle principali categorie di soggetti privati interessate alla materia. In particolare, gli attuali componenti del Collegio dei Fondatori, sono: per la professione contabile, l'Assirevi, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e il Consiglio Nazionale dei Ragionieri; per i preparers, l'Abi, l'Andaf, l'Ania, l'Assilea, l'Assonime, la Confagricoltura, la Confapi, la Confcommercio e la Confindustria; per gli analisti e investitori finanziari (users), l'Aiaf, l'Assogestioni e la Centrale Bilanci; per i mercati mobiliari, la Borsa Italiana.

Ai sensi dell’articolo 4 dello Statuto, il patrimonio della Fondazione è costituito:

-        dal fondo di dotazione costituito dai conferimenti in denaro o beni mobili e immobili, o altre utilità impiegabili per il perseguimento degli scopi, effettuati dai Fondatori o da terzi;

-        dai beni che potranno pervenire alla Fondazione per testamento, donazione o ad altro titolo nonché da contributi da parte di privati, enti, istituzioni italiane, estere o sovranazionali, espressamente destinati ad incremento del patrimonio;

-        dagli avanzi della gestione annuale riportati a nuovo.

L’articolo 5 dello Statuto stabilisce che il fondo di gestione è costituito:

-        dalle rendite e dai proventi derivanti dal patrimonio della Fondazione medesima;

-        da eventuali donazioni o disposizioni testamentarie, che non siano espressamente destinate al patrimonio;

-        da eventuali contributi attribuiti da parte di privati, enti (pubblici e privati), istituzioni italiane, estere o sovranazionali, senza espressa destinazione al patrimonio;

-        dai contributi dei Fondatori e degli Aderenti;

-        dai ricavi delle attività istituzionali, accessorie, strumentali e connesse.

 

I principali compiti dell'OIC sono:

-        emanare principi contabili per la redazione dei bilanci delle aziende private, non profit e pubbliche per i quali non è prevista l'applicazione degli Ias;

-        coadiuvare il legislatore nell'emanazione della normativa in materia contabile e connessa;

-        fornire supporto all'applicazione in Italia dei principi contabili internazionali;

-        svolgere un ruolo di collaborazione e di stimolo nei confronti dello IASB;

-        operare in stretto contatto con l’EFRAG, di cui è una sorta di "second staff";

-        promuovere la cultura contabile.

L'OIC, coordinando i propri lavori con le attività degli altri "standard setters" europei, nel rispetto delle norme di legge e regolamentari vigenti, fornisce inoltre il supporto tecnico in relazione all'applicazione in Italia dei principi contabili internazionali e delle direttive comunitarie in materia contabile.

 

Il successivo comma 87 dispone che il Collegio dei Fondatori dell’OIC stabilisca annualmente il fabbisogno di finanziamento dell’Organismo e le quote dello stesso da destinare all’International Accounting Standards Board (IASB) e all’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG).

 

L'International Accounting Standards Committee (IASC), ora denominato International Accounting Standards Board (IASB) è l’organismo responsabile dell’emanazione dei principi contabili internazionali. In qualità di ente di carattere privatistico, lo IASB non vanta alcun “diritto di imposizione” nei confronti degli organismi che vi aderiscono e, di conseguenza, non può obbligare loro l’utilizzo dei propri principi, dovendosi limitare a incentivarne la libera accettazione. Il suo operato, tuttavia, acquisisce autorevolezza grazie all’appoggio del Comitato di Basilea, della IOSCO, dell’EFRAG, di organismi intergovernativi quali OCSE e ONU e di enti per lo sviluppo come la Banca Mondiale.

L’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG), è un organismo tecnico di riferimento dell’Unione europea e ad esso l’Unione fa riferimento per valutare la capacità dei principi contabili internazionali (Ias/Ifrs) di rappresentare «in modo veritiero e corretto» la situazione aziendale delle società europee, e contestualmente, di tutelare l’«interesse pubblico europeo» come specificato nell’articolo 3 del Regolamento 1606/2002. Le principali funzioni di tale organismo sono:

-        contribuire attivamente e in maniera propositiva al lavoro svolto dallo IASB;

-        coadiuvare la Commissione Europea nella modifica delle direttive comunitarie

-        fornire il necessario supporto tecnico per confermare o meno l'applicabilità degli IFRS e delle relative interpretazioni quali principi contabili dell'Unione Europea.

Più specificamente si ricorda che ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 1606/2002 si intendono per «principi contabili internazionali» gli International Accounting Standards (IAS), gli International Financial Reporting Standards (IFRS) e le relative Interpretazioni (interpretazioni SIC/IFRIC), le successive modifiche di detti principi e le relative interpretazioni, i principi e le relative interpretazioni che saranno emessi o adottati in futuro dall'International Accounting Standards Board (IASB).

 

Ai sensi del comma 88, il fabbisogno individuato dal Collegio dei fondatori è comunicato al Ministro dello sviluppo economico il quale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, definisce la misura della maggiorazione del diritto camerale e individua le modalità di corresponsione delle relative somme all’OIC, provvedendo con decreto ex art. 18, comma 2, legge n. 580/1993.

 

In sintesi, si ricorda che l'articolo 18 della leggen. 580/93"Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura”, indica tra le fonti di finanziamento un diritto annuale dovuto da ogni impresa iscritta o annotata nel registro. Tale diritto, istituito dall'articolo 34 del D.L. n. 786 del 1981 (conv. con modif. dalla legge n. 51 del 1982), viene determinato con decreto del Ministro dell'industria (ora delle attività produttive), di concerto con il Ministro del tesoro (ora dell’economia e delle finanze), in relazione al fabbisogno finanziario dei servizi dovuti dal sistema camerale sul territorio nazionale, detratto di una quota connessa ad un gradiente di efficienza determinato dopo aver acquisito il parere dell'Unioncamere e delle organizzazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative a livello nazionale.


 

Articolo 2, commi 89-90
(Criteri per il calcolo dell’indennità di espropriazione)

 


89. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 37 (L), i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:

«1. L’indennità di espropriazione di un’area edificabile è determinata nella misura pari al valore venale del bene. Quando l’espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale, l’indennità è ridotta del 25 per cento. (L).

2. Nei casi in cui è stato concluso l’accordo di cessione, o quando esso non è stato concluso per fatto non imputabile all’espropriato ovvero perché a questi è stata offerta un’indennità provvisoria che, attualizzata, risulta inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva, l’indennità è aumentata del 10 per cento. (L)»;

b) all’articolo 45 (L), comma 2, lettera a), le parole: «senza la riduzione del quaranta per cento» sono sostituite dalle seguenti: «con l’aumento del dieci per cento di cui al comma 2 dell’articolo 37»;

c) all’articolo 20 (L), comma 14, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «L’autorità espropriante dispone il deposito, entro trenta giorni, presso la Cassa depositi e prestiti Spa, della somma senza le maggiorazioni di cui all’articolo 45»;

d) all’articolo 22 (L), comma 3, le parole: «, senza applicare la riduzione del quaranta per cento di cui all’articolo 37, comma 1» sono soppresse;

e) all’articolo 55 (L), il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Nel caso di utilizzazione di un suolo edificabile per scopi di pubblica utilità, in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio alla data del 30 settembre 1996, il risarcimento del danno è liquidato in misura pari al valore venale del bene. (L)».

90. Le disposizioni di cui all’articolo 37, commi 1 e 2, e quelle di cui all’articolo 45, comma 2, lettera a), del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, come modificati dal comma 89 del presente articolo, si applicano a tutti i procedimenti espropriativi in corso, salvo che la determinazione dell’indennità di espro­priazione sia stata condivisa, ovvero accettata, o sia comunque divenuta irrevocabile.


 

 

I commi 89 e 90 novellano il testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità (recato dal DPR 8 giugno 2001, n. 327). Tali disposizioni introducono nuovi criteri per il calcolo dell’indennità di esproprio e di occupazione acquisitiva, a seguito delle sentenze della Corte costituzionale nn. 348 e 349 del 2007[131], che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme nazionali in materia.

Con tali sentenze, che hanno invertito l’orientamento consolidatosi negli anni[132], la Corte ha giudicato lesive dell’art. 117, primo comma, della Costituzione, l’art. 37, commi 1 e 2[133], del testo unico “in quanto le somme liquidate al proprietario del bene espropriato non sono adeguatamente proporzionate al valore di mercato del bene” e l’art. 5-bis, comma 7-bis, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333[134] (confluito nell’art. 55 del DPR n. 327 del 2001)[135] “nella parte in cui non prevede un ristoro integrale del danno subito per effetto dell’occupazione acquisitiva da parte della pubblica amministrazione, corrispondente al valore di mercato del bene occupato, ponendosi in tal modo in contrasto con gli obblighi internazionali sanciti dall’art. 1 del Primo protocollo addizionale alla CEDU”.

L'art. 117, primo comma, della Costituzione impone, infatti, allo Stato e alle Regioni di esercitare la loro potestà legislativa nel rispetto, tra l'altro, degli obblighi internazionali, fra i quali vi rientrano anche quelli derivanti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata con la legge n. 848 del 1955.

In particolare, l’art. 1 del Primo Protocollo della CEDU[136] tutela la proprietà privata e la Corte europea dei diritti dell'uomo, ha più volte ritenuto la normativa italiana sull’indennità di esproprio delle aree edificabili in contrasto con la CEDU[137]. Sugli effetti sull’ordinamento nazionale delle norme comunitarie e di quelle contenute nei trattati internazionali, e sul dibattito dottrinale e giurisprudenziale susseguitosi negli anni in seguito alle sentenze della Corte europea per i diritti dell’uomo e della Corte costituzionale (ivi comprese le recenti sentenze nn. 348 e 349) si rinvia alla dottrina in materia[138].

Un intervento normativo in materia è stato altresì sollecitato dall’VIII Commissione (Ambiente), con l’approvazione della risoluzione n. 8/00099 a prima firma Realacci[139](approvata il 14 novembre 2007), con cui si è impegnato il Governo “ad adottare ogni opportuna iniziativa finalizzata a pervenire ad una nuova disciplina legislativa dell'indennità di espropriazione, tenendo presenti i criteri individuati nella sentenza n. 348 del 2007 della Corte costituzionale” e “a muoversi, in questo contesto e in coerenza con la giurisprudenza costituzionale, verso una commisurazione dell'indennità di espropriazione superiore a quella fissata dalla legislazione vigente, adottando tuttavia una logica che - non potendo garantire l'integrale applicazione del valore di mercato - miri ad assicurare una maggiore prossimità di tale indennità con il valore venale del bene ablato”.

Si ricorda, in proposito, che la sentenza n. 348 del 2007 ha dettato i seguenti principi in materia di revisione dell'indennità di esproprio (richiamati anche nella risoluzione citata):

a) «il legislatore non ha il dovere di commisurare integralmente l'indennità di espropriazione al valore di mercato del bene ablato. L'articolo 42 Cost. prescrive alla legge di riconoscere e garantire il diritto di proprietà, ma ne mette in risalto la «funzione sociale»»; ciò comporta, dunque, che il valore dell'indennità corrisponda ad un equo e ragionevole indennizzo del danno prodotto e non all'integrale valore venale del bene;

b) «valuterà il legislatore se l'equilibrio tra l'interesse individuale dei proprietari e la funzione sociale della proprietà debba essere fisso e uniforme, oppure, in conformità all'orientamento della Corte europea, debba essere realizzato in modo differenziato, in rapporto alla qualità dei fini di utilità pubblica perseguiti», posto che secondo la CEDU vi è la possibilità di distinguere due tipologie di obiettivi di utilità sociale a cui possono essere preordinate le espropriazioni: da un lato, obiettivi di riforma economica o sociale o di mutamento del contesto politico istituzionale; dall'altro obiettivi di utilità sociale che non si inseriscono in una prospettiva di ampia riforma e che si realizzano attraverso «espropriazioni isolate». Infatti, secondo la Corte, l'eccessivo livello della spesa per espropriazioni renderebbe impossibili o troppo onerose iniziative riconducibili alla prima categoria di espropriazioni; “tale effetto non deriverebbe invece da una riparazione, ancorché più consistente, per gli «espropri isolati», di cui parla la Corte di Strasburgo”.

c) esiste, quindi, “la possibilità di arrivare ad un giusto mezzo, che possa rientrare in quel «margine di apprezzamento», all'interno del quale è legittimo, secondo la costante giurisprudenza della Corte di Strasburgo, che il singolo Stato si discosti dagli standard previsti in via generale dalle norme CEDU, così come interpretate dalle decisioni della stessa Corte”. Secondo la Corte, «criteri di calcolo fissi e indifferenziati rischiano di trattare allo stesso modo situazioni diverse, rispetto alle quali il bilanciamento deve essere operato dal legislatore avuto riguardo alla portata sociale delle finalità pubbliche che si vogliono perseguire, pur sempre definite e classificate dalla legge in via generale»;

d) «i parametri per la determinazione dell'indennità di espropriazione riguardante aree edificabili devono fondarsi sulla base di calcolo rappresentata dal valore del bene, quale emerge dal suo potenziale sfruttamento non in astratto, ma secondo le norme ed i vincoli degli strumenti urbanistici vigenti nei diversi territori».

 

Il comma 89 novella gli articoli 37, 45, 20, 22 e 55 del testo unico in materia edilizia; il comma 90 reca una disposizione di carattere transitorio.

La lettera a) del comma 89 dell’articolo in esame riscrive i primi due commi dell’art. 37 del testo unico, prevedendo che l'indennità di espropriazione di un'area edificabile:

§      sia determinata nella misura pari al valore venale del bene;

§      sia ridotta del 25% quando l’espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale.

L’articolo 37, comma 1, censurato dalla Consulta, prevedeva la determinazione dell’indennità di espropriazione di un'area edificabile “nella misura pari all'importo, diviso per due e ridotto nella misura del quaranta per cento, pari alla somma del valore venale del bene e del reddito dominicale netto, rivalutato ai sensi degli articoli 24 e seguenti del decreto legislativo 22 dicembre 1986, n. 917, e moltiplicato per dieci”.

In proposito l’ANCE sottolinea che “tale criterio (media tra valore venale e reddito dominicale e detrazione del 40%) - previsto in origine in via transitoria fino all'emanazione di una disciplina organica in materia e giustificato dalla grave congiuntura economica del Paese all'inizio degli anni 90 - determina nella pratica un indennizzo oscillante fra il 50 e il 30% del valore di mercato del bene, ulteriormente decurtato dell’imposta fiscale che si attesta su valori di circa il 20%”[140].

 

Il nuovo comma 2 elenca i seguenti casi nei quali viene previsto un aumento del 10% dell’indennità:

§      è stato concluso l'accordo di cessione;

§      l’accordo di cessione non è stato concluso:

-       per fatto non imputabile all'espropriato;

-       perché a questi sia stata offerta una indennità provvisoria che, attualizzata, risulti inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva.

Tali fattispecie corrispondono a quelle previste dall’articolo 37, comma 2, anch’esso dichiarato incostituzionale, ai fini dell’esclusione della riduzione di cui al comma 1.

 

Le lettere b), c) e d) recano modifiche consequenziali di coordinamento rispetto a quelle recate dalla lettera a) all’art. 37, commi 1 e 2.

La lettera b) modifica la lettera a) dell’articolo 45, comma 2, del testo unico, relativo alla determinazione del corrispettivo dell’accordo di cessione, prevedendo che esso sia calcolato ai sensi dell’articolo 37, “con l’aumento del 10% di cui al comma 2 del medesimo articolo 37”, piuttosto che “senza la riduzione del 40%” (riduzione venuta meno a seguito della novella apportata all’articolo 37, comma 2, dalla lettera a).

L’art. 45, comma 1, del testo unico dispone che “Fin da quando è dichiarata la pubblica utilità dell'opera e fino alla data in cui è eseguito il decreto di esproprio, il proprietario ha il diritto di stipulare col soggetto beneficiario dell'espropriazione l'atto di cessione del bene o della sua quota di proprietà” e, secondo il testo oggetto della novella che “il corrispettivo dell'atto di cessione, se riguarda un'area edificabile, è calcolato ai sensi dell'articolo 37, senza la riduzione del quaranta per cento”.

La lettera c) riscrive il secondo periodo del comma 14 dell’art. 20 del testo unico, al fine di eliminare i riferimenti ai precedenti criteri di calcolo, in modo che il periodo si limiti a disporre il deposito della somma senza le maggiorazioni di cui all’articolo 45.

L’articolo 20 (relativo alla determinazione provvisoria dell'indennità di espropriazione) del testo unico, dispone, al comma 14, che, decorsi inutilmente trenta giorni dalla notificazione al proprietario dell’atto che determina in via provvisoria la misura della indennità di espropriazione, la determinazione si intende non concordata e, al secondo periodo, che “L'autorità espropriante dispone il deposito, entro trenta giorni, presso la Cassa depositi e prestiti, della somma ridotta del quaranta per cento se l'area è edificabile, ovvero senza le maggiorazioni di cui all'articolo 45 se l'area non è edificabile”.

La lettera d) provvede ad eliminare, dal testo dell’art. 22, comma 3, del testo unico, i riferimenti ai precedenti criteri di calcolo, in modo che il comma citato si limiti a disporre il pagamento dell'indennità di espropriazione nei termini indicati.

L’articolo 22 del testo unico (relativo alla determinazione urgente dell'indennità provvisoria) dispone, al comma 3, che “Ricevuta dall'espropriato la comunicazione di cui al comma 1 e la documentazione comprovante la piena e libera disponibilità del bene, l'autorità espropriante dispone il pagamento dell'indennità di espropriazione nel termine di sessanta giorni, senza applicare la riduzione del quaranta per cento di cui all'articolo 37, comma 1. Decorso tale termine al proprietario sono dovuti gli interessi nella misura del tasso legale”.

 

La lettera e) invece – attraverso una novella all’articolo 55, comma 1, del testo unico – interviene sui criteri per il calcolo del risarcimento del danno nel caso di occupazione acquisitiva antecedente al 30 settembre 1996. La novella in particolare è finalizzata ad eliminare i riferimenti ai criteri precedenti stabilendo che il danno sia risarcito in misura pari al valore venale del bene.

L’art. 55, comma 1, del DPR n. 327/2001 (disciplinante le occupazioni senza titolo, anteriori al 30 settembre 1996), dispone che “Nel caso di utilizzazione di un suolo edificabile per scopi di pubblica utilità, in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio alla data del 30 settembre 1996, ai fini della determinazione del risarcimento del danno si applicano i criteri previsti dall'articolo 37, comma 1, con esclusione della riduzione del quaranta per cento e con l'incremento dell'importo nella misura del dieci per cento”.

Il comma 90 reca, infine, una disciplina transitoria che consente l’applicazione delle nuove disposizioni recate dai nuovi commi 1 e 2 dell’art. 37 e dal nuovo comma 2, lettera a), dell’art. 45 del testo unico, a tutti i procedimenti espropriativi in corso, con esclusione dei seguenti casi in cui l’indennità di esproprio sia:

§      stata condivisa;

§      stata accettata;

§      comunque divenuta irrevocabile.

Si rammenta che si tratta, rispettivamente, delle situazioni contemplate dall’art. 20, comma 5, dall’art. 21, comma 12, e dall’art. 54, comma 2, del testo unico.

L’articolo 20 (relativo alla determinazione provvisoria dell'indennità di espropriazione) dispone, al comma 5, che nei trenta giorni successivi alla notificazione dell'atto che determina in via provvisoria la misura della indennità di espropriazione, il proprietario può comunicare all'autorità espropriante che condivide tale determinazione. La relativa dichiarazione è irrevocabile.

Relativamente all’art. 21 (che disciplina il procedimento di determinazione definitiva dell'indennità di espropriazione), si ricorda che il comma 12 dispone che “Ove l'interessato accetti in modo espresso l'indennità risultante dalla relazione, l'autorità espropriante autorizza il pagamento o il deposito della eventuale parte di indennità non depositata; il proprietario incassa la indennità depositata a norma dell'articolo 26. Ove non sia stata manifestata accettazione espressa entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 10, l'autorità espropriante ordina il deposito presso la Cassa depositi e prestiti dell'eventuale maggior importo della indennità”.

Si ricorda, infine, che l’art. 54 (Opposizioni alla stima), prevede, al comma 2, tra l’altro, che l’opposizione avverso la determinazione dell’indennità “va proposta, a pena di decadenza, entro il termine di trenta giorni” e, al comma 5, che trascorso il termine “per la proposizione dell'opposizione alla stima, l'indennità è fissata definitivamente nella somma risultante dalla perizia”.


 

Articolo 2, commi 91-96
(Riattribuzione delle funzioni istituzionali del personale
in posizione di comando appartenente alle Forze di polizia
e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco)

 


91. Fermo quanto previsto dall’articolo 1, comma 6-septies, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17, a decorrere dal 1° febbraio 2008, il trattamento economico fondamentale ed accessorio attinente alla posizione di comando del personale appartenente alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco è posto a carico delle amministrazioni utilizzatrici dello stesso. La disposizione di cui al precedente periodo si applica anche alle assegnazioni di cui all’articolo33dellalegge 23 agosto 1988, n. 400, che superano il contingente fissato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ivi previsto. Resta fermo il divieto di cumulabilità previsto dall’articolo3, comma 63, dellalegge 24 dicembre 1993, n. 537.

92. In relazione a quanto previsto dall’articolo1, comma 430, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, la qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza e le corrispondenti posizioni di organico di livello B sono soppresse. I dirigenti che rivestivano la predetta qualifica alla data del 31 dicembre 2007 sono inquadrati, a decorrere dal giorno successivo, nella qualifica di prefetto e collocati in un ruolo ad esaurimento soprannumerario, riassorbibile all’atto del collocamento a riposo. Agli stessi è garantito l’impiego sino alla cessazione del servizio, ai sensi dell’articolo1, comma 433, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296.

93. Ai fini dell’applicazione dell’articolo42dellalegge 1° aprile 1981, n. 121, e successive modificazioni, i dirigenti generali di pubblica sicurezza con almeno quattro anni di servizio nella qualifica possono essere nominati prefetto, nel numero massimo di 17 previsto dal comma 1 del predetto articolo 42, conservando a tutti gli effetti l’anzianità maturata nella qualifica di dirigente generale. Ai dirigenti in possesso della predetta anzianità di servizio nella qualifica rivestita, collocati a riposo d’ufficio per il raggiungimento del limite di età prima della nomina a prefetto si applicano le disposizioni di cui all’articolo 42, comma 3-bis, della legge 1° aprile 1981, n. 121.

94. In corrispondenza del raggiungimento del limite di età previsto per il collocamento a riposo d’ufficio del personale di cui al comma 92, il numero dei dirigenti generali di pubblica sicurezza di cui alla tabella A del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 335, e successive modificazioni, è incrementato fino a nove unità.

95. In relazione alla soppressione della qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza di livello B, al decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 10, i commi 1 e 2 sono sostituiti dal seguente:

«1. Il percorso di carriera occorrente per la partecipazione allo scrutinio per l’ammissione al corso di formazione per l’accesso alla qualifica di primo dirigente ed al concorso per titoli ed esami previsti dall’articolo 7, comma 1, nonché per l’ammissione allo scrutinio per la promozione alla qualifica di dirigente superiore, è definito con decreto del Ministro dell’interno su proposta della commissione di cui all’articolo 59, secondo criteri di funzionalità dell’Amministrazione della pubblica sicurezza. Il medesimo decreto determina altresì i requisiti minimi di servizio in ciascuno dei settori d’impiego e presso gli uffici centrali e periferici dell’Amministrazione della pubblica sicurezza, comunque non inferiori ad un anno»;

b) all’articolo 1, comma 2, le parole: «dirigente generale di pubblica sicurezza di livello B» sono soppresse; all’articolo 2, il comma 8 è abrogato;

c) all’articolo 11, comma 2, le parole: «e dai dirigenti generali di pubblica sicurezza di livello B,» sono sostituite dalle seguenti: «e dai prefetti provenienti dai ruoli della Polizia di Stato in servizio presso il Dipartimento della pubblica sicurezza»;

d) all’articolo 13, comma 1, le parole: «dirigente generale di pubblica sicurezza di livello B e» sono soppresse;

e) all’articolo 58, comma 3, le parole: «e ai dirigenti generali di pubblica sicurezza di livello B» sono soppresse;

f) all’articolo 59, comma 1, le parole: «e dai dirigenti generali di livello B» sono sostituite dalle seguenti: «e dai prefetti provenienti dai ruoli della Polizia di Stato in servizio presso il Dipartimento della pubblica sicurezza»;

g) all’articolo 62, comma 3, le parole: «un apposito comitato composto da almeno tre dirigenti generali di pubblica sicurezza di livello B» sono sostituite dalle seguenti: «un comitato composto da almeno tre prefetti provenienti dai ruoli della Polizia di Stato in servizio presso il Dipartimento della pubblica sicurezza»;

h) all’articolo 64, comma 2, le parole: «di livello B» sono soppresse.

96. Dall’attuazione dei commi da 92 a 95 deve risultare confermata la previsione di un risparmio di spesa di almeno 63.000 euro in ragione d’anno. Eventuali oneri aggiuntivi sono compensati, negli anni in cui si dovessero verificare, attraverso corrispondenti riduzioni delle somme destinate a nuove assunzioni nella qualifica iniziale dei ruoli interessati e rendendo indisponibili i relativi posti.


 

 

Il comma 91 stabilisce che, a decorrere dal 1° febbraio 2008, il trattamento economico fondamentale e accessorio attinente alla posizione di comando del personale delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è posto a carico delle amministrazioni utilizzatrici.

La ratio di tale disposizione è esplicitata in sede di relazione illustrativa e tecnica, laddove il Governo afferma che pur non determinando risparmi di spesa “si può presumere che [...] determini un decremento del personale comandato, e conseguentemente un recupero delle unità a disposizione per compiti d’istituto”.

L’elemento di innovazione introdotto dalla norma in esame sembra pertanto essere quello di porre in ogni caso a carico della amministrazione utilizzatrice (sia essa statale o meno) l’onere di corresponsione del trattamento economico spettante al personale de quo in posizione di comando.

La disciplina generale del comando, ove non disapplicata a livello di contrattazione collettiva (per il personale “privatizzato”), è posta dagli articoli 56 e ss. del D.P.R. 3/1957[141]. In particolare, l’articolo 57 (Trattamento del personale comandato e carico della spesa) del D.P.R. citato attribuisce la spesa per il personale comandato presso altra amministrazione statale all'amministrazione di appartenenza, mentre carica quella relativa alla spesa del personale comandato presso enti pubblici direttamente ed interamente all'ente presso cui detto personale va a prestare servizio; tale ente è, altresì, tenuto a versare all'amministrazione statale cui il personale stesso appartiene l'importo dei contributi e delle ritenute sul trattamento economico previsti dalla legge. Il periodo di tempo trascorso nella posizione di comando è computato agli effetti del trattamento di quiescenza e di previdenza. Alle promozioni di tutto il personale comandato, nonché agli aumenti periodici, provvede l'amministrazione cui l'impiegato appartiene organicamente.

 

La disciplina precedentemente illustrata si applica altresì al personale dei corpi di polizia assegnato alla Presidenza del Consiglio dei ministri di cui all’art. 33 della L. 400/1988[142], nel caso in cui venga superato il contingente fissato dal decreto del Presidente del Consiglio previsto per l’assegnazione.

 

Il contingente di personale proveniente dai Corpi della Polizia di Stato di cui all’art. 33, L. 400/1988 viene assegnato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato di concerto con i Ministri dell'interno e dell’economia. I posti nei rispettivi corpi di appartenenza resisi vacanti a seguito dell’assegnazione sono considerati disponibili per nuove nomine. La restituzione del personale al corpo di appartenenza avviene, ove necessario, anche in soprannumero, salvo successivo riassorbimento.

 

L’articolo in esame stabilisce altresì che le disposizioni recate dall’art. 1, comma 6-septies del D.L. 300/2006[143] così come modificato dalla L. di conversione 17/2007 rimangano invariate.

La norma da ultimo citata dispone che fino al 31 dicembre 2011, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili al personale appartenente al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, collocato in posizione di comando o fuori ruolo presso gli organi costituzionali, presso gli uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri nonché presso gli uffici di diretta collaborazione di cui all'articolo 14, comma 2, del D. Lgs. 165/2001[144] cui ciascun ministro può avvalersi, per l’esercizio delle funzioni, che gli sono proprie, di indirizzo politico-amministrativo e di controllo della rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli indirizzi impartiti, continua ad applicarsi la disposizione di cui al sopra citato art. 57 del testo unico di cui al D.P.R. 3/1957. Al medesimo personale indicato dall’art. 1, comma 6-septies del D.L. 300/2006, e fino alla data del 31 dicembre 2011, non si applicano, altresì, il limite di cui all'ultimo periodo del comma 1 dell'art. 133 del D. Lgs. 217/2005[145] ovvero la disposizione secondo la quale possono essere collocati in posizione di comando o fuori ruolo non più di cinque unità di personale di livello dirigenziale contemporaneamente, e la disposizione di cui al comma 3 del medesimo art. 133 ai sensi della quale il trattamento economico e ogni altro onere finanziario relativi al personale collocato in posizione di comando o fuori ruolo sono a carico dell'amministrazione di destinazione.

 

Resta fermo, secondo quanto precisato dal secondo periodo della disposizione in esame, il divieto posto dall’art. 3, comma 63 della L. 537/1993[146], ossia la non cumulabilità di indennità, compensi o emolumenti, comunque denominati, anche se pensionabili, corrisposti dall'amministrazione di appartenenza con altri analoghi trattamenti economici accessori previsti da specifiche disposizioni di legge a favore del personale dell'amministrazione presso la quale i pubblici dipendenti “comandati” prestano servizio.

 

Si ricorda infine che il personale delle Forze di polizia e quello del Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono tuttora in regime di diritto pubblico (art. 3 del D. Lgs. 165/2001). Inoltre con la firma, il 31 ottobre 2007 del rinnovo del contratto di lavoro 2006-2007, tutto il personale del Corpo dei Vigili del fuoco (dirigenti, direttivi, personale operativo e personale amministrativo) è entrato nel comparto di contrattazione di diritto pubblico.

 

I commi da 92 a 96 dell’articolo 2 recano disposizioni sui dirigenti generali di pubblica sicurezza, in relazione alla soppressione delle Direzioni interregionali della Polizia di Stato (cui erano preposti i citati dirigenti di livello B), e alla connessa devoluzione delle relative funzioni alle strutture centrali e periferiche dell’Amministrazione della pubblica sicurezza, disposte dall’articolo 1, comma 430, della legge finanziaria per il 2007 (vedi infra).

Il comma 92 sopprime la qualifica e le corrispondenti posizioni di organico di dirigente generale di pubblica sicurezza di livello B (pari a 9 unità), prevedendo che i dirigenti i quali, alla data del 31 dicembre 2007, rivestono la qualifica sopra citata siano inquadrati, a decorrere dal giorno successivo, nella qualifica di prefetto e collocati in un ruolo ad esaurimento soprannumerario, riassorbibile all’atto del collocamento a riposo.

Ai suddetti dirigenti è garantito l'impiego sino alla cessazione del servizio, come previsto dal richiamato comma 433 della legge finanziaria 2007.

 

I commi 430-434 dell’art. 1 della legge 296/2006 (legge finanziaria per il 2007), perseguendo l’obiettivo del conseguimento di risparmi di spesa, hanno disposto la soppressione delle Direzioni interregionali della Polizia di Stato e la riorganizzazione delle strutture per la formazione e l'aggiornamento del personale della Polizia di Stato.

Le disposizioni in questione costituiscono, come il precedente comma 425, un’applicazione di quanto stabilito in via generale per tutte le amministrazioni dal comma 404 dell’art. 1 della legge 296/2006: la lettera c) di quest’ultima disposizione prevede, tra gli obiettivi dei regolamenti di delegificazione ivi autorizzati per il contenimento delle spese dei ministeri, la rideterminazione delle strutture periferiche dell’amministrazione centrale e la loro riduzione.

Il comma 425 reca norme volte a razionalizzare la presenza nel territorio degli uffici periferici del Ministero dell’interno (prefetture, questure e strutture periferiche del Corpo nazionale dei vigili del fuoco) tramite la revisione dei loro ambiti territoriali, demandando ad regolamento la determinazione di tali ambiti.

Il comma 430 ha disposto la soppressione, a decorrere dal 1 gennaio 2007, delle Direzioni interregionali della Polizia di Stato, stabilendo che le funzioni da esse svolte siano ripartite tra le strutture centrali e periferiche dell’Amministrazione della pubblica sicurezza.

Le Direzioni Interregionali della Polizia di Stato erano state istituite con D.P.R. 208/2001[147] (artt. 6-7) nelle città indicate nella Tabella 1 allegata al medesimo D.P.R.

 

Sede

Giurisdizione

Torino

Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria

Milano

Lombardia ed Emilia-Romagna

Padova

Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige

Firenze

Toscana, Umbria e Marche

Roma

Lazio, Abruzzo e Sardegna

Napoli

Campania, Molise, Puglia e Basilicata

Catania

Sicilia e Calabria

 

Ad esse erano preposti dirigenti generali di pubblica sicurezza di livello B, i quali svolgevano le funzioni conferite in esecuzione delle direttive del Capo della polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza, raccordando l'attività dei propri uffici con quelle degli altri uffici e direzioni centrali del dipartimento della pubblica sicurezza.

Esse operavano alle dipendenze gerarchiche e funzionali del Capo della Polizia-Direttore Generale della pubblica sicurezza, svolgendo funzioni ispettive e di controllo in tutti gli uffici ed organi periferici dell'amministrazione della pubblica sicurezza aventi sede nell'area territoriale di competenza.

Le Direzioni interregionali avevano anche funzioni di carattere organizzativo e amministrativo, comprese quelle di documentazione e quelle logistiche, a supporto delle attività istituzionali degli uffici e reparti con funzioni finali aventi sede nel medesimo àmbito territoriale. Concorrevano, inoltre, all'elaborazione delle pianificazioni e programmazioni concernenti l'acquisizione e l’assegnazione delle risorse umane, strumentali e logistiche. Avevano infine funzioni ispettive, di controllo e decentrate di carattere organizzativo e amministrativo.

L'articolazione organizzativa e funzionale delle direzioni interregionali della Polizia di Stato era stata stabilita con decreto del Ministro dell'interno 10 settembre 2001, che ne aveva definito le posizioni dirigenziali, nell'àmbito delle dotazioni organiche dei dirigenti della Polizia di Stato e delle assegnazioni di dirigenti del ruolo unico per le funzioni amministrativo-contabili, e le rispettive aree di attività.

Altri Corpi di polizia prevedono, nella loro articolazione territoriale, strutture sovraregionali analoghe a quelle ora illustrate. Tra questi:

-        l’Arma dei carabinieri, la cui organizzazione sul territorio comprende i comandi interregionali, i quali esercitano funzioni di alta direzione, di coordinamento e di controllo nei confronti dei comandi regionali e assicurano il sostegno tecnico, logistico e amministrativo di tutti i reparti dell'Arma dislocati nell'area di competenza[148]. Cinque sono i comandi interregionali dell’Arma, retti da un generale di corpo d'armata e dislocati rispettivamente a Milano, Padova, Roma, Napoli e Messina;

-        il Corpo della Guardia di finanza, anch’esso articolato in comandi interregionali, i quali hanno alle dipendenze due o più comandi regionali[149] Si tratta di sei comandi interregionali, ubicati nelle sedi di Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli e Palermo, ciascuno retto da un generale di corpo d'armata.

Il comma 433 ha rinviato a successivi provvedimenti la revisione della disciplina concernente i dirigenti generali di pubblica sicurezza di livello B.

La revisione dovrà garantire ai funzionari che rivestono tale qualifica alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, l’applicazione ad esaurimento delle norme relative all’inquadramento a prefetto previste dall'art. 42, comma 3, della legge 121/1981[150] (vedi infra), e il loro successivo impiego sino alla cessazione del servizio.

I medesimi provvedimenti adegueranno l'organico dei dirigenti generali di pubblica sicurezza e ridefiniranno la disciplina relativa al loro inquadramento nella qualifica di prefetto, nel rispetto dell'invarianza della spesa.

L'art. 42, comma 3, della legge 121/1981 disciplina la nomina a dirigente generale di pubblica sicurezza di livello B e la successiva nomina e inquadramento a prefetto, stabilendo che i dirigenti generali di pubblica sicurezza di livello B:

-        sono nominati tra i dirigenti generali di pubblica sicurezza;

-        sono inquadrati nella qualifica di prefetto nel termine non inferiore a tre anni dal conseguimento della qualifica conservando a tutti gli effetti l'anzianità maturata anche nella qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza. Gli inquadramenti si effettuano nell'àmbito della dotazione organica di cui alla tabella B[151] allegata al D.Lgs. 139/2000[152], alla copertura fino al massimo di 17 posti di prefetto.

 

Ai sensi del comma 93, i dirigenti generali di pubblica sicurezza con almeno quattro anni di servizio nella qualifica possono essere nominati prefetto, nel numero massimo di 17, conservando a tutti gli effetti l'anzianità maturata nella qualifica di dirigente generale.

 

L’articolo 42, comma 1, della legge 121/1981, richiamato dal comma 93 in esame, stabilisce che alla copertura fino al massimo di 17 posti di prefetto si provvede mediante nomina e inquadramento riservati ai dirigenti della Polizia di Stato che espletano funzioni di polizia.

 

Ai dirigenti generali con almeno quattro anni di servizio nella qualifica, che siano collocati a riposo d'ufficio per il raggiungimento del limite di età prima della nomina a prefetto, sono corrisposti, se più favorevoli, il trattamento di quiescenza, normale e privilegiato, e l'indennità di buonuscita spettanti ai prefetti con analoga anzianità di servizio e destinatari delle indennità di posizione di base di direttore centrale o equiparato (come previsto dal richiamato art. 42, comma 3-bis della legge 121/1981).

Il comma 94 prevede che, in corrispondenza del raggiungimento del limite di età previsto per il collocamento a riposo d'ufficio dei dirigenti generali di pubblica sicurezza di livello B, il numero dei dirigenti generali di pubblica sicurezza di cui alla tabella A del D.P.R. 335/1982[153] sia incrementato fino a 9 unità.

 

Nella tabella citata erano previste, prima della approvazione della legge finanziaria per il 2008: 9 posizioni di dirigente generale di livello B; 18 posizioni di dirigente generale; 195 posizioni di dirigente superiore; 709 posizioni di primo dirigente.

 

Il comma 95 introduce una serie di modifiche testuali al D.Lgs. 334/2000[154], collegate alla soppressione della qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza di livello B, disposta dal comma 92, sopprimendo in primo luogo il riferimento alla qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza di livello B.

Interviene inoltre in materia di requisiti richiesti per l’accesso alla prima qualifica del livello dirigenziale e per l’ammissione allo scrutinio per la promozione alla qualifica di dirigente superiore (in precedenza espressamente fissati dal D.Lgs. 334/2000), rinviandone la definizione ad un decreto ministeriale, da emanarsi su proposta della Commissione per la progressione in carriera del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato, nel rispetto dei criteri di funzionalità dell’Amministrazione. Con il medesimo decreto sono fissati i requisiti minimi di servizio in ciascuno dei settori d’impiego e presso gli uffici centrali e periferici dell’Amministrazione della pubblica sicurezza, che comunque non devono essere inferiori ad un anno.

 

Il comma 96 reca una clausola di salvaguardia finanziaria secondo la quale dall’attuazione dei commi da 92 a 95 deve risultare “confermata” la previsione di un risparmio di spesa di almeno 63.000 euro l’anno. Eventuali oneri aggiuntivi, secondo quanto precisa la disposizione in esame, saranno compensati, negli anni in cui si dovessero verificare, attraverso corrispondenti riduzioni delle somme destinate a nuove assunzioni nella qualifica iniziale dei ruoli interessati e rendendo indisponibili i relativi posti.

 


 

Articolo 2, comma 97
(Potenziamento della sicurezza e del soccorso pubblico)

 

97. Per l’anno 2008 è istituito nello stato di previsione del Ministero dell’interno un fondo per le esigenze di funzionamento della sicurezza e del soccorso pubblico, per il rinnovo e l’am­modernamento degli automezzi e degli aeromobili delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ad esclusione delle spese per il personale e di quelle destinate al ripianamento delle posizioni debitorie, con una dotazione di 190 milioni di euro, di cui 30 milioni di euro per le specifiche necessità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, da ripartire con uno o più decreti del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il Ministro della difesa e con il Ministro della giustizia, da comunicare alle competenti Commissioni parla­mentari e alla Corte dei conti.

 

 

Il comma 97 istituisce per il 2008, presso il Ministero dell'interno, un fondo per le esigenze di funzionamento della sicurezza e del soccorso pubblico nonché per il rinnovo e l’ammodernamento degli automezzi e degli aeromobili delle forze della Polizia di Stato e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

La dotazione del Fondo è di 190 milioni di euro, di cui 30 milioni per le necessità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Dallo stanziamento sono escluse le spese per il personale e quelle per il ripianamento delle posizioni debitorie.

 

Relativamente alle forze di Polizia[155] l’art. 16 della L. 121/1981[156] prevede che la tutela dell’ordine e della sicurezza sia affidata in via prioritaria alle due Forze di Polizia a competenza generale, ovvero, Polizia e Carabinieri, e in termine di concorso permanente alla Guardia di Finanza, cui si aggiunge il concorso eventuale del Corpo di Polizia Penitenziaria e del Corpo Forestale dello Stato. La norma stabilisce altresì che le forze di polizia possono essere utilizzate anche per il servizio di pubblico soccorso. Il Ministro dell'interno, responsabile della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, coordina i compiti e le attività delle forze di polizia in materia. Più precisamente, in seno al Ministero dell’interno, le competenze in tema di sicurezza spettano al Dipartimento della pubblica sicurezza, che provvede:

-        all'attuazione della politica dell'Ordine e della Sicurezza Pubblica;

-        al coordinamento tecnico-operativo delle Forze di Polizia;

-        alla direzione e amministrazione della Polizia di Stato;

-        alla direzione e gestione dei supporti tecnici.

Quanto al soccorso pubblico, le relative competenze spettano al Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, che svolge le funzioni e i compiti spettanti al Ministero di seguito indicati:

-        soccorso pubblico;

-        prevenzione incendi e altre attività assegnate al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco dalle vigenti normative;

-        difesa civile.

 

L’urgenza di rinnovare il parco automezzi delle forze di Polizia di Stato è stata sottolineata anche nel corso delle Audizioni tenutesi nell’ambito dell’Indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull'organizzazione e il funzionamento delle forze di polizia. In tale occasione il capo della Polizia di Stato, prefetto Antonio Manganelli (seduta del 26 luglio 2007) e il ministro dell'interno Giuliano Amato (seduta del 30 maggio 2007) hanno sottolineato l’importanza di un intervento in tal senso. In particolare, dai dati forniti emerge che, con riferimento alle articolazioni centrali e periferiche del Dipartimento della Pubblica sicurezza, la quantità di auto e motoveicoli esposti al logoramento, ovvero con un impiego superiore ai sette anni, e che quindi necessitano di sostituzione, risultano il 43% della dotazione di autovetture specializzate; il 30% della dotazione di autovetture di istituto; il 49% della dotazione di autovetture di serie; il 26% della dotazione di moto con colore di istituto; il 48% della dotazione di moto con colore di serie e il 54% della dotazione di veicoli per i servizi di ordine pubblico.

Relativamente alle posizioni debitorie in capo al Ministero dell’interno, la Corte dei Conti, nella premessa al capitolo a questo dedicato della Relazione sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2006, sottolinea che “nell’esercizio in esame, il bilancio iniziale del Ministero dell’interno è stato sottostimato, come risulta dalla non irrilevante forbice tra stanziamenti iniziali e definitivi; sottostima che si rinviene anche nel bilancio del 2007, nell’ambito del quale alcuni capitoli di spesa, sui quali gravano oneri per impegni assunti negli anni precedenti e che si estendono a più esercizi, non hanno sufficienti stanziamenti. Tale situazione comporta un apparente contenimento della spesa per il funzionamento dell’apparato ministeriale, determinando invece il formarsi e l’incrementarsi di oneri sommersi, ai quali, comunque, l’Amministrazione dovrà fare fronte nei successivi esercizi, in alcuni casi anche con aggravi per interessi per ritardati pagamenti. L’Amministrazione ha comunicato che l’ammontare di tali debiti è pari a 408 milioni”. A proposito delle situazioni debitorie relative al trattamento economico accessorio del personale, in particolare con riferimento al compenso per lavoro straordinario e all’indennità di ordine pubblico per le Forze di polizia, la Corte rileva come i fondi disponibili si presentano insufficienti in presenza di eventi di carattere straordinario, quali le Olimpiadi di Torino, per le quali non vengono previsti specifici stanziamenti richiedendo pertanto il ricorso agli ordinari stanziamenti di bilancio. La Corte rileva inoltre che, con specifico riferimento agli incontri di calcio nella stagione 2006/2007, sono stati impiegati per 2.444 incontri, 216.880 unità provenienti dalle Forze di Polizia di Stato, con un costo per lavoro straordinario di circa 11,8 milioni di euro.

Analizzando nello specifico la situazione relativa al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, la Corte aggiunge che i debiti pregressi del Dipartimento raggiungono gli 83 milioni (derivanti dalla spesa per fitti di sedi di servizio, dalle spese per le utenze energetiche ed idriche, dagli oneri per il lavoro straordinario proveniente dagli anni precedenti derivanti dalla mancata assegnazione di somme versate da Regioni ed Enti locali a seguito di convenzioni stipulate con il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e per l’insufficiente finanziamento dei costi dei servizi resi in occasione delle Olimpiadi di Torino, mentre sono in sofferenza i capitoli di spesa per la gestione dei mezzi operativi per l’attività di soccorso ordinario e speciale). La carenza di risorse, continua la Corte, “seppur non riconducibile alle manovre di contenimento della spesa (…) è ancor più accentuata dal mancato rimborso da parte del Dipartimento della Protezione civile, dei costi sostenuti dal Corpo nazionale dei Vigili del fuoco per interventi richiesti in situazioni di particolari emergenze. Complessivamente, devono ancora essere rimborsati circa 2,5 milioni, per eventi verificatisi nel 2002”.

 

Si prevede, inoltre, che il Fondo venga ripartito con uno o più decreti del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro della difesa e il Ministro della giustizia, da comunicare alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti. Tale modalità di riparto sembra garantire un maggiore livello di concertazione tra i ministeri cui fanno capo le risorse strumentali a disposizione delle forze di Polizia di Stato e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, essendo dalla norma in esame esplicitamente vietato l’utilizzo del Fondo per assunzioni di personale e per il ripianamento delle posizioni debitorie.

 

 


 

Articolo 2, commi 98-99
(Sicurezza della navigazione)

 


98. Per l’anno 2008 è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro da iscrivere nel Fondo di cui all’articolo1, comma 1331, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, da ripartire, per le esigenze di funzionamento e per l’esercizio dei compiti di vigilanza e controllo operativi in materia di sicurezza delle navi e delle strutture portuali svolti dal Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera, con decreto del Ministro dei trasporti, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze, tramite l’Ufficio centrale del bilancio.

99. Al fine di sviluppare e adeguare la componente aeronavale e dei sistemi di comunicazione del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2008, 10 milioni di euro per l’anno 2009 e 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011.


 

 

L'articolo 2, commi 98-99, prevede alcuni stanziamenti in favore del Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera, per agevolarne il funzionamento, i compiti, lo sviluppo della componente aeronavale e dei sistemi di comunicazione.

 

Il comma 98 autorizza per l’anno 2008 la spesa di 20 milioni di euro da iscrivere nel Fondo istituito per le esigenze di funzionamento del Corpo dall’articolo 1, comma 1331, della legge finanziaria 2007[157]. Tali risorse sono destinate a sostenere il funzionamento del Corpo e l’espletamento dei compiti operativi di vigilanza e controllo in materia di sicurezza delle navi e dei porti.

I fondi sono ripartiti con decreto del Ministro dei trasporti da comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 99 autorizza la spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2008, 10 milioni di euro per l’anno 2009 e 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 allo scopo di sviluppare e adeguare la componente aeronavale e i sistemi di comunicazione del Corpo.

 

L’articolo 1, comma 1331, della finanziaria 2007 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dei trasporti, un Fondo di parte corrente, con dotazione pari a 10 milioni di euro per l’anno 2007, destinato alle esigenze di funzionamento del Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera.

Il comma 1039 ha destinato al medesimo Corpo ulteriori 7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, per favorirne il potenziamento della componente aereonavale.

Si ricorda che il Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera è un Corpo della Marina Militare che svolge, in dipendenza funzionale da vari ministeri, compiti e funzioni collegate prevalentemente all'uso del mare per fini civili.

Le principali funzioni del Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera sono le seguenti:

-          sicurezza della navigazione, con controlli ispettivi sistematici su tutto il naviglio nazionale mercantile, da pesca e da diporto nonché, attraverso l’attività di Port State Control, sul naviglio mercantile estero di scalo nei porti nazionali;

-          ricerca e soccorso in mare;

-          protezione dell’ambiente marino, in rapporto di dipendenza funzionale dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio;

-          controllo sulla pesca marittima, in rapporto di dipendenza funzionale con il Ministero per le politiche agricole e forestali;

-          amministrazione periferica delle funzioni statali in materia di formazione del personale marittimo, di iscrizione del naviglio mercantile e da pesca, di diporto nautico, di contenzioso per i reati marittimi depenalizzati;

-          polizia marittima o più esattamente polizia tecnico-amministrativa marittima, comprendente la disciplina della navigazione marittima, la regolamentazione di eventi che si svolgono negli spazi marittimi soggetti alla sovranità nazionale, il controllo del traffico marittimo, la manovra delle navi e la sicurezza nei porti, le inchieste sui sinistri marittimi, il controllo del demanio marittimo, i collaudi e le ispezioni periodiche di depositi costieri e di altri impianti pericolosi;

-          arruolamento del personale militare, in rapporto di dipendenza funzionale dal Ministero della difesa;

-          archeologia subacquea, in dipendenza funzionale dal Ministero dei beni culturali e ambientali;

-          controlli in materia di immigrazione, in rapporto di dipendenza funzionale dal Ministero dell’interno.

 

E’ da segnalare che il Ministero dei Trasporti svolge dal 1994 funzioni collegate all'uso del mare per attività connesse alla navigazione commerciale e da diporto, in precedenza attribuite al Ministero della marina mercantile.

 


 

Articolo 2, commi 100-101
(Assunzioni di personale civile già alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica)

 


100. Al fine di favorire l’assunzione nelle pubbliche amministrazioni dei cittadini italiani di cui alla legge 9 marzo 1971, n. 98, che, come personale civile, abbiano prestato servizio continuativo, per almeno un anno alla data del 31 dicembre 2006, alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica, o di quelli dei singoli Stati esteri che ne fanno parte, operanti sul territorio nazionale, che siano stati licenziati in conseguenza di provvedimenti di soppressione o riorganizzazione delle basi militari degli organismi medesimi adottati entro il 31 dicembre 2006, è istituito, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, uno specifico fondo con una dotazione di 7,250 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008.

101. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono fissati i criteri e le procedure per l’assunzione del personale di cui al comma 100, nonché per l’assegnazione delle risorse finanziarie alle amministrazioni interessate.


 

 

I commi 100 e 101 dell’articolo 2 istituiscono un Fondo, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, avente una dotazione annua, a decorrere dal 2008, di 7,250 milioni di euro, al fine di favorire l'assunzione nelle pubbliche amministrazioni dei cittadini italiani che, come personale civile, abbiano prestato servizio continuativo per almeno un anno, alla data del 31 dicembre 2006, alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica, o di quelli dei singoli Stati esteri che ne facciano parte, operanti sul territorio nazionale. In particolare, il Fondo concerne i soggetti che siano stati licenziati, in conseguenza di provvedimenti - adottati entro il 31 dicembre 2006 - di soppressione o riorganizzazione delle basi militari degli organismi suddetti.

 

I criteri e le modalità per l'assunzione del personale in esame, nonché per l'assegnazione delle risorse finanziarie alle pubbliche amministrazioni interessate, sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio, di concerto con il Ministro dell’economia, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria (cioè entro il 30 marzo 2008).


 

Articolo 2, commi 102-104
(Istituzione del Fondo per la legalità)

 


102. Al fine di rafforzare la legalità e il miglioramento delle condizioni di vita dei territori in cui opera la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare, è istituito a decorrere dall’anno 2008, presso il Ministero dell’interno, il «Fondo per la legalità». Al Fondo confluiscono i proventi derivanti dai beni mobili e le somme di denaro confiscati ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni.

103. A valere sulle risorse del Fondo di cui al comma 102 sono finanziati, anche parzialmente, progetti relativi al potenziamento delle risorse strumentali e delle strutture delle Forze di polizia, al risanamento di quartieri urbani degradati, alla prevenzione e al recupero di condizioni di disagio e di emarginazione, al recupero o alla realizzazione di strutture pubbliche e alla diffusione della cultura della legalità.

104. Le modalità di accesso al Fondo di cui al comma 102 sono stabilite con decreto del Ministro dell’interno, da emanare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Con lo stesso decreto sono adottate le disposizioni attuative dei commi 102 e 103.


 

 

L’articolo 2, commi 102-104, istituiscono a decorrere dal 2008 un fondo presso il Ministero dell’interno, denominato Fondo per la legalità, con lo scopo di finanziare iniziative e progetti volti a “rafforzare la legalità e il miglioramento delle condizioni di vita dei territori in cui opera la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare” (comma 102).

L’articolo non dispone uno stanziamento quale dotazione iniziale del Fondo, ma dispone che ad esso confluiscano i proventi derivanti dai beni mobili, nonché le somme di denaro oggetto di confisca quale misura di prevenzione patrimoniale antimafia, ai sensi della L. 575/1965[158].

 

La legge 575/1965 (Disposizioni contro la mafia) contiene attualmente le principali norme in materia di misure di prevenzione patrimoniali antimafia. Tali misure, introdotte nella suddetta normativa dalla “legge Rognoni-La Torre” (L. 646/1982) sono il sequestro e la confisca, volte a sottrarre, prima provvisoriamente e poi in via definitiva, agli appartenenti alle organizzazioni criminali la disponibilità giuridica e materiale di beni di illecita provenienza.

Nello specifico, la confisca dei beni sequestrati consiste in un provvedimento di natura ablativa che comporta la devoluzione allo Stato dei beni (mobili, immobili, mobili registrati, crediti, etc.) che ne costituiscono oggetto. Analogamente al sequestro, anche la confisca di prevenzione possiede la comune caratteristica del collegamento con un procedimento di prevenzione personale. Infatti, qualora il suddetto procedimento si concluda con l'applicazione della misura di prevenzione, il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati dei quali non sia stata dimostrata la legittima provenienza (art. 2-ter, co. 3°, L. 575/1965).

I beni confiscati sono devoluti allo Stato e successivamente “destinati”, al termine dello speciale procedimento previsto dalla L. 109/1996[159] che, sul punto, ha novellato la L. 575/1965.

L'amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati in sede preventiva è attualmente disciplinata agli artt. 2-sexies e seguenti della citata L. 575/1965.

L'art. 2-sexies stabilisce che, nel disporre il sequestro, il tribunale provveda a nominare un giudice delegato alla procedura ed un amministratore.

Dopo l’emanazione del provvedimento di confisca, con cui i beni sono devoluti allo Stato, l'amministratore continua ad esercitare le proprie funzioni sotto la direzione non più del giudice delegato ma dell’Agenzia del territorio competente; l'opera dell'amministratore prosegue sino all'esaurimento delle operazioni di liquidazione ovvero sino all'attuazione del decreto con il quale il bene confiscato viene destinato (art. 2-nonies, L. 575/1965).

Per quanto concerne la destinazione dei beni confiscati, occorre ricordare che, allo stato, mentre tutte le somme di denaro che non debbano essere utilizzate per la gestione di altri beni confiscati o che non debbano essere utilizzate per il risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso (confiscate o ricavate dalla vendita di beni mobili o dal recupero di crediti personali) debbono essere obbligatoriamente versate dall’amministratore all’ufficio del registro, per la destinazione dei beni immobili sono previste diverse alternative (art. 2-undecies, comma 2), come, ad esempio, la conservazione al patrimonio dello Stato, con utilizzazione diretta esclusivamente per esigenze istituzionali tipizzate (giustizia, ordine pubblico e protezione civile), ovvero il trasferimento al patrimonio del comune ove l'immobile è sito.

Per la destinazione dei beni aziendali sono previste, invece, le seguenti alternative:

-        qualora vi siano prospettive fondate di continuazione o ripresa delle attività produttive, l'affitto a titolo oneroso a società e imprese pubbliche o private, oppure l'affitto a titolo gratuito, senza oneri per lo Stato, a cooperative di lavoratori dipendenti dell'impresa confiscata;

-        la vendita a richiedenti, per importo almeno pari alla stima del competente ufficio territoriale del Ministero dell’economia e delle finanze, qualora vi sia maggiore utilità pubblica;

-        la liquidazione, anche in tal caso in presenza di maggiore utilità pubblica.

 

Proprio in relazione ai beni aziendali oggetto di confisca, si segnala che l’art. 1, comma 221, della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) ha sostituto il comma 5 dell'articolo 2-undecies della L. 575/1965, norma che prevedeva il versamento all’ufficio del registro dei proventi derivanti dall'affitto, dalla vendita o dalla liquidazione di tali beni. Il comma 221, in particolare:

-        ha ampliato l'oggetto della disposizione, affiancando ai citati proventi le somme ricavate dalla vendita dei beni mobili non costituiti in azienda e quelle derivanti dal recupero dei crediti personali;

-        ha vincolato le somme così individuate al finanziamento degli interventi per l'edilizia scolastica e per l'informatizzazione del processo, in egual misura.

 

I beni immobili che siano oggetto di confisca (e i proventi eventualmente derivanti dalla loro gestione o alienazione) non sembrano interessati dalla disposizione in commento, che fa confluire nel fondo di nuova istituzione unicamente somme di denaro o proventi derivanti da beni mobili.

Il discorso non è forse altrettanto chiaro con riguardo ai beni aziendali confiscati, la cui gestione o l’eventuale vendita o liquidazione è sottoposta ad una peculiare disciplina giuridica.

 

Il comma 103 dispone in ordine alla destinazione del Fondo: il finanziamento anche parziale di progetti relativi:

§      al potenziamento delle risorse strumentali e delle strutture delle Forze di polizia;

§      al risanamento di quartieri urbani degradati;

§      alla prevenzione e recupero di condizioni di disagio e di emarginazione;

§      al recupero o alla realizzazione di strutture pubbliche;

§      alla diffusione della “cultura della legalità”.

 

Il comma 104 rimette la disciplina di attuazione della disposizione e, in particolare, le modalità di accesso al fondo a un decreto del ministro dell’interno, di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge finanziaria.

Non è (quantomeno esplicitamente) previsto un coinvolgimento nell’adozione del decreto delle autonomie territoriali interessate, benché, come può notarsi, le finalità indicate attengano ad ambiti di intervento diversificati, facenti capo a competenze di differenti amministrazioni e di diversi livelli territoriali di governo.


 

Articolo 2, comma 105
(Benefici in favore delle vittime della criminalità organizzata e del dovere)

 

105. A decorrere dal 1° gennaio 2008, alle vittime della criminalità organizzata, di cui all’articolo1dellalegge 20 ottobre 1990, n. 302, e successive modificazioni, e ai loro familiari superstiti, alle vittime del dovere, di cui all’articolo1, commi 563 e 564, dellalegge 23 dicembre 2005, n. 266, e ai loro familiari superstiti, nonché ai sindaci vittime di atti criminali nell’ambito dell’espletamento delle loro funzioni e ai loro familiari superstiti, sono erogati i benefìci di cui all’articolo5, commi 3 e 4, dellalegge 3 agosto 2004, n. 206, come modificato dal comma 106.

 

 

Il comma 105 dell’articolo 2 estende alle vittime della criminalità organizzata ed ai familiari superstiti, alle vittime del dovere ed ai familiari superstiti, nonché ai sindaci vittime di atti criminali nell’espletamento dei propri compiti istituzionali ed ai familiari superstiti, le elargizioni che l’art. 5, co. 3 e 4, della L. 206/2004[160] prevede a favore delle vittime del terrorismo.

 

La L. 206/2004 ha introdotto alcuni benefici a vantaggio delle vittime del terrorismo (ossia, ai sensi dell’art. 1, co. 1, tutte le vittime degli atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice, compiuti sul territorio nazionale o extranazionale, se coinvolgenti cittadini italiani[161], nonché ai loro familiari superstiti[162]) e non anche delle vittime del dovere e di quelle della criminalità organizzata.

 

Si tratta, in particolare, dei seguenti benefici:

§      la concessione a decorrere dal 1° gennaio 2008 a favore di chi abbia subito un’invalidità permanente non inferiore al 25 per cento a causa di un atto di terrorismo e dei superstiti delle vittime, compresi i figli maggiorenni di uno speciale assegno vitalizio, non reversibile, di importo pari a 1.033 euro, soggetto a perequazione automatica (art. 5, co. 3);

Per gli effetti derivanti dall’estensione dei benefici di cui al comma 3 dell’art. 5 della L. 206/2004, si segnala che il comma 106 dell’articolo in esame (per il quale v. subito infra)ha novellato tale disposizione prevedendo l’attribuzione dell’assegno vitalizio reversibile di 500.000 lire, soggetto a perequazione automatica, attribuito dall’art. 2 della L. 407/1998 alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e ai loro superstiti, anche ai figli maggiorenni superstiti, anche se non conviventi. Anche tale beneficio si estende quindi, a decorrere dal 1° gennaio 2008, ai soggetti considerati dal presente comma (in tal senso la disposizione in esame evidenzia come l’erogazione riguardi i “benefìci di cui all’articolo5, commi 3 e 4, dellalegge 3 agosto 2004, n. 206, come modificato dal comma 106”).

§      l’attribuzione, nel caso di morte dei soggetti che beneficiano dello speciale assegno vitalizio dell’art. 5, co. 3, di due annualità della pensione di reversibilità (comprensive della tredicesima mensilità) ai superstiti che hanno diritto a tale trattamento pensionistico di reversibilità; il beneficio in questione è limitato al coniuge ai figli minori, ai figli maggiorenni, ai genitori. ai fratelli e alle sorelle se conviventi e a carico (art. 5, co. 4); anche in questo caso l’attribuzione avviene a decorrere dal 1° gennaio 2008;

 

Per quanto attiene alla definizione dei soggetti equiparati alla vittime del terrorismo ai fini della concessione dei ricordati benefici, la norma in esame – oltre a far riferimento ai sindaci (categoria fino ad ora non considerata dalla legislazione in favore delle vittime del dovere) - richiama categorie già identificate dalla normativa vigente in materia di benefici.

Si tratta, in particolare:

§      delle vittime della criminalità organizzata, di cui all’art. 1 della suddetta L. 302/1990[163], ed ai loro familiari superstiti.

L’art. 1 della L. 302/1990 si riferisce da un lato alle vittime del terrorismo (co. 1), dall’altro, anche:

-       a chiunque subisca un’invalidità permanente, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dello svolgersi nel territorio dello Stato di fatti delittuosi commessi per il perseguimento delle finalità delle associazioni di cui all’art. 416-bis c.p. ("Associazione di tipo mafioso") (co. 2);

-       a chiunque subisca un’invalidità permanente, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dello svolgersi nel territorio dello Stato di operazioni di prevenzione o repressione dei fatti delittuosi suddetti (co. 3);

-       a chiunque, fuori dai casi di cui al comma 3, subisca un’invalidità permanente, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dell’assistenza prestata, e legalmente richiesta per iscritto ovvero verbalmente nei casi di flagranza di reato o di prestazione di soccorso, ad ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria o ad autorità, ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, nel corso di azioni od operazioni di prevenzione o repressione dei fatti delittuosi suddetti, svoltesi nel territorio dello Stato (co. 4).

§      delle vittime del dovere e dei loro familiari superstiti, come individuate dall’art. 1, co. 563 e 564, della legge finanziaria 2006[164].

Alla luce del combinato disposto dei citati co. 563 e 564, e dell’art. 3 della L. 466/1980[165], al quale rinvia il suddetto co. 563, si tratta dei seguenti soggetti:

-       magistrati ordinari;

-       militari dell’Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza, del Corpo degli agenti di custodia; personale del Corpo forestale dello Stato; funzionari di pubblica sicurezza; personale del Corpo di polizia femminile;

-       personale civile dell’Amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena;

-       vigili del fuoco;

-       appartenenti alle Forze armate dello Stato in servizio di ordine pubblico o di soccorso;

-       in generale, altri dipendenti pubblici,

deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi:

-       nel contrasto ad ogni tipo di criminalità;

-       nello svolgimento di servizi di ordine pubblico;

-       nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari;

-       in operazioni di soccorso;

-       in attività di tutela della pubblica incolumità;

-       a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità.

A tali soggetti il suddetto co. 564 equipara coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative;

 

Con riferimento alla disposizione in esame, si segnala che recentemente il D.L. 159/2007[166]aveva già provveduto ad una prima estensione alle vittime del dovere ed ai familiari superstiti, nonché alle vittime della criminalità organizzata ed ai familiari superstiti, delle elargizioni previste dalla L. 206/2004 in favore delle vittime del terrorismo.

L’art. 34 del decreto aveva, infatti, esteso i seguenti benefici, previsti dall’art. 5, co. 1 e 2, della L. 206/2004:

§      l’elargizione a favore di chi abbia subito un’invalidità permanente a causa di un atto di terrorismo, prevista dall’art. 1, co. 1, della L. 302/1990, e incrementata dall’art. 5, co. 1, della L. 206/2004; tale elargizione è pari nella misura massima a 200.000 euro ed è proporzionata alla percentuale di invalidità riportata, in ragione di 2.000 euro per ogni punto percentuale;

§      l’elargizione a favore dei componenti della famiglia di colui che, in conseguenza dell’atto di terrorismo, abbia perso la vita, prevista dall’art. 4, co. 1, della L. 302/1990 (e la riliquidazione in tal senso, disposta dall’art. 12, co. 3, della stessa legge, degli importi già corrisposti a titolo di speciale elargizione dalla L. 466/1980), che l’art. 5, co. 5, della L. 206/2004 ha incrementato a 200.000 euro.

La disposizione prevede che ai beneficiari vadano compensate le somme già percepite.

 

Una progressiva estensione dei benefìci previsti per le vittime della criminalità e del terrorismo alle vittime del dovere è stata disposta dalla legge finanziaria 2006 (L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, co. 562-565), che allo scopo dispone uno stanziamento annuo di 10 milioni di euro. In attuazione della legge è stato emanato il D.P.R. 7 luglio 2006, n. 243[167] che, all’interno del limite di spesa annuo fissato dalla legge stessa, individua quali provvidenze previste per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata siano da attribuire anche alle vittime del dovere ed in particolare: in relazione alla L. 302/1990, la liquidazione della speciale elargizione in favore degli invalidi nella misura originaria prevista di 1,5 milioni di lire (774,69 euro) per ogni punto percentuale, nonché l’esenzione dal ticket sanitario; in relazione alla L. 407/1998, l'elargizione dell’assegno vitalizio mensile per gli invalidi e per i superstiti nella misura originaria di 500 mila lire (258,23 euro), nonché benefici in materia di assunzioni dirette; in relazione alla L. 206/2004, la rivalutazione delle percentuali di invalidità, il riconoscimento al diritto all’assistenza psicologica a carico dello Stato, l’esenzione dell’imposta di bollo per i documenti necessari alla richiesta dei benefici e l’esenzione dell’indennità dalle imposte.

 

Su un piano più generale, si osserva che l’articolo in esame interviene in una materia la cui disciplinaè particolarmente frammentata. La legislazione in materia di provvidenze a favore delle vittime del dovere, della criminalità organizzata e del terrorismo, che ha origine nell'art. 14 del regio decreto-legge 13 marzo 1921, n. 261[168], sostituito dalla legge 22 gennaio 1942, n. 182[169], (il quale istitutiva un Fondo a favore dei carabinieri e delle guardie reali vittime del dovere), ha infatti subito nel tempo numerose integrazioni e modifiche dirette soprattutto a:

-        estendere le categorie ammesse a fruire dei benefìci previsti dalla legge;

-        diversificare i tipi di benefici a favore delle vittime, affiancando alla elargizione una tantum la concessione di pensioni privilegiate, l’attribuzione del diritto all’assunzione obbligatoria e l’esenzione dal pagamento dei ticket sanitari;

-        adeguare la misura dell’elargizione una tantum;

-        ampliare le condizioni per la concessione dei benefìci, sia per ciò che riguarda gli eventi considerati (morte, invalidità permanente), sia per quanto concerne le circostanze in cui gli eventi si siano verificati, sia con riferimento alla data di decorrenza dei benefìci stessi.

I principali provvedimenti in materia sono la già citata legge 13 agosto 1980, n. 466, la legge 3 giugno 1981, n. 308, la già citata legge 20 ottobre 1990, n. 302, la legge 23 novembre 1998, n. 407[170], il D.P.R. 28 luglio 1999, n. 510[171], la legge 22 dicembre 1999, n. 512[172], la legge 23 dicembre 2000, n. 388[173], il decreto-legge 4 febbraio 2003, n. 13[174], la già citata legge 3 agosto 2004, n. 206.

 

Il susseguirsi degli interventi normativi ha posto da tempo la questione del loro coordinamento. L'art. 3 della legge 28 novembre 2005, n. 246[175] (come modificato dall'art. 1, comma 13, della legge 12 luglio 2006, n. 228[176]) ha previsto una delega al Governo (che scadrà il 16 dicembre 2008 e non è ancora stata esercitata) per il riassetto delle disposizioni che disciplinano le provvidenze per le vittime del dovere, del servizio, del terrorismo, della criminalità organizzata e di ordigni bellici in tempo di pace. A tale riguardo, si segnala che di recente il Governo – nella risposta ad un atto di sindacato ispettivo[177] – ha evidenziato che in base alla delega il ministero dell’interno sta predisponendo uno schema di provvedimento normativo, da sottoporre all’esame di un apposito tavolo tecnico interministeriale, già istituito, al fine di pervenire ad un testo concordato, che tenga conto anche delle modifiche normative da ultimo introdotte.

 

Per quanto riguarda le vittime di specifici atti criminosi non considerati di matrice terroristica o di criminalità organizzata sono stati adottati, a partire dagli anni ’90, vari provvedimenti ad hoc, quali: la legge 9 novembre 1994, n. 628, recante disposizioni urgenti in favore delle famiglie dei marittimi italiani vittime dell’eccidio in Algeria del 7 luglio 1994; la legge 8 agosto 1995, n. 340, che ha disposto l’estensione dei benefìci previsti dalla citata L. 302/1990 ai componenti delle famiglie di coloro che hanno perso la vita nel disastro aereo di Ustica del 27 giugno 1980; la L. 31 marzo 1998, n. 70, che prevede l’estensione delle disposizioni di cui alla L. 302/1990 alle vittime della “banda della Uno bianca”. Successivamente, l’art. 1, co. 272, della citata legge finanziaria 2006, ha istituito una specifica indennità – entro il limite di spesa di 8 milioni di euro per l’anno 2006 – per gli eredi delle vittime del disastro aereo di Ustica. Recentemente, anche i benefici introdotti dalla L. 206/2004 sono stati estesi alle vittime di Ustica e della banda della Uno bianca ad opera della legge finanziaria 2007 (art. 1, co. 1270) che ha novellato in tal senso la stessa L. 206/2004.

 


 

Articolo 2, comma 106
(Modifiche alla legge 3 agosto 2004, n. 206, concernente le vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice)

 


106. Alla legge 3 agosto 2004, n. 206, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 4, comma 2, le parole: «calcolata in base all’ultima retribuzione» sono sostituite dalle seguenti: «in misura pari all’ultima retribuzione»;

b) all’articolo 5, comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Ai figli maggiorenni superstiti, ancorché non conviventi con la vittima alla data dell’evento terroristico, è altresì attribuito, a decorrere dal 26 agosto 2004, l’assegno vitalizio non reversibile di cui all’articolo2dellalegge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni»;

c) all’articolo 9, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Ai medesimi soggetti è esteso il beneficio di cui all’articolo1dellalegge 19 luglio 2000, n. 203»;

d) all’articolo 15, comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I benefìci di cui alla presente legge si applicano anche agli eventi verificatisi all’estero a decorrere dal 1° gennaio 1961, dei quali sono stati vittime cittadini italiani residenti in Italia al momento dell’evento»;

e) all’articolo 16, comma 1, dopo le parole: «dall’attuazione della presente legge» sono inserite le seguenti: «, salvo quanto previsto dall’articolo 15, comma 2, secondo periodo».


 

 

Il comma in esamereca cinque novelle alla disciplina dei benefici riconosciuti alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice prevista dalla L. 206/2004[178]

 

Si ricorda che la legge 3 agosto 2004, n. 206 ha dettato norme in favore dei cittadini italiani vittime di atti di terrorismo e di stragi, compiute sul territorio nazionale o all’estero, e dei loro familiari superstiti, come definiti dalla legge stessa.

Tale legge si innesta sulla stratificata disciplina preesistente: l’art. 1 infatti prevede in via generale che, per quanto stessa non espressamente previsto dalla legge stessa, si applicano le disposizioni contenute nelle leggi 302/1990 e 407/1998 e l’art. 82 della L. 388/2000.

Le principali misure previste in favore delle vittime e dei loro superstiti dalla legge, così come modificata nel tempo[179], sono:

-        la ridefinizione a 200.000 euro dell’entità massima delle elargizioni, già disposte dalla normativa previgente, in favore di chiunque subisca una invalidità permanente (o dei familiari in caso di morte) a causa di atti di terrorismo;

-        la concessione, oltre all’elargizione, di uno speciale assegno vitalizio, non reversibile, di 1.033 euro mensili, soggetto alla perequazione automatica;

-        la rivalutazione delle percentuali di invalidità già riconosciute e indennizzate in base alla normativa preesistente, tenendo conto dell’eventuale intercorso aggravamento fisico e del riconoscimento del danno biologico e morale;

-        la prestazione, a carico dello Stato, dell’assistenza psicologica alle vittime e ai loro familiari;

-        alcuni benefìci che incidono sui trattamenti pensionistici (aumento figurativo di 10 anni dei versamenti contributivi utili ad aumentare l’anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione e il trattamento di fine rapporto; equiparazione, per le vittime che hanno subìto danni più gravi, ai grandi invalidi di guerra e riconoscimento del diritto immediato alla pensione diretta; adeguamento costante, al trattamento in godimento dei lavoratori in attività, delle pensioni delle vittime);

-        l’esenzione per gli invalidi vittime del terrorismo ed i loro familiari dalla partecipazione alla spesa per le prestazioni sanitarie o farmaceutiche.

-        il diritto al patrocinio legale gratuito, a carico dello Stato, nei procedimenti penali, civili, amministrativi e contabili per le vittime e i loro superstiti;

-        la garanzia di tempi certi per le procedure in sede amministrativa e giurisdizionale relative al riconoscimento e alla valutazione dell’invalidità e all’attribuzione di provvidenze alle vittime del terrorismo.

Per una più ampi ricostruzione del quadro normativo in materia v. supra la scheda relativa al comma 105 del presente articolo.

 

In particolare, la lett. a)stabilisceche la misura della pensione diretta spettante alle vittime che abbiano subito una invalidità permanente pari o superiore all'80 per cento della capacità lavorativa sia pari all'ultima retribuzione percepita integralmente dall'avente diritto e non semplicemente calcolata sulla base di tale parametro retributivo, come previsto nel testo previgente dell’art. 4, comma 2, della L. 206/2004[180].

 

Si segnala che i parametri di calcolo della pensione di invalidità previsti dal comma 2 dell’art. 4 della L. 206/2004 per le vittime del terrorismo si estendono, ai sensi del successivo comma 3, anche alla determinazione degli importi delle pensioni di reversibilità o indirette attribuite ai superstiti in caso di morte della vittima.

 

La successiva lett. b),modificando il comma 3 dell’art. 5 della L. 206/2004, prevede che l’assegno vitalizio reversibile di 500.000 lire, soggetto a perequazione automatica, attribuito dall’art. 2 della L. 407/1998 alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e ai loro superstiti, spetti anche ai figli maggiorenni superstiti, anche se non conviventi.

 

L’art. 2, co. 1, della L. 407/1988[181].prevede la concessione di un assegno vitalizio, non reversibile, di importo pari a 500.000 lire mensili, soggetto alla perequazione automatica, in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata di cui all’art. 1 della L. 302/1990[182] che abbiano subito una invalidità permanente non inferiore al 25 per cento della capacità lavorativa, nonché ai superstiti delle vittime di azioni terroristiche e della criminalità organizzata. Il comma 3 del medesimo art. 2[183] identifica le categorie di superstiti che possono beneficiare dell’assegno vitalizio. Si tratta, nell’ordine, di:

-        coniuge superstite e figli se a carico;

-        figli, in mancanza del coniuge superstite o se lo stesso non abbia diritto a pensione;

-        genitori;

-        fratelli e sorelle se conviventi a carico.

 

Con riferimento alla portata della disposizione, si osserva che, in considerazione della sua natura di novella alla L. 206/2004, essa si applicherebbe ai soli soggetti che rientrino tra i beneficiari delle misure della legge stessa (vittime del terrorismo come sopra definite) e non al complesso dei soggetti che beneficiano dell’assegno di cui all’art. 2 della L. 407/1988.

Peraltro, la disposizione in esame è formulata come novella al comma 3 dell’art. 5 della L. 206/2004 e, pertanto, in considerazione dell’estensione prevista dall’art. 2, comma 105, della legge in esame (v. supra), il beneficio trova applicazione anche con riferimento alle vittime della criminalità e del dovere, così come definiti in tale norma. In proposito, il comma 105 precisa infatti che l’estensione riguarda le disposizioni come risultanti a seguito delle modifiche apportate dal comma 106.

 

Il beneficio di cui alla lettera b) non produce effetti solo a partire dalla data di entrata in vigore della legge in esame, ma decorre dal 26 agosto 2004[184].

 

Con riferimento alle vittime della criminalità e del dovere, tuttavia, il comma 105 prevede che l’estensione dei benefici di cui al comma 3 dell’art. 5 della L. 206/2004 avvenga a decorrere dal 1° gennaio 2008. Pertanto, sulla base del combinato disposto delle due disposizioni, sembra potersi ritenere che l’attribuzione dell’assegno vitalizio decorra:

-        dal 26 agosto 2004 per le vittime del terrorismo;

-        dal 1° gennaio 2008 per le vittime della criminalità e del dovere.

 

La lett. c)prevede che – come già avviene per i titolari di pensione diretta di guerra vitalizia[185] - l’erogazione dei medicinali di classe C agli invalidi vittime di atti di terrorismo e a loro familiari, anche superstiti, (coniuge, figli, e – in mancanza – genitori) sia posta a totale carico del Servizio sanitario nazionale, purché il medico di base accerti che essi siano effettivamente utili al paziente.

 

Per quanto riguarda la rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale, i medicinali si dividono in due classi:

§         Medicinali di fascia A;

§         Medicinali di fascia C.

Fino al 1 luglio 2001 era prevista anche una fascia B, a parziale carico del SSN, che comprendeva farmaci non essenziali ma di rilevante interesse terapeutico[186].

In particolare, sono inclusi nella fascia A tutti i medicinali impiegati per patologie gravi, croniche e acute ritenuti essenziali per assicurare le cure previste nei livelli essenziali di assistenza sanitaria.

Rientrano invece nella fascia C medicinali utilizzati per patologie di lieve entità, o considerate minori, che, quindi, non sono considerati “essenziali” o “salvavita”.

Con la L. 311/2004 (legge finanziaria 2005)[187] è stata individuata una nuova fascia di medicinali, la fascia C-bis, che comprende i medicinali non soggetti a ricetta medica con accesso alla pubblicità al pubblico, cioè i medicinali di automedicazione (c.d. farmaci OTC dall’inglese “Over the counter” sopra il banco).

I medicinali delle fasce C e C-bis sono a totale carico del paziente.

Si osserva, peraltro, che la norma richiamata dalla disposizione in esame (art. 1 L. 203/2000), è anteriore all’individuazione della fascia C-bis e non fa, pertanto, riferimento ai farmaci inclusi in detta fascia.

 

Nell’ambito della direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 luglio 2007, recante disposizioni in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi, a norma della L. 3 agosto 2004, n. 206[188], aveva fornito chiarimenti sulla portata applicativa delle disposizioni dell'art. 9 della L. 206/2004, che prevedono che le vittime ed i loro familiari siano esenti dalla partecipazione alla spesa per ogni tipo di prestazione sanitaria e farmaceutica. Per la direttiva, la disposizione, in combinato disposto con l'art. 4 della L. 206 che estende alle vittime del terrorismo con invalidità superiore all'80 per cento i benefici già previsti per gli invalidi di guerra, impone che alle vittime con tale percentuale di invalidità spetti il diritto ad usufruire gratuitamente anche dei farmaci inseriti in classe C e di non essere tenuti a versare la differenza di prezzo tra farmaci c.d. generici e le corrispondenti specialità medicinali coperte da brevetto.

Con riferimento alle vittime cui sia riconosciuto un grado di invalidità inferiore e ai loro familiari, la direttiva evidenzia invece che la disposizione contenuta nell'art. 9 non può che riferirsi alle prestazioni garantite dal Servizio sanitario nazionale alla generalità degli assistiti, con ciò intendendo le prestazioni che per la loro natura e per le loro caratteristiche di rilevanza, efficacia ed appropriatezza sono state incluse nei «livelli essenziali di assistenza». In tal senso depone – per la direttiva – l’espressione «partecipazione alla spesa» utilizzata dall’art. 9, che corrisponde a quella costantemente utilizzata nei testi normativi per indicare la quota del costo di tali prestazioni che, in base a norme statali o regionali, è posta a carico dell'assistito (c.d. «ticket»).

In sostanza, l’art. 9 prevede “l'esenzione totale da qualunque forma di partecipazione, disposta sia da norme dello Stato, sia da norme regionali, per le prestazioni sanitarie fruite presso le strutture del Servizio sanitario nazionale o le strutture private accreditate, nonché dall'obbligo di pagare la differenza tra il prezzo di rimborso dei medicinali generici e il prezzo delle specialità medicinali coperte da brevetto”.

 

Le lettere d) ed e) recano norme volte ad estendere i benefici previsti dalla L. 206/2004 anche agli eventi terroristici accaduti all’estero a partire dal 1961, purché le vittime fossero cittadini italiani residenti in Italia al momento dell’evento.

Il termine del 1° gennaio 1961 è attualmente previsto dall’articolo 15, comma 1, della legge 206 esclusivamente per i fatti accaduti in Italia, mentre il comma 2 del medesimo articolo 15, prevede la corresponsione dei benefici per i cittadini italiani coinvolti in attentati all’estero avvenuti a decorrere dal 2003.

 

La lett. d) intende, dunque, superare tale dicotomia, inserendo un ulteriore periodo al comma 2 dell’articolo 15 nel quale si indica come termine iniziale per l’applicazione dei benefici della legge agli eventi avvenuti all’estero che abbiano coinvolto come vittime cittadini italiani residenti in Italia, lo stesso termine previsto per gli eventi verificatisi sul territorio nazionale (1° gennaio 1961).

Per i cittadini italiani non residenti in Italia al momento dell’evento per resta fermo, ai fini della titolarità del diritto all’erogazione dei benefici, il terminedel 1° gennaio 2003.

 

La lett. e) modifica, conseguentemente, la copertura finanziaria della L. 206/2004 recata dall’art. 16 della stessa legge al fine di escludere dal computo complessivo degli oneri derivanti dall’attuazione della legge quelli che conseguono alla modifica introdotta dalla lettera e[189].

 

Con riferimento alle modifiche apportate dalle lettere d) ed e), si segnala che esse riprendono il contenuto dell’art. 1 della proposta di legge A.C. 616[190], come approvata dalla Camera dei deputati.

Con riferimento a tale proposta si ricorda che essa- nella sua formulazione iniziale – prevedeva l’integrale soppressione della dicotomia tra eventi verificatisi in Italia e all’estero, fissando come unico termine per il riconoscimento dei benefici quello del 1° gennaio 1961.

Come evidenziato dal relatore, on. Giovanardi, nel corso della discussione sul provvedimento nell’Assemblea della Camera[191], tuttavia, nel corso dell’esame in Commissione si è valutato che la determinazione del numero di cittadini italiani vittime di atti di terrorismo all'estero a partire dal 1961 avrebbe potuto dimostrarsi particolarmente difficile, specialmente con riferimento a Paesi che hanno conosciuto, negli anni settanta e ottanta, situazioni interne di grave tensione (come nel caso dell'Argentina), e avrebbe potuto pertanto comportare rilevanti problemi ai fini della quantificazione della copertura necessaria per i benefici di cui sono destinatari. Per soddisfare queste esigenze, il testo licenziato dalla Commissione e successivamente approvato dalla Camera ha precisato che ai fini della corresponsione dei benefici fosse necessario che le vittime italiane risiedessero in Italia al momento dell'evento.

In correlazione a tale previsione, all'articolo 2 della proposta si prevedeva che il Governo, entro un anno dalla data in vigore della legge, presentasse al Parlamento una relazione concernente l'individuazione dei cittadini italiani vittime di atti di terrorismo e di stragi, compiuti fuori dal territorio nazionale, compresi i non residenti in Italia al momento di tali eventi, in modo da consentire una verifica circa il numero complessivo delle vittime e la possibilità per lo Stato italiano di attribuire gli stessi benefici anche alle vittime rimaste lese da tali atti di terrorismo non residenti in Italia.

 

Per quanto attiene alla definizione dei beneficiari delle provvidenze previste dalla L. 206/2004, si ricorda che l’art. 1, co. 1, di tale legge provvede ad individuarli in tutte le vittime degli atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice, compiuti sul territorio nazionale o extranazionale, se coinvolgenti cittadini italiani, nonché ai loro familiari superstiti.

Come segnalato, peraltro, l’art. 15 della L. 206 specifica che i benefici da essa previsti si applicano agli eventi verificatisi sul territorio nazionale a decorrere dal 1° gennaio 1961 e per gli eventi coinvolgenti cittadini italiani verificatisi all’estero a decorrere dal 1° gennaio 2003. In deroga a tale disposizione, inoltre, la L. 91/2006 ha previsto l’estensione dei benefici della L. 206/2004 anche ai familiari superstiti delle vittime dell'eccidio avvenuto a Kindu l'11 novembre 1961[192].

Il co. 1-bis, dell’art. 1, introdotto dall’art. 1, co. 1270, della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) ha esteso i benefici della L. 206/2004 ai familiari delle vittime del disastro aereo di Ustica del 1980 e ai familiari delle vittime, nonché ai superstiti, della così detta “banda della Uno bianca”.

Recentemente, l’art. 34, co. 3, del D.L. 159/2007, convertito, con modificazioni, dalla L. 222/2007, ha inoltre novellato il co. 1 dell’art. 1 della L. 206, precisando che ai fini delle misure previste dalla legge, rientrano fra gli atti di terrorismo le azioni criminose compiute sul territorio nazionale in via ripetitiva, rivolte a soggetti indeterminati e poste in essere in luoghi pubblici o aperti al pubblico.

 

Con più specifico riferimento alla delimitazione temporale degli eventi che danno titolo all’ammissione ai benefici di cui alla L. 206/2004 si osserva che delle tre proposte di legge, tutte di iniziativa parlamentare, che hanno dato origine alla legge 206, l’unica a prevedere un termine iniziale per l’ammissione ai benefici, fissato al 1° gennaio 1969, è l’A.C. 3135, ma non viene fatta distinzione tra eventi accaduti in Italia e quelli all’estero. Così anche il testo unificato (A.C. 2725 - 3105 - 4148-A) approvato dalla Commissione Affari costituzionali il 4 febbraio 2004, che ne anticipa il termine iniziale al 1° gennaio 1961 (art. 15).

L’Assemblea della Camera esaminando il provvedimento la prima volta, il 5 febbraio 2004 ne deliberava il rinvio in commissione, in considerazione del parere contrario espresso dalla Commissione Bilancio (4 febbraio 2004).

Alla ripresa dell’esame in Commissione (25 febbraio 2004) il rappresentante dei Governo ha dichiarato insostenibile l’onere previsto, quantificato in un miliardo e 400 milioni per il solo primo anno, e ha rappresentato alla commissione che un eventuale delimitazione, anche sotto il profilo temporale, dell’ambito di applicazione soggettivo delle disposizioni potrebbe rendere il provvedimento maggiormente compatibile con le disponibilità finanziarie.

Successivamente, l’Assemblea deliberava il trasferimento in sede legislativa (8 luglio 2004). Anche il testo unificato adottato dalla Commissione nella nuova sede (13 luglio 2004) contiene il termine del 1° gennaio 1961 senza ulteriori specificazioni.

Il testo dell’art. 15 nella sua formulazione definitiva è stato introdotto in seguito all’approvazione di due emendamenti del Governo (15.1. e 15.2) approvati nella seduta del 14 luglio 2004. Il rappresentante del Governo illustrando gli emendamenti ha dichiarato che essi “servono a colmare una lacuna previsionale che rischierebbe di far retroagire gli effetti della legge al 1° gennaio 1961, anche per gli eventi occorsi al di fuori del territorio nazionale, per i quali, invece, appare necessario fare riferimento ai fatti verificatisi dopo il 1° gennaio 2003”.

 

Con riferimento, invece, all’estensione dei benefici alle vittime del dovere, di atti terroristici o criminosi anche ad eventi relativi a cittadini italiani avvenuti all’estero si osserva che in genere i provvedimenti di legge hanno espressamente limitato la propria portata agli eventi accaduti nel territorio dello Stato (si veda per esempio la legge 302/1990 art. 1), mentre le disposizioni riguardanti i militari caduti o infortunati per causa di servizio non distinguono tra eventi occorsi all’estero e quelli nel territorio nazionale (legge 308/1981, che decorre dal 1° gennaio 1979).

Nel corso del tempo sono tuttavia stati adottati alcuni provvedimenti ad hoc per estendere ai civili caduti in attentati terroristici all’estero i benefici previsti dalle leggi in materia. Si ricordano, in particolare, oltre alla ricordata L. 91/2006 relativa alle vittime dell'eccidio di Kindu:

-        la legge 9 novembre 1994, n. 628, recante disposizioni urgenti in favore delle famiglie dei marittimi italiani vittime dell’eccidio in Algeria del 7 luglio 1994

-        il decreto-legge 28 novembre 2003, n. 337 (legge 24 dicembre 2003, n. 369), relativo alle vittime militari e civili degli attentati avvenuti a Nassiriya il 12 novembre 2003, e ad Istanbul il 15 novembre 2003, successivamente modificato dall’art. 1-bis del decreto-legge 20 gennaio 2004, n. 9 (legge 12 marzo 2004, n. 68);

Esiste inoltre una norma di carattere più generale, peraltro definita espressamente di tipo transitorio, contenuta nella legge 208/2004[193] (art. 10), che estende le disposizioni introdotte dal citato decreto-legge 337 a tutte le famiglie delle vittime civili italiane decedute in seguito ad attentati terroristici all’estero.

 

Su un piano generale, con riferimento ai più recenti adeguamenti della disciplina della L. 206/2004, si segnala che l’articolo 34, comma 3, del D.L. 159/2007[194] ha apportato tre modifiche testuali alla più volte citata L. 206/2004 .

La lettera a) ha precisato la definizione di “atti di terrorismo” ai fini dell’applicazione della legge 206, includendovi le azioni criminose compiute sul territorio nazionale in via ripetitiva, rivolte a soggetti indeterminati e poste in essere in luoghi pubblici o aperti al pubblico

La lettera b) modifica il co. 1 del successivo art. 2, che disciplina il trattamento economico riservato a chi abbia subito un’invalidità permanente in conseguenza di atti di terrorismo, nonché alle vedove e agli orfani, ai fini della liquidazione della pensione e dell’indennità di fine rapporto, o di altro trattamento equipollente. Il testo previgente richiamava a tal fine gli incrementi stipendiali previsti dall’art. 2 della L. 336/1970[195] a favore dei dipendenti pubblici ex combattenti o assimilati, mentre a seguito della modifica, si dispone, in luogo di ciò, che la retribuzione pensionabile sia rideterminata incrementando la medesima di una quota del 7,5 per cento.

La lettera c) provvede ad inserire il nuovo comma 1-bis all’art. 3 della L. 206/2004 al fine di prevedere un’ indennità, a favore dei lavoratori autonomi e ai liberi professionisti, a titolo di trattamento equipollente al trattamento di fine rapporto per i soggetti che abbiano subito un'invalidità permanente a causa di atti di terrorismo e che, pertanto, ai sensi del comma1 dell’art. 3, beneficino dell’aumento figurativo di 10 anni di contribuzione utile ad aumentare, per una pari durata, l'anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione, nonché il trattamento di fine rapporto o altro trattamento equipollente. Tali benefici operano anche a favore dei familiari, anche superstiti, limitatamente al coniuge ed ai figli anche maggiorenni, ed in mancanza, ai genitori, siano essi dipendenti pubblici o privati o autonomi (anche sui loro trattamenti pensionistici diretti).

L’indennità riconosciuta ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti dal comma 1-bis è determinata ed erogata in unica soluzione nell'anno di decorrenza della pensione, è calcolata applicando l'aliquota del 6,91% ad un importo pari a dieci volte la media dei redditi da lavoro autonomo ovvero libero professionale degli ultimi cinque anni di contribuzione, rivalutati all'indice annuo dei prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati calcolato dall'ISTAT, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503[196], aumentata (la media in questione) del 7,5%.

Il comma 3-bis dell’art. 34 prevede inoltre che i nuovi benefici attribuiti abbiano la stessa decorrenza delle disposizioni di cui agli articoli 2 e 3 della L. 206/2004.


 

Articolo 2, commi 107-109 e 112-115
(Disposizioni connesse a vari eventi calamitosi e per contrastare gli incendi boschivi)

 


107. Al decreto-legge 30 gennaio 1998, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 marzo 1998, n. 61, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 7 dell’articolo 2 è aggiunto il seguente:

«7-bis. Alla cessazione dello stato di emergenza, le regioni completano gli interventi di ricostruzione e sviluppo nei rispettivi territori secondo le disposizioni del presente decreto e delle ordinanze emanate, durante la vigenza dello stato di emergenza, dal Presidente del Consiglio dei ministri, dal Ministro dell’interno e dai commissari delegati»;

b) al comma 7 dell’articolo 3, le parole: «alla fine dello stato di emergenza» sono sostituite dalle seguenti: «al 31 dicembre 2012»;

c) dopo l’articolo 10 è inserito il seguente:

«Art. 10-bis. - (Misure per i territori interessati dal sisma del dicembre 2000) – 1. Alla cessazione dello stato di emergenza dichiarato a seguito del sisma del 16 dicembre 2000, che ha interessato i comuni della provincia di Terni, continuano ad applicarsi l’articolo 1, commi 4 e 5, dell’ordinanza n. 3101 del 22 dicembre 2000 del Ministro dell’interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, e l’articolo 6 dell’ordinanza n. 3124 del 12 aprile 2001 del Ministro dell’interno, delegato per il coordinamento della protezione civile»;

d) dopo il comma 5 dell’articolo 12 è inserito il seguente:

«5-bis. Alla cessazione dello stato di emergenza, i contributi di cui ai commi 2 e 3, determinati in 19,5 milioni di euro sulla base delle certificazioni analitiche del Ministero dell’interno relative all’anno 2006, sono assegnati annualmente per il quinquiennio 2008-2012 negli importi progressivamente ridotti nella misura di un quinto per ciascun anno del suddetto quinquiennio»;

e) dopo l’ultimo periodo del comma 14 dell’articolo 14 è aggiunto il seguente: «Alla cessazione dello stato di emergenza, per il quinquennio 2008-2012, le spese necessarie per le attività previste dal presente comma, quantificate in 17 milioni di euro, assumendo come base di calcolo la spesa sostenuta nel 2006 sono erogate annualmente negli importi progres­sivamente ridotti nella misura di un quinto per ciascun anno del suddetto quinquennio»;

f) dopo il comma 5 dell’articolo 15 sono inseriti i seguenti:

«5-bis. Alla cessazione dello stato di emergenza le risorse giacenti nelle contabilità speciali istituite ai sensi del comma 3 dell’articolo 17 dell’ordinanza del Ministro dell’interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, n. 2668 del 28 settembre 1997 sono versate nelle contabilità speciali di cui al comma 5 ed utilizzate per il completamento degli interventi da ultimare.

5-ter. Alla cessazione dello stato di emergenza, per la prosecuzione e per il completamento del programma di interventi urgenti di cui al capo I del presente decreto, le regioni Marche e Umbria sono autorizzate a contrarre mutui a fronte dei quali il Dipartimento della protezione civile è autorizzato a concorrere con contributi quindicennali di 5 milioni di euro a decorrere da ciascuno degli esercizi 2008, 2009 e 2010».

108. Per l’attuazione delle disposizioni di cui al comma 107, lettere a), b) e c), si provvede nei limiti delle risorse di cui alla lettera f) del medesimo comma 107.

109. I soggetti che hanno usufruito delle sospensioni dei termini dei versamenti tributari, previste dall’articolo 14, commi 1, 2 e 3, dell’ordinanza n. 2668 del 28 settembre 1997, del Ministro dell’interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, dall’articolo 2, comma 1, dell’ordinanza n. 2728 del 22 dicembre 1997, del Ministro dell’interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, e dall’articolo 2, comma 2, dell’ordinanza n. 2908 del 30 dicembre 1998, del Ministro dell’interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, e della sospensione dei pagamenti dei contributi previdenziali, assistenziali ed assicurativi, prevista dall’articolo 13 dell’ordinanza n. 2668 del 28 settembre 1997, del Ministro dell’interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, e successive modificazioni, possono definire la propria posizione relativa al periodo interessato dalla sospensione, corrispondendo l’ammontare dovuto per ciascun tributo e contributo oggetto della sospensione al netto dei versamenti già eseguiti nella misura e con le modalità da stabilire nei limiti di 50 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze.

(omissis)

112. Allo scopo di potenziare la dotazione dei mezzi aerei di soccorso civile nelle azioni di contrasto e di spegnimento degli incendi boschivi, è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro per l’anno 2008 per l’acquisizione, a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile, di velivoli antincendio.

113. Nell’ambito delle risorse disponibili, in attuazione dell’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 13 maggio 1999, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 luglio 1999, n. 226, i termini previsti dall’articolo 1, comma 510, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono prorogati fino al 31 dicembre 2008.

114. Per l’attuazione degli interventi a sostegno delle popolazioni e delle attività produttive dei comuni della regione Veneto colpiti da eventi alluvionali nell’anno 2007 di cui all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 18 ottobre 2007, n. 3621, è autorizzato un contributo straordinario di 15 milioni di euro per l’anno 2008.

115. Ad integrazione di quanto stabilito dall’articolo 1, comma 1013, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per il definitivo completamento degli interventi di ricostruzione nei territori delle regioni Basilicata e Campania colpiti dagli eventi sismici del 1980, del 1981 e del 1982, di cui alla legge 23 gennaio 1992, n. 32, e successive modificazioni, è autorizzato un ulteriore contributo decennale di 5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008, da erogare, alle medesime regioni, secondo modalità e criteri di ripartizione determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.


 

 

Le disposizioni recate dai commi in esame introducono una serie di disposizioni connesse alla chiusura degli stati di emergenza relativi al sisma del 1997 che ha interessato le regioni Marche e Umbria e all’evento sismico verificatosi nella provincia di Terni il 16 dicembre 2000 (commi 107-109 e 113), al potenziamento dei velivoli antincendio della Protezione civile (comma 112), al sostegno delle popolazioni e delle attività produttive nei comuni della regione Veneto colpiti dagli eventi alluvionali nel 2007 (comma 114) ed agli interventi di ricostruzione nelle regioni della Basilicata e della Campania colpite dagli eventi sismici del 1980-1981 (comma 115).

 

I commi dal 107 al 109 sono volti a chiarire alcune modalità procedurali in occasione del passaggio delle competenze a seguito della cessazione dello stato di emergenza conseguente al sisma del 1997 che ha colpito le due regioni delle Marche e dell’Umbria.

Si rammenta che lo stato di emergenza è stato prorogato fino al 31 dicembre 2007 dal DPCM 1 dicembre 2006[197]. La medesima proroga è stata disposta anche per lo stato di emergenza dichiarato a seguito dell’evento sismico verificatosi nella provincia di Terni il 16 dicembre 2000. Il comma 1, lett. c) (su cui infra) reca, infatti, specifiche misure per i territori interessati da tale ultimo sisma.

 

Il comma 107 prevede, attraverso alcune novelle al decreto-legge 30 gennaio 1998, n. 6, convertito, con modificazioni dalla legge 30 marzo 1998, n. 61, che:

a)      alla cessazione dello stato di emergenza, le regioni Marche ed Umbria completino gli interventi di ricostruzioni e sviluppo secondo le disposizioni del decreto e delle ordinanze emanate nella vigenza dello stato di emergenza stesso. Tale disposizione viene introdotta aggiungendo un comma 7-bis all’art. 2 del decreto legge n. 6 del 1998 (relativo ai compiti delle regioni e intese istituzionali di programma);

b)      venga esteso al 31 dicembre 2012 il termine per la concessione dei contributi mensili previsti dall’ordinanza n. 2668 del 1997, che il comma 7 dell’art. 3 del decreto legge n. 6 del 1998 proroga, invece, fino alla fine dello stato di emergenza.

Il comma 7 dell’art. 3 del decreto legge n. 6 del 1998 dispone che il termine di cui all'art. 7, comma 2, dell'O.M. 28 settembre 1997, n. 2668 sia prorogato fino alla fine dello stato di emergenza e i benefìci siano concessi, per il periodo necessario, anche ai nuclei familiari residenti in abitazioni principali, nel caso in cui la realizzazione degli interventi di cui al presente articolo richieda di liberare temporaneamente l'immobile. A sua volta il citato art. 7, comma 2, dell’ordinanza n. 2668/1997 prevede l’assegnazione di un contributo mensile fino ad un massimo di lire 600.000 e per non più di dodici mesi, per l’autonoma sistemazione di ogni nucleo familiare evacuato dall’alloggio distrutto o dichiarato inagibile.

c)      vengano prorogati alcuni contributi e agevolazioni tributarie previsti per il sisma di Terni del dicembre 2000. Viene, infatti, previsto che ai comuni della provincia di Terni colpiti dal terremoto del dicembre 2000 continuino ad applicarsi, alla cessazione dello stato di emergenza, le disposizioni recate dall’art. 1, commi 4 e 5, dell’ordinanza del 22 dicembre 2000, n. 3101, e dall’art. 6 dell’ordinanza del 12 aprile 2001, n. 3124. La modifica viene introdotta aggiungendo l’art. 10-bis al decreto legge n. 6 del 1998.

L’art. 1, commi 4 e 5 dell’ordinanza n. 3101/2001 prevedono che sia assegnato, ai fini della sistemazione dei nuclei familiari oggetto di ordinanza sindacale di sgombero per inagibilità totale o parziale dell'abitazione principale, fino al 31 dicembre 2001, un contributo mensile fino ad un massimo di lire 600.000, da erogare con le modalità già previste dall'ordinanza n. 2668/1997 e successive modificazioni ed integrazioni. Nei confronti degli stessi soggetti sono altresì sospesi, fino al 31 dicembre 2001, i versamenti di natura tributaria di pertinenza regionale e comunale.

L’art. 6 dell’ordinanza n. 3124/2001 prevede che per la disciplina, anche tecnica, degli interventi dei contributi da destinare ai soggetti privati e alle attività produttive danneggiate dall'evento sismico, il presidente della regione dell'Umbria, commissario delegato, operi nell'ambito dei limiti e secondo le procedure di cui alla legge n. 61/1998 e successive modifiche ed integrazioni e relative normative tecniche.

d)      per il periodo 2008-2012, i contributi concessi ai comuni ai sensi dei commi 2 e 3 dell’art. 12 del decreto legge n. 6 del 1998 vengano quantificati in 19,5 milioni di euro sulla base delle certificazioni del Ministero dell’interno relative all’anno 2006 e siano assegnati annualmente - per il citato quinquennio - con un meccanismo progressivo di riduzione per ciascun anno del quinquennio. Tali disposizioni vengono introdotte aggiungendo un comma 5-bis all’art. 12 del decreto legge n. 6 del 1998.

Si ricorda che l’art. 12 del decreto-legge n. 6 del 1998 reca misure a favore dei comuni interessati dalla crisi sismica. In particolare, il comma 1 prevede che a tali comuni venga concessa dal Ministero dell'interno un'anticipazione dei trasferimenti erariali per compensare gli effetti finanziari delle proroghe dei versamenti per gli anni 1997 e 1998, disposte dalle ordinanze di cui all'art. 1, relativi all'imposta comunale sugli immobili, alla tassa sui rifiuti solidi urbani e alla imposta sulla pubblicità. L'anticipazione è calcolata sulla base delle minori entrate rispetto al 1996, certificate dai comuni interessati. Al recupero dell'anticipazione provvede il Ministero dell'interno in sede di assegnazione delle rate dei contributi ordinari spettanti dopo la scadenza delle proroghe. Ai sensi del comma 2, agli stessi comuni sono assegnati, per gli anni 1997 e 1998, contributi pari ai minori accertamenti, rispetto al 1996, per i tributi di cui allo stesso comma, strettamente connessi all'evento sismico. I contributi sono assegnati sulla base di analitiche certificazioni verificate dal Ministero dell'interno. Infine, il comma 3 prevede che per il biennio 1997-1998, agli stessi comuni per i quali le abitazioni inagibili, totalmente o parzialmente, a seguito della crisi sismica rappresentano oltre il 15% del totale delle abitazioni, vengano concessi contributi per l'adeguamento alla media delle risorse relative alla fascia demografica di appartenenza. Le risorse sono costituite dai contributi ordinari e consolidati assegnati ai comuni e dall'imposta comunale sugli immobili al 4 per mille a suo tempo detratta. Agli stessi comuni è concesso, per il biennio 1997-1998, un ulteriore contributo pari al 20% delle risorse in godimento nell'anno 1997 dopo l'adeguamento alla media delle risorse della fascia demografica di appartenenza.

e)      per il 2008-2012, le spese necessarie per le attività volte al potenziamento degli uffici vengano determinate in 17 milioni di euro e siano erogate annualmente attraverso un meccanismo di riduzione per ciascun anno del citato quinquennio. Tale disposizione viene introdotta aggiungendo un periodo finale al comma 14 dell’art. 14 del decreto legge n. 6 del 1998.

Il vigente comma 14 dell’art. 14 del decreto legge n. 6 del 1998 dispone che le regioni e gli enti locali provvedono, per un periodo massimo di tre anni e in deroga alle vigenti disposizioni di legge, al potenziamento dei propri uffici attraverso la dotazione di strumenti e di attrezzature e assunzioni di personale tecnico e amministrativo a tempo determinato, a corrispondere al personale dipendente compensi per ulteriore lavoro straordinario effettivamente prestato, nel limite di cinquanta ore pro-capite mensili, nonché ad avvalersi di liberi professionisti o dei soggetti di cui all'art. 10 del d.lgs. n. 468 del 1997, o di università e di enti pubblici di ricerca, di società e di cooperative di produzione e lavoro. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata una spesa nel limite del 2% dei fondi assegnati alle regioni, ai sensi dell'art. 15, comma 1, che provvedono a ripartirli secondo un piano di fabbisogno all'uopo predisposto.

f)        le risorse giacenti nelle contabilità speciali accreditate ai Commissari delegati affluiscano nelle apposite contabilità speciali intestate ai Presidenti delle regioni e vengano utilizzate per il completamento degli interventi da ultimare. La modifica viene introdotta aggiungendo un comma 5-bis all’art. 15 del decreto legge n. 6 del 1998.

Inoltre, alla cessazione dello stato d’emergenza, le regioni Umbria e Marche, sono autorizzate, per la prosecuzione ed il completamento del programma di interventi, a contrarre mutui a fronte dei quali il Dipartimento della protezione civile viene autorizzato a concorrere con contributi quindicennali di 5 milioni di euro a decorrere ciascuno degli esercizi 2008, 2009 e 2010. La modifica viene introdotta aggiungendo un comma 5-ter all’art. 15 del decreto legge n. 6 del 1998

 

Il comma 108 individua il limite finanziario di intervento per l’attuazione delle disposizioni di cui alle lettere a), b) e c) con l’utilizzo delle somme esistenti nelle contabilità speciali di cui alla precedente lett. f).

 

Il comma 109 prevede la possibilità per i soggetti che hanno usufruito delle sospensioni dei versamenti tributari e dei pagamenti dei contributi previdenziali, assistenziali e assicurativi di definire la propria posizione corrispondendo l’ammontare dovuto per ciascun tributo e contributo al netto dei versamenti già eseguiti e nella misura e con le modalità che dovranno essere stabilite, nei limiti di 50 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008, con D.P.C.M., su proposta del Ministero dell’economia e delle finanze.

Il comma precisa, infatti, che i destinatari della disposizione sono coloro che hanno usufruito delle sospensioni dei termini dei versamenti tributari previste:

-        dall’art. 14, commi 1, 2 e 3 dell’ordinanza n. 2668 del 28 settembre 1997;

-        dall’art. 2, comma 1, dell’ordinanza n. 2728 del 22 dicembre 1997;

-        dall’art. 2, comma 2, dell’ordinanza n. 2908 del 30 dicembre 1998;

-        coloro che hanno usufruito della sospensione dei pagamenti dei contributi previdenziali, assistenziali ed assicurativi prevista dall’art. 13 dell’ordinanza n. 2668 del 28 settembre 1997.

Si ricordano brevemente le disposizioni richiamate dalle citate ordinanze.

L’art. 14 dell’ordinanza n. 2668/1997 prevede che nei confronti delle persone fisiche, anche in qualità di sostituti d’imposta che alla data del 26 settembre 1997 avevano il domicilio, o la residenza nei comuni colpiti dal sisma, sono sospesi, a decorrere dal 26 settembre 1997 e fino al 31 dicembre 1997, i termini relativi agli adempimenti ed ai versamenti di natura tributaria connessi all’accertamento ed alla riscossione di imposte e tasse erariali, regionali e locali, ivi compresi i versamenti di entrate aventi natura patrimoniale ed assimilata, dovute all’amministrazione finanziaria e ad enti pubblici anche locali (comma 1). Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano, altresì, nei confronti dei soggetti, anche in qualità di sostituti d’imposta, diversi dalle persone fisiche, aventi sede alla data del 26 settembre 1997 nei comuni colpiti dal sisma, comprese le persone fisiche, aventi residenza o sede altrove, limitatamente alle obbligazioni che afferiscono in via esclusiva alle attività svolte nei predetti comuni. I sostituti d’imposta, ovunque fiscalmente domiciliati, a richiesta degli interessati, non devono operare le ritenute alla fonte nel periodo di sospensione. La sospensione dei pagamenti delle imposte sui redditi, effettuata mediante ritenuta alla fonte, si applica soltanto per le ritenute operate a titolo d’acconto ai sensi degli artt. 23, 24, 25, 25 bis, 28, comma 2, e 29 del DPR 29 n. 600 del 1973. La sospensione non si applica ai soggetti che svolgono attività bancarie od assicurative di cui all’art. 2195, commi 1 e 4, del codice civile (comma 2). Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche nei confronti delle persone fisiche e dei soggetti gravemente danneggiati aventi residenza, domicilio o sede nei danneggiati dal sisma.

Il comma unico dell’art. 2 dell’ordinanza n. 2728/1997 dispone che il termine di cui al richiamato art. 14 dell’ordinanza n. 2668/1997 è prorogato al 31 marzo 1998 per i soggetti aventi il domicilio o la residenza nei comuni colpiti dal sisma, ed al 31 dicembre 1998, per i soggetti residenti o aventi sede operativa negli stessi comuni, le cui abitazioni e i cui immobili, sede di attività produttive, sono stati oggetto di ordinanze sindacali di sgombero per inagibilità totale o parziale.

L’art. 2 dell’ordinanza n. 2908/1998 proroga fino al 30 giugno 1999 il termine del 31 dicembre 1998 di cui agli artt. 1 e 2 dell'ordinanza n. 2728/97. Gli adempimenti conseguenti alla ripresa della riscossione decorrono dopo otto mesi dalla scadenza e con una rateizzazione, su base mensile, tale da comportare una percentuale aggiuntiva non superiore al 30% della rata ordinaria che devono corrispondere le imprese e i lavoratori autonomi.

L’art. 13 dell’ordinanza n. 2668/1997 sospende, nei confronti dei soggetti residenti nei comuni gravemente danneggiati dal sisma, a decorrere dal 26 settembre 1997 e fino al 31 dicembre 1997, i pagamenti dei contributi di previdenza ed assistenza sociale, ivi compresa la quota di contributi a carico dei dipendenti, nonché dei contributi per le prestazioni del servizio sanitario nazionale di cui all’art. 31 della legge n. 41 del 1986. Il versamento delle somme dovute e non corrisposte per effetto della sospensione avviene senza aggravio di sanzioni, interessi o altri oneri.

 

 

Il comma 112 autorizza una spesa di 100 milioni di euro per l’anno 2008 per l’acquisizione, da parte del Dipartimento della protezione civile, di velivoli antincendio, allo scopo di potenziare la dotazione di mezzi aerei e di soccorso civile nelle azioni di contrasto e di spegnimento degli incendi stessi.

Ai sensi dell’art. 1, del decreto-legge n. 90 del 2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 15 del 2005, al fine di porre in essere ogni indispensabile azione di carattere preventivo in materia di lotta attiva agli incendi boschivi, nonché di garantire il funzionale espletamento di tali attività, è stato affidato al Presidente del Consiglio dei ministri il compito di definire i programmi per gli interventi di spegnimento degli incendi boschivi. Il Dipartimento per la protezione civile è stato autorizzato al compimento di attività volte a garantire l’adeguamento tecnologico e operativo della componente aerea nel settore della lotta agli incendi boschivi.

Gli aerei e gli elicotteri antincendio sono coordinati dal Centro Operativo Aereo Unificato (COAU) del Dipartimento della protezione civile e sono dislocati sul territorio tenendo conto delle aree a rischio e delle condizioni meteorologiche che rendono più probabile l'innesco di incendi boschivi. Attualmente il Dipartimento della Protezione Civile può disporre di 16 Canadair e 4 elicotteri, 6 elicotteri del Corpo forestale dello stato, , 2 elicotteri della Marina Militare, 3 elicotteri dell'Esercito italiano, 1 elicottero dell’Aeronautica militare e 2 elicotteri dei Vigili del fuoco. A questi mezzi si aggiungono quelli in dotazione alle Regioni. Inoltre la Protezione Civile ha stretto un accordo di reciproco aiuto con la Francia: i nostri aerei intervengono in Corsica ed in Costa Azzurra, quelli francesi in Liguria, Sardegna, Piemonte, Valle d'Aosta e Toscana[198].

Per quanto specificamente riguarda e attività del Corpo forestale dello Stato, in base all’articolo 2 della legge n. 36 del 2004, esso è autorizzato a compiere azioni di pubblico soccorso ed interventi di rilievo nazionale di protezione civile su tutto il territorio nazionale con riferimento alla lotta agli incendi boschivi, mediante l’utilizzazione di mezzi aerei per il loro spegnimento. Per le esigenze operative del C.F.S. connesse alle attività antincendi boschivi, l’art. 18-bis del decreto legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, ha autorizzato la spesa di 4 milioni di euro per il 2006 e di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2007.

 

Il comma 113 proroga al 31 dicembre 2008 il termine per l’applicazione delle misure agevolative a favore dei territori di Umbria e Marche colpiti da eventi sismici del 1997 e per le zone ad elevato rischio sismico. L’ultima proroga è stata disposta con l’art. 1, comma 510, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).

La proroga è destinata ad operare solamente nell’ambito delle risorse disponibili, come prevede l’art. 3, comma 1, del decreto-legge 13 maggio 1999, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 luglio 1999, n. 226.

Si ricorda che tale termine era stato prorogato al 31 dicembre 2006 dall’art. 4, comma 92, della legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004), che aveva novellato l’art. 138, comma 12, della legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001), il quale a sua volta aveva disposto la proroga al 31 dicembre 2003, nell’ambito delle risorse disponibili, delle misure agevolative contenute nel D.M. 28 settembre 1998, n. 499.

Le agevolazioni contenute nel citato decreto ministeriale sono quelle previste dall'art. 12, commi 1 e 3, della legge n. 449 del 1997. Il comma 1 prevede in particolare la concessione di un contributo pari all'ammontare dell'IVA pagata a titolo di rivalsa, in relazione all'acquisto e all'importazione di beni utilizzati e di servizi, anche professionali, ricevuti per la riparazione e la ricostruzione degli edifici o delle opere pubbliche distrutti o danneggiati. L'agevolazione prevista dal comma 3 del medesimo art. 12 consiste invece nella concessione del contributo di cui al comma 1, nella misura del 10% per i soggetti che provvedono alla riparazione o ricostruzione di edifici, anche rurali, o di opere pubbliche ubicati nelle zone ad elevato rischio sismico.

Il medesimo decreto ministeriale ha definito gli adempimenti e le modalità, pertinenti alla concessione dei benefici, ed ha ricompreso tra i beneficiari delle agevolazioni anche i soggetti residenti nei territori delle province di Arezzo e Rieti.

 

Il comma 114 autorizza un contributo straordinario di 15 milioni di euro per il 2008, per la realizzazione di interventi a sostegno delle popolazioni e delle attività produttive nei comuni della regione Veneto colpiti dagli eventi alluvionali nel 2007 di cui all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 ottobre 2007, n. 3621.

Si ricorda che il 26 settembre 2007 parte del territorio della regione Veneto, con particolare riferimento alle province di Venezia, Padova e Treviso, è stato colpito da eccezionali eventi meteorologici che hanno determinato interruzioni della viabilità stradale e danneggiamenti alle infrastrutture. Pertanto è stata emanata l’ordinanza n. 3621 del Presidente del Consiglio dei ministri 18 ottobre 2007 recante “Interventi urgenti di protezione civile diretti a fronteggiare i danni conseguenti agli eccezionali eventi meteorologici che hanno colpito parte del territorio della regione Veneto, nel giorno 26 settembre 2007”[199].

 

Il comma 115 autorizza un ulteriore contributo decennale di 5 milioni di euro a decorrere dal 2008, per gli interventi di ricostruzione nelle regioni della Basilicata e della Campania colpite dagli eventi sismici del 1980-1981, che si aggiunge al contributo disposto dall’art. 1, comma 1013 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007). La disposizione demanda ad un successivo DPCM la definizione dei criteri e delle modalità di ripartizione tra le due regioni interessate.

Si rammenta che l’art. 1, comma 1013, della legge finanziaria 2007 ha autorizzato un contributo quindicennale di 3,5 milioni di euro a decorrere da ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per la prosecuzione della ricostruzione nei territori delle regioni Basilicata e Campania colpiti dagli eventi sismici del 1980-1981.


 

Articolo 2, commi 110-111
(Definizione automatica debiti tributari e previdenziali degli enti operanti nel settore sanitario e aventi sede in Molise, Sicilia e Puglia)

 


110. I soggetti di cui all’articolo1, comma 255, dellalegge 30 dicembre 2004, n. 311, destinatari dei provvedimenti agevolativi in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi fiscali e contributi previdenziali, possono definire in maniera automatica la propria posizione relativa agli anni dal 2002 al 2006. La definizione si perfeziona versando l’intera somma dovuta per ciascun contributo e tributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale e interessi, diminuita al 30 per cento, in un’unica soluzione entro il 30 novembre 2008. Il mancato rispetto dei termini previsti dal secondo periodo comporta la decadenza dal beneficio di cui al presente comma.(*)

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(*)  Comma così modificato dall’art. 36, co. 4-quater del D.L. n. 248/2007 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 31/2008.

 

111. Il Ministero del lavoro e della previ­denza sociale provvede al monitoraggio degli oneri di cui al comma 110, informando tempestivamente il Ministero dell’economia e delle finanze, anche ai fini dell’adozione dei provvedimenti correttivi di cui all’articolo11-ter, comma 7, dellalegge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, numero 2), della legge n. 468 del 1978, prima dell’entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al primo periodo, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.


 

 

Il comma 110 consente agli enti non commerciali - di cui all’articolo 1, comma 255 della legge finanziaria 2005, cioè gli enti operanti nel settore della sanità privata e in situazione di crisi aziendale, aventi una sede operativa nei territori colpiti da calamità naturali situati in Molise, Sicilia e Puglia, destinatari dei provvedimenti agevolativi in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi fiscali e contributi previdenziali, di definire in maniera automatica la propria posizione, relativamente agli anni dal 2002 al 2006.

 

La definizione si perfeziona versando l’intera somma dovuta per ciascun contributo e tributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interesse, diminuita al 30 per cento.

A seguito delle modifiche apportate dall’art. 36, co. 4-quater del decreto-legge “mille proroghe” (D.L. 31 dicembre 2007, n. 248[200], convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31) il pagamento deve avvenire in un’unica soluzione entro il 30 novembre 2008, pena la decadenza del beneficio in esame.

 

Il testo originario della norma prevedeva che il versamento fosse effettuato in due rate di uguale ammontare da versare, rispettivamente, entro il 20 gennaio 2008 e entro il 30 settembre 2008.

 

Il comma 111 dispone che il Ministero del lavoro e della previdenza sociale provveda al monitoraggio degli oneri recati dal comma precedente, informando il Ministero dell’economia e delle finanze, anche ai fini dell’adozione dei provvedimenti correttivi rispetto alle previsioni di spesa, secondo quanto previsto dalla legge di contabilità.

Gli eventuali decreti di integrazione dei relativi capitoli di spesa attraverso trasferimento a questi di risorse provenienti dal Fondo di riserva per le spese obbligatorie e d’ordine, sono, prima dell’entrata in vigore dei provvedimenti correttivi di cui sopra, tempestivamente trasmessi alle Camere, corredate da apposite relazioni illustrative.

 

La legge finanziaria 2005, all’articolo 1, comma 255, stabilisce che agli enti non commerciali di cui all’articolo 1, comma 47 della legge finanziaria 2003, cioè gli enti operanti nelle aree individuate ai sensi degli obiettivi 1 e 2 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999 [201], con un organico superiore alle 2.000 unità lavorative, nel settore della sanità privata e in situazione di crisi aziendale in seguito a processi di riconversione e ristrutturazione aziendale, i quali abbiano almeno una sede operativa nelle province di Catania, Campobasso e Foggia si applicano fino al 31 dicembre 2005 la sospensione dei termini di cui all'articolo 4 del decreto-legge n. 245 del 2002, nonché, per i versamenti non eseguiti alla data del 31 dicembre 2005, si applicano i differimenti di termini relativi a compensi per prestazioni di lavoro straordinario, agli adempimenti per gli obblighi tributari e relativi ai versamenti dei contributi di previdenza e di assistenza sociale, indicati, rispettivamente, nell'articolo 3, comma 2, e nell'articolo 4, comma 3, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 7 maggio 2004 n. 3354, recante disposizioni urgenti in materia di protezione civile.

 

Il decreto-legge 4 novembre 2002, n. 245, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2002, n. 286, all'articolo 1, comma 1, fa riferimento alle situazioni d’emergenza di cui al D.P.C.M. 29 ottobre 2002 (dichiarazione dello stato di emergenza nel territorio della provincia di Catania, in conseguenza dei gravi fenomeni eruttivi connessi all'attività vulcanica dell'Etna e degli eventi sismici concernenti la medesima area) e al D.P.C.M. 31 ottobre 2002 (dichiarazione dello stato di emergenza nel territorio della provincia di Campobasso, in conseguenza dei gravi eventi sismici verificatisi il 31 ottobre 2002), pubblicati nella Gazzetta ufficiale n. 258 del 4 novembre 2002, nonché al D.P.C.M. 8 novembre 2002 (dichiarazione dello stato di emergenza anche nel territorio della provincia di Foggia, in conseguenza dei gravi eventi sismici verificatisi il 31 ottobre 2002), pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 267 del 14 novembre 2002.

L'articolo 4 del medesimo decreto-legge ha previsto per i soggetti che alle date del 29 e 31 ottobre 2002 nonché dell’8 novembre 2002 erano residenti, avevano sede operativa o esercitavano la propria attività lavorativa, produttiva o di funzione nei comuni e nei territori individuati nei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri in pari data, la sospensione fino al 31 marzo 2003 (termine poi prorogato al 30 giugno 2003) dei termini di prescrizione, di decadenza e di quelli perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, anche previdenziali, comportanti prescrizioni e decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, in scadenza nel periodo di vigenza delle dichiarazioni di emergenza. Lo stesso articolo 4 ha altresì previsto la sospensione, con provvedimento adottato ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, fino al 31 marzo 2003 (termine poi prorogato al 30 giugno 2003) dei termini per l'adempimento di obblighi di natura tributaria. Ha sospeso altresì per lo stesso periodo tutti i termini relativi ai processi esecutivi, mobiliari e immobiliari, nonché ad ogni altro titolo di credito avente forza esecutiva di data anteriore ai decreti sopra citati e alle rate dei mutui di qualsiasi genere in scadenza nel medesimo periodo; ha sospeso per il predetto periodo i termini di notificazione dei processi verbali, di esecuzione del pagamento in misura ridotta, di svolgimento di attività difensiva e per la presentazione di ricorsi amministrativi e giurisdizionali.

 

Si ricorda infine, che l’articolo 11-ter, comma 7, della legge di contabilità (legge n. 468 del 1978), prevede che qualora nel corso dell'attuazione di leggi si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa o di entrata indicate dalle medesime leggi al fine della copertura finanziaria, il Ministro competente ne dà notizia tempestivamente al Ministro dell'economia e delle finanze, il quale, anche ove manchi la predetta segnalazione, riferisce al Parlamento con propria relazione e assume le conseguenti iniziative legislative. La relazione individua le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini della revisione dei dati e dei metodi utilizzati per la quantificazione degli oneri autorizzati dalle predette leggi.

L’articolo 7, comma 2, numero 2 della stessa legge, relativo al Fondo di riserva per le spese obbligatorie e d’ordine, prevede che con decreti del Ministro dell’economia e finanze, da registrarsi alla Corte dei conti, sono tra l’altro, trasferite dal predetto fondo ed iscritte in aumento sia delle dotazioni di competenza che di cassa dei competenti capitoli le somme necessarie per aumentare gli stanziamenti dei capitoli di spesa aventi carattere obbligatorio o connessi con l'accertamento e la riscossione delle entrate.


 

Articolo 2, commi 116-117
(Recupero tributi e contributi sospesi nei territori colpiti da eventi calamitosi del Molise e delle province di Foggia e Catania. Estensione dei benefici fiscali nei comuni colpiti da calamità naturali)

 

116. Il recupero dei tributi e contributi di cui ai commi 1008 e 1011 dell’articolo1dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, avviene nel rispetto dei limiti di cui all’articolo 2 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180.

117. All’articolo 1, comma 1, del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 14 novembre 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 270 del 18 novembre 2002, dopo le parole: «avevano la residenza» sono inserite le seguenti: «o la sede operativa».

 

 

I commi 116 e 117 contengono disposizioni in favore di alcune zone colpite da calamità naturali durante l’anno 2002.

 

In particolare, il comma 116stabilisce che il recupero dei tributi e dei contributi relativi alle zone del Molise e della provincia di Foggia colpite dagli eventi sismici del 2002 ed alla parte della provincia di Catania interessata da eventi sismici e fenomeni vulcanici nel medesimo anno (di cui, rispettivamente, ai commi 1008 e 1011 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007, L. n. 296/2006) avvenga nel rispetto dei limiti di sequestrabilità e pignorabilità contenuti nell’articolo 2 del testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle Pubbliche Amministrazioni (D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180).

 

Si ricorda che il citato comma 1008 ha stanziato risorse - pari a 85 milioni di euro per il 2007 e 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 - per gli interventi di ricostruzione nelle zone della regione Molise e della provincia di Foggia colpite dagli eventi sismici del 2002, prevedendo altresì un vincolo di destinazione del 50% al Comune di San Giuliano di Puglia ed il restante 50% ai rimanenti comuni con precedenza, però, nei confronti dei comuni del cratere.

Il comma 1011 ha invece prorogato al 30 giugno 2007 il termine per la definizione della posizione contributiva dei soggetti colpiti dai gravi fenomeni eruttivi dell'Etna nel territorio della provincia di Catania e dagli eventi sismici concernenti la medesima area verificatisi nel mese di ottobre 2002, destinatari dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 giugno 2005, n. 3442 ed interessati dallo stato di emergenza.

In relazione alle modalità di effettuazione dei previsti adempimenti e versamenti, viene disposta la corresponsione dell’ammontare dovuto per ciascun tributo e contributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interessi, diminuito del 50 per cento, ferme restando le vigenti modalità di rateizzazione.

Nel caso di ritardato versamento dei tributi e contributi previsti si applica l’istituto del ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997, anche se sono già state notificate le cartelle esattoriali

 

Il comma 116, nel dettare i limiti al recupero delle risorse, richiama espressamente l’articolo 2 del DPR n. 180/1950. Tale norma detta specifici limiti alla sequestrabilità e pignorabilità diuna serie di emolumenti (nella specie: stipendi, salari e retribuzioni equivalenti, pensioni, indennità che tengono luogo di pensione e altri assegni di quiescenza) corrisposti dallo Stato e da altri enti[202].

 

I limiti disposti dalla norma alla pignorabilità ed alla sequestrabilità delle somme sono i seguenti (articolo 2, comma 2):

 

1)      fino alla concorrenza di un terzo valutato al netto di ritenute, per causa di alimenti dovuti per legge;

2)      fino alla concorrenza di un quinto valutato al netto di ritenute, per debiti verso lo Stato e verso gli altri enti, aziende ed imprese da cui il debitore dipende, derivanti dal rapporto d'impiego o di lavoro;

3)      fino alla concorrenza di un quinto valutato al netto di ritenute, per tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, facenti carico, fin dalla loro origine, all'impiegato o salariato[203].

L’ultimo comma dell’articolo 2 stabilisce il limite per l’eventuale concorso di cause di cui al comma 2. In particolare, il sequestro ed il pignoramento, per il simultaneo concorso delle cause indicate ai numeri 2 e 3, non possono colpire una quota maggiore del quinto, e, quando concorrano anche le cause di cui al numero 1, non possono colpire una quota maggiore della metà, valutata al netto di ritenute, salve le disposizioni del titolo V del Testo Unico (recante disposizioni in materia di concorso di vincoli sugli stipendi, salari e pensioni) qualora concorrano anche vincoli per cessioni e delegazioni.

 

Come appena rilevato, il comma 1008 dell’articolo 1 della l. finanziaria 2007 reca uno stanziamento di risorse; dall’altro lato, il comma 1011 dispone la proroga di termini per la definizione della posizione contributiva di alcuni soggetti. Al riguardo si osserva, dunque, che appare impreciso il riferimento operato dal comma 116 in esame, in materia di “recupero di tributi e contributi”, a quanto disposto nei suddetti commi 1008 e 1011.

 

Il comma 117, stante l’imprecisaformulazione letterale e la contiguità di materia rispetto al comma 116,sembra apportare modifiche a due decreti ministeriali, emanati dal Ministro dell’economia e finanze in data 14 novembre 2002, riguardanti la sospensione di termini relativi ad adempimenti di obblighi tributari in favore di soggetti residenti in taluni comuni colpiti da calamità naturali nell’anno 2002.

 

Entrambi i DM sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale n. 270 del 18 novembre 2002, con il titolo di “Sospensione dei termini relativi agli adempimenti di obblighi tributari aventi scadenza nel periodo dal 29 ottobre 2002 al 31 marzo 2003 a favore dei soggetti residenti, alla data del 29 ottobre 2002, in taluni comuni della provincia di Catania interessati dall'eruzione del vulcano Etna” e “Sospensione dei termini relativi agli adempimenti di obblighi tributari aventi scadenza nel periodo dal 31 ottobre 2002 al 31 marzo 2003 a favore dei soggetti residenti, alla data del 31 ottobre 2002, in taluni comuni della provincia di Campobasso interessati dagli eventi sismici verificatisi nella stessa data del 31 ottobre 2002”.

 

La norma, tramite una modifica testuale all’articolo 1, comma 1, di entrambi i decreti (la cui formulazione è pressoché identica) estende il beneficio della sospensione dei termini relativi agli adempimenti ed ai versamenti tributari, già previsti per lepersone fisicheaventi la residenza nei comuni indicati dai provvedimenti modificati, anche ai soggetti ivi aventi, in alternativa, “la sede operativa”.

Le disposizioni del comma in esame sembra possano riferirsi ai lavoratori autonomi o agli imprenditori individuali.

 

Si osserva, oltre alla già rilevata imprecisa formulazione del comma in esame, che con la disposizione in esame si apportano modifiche ad un regolamento ministeriale - cioè ad una fonte secondaria - tramite una norma di rango primario.

 


 

Articolo 2, commi 118-119
(Interventi a favore di zone colpite da eccezionali eventi alluvionali)

 

118. Al fine di agevolare la ripresa e il rilancio dell’economia nelle zone colpite dall’eccezionale evento alluvionale e franoso che ha interessato la provincia di Teramo e, in particolare, i comuni di Alba Adriatica, di Tortoreto e di Martinsicuro, del 6 ottobre 2007, e per la realizzazione indifferibile di opere infrastrutturali volte a prevenire le conseguenze di eccezionali eventi alluvionali, è istituito presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare un fondo di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

119. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sono individuate le categorie di beneficiari e le modalità per accedere ai finanziamenti a carico del fondo di cui al comma 118.

 

 

Il comma 118 provvede adistituire, presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, un Fondo di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2008 al 2010, per la realizzazione di opere infrastrutturali da realizzarsi nella provincia di Teramo, ed in particolare nei comuni di Alba Adriatica, Tortoreto e Martinsicuro, a seguito degli eventi meteorologici eccezionali verificatisi nel mese di ottobre 2007.

La disposizione è finalizzata ad agevolare la ripresa e il rilancio dell’economia in tali zone e alla realizzazione indifferibile di opere infrastrutturali per prevenire le conseguenze di eventi alluvionali sempre più frequenti.

 

Si ricorda che nei giorni 6 e 7 ottobre 2007 le province di Teramo e di Ascoli Piceno sono state colpite da eccezionali eventi meteorologici che hanno determinato interruzioni della viabilità stradale e danneggiamenti alle infrastrutture. Considerato che i predetti eventi hanno causato nei territori delle suddette province l'innesco di fenomeni franosi, con conseguente inondazione di alcune porzioni di centri abitati, è stato dichiarato, con DPCM 12 ottobre 2007, lo stato di emergenza fino al 31 ottobre 2008, al fine di porre in essere ogni azione urgente finalizzata al superamento della grave situazione derivante dai citati eventi meteorici.

 

Il comma 119 demanda ad un decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare l’individuazione delle categorie di beneficiari e le modalità per accedere ai finanziamenti a carico del fondo di cui al comma precedente.


 

Articolo 2, commi 120-121
(Pesca e vittime del mare)

 

120. Il Fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura, istituito dall’articolo1, comma 1068, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, è altresì destinato al ricambio generazionale e allo sviluppo delle imprese giovanili nel settore della pesca.

121. Al fine di favorire l’accesso al credito e al mercato dei capitali da parte delle imprese che operano nel settore della pesca e dell’acquacoltura, le disponibilità del Fondo centrale per il credito peschereccio, di cui all’articolo13deldecreto legislativo 26 maggio 2004, n. 154, istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sono destinate agli interventi di cui all’articolo17, commi 3 e 4, deldecreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102.

 

 

Il comma 120 amplia il novero dei soggetti che possono attingere alle risorse del Fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura istituito dall’articolo 1, comma 1068, della legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296): in base alle nuove disposizioni tale fondo è destinato anche al ricambio generazionale ed allo sviluppo delle imprese giovanili nel settore della pesca.

I commi 1068-1071 della legge finanziaria 2007 hanno disposto un cambio di finalizzazione dello stanziamento di 10 milioni di euro annui che l’articolo 3, co. 3, del D.Lgs. n. 99/2004 aveva riservato alla concessione di un credito d’imposta in favore dei giovani imprenditori agricoli. A tal fine tali disposizioni hanno istituito presso il MIPAAF un Fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura, dotato dei menzionati 10 milioni di euro per ogni anno del quinquennio 2007-2011, le cui modalità di funzionamento debbono ancora essere definite con un decreto di natura non regolamentare del dicastero agricolo (per il quale non è indicato alcun termine) in coerenza con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo.

La nuova destinazione delle risorse, operata con la finanziaria 2007, è stata determinata dai rilievi mossi dalla Commissione alla concessione dell’originario credito d’imposta, ritenuto contrario alle regole della concorrenza. Il credito d’imposta di cui al DL 99/04 era previsto quale beneficio aggiuntivo per il primo insediamento dei giovano agricoltori che avessero ottenuto il premio di primo insediamento di cui alle norme comunitarie (art. 8 del reg. 1257/1999 sul sostegno allo sviluppo rurale).

 

Il comma 121, interviene in merito all’utilizzo delle risorse allocate sul Fondo per il credito peschereccio.

Detto Fondo, a suo tempo istituito dall’art. 10 della legge n. 41/82[204] - che prevedeva fosse alimentato fondamentalmente dalle somme stanziate nel piano nazionale della pesca; dalle rate di ammortamento dei mutui erogati dal Fondo stesso; dai rientri provenienti da estinzioni anticipate totali o parziali dei mutui medesimi – deve la sua sopravvivenza all’art. 13 del D.lgs. n. 154/2004[205] che gli conferma inoltre il carattere di Fondo ad amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio, ai sensi dell'articolo 9 della legge 25 novembre 1971, n. 1041. Peraltro è da ritenere che detto Fondo conservi le caratteristiche proprie dei fondi di rotazione, così come in precedenza riconosciuto dal DPCM 4 giugno 2003 al Fondo ex lege n. 41, abrogata dal D.lgs. n. 154.

 

Il comma 121 dispone che le risorse del Fondo siano destinate alla concessione, alle sole imprese che operano nel settore della pesca, delle garanzie che l’art. 17, c. 3 e 4, del D.lgs. n. 102/2004 prevede siano concesse dall’ISMEA in favore del sistema creditizio, allo scopo di agevolare l’accesso al mercato dei capitali da parte delle imprese del comparto primario.

L’articolo 17 del D.Lgs. n. 102 del 2004[206], oltre ad incorporare nell’ISMEA la sezione speciale del Fondo interbancario di garanzia per il credito all’agricoltura, definisce con i commi 3 e 4 taluni interventi volti a favorire la capitalizzazione delle imprese agricole e della pesca, in particolare attribuendo la possibilità all’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare di farsi garante presso il sistema creditizio, sia mediante la concessione di garanzie dirette che mediante il rilascio di controgaranzie e cogaranzie in collaborazione con confidi o altri fondi di garanzia.

Va rammentato che in precedenza la menzionata legge n. 41/82 recava anche disposizioni in merito all’utilizzo delle risorse del Fondo peschereccio (art. 11) destinato alla concessione di mutui a tasso agevolato per le seguenti iniziative:

-          costruzione od acquisto di navi da adibire in via esclusiva alla pesca marittima, ovvero alla lavorazione, trasformazione e trasporto dei prodotti della pesca;

-          lavori di trasformazione, ampliamento o miglioramento degli scafi esistenti, nonché sostituzione di apparati motori a bordi di navi da pesca già in esercizio ed acquisto di apparecchiature per la pesca;

-          costruzione, acquisto, ampliamento o miglioramento di impianti a terra per la depurazione, la trasformazione, la commercializzazione e la raccolta dei prodotti della pesca;

-          acquisto di contenitori, automezzi e motomezzi frigoriferi o isotermici per il trasporto e la vendita dei prodotti della pesca;

-          costruzione, ampliamento o miglioramento di spacci gestiti da cooperative o da consorzi di cooperative di pescatori o da produttori della pesca marittima;

-          costruzione, acquisto, ampliamento o miglioramento di magazzini, negozi, impianti e relative attrezzature;

-          costituzione di consorzi tra cooperative per la gestione di aree e sistemi di pesca;

-          piani di ristrutturazione aziendale;

-          altre iniziative collegate all'applicazione dei regolamenti emanati dalla CEE in materia di pesca marittima.

Molto più sinteticamente il D.Lgs. n. 154/2004 si limita a prevedere l’utilizzo del Fondo per il sostegno delle attività di promozione da parte delle regioni di “innovativi strumenti finanziari, di garanzia del credito, ovvero assicurativi, finalizzati al sostegno del settore della pesca e dell'acquacoltura” (art. 13).


 

Articolo 2, commi 122-123
(Dotazione del fondo per la razionalizzazione e la riconversione
della produzione bieticolo-saccarifera in Italia)

 

122. L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo1, comma 1063, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, è rifinanziata per l’importo di 50 milioni di euro per l’anno 2008, quale dotazione del fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produ­zione bieticolo-saccarifera in Italia per il terzo anno del quinquennio previsto dalla normativa comuni­taria.

123. Le disponibilità già destinate al fondo per le crisi di mercato agricolo, di cui all’articolo1, comma 1072, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato, nel limite di 30 milioni di euro, per essere direttamente riassegnate, per l’anno 2008, ad integrazione della dotazione del fondo di cui al comma 122.

 

 

Il comma 122 reca una autorizzazione di spesa, per il solo anno 2008, pari a 50 milioni di euro destinati al Fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera, quale stanziamento destinato al terzo dei cinque anni per i quali la UE consente che siano erogati aiuti nazionali alla produzione bieticolo-saccarifera.

L’aiuto di cui trattasi è stato definito dal Consiglio con il reg. 319/2006, che autorizza aiuti nazionali, per un massimo di cinque anni consecutivi, destinati ad ammortizzare gli effetti di una ristrutturazione del comparto che abbia comportato il taglio di almeno il 50% della quota produttiva attribuita allo Stato membro.

Gli stanziamenti relativi alle prime due annualità del regime di aiuto erano stati di 65,8 milioni di euro per ciascun anno (comma 1063 della L. n. 296/2006- finanziaria 2007 e art. 2, co. 4-bis del D.L. n. 2/2006).

 

Il comma 123 sembrerebbe integrare la dotazione del fondo di cui al primo comma disponendo che, nel limite di 30 milioni di euro, le risorse già attribuite al Fondo per le crisi del mercato agricolo siano versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnate per l'anno 2008 al Fondo bieticolo-saccarifero. Dall’esame dei lavori parlamentari si ricava tuttavia che il secondo comma costituisce la trascrizione della clausola di copertura finanziaria dell’emendamento con il quale, durante l’esame presso la Commissione bilancio del Senato[207], lo stanziamento previsto nel primo comma, che nel testo originario del d.d.l. era di 20 milioni di Euro, è stato elevato sino a 50 milioni di euro; e infatti il D.M. 28 dicembre 2007, recante “Ripartizione in capitoli delle Unità previsionali di base relative al bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2008”, registra sull’apposito capitolo di spesa[208] lo stanziamento di 20 milioni di euro, da integrare appunto nel corso dell’esercizio nel limite di ulteriori 30 milioni di euro.

 

La riforma della OCM di settore è stata adottata dal Consiglio con il regolamento n. 318/2006[209], che ha definito le modalità di disaccoppiamento degli aiuti, il regime di pagamento unico e l’applicazione della condizionalità. Per quanto attiene alla produzione saccarifera, l’adeguamento del sistema produttivo comunitario ai requisiti internazionali ha tuttavia richiesto l’avvio di un profondo processo di ristrutturazione volto ad una drastica riduzione della produzione non redditizia. A tale scopo con il regolamento 320/2006[210] è stato approvato un regime temporaneo di aiuti alla cessazione produttiva, da erogarsi per quattro campagne di commercializzazione. La decisione sulla concessione di tale aiuto è stata demandata ai singoli Stati membri, ai quali spetta anche l’esercizio del controllo sull’attuazione della ristrutturazione. Infine, allo scopo di ammortizzare gli effetti del processo di ristrutturazione avviato dal reg. 320, e di compensare la significativa riduzione del prezzo di sostegno al mercato conseguente al reg. 318, con l’approvazione del regolamento n. 319/2006 il Consiglio ha definito il regime di sostegno del reddito da applicare al settore dello zucchero . Detto regolamento prevede anche una specifica forma di aiuto, per un massimo di cinque anni consecutivi, destinata ad ammortizzare gli effetti del processo di ristrutturazione negli Stati membri che hanno rinunciato ad almeno il 50% della propria quota produttiva. In tali Stati pertanto, oltre agli aiuti comunitari alla ristrutturazione di cui al reg. 320, è concesso un aiuto temporaneo nazionale ai produttori di barbabietole da zucchero rimasti attivi . Il quinquennio di validità dell’aiuto decorre dall’anno in cui è stata raggiunta la riduzione del 50%, ma può essere erogato al più tardi nella campagna di commercializzazione 2013/2014.

L’Italia ha posto in atto un processo di ristrutturazione concordato in sede di tavolo di filiera bieticolo-saccarifera, formalizzato nell’accordo sottoscritto in data 8 febbraio 2006, con il quale sono stati definiti gli impegni alla riconversione degli stabilimenti. La realizzazione della ristrutturazione di cui al regolamento 320 è stata concretamente definita con il D.M. 21 giugno 2006[211] e la conseguente riduzione della quota produttiva nazionale ha consentito all’Italia di beneficiare dell’aiuto temporaneo previsto dal reg. n. 319 in base al quale i bieticoltori potranno ottenere, per ogni campagna di commercializzazione, per il trasporto di barbabietole da zucchero, di un aiuto non superiore a 11 euro per tonnellata.

Il Fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera è stato istituito dal comma 4 dell’art. 2 del decreto-legge n. 2/2006, ma a seguito dell’abrogazione di tale norma disposta dal comma 1054 della finanziaria 2007. va ora fatto riferimento al comma 1063 della medesima finanziaria 2007 che ha autorizzato per il solo anno 2007 una spesa pari a 65,8 milioni di euro destinati al Fondo, quale stanziamento per il secondo dei cinque anni per i quali è concessa la erogazione di aiuti nazionali alla produzione bieticolo-saccarifera da parte delle norme comunitarie.

Lo stanziamento 2007 è stato iscritto sul cap. 7370 del Ministero dell’Economia, nuovamente intestato all’AGEA “per la costituzione del fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera in Italia”, nel quale in ogni caso non confluiscono più i trasferimenti comunitari a titolo di attuazione della PAC. Con il presente esercizio il cap. 7370 della UPB 7.1.2 (che a legislazione vigente non reca alcuna autorizzazione di spesa) è iscritto nella missione 9, progetto 9.3 che reca gli interventi di sostegno al settore agricolo da parte del dicastero dell’economia

Il Fondo per le crisi di mercato è stato istituito dall’art. 1, comma 1072 della legge 296/2006 (finanziaria 2007) presso il Ministero delle politiche agricole, facendovi confluire le risorse che l’art. 1-bis, commi 13 e 14, del D.L. n. 2 del 2006 aveva destinato all’emergenza aviaria e che la Commissione aveva ritenuto incompatibili con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato. Le sue modalità di funzionamento avrebbero dovuto essere definite entro il termine di tre mesi (comma 1074), in coerenza con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo, con un decreto del dicastero agricolo d’intesa con la Conferenza Stato-regioni.

Peraltro anche sugli aiuti per le crisi di mercato il parere dell’autorità comunitaria è stato negativo. Infatti la Commissione, con una nota trasmessa al Governo italiano nei giorni immediatamente successivi alla conversione in legge del decreto 28 febbraio 2005, n. 22 che ha introdotto nell’ordinamento la definizione di “crisi di mercato”[212], ha espresso forti dubbi sulla compatibilità con il mercato comune di un intervento statale fondato sul mero presupposto di una riduzione del reddito, con ciò, di fatto, precludendo l’applicazione delle disposizioni.


 

Articolo 2, comma 124
(Rafforzamento della filiera agroenergetica)

 

124. All’articolo1, comma 1112, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, è aggiunta la seguente lettera:

«f-bis) pratiche di gestione forestale sostenibile attuate attraverso interventi diretti a ridurre il depauperamento dello stock di carbonio nei suoli forestali e nelle foreste».

 

 

Il comma 124, attraverso l’introduzione di una lettera aggiuntiva al comma 1112 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), include tra le misure prioritarie da finanziare con il Fondo rotativo per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato per l’attuazione del Protocollo di Kyoto, quelle relative alle pratiche di gestione forestale sostenibile, attuate con interventi volti a ridurre l’impoverimento delle riserve di carbonio nei suoli forestali e nelle foreste.

 

L’art. 1, commi 1110-1115, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) ha previsto l’istituzione, presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A., di un Fondo rotativo per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato (a soggetti pubblici o privati) di misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto, con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009. Tra le misure prioritarie da finanziarie con il citato Fondo, il comma 1112 indica:

a)    l’installazione di impianti di microcogenerazione diffusa ad alto rendimento elettrico e termico;

b)    l’installazione di impianti di piccola taglia per l'utilizzazione delle fonti rinnovabili per la generazione di elettricità e calore;

c)    la sostituzione dei motori elettrici industriali con potenza superiore a 45 Kw con motori ad alta efficienza;

d)    l’incremento dell'efficienza negli usi finali dell'energia nel settori civile e terziario;

e)    l’eliminazione delle emissioni di protossido di azoto dai processi industriali;

f)      i progetti pilota di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie e di nuove fonti di energia a basse emissioni o ad emissioni zero.

Il comma 1111 demanda ad un successivo decreto interministeriale l’individuazione delle modalità per l'erogazione dei finanziamenti e la definizione delle priorità per l’individuazione delle misure finanziate. Tale decreto, ad oggi, non risulta ancora emanato.

Si ricorda che il Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra: 2003-2010[213], elaborato dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e adottato con la delibera CIPE n. 123 del 2002, in attuazione dell’art. 2, comma 1, del Protocollo di Kyoto, ha stimato un potenziale massimo di assorbimento di carbonio, derivante dalle foreste già esistenti, pari a 10,2 milioni di tonnellate/anno di anidride carbonica equivalente. Inoltre, ha previsto alcune iniziative di forestazione e riforestazione per consentire all'Italia di rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra del 6,5% entro il 2008-2012, come prevede il Protocollo di Kyoto.

Il 18 dicembre 2006 il Ministro dell'Ambiente e il Ministro dello Sviluppo Economico con decreto DEC/RAS/1448/2006 hanno approvato il Piano Nazionale di Assegnazione delle quote di CO2 per il periodo 2008-2012, successivamente trasmesso alla Commissione europea che ha accolto il Piano a condizione che vi fossero apportati alcuni cambiamenti. Tale Piano quantifica gli assorbimenti di carbonio (derivanti da interventi di afforestazione e riforestazione, attività di gestione forestale, di gestione dei suoli agricoli e pascoli e di rivegetazione) in 16,2 milioni di tonnellate/anno di anidride carbonica equivalente. Tale Piano ed il relativo parere della Commissione europea costituiranno la base per la predisposizione del successivo Schema di Decisione di Assegnazione, attualmente in fase di elaborazione.

Con il DM del 2 febbraio 2005 sono stati assegnati 5,25 milioni di euro per la realizzazione di progetti pilota per interventi nazionali di afforestazione e riforestazione. I progetti devono prevedere la certificazione del carbonio assorbito, attraverso una metodologia a corredo del progetto stesso, volta a misurare la migliore performance «investimento/assorbimento di carbonio» in t-CO2 equivalente nel quinquennio 2008-2012. Sono finanziabili i progetti di importo complessivo di almeno 400.000 euro. I progetti di amministrazioni pubbliche possono essere cofinanziati nella misura massima del 75%, ed entro un importo non superiore a 1,5 milioni di euro. I progetti presentati da imprese possono essere cofinanziati nella misura massima del 50%, ed entro un importo non superiore a 500.000 euro.

Si segnala, infine, che la relazione della Commissione ambiente sulle tematiche relative ai cambiamenti climatici (approvata il 28 giugno 2007) sottolinea il ruolo che nella riduzione delle emissioni può essere svolto dall’agricoltura, anche sotto il profilo della capacità di assorbimento di CO2 nei terreni agricoli e nel patrimonio forestale.


 

Articolo 2, comma 125
(Interventi per il settore dell’apicoltura)

 

125. Per l’attuazione degli interventi di cui all’articolo5dellalegge 24 dicembre 2004, n. 313, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 a valere sulle disponibilità di cui all’articolo1, comma 1084, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

 

Il comma in esame autorizza la spesa di due milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per l'attuazione degli interventi per il settore dell'apicoltura previsti dall'articolo 5 della legge 24 dicembre 2004, n. 313.

Le risorse stanziate sono sottratte all'autorizzazione di spesa, pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, disposta dal comma 1084 della legge finanziaria 2007 per l'attuazione dei piani nazionali di settore di competenza del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali.

 

La legge n. 313 del 2004 ha introdotto una disciplina organica dell’apicoltura, definendo un nuovo sistema di programmazione nazionale degli interventi a favore del settore e colmando lacune normative relative a specifici profili, nel quadro di un ampio coinvolgimento delle autonomie regionali.

In particolare, l’articolo 5 prevede che il Ministro delle politiche agricole, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni e previa concertazione con i soggetti rappresentativi del settore, adotti un documento programmatico contenente gli indirizzi e il coordinamento delle attività per il settore apistico, con riferimento a una serie di specifiche materie:

a)       promozione e tutela dei prodotti apistici italiani e promozione dei processi di tracciabilità ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228;

b)       tutela del miele italiano conformemente alla direttiva 2001/110/CE del 20 dicembre 2001 del Consiglio;

c)       valorizzazione dei prodotti con denominazione di origine protetta e con indicazione geografica protetta, ai sensi del regolamento (CEE) n. 2081/92 e del regolamento (CEE) n. 2082/92 del 14 luglio 1992, del Consiglio, e successive modificazioni, nonché del miele prodotto secondo il metodo di produzione biologico, ai sensi del regolamento (CEE) n. 2092/91 del 24 giugno 1991 del Consiglio, e successive modificazioni;

d)       sostegno delle forme associative di livello nazionale tra apicoltori e promozione della stipula di accordi professionali;

e)       sviluppo dei programmi di ricerca e di sperimentazione apistica, d'intesa con le organizzazioni apistiche;

f)         integrazione tra apicoltura e agricoltura;

g)       indicazioni generali sui limiti e divieti cui possono essere sottoposti i trattamenti antiparassitari con prodotti fitosanitari ed erbicidi tossici per le api sulle colture arboree, erbacee, ornamentali, coltivate e spontanee durante il periodo di fioritura;

h)       individuazione di limiti e divieti di impiego di colture di interesse mellifero derivanti da organismi geneticamente modificati;

i)         incentivazione della pratica dell'impollinazione a mezzo di api;

l)         incentivazione della pratica dell'allevamento apistico e del nomadismo;

m)     tutela e sviluppo delle cultivar delle essenze nettarifere, in funzione della biodiversità;

n)       determinazione degli interventi economici di risanamento e di controllo per la lotta contro la varroasi e le altre patologie dell'alveare;

o)       potenziamento e attuazione dei controlli sui prodotti apistici di origine extracomunitaria, comunitaria e nazionale;

p)       incentivazione dell'insediamento e della permanenza dei giovani nel settore apistico;

q)       previsione di indennità compensative per gli apicoltori che operano nelle zone montane o svantaggiate;

r)        salvaguardia e selezione in purezza dell'ape italiana (Apis mellifera ligustica Spinola) e dell'Apis mellifera sicula Montagano e incentivazione dell'impiego di api regine italiane con provenienza da centri di selezione genetica .

Come richiesto dalla legge n. 313, con il D.M. 10 gennaio 2007[214] è stato approvato il documento programmatico per il settore apistico (DAP) e le risorse sono state ripartite tra le materie indicate nel DAP.

Si ricorda che l’art. 1, comma 1066, della legge finanziaria 2007 ha disposto l’applicazione di un’accisa agevolata sul gasolio e sulla benzina in favore degli imprenditori che esercitano l’apicoltura nomade, rinviando a un successivo decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, la definizione delle modalità di accesso all’agevolazione.


 

Articolo 2, comma 126
(Sospensione temporanea delle esecuzioni forzose
in danno di imprenditori agricoli della regione Sardegna)

 


126. Ai fini della ristrutturazione dei debiti degli imprenditori agricoli della regione Sardegna verso gli istituti finanziari che, ai sensi della legge regionale 13 dicembre 1988, n. 44, hanno concesso agli imprenditori medesimi finanziamenti su cui sono stati autorizzati i concorsi negli interessi dichiarati illegittimi ai sensi della decisione 97/612/CE della Commissione, del 16 aprile 1997, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è istituita una commissione di tre esperti, di cui uno designato dal Ministro dell’economia e delle finanze, uno dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ed uno dalla regione Sardegna. La commissione presenta al Presidente del Consiglio dei ministri le proposte per la ristrutturazione dei predetti debiti entro il 31 luglio 2008, nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato. Fino a tale data sono sospesi i giudizi pendenti, le procedure di riscossione e recupero, nonché le esecuzioni forzose relative ai suddetti mutui risultanti alla data di entrata in vigore della presente legge.


 

 

Il comma 126 prevede l'istituzione, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di una commissione di tre esperti, avente il compito di formulare proposte per la ristrutturazione dei debiti contratti da imprenditori agricoli sardi, con riferimento alle vicissitudini che hanno riguardato la legge regionale della Sardegna 13 dicembre 1988, n. 44, recante "Costituzione del Fondo regionale di garanzia per l'agricoltura e provvidenze per l'agricoltura". Dei tre membri dell'istituenda commissione, il primo dovrà essere designato dal Ministero dell'economia e delle finanze, il secondo dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, il terzo dalla Regione autonoma della Sardegna.

Entro il 31 luglio 2008, la Commissione dovrà presentare al Presidente del Consiglio dei Ministri proposte per la ristrutturazione dei predetti debiti, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato.

Fino a tale data sono sospesi i giudizi pendenti, le procedure di riscossione e recupero, nonché le esecuzioni forzose relative ai suddetti mutui risultanti alla data di entrata in vigore della disposizione in esame.

L’emendamento con il quale la norma è stata introdotta durante l’esame al Senato presentava anche una parte consequenziale, recante una compensazione di 3 milioni di euro per il 2008 a valere sul Fondo speciale di parte corrente (accantonamento Ministero dell’economia). La lettura della norma tuttavia non consente di comprendere a quale dei possibili fattori di spesa connessi con l’attuazione della norma stessa sia riferita la suddetta compensazione. Per questa ragione durante l’esame in Assemblea alla Camera è stato presentato l’ordine del giorno 9/3256/5, accolto dal Governo, che impegna l’esecutivo “a dare applicazione alla citata disposizione nel senso di destinare le risorse indicate alla copertura finanziaria dei costi conseguenti alla sospensione dei giudizi, delle procedure di riscossione e di recupero e delle esecuzioni forzose, quali interessi ed altro, con esclusione delle possibilità di destinare risorse al funzionamento della commissione di esperti ivi prevista o alla corresponsione di compensi ai suoi componenti”.

L'art. 5 della succitata legge regionale aveva istituito un regime di aiuti a favore di aziende agricole la cui situazione finanziaria fosse stata pregiudicata da circostanze avverse, sotto forma di concorsi negli interessi su mutui, al fine di consentire a tali aziende di ricostituire la loro liquidità. Le circostanze avverse che giustificavano l'intervento della Regione, la misura del finanziamento e la durata delle operazioni dovevano essere decise, di volta in volta, dalla Giunta regionale, la quale, nel corso di un decennio, per quattro volte ha deciso di fare ricorso a tale disposizione (dicembre 1988, giugno 1990, novembre 1990, giugno 1992).

Tuttavia, con decisione del 16 aprile 1997, n. 612, la Commissione europea ha dichiarato che gli aiuti concessi dalla Regione erano illegali, in quanto concessi senza che la Commissione avesse potuto pronunciarsi al loro riguardo in fase di progetto, nonché incompatibili con il mercato comune. La Commissione ha inoltre imposto all'Italia di abolire i suddetti aiuti e di adottare le misure necessarie al fine di recuperare gli aiuti in questione, tramite rimborso.

Con legge regionale 6 dicembre 1997, n. 13 , la Regione Sardegna ha provveduto ad abrogare l'art. 5 della legge 44/1988. Successivamente, sono stati emanati i decreti di revoca degli aiuti già accordati.

I beneficiari degli aiuti si sono rivolti al Tribunale di Cagliari per sentir dichiarare l'insussistenza dell'obbligo al rimborso. Il giudice adìto ha sospeso il giudizio e rimesso alla Corte di giustizia delle Comunità europee il vaglio della legittimità della decisione adottata dalla Commissione europea.

Con sentenza del 23 febbraio 2006, la Corte del Lussemburgo ha confermato la validità della decisione impugnata.

 

Si segnala che la Commissione Agricoltura della Camera era già intervenuta sulla questione nella seduta del 30 ottobre 2007, approvando, con il consenso unanime delle forze politiche, una risoluzione che impegnava il Governo ad intraprendere con la massima urgenza tutte le iniziative che si rendono più opportune per fare fronte alla grave crisi socio-economica in cui versano le aziende agricole ed agropastorali sarde per le quali si stanno applicando le misure di recupero, tramite rimborso, degli aiuti concessi dalla regione Sardegna, in tale ambito provvedendo ad adottare atti idonei a sospendere i giudizi pendenti, le procedure di riscossione e recupero, nonché le esecuzioni forzose relative ai suddetti mutui, ed altresì valutando la necessità di adottare provvedimenti straordinari ed urgenti, anche di natura normativa, che relativamente ai territori rurali della regione Sardegna in cui sono ubicate le aziende agricole sopra indicate ed altresì nei territori, in particolare nelle zone interne, ove sono presenti le aziende agropastorali in analoga situazione di crisi, abbiano gli stessi effetti della dichiarazione dello stato di emergenza socio-economico, di cui all'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

La Commissione ha altresì inoltrato al Presidente della Camera la richiesta di autorizzazione per lo svolgimento di una indagine conoscitiva sulla crisi finanziaria del comparto agricolo, con particolare riferimento alla situazione della regione Sardegna. L’indagine è stata autorizzata il 29 novembre 2007 e dovrà concludersi entro il mese di maggio 2008; sinora si sono svolte audizioni nelle sedute del 12 dicembre 2007, 16 gennaio e 22 gennaio 2008.


 

Articolo 2, commi 127-132
(Trasparenza del mercato agroalimentare ed accesso all’acquisto
dei prodotti alle fasce sociali di disagio)

 


127. Allo scopo di assicurare condizioni di trasparenza del mercato e di contrastare l’andamento anomalo dei prezzi nelle filiere agroalimentari in funzione della tutela del consumatore, della leale concorrenza tra gli operatori e della difesa del made in Italy, l’Osservatorio del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali verifica la trasparenza dei prezzi dei prodotti alimentari integrando le rilevazioni effettuate ai sensi dell’articolo127, comma 3, dellalegge 23 dicembre 2000, n. 388, con particolare riferimento a quelli al dettaglio.

128. I dati aggregati rilevati sono resi pubblici, almeno con cadenza settimanale, mediante la pubblicazione sul sito internet del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e la stipula di convenzioni gratuite con testate giornalistiche, emittenti radiotelevisive e gestori del servizio di telefonia.

129. L’Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nell’ambito dei programmi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231, effettua i controlli nelle filiere agroalimentari in cui si sono manifestati, o sono in atto, andamenti anomali dei prezzi rilevati ai sensi del comma 127.

130. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali riferisce sugli esiti delle attività di controllo di cui al comma 129 al Presidente del Consiglio dei Ministri, formulando le proposte per l’adozione da parte del Governo di adeguate misure correttive dei fenomeni di andamento anomalo nelle filiere agroalimentari.

131. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di intesa con gli enti locali, promuove l’organizzazione di panieri di prodotti alimentari di generale e largo consumo, nonché l’attivazione di forme di comunicazione al pubblico, anche attraverso strumenti telematici, degli elenchi degli esercizi commerciali presso i quali sono disponibili, in tutto o in parte, tali panieri e di quelli meritevoli, in ragione dei prezzi praticati.

132. Per le finalità di cui ai commi da 127 a 131 è autorizzata la spesa di 100.000 euro a decorrere dall’anno 2008. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autoriz­zazione di spesa di cui all’articolo 5, comma 3-ter, del decreto-legge 1° ottobre 2005, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2005, n. 244.


 

 

Il comma 127 prevede che l'Osservatorio del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali verifichi la trasparenza dei prezzi dei prodotti alimentari, con particolare riferimento a quelli al dettaglio, integrando le rilevazioni che debbono essere effettuate ai sensi dell'articolo 127, comma 3 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Oltre ad assicurare la trasparenza del mercato, le verifiche debbono perseguire il fine di contrastare l'andamento anomalo dei prezzi delle filiere agroalimentari, allo scopo di assicurare una tutela del consumatore, la leale concorrenza tra gli operatori e la difesa del made in Italy.

L’Osservatorio del dicastero agricolo è l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) che, istituito nel 1987 dal DPR n. 278 come “Istituto per studi, ricerche e informazioni sul mercato agricolo”, deve l’attuale denominazione al DPR 31 marzo 2001, n. 200 che ha recato le disposizioni statutarie e regolamentari di riordino. Il nuovo Istituto, ai sensi di detto regolamento, deve, tra l’altro, svolgere attività di rilevazione, elaborazione e diffusione dei dati e informazioni che riguardano i mercati agricoli, forestali, ittici e alimentari; deve altresì prestare servizi di analisi e informazione per la commercializzazione, valorizzazione e promozione di prodotti agricoli, ittici e alimentari[215].

Proprio in connessione con tali funzioni il comma 3 dell'articolo 127 della richiamata legge finanziaria 2001 prevede che nella definizione dei contratti assicurativi, che il mondo agricolo è incentivato a stipulare per garantirsi dalle avversità atmosferiche, si faccia ricorso all’attività dell’ISMEA. In particolare è disposto che i valori delle produzioni agricole annualmente assicurabili con polizze agevolate siano stabiliti con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, adottato entro la fine di ogni anno per l'anno successivo, sulla base delle rilevazioni dei prezzi unitari di mercato alla produzione, effettuate dall'Istituto.

Il problema della formazione dei prezzi lungo le filiere agroalimentari, e della possibilità di rendere pubblici eventuali fenomeni speculativi in modo da consentire al consumatore di orientarsi verso acquisti che premino comportamenti virtuosi, è stato ben presente nella passata legislatura ed ha indotto il Parlamento ad approvare disposizioni di intensificazione dei controlli e diffusione delle informazioni.

Con l’articolo 2 del DL 182/2005[216]alla Guardia di finanza e all’Agenzia delle entrate è stato attribuito il compito di realizzare, sulla base delle direttive impartite dal Ministro dell’economia, un più stretto controllo dei prezzi lungo le filiereproduttive agroalimentari nelle quali gli stessi abbiano manifestato un andamento anomalo; i risultati dell’attività di controllo possono anche essere utilizzati per una eventuale revisione degli studi di settore. Per l’espletamento delle verifiche la norma consente anche di avvalersi dei dati in possesso degli Osservatori dei prezzi istituiti presso il dicastero agricolo e presso il Ministero dello sviluppo. Quanto alla struttura del MIPAAF, il riferimento è all’ISMEA; mentre la struttura del MISE è l’Osservatorio dei prezzi istituito con i decreti 20 dicembre 1994 e 15 maggio 1995, allo scopo di monitorare i prezzi nelle diverse fasi di formazione, di promuovere la trasparenza delle condizioni di offerta, di favorire la concorrenza e di contribuire alla tutela dei consumatori. Per documentare l’andamento dei prezzi l’Osservatorio ha individuato un paniere di beni e servizi costituto dalle voci di spesa più comuni delle famiglie italiane, delle quali periodicamente rileva prezzi e tariffe, con una frequenza ed estensione territoriale sufficientemente rappresentativa. L’Osservatorio utilizza come fonti l’Istat, Eurostat, Infomercati[217] nonché l’Ismea.

Da ultimo, il D.L. n. 223/2006[218] con l’articolo 9 comma 1 ha disposto ulteriorimisure per il sistema informativo sui prezzi dei prodotti agro-alimentari, prevedendo che entrambi i Ministeri dell’agricoltura e dello sviluppo consentano alle regioni ed agli enti locali di collegarsi con i sistemi informativi ad essi afferenti. Poiché lo scopo è sempre quello di promuovere una più diffusa informazione del consumatore sui prezzi all’ingrosso e al dettaglio dei prodotti agro-alimentari, le disposizioni richiedono anche che i dati aggregati siano resi pubblici anche mediante la pubblicazione su internet, su testate giornalistiche (con stipule di convenzioni gratuite), con emittenti radio-televisive e con gestori del servizio di telefonia.

Con decreto interministeriale in data 22 dicembre 2006 i Ministri dello sviluppo economico e delle politiche agricole hanno approvato le direttive per l’attuazione sperimentale delle disposizioni di cui sopra.

 

Il comma 128 dell’articolo in esame prevede, con norma che in parte ricalcal’art. 9 del D.L. n. 223/2006, che i dati aggregati rilevati dall’Osservatorio del MIPAAF siano resi pubblici, almeno con cadenza settimanale, mediante la pubblicazione sul sito internet del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e con la stipula di convenzioni gratuite con testate giornalistiche ed emittenti radio televisive e gestori del servizio di telefonia.

 

Il comma 129 attribuisce all'Ispettorato centrale per la qualità, struttura dipartimentale del Ministero delle politiche agricole, il compito di svolgere i controlli nelle filiere agroalimentari in cui l’ISMEA abbia rilevato ai sensi del comma 1 un andamento anomalo dei prezzi. L’operato dell’ICQ si inserisce nell’ambito dei programmi di controllo ad esso affidati dall’articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, e si affianca così all’attività di controllo svolta dalla Guardia di finanza e dell’Agenzia per le entrate ai sensi della lettera a) della norma citata del D.L. n. 182/2005.

Come già segnalato l’art. 2 del D.L. n. 182/2005, con il comma 1 della lettera a) prevede che Guardia di Finanza ed Agenzia delle entrate effettuino controlli mirati a rilevare i prezzi lungo le filiere agroalimentari in cui si manifestino andamenti irregolari dei prezzi. La successiva lettera b) della norma citata ha assegnato all'Ispettorato centrale per la qualità il compito di realizzare controlli programmati diretti al contrasto della irregolare commercializzazione dei prodotti agroalimentari provenienti dai Paesi comunitari ed extracomunitari. Peraltro, per l’espletamento di tale attività, l’Ispettorato opera in concorso con i nuclei di polizia tributaria del Corpo della guardia di finanza, con il Corpo forestale dello Stato, con la Polizia di Stato e con l'Arma dei carabinieri, con l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), con il Comando carabinieri politiche agricole e con l'Agenzia delle dogane (art. 6, co. 7 del D.L. n. 282/86).

 

Il comma 130 richiede che il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali riferisca al Presidente del Consiglio dei ministri sugli esiti delle attività di controllo svolte dall’ICQ, formulando le proposte per l’adozione da parte del Governo di adeguate misure correttive dei fenomeni di andamento anomalo nelle filiere agroalimentari.

 

In base al comma 131, il Ministero delle politiche agricole è incaricato, di intesa con gli enti locali, di promuovere l’organizzazione di panieri di prodotti alimentari di generale e largo consumo; il ministero deve anche promuovere l’attivazione di forme di comunicazione al pubblico, anche attraverso strumenti telematici, degli elenchi degli esercizi commerciali presso i quali gli individuati panieri sono disponibili, nonché degli esercizi meritevoli in ragione dei prezzi praticati.

 

Il comma 132 reca la norma di copertura autorizzando una spesa di 100 mila euro a decorrere dall’anno 2008. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 5, comma 3-ter del decreto-legge 1º ottobre 2005, n. 202, che attribuiva 2 milioni di euro per l'anno 2006 e 8 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2007 alla filiera avicola.

 

Va infine segnalato che l’art. 2, commi 196-203, della legge in esame (al commento dei quali si rinvia) istituisce l”Autorità garante per la sorveglianza dei prezzi” che deve sovrintende alla tenuta e all’elaborazione delle informazioni che provengono dagli “uffici prezzi” delle camere di commercio, dall'ISTAT, dalla Presidenza del Consiglio, nonché dai competenti uffici del MIPAAF. Gli “uffici prezzi” diventano fondamentalmente uno sportello per il pubblico che vi riceve informazioni e può fornire segnalazioni.


 

Articolo 2, comma 133
(Interventi nel settore dell’irrigazione)

 


133. Per le attività di progettazione delle opere previste nell’ambito del Piano irriguo nazionale di cui all’articolo1, comma 1058, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 a valere sull’autorizzazione prevista dallo stesso comma 1058 per i medesimi anni ed è altresì autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2010 a valere sull’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 1060, lettera c), della stessa legge. È inoltre autorizzato, per la prosecuzione del suddetto Piano, l’ulteriore contributo di 100 milioni di euro per la durata di quindici anni a decorrere dall’anno 2011, cui si provvede mediante riduzione dei contributi annuali previsti dalle autorizzazioni di spesa di cui all’articolo4, comma 31, dellalegge 24 dicembre 2003, n. 350, e all’articolo 1, comma 78, lettera b), della legge 23 dicembre 2005, n. 266, che conse­guentemente vengono soppresse.


 

 

Il comma 133 dispone in merito agli stanziamenti per le attività di progettazione ed esecuzione delle opere previste dal piano irriguo nazionale.

 

Il primo periodo riserva una quota delle somme, assegnate dalla L. 296/06 (Finanziaria 2007) per l’avvio o prosecuzione delle opere del Piano irriguo nazionale, alle sole “attività di progettazione”. L’importo riservato è di 5 milioni di euro annuali per ciascun anno del triennio 2008-2010.

Si ricorda in merito che le attuali norme sul Piano (L. n. 350/2003, art. 4 commi 31-36, e deliberazione CIPE n. 74/2005) prevedono che gli interventi da finanziare siano selezionati sulla base dello stato di avanzamento della progettazione, privilegiando in tal modo i progetti che siano immediatamente cantierabili, ovvero appaltabili.

Quanto al reperimento delle risorse, per i primi due anni la norma fa ricorso allo stanziamento di 150 milioni disposto dal comma 1058 della finanziaria 2007 per entrambi gli esercizi; per il 2010 i 5 milioni di euro sono sottratti alla terza annualità del contributo quindicennale stanziato con il comma 1060, lett. c) della finanziaria 2007, relativo al limite d’impegno originariamente avviato dalla L. n. 350/03, art. 4 co. 31

 

Il secondo periodo accorpa in una unica partita finanziaria, a decorrere dal 2011, le tre autorizzazioni di spesa originate dalle leggi n. 350/03 e n. 266/2005.

Entrando nel dettaglio, la legge n. 350/03 aveva disposto, per la prosecuzione degli interventi nel settore irriguo a suo tempo individuati dalla finanziaria per il 2001 (L. 388/2000), una autorizzazione per l’avvio di due limiti d’impegno quindicennali dell’importo ciascuno di 50 milioni di euro rispettivamente a decorrere dal 2005 e 2006. Sul primo limite peraltro sono intervenute nel corso del 2005 norme di taglio delle spese che lo hanno ridotto a 46,95 milioni di euro. I suddetti limiti di impegno sono poi stati trasformati a norma della medesima legge 350 in contributi in conto capitale.

La legge n. 266/2005, comma 78 dell’art. 1, ha stanziato un contributo annuale (e per quindici anni) destinato a numerose grandi opere. Alle opere irrigue è stata riservata dalla lettera b) una quota delle risorse disponibili, che il Cipe ha quantificato con la propria deliberazione n. 75/2006 in 45, 73 milioni di euro.

 

I tre contributi annuali afferenti alle leggi n. 350 e 266 sono soppressi a decorrere dall’esercizio 2011, e nel contempo dalla medesima data è autorizzata una spesa annuale, per quindici anni, pari a 100 milioni di euro. A decorrere dal 2011 si realizza pertanto, rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente, una rimodulazione delle risorse che ne riduce l’importo complessivo annuo ma ne estende la proiezione temporale fino al 2025.

 

La Finanziaria 2004, legge n. 350/2003, è ancora una volta intervenuta a sostegno del settore irriguo (art. 4, co. 31-34), nel contempo inserendolo nell’ambito della più ampia programmazione di tutti gli interventi attinenti il settore idrico, ovvero nel Programma nazionale degli interventi nel settore idrico (art. 4, co. 35-37).

Le norme hanno pertanto autorizzato due nuovi limiti d’impegno a decorrere dal 2005 e dal 2006 per consentire la prosecuzione nell’attività recupero delle risorse idriche nelle aree di crisi di cui alla legge n. 388/2000 (comma 31), ed hanno assegnato al Ministro delle politiche agricole e forestali di redigere entro il termine del 31/5/2004 un nuovo programma di interventi per l’utilizzo delle menzionate risorse (comma 34).

La redazione del nuovo strumento di coordinamento di tutte le opere del comparto idrico è stata demandata invece al Ministero dell’ambiente, al quale è stato assegnato il termine del 30/7/2004. Il Programma idrico è stato approvato dal CIPE, con deliberazione n. 74/2005, e come la legge aveva richiesto ha incluso oltre agli interventi decisi dal dicastero dell’ambiente (all. 2) ed alle opere del settore idrico a suo tempo inserite fra le infrastrutture strategiche di cui alla c.d. legge obiettivo (all. 1), anche gli interventi che il dicastero agricolo ha individuato - in relazione alle nuove risorse di cui al comma 31 – come immediatamente finanziabili e distinti per singola regione (all. 3 che reca il nuovo Piano irriguo), nonché un quadro generale dei fabbisogni del comparto irriguo (all. 4)

Quanto alle risorse, come detto, la legge 350/03 aveva disposto l’avvio di due limiti d’impegno dell’importo di 50 milioni di euro ciascuno a decorrere dal 2005 e dal 2006, sul secondo dei quali è tuttavia intervenuta la legge n. 311/2004 finanziaria 2005 che con la tabella F ne ha posticipato l’avvio al 2008.

In coerenza con il comma 177 la successiva finanziaria, legge n. 266/2005, con il comma 78 dell’articolo 1, hastanziato un contributo annuale di 200 milioni di euro, per un arco di quindici anni a decorrere dal 2007[219], rivolto al finanziamento di numerose opere, fra le quali compare “anche” la prosecuzione degli interventi infrastrutturali previsti dall’art. 141, commi 1 e 3, della legge n. 388/2000, che sappiamo essere le opere irrigue inserite nel programma nazionale idrico. Le risorse riservate alle opere irrigue non sono state tuttavia quantificate direttamente dalla norma, la quale si è limitata a precisare che esse debbono rappresentare una quota pari al 25% delle risorse disponibili.

La quantificazione della quota riservata al settore irriguo, a valere sullo stanziamento netto di 193 milioni di euro di cui al comma 78, è stata realizzata dal CIPE con la delibera n. 75/2006 che ha anche assegnato le risorse ai singoli interventi individuati sulla base del loro stato procedurale. Al piano irriguo (rectius per gli interventi di realizzazione del programma nazionale degli interventi nel settore idrico relativamente alla prosecuzione degli interventi infrastrutturali di cui all’art. 141, commi 1 e 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388) sono stati in tutto attribuiti 45,73 milioni di euro, che si prevede attiveranno un volume di investimenti pari a 61, 4 milioni di euro.

Il Comitato interministeriale con la successiva delibera n. 117/2006 ha già disposto una integrazione all’allegato 3 del Programma nazionale degli interventi nel settore idrico, che elenca le opere irrigue, precisando che gli interventi aggiuntivi approvati si dovranno avvalere proprio delle risorse derivanti dall’autorizzazione di spesa di cui al comma 78.

Da ultimo è intervenuta anche la legge n. 296/2006 finanziaria 2007 che in primo luogo, con il comma 2058, ha recato autorizzazioni di spesa aggiuntive per le opere inserite nel Piano irriguo di cui alla delibera CIPE n. 74/2005: 100 milioni di euro per il 2007 e 150 milioni di euro sia per il 2008 che per il 2009. I successivi commi 1059, 1060 e 1062 distolgono risorse da quelli che erano i limiti d’impegno previsti dalla legge 350/2003 (art. 4, co. 31), e che sono ora stanziamenti pluriennali quindicennali, e dagli stanziamenti disposti dal comma 78 della legge n. 266/2005, attribuendole alle opere di cui alla citata delibera CIPE n. 74.

Le autorizzazioni di spesa complessivamente approvate e destinate alle opere di recupero delle risorse idriche in aree di crisi, in conseguenza del succedersi dei provvedimenti legislativi citati, vengono a configurarsi come riportato nella tabella che segue.

 


Spese per il recupero di risorse idriche in aree di crisi

(milioni di euro)

 

Legislazione

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

L. 388/2000, art. 141 c.1

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

 

L. 388/2000, art. 141 c.3

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

 

D.L. 138/2002 (conv. L. 178),
art. 13 c.4-nonies

15,49

15,49

15,49

15,49

15,49

15,49

15,49

15,49

15,49

 

L. 289/2002, art. 80 c.45

 

5,27

5,27

5,27

5,27

5,27

5,27

5,27

5,27

 

L. 350/2003, art. 4, c. 31, come mod. dai commi 1059, 1060 e 1062 della L. 296/2006

 

 

 

50,00

50,00

50,00

3,

50,00

3,5

0,00

3,5

0,00

3,5

0,00

 

L. 311/2004, tab F

 

 

 

 

- 50,00

- 50,00

 

 

 

 

L. 266/2005, co. 78 lett b, come mod. dai commi 1059, 1060 e 1062 della L. 296/2006

 

 

 

 

 

0,00

0,00

0,00

0,00

 

L. 296/2006, co. 1058

 

 

 

 

 

100,00

150,00

150,00

 

 

L. 296/2006, co. 1059:

come 3°-5°annual. L. 350

come 1°-3° ann. L. 266

come 1°e 2° ann. L. 350

 

 

 

 

 

 

46,95

45,73

 

46,95

45,73

50,00

 

46,95

45,73

50,00

 

 

L. 296/2006, co. 1060:

come 6°annual. L. 350

come 4° annual. L. 266

come 3° annual. L. 350

 

 

 

 

 

 

 

 

 

46,95

45,73

50,00

 

0,00

0,00

0,00

L. 244/2008 finanziaria 2008

per la L. 350 e L. 266

per 15 anni fino al 2025

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

100,00

 

 


 

Articolo 2, comma 134
(Sviluppo della multifunzionalità nel settore agroforestale)

 


134. Le cooperative e i loro consorzi di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, che abbiano sede ed esercitino prevalentemente le loro attività nei comuni montani e che, conformemente alle disposizioni del proprio statuto, esercitino attività di sistemazione e manutenzione agraria, forestale e, in genere, del territorio e degli ambienti rurali, possono ricevere in affidamento diretto, a condizione che l’importo dei lavori o servizi non sia superiore a 190.000 euro per anno, dagli enti locali e dagli altri enti di diritto pubblico, in deroga alle vigenti disposizioni di legge e anche tramite apposite convenzioni:

a) lavori attinenti alla valorizzazione e alla gestione e manutenzione dell’ambien­te e del paesaggio, quali la forestazione, la selvicoltura, il riassetto idrogeologico, le opere di difesa e di consolidamento del suolo, la sistemazione idraulica, le opere e i servizi di bonifica e a verde;

b) servizi tecnici attinenti alla realizzazione delle opere di cui alla lettera a). Possono inoltre essere affidati alle cooperative di produzione agricolo-forestale i servizi tecnici, la realizzazione e la gestione di impianti di produzione di calore alimentati da fonti rinnovabili di origine agricolo-forestale.


 

 

Il comma 134 prevede che le cooperative ed i loro consorzi che esercitino prevalentemente nei comuni montani le loro attività di sistemazione e manutenzione agraria, forestale e, in genere, del territorio e degli ambienti rurali, possano ricevere in affidamento diretto dagli enti locali e dagli altri enti di diritto pubblico, in deroga alle vigenti disposizioni di legge e per un importo non superiore a 190.000 euro per anno, lavori attinenti alla valorizzazione e alla gestione e manutenzione dell’ambiente e del paesaggio – quali la forestazione, la selvicoltura, il riassetto idrogeologico, le opere di difesa e di consolidamento del suolo – nonché servizi tecnici attinenti alla realizzazione di tali opere. Possono inoltre essere affidati alle cooperative di produzione agricolo-forestale i servizi tecnici, la realizzazione e la gestione di impianti di produzione di calore alimentati da fonti rinnovabili di origine agricola.

 

Si ricorda che l’art. 8 del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227, recante “Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma della L. 5 marzo 2001, n. 57”, prevede che le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali, sono equiparati agli imprenditori agricoli.

A tali soggetti si rende quindi applicabile il disposto dell’art. 15 del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, recante “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57”, ai sensi del quale le pubbliche amministrazioni possono stipulare delle convenzioni con gli imprenditori agricoli, al fine di favorire lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura ed al mantenimento dell'assetto idrogeologico e alla promozione di prestazioni a favore della tutela delle vocazioni produttive del territorio. Tali convenzioni stabiliscono le prestazioni a carico delle pubbliche amministrazioni, inclusa la possibilità di concedere finanziamenti, concessioni amministrative, riduzioni tariffarie o realizzazione di opere pubbliche. Per le suddette finalità, le pubbliche amministrazioni, anche in deroga alle norme vigenti, possono stipulare contratti di appalto con gli imprenditori agricoli di importo annuale non superiore a 50.000 Euro nel caso di imprenditori singoli e 300.000 Euro nel caso di imprenditori in forma associata; i predetti limiti di valore sono stati così ridefiniti, in aumento rispetto ai precedenti (rispettivamente, 50 e 300 milioni di lire), con l’art. 1, comma 1067, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).


 

Articolo 2, comma 135
(Interventi in favore delle aziende siciliane colpite da plasmopara viticola)

 


135. Dopo l’articolo1dellalegge 1° luglio 1997, n. 206, recante norme in favore delle produzioni agricole danneggiate da organismi nocivi, è inserito il seguente:

«Art. 1-bis. – 1. Al fine di fare fronte ai danni e al mancato reddito dovuti agli attacchi della malattia fungina plasmopara viticola, nota altresì con il nome di “peronospora“, avvenuti nel 2007 in Sicilia in conseguenza dell’anomalo andamento stagionale e del perdurare del caldo eccessivo, quali condizioni da considerare come avversità atmosferiche assimilabili a una calamità naturale, ai sensi della definizione recata dal numero 8) dell’articolo2delregolamento (CE) n. 1857/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato agli aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese attive nella produzione di prodotti agricoli e recante modifica del regolamento (CE) n. 70/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, e in tal senso da poter consentire la concessione di aiuti compatibili con il mercato comune ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del Trattato istitutivo della Comunità europea e non essere soggetti all’obbligo di notifica di cui all’articolo 88, paragrafo 3, del medesimo Trattato, secondo quanto previsto dall’articolo11del citato regolamento (CE) n. 1857/2006, è autorizzata per l’anno 2008 la spesa di 50 milioni di euro a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all’articolo61dellalegge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, che viene ridotto per un importo di 150 milioni al fine di compensare gli effetti, da trasferire entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente disposizione alla Regione siciliana, che utilizza tale importo in favore delle aziende danneggiate dagli attacchi della “peronospora“, tramite provvedimenti di ripartizione che siano conformi ai criteri di cui al presente articolo e al citato regolamento (CE) n. 1857/2006».


 

 

Il comma 135 dispone che sianoconcessi aiuti alle aziende viticole siciliane colpite nel corso del 2007 dalla peronospora (plasmopora fungina).

Allo scopo viene inserito un articolo aggiuntivo nella legge n. 206/1997[220], che è intervenuta a sostegno delle coltivazioni colpite da fitopatie connesse alla diffusione della “Sharka” e della “Erwinia amylovora”.

Gli aiuti sono disposti per le aziende in conseguenza dell’anomalo andamento climatico che ha colpito la regione e per le quali conseguentemente si può invocare uno stato assimilabile alle calamità naturali, ovvero, in base al Regolamento (CE) n.1857/06, si siano verificate “condizioni atmosferiche quali gelo, grandine, ghiaccio, pioggia o siccità che distruggano più del 30% della produzione media annua di un agricoltore nei tre anni precedenti o della sua produzione media triennale calcolata sui cinque anni precedenti, escludendo l'anno con la produzione più bassa e quello con la produzione più elevata”[221].

Lo stanziamento è quantificato in 50 milioni di euro per l’anno 2008 ed è disposto a valere sulle risorse attribuite al Fondo per le aree sottoutilizzate che è ridotto per un importo di 150 milioni di euro, cioè in misura tripla rispetto all’importo degli aiuti da erogare, in conformità ai criteri adottati dalla Ragioneria dello Stato per l’utilizzo del predetto Fondo. Tale somma dovrà essere trasferita, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, alla regione Sicilia, che erogherà gli aiuti in conformità alla norma in commento ed al Regolamento (CE) n. 1857/2006.

 

Con l’art. 11 del reg. (CE) n. 1857/2006 è riconosciuto il diritto degli agricoltori, alle definite condizioni, di ricevere aiuti in conseguenza delle perdite di piante, animali o edifici, causate da avversità atmosferiche assimilabili alle calamità naturali.

Perché tale equiparazione si realizzi, a norma dell’art. 2, numero 8 del regolamento si deve verificare una perdita superiore al 30% della produzione media annua realizzata nei tre anni precedenti, oppure della produzione media triennale calcolata sui cinque anni precedenti, escludendo l'anno con la produzione più bassa e quello con la produzione più elevata. E per calcolare la riduzione del reddito (art. 11 c.2) va quantificato il reddito dell’anno in cui si è verificata la calamità moltiplicando i quantitativi prodotti per il prezzo medio, che va sottratto dal reddito del triennio prescelto calcolato moltiplicando sempre i quantitativi medi annui prodotti nei tre anni per il prezzo medio di vendita.

La prevista soglia minima del danno è omogenea per tutte le aree, mentre la quantificazione della compensazione massima si differenzia prevedendosi di norma un aiuto di intensità pari all’80%, che si eleva al 90% nelle zone svantaggiate. Debbono essere dedotti gli eventuali importi percepiti in conseguenza della stipula di polizze assicurative. Il calcolo delle perdite deve essere valutato per ogni singola azienda.

Infine, poiché la tempestività nella erogazione degli aiuti è un elemento della efficacia dell’aiuto stesso, è imposto che il regime di aiuto sia introdotto entro tre anni dal verificarsi dell’evento, e che l’aiuto sia versato entro quattro anni dalla perdita (o dalla spesa sostenuta).

In ambito europeo non vi è mai stata una preclusione totale alla definizione di misure dirette a tutelare il settore agricolo dai danni causati alle produzioni da eventi non prevedibili, fossero questi identificabili con avverse condizioni atmosferiche o con la diffusione di epizoozie o fitopatie.

Nel Trattato non v’è alcuna disposizione che esplicitamente consenta la erogazione di aiuti in connessione con l’insorgenza di patologie animali o vegetali; tuttavia, già con gli Orientamenti del 2002[222]la Commissione aveva accettato non solo gli aiuti volti a promuovere l’adozione di misure preventive contro l’insorgere delle epizoozie o fitopatie, ma anche quelli a compensazione delle perdite, rectius danni sofferti.

Quanto al verificarsi di eventi atmosferici estremi, l’art. 87, comma 2, lett. b) del trattato dichiara compatibili con il mercato comune gli aiuti destinati ad ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali.

Negli “Orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo e forestale 2007/2013[223]la Commissione giunge ad enunciare che la corretta gestione dei rischi, e delle crisi, è uno strumento essenziale per la sostenibilità e competitività del settore agricolo, e che gli aiuti di Stato possono costituire un “adeguato strumento di sostegno” (cap. V).

Per converso, poiché non v’è alcun obbligo da parte dei singoli Stati di erogare tali aiuti, a rischi analoghi possono non corrispondere analoghi interventi di sostegno, con il conseguente verificarsi di ingiustificate distorsioni nella concorrenza.

Negli Orientamenti citati viene peraltro posto in evidenza che, in conseguenza dell’approvazione del nuovo regolamento sugli aiuti de minimis per l’agricoltura[224], anche il settore primario può beneficiare di un supporto minimo – fino a 200 mila euro per impresa e per triennio finanziario - ma rapido e senza la preventiva autorizzazione della Commissione.

Gli indennizzi per danni contemplati nel capitolo V.B degli Orientamenti, che debbono essere versati “il più presto possibile dopo il verificarsi dell’evento calamitoso”, sono previsti:

-        per ovviare ai danni arrecati da calamità naturali o altri eventi eccezionali, nei quali la Commissione ha eccezionalmente incluso una epizoozia molto diffusa e completamente nuova, purché gli eventi siano descritti con sufficiente precisione;

-        per le perdite causate da avverse condizioni atmosferiche;

-        per la messa in atto di strumenti di lotta contro le epizoozie e fitopatie;

-        per il pagamento di premi assicurativi.

Va infine rilevato che la Commissione, ritenendo che la scarsezza d’acqua rischi di diventare una caratteristica determinante per gli agricoltori di taluna aree, e che pertanto sia i singoli che gli Stati debbano contribuire alla corretta gestione delle acque, ritiene che non debbano essere autorizzate compensazioni se non sia stato pienamente attuato l’articolo 9 della direttiva 2000/60/CE[225], che impone agli Stati membri di recuperare i costi dei servizi idrici, tenuto anche conto del principio “chi inquina paga”.


 

Articolo 2, commi 136-138
(Incentivi alle fonti energetiche rinnovabili)

 


136. Ai fini della piena attuazione della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, con particolare riferimento all’articolo 2 della direttiva medesima, i finanziamenti e gli incentivi di cui al secondo periodo del comma 1117 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono concessi ai soli impianti realizzati ed operativi.

137. La procedura del riconoscimento in deroga del diritto agli incentivi di cui al comma 1118 dell’articolo 1 della citata legge n. 296 del 2006, per gli impianti autorizzati e non ancora in esercizio, e, in via prioritaria, per quelli in costruzione, è completata dal Ministro dello sviluppo economico, sentite le Commissioni parlamentari competenti, inderogabilmente entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

138. L’articolo 8, comma 10, lettera f), della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che la disciplina ivi prevista si applica anche alla fattispecie in cui la persona giuridica gestore della rete di teleriscaldamento alimentata con biomassa o ad energia geotermica coincida con la persona giuridica utilizzatore dell’energia. Tale persona giuridica può utilizzare in compensazione il credito.


 

 

I commi 136 e 137 intervengono sulla contestata questione degli incentivi alle fonti energetiche rinnovabili recata dai commi 1117-1120 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296).

L’aspetto critico di tali disposizioni consisteva nel mantenere ferma l’incentivazione anche a favore degli “impianti autorizzati e di cui sia stata avviata concretamente la realizzazione” anteriormente all’entrata in vigore della stessa legge finanziaria, compresi i contributi c.d. CIP6.

Si ricorda infatti che, all’indomani dell’approvazione della legge finanziaria per il 2007, il Governo ha manifestato la volontà[226] di modificare al più presto il testo contestato dell’articolo 1117 nel senso di limitare gli incentivi agli impianti realizzati ed operativi. In realtà si è tentato di inserire tale modifica in diversi provvedimenti normativi, ma senza successo[227].

 

In particolare, il comma 136 stabilisce che i finanziamenti e gli incentivi di cui al secondo periodo del comma 1117 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007, sono concessi ai soli impianti realizzati ed operativi. Risulterebbero dunque esclusi gli impianti solo autorizzati, in costruzione o “in collaudo”.

 

Il comma 1117 dell'art. 1 della legge finanziaria 2007 dispone al primo periodo che i finanziamenti e gli incentivi pubblici di competenza statale finalizzati alla promozione delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica sono concessi esclusivamente per la produzione di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, così come definite dall’articolo 2 della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili.

Si ricorda che la citata direttiva è stata recepita con il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”. Ai sensi dell’articolo 2, comma 1 del decreto legislativo n. 387 del 29 dicembre 2003, per fonti rinnovabili si intendono: «le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas). In particolare, per biomasse si intende la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani». Tali definizioni riprendono quelle dell’articolo 2 della direttiva 2001/77/CE citata dalla norma in esame.

La vera differenza tra la disciplina comunitaria e il decreto di recepimento nazionale consisteva nell’ l’inclusione dei rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili, compresa la frazione non biodegradabile ed i combustibili derivati dai rifiuti, ad opera dell’articolo 17. Tali disposizioni sono state abrogate dal comma 1120 dell’articolo 1 della finanziaria per il 2007.

Più specificamente, il secondo periodo del comma 1117 dell'art. 1 della legge finanziaria 2007, su cui interviene l’articolo in esame, fa salvi i finanziamenti e gli incentivi concessi, ai sensi della previgente normativa, ai soli impianti già autorizzati e di cui sia stata avviata concretamente la realizzazione anteriormente all’entrata in vigore della medesima legge finanziaria, ivi comprese le convenzioni adottate con delibera del Comitato interministeriale prezzi il 12 aprile 1992 (CIP6) e destinate al sostegno alle fonti energetiche assimilate, per i quali si applicano le disposizioni di cui al comma 1118 sempre dell'art. 1 della legge finanziaria 2007.

 

La relazione illustrativa al testo iniziale del disegno di legge finanziaria per il 2008 precisa che la disposizione in esame è volta a restringere ai soli impianti già realizzati e resi operativi:

§      i benefici derivanti dalle convenzioni CIP6[228] e destinate al sostegno delle fonti energetiche assimilate alle rinnovabili, disciplinate dal comma 1118 dell' art. 1 della legge finanziaria 2007;

§      i finanziamenti previsti in applicazione dell’art. 1, comma 71, della legge 239/04[229], riguardante i certificati verdi, abrogato dalla lettera g) del comma 1120 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007[230].

In tal modo, dunque, tramite questo intervento normativo si mira ad impedire che i finanziamenti finalizzati alla promozione delle fonti rinnovabili possano essere in gran parte utilizzati per impianti alimentati per converso da fonti non rinnovabili, con il rischio di vanificare il perseguimento dell’obiettivo di coprire, entro il 2010, il 25 per cento del consumo interno lordo di elettricità tramite l’utilizzo di fonti rinnovabili, come richiesto dalla citata direttiva 2001/77/CE.

 

Il comma 137 stabilisce che la procedura del riconoscimento in deroga del diritto agli incentivi prevista dal comma 1118 della legge 296/2006 per gli impianti autorizzati e non ancora in esercizio debba essere attivata in via prioritaria per gli impianti in costruzione e sia completata dal Ministro dello sviluppo economico col parere delle Commissioni parlamentari competenti. Infine si prevede che tale procedura di riconoscimento in deroga debba concludersi inderogabilmente entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

Secondo il sopra citato comma 1118, il Ministro dello sviluppo economico provvede con propri decreti a definire le condizioni e le modalità per l’eventuale riconoscimento in deroga del diritto agli incentivi a specifici impianti già autorizzati all’entrata in vigore della legge finanziaria 2007 e non ancora in esercizio, non rientranti nella tipologia di cui al periodo precedente, nonché a ridefinire l’entità e la durata dei sostegni alle fonti energetiche non rinnovabili assimilate alle fonti energetiche rinnovabili utilizzate da impianti già realizzati ed operativi alla data di entrata in vigore della presente legge, tenendo conto dei diritti pregressi e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, allo scopo di ridurre gli oneri che gravano sui i prezzi dell’energia elettrica e eliminare vantaggi economici che non risultino specificamente motivati e coerenti con le direttive europee in materia di energia elettrica.

 

La norma in esame, dunque, nel tener ferma la potestà di riconoscimento in deroga riconosciuta dal comma 1118 dell'art. 1 della legge finanziaria per il 2007 al Ministro dello sviluppo economico, introduce le seguenti novità:

§      l'applicazione in via prioritaria per gli impianti in costruzione;

§      il parere delle competenti Commissioni parlamentari;

§      il completamento della procedura inderogabilmente entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Si segnala che l’articolo 33, comma 1-octies, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, ha disposto la deroga ai richiamati commi 1117 e 1118 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007, nonché al comma 137 in commento per l’impianto di termodistruzione localizzato nel territorio di Acerra della regione Campania, al quale pertanto spettano i finanziamenti e gli incentivi pubblici di competenza statale previsti dalle Convenzioni CIP6.

 

In proposito si richiama anche la precedente O.P.C.M. n. 3656 del 6 febbraio 2007 (recante Disposizioni urgenti per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania[231]), che, al fine di assicurare la rapida conclusione dello stato di emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania, ha disposto – in deroga alle sopra richiamate disposizioni – l’applicabilità delle agevolazioni tariffarie per la vendita dell'energia elettrica di cui al provvedimento CIP 6/1992 rispetto agli impianti di termodistruzione o di gassificazione che saranno realizzati nei territori del comune di Acerra, di S. Maria la Fossa e della provincia di Salerno. Come indicato nelle premesse del decreto, tale misura è legata all’esigenza di una tempestiva definizione delle procedure di gara volte alla individuazione dei nuovi affidatari del servizio di smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, che rende necessario, stante le difficoltà tecniche ed economiche presenti nel ciclo industriale di smaltimento, meccanismi incentivanti per coloro che risulteranno affidatari del predetto servizio. Specifiche misure per consentire la messa in esercizio in tempi rapidi dell'impianto di termodistruzione sito nel comune di Acerra sono inoltre contenute nella successiva ordinanza n. 3657[232].

 

Il comma 138 reca una norma di interpretazione autentica dell'articolo 8, comma 10, lettera f), della legge 23 dicembre 1998, n. 448, il quale ha previsto una rideterminazione della tassazione sugli oli minerali al fine di perseguire l'obiettivo di riduzione delle emissioni di anidride carbonica.

La variazione delle accise sugli oli minerali secondo l'articolo 8 citato non deve dar luogo ad aumenti della pressione fiscale complessiva. A tal fine sono previste dal comma 10 dell'articolo 8 le misure compensative delle maggiori entrate derivanti dall'aumento delle accise. In particolare, la lettera f) del comma 10, su cui interviene il comma in esame, prevede misure compensative con incentivi per la riduzione delle emissioni inquinanti, per l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili nonché per la gestione di reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa quale fonte energetica nei comuni ricadenti nelle zone climatiche[233] E ed F ovvero per gli impianti e le reti di teleriscaldamento alimentati da energia geotermica, con la concessione di un'agevolazione fiscale con credito d'imposta pari a lire 20 per ogni chilovattora (Kwh) di calore fornito, da traslare sul prezzo di cessione all'utente finale.

Al riguardo il comma 138 specifica che la disciplina ivi prevista si applica anche alla fattispecie in cui la persone giuridica gestore della rete di teleriscaldamento alimentata con biomassa o ad energia geotermica coincida con la persona giuridica utilizzatore dell'energia. Tale persona giuridica può utilizzare in compensazione il credito.

 


 

Articolo 2, commi 139-140
(Biodiesel)

 


139. Per l’anno 2009, la quota minima di cui all’articolo2-quater, comma 1, deldecreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, come sostituito dall’articolo1, comma 368, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, è fissata, senza oneri aggiuntivi a carico dello Stato, nella misura del 3 per cento di tutto il carburante, benzina e gasolio, immesso in consumo nell’anno solare precedente, calcolata sulla base del tenore energetico.

140. Ai fini del conseguimento degli obiettivi indicativi nazionali, per gli anni successivi al 2009, la quota di cui al comma 139 può essere incrementata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.


 

 

I commi 139 e 140 recano disposizioni volte a promuovere l’uso di biocarburanti di origine agricola.

 

Il comma 139 dispone che la quota minima di biocarburanti da immettere al consumo nel 2009 sia elevata al 3% di tutto il carburante (benzina e gasolio) immesso al consumo nell’anno solare precedente; per il 2008 la quota che deve essere commercializzata resta pertanto quella del 2%, come già fissata dalla normativa vigente di cui all’art. 2-quater del D.L. n. 2/2006.

Con la direttiva 2003/30/CE, attuata con il D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 128, peraltro in modo difforme dando luogo all’apertura di una serie di procedure d’infrazione contro l’Italia, sono state definite le modalità di promozione dell’uso nei trasporti di biocarburanti o altri carburanti da fonti rinnovabili. La citata direttiva prevede la sostituzione, in ogni Stato membro, dei carburanti derivati da petrolio con biocarburanti in una misura che la direttiva stessa così individuava: il 2% per il 2005 e il 5,75% per il 2010. Tali percentuali di sostituzione rappresentano gli “obiettivi indicativi” che debbono raggiunti dai Paesi membri.

Gli obiettivi nazionali di immissione in consumo di biocarburanti, fissati dall’art. 3 del D.Lgs. n. 128/2005, sono stati così ridefiniti con l’art. 1, comma 367 della legge n. 296/2006-finanziaria 2007:

-        entro il 31 dicembre 2005: 1 per cento;

-        entro il 31 dicembre 2008: 2,5 per cento;

-        entro il 31 dicembre 2010: 5,75 per cento».

Gli obiettivi vengono calcolati sulla base del tenore energetico ed espressi come percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti immessi al consumo nel mercato nazionale.

L’articolo 2-quater del D.L. n. 2/2006[234] (come integralmente sostituito con la legge n. 296/2006 -finanziaria per il 2007-, art. 1, comma 368) contiene disposizioni volte a promuovere la produzione e il consumo di biomasse e biocarburanti di origine agricola, le quali impongono chea decorrere dal 1o gennaio 2007 i soggetti che immettono al consumo benzina e gasolio per autotrazione, prodotti a partire da fonti primarie non rinnovabili, siano obbligati ad immettere in consumo, nell'anno successivo, una quota minima di biocarburanti, che il comma 4 individua nel biodiesel, bioetanolo e derivati, ETBE e bioidrogeno.

Il comma 2 dell’articolo 2-quater prevede che la quota minima di immissione, calcolata sulla base del tenore energetico, sia inizialmente fissata all'1 per cento di tutto il carburante, benzina e gasolio, immesso in consumo nell'anno solare precedente. A partire dal 2008 tale quota minima è fissata nella misura del 2 per cento.

L’obbligo di immissione in consumo dei biocarburanti può essere adempiuto anche acquistando, in tutto o in parte, l'equivalente quota di immissione o i relativi diritti da altri soggetti.

 

Il comma 140 prevede che allo scopo di conseguire gli “obiettivi indicativi nazionali” (previsti dalla normativa comunitaria) per gli anni successivi al 2009 la quota minima di cui al comma 139 (pari come si è visto per il 2009 al 3% dei carburanti derivanti da fonti primarie non rinnovabili) possa essere incrementata con decreto interministeriale.

 

Si segnala che le disposizioni in commento si inseriscono in un più ampio contesto di modifiche alla normativa in materia di incentivi per la utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili, ed in particolare di quelle di origine agricola, disposte dalla manovra finanziaria per il 2008.

 

In particolare:

§      l’articolo 26, comma 4-bis, del D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, convertito con modificazioni dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, novellando l’art. 1, comma 382, della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007) e aggiungendovi i commi da 382-bis a 382-septies, ha definito una nuova disciplina dei meccanismi di incentivazione della produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali. Tale disciplina riguarda gli impianti autorizzati in data successiva al 31 dicembre 2007 ed è espressamente limitata alle biomasse e biogas ottenuti nell’ambito di intese di filiera o contratti-quadro, oppure nell’ambito di filiere corte (ottenuti cioè entro un raggio di 70 km dall’impianto utilizzatore);

§      l’articolo 26, commi da 4-ter a 4-sexies, del medesimo D.L.n. 159/2007, ha modificato la normativa in materia di agevolazioni sulle accise per la produzione di biodiesel, anch’essa approvata con la legge finanziaria 2007, novellando ulteriormente (al comma 4-ter) l’art. 22-bis del D.Lgs. n. 504/1995, che rimane la norma di riferimento in materia, e dettando ai commi da 4 –quater a 4-sexies ulteriori disposizioni sull’utilizzazione del contingente di biodiesesel agevolato ai sensi del predetto articolo 22-bis, nonché sull’esenzione dal regime di deposito fiscale per gli imprenditori agricoli che producono oli vegetali e li impiegano per autoconsumo come carburante per il parco macchine aziendale;

§      l’articolo 2, commi 143-154, della legge finanziaria in commento (v. infra), ha definito una nuova disciplina dei meccanismi di incentivazione relativi alla produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007, a seguito di nuova costruzione, rifacimento o potenziamento, facendo tuttavia salva la specifica normativa vigente in materia di biomasse agricole, da allevamento o forestali ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte.

 


 

Articolo 2, commi 141-142
(Disposizioni riguardanti il prezzo del metano e i progetti a vantaggio dei consumatori di energia elettrica)

 


141. Ai sensi dell’articolo3, comma 7, dellalegge 14 novembre 1995, n. 481, a far data dal 1° gennaio 2007, il valore medio del prezzo del metano ai fini dell’aggiornamento del costo evitato di combustibile di cui al titolo II, punto 7, lettera b), del provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi 29 aprile 1992, n. 6, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 109 del 12 maggio 1992, e successive modificazioni, è determinato dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, tenendo conto dell’effettiva struttura dei costi nel mercato del gas naturale.

142. All’articolo11-bis, comma 1, deldecreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, le parole da: «iniziative a vantaggio dei consumatori» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «progetti a vantaggio dei consumatori di energia elettrica e gas, approvati dal Ministro dello sviluppo economico su proposta dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas. Tali progetti possono beneficiare del sostegno di altre istituzioni pubbliche nazionali e comunitarie».


 

 

I commi 141-142 recano disposizioni riguardanti, da un lato, il prezzo del metano, e dall’altro, i progetti a vantaggio dei consumatori di energia elettrica.

 

In particolare il comma 141 attribuisce all'Autorità per l'energia elettrica e il gas, con efficacia retroattiva a far data dal 1° gennaio 2007, il potere di determinare il valore medio dei prezzi del metano ai fini dell'aggiornamento del "costo evitato" di combustibile previsto dal Titolo II, punto 7, lettera b) del provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi 29 aprile 1992, n. 6 (c.d. CIP 6), come modificato e integrato dal decreto del Ministro dell’Industria del 4 agosto 1994 .

La disposizione precisa, inoltre, che l'Autorità nell’ambito della suindicata attribuzione deve tenere conto dell'effettiva struttura dei costi del mercato del gas naturale.

Si ricorda che il suddetto provvedimento CIP 6/1992, adottato in attuazione dell’art. 20 e dell’art. 22, comma 5, della legge 9 gennaio 1991, n.9 , definisce, fra l’altro, i prezzi di cessione dell’energia elettrica prodotta da impianti che utilizzano fonti rinnovabili o assimilate di energia (cessione un tempo effettuata a favore di Enel, allora monopolista legale ex lege 1643/1962; oggi cessionaria di tale energia è la società GSE, Gestore dei servizi elettrici SpA). Con lo stesso provvedimento il CIP ha individuato quattro componenti per la determinazione di tale

Più specificamente, tre componenti si basano sul cd. "costo evitato" (di impianto, di esercizio e manutenzione, di combustibile) ovverosia il costo che avrebbe dovuto sopportare l’ex monopolista Enel se avesse dovuto rispettivamente costruire, gestire ed approvvigionare il combustibile per un impianto di generazione alimentato a gas. Il quarto componente afferisce più direttamente all’incentivazione di tale produzione.

Il comma in esame interviene su uno dei quattro componenti: il costo evitato di combustibile.

In base alla lettera b), punto 7, titolo II, del citato provvedimento CIP il costo evitato di combustibile viene aggiornato annualmente sulla base del criterio indicato alla lettera medesima. Tuttavia, un decreto del Ministero dell’industria del 4 agosto 1994 all’art. 3, ha aggiunto un’ulteriore disposizione, in forza della quale, ai fini del citato aggiornamento, occorre fare riferimento all’accordo concluso fra Snam e Confindustria: contratto di lungo termine per la somministrazione di gas per la produzione di energia elettrica per cessione a terzi.

Successivamente l'articolo 3, comma 7 della legge 14 novembre 1995, n. 481, ha mantenuto intatta la vigenza dei provvedimenti già adottati dal CIP e dal Ministero dell'industria in materia di energia elettrica e di gas, salvo modifica o abrogazione disposta dal Ministro, anche nell'atto di concessione, o dalla Autorità competente. Parimenti è stata mantenuta l'efficacia del citato DM 4 agosto 1994 per cui il provvedimento CIP 6/92, come integrato e modificato da tale decreto, si applica - per tutta la durata del contratto - alle iniziative prescelte (alla data di entrata in vigore della legge 481/1995) per la stipula delle convenzioni previste dal decreto del Ministro dell'industria del 25 settembre 1992 , nonché alle proposte di cessione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili propriamente dette, presentate all'ENEL spa entro il 31 dicembre 1994 ed alle proposte di cessione di energia elettrica che utilizzano gas d'altoforno o di cokeria presentate alla medesima data, a condizione che in tali ultimi casi permanga la necessaria attività primaria dell'azienda.

Secondo quanto dichiarato dal relatore al Senato, il comma in esame avrebbe il fine "di risolvere i numerosi contenziosi sorti in materia, garantendo nello stesso tempo una chiarezza per quanto concerne i poteri attribuiti ai diversi soggetti coinvolti, in uno spirito di tutela dei cittadini consumatori" .

Si ricorda, infatti, che il TAR Lombardia ha annullato la delibera dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas del 15 novembre 2006 n. 249, con la quale l’Autorità aveva aggiornato il costo evitato di combustibile (CEC) per l'anno 2007 . Successivamente, Il Consiglio di Stato non ha accolto la richiesta di sospensiva presentata dall'Autorità per l'energia elettrica contro la decisione del TAR rinviando la decisione sul merito del ricorso all’udienza del 22 gennaio 2008.

 

Il comma 142 reca una modifica all'art. 11-bis del DL 35/05 concernente l’utilizzo delle somme rinvenienti dalle sanzioni irrogate dall’Antitrust.

Il vigente articolo 11-bis del decreto-legge 14 marzo 2005 n. 35 recanteDisposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale (convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 14 maggio 2005, n. 80) prevede che l'ammontare riveniente dal pagamento delle sanzioni irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato sia destinato ad un fondo per il finanziamento di iniziative a vantaggio dei consumatori, di tipo reintegratorio o di risarcimento forfetario dei danni subiti. Le modalità di organizzazione e funzionamento del fondo nonché di erogazione delle relative risorse sono stabilite con regolamento a norma dell'art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sentite le competenti Commissioni parlamentari.

Le sanzioni sono quelle irrogate dall'Autorità in caso di inosservanza dei propri provvedimenti o in caso di mancata ottemperanza da parte dei soggetti esercenti il servizio, alle richieste di informazioni o a quelle connesse all'effettuazione dei controlli, ovvero nel caso in cui le informazioni e i documenti acquisiti non siano veritieri. Tali sanzioni amministrative pecuniarie non possono essere inferiori nel minimo a lire 50 milioni e non possono essere superiori nel massimo a lire 300 miliardi.

In caso di reiterazione delle violazioni l'Autorità ha la facoltà, qualora ciò non comprometta la fruibilità del servizio da parte degli utenti, di sospendere l'attività di impresa fino a 6 mesi ovvero proporre al Ministro competente la sospensione o la decadenza della concessione

 

Il comma in esame interviene sull’utilizzo e sulla disciplina del predetto fondo che viene destinato al finanziamento di progetti a vantaggio dei consumatori di energia elettrica e gas, approvati dal Ministro dello sviluppo economico su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Tali progetti possono beneficiare del sostegno di altre istituzioni pubbliche nazionali e comunitarie.

La modifica comporta in particolare:

§      l'attribuzione dell'iniziativa all'Autorità;

§      la sostituzione delle misure di tipo reintegratorio o di risarcimento forfetario dei danni subiti dai consumatori con progetti a vantaggio dei medesimi.

§      iI venir meno del ricorso ad un regolamento per la definizione delle modalità di organizzazione e funzionamento del fondo e di erogazione delle risorse e conseguentemente, del parere parlamentarea tal fine previsto.

 


 

Articolo 2, commi 143-157
(Norme per l’incentivazione dell’energia elettrica
prodotta da fonti rinnovabili)

 


143. La produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007, a seguito di nuova costruzione, rifacimento o potenziamento, è incentivata con i meccanismi di cui ai commi da 144 a 154. Con le medesime modalità è incentivata la sola quota di produzione di energia elettrica imputabile alle fonti energetiche rinnovabili, realizzata in impianti che impiegano anche altre fonti energetiche non rinnovabili. Le modalità di calcolo di tale quota sono definite, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

144. La produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati dalle fonti di cui alla tabella 2 allegata alla presente legge e di potenza nominale media annua superiore a 1 megawatt (MW), è incentivata mediante il rilascio di certificati verdi, per un periodo di quindici anni, tenuto conto dell’articolo 1, comma 382, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. I predetti certificati sono utilizzabili per assolvere all’obbligo della quota minima di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. L’immissione dell’energia elettrica prodotta nel sistema elettrico è regolata sulla base dell’articolo 13 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

145. La produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati dalle fonti di cui alla tabella 3 allegata alla presente legge e di potenza nominale media annua non superiore a 1 MW, immessa nel sistema elettrico, ha diritto, in alternativa ai certificati verdi di cui al comma 144 e su richiesta del produttore, a una tariffa fissa onnicomprensiva di entità variabile a seconda della fonte utilizzata, come determinata dalla predetta tabella 3, per un periodo di quindici anni, fermo restando quanto disposto a legislazione vigente in materia di biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte. Al termine di tale periodo, l’energia elettrica è remunerata, con le medesime modalità, alle condizioni economiche previste dall’articolo 13 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. La tariffa onnicomprensiva di cui al presente comma può essere variata, ogni tre anni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, assicurando la congruità della remunerazione ai fini dell’incentivazione dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.

146. All’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, le parole da: «Il Ministro delle attività produttive» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «Per il periodo 2007-2012 la medesima quota è incrementata annualmente di 0,75 punti percentuali. Con decreti del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata, sono stabiliti gli ulteriori incrementi della stessa quota per gli anni successivi al 2012».

147. A partire dal 2008, i certificati verdi, ai fini del soddisfacimento della quota d’obbligo di cui all’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, hanno un valore unitario pari a 1 MWh e vengono emessi dal Gestore dei servizi elettrici (GSE) per ciascun impianto a produzione incentivata di cui al comma 143, in numero pari al prodotto della produzione netta di energia elettrica da fonti rinnovabili moltiplicata per il coefficiente, riferito alla tipologia della fonte, di cui alla tabella 2, allegata alla presente legge, fermo restando quanto disposto a legislazione vigente in materia di biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte.

148. A partire dal 2008, i certificati verdi emessi dal GSE ai sensi dell’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, sono collocati sul mercato a un prezzo, riferito al MWh elettrico, pari alla differenza tra il valore di riferimento, fissato in sede di prima applicazione in 180 euro per MWh, e il valore medio annuo del prezzo di cessione dell’energia elettrica definito dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas in attuazione dell’articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, registrato nell’anno prece­dente e comunicato dalla stessa Autorità entro il 31 gennaio di ogni anno a decorrere dal 2008. Il valore di riferimento e i coefficienti, indicati alla tabella 2 per le diverse fonti energetiche rinnovabili, possono essere aggiornati, ogni tre anni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, assicurando la congruità della remunerazione ai fini dell’incentivazione dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.

149. A partire dal 2008 e fino al raggiungimento dell’obiettivo minimo della copertura del 25 per cento del consumo interno di energia elettrica con fonti rinnovabili e dei successivi aggiornamenti derivanti dalla normativa dell’Unione europea, il GSE, su richiesta del produttore, ritira i certificati verdi, in scadenza nell’anno, ulteriori rispetto a quelli necessari per assolvere all’obbligo della quota minima dell’anno precedente di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, a un prezzo pari al prezzo medio riconosciuto ai certificati verdi registrato nell’anno precedente dal Gestore del mercato elettrico (GME) e trasmesso al GSE entro il 31 gennaio di ogni anno.

150. Con decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono stabilite le direttive per l’attuazione di quanto disposto dai commi da 143 a 149. Con tali decreti, che per le lettere b) e c) del presente comma sono adottati di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, inoltre:

a) sono stabilite le modalità per assicurare la transizione dal precedente meccanismo di incentivazione ai meccanismi di cui ai commi da 143 a 157 nonché le modalità per l’estensione dello scambio sul posto a tutti gli impianti alimentati con fonti rinnovabili di potenza nominale media annua non superiore a 200 kW, fatti salvi i diritti di officina elettrica;

b) sono stabiliti i criteri per la destinazione delle biomasse combustibili, di cui all’allegato X alla parte quinta, parte II, sezione 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, a scopi alimentari, industriali ed energetici;

c) sono stabilite le modalità con le quali gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di biomasse sono tenuti a garantire la provenienza, la tracciabilità e la rintracciabilità della filiera, anche ai fini dell’applicazione dei coefficienti e delle tariffe di cui alle tabelle 2 e 3;

d) sono aggiornate le direttive di cui all’articolo11, comma 5, deldecreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. Nelle more trovano applicazione, per quanto compatibili, gli aggiornamenti emanati in attuazione dell’articolo20, comma 8, deldecreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

151. Il prolungamento del periodo di diritto ai certificati verdi, di cui all’articolo 267, comma 4, lettera d), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si applica ai soli impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 1° aprile 1999 fino al 31 dicembre 2007.

152. La produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2008, ha diritto di accesso agli incentivi di cui ai commi da 143 a157 a condizione che i medesimi impianti non beneficino di altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto energia, in conto capitale o in conto interessi con capitalizzazione anticipata.

153. L’Autorità per l’energia elettrica e il gas definisce:

a) le modalità di erogazione delle tariffe di cui al comma 145;

b) le modalità con le quali le risorse per l’erogazione delle tariffe di cui al comma 145, nonché per il ritiro dei certificati verdi di cui al comma 149, trovano copertura nel gettito della componente tariffaria A3 delle tariffe dell’energia elettrica.

154. A decorrere dal 1° gennaio 2008 sono abrogati:

a) il comma 6 dell’articolo20deldecreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387;

b) il comma 383 e il primo periodo del comma 1118 dell’articolo1dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296.

155. Allo scopo di assicurare il funzionamento unitario del meccanismo dei certificati verdi, gli impianti diversi da quelli di cui al comma 143, aventi diritto ai certificati verdi, continuano a beneficiare dei medesimi certificati, fermo restando il valore unitario dei certificati verdi di 1 MWh, di cui al comma 147. I predetti certificati sono utilizzabili per assolvere all’obbligo della quota minima di cui all’articolo11deldecreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, unitamente ai certificati di cui al comma 144.

156. Agli impianti aventi diritto ai certificati verdi e diversi da quelli di cui al comma 143 continuano ad attribuirsi i predetti certificati verdi in misura corrispondente alla produzione netta di energia elettrica.

157. Il periodo di diritto ai certificati verdi di cui all’articolo14deldecreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20, resta fermo in otto anni.


 

 

I commi 143-157 delineano una nuova disciplina di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

I commi da 143 a 154 dettano una nuova disciplina per gli impianti nuovi, ossia entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007.

I commi da 155 a 157 riguardano, invece, gli impianti esistenti, ossia in esercizio alla data del 31 dicembre 2007.

 

Il comma 143 prevede che la nuova disciplina sugli incentivi alla produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da fonti rinnovabili, prevista dai successivi commi da 144 a 154, si applichi agli impianti entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007, a seguito di nuova costruzione, rifacimento o potenziamento.

Gli incentivi riguardano anche agli impianti misti (ossia gli impianti che utilizzano sia fonti rinnovabili che non rinnovabili) limitatamente alla quota di produzione imputabile alle fonti rinnovabili, secondo modalità di calcolo da definire, entro novanta giorni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

I commi 144 e 145 prevedono due meccanismi alternativi di incentivazione:

a)      i certificati verdi;

b)      la tariffa fissa omnicomprensiva.

 

Il comma 144, concernente gli impianti di potenza nominale media annua superiore a 1MW[235], prevede unicamente il rilascio di certificati verdi, per un periodo di 15 anni, tenuto conto di quanto disposto dal comma 382,art.1 della finanziaria 2007 (L.296/06)

 

Il comma 382 citato è stato sostituito, con l’aggiunta dei commi da 382 a 382-septies, dal comma 4-bis dell'art. 26, D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, aggiunto dalla relativa legge di conversione. Attraverso tale novella all’articolo 1 della legge finanziaria 2007, si definisce una nuova disciplina di incentivazione alla produzione di energia elettrica con l’utilizzo di fonti rinnovabili di origine agricola, zootecnica e forestale.

In particolare, il comma 382 novellato prevede che il nuovo sistema di incentivazione sia diretto ai soli impianti che utilizzano materie prime ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro, come definiti dagli articoli 9 e 10 del D.Lgs. n. 102/2005. Il comma 382-bis, per i soli impianti di potenza elettrica superiore a 1MW, prevede il rilascio di certificati verdi, per un periodo di 15 anni. Il comma 382-ter, per gli impianti di potenza elettrica non superiore a 1MW, prevede il rilascio di certificati verdi, per un periodo di 15 anni ovvero, su richiesta del produttore, una tariffa fissa pari a 0,30 euro per ogni KWh prodotto per 15 anni. La tariffa può essere variata ogni 3 anni con decreto interministeriale, sempre assicurando l’effetto incentivante. Il comma 382-quater prevede che i certificati verdi siano emessi dal GSE (Gestore del sistema elettrico) in numero crescente di anno in anno (secondo un coefficiente di 1,8 aggiornabile ogni 3 anni con decreto interministeriale, sempre assicurando l’effetto incentivante) e abbiano un valore unitario pari a 1 MWh. Il comma 382-quinquies detta norme per gli impianti alimentati dalle fonti di cui al comma 382 che già beneficiano di certificati verdi. Il comma 382-sexies regolamenta l’ipotesi di abbandono, in data successiva all’autorizzazione, dell’utilizzo dei combustibili di cui al comma 382 nella produzione di energia elettrica. Il comma 382-septies rimette a un decreto interministeriale, da adottare entro 6 mesi, la definizione delle modalità con le quali gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di biomasse e biogas da prodotti agricoli devono garantire la tracciabilità della filiera.

 

Nel comma si precisa che i suddetti certificati verdi sono utilizzati per assolvere all’obbligo,di immissione in rete di una quota minima di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, di cui al D.Lgs 79/99, art. 11, e che l’immissione dell’elettricità prodotta nel sistema elettrico viene regolata in base all’art. 13 del D.Lgs 387/03.

 

L’articolo 11 del D.Lgs 79/99 pone a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, l’obbligo di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. Tale quota, inizialmente fissata nel 2% di quanto prodotto o importato dell’anno precedente, è incrementata annualmente dello 0,35%, per gli anni dal 2004 al 2006.

Ai sensi dell’art. 13 l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete, godendo della precedenza nel dispacciamento.

 

Il comma 145, concernente invece gli impianti di potenza nominale media annua non superiore a 1MW, prevede l’incentivazione mediante il rilascio di certificati verdi, per un periodo di 15 anni o, in alternativa, su richiesta del produttore, mediante una tariffa fissa onnicomprensiva (variabile a seconda delle fonte utilizzata, secondo quanto previsto dalla tabella 3 allegata), per un periodo di 15 anni (la tariffa può essere variata ogni 3 anni con decreto ministeriale, assicurando in ogni caso l’effetto incentivante). Al termine di tale periodo l’energia elettrica viene remunerata secondo modalità e alle condizioni previste dal citato articolo 13 del D.Lgs 387/03.

In entrambi i casi è fatta salva la normativa vigente (che deve quindi considerarsi “speciale”) in materia di biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte[236].

Si fa presente che la Commissione bilancio della Camera dei deputati ha introdotto una variazione nella tabella 2 allegata alla legge, che fornisce l’entità della tariffa onnicomprensiva per tipologia di fonte, sostituendo la dicitura della fonte “eolica” con quella di “eolica per impianti di taglia inferiore a 200 kW”, incrementando la corrispondente tariffa da 22 cent di euro/kWh a 30 euro cento/kWh.

 

Il comma 146 attraverso una modifica all’art. 4, comma 1, del decreto legislativo n.387/03, introduce un ulteriore incremento della quota minima obbligatoria di energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili da immettere nel sistema elettrico nazionale (ai sensi dell'articolo 11, commi 1, 2 e 3, del D.Lgs. 79/1999). Stabilisce, infatti che con riferimento al periodo 2007-2012 tale quota sia incrementata annualmente di 0,75 punti percentuali e non di 0,35 punti annuali, come previsto dal citato articolo 4 per il periodo 2004-2006. Ulteriori incrementi per gli anni successivi saranno stabiliti con decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente, sentita la Conferenza unificata.

L’incentivazione dell’energia da fonti rinnovabili

La direttiva 2001/77/CE ha previsto per ogni Stato membro gli obiettivi da raggiungere nell’ambito della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. In particolare, per l’Italia l’obiettivo da raggiungere entro il 2010 è fissato al 25% di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili.

La direttiva 2001/77/CE è stata recepita dall’Italia con il decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387 che ha ulteriormente innalzato l’obbligo, fissato al 2% dall’articolo 11 decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, di immettere nella rete nazionale una quota di energia generata da impianti alimentati da fonti rinnovabili ed ha definito nuove regole di riferimento per la promozione delle fonti medesime. In particolare, è stato previsto un incremento pari annualmente a 0,35 punti percentuali, a decorrere dall'anno 2004 e fino al 2006[237], della quota minima di energia da fonti rinnovabili che gli importatori o produttori di energia da fonti non rinnovabili hanno l’obbligo di immettere sul mercato.

I certificati verdi costituiscono lo strumento di incentivazionedell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili, definito dall’articolo 11 del decreto legislativo n. 79/1999. Tale decreto legislativo, con il quale è stato previsto il superamento del vecchio criterio di incentivazione tariffaria noto come Cip6, ha recepito la direttiva 96/92/CE sul mercato interno dell’energia elettrica, ed è stato perfezionato con i successivi decreti ministeriali 11 novembre 1999 e 18 marzo 2002. Il nuovo criterio adottato per l’incentivazione delle fonti rinnovabili consiste nell’obbligo, a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. Come detto tale quota, inizialmente fissata al 2%, è stata incrementata annualmente dello 0,35%, per gli anni dal 2004 al 2006, secondo quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n.387/2003.

L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete godendo – ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n.387/2003 - della precedenza nel dispacciamento[238]. In aggiunta, il GRTN (ora GSE) rilascia al produttore, su richiesta e previo riconoscimento all’impianto della qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili (qualifica IAFR), i certificati verdi (CV), titoli comprovanti la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, che costituiscono lo strumento con il quale i soggetti sottoposti all’obbligo della quota minima devono dimostrare di avervi adempiuto.

Per quanto concerne la durata dei certificati verdi, l'articolo 20, comma 5, del D.Lgs. 387/2003 l’ha inizialmente fissata a 8 anni (non si calcolano i periodi di fermata degli impianti causati da eventi calamitosi dichiarati tali dalle autorità competenti); successivamente tale durata è stata elevata a 12 anni dall'art. 267, comma 4, lettera d), del D.Lgs. 152/2006.

Per i soggetti che non rispettano l’obbligo di immissione, la cui verifica di adempienza è affidata al GSE, il decreto ministeriale 11 novembre 1999 stabilisce sanzioni consistenti nella limitazione dell’accesso al mercato complessivo dell’energia elettrica. I certificati verdi sono commerciabili in un mercato parallelo svincolato da quello dell’elettricità, attraverso la piattaforma di negoziazione (borsa dei CV) organizzata presso la società Gestore del Mercato (GME), oppure mediante contratti bilaterali. L’avvio della borsa dei certificati verdi è stato sancito dal decreto ministeriale 14 marzo 2003. Nel mercato dei certificati verdi la domanda è formulata dai produttori ed importatori soggetti all’obbligo della quota minima; mentre l'offertaè rappresentata dai Certificati Verdi emessi a favore di impianti privati che hanno ottenuto la qualificazione IAFR dal Gestore della rete, così come dai Certificati Verdi che il GSE stesso emette a proprio favore a fronte dell’energia prodotta dagli impianti Cip 6.

 

Il comma 147 prevede che i certificati verdi siano emessi dal GSE, con riferimento agli impianti a produzione incentivata entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007, in numero corrispondente al prodotto della produzione netta di energia elettrica moltiplicata per i coefficienti previsti dalla tabella 2, diversificati in relazione alla fonte utilizzata. Il loro valore unitario è pari a 1 MWh (fatta salva la normativa speciale prevista per biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell'ambito di intese di filiera o contratti quadro o di filiere corte, per la quale v. nota supra)

 

Attualmente, il comma 87 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004 n. 239 stabilisce il valore dei certificati verdi emessi ai sensi del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 in 0,05 GWh (50 MWh) o multipli di detta grandezza.

Il comma 148 prevede che i certificati verdi siano collocati sul mercato a un prezzo per MWh elettrico pari alla differenza tra il valore di riferimento fissato a 180 euro per megawattora e il valore medio annuo del prezzo di cessione dell'energia elettrica registrato nell'anno precedente, definito dall'Autorità per l'energia in attuazione di quanto previsto dall'articolo 13, comma 3 del D.Lgs. 387/2003.

Tale valore medio annuo deve essere comunicato dall'Autorità per l’energia elettrica e il gas entro il 31 gennaio di ogni anno. Il valore di riferimento e i coefficienti, indicati alla tabella 2 per le diverse fonti energetiche rinnovabili, possono essere aggiornati, ogni tre anni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, assicurando la congruità della remunerazione ai fini dell’incentivazione dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.

 

L'Autorità per l’energia elettrica e il gas ha attuato il comma 3 dell'articolo 13 del D.Lgs. 387/2003 con la delibera 23 febbraio 2005, n. 34/05 (e successive modifiche). L'articolo 4 della delibera 34/05 prevede che il gestore di rete che ritira l'energia elettrica di cui all'articolo 13, commi 3 e 4 del D.Lgs. 387/2003 riconosca ai produttori un prezzo pari a quello di cessione dall'Acquirente unico alle imprese distributrici per la vendita al mercato vincolato definito dall'articolo 30, comma 1, lettere a), b) e c). Tale disposizione ha precisato i criteri di calcolo del prezzo che fanno riferimento rispettivamente alla media ponderata dei costi per l'acquisto dell'energia e per la copertura dei rischi connessi all'oscillazione dei prezzi (lettera a), ai costi di dispacciamento (lettera b), al corrispettivo riconosciuto all'Acquirente Unico (lettera c).

In base all'articolo 33, comma 2, l’Acquirente unico comunica all’Autorità e pubblica nel proprio sito Internet, entro il termine del mese successivo a quello di competenza, il prezzo di cui all’articolo 30 relativo al mese di competenza.

Secondo i dati pubblicati dall'Acquirente unico il prezzo medio di cessione nel I trimestre del 2007 è stato pari a 81,8 €/MWh, per il II trimestre del 2007 pari a 79,3 €/MWh, per il III trimestre del 2007 si prevede sia pari a 82,6 €/MWh mentre per il IV trimestre si prevede sia pari 84,0 €/MWh . In base a tali dati il valore medio per il 2007 si attesterebbe a 81,9 €/MWh. Conclusivamente il prezzo fissato dal comma in esame per il collocamento sul mercato dei certificati verdi potrebbe attestarsi attorno ai 98 euro per megawattora (180 euro meno il valore medio). Si segnala che il prezzo di riferimento individuato dal GSE per i certificati verdi per l'anno 2006 è stato pari a 125,28 €/MWh (al netto dell'IVA del 20 %).

Da ultimo l’Autorità per l’energia elettrica ha approvato la delibera n. 280 del 2007 (GU n. 284 del 6.12.07 n. 255) per facilitare il ritiro dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e da generazione distribuita, garantendo ai produttori maggiori certezze e procedure semplificate. Il provvedimento introduce anche una remunerazione minima garantita, a seconda della fonte utilizzata, per i piccoli impianti di produzione da rinnovabili (fino a 1 MW di potenza); si tratta di un sostegno aggiuntivo agli incentivi già previsti per questi impianti caratterizzati da costi di esercizio e manutenzione più elevati.

Per agevolare i produttori, è stato previsto, in particolare, che sia un solo soggetto centralizzato a ritirare l’energia prodotta, il Gestore del Sistema Elettrico GSE, che svolgerà il ruolo di intermediario commerciale sotto il controllo dell’Autorità. Finora il ritiro era invece gestito dalle varie imprese di distribuzione. Vengono inoltre stabilite procedure uniformi per tutti i produttori. Le nuove regole semplificano le procedure di ritiro dell’energia, consentono, altresì, una migliore programmazione della produzione e più efficaci meccanismi di controllo, contribuendo così ad agevolare un settore che assumerà sempre maggiore importanza anche alla luce degli obiettivi di produzione da fonte rinnovabile in campo europeo. Il nuovo schema di “ritiro dedicato” sarà operativo dal 1 gennaio 2008.

 

Il comma 149 prevede che, a partire dal 2008 e fino al raggiungimento dell’obiettivo minimo della copertura del 25 per cento del consumo interno di energia elettrica con fonti rinnovabili (v. supra), il GSE ritiri, su richiesta del produttore, i certificati verdi in scadenza nell’anno eccedenti rispetto a quelli necessari per assolvere all’obbligo di immissione di una quota minima fissata dal D.Lgs 79/99. Il ritiro sarà effettuato ad un prezzo pari al prezzo medio riconosciuto ai certificati verdi registrato nell’anno precedente da parte del Gestore del mercato elettrico (GME) e trasmesso al GSE entro il 31 gennaio di ciascun anno.

 

Il comma 150 rinvia a decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, la fissazione delle direttive per l’attuazione di quanto disposto ai precedenti commi.

Inoltre, con tali decreti, che per i punti b) e c) di seguito illustrati, saranno adottati d’intesa con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sono stabiliti:

a)      le modalità per assicurare la transizione dal precedente meccanismo di incentivazione ai meccanismi di cui al presente articolo, nonché le modalità per l’estensione dello scambio sul posto a tutti gli impianti alimentati con fonti rinnovabili di potenza elettrica non superiore a 200 kW, fatti salvi i diritti di officina elettrica;

Il servizio di scambio sul posto è previsto attualmente per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale non superiore a 20 kW, dunque la disposizione in esame eleverebbe tale soglia da 20 a 200 kW. Per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale non superiore a 20 kW è inoltre previsto che non siano dovuti i diritti di officina elettrica, pertanto la disposizione in esame pur elevando la soglia di ammissione al servizio di scambio sul posto non muta la disciplina sui diritti di officina elettrica.

L'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 387/2003 prevede che l’Autorità disciplini le condizioni tecnico-economiche del servizio di scambio sul posto dell’energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale non superiore a 20 kW. L’articolo 6, comma 2 prevede che nell’ambito della disciplina dello scambio sul posto non è consentita la vendita dell’energia elettrica prodotta; L’articolo 6, comma 3 stabilisce che la disciplina dello scambio sul posto sostituisca ogni altro adempimento, a carico dei soggetti che realizzano gli impianti, connesso all’accesso e all’utilizzo della rete elettrica.

La disciplina del servizio di scambio sul posto è stata definita dalla delibera AEEG n. 28/2006. Con il termine scambio sul posto si intende il servizio erogato dall’impresa distributrice competente nell’ambito territoriale in cui è ubicato l’impianto che consiste nell’operare un saldo annuo tra l’energia elettrica immessa in rete dall’impianto medesimo e l’energia elettrica prelevata dalla rete.

Il servizio di scambio sul posto consente ad un cliente di utilizzare i servizi di rete per “immagazzinare” l’energia elettrica immessa quando non ci sono necessità di consumo e di riprelevarla dalla rete quando gli serve.

Lo scambio sul posto comporta pertanto il venir meno del costo di acquisto dell’energia elettrica per una quantità pari a quella prodotta dall’impianto (sia la quota auto-consumata immediatamente sia la quota immessa in rete e riprelevata successivamente). Lo scambio sul posto è alternativo alla vendita di energia elettrica: pertanto, nell’ambito dello scambio, le immissioni di energia in rete non possono essere vendute. L’energia elettrica immessa in rete e non consumata nell’anno di riferimento costituisce un credito, in termini di energia ma non in termini economici, che può essere utilizzato nel corso dei tre anni successivi a quello in cui matura. Al termine dei tre anni successivi, l’eventuale credito residuo viene annullato. Tale quantità di energia elettrica immessa in rete e mai consumata non può essere pagata poiché nell’ambito della disciplina dello scambio sul posto non è consentita la vendita. Pertanto lo scambio sul posto presenta vantaggi qualora, su base triennale, il consumo di energia elettrica risulti mediamente pari o superiore alla produzione. In caso contrario sarebbe preferibile scegliere, anziché lo scambio sul posto, la vendita di energia elettrica.

Per quanto riguarda i diritti di officina elettrica essi sono definiti dall'articolo 53 del decreto legislativo 26 ottobre 1995 n. 504 il quale prevede l'obbligo di denuncia di officina e licenza di esercizio e di pagamento dell'accisa sull'energia elettrica per:

-        i soggetti che procedono alla fatturazione dell'energia elettrica ai consumatori finali, indicati come venditori;

-        gli esercenti le officine di produzione di energia elettrica utilizzata per uso proprio;

-        i soggetti che utilizzano l'energia elettrica per uso proprio con impiego promiscuo, con potenza disponibile superiore a 200 kW intendendosi per uso promiscuo l'utilizzazione di energia elettrica in impieghi soggetti a diversa tassazione.

Su richiesta possono essere riconosciuti come soggetti obbligati:

-        i soggetti che acquistano, per uso proprio, energia elettrica utilizzata con impiego unico previa trasformazione o conversione comunque effettuata, con potenza disponibile superiore a 200 kW;

-        i soggetti che acquistano, per uso proprio, energia elettrica da due o più fornitori, qualora abbiano consumi mensili superiori a 200.000 kWh.

I soggetti predetti hanno l'obbligo di denunciare preventivamente la propria attività all'Ufficio dell'Agenzia delle dogane competente per territorio e di dichiarare ogni variazione, relativa agli impianti di pertinenza e alle modifiche societarie, nonché la cessazione dell'attività, entro trenta giorni dalla data in cui tali eventi si sono verificati.

Peraltro l’articolo 10, comma 7, primo periodo, della legge 13 maggio 1999 n. 133 prevede che l’esercizio di impianti che utilizzano fonti rinnovabili di potenza elettrica non superiore a 20 kW, anche collegati alla rete, non sia soggetto agli obblighi di apertura di officina elettrica ai sensi dell’articolo 53, comma 1, del testo unico approvato con decreto legislativo n. 504/1995.

b)      i criteri per la destinazione delle biomasse combustibili, di cui all’allegato X alla parte V, parte II, sezione 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 , a scopi alimentari, industriali ed energetici;

L'allegato X alla parte quinta del D.Lgs. 152/2006 reca la disciplina dei combustibili, la parte II dell'allegato disciplina le caratteristiche merceologiche dei combustibili e metodi di misura, la sezione 4 della parte II reca le caratteristiche delle biomasse combustibili e relative condizioni di utilizzo .

c)      sono stabilite le modalità con le quali gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di biomasse sono tenuti a garantire la provenienza, la tracciabilità e la rintracciabilità della filiera, anche ai fini dell’applicazione dei coefficienti e delle tariffe di cui alle tabelle 2 e 3;

La disposizione sembra riferirsi al comma 4-bis dell'articolo 26 del decreto-legge 1 ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, in legge n. 222/2007..

d)      sono aggiornate le direttive di cui all’articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. Nelle more trovano applicazione, per quanto compatibili, gli aggiornamenti emanati in attuazione dell’articolo 20, comma 8, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

Il comma 5 dell'art. 11 del D.Lgs. 79/1999 già prevede che con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro dell'ambiente, siano adottate le direttive per l'attuazione di quanto disposto dai commi 1, 2 e 3, nonché gli incrementi della percentuale di cui al comma 2 per gli anni successivi al 2002, tenendo conto delle variazioni connesse al rispetto delle norme volte al contenimento delle emissioni di gas inquinanti, con particolare riferimento agli impegni internazionali previsti dal protocollo di Kyoto.

Il comma 8 dell'art. 20 del D.Lgs. 387/2003 prevede che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 387, con decreto del Ministro delle attività produttive di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, siano aggiornate le direttive di cui all'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79.

 

Il comma 151 prevede che il prolungamento del periodo di diritto ai certificati verdi da otto a dodici anni, fissato dall’articolo 267, comma 4, lettera d), del D.Lgs. 3 aprile 2006, n.152 (Norme in materia ambientale) si applichi ai soli impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 1° aprile 1999e fino al 31 dicembre 2007.

 

Il comma 152 riconosce alla produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2008, il diritto di accesso agli incentivi di cui ai comma 143-157, a condizione che i medesimi impianti non beneficino di altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto energia, in conto capitale e/o in conto interessi con capitalizzazione anticipata.

In altri termini, si prevede per gli impianti entrati in esercizio nel corso del 2008 la possibilità di cumulare più incentivi pubblici, escludendo tale possibilità per gli impianti entrati in esercizio a partire dal 2009.

 

Il comma 153 dispone che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas definisca:

a)      le modalità di erogazione delle tariffe di cui al comma 145;

b)      le modalità con le quali le risorse per l’erogazione delle tariffe di cui al comma 145, nonché per il ritiro dei certificati verdi di cui al comma 149, trovano copertura nel gettito della componente tariffaria A3 delle tariffe dell’energia elettrica che, si ricorda, copre i costi per il finanziamento degli incentivi alle fonti rinnovabili e assimilate.

 

Il comma 154 prevede l'abrogazione, a decorrere dal 1º gennaio 2008:

a)      del comma 6 dell’articolo 20 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387;

b)      del comma 383 e del primo periodo del comma 1118 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

Il comma 6 dell'art. 20 del D.Lgs. 387/2003 prevede la possibilità di elevare, con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il periodo di riconoscimento dei certificati verdi per la produzione di elettricità da impianti alimentati da biomassa, ad esclusione di quella prodotta da centrali ibride. Tale incremento può essere realizzato anche mediante rilascio, dal nono anno, di certificati verdi su una quota dell'energia elettrica prodotta.

Al medesimo fine, possono anche essere utilizzati i certificati verdi attribuiti al Gestore della rete dall'articolo 11, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 . La predetta elevazione del periodo di riconoscimento dei certificati verdi non può essere concessa per la produzione di energia elettrica da impianti che hanno beneficiato di incentivi pubblici in conto capitale.

 

Il comma 382 della legge 296/2006 demanda a un decreto ministeriale del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, da adottare entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, la revisione della disciplina dei certificati verdi, al fine di incentivare l’impiego di prodotti di origine agricola e zootecnica. Il comma 383, oggetto di abrogazione, prevede che agli assegnatari dei nuovi certificati verdi non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 87, della legge n. 239 del 2004. Tale disposizione fissa il valore dei certificati verdi emessi ai sensi del decreto legislativo n. 79 del 1999 in 0,05 GWh o multipli di detta grandezza.

Il primo periodo del comma 1118 della legge 296/2006 prevede che il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con propri decreti ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, provveda a definire i criteri e le modalità di erogazione dei finanziamenti e degli incentivi pubblici di competenza statale concedibili alle fonti rinnovabili di cui all'articolo 2 della direttiva 2001/77/CE.

 

I commi da 155 a 157 disciplinano gli impianti esistenti, ossia gli impianti in esercizio alla data del 31 dicembre 2007.

 

Il comma 155, allo scopo di assicurare il funzionamento unitario del meccanismo dei certificati verdi, prevede che gli impianti entrati in esercizio antecedentemente al 1° gennaio 2008, aventi diritto ai certificati verdi, continuino a beneficiare dei medesimi certificati, fermo restando il valore unitario dei certificati verdi di 1 MWh, di cui al comma 147. I predetti certificati sono utilizzabili per assolvere all’obbligo della quota minima di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, unitamente ai certificati di cui al comma 144.

 

Il comma 156 stabilisce che agli impianti aventi diritto ai certificati verdi e diversi da quelli di cui al comma 143, quindi entrati in esercizio in data precedente al 1° gennaio 2008, continuano ad attribuirsi i predetti certificati verdi in misura corrispondente alla produzione netta di energia elettrica.

 

Il comma 157 mantiene fermo in otto anni il periodo di diritto ai certificati verdi di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 7 febbraio 2007, n. 20 .

Tale disposizione ha mantenuto la validità del diritto all'acquisizione dei certificati verdi per i soggetti titolari di impianti realizzati o in fase di realizzazione in attuazione del comma 71 dell'articolo unico della legge 23 agosto 2004 n. 239. Il comma 71 citato aveva esteso la possibilità di acquisire i certificati verdi all'energia elettrica prodotta:

-        con l'utilizzo dell'idrogeno;

-        in impianti statici con l'utilizzo dell'idrogeno ovvero con celle a combustibile;

-        da impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento, limitatamente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento.

-        Il comma 71 citato è stato abrogato dal comma 1120 dell'articolo unico della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006).

Tuttavia, come anticipato, l'art. 14 del D.Lgs. 20/2007 ha mantenuto la validità dei diritti di cui al comma 71 purché gli impianti posseggano almeno uno dei seguenti requisiti:

a)    siano già entrati in esercizio nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore della legge 23 agosto 2004, n. 239, e la data del 31 dicembre 2006;

b)    siano stati autorizzati dopo la data di entrata in vigore della legge 23 agosto 2004, n. 239, e prima della data del 31 dicembre 2006 ed entrino in esercizio entro il 31 dicembre 2008;

c)    entrino in esercizio entro il 31 dicembre 2008, purché i lavori di realizzazione siano stati effettivamente iniziati prima della data del 31 dicembre 2006.

Il comma 2 dell'articolo 14 del D.Lgs. 20/2007 ha posto un ulteriore requisito per gli impianti di potenza elettrica superiore a 10 MW che mantengono il trattamento derivante dall'applicazione dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, come vigente al 31 dicembre 2006. Tali impianti devono infatti ottenere entro due anni dalla data di entrata in esercizio, la registrazione del sito secondo il regolamento EMAS e con le modalità e nel rispetto dei commi 3 e 4.

Il comma 3 dell'articolo 14 ha previsto la disapplicazione dell'articolo 267, comma 4, lettera c) del D.Lgs. 152/2006 relativamente ai certificati verdi rilasciati all'energia prodotta da impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento limitatamente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento. Ciò al fine di consentire l'esercizio dei diritti acquisiti.

L'articolo 267, comma 4, lettera c) del D.Lgs. 152/2006 aveva previsto che i certificati verdi maturati a fronte di energia prodotta ai sensi dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, potessero essere utilizzati per assolvere all'obbligo di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, solo dopo che fossero stati annullati tutti i certificati verdi maturati dai produttori di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili così come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 387 del 2003 . Tuttavia il comma 3 dell'articolo 14 citato ha limitato la possibilità di utilizzare i predetti certificati alla copertura del 20 per cento dell'obbligo di immissione di una quota minima di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. Infine, l'ultimo periodo del comma 3 dell'articolo 14 ha attribuito ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la possibilità di modificare la predetta percentuale allo scopo di assicurare l'equilibrato sviluppo delle fonti rinnovabili e l'equo funzionamento del meccanismo di incentivazione agli impianti citati.

Il comma 4 dell'articolo 14 obbliga i soggetti che beneficiano dei diritti richiamati al comma 1 di realizzare un sistema di monitoraggio continuo delle emissioni inquinanti degli impianti. Secondo il comma 5 il Gestore del sistema elettrico - GSE effettua periodiche verifiche al fine del controllo dei requisiti che consentono l'accesso e il mantenimento dei diritti richiamati al comma 1.


 

Articolo 2, commi 158-161
(Norme per facilitare la diffusione di fonti energetiche rinnovabili)

 


158. All’articolo12deldecreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3, le parole: «o altro soggetto istituzionale delegato» sono sostituite dalle seguenti: «o dalle province delegate»;

b) al comma 3, dopo le parole: «del patrimonio storico-artistico» sono inserite le seguenti: «, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico»;

c) al comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per gli impianti offshore l’autorizzazione è rilasciata dal Ministero dei trasporti, sentiti il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con le modalità di cui al comma 4 e previa concessione d’uso del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima»;

d) dopo il primo periodo del comma 4 è inserito il seguente: «In caso di dissenso, purché non sia quello espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, o del patrimonio storico-artistico, la decisione, ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle regioni, è rimessa alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano»;

e) al secondo periodo del comma 4, le parole: «, in ogni caso,» sono soppresse e, dopo le parole: «a seguito della dismissione dell’impianto» sono aggiunte le seguenti: «o, per gli impianti idroelettrici, l’obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale»;

f) al comma 5, le parole: «di cui all’articolo 2, comma 2, lettere b) e c)» sono sostituite dalle seguenti: «di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e c)»;

g) al comma 5, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Ai medesimi impianti, quando la capacità di generazione sia inferiore alle soglie individuate dalla tabella A allegata al presente decreto, con riferimento alla specifica fonte, si applica la disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo8deldecreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, possono essere individuate maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina della denuncia di inizio attività»;

h) al comma 10 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Le regioni adeguano le rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida. In caso di mancato adeguamento entro il predetto termine, si applicano le linee guida nazionali».

159. Per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili la dimostrazione di avere concretamente avviato la realizzazione dell’iniziativa ai fini del rispetto del termine di inizio dei lavori è fornita anche con la prova di avere svolto le attività previste dal terzo periodo del comma 1 dell’articolo15deldecreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, introdotto dall’articolo1, comma 75, dellalegge 23 agosto 2004, n. 239.

160. Quando la domanda di autorizzazione unica per le opere di cui all’articolo12deldecreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e successive modificazioni, sia presentata da una amministrazione aggiudicatrice, ai sensi del comma 25 dell’articolo 3 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, le conseguenti attività sono soggette alla disciplina del medesimo decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

161. Al decreto legislativo n. 387 del 2003 è allegata la seguente tabella:

«Tabella A
 (Articolo 12)

Fonte                                   Soglie

1 Eolica                               60 kW

2 Solare fotovoltaica              20 kW

3 Idraulica                          100 kW

4 Biomasse                        200 kW

5 Gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas    250 kW».


 

 

Il comma 158, modificando in più parti la disciplina delle procedure autorizzative degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, reca una serie di integrazioni e modifiche all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, di attuazione della direttiva 2001/77/CE, concernente la promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità.

Tali modifiche sono evidenziate nel seguente testo a fronte.

 

D.Lgs. n. 387/2003

(testo vigente)

D.Lgs. n. 387/2003

(testo proposto)

 

 

Art. 12.

Art. 12.

(Razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative).

(Razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative).

1. Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti.

1. Identico.

2. Restano ferme le procedure di competenza del Mistero dell'interno vigenti per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.

2. Identico.

3. La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all'articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni.

 

3. La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all'articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni. Per gli impianti offshore l’autorizzazione è rilasciata dal Ministero dei trasporti, sentiti il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con le modalità di cui al comma 4 e previa concessione d’uso del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima.

4. L'autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere, in ogni caso, l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto. Il termine massimo per la conclusione del procedimento di cui al presente comma non può comunque essere superiore a centottanta giorni.

 

4. L'autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. In caso di dissenso, purché non sia quello espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, pae­saggistico-territoriale, o del patrimonio storico-artistico, la decisione, ove non diversamente e specificamente discipli­nato dalle regioni, è rimessa alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in con­formità al progetto approvato e deve conte­nere l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto eser­cente a seguito della dismissione dell'im­pianto o, per gli impianti idroelettrici, l’obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale. Il termine massimo per la conclusione del procedimento di cui al presente comma non può comunque essere superiore a centottanta giorni.

5. All'installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b) e c) per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione, non si applicano le procedure di cui ai commi 3 e 4.

 

5. All'installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c) per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione, non si applicano le procedure di cui ai commi 3 e 4. Ai medesimi impianti, quando la capacità di generazione sia inferiore alle soglie individuate dalla tabella A allegata al presente decreto, con riferimento alla specifica fonte, si applica la disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, possono essere individuate maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina di inizio attività.

6. L'autorizzazione non può essere subordinata né prevedere misure di compensazione a favore delle regioni e delle province.

 

6. Identico.

7. Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici. Nell'ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 14.

7. Identico.

9. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche in assenza della ripartizione di cui all'articolo 10, commi 1 e 2, nonché di quanto disposto al comma 10.

9. Identico.

10. In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti.

 

10. In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti. Le regioni adeguano le rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida. In caso di mancato adeguamento entro i predetti termini, si applicano le linee guida nazionali.

 

Il testo vigente del comma 3 dell'articolo 12 stabilisce, fra l’altro, che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione.

 

Come evidenziato dal prospetto sopra riportato, i punti a), b) e c) modificano il comma 3 dell’articolo 12.

 

Il punto a) specifica che l'autorizzazione unica può essere rilasciata, oltre che dalla regione, dalle province delegate dalla regione.

 

Il punto b) precisa inoltre che l'autorizzazione unica costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico.

 

Il punto c) integra la disposizione con la previsione che l'autorizzazione unica per gli impianti offshore (cioè in mare aperto) sia rilasciata dal Ministero dei trasporti, sentito il Ministro dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente della tutela del territorio e del mare, a seguito di un procedimento unico – come previsto dal comma 4 - e previa concessione d’uso del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima.

Il testo vigente del comma 4 dell'articolo 12 citato prevede che l'autorizzazione unica sia rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge n. 241/1990 Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere, in ogni caso, l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto.

 

Il punto d) integra il comma 4 dell’articolo 12 prevedendo che in caso di dissenso nel procedimento unico (purché il dissenso non sia espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico) la decisione, ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle regioni, sia rimessa alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Al riguardo, il comma 6-bis dell'articolo 14-ter della legge 241/1990, applicabile anche al procedimento di cui all'articolo 12 del D.Lgs. 387/2003, prevede che all'esito dei lavori della conferenza di servizi, e in ogni caso scaduto il termine, l'amministrazione procedente adotti la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede. Dunque in caso di dissenso non riferibile ad interessi speciali (si veda infra) l'amministrazione procedente ben può concludere il procedimento e concedere l'autorizzazione unica se le posizioni prevalenti sono state orientate in tal senso. Con la modifica in esame invece nel caso di dissenso non riferibile ad interessi speciali l'amministrazione procedente dovrebbe comunque rimettere la decisione alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Per quanto riguarda il dissenso espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, continuerebbe ad applicarsi il comma 3 dell'articolo 14-quater della legge 241/1990 il quale prevede la rimessione della decisione entro dieci giorni:

-        al Consiglio dei Ministri, in caso di dissenso tra amministrazioni statali;

-        alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata "Conferenza Stato-regioni", in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali;

-        alla Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali.

Verificata la completezza della documentazione inviata ai fini istruttori, la decisione è assunta entro trenta giorni, salvo che il Presidente del Consiglio dei ministri, della Conferenza Stato-regioni o della Conferenza unificata, valutata la complessità dell'istruttoria, decida di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni.

Tuttavia il comma 3 dell'articolo 14-quater della legge 241/1990 prevede l'applicazione della disciplina citata anche nel caso in cui il motivato dissenso sia espresso da un'amministrazione preposta alla tutela della salute e della pubblica incolumità, casi invece non fatti salvi dal comma 3 in esame.

Pertanto i casi di dissenso espresso da amministrazioni preposte alla tutela della salute o della pubblica incolumità sono superabili con decisione della Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Il punto e) modifica il comma 4 dell'articolo 12 nella parte in cui prevede l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto. In alternativa a tale obbligo, per gli impianti idroelettrici, si prevede l'obbligo di esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale.

Il testo vigente del comma 5 dell'articolo 12 del D.Lgs. 387/2003 prevede che non si applichino le procedure di cui ai commi 3 e 4 per l'installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b) e c) per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione.

 

Il punto f) modifica il comma 5 dell’articolo 12, provvedendo a correggere un errore materiale (in quanto l'articolo 2 del D.Lgs. 387/2003 non reca alcun comma 2 ed il riferimento è da intendersi al comma 1).

Gli impianti previsti dalle lettere b) e c) del comma 1 dell'articolo 2 del D.Lgs. 387/2003 sono i seguenti:

b)       impianti alimentati da fonti rinnovabili programmabili: impianti alimentati dalle biomasse e dalla fonte idraulica, ad esclusione, per quest'ultima fonte, degli impianti ad acqua fluente, nonché gli impianti ibridi, di cui alla lettera d) .

c)       impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili o comunque non assegnabili ai servizi di regolazione di punta: impianti alimentati dalle fonti rinnovabili che non rientrano tra quelli di cui alla lettera b).

 

Il punto g) aggiunge due periodi alla fine comma 5 dell’articolo 12.

 

Il primo periodo prevede l'applicazione dell'istituto della denuncia di inizio attività[239] per gli impianti con capacità di generazione inferiore alle soglie individuate dalla seguente tabella:


 

Fonte

Soglie

Eolica

60 kW

Solare fotovoltaica

20 kW

Idraulica

100 kW

Biomasse

200 kW

Gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas

250 kW

 

Relativamente alla disciplina della DIA recata dagli artt. 22 e 23 del DPR n. 380/2001, si ricorda brevemente che l’art. 23 del DPR n. 380/2001 dispone, tra l’altro, che “il proprietario dell'immobile o chi abbia titolo per presentare la denuncia di inizio attività, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, presenta allo sportello unico la denuncia, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie”. Lo stesso articolo dispone anche che la DIA “è sottoposta al termine massimo di efficacia pari a tre anni. La realizzazione della parte non ultimata dell'intervento è subordinata a nuova denuncia. L'interessato è comunque tenuto a comunicare allo sportello unico la data di ultimazione dei lavori”.

 

La disposizione rimette poi ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata, la possibilità di individuare maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina di inizio attività.

 

Il punto h) aggiunge alla fine del comma 10 dell'articolo 12 una norme volta a prevedere l'adeguamento da parte delle Regioni delle rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida, decorsi i quali si applicano le linee guida nazionali.

 

Il comma 159 dell’articolo 2 in esame specifica che per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili l’avvenuto concreto avvio della realizzazione dell’iniziativa può essere dimostrato provando che sono state svolte le attività previste dal terzo periodo del comma 1 dell’articolo 15 del D.Lgs. n. 79/99, così come introdotto dall’articolo 1, comma 75, della legge 23 agosto 2004, n. 239 (c.d. legge Marzano, di riordino del settore energetico).

Il terzo periodo del comma 1 dell'articolo 15 del D.Lgs. 79/1999 prevede che i soggetti destinatari di incentivi relativi alla realizzazione di impianti alimentati esclusivamente da fonti rinnovabili che non rispettino la data di entrata in esercizio dell'impianto indicata nella convenzione e nelle relative modifiche e integrazioni sono considerati rinunciatari qualora non abbiano fornito idonea prova all'Autorità per l'energia elettrica e il gas di avere concretamente avviato la realizzazione dell'iniziativa mediante l'acquisizione della disponibilità delle aree destinate ad ospitare l'impianto, nonché l'accettazione del preventivo di allacciamento alla rete elettrica formulato dal gestore competente, ovvero l'indizione di gare di appalto o la stipulazione di contratti per l'acquisizione di macchinari o per la costruzione di opere relative all'impianto, ovvero la stipulazione di contratti di finanziamento dell'iniziativa o l'ottenimento in loro favore di misure di incentivazione previste da altre leggi a carico del bilancio dello Stato.

 

Il comma 160 prevede che quando la domanda di autorizzazione unica per le opere di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003 è presentata da una amministrazione aggiudicatrice, ai sensi del comma 25 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici), le conseguenti attività sono soggette alla disciplina del medesimo codice.

Si ricorda che l’art. 12, comma 3, del D.Lgs. n. 387/2003 assoggetta ad un’autorizzazione unica “la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi”.

Relativamente al profilo di amministrazione aggiudicatrice, si ricorda che, ai sensi del citato art. 3, comma 25, del D.Lgs. n. 163/2006, vi rientrano le “amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti”. La definizione di “organismo di diritto pubblico” è contenuta nel successivo comma 26.

 


 

Articolo 2, commi 162-163
(Misure per il contenimento delle emissioni di CO2)

 


162. Al fine di incentivare il risparmio e l’efficienza energetica è istituto, a decorrere dall’anno 2008, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, il Fondo per il risparmio e l’efficienza energetica con una dotazione di 1 milione di euro. Il Fondo è finalizzato al finanziamento di campagne informative sulle misure che consentono la riduzione dei consumi energetici per migliorare l’efficienza energetica, con particolare riguardo all’avvio di una campagna per la progressiva e totale sostituzione delle lampadine a incandescenza con quelle a basso consumo, per l’avvio di misure atte al miglioramento dell’efficienza della pubblica illuminazione e per sensibilizzare gli utenti a spegnere gli elettrodomestici dotati di funzione stand-by quando non sono utilizzati. A decorrere dal 1° gennaio 2010 è vietata la commercializzazione di elettrodomestici appartenenti alle classi energetiche inferiori rispetto alla classe A, nonché di motori elettrici appartenenti alla classe 3 anche all’interno di apparati. Il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dello sviluppo economico, stabilisce, con proprio decreto, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, i princìpi e i criteri a cui si devono informare le campagne informative di cui al presente comma.

163. A decorrere dal 1° gennaio 2011 sono vietate in tutto il territorio nazionale l’importazione, la distribuzione e la vendita delle lampadine a incandescenza, nonché l’importazione, la distribuzione e la vendita degli elettrodomestici privi di un dispositivo per interrompere completamente il collegamento alla rete elettrica.


 

 

I commi da 162 a 163, introdotti nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, sono diretti a incrementare l'efficienza e il risparmio energetico.

 

Il comma 162istituisce, a decorrere dall’anno 2008, un Fondo per il risparmio e l’efficienza energetica presso lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze con una dotazione pari ad 1 milione di euro.

In particolare, il suddetto Fondo viene istituito con la specifica finalità di finanziare campagne informative concernenti la riduzione dei consumi energetici (i cui criteri verranno definiti con successivo decreto interministeriale di cui la norma non fissa i termini di adozione) con particolare riferimento a:

§      progressiva e totale sostituzione delle lampadine ad incandescenza con quelle a basso consumo;

§      avvio di misure volte a garantire il miglioramento dell’efficienza dell’illuminazione pubblica;

§      sensibilizzazione degli utenti in merito allo spegnimento degli elettrodomestici dotati di funzione stand-by quando non utilizzati.

 

La disposizione prevede, poi, a far data dal 1° gennaio 2010, il divieto di commercializzazione di tutti gli elettrodomestici appartenenti a classi energetiche inferiori alla classe A e di motori elettrici appartenenti alla classe 3 anche posti all’interno di apparati. Il comma rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi di concerto con i Ministri dell’ambiente e dello sviluppo economico, la definizione di pricipi e criteri cui si devono informare le campagne informative previste dallo stesso comma.

 

Il comma 163, infine, introduce il divieto, a far data dal 1° gennaio 2011, di importare, distribuire e vendere lampadine ad incandescenza nonché elettrodomestici privi di dispositivo per l’interruzione completa del collegamento alla rete elettrica.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 353 della legge 296/2006 (legge finanziaria 2007), nell’ambito di disposizioni finalizzate ad incrementare l'efficienza energeticaprevedeva una detrazione dall’imposta lorda, per una quota pari al 20 per cento degli importi effettivamente pagati dal contribuente e fino ad un massimo di 200 euro per ciascun apparecchio, per le spese documentate e sostenute entro il 31 dicembre 2007 per la sostituzione di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni con analoghi apparecchi di classe energetica non inferiore ad A+.

 

In merito a quanto sopra appare utile ricordare che le prime disposizioni comunitarie in materia di informazione, mediante etichettatura, del consumo di energia degli apparecchi domestici si rinvengono nella direttiva 79/530/CEE (attuata nel nostro ordinamento dal DPR 12 agosto 1982, n. 783), in seguito sostituita dalla direttiva 92/75/CEE che è stata recepita con il DPR 9 marzo 1998, n. 107 (“Regolamento recante norme per l'attuazione della direttiva 92/75/CEE concernente le informazioni sul consumo di energia degli apparecchi domestici”) e con il DM 10 novembre 1999 (“Norme sui requisiti di rendimento energetico di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni di uso domestico, in conformità alla direttiva comunitaria 96/57/CE[240]

 

Nell'ambito di applicazione della direttiva rientrano i seguenti apparecchi domestici: 1) frigoriferi, congelatori e loro combinazioni; 2) lavatrici, essiccatoi e loro combinazioni; 3) lavastoviglie; 4) forni; 5) scalda acqua e serbatoi di acqua calda; 6) fonti di illuminazione; 7) condizionatori d'aria; 8) altri apparecchi indicati da successive disposizioni comunitarie.

Per questi tipi di apparecchi è fatto obbligo al fornitore di predisporre tre tipi di documenti: una scheda informativa, una etichetta da apporre sul prodotto e una documentazione tecnica. La scheda e l'etichetta devono essere rese note al consumatore, la documentazione tecnica, comprovante l'esattezza delle informazioni inserite nella scheda e nell'etichetta, è a disposizione per eventuali controlli da parte delle autorità nazionali. In Italia questo compito spetta al Ministero delle attività produttive che ha, inoltre, il compito di promuovere una campagna informativa finalizzata ad incentivare un uso responsabile dell'energia da parte dei consumatori.

Specifiche modalità di etichettatura e di informazione del consumatore relative a ciascun tipo di apparecchio, adottate in applicazione della direttiva in esame, sono stabilite da singole direttive comunitarie (previste dall'art. 2 della dir. 92/75/CEE) da attuarsi mediante regolamenti del Ministero dell'industria (ora delle attività produttive) ai sensi dell’art.1, comma 2, del regolamento di attuazione della direttiva 92/75/CEE.

La direttiva 94/2/CE è stata successivamente novellata dalla direttiva 2003/66 che, per gli elettrodomestici del freddo, ha aggiunto due nuove classi di efficienza energetica - denominate A+ e A++ - alle sette attualmente previste che vanno da A (efficienza massima) a G (efficienza minima) (si ricorda che i prodotti definiti energeticamente efficienti ricadono nelle classi A e B). La direttiva 2003/66 è stata recepita con D.M. 21 settembre 2005.

La Commissione Europea, rilevando il successo ottenuto dal regime di etichettatura introdotto dalla citata direttiva 94/2/CE che, nel quadriennio dal 1996 al 2000, ha provocato un aumento degli indici di efficienza dei nuovi frigoriferi e congelatori superiore al 30% e rilevando, altresì, che nel 2000 il 20% delle apparecchiature refrigeranti vendute apparteneva alla classe più efficiente (A), con percentuali superiori al 50% in alcuni paesi, ha ritenuto necessario introdurre le due classi addizionali A+ e A++, nell’attesa di una revisione complessiva delle classi di etichettatura energetica (i frigoriferi e congelatori che consumano di più sono classificati «F» e «G»).

Il successivo comma 354 della legge 296/2006 (legge finanziaria 2007), nella medesima ottica, prevedeva una deduzione dal reddito d'impresa pari al 36 per cento dei costi sostenuti da soggetti esercenti l'attività d'impresa rientrante nel settore del commercio che svolgano interventi di efficienza energetica per l'illuminazione entro il 31 dicembre 2008 tra i quali, in particolare, la sostituzione, negli ambienti interni, di apparecchi illuminanti con altri ad alta efficienza energetica, maggiore o uguale al 60 per cento e la sostituzione, negli ambienti interni, di lampade ad incandescenza con lampade fluorescenti di classe A purché alloggiate in apparecchi illuminanti ad alto rendimento ottico, maggiore o uguale al 60 per cento.

La Comunità europea, si ricorda, ha adottato la direttiva 98/11/CE della Commissione del 27 gennaio 1998 che stabilisce le modalità d'applicazione della direttiva 92/75/CEE del Consiglio per quanto riguarda l'etichettatura indicante l'efficienza energetica delle lampade per uso domestico. La direttiva europea è stata recepita nel nostro ordinamento con il D.M. 10 luglio 2001.

L'allegato IV della direttiva citata prevede che le seguenti lampade siano assegnate alla classe A:

-       Lampade fluorescenti senza alimentatore integrato

(le lampade che necessitano di un alimentatore e/o di un altro dispositivo di controllo per essere collegate alla rete):

W ≤ 0,15 * radice quadrata di Ö + 0,0097 Ö

-       Altre lampade

W ≤ 0,24 * radice quadrata di Ö + 0,0103 Ö

dove Ö è il flusso luminoso della lampada

dove W è la potenza assorbita dalla lampada, espressa in watt.

Per completezza d’informazione si segnala, da ultimo, il D.M. 26 marzo 2002 emanato al fine di dare attuazione della direttiva 2000/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente i requisiti di efficienza energetica degli alimentatori per lampade fluorescenti.

 


 

Articolo 2, commi 164-166
(Connessione degli impianti, acquisto e trasmissione
dell’elettricità da fonti rinnovabili)

 


164. Il gestore di rete connette senza indugio e prioritariamente alla rete gli impianti che generano energia elettrica da fonti rinnovabili che ne facciano richiesta, nel rispetto delle direttive impartite dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

165. Al comma 2 dell’articolo14deldecreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, sono aggiunte le seguenti lettere:

«f-bis) sottopongono a termini perentori le attività poste a carico dei gestori di rete, individuando sanzioni e procedure sostitutive in caso di inerzia;

f-ter) prevedono, ai sensi del paragrafo 5 dell’articolo23delladirettiva 2003/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, e dell’articolo 2, comma 24, lettera b), della legge 14 novembre 1995, n. 481, procedure di risoluzione delle controversie insorte fra produttori e gestori di rete con decisioni, adottate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, vincolanti fra le parti;

f-quater) prevedono l’obbligo di connessione prioritaria alla rete degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, anche nel caso in cui la rete non sia tecnicamente in grado di ricevere l’energia prodotta ma possano essere adottati interventi di adeguamento congrui;

f-quinquies) prevedono che gli interventi obbligatori di adeguamento della rete di cui alla lettera f-quater) includano tutte le infrastrutture tecniche necessarie per il funzionamento della rete e tutte le installazioni di connessione, anche per gli impianti per autoproduzione, con parziale cessione alla rete dell’energia elettrica prodotta;

f-sexies) prevedono che i costi associati alla connessione siano ripartiti con le modalità di cui alla lettera f) e che i costi associati allo sviluppo della rete siano a carico del gestore della rete;

f-septies) prevedono le condizioni tecnico-economiche per favorire la diffusione, presso i siti di consumo, della generazione distribuita e della piccola cogenerazione mediante impianti eserciti tramite società terze, operanti nel settore dei servizi energetici, comprese le imprese artigiane e le loro forme consortili».

166. Il Ministro dello sviluppo economico è autorizzato ad emanare, con proprio decreto, misure e linee di indirizzo tese a promuovere e realizzare gli adeguamenti della rete elettrica ulteriori che risultino necessari per la connessione ed il dispacciamento dell’energia elettrica generata con impianti alimentati da fonti rinnovabili.


 

 

I commi 164-166 dettano norme in materia di connessione agli impianti, acquisto e trasmissione dell’elettricità da fonti rinnovabili.

 

Il comma 164 prevede da parte del gestore di rete, qualora ne sia fatta richiesta, la connessione prioritaria alla rete elettrica degli impianti che utilizzano fonti rinnovabili, nel rispetto delle direttive impartite dall'Autorità per l'energia elettrica ed il gas.

Tale previsione risulta in linea con l'art.11, par. 3, della direttiva 2003/54/CE la quale dà facoltà agli Stati di imporre al gestore del sistema di trasmissione di dare la precedenza nel dispacciamento agli impianti di generazione che impiegano fonti energetiche rinnovabili o rifiuti, oppure che assicurano la produzione mista di calore e di energia elettrica.

Per quanto concerne la normativa nazionale, si ricorda che l'articolo 13 del D.Lgs. 387/2003 ha confermato la vigenza dell'obbligo di utilizzazione prioritaria e del diritto alla precedenza nel dispacciamento previsti dall'articolo 3, comma 3, e dall'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 79/1999.

 

Il comma 165 integra l’articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (aggiungendovi sei lettere, da f-bis) a f-septies)), al fine di puntualizzare i contenuti delle direttive che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas è chiamata ad adottare per definire le condizioni tecniche ed economiche per la connessione alla rete di impianti alimentati da fonti rinnovabili.

 

L'articolo 14 del decreto legislativo n.387/2003 prevede che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas emani specifiche direttive relativamente alle condizioni tecniche ed economiche per l'erogazione del servizio di connessione di impianti alimentati da fonti rinnovabili alle reti elettriche con tensione nominale superiore ad 1 kV, i cui gestori hanno obbligo di connessione di terzi (comma 1).

Ai sensi del comma 2 le direttive, in particolare:

a)       prevedono la pubblicazione, da parte dei gestori di rete, degli standard tecnici per la realizzazione degli impianti di utenza e di rete per la connessione;

b)       fissano le procedure, i tempi e i criteri per la determinazione dei costi, a carico del produttore, per l'espletamento di tutte le fasi istruttorie necessarie per l'individuazione della soluzione definitiva di connessione;

c)       stabiliscono i criteri per la ripartizione dei costi di connessione tra il nuovo produttore e il gestore di rete;

d)       stabiliscono le regole nel cui rispetto gli impianti di rete per la connessione possono essere realizzati interamente dal produttore, individuando altresì i provvedimenti che il Gestore della rete deve adottare al fine di definire i requisiti tecnici di detti impianti; per i casi nei quali il produttore non intenda avvalersi di questa facoltà, stabiliscono quali sono le iniziative che il gestore di rete deve adottare al fine di ridurre i tempi di realizzazione;

e)       prevedono la pubblicazione, da parte dei gestori di rete, delle condizioni tecniche ed economiche necessarie per la realizzazione delle eventuali opere di adeguamento delle infrastrutture di rete per la connessione di nuovi impianti;

f)         definiscono le modalità di ripartizione dei costi fra tutti i produttori che ne beneficiano delle eventuali opere di adeguamento delle infrastrutture di rete. Dette modalità, basate su criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori tengono conto dei benefici che i produttori già connessi e quelli collegatisi successivamente e gli stessi gestori di rete traggono dalle connessioni.

I gestori di rete sono tenuti a fornire al produttore che richiede il collegamento alla rete di un impianto alimentato da fonti rinnovabili le soluzioni atte a favorirne l'accesso alla rete, unitamente alle stime dei costi e della relativa ripartizione (comma 3).

L'Autorità adotta i provvedimenti eventualmente necessari per garantire che la tariffazione dei costi di trasmissione e di distribuzione non penalizzi l'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili, compresa quella prodotta in zone periferiche, quali le regioni insulari e le regioni a bassa densità di popolazione (comma 4).

 

La disposizione in commento prevede che l’Autorità emani ulteriori direttive, le quali:

1)      sottopongono a termini perentori le attività poste a carico dei gestori di rete, individuando sanzioni e procedure sostitutive in caso di inerzia (lettera f-bis));

2)      prevedono, ai sensi del paragrafo 5 dell’articolo 23 della direttiva 2003/54/CE del 26 giugno 2003[241]e dell’articolo 2, comma 24, lettera b), della legge 14 novembre 1995, n. 481[242], procedure di risoluzione delle controversie insorte fra produttori e gestori di rete con decisioni, adottate dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, vincolanti fra le parti (lettera f-ter));

3)      prevedono l’obbligo di connessione prioritaria alla rete degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, anche qualora la rete non sia tecnicamente in grado di ricevere l’energia prodotta ma possano essere adottati interventi di adeguamento congrui (lettera f-quater));

4)      prevedono che gli interventi obbligatori di cui alla lettera f-quater) includano tutte le infrastrutture tecniche necessarie al funzionamento della rete e tutte le installazioni di connessione, anche per gli impianti di autoproduzione, con parziale cessione alla rete dell’energia elettrica prodotta (lettera f-quinquies));

5)      prevedono che i costi per la connessione siano ripartiti con le modalità di cui alla lettera f) mentre i costi per lo sviluppo della rete siano posti a carico del gestore della rete (lettera f-sexies))

La citata lettera f) dell’art. 12, comma 2, cit. prevede la ripartizione dei costi delle eventuali opere di adeguamento delle infrastrutture di rete fra tutti i produttori che ne beneficiano secondo modalità basate su criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori che tengano conto dei benefìci che i produttori già connessi e quelli collegatisi successivamente e gli stessi gestori di rete traggono dalle connessioni.

6)      prevedono le condizioni tecnico-economiche per favorire la diffusione, presso i siti di consumo, della generazione distribuita e della piccola cogenerazione mediante impianti eserciti tramite società terze che operano nel settore dei servizi energetici, comprese le imprese artigiane e le forme consortili (lettera f-septies)).

Con il termine generazione distribuita si intende un nuovo modello di produzione e di distribuzione di energia basato sull’integrazione nelle reti elettriche di piccoli-medi impianti a fonte rinnovabile e di cogenerazione (da qualche decina di kW a qualche decina di MW, quasi sempre a gas naturale) generalmente connessi alla rete di distribuzione. Queste unità di piccole dimensioni,spesso sono localizzate in prossimità dell’utente finale, contribuendo così a ridurre la necessità d’investimenti e di infrastrutture per aumentare la capacità di trasporto delle reti di trasmissione e di distribuzione.

 

Ai sensi del comma 166 il Ministro dello sviluppo economico è autorizzato ad emanare, con proprio decreto, misure e linee di indirizzo volte alla promozione e alla realizzazione di ulteriori adeguamenti della rete elettrica che si rendessero necessari ai fini della connessione e del dispacciamento dell'energia elettrica generata da impianti alimentati da fonti rinnovabili.

 

 


 

Articolo 2, commi 167-172
(Armonizzazione delle funzioni dello Stato e delle regioni
in materia di fonti rinnovabili)

 


167. Il Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, stabilisce con proprio decreto la ripartizione fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano della quota minima di incremento dell’energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili necessaria per raggiungere l’obiettivo del 25 per cento del consumo interno lordo entro il 2012, e dei successivi aggiornamenti proposti dall’Unione euro­pea.

168. Entro i successivi novanta giorni, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano i propri piani o programmi in materia di promozione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica negli usi finali o, in assenza di tali piani o programmi, provvedono a definirli, e adottano le iniziative di propria competenza per concorrere al rag­giungimento dell’obiettivo minimo fissato di cui al comma 167.

169. Ogni due anni, dopo l’entrata in vigore delle disposizioni di cui ai commi da 167 a 172, il Ministro dello sviluppo economico verifica per ogni regione le misure adottate, gli interventi in corso, quelli autorizzati, quelli proposti, i risultati ottenuti al fine del raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 167, e ne dà comunicazione con relazione al Parla­mento.

170. Nel caso di inadempienza dell’impegno delle regioni relativamente a quanto previsto al comma 168, ovvero nel caso di provvedimenti delle medesime regioni ostativi al raggiungimento dell’obiettivo di pertinenza di cui al comma 167, il Governo invia un motivato richiamo a provvedere e quindi, in caso di ulteriore inadempienza nei sei mesi successivi all’invio del richiamo, provvede entro gli ulteriori sei mesi con le modalità di cui all’articolo8dellalegge 5 giugno 2003, n. 131.

171. Le regioni promuovono il coinvolgimento delle province e dei comuni nelle iniziative per il raggiungimento dell’obiettivo di incremento delle fonti energetiche rinnovabili nei rispettivi territori.

172. Con accordi di programma, il Ministero dello sviluppo economico o altri Ministeri interessati e le regioni promuovono lo sviluppo delle imprese e delle attività per la produzione di impianti, ed apparecchi, e interventi per le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese, avvalendosi in particolare delle risorse del Quadro strategico nazionale per il periodo 2007-2013.


 

 

I commi da 167 a 172 regolano le funzioni dello Stato e delle Regioni in materia di fonti rinnovabili.

 

Il comma 167 prevede che il Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con la Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, entro novanta giorni, stabilisca con proprio decreto la ripartizione fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, della quota minima di incremento dell’energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili necessaria per raggiungere l’obiettivo del 25 per cento del consumo interno lordo entro il 2012, e dei successivi aggiornamenti proposti dall’Unione europea.

L'articolo 3 della direttiva 2001/77/CE prevede che gli Stati membri adottino misure appropriate atte a promuovere l'aumento del consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Sono previsti obiettivi indicativi nazionali, ovvero non vincolanti, per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili. In particolare è fissato un obiettivo generale per la Comunità europea del 22,1 % di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili sul consumo totale di elettricità della Comunità entro il 2010.

Nell'allegato alla direttiva 2001/77/CE contenente i valori di riferimento per gli obiettivi indicativi nazionali degli Stati membri relativi al contributo dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili al consumo lordo di elettricità entro il 2010 all'Italia è attribuito l'obiettivo del 25% di elettricità da fonti rinnovabili .

L'articolo 3 della direttiva 2001/77/CE prevede inoltre che la Commissione sorvegli i progressi compiuti dagli Stati membri e pubblichi una relazione contenente le sue conclusioni, per la prima volta entro il 27 ottobre 2004 e successivamente ogni due anni.

Nel gennaio 2007 la Commissione ha presentato una comunicazione contenente la relazione sui progressi realizzati nel settore dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili nella quale si prevede il raggiungimento di una quota del 19% entro il 2010. Per quanto riguarda l'Italia si "constata un notevole divario tra l'attuale tasso di penetrazione dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili e l'obiettivo del 25% fissato per il 2010".

Contestualmente, la Commissione europea ha presentato una comunicazione nella quale preannuncia la presentazione di una proposta legislativa che fissi un obiettivo obbligatorio (giuridicamente vincolante) di una quota del 20% di energie rinnovabili sul consumo energetico dell'Ue per il 2020.

 

Il comma 168 prevede che entro i novanta giorni successivi al decreto previsto dal comma 167, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguino i propri piani o programmi in materia di promozione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica negli usi finali o, in assenza di tali piani o programmi, provvedano a definirli, e adottino le iniziative di propria competenza per concorrere al raggiungimento dell’obiettivo minimo fissato di cui al comma 167.

 

In base al comma 169 al Ministro dello sviluppo economico compete la verifica, con cadenza biennale dopo l’entrata in vigore delle norme di cui al comma da 167 a 172, delle misure adottate da ciascuna Regione, della successiva comunicazione, mediante relazione, al Parlamento.

 

Il comma 170 prevede che in caso di inadempienza dell’impegno delle regioni relativamente a quanto previsto al comma 168, ovvero nel caso di provvedimenti delle medesime regioni ostativi al raggiungimento dell’obiettivo di pertinenza di cui al comma 167, il Governo invia un motivato richiamo a provvedere e quindi, in caso di ulteriore inadempienza entro sei mesi dall’invio del richiamo, esercita il potere sostitutivo entro i successivi sei mesi, con le modalità di cui all’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 .

L'articolo 120, comma 2, della Costituzione, prevede che il Governo possa sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.

L'articolo 8 della legge 131/2003 reca le norme per l'attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo.

Il primo comma prevede che nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.

In base al secondo comma qualora l'esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia.

Fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale, qualora l'esercizio dei poteri sostitutivi riguardi Comuni, Province o Città metropolitane, la nomina del commissario deve tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie locali qualora tale organo sia stato istituito.

Nei casi di assoluta urgenza, qualora l'intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall'articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame.

Si prevede, infine, che i provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite.

 

Il comma 171 prevede che le regioni promuovano il coinvolgimento delle province e dei comuni nelle iniziative per il raggiungimento dell’obiettivo di incremento delle fonti energetiche rinnovabili nei rispettivi territori.

 

Il comma 172 prevede che mediante accordi di programma il Ministero dello sviluppo economico, o altri Ministeri interessati e le regioni concorrano allo sviluppo delle imprese e delle attività per la produzione di impianti, apparecchi, interventi per le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese, avvalendosi in particolare delle risorse del Quadro strategico nazionale per il periodo 2007-2013.

 

Il Quadro strategico nazionale 2007-2013 prevede dieci azioni prioritarie, tra queste la priorità n. 3 è assegnata all'energia e ambiente, la quale si articola in due obiettivi generali, uno dei quali finalizzato a promuovere le opportunità di sviluppo locale attraverso l’attivazione di filiere produttive collegate all’aumento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e al risparmio energetico.

La strategia del Quadro si attua anche attraverso due programmi operativi interregionali, ovvero una forma di intervento volta a realizzare una strategia e conseguire obiettivi che si riferiscono ad aree più ampie di quelle di una singola regione. Uno dei due programmi operativi interregionali è dedicato all'energia rinnovabile e al risparmio energetico. Per tale programma operativo interregionale è previsto uno stanziamento per gli anni 2007-2013 di 803,9 milioni di euro.

 

Merita al riguardo evidenziare che la disposizione in esame va raccordata con quanto previsto dal comma 152, in base al quale la produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2008, ha diritto di accesso agli incentivi di cui ai commi da 143 a 157 (certificati verdi o tariffa fissa) a condizione che i medesimi impianti non beneficino di altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto energia, in conto capitale e/o in conto interessi con capitalizzazione anticipata.


 

Articolo 2, commi 173-174
(Impianti fotovoltaici)

 


173. Nell’ambito delle disponibilità di cui all’articolo 12 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 19 febbraio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 23 febbraio 2007, e ai fini dell’applicazione dell’articolo 6 del medesimo decreto, gli impianti fotovoltaici i cui soggetti responsabili sono enti locali sono considerati rientranti nella tipologia dell’impianto, di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b3), del medesimo decreto.

174. L’autorizzazione di cui al comma 3 dell’articolo12deldecreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, per la costituzione e l’esercizio degli impianti fotovoltaici i cui soggetti responsabili sono enti locali, ove necessaria ai sensi della legislazione nazionale o regionale vigente e in relazione alle caratteristiche e alla ubicazione dell’impianto, è rilasciata a seguito di un procedimento unico svolto ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 12 per il complesso degli impianti.


 

 

I commi 173 e 174 dell’articolo 2 recano disposizioni concernenti gli impianti fotovoltaici i cui “soggetti responsabili” sono gli enti locali.

Ai sensi dell’art. 2, lettera h) del DM 19 febbraio 2007[243], richiamato dal comma 173 per "soggetto responsabile" si intende il soggetto responsabile dell'esercizio dell'impianto e che ha diritto, nel rispetto delle disposizioni del decreto stesso, a richiedere e ottenere le tariffe incentivanti.

In particolare il comma 173 prevede che i suddetti impianti fotovoltaici rientrino ex lege nella tipologia di impianti fotovoltaici con integrazione architettonica, di cui alla lettera b3) dell'articolo 2 del citato decreto ministeriale 19 febbraio 2007 nell'ambito delle disponibilità indicate dall'articolo 12 del DM e ai fini dell’applicazione delle tariffe incentivanti ventennali fissate dall’articolo 6 dello stesso decreto.

Secondo la lettera b3) citata, per impianto fotovoltaico con integrazione architettonica si intende l'impianto fotovoltaico i cui moduli sono integrati, secondo le tipologie elencate nell’allegato 3 dello stesso decreto, in elementi di arredo urbano e viario, superfici esterne degli involucri di edifici, fabbricati, strutture edilizie di qualsiasi funzione e destinazione.

Le altre possibili classificazioni degli impianti fotovoltaici sono le seguenti:

-        b1) impianto fotovoltaico non integrato, è l'impianto con moduli ubicati al suolo, ovvero con moduli collocati, con modalità diverse dalle tipologie di cui agli allegati 2 e 3, sugli elementi di arredo urbano e viario, sulle superfici esterne degli involucri di edifici, di fabbricati e strutture edilizie di qualsiasi funzione e destinazione;

-        b2) impianto fotovoltaico parzialmente integrato, è l'impianto i cui moduli sono posizionati, secondo le tipologie elencate in allegato 2, su elementi di arredo urbano e viario, superfici esterne degli involucri di edifici, fabbricati, strutture edilizie di qualsiasi funzione e destinazione.

Tale classificazione avviene ai fini dell'applicazione delle tariffe incentivanti ventennali previste dall'articolo 6 del DM citato.

Infatti le tariffe per gli impianti con integrazione architettonica (lettera b3) sono mediamente superiori del 21 per cento rispetto a quelle previste per gli impianti non integrati (lettera b1) e del 10,3 per cento rispetto a quelle previste per gli impianti con integrazione parziale (lettera b2).

La tabella sottostante fornisce i valori in euro della tariffa:

 

Tariffa incentivante (valori in euro)

Potenza

non integrati (b1)

parziale integrazione (b2)

integrati (b3)

da 1 a 3 kW

0,40

0,44

0,49

da 3 a 20 kW

0,38

0,42

0,46

 più di 20 kW

0,36

0,40

0,44

Peraltro, in base al comma 4 dell'articolo 6 del DM, tali tariffe sono incrementate del 5% con arrotondamento commerciale alla terza cifra decimale, tra l'altro, nel caso in cui il cui soggetto responsabile sia una scuola pubblica o paritaria di qualunque ordine e grado o una struttura sanitaria pubblica o un ente locale con popolazione residente inferiore a 5000 abitanti sulla base dell'ultimo censimento Istat.

 

Quanto alle disponibilità di cui all’art. 12 del DM, cui rinvia la disposizione in esame, si segnala che detto articolo fissa in 3000 MW l'obiettivo nazionale di potenza nominale fotovoltaica cumulata da installare entro il 2016, mentre il limite massimo della potenza elettrica cumulativa di tutti gli impianti che possono ottenere tariffe incentivantiè fissato dal successivo articolo 13. Tale articolo stabilisce, infatti, in 1200 MW il limite massimo di tutti gli impianti che possono ottenere le tariffe incentivanti. In aggiunta ad essi hanno diritto alle suddette tariffe gli impianti i cui soggetti responsabili sono gli enti locali che entrino in esercizio entro ventiquattro mesi dalla data nella quale verrà comunicato il raggiungimento del limite di potenza nominale di 1200 MW. (Il predetto termine è ridotto a quattordici mesi per gli impianti i cui soggetti responsabili non sono enti locali).

Sul sito Internet del GSE[244]. (accesso avvenuto in data 23 gennaio 2008) risultano i seguenti dati relativi al numero e alla potenza nominale degli impianti fotovoltaici:

NUOVO CONTO ENERGIA

Impianti in esercizio

2.670

Potenza (kW)

13.604

VECCHIO CONTO ENERGIA

Impianti in esercizio

4.123

Potenza (kW)

52.253

 

Il comma 174 prevede che l'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti fotovoltaici i cui soggetti responsabili sono enti locali venga rilasciata – qualora sia necessaria ai sensi della vigente legislazione e in relazione alle caratteristiche e all’ubicazione dell’impianto - a seguito del procedimento unico disciplinato dal comma 4 dell'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387[245] per il complesso degli impianti.

Il rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di impianti alimentati da FER è disciplinato dal comma 3 dell'articolo 12 del citato D.Lgs. 387/03. Il comma stabilisce, infatti, che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all'articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504[246], e successive modificazioni.

Quanto alla disciplina del procedimento unico si rinvia alla scheda relativa all’art. 2, commi 158-161 nel presente dossier.


 

Articolo 2, comma 175
(Disposizioni in materia di concorrenza e qualità dei servizi essenziali nel settore della distribuzione del gas)

 


175. All’articolo46-bis deldecreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Al fine di incentivare le operazioni di aggregazione di cui al comma 2, la gara per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas è bandita per ciascun bacino ottimale di utenza entro due anni dall’individuazione del relativo ambito territoriale, che deve avvenire entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto»;

b) al comma 4, le parole: «nuove scadenze» sono sostituite dalle seguenti: «nuove gare» e le parole: «limitatamente al periodo di proroga» sono sostituite dalle seguenti: «fino al nuovo affidamento»;

c) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«4-bis. A decorrere dal 1° gennaio 2008, alle gare di cui al comma 1 del presente articolo si applicano, oltre alle disposizioni di cui all’articolo15, comma 10, deldecreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, anche le disposizioni di cui all’articolo 113, comma 15-quater, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che si intendono estese a tutti i servizi pubblici locali a rete».


 

 

Il comma 175 novella l’articolo 46-bis del decreto legge n.159/2007 (DL collegato alla manovra), come modificato dalla relativa legge di conversione[247], concernente il settore della distribuzione del gas.

Di seguito si riporta il testo a fronte tra l’articolo 46-bis del DL 159/2007 nel testo vigente (a sinistra) e nel testo risultante dalle modifiche previste dalla norma in esame (a destra).

 

Testo del decreto-legge n. 159/2007, come modificato dalla legge di conversione

Testo risultante dalle modifiche previste dall’art. 2, comma 175

 

 

Articolo 46-bis.

(Disposizioni in materia di concorrenza e qualità dei servizi essenziali nel settore della distribuzione del gas).

Articolo 46-bis.

(Disposizioni in materia di concorrenza e qualità dei servizi essenziali nel settore della distribuzione del gas).

1. Al fine di garantire al settore della distribuzione di gas naturale maggiore concorrenza e livelli minimi di qualità dei servizi essenziali, i Ministri dello sviluppo economico e per gli affari regionali e le autonomie locali, sentita la Conferenza unificata e su parere dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, individuano entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto i criteri di gara e di valutazione dell'of­ferta per l'affidamento del servizio di distribuzione di gas previsto dall'arti­colo 14, comma 1, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, tenendo conto in maniera adeguata, oltre che delle condizioni economiche offerte, e in particolare di quelle a vantaggio dei consumatori, degli standard qualitativi e di sicurezza del servizio, dei piani di investimento e di sviluppo delle reti e degli impianti.

Identico

2. I Ministri dello sviluppo econo­mico e per gli affari regionali e le autonomie locali, su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas e sentita la Conferenza unificata, determinano gli ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare per l'affidamento del servizio di distribu­zione del gas, a partire da quelli tariffari, secondo l'identificazione di bacini ottimali di utenza, in base a criteri di efficienza e riduzione dei costi, e deter­minano misure per l'incentivazione delle relative operazioni di aggregazione.

Identico

3. Al fine di incentivare le operazioni di aggregazione di cui al comma 2, i termini del 31 dicembre 2007 e del 31 dicembre 2009 stabiliti dall'articolo 23, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, sono prorogati di due anni.

3. Al fine di incentivare le operazioni di aggregazione di cui al comma 2, la gara per l’affidamento del servizio di distribuzione è bandita per ciascun bacino ottimale di utenza entro due anni dall’individuazione del relativo ambito territoriale, che deve avvenire entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

4. A decorrere dal 1o gennaio 2008, i comuni interessati dalle nuove scadenze di cui al comma 3 possono incrementare il canone delle concessioni di distribuzione, solo ove minore e limitatamente al periodo di proroga, fino al 10 per cento del vincolo sui ricavi di distribuzione di cui alla delibera dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas n. 237 del 28 dicembre 2000, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 2001, e successive modificazioni, desti­nando prioritariamente le risorse aggiuntive all'attivazione di meccanismi di tutela relativi ai costi dei consumi di gas da parte delle fasce deboli di utenti.

4. A decorrere dal 1o gennaio 2008, i comuni interessati dalle nuove gare di cui al comma 3 possono incrementare il canone delle concessioni di distribuzione, solo ove minore e fino al nuovo affidamento, fino al 10 per cento del vincolo sui ricavi di distribuzione di cui alla delibera dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas n. 237 del 28 dicembre 2000, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 2001, e successive modificazioni, destinando prioritariamente le risorse aggiuntive all'attivazione di meccanismi di tutela relativi ai costi dei consumi di gas da parte delle fasce deboli di utenti.

 

 

4-bis. A decorrere dal 1o gennaio 2008, alle gare di cui al comma 1 si applicano, oltre alle disposizioni di cui all’articolo 15, comma 10, del decreto legislativo del 23 maggio 2000, n. 164, anche le disposizioni di cui all’articolo 113, comma 15-quater, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che si intendono estese a tutti i servizi pubblici locali a rete.

 

L’articolo 46-bis del decreto-legge n.159/2007 è volto a promuovere lo svolgimento delle procedure di gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas.

Si ricorda che su tale articolo è intervenuta, con una segnalazione (AS 427 del 13 novembre 2007) al Parlamento e al Governo, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, la quale evidenzia, con particolare riferimento alla proroga del periodo transitorio e alla definizione dei criteri di gara, che la norma non appare in grado di rispondere agli obiettivi pro-concorrenziali e a contrastare significativamente “i deludenti esiti delle gare finora svolte”.

 

Le modifiche all’articolo 46-bis del decreto-legge n.159/1997 previste dalla disposizione in esame sono le seguenti.

 

Il punto a) sostituisce il comma 3 del citato articolo.

L’articolo 46, comma 3, del DL n.159/2007, ha prorogato di due anni, ossia fino al 31 dicembre 2007 e al 31 dicembre 2009, il periodo transitorio degli affidamenti e delle concessioni per l’attività di distribuzione del gas naturale previsto dall’art. 15,comma 5 e 7, del D.Lgs. 164/2000[248].

L’articolo 15, commi 5 e 7, del decreto legislativo n.164/2000, ha previsto la prosecuzione degli affidamenti e delle concessioni in essere (alla data della sua entrata in vigore, ossia l 21 giungo 2000) per l’attività di distribuzione del gas, fino alla scadenza del periodo transitorio,fissatoal 31 dicembre 2005. Il prolungamento automatico del termine era previsto nel caso in cui si fossero verificate le seguenti condizioni:

-        prolungamento di 1 anno nel caso di fusione societaria, realizzata almeno un anno prima della scadenza dei cinque anni, che consenta di servire un’utenza non inferiore al doppio di quella della maggiore delle società oggetto della fusione;

-        prolungamento di 2 anni nel caso di fornitura del servizio a più di 100.000 clienti finali o la distribuzione di più di 100 milioni di metri cubi di gas all’anno o, ancora, l’estensione dell’ambito operativo dell’impresa all’intero territorio provinciale;

-        prolungamento di 2 anni nel caso di possesso di almeno il 40% delle azioni da parte del capitale privato.

 

Su tali disposizioni normative è successivamente intervenuto l’articolo 23 del DL n. 273/2005[249], che ha previsto:

-        la proroga al 31 dicembre 2007 del periodo transitorio;

-        il prolungamento automatico del periodo transitorio fino al 31 dicembre 2009 qualora si verifichi almeno una delle condizioni indicate all’articolo 15, comma 7, del decreto legislativo n.160/2000;

-        la possibilità per gli enti locali di disporre un’ulteriore proroga di un anno per comprovate e motivate ragioni di pubblico interesse.

 

Nel proprio parere, l’AGCM ha rilevato che, nella situazione attuale, caratterizzata da un’estrema frammentazione di ambiti serviti e operatori, le soglie dimensionali e quantitative (100.000 clienti o 100 mmc/anno) già individuate dal D.Lgs. n. 164/00 (articolo 15, comma 7) al fine di far scattare la durata maggiore del periodo transitorio si riferiscono ai comuni più grandi e alle maggiori imprese del settore. Tuttavia, tali concessioni sono una minima parte, in quanto, come conferma l’analisi di alcune gare effettuate, i comuni medi in Italia hanno circa 5.000 utenti, per circa il 70% dei comuni censiti. Conseguentemente, la maggior parte delle concessioni per la distribuzione di gas naturale sarebbero state in scadenza al 31 dicembre 2007 e sono le prime a beneficiare della ulteriore proroga di due anni effettuata dall’art. 46-bis, terzo comma, del DL n.159/2007.

Secondo l’Autorità, il ricorso a procedure di gara per l’individuazione dei concessionari di servizi è strettamente collegato alla realizzazione dei principi a tutela della concorrenza, e una fase transitoria che consenta di rinviare l’esperimento di procedure pubbliche per un periodo eccessivamente lungo, concorre a determinare ritardi nell’avvio del processo di liberalizzazione del servizio. L’ulteriore slittamento della fine del periodo transitorio risulta dunque difficilmente compatibile con questo quadro[250], ed inoltre non troverebbe neppure giustificazione (come asserito dallo stesso comma 3) nell’esigenza di favorire i fenomeni di aggregazione territoriale, rispetto ai quali risulterebbe propedeutica la definizione per via ministeriale dei nuovi ambiti territoriali da mettere a gara. Infatti, il processo di individuazione degli ambiti territoriali, per definizione, riguarderà l’intero territorio nazionale e dovrà concludersi necessariamente prima del 31 dicembre 2009, data alla quale terminerebbero, secondo il disposto dell’art. 46-bis, le concessioni in scadenza al 31 dicembre 2007 in base alla normativa precedente alla proroga disposta dal decreto.

Il nuovo comma 3, come riformulato dalla norma in esame, dispone che la gara per l’affidamento del servizio di distribuzione sia bandita per ciascun bacino ottimale di utenza entro due anni dall’individuazione del relativo ambito territoriale, che deve avvenire entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

 

Il punto b) modifica il comma 4 dell’articolo 46-bis del DL n.159/2007 in relazione alla nuova formulazione del comma 3, prevedendo la facoltà per i comuni interessati dalle nuove gare di cui al comma 3 di incrementare, a decorrere dal 1º gennaio 2008, il canone delle concessioni di distribuzione, solo ove minore e fino al nuovo affidamento, fino al 10 per cento del vincolo dei ricavi di distribuzione di cui alla delibera dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas 28 dicembre 2000 n. 237 e successive modifiche e integrazioni.

 

Il punto c) introduce un comma aggiuntivo (il 4-bis) al citato articolo 46-bis secondo il quale, a decorrere dal 1° gennaio 2008, alle gare di cui al comma 1 del medesimo articolo si applicano, oltre alle disposizioni di cui all’articolo 15, comma 10, del D.Lgs. n. 164/2000 (che disciplina il regime transitorio nell’attività di distribuzione), anche le disposizioni di cui all’articolo 113, comma 15-quater, del D.Lgs. n. 267/2000[251], che si intendono estese a tutti i servizi pubblici locali a rete.

 

Il comma 1 dell’articolo 46-bis del DL n.159/1997 prevede l’individuazione da parte del Ministro dello sviluppo economico e degli affari regionali e delle autonomie locali, sentita la Conferenza Unificata e su parere dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, dei criteri di gara e di valutazione dell'offerta per l'affidamento del servizio di distribuzione di gas previsto dall'articolo 14, comma 1, del D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 164[252], tenendo conto:

-        delle condizioni economiche offerte (in particolare quelle a vantaggio dei consumatori);

-        degli standard qualitativi e di sicurezza del servizio;

-        dei piani di investimento e di sviluppo delle reti e degli impianti.

Ciò deve avvenire entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto. La finalità della disposizione è quella di garantire al settore maggiore concorrenza e livelli minimi di qualità dei servizi essenziali[253].

L’articolo 113 del D.Lgs. n. 267/2000[254]riguarda la gestione delle reti e l’erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Il comma 1 precisa che restano esclusi dal campo di applicazione dell’articolo i settori dell’energia elettrica e del gas naturale. Il citato comma 15-quater, che ora si estende anche alle gare per la distribuzione del gas, prevede l’applicazione del divieto (disposto dal comma 6) a partecipare alle gare di conferimento della titolarità del servizio per:

-        le società che, in Italia o all'estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi;

-        le società controllate o collegate alle precedenti, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con queste ultime;

-        i soggetti per la gestione delle reti separata dall'attività di erogazione dei servizi, nella forma di società di capitale 100% pubblico destinatarie di affidamenti in house, o le imprese a ciò idonee, da individuare con procedure ad evidenza pubblica di cui si avvalgono gli enti locali.

La seconda parte del comma 15-quater rinvia ad un regolamento la definizione delle condizioni per l'ammissione alle gare di imprese estere a condizione che sia fatto salvo il principio di reciprocità e siano garantiti tempi certi per l'effettiva apertura dei relativi mercati e di imprese italiane che abbiano avuto all'estero la gestione del servizio senza ricorrere a procedure di evidenza pubblica.

Merita evidenziare che nel proprio parere l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha formulato ulteriori rilievi sulla formulazione dell’articolo 46-bis del DL n.159/2007, ai quali la disposizione in esame non dà tuttavia seguito. In particolare:

-        invita a riconsiderare la desiderabilità della definizione per via esogena e autoritativa degli ambiti produttivi del servizio di gestione delle reti di gas, in quanto ciò equivale a una configurazione, per via amministrativa, del mercato dal lato della domanda;

-        evidenzia che la definizione di un bando tipo a livello nazionale potrebbe ridurre i costi sia dal lato della domanda dei servizi di distribuzione (ossia per gli enti locali), nell’organizzare la procedura di gara, sia dal lato dell’offerta (ossia in capo alle imprese interessate a partecipare alle gare), nel programmare la propria attività in funzione dei risultati da raggiungere. Inoltre, la definizione uniforme di requisiti di gara e di criteri di aggiudicazione avrebbe anche il pregio di fornire in tempi brevi una soluzione alle condivisibili esigenze di efficienza avvertite dal legislatore, senza al contempo provocare le ingiustificate restrizioni alla concorrenza sopra viste in merito al regime di proroga proposto dall’art. 46-bis, terzo comma;

-        evidenzia che la definizione in via uniforme anche dei criteri di valutazione delle offerte ai fini dell’aggiudicazione della concessione assume sicuro rilievo al fine di assicurare la scelta dell’operatore più idoneo ad effettuare gli investimenti necessari e offrire il servizio migliore al minor costo[255];

-        evidenzia l’opportunità che l’esplicitazione da parte dello stesso art. 46-bis che il canone concessorio non costituisca la variabile principale di aggiudicazione della gara.

 


 

Articolo 2, comma 176
(Istituzione del Fondo per Piattaforma italiana per lo sviluppo dell’idrogeno e delle celle a combustibile)

 


176. Al fine di garantire lo sviluppo e la continuità della ricerca italiana sull’idrogeno e sulle tecnologie ad esso collegate, come le celle a combustibile, quali componenti ideali di un sistema energetico sostenibile, in grado di soddisfare la domanda crescente di energia riducendo gli effetti dannosi per l’ambiente, a livello locale e globale, è istituito, presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Fondo per la Piattaforma italiana per lo sviluppo dell’idrogeno e delle celle a combustibile, con una dotazione di 10 milioni di euro per l’anno 2008. Il Fondo incentiva lo sviluppo delle diverse fasi della filiera che consente cicli energetici chiusi, ossia basati sull’idrogeno prodotto con l’impiego di fonti energetiche nuove e rinnovabili, il suo accumulo e trasporto e la sua utilizzazione. Sono favorite le applicazioni trasportistiche dell’idrogeno prodotto con le modalità di cui al presente comma, da utilizzare in motori a combustione interna modificati, alimentati a idrogeno o a miscele metano/idrogeno, ovvero in celle a combustibile per l’autotrazione.


 

 

Il comma in esameprevedel’istituzione del Fondo per la Piattaforma italiana per lo sviluppo dell’idrogeno e delle celle a combustibile, con unadotazione di 10 milioni di euro per il 2008. Finalità principale della disposizione è quella di garantire lo sviluppo e la continuità della ricerca sull’idrogeno, favorendo le applicazioni trasportistiche dell’idrogeno prodotto con l’impiego di fonti rinnovabili.

 

Si ricorda che la Piattaforma nazionale per l’idrogeno e le celle a combustibile è stata promossa nel settembre 2004 dal Ministero dell’università, a seguito dell’avvio da parte della Commissione Europea della Piattaforma Tecnologica Europea per l’idrogeno[256], per favorire l’ingresso del vettore energetico idrogeno e delle celle a combustibile nel sistema energetico nazionale.

La Piattaforma nazionale coinvolge operatori nazionali pubblici e privati al fine di favorire il coordinamento delle molteplici iniziative in atto, e rafforzare il coordinamento con i programmi europei. I lavori della piattaforma, cui hanno contribuito le principali strutture attive nel settore, hanno consentito di definire una strategia nazionale e di individuare le possibili linee di intervento per il medio e lungo termine[257].

Relativamente alle molteplici iniziative citate, si ricorda che il più importante programma di ricerca è quello promosso congiuntamente dal Ministero dell’università e della e dal Ministero dell’ambiente con l’avvio, nel 2005, dei progetti FISR su idrogeno e celle a combustibile (8 progetti sull’idrogeno e 6 sulle celle a combustibile, di durata triennale, con un finanziamento complessivo di quasi 90 milioni di euro e un costo complessivo di circa 125 milioni di euro). Altri progetti sono stati promossi dal Ministero dell’ambiente e dalle Regioni[258].

Queste ultime, in particolare, hanno avviato attività, sia di sviluppo che dimostrative, con l’obiettivo di favorire l’inserimento delle aziende locali nel settore e l’introduzione nel mercato di queste tecnologie. In fase di avvio sono anche alcuni progetti inseriti nel programma finanziato dal Ministero dello sviluppo economico con il Fondo per le attività di ricerca e sviluppo di interesse generale per il sistema elettrico nazionale.

Si ricorda inoltre che l’art. 1, comma 248, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005) ha istituito per il 2005, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo, con una dotazione finanziaria di 10 milioni di euro, finalizzato al cofinanziamento di studi e ricerche relative all’utilizzo del vettore idrogeno, prodotto a partire da fonti rinnovabili, nell’ambito di nuovi sistemi di locomozione atti a ridurre le emissioni inquinanti.


 

Articolo 2, commi 177-178
(Istituzione di fondi per l’agricoltura esente da organismi geneticamente modificati e nel campo delle biotecnologie)

 


177. A decorrere dall’anno 2008, al fine di promuovere a livello internazionale il modello italiano di partecipazione informata del pubblico ai processi decisionali sull’emissione deliberata di organismi geneticamente modificati (OGM) e allo scopo di intraprendere azioni strutturali che favoriscano le filiere produttive nella dotazione di materia prima agricola esente da contaminazioni da OGM, in coerenza con le richieste dei consumatori, è istituito un apposito fondo, denominato «Fondo per la promozione di azioni positive in favore di filiere produttive agricole esenti da contaminazioni da organismi geneticamente modificati», presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, autorità nazionale competente in materia. Il Fondo può essere gestito anche in convenzione con fondazioni e associazioni indipendenti che operano in campo scientifico per lo sviluppo di modelli sperimentali e partecipati di governance e government dell’innovazione biotecnologica. Per la gestione del Fondo è prevista una dotazione finanziaria di 2 milioni di euro per l’anno 2008.

178. A decorrere dall’anno 2008, al fine di favorire il dialogo tra scienza e società e di promuovere lo sviluppo della ricerca e della formazione avanzata, nel rispetto del principio di precauzione applicato al campo delle biotecnologie, è istituito un apposito fondo, denominato «Fondo per la promozione della ricerca e della formazione avanzata nel campo delle biotecnologie», presso il Ministero dell’università e della ricerca. Il Fondo può essere gestito anche in convenzione con fondazioni e istituti indipendenti. Per la gestione del Fondo è prevista una dotazione finanziaria di 3 milioni di euro per l’anno 2008.


 

 

I commi 177 e 178 istituiscono rispettivamente presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali un Fondo per promuovere le filiere produttive agricole esenti da organismi geneticamente modificati e presso il Ministero dell’Università e ricerca un Fondo per la ricerca in materia di biotecnologie.

 

Il comma 177 istituisce presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali il “Fondo per la promozione di azioni positive in favore di filiere produttive agricole esenti da contaminazioni da organismi geneticamente modificati-OGM”, con una dotazione finanziaria di 2 milioni di euro per l’anno 2008.

Finalità del Fondo è quella di promuovere a livello internazionale il modello italiano di partecipazione informata in materia di OGM e di incentivare le filiere produttive a produrre materie prime agricole esenti da contaminazioni OGM. Il Fondo potrà essere amministrato anche in convenzione con fondazioni ed associazioni indipendenti.

 

Il comma 178 istituisce presso il Ministero dell’Università e ricerca un “Fondo per la promozione della ricerca e della formazione avanzata nel campo delle biotecnologie”, con una dotazione finanziaria di 3 milioni di euro per l’anno 2008.

Finalità del Fondo è quella di favorire il dialogo tra scienza e società e promuovere la ricerca nell’ambito del principio di precauzione applicato al campo delle biotecnologie. Il Fondo potrà essere amministrato anche in convenzione con fondazioni ed istituti indipendenti.


 

Articolo 2, commi 179-181
(Partecipazione a programmi europei ad alto contenuto tecnologico nei settori aeronautico, navale e terrestre)

 


179. Per le finalità di cui all’articolo5deldecreto-legge 17 giugno 1996, n. 321, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1996, n. 421, sono autorizzati contributi quindicennali di 20 milioni di euro per l’anno 2008, di 25 milioni di euro per l’anno 2009 e di 25 milioni di euro per l’anno 2010, da erogare alle imprese nazionali ai sensi dell’articolo 5, comma 16-bis, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

180. Per le finalità di cui all’articolo4, comma 3, dellalegge 7 agosto 1997, n. 266, è autorizzata la spesa di euro 318 milioni per l’anno 2008, di euro 468 milioni per l’anno 2009, di euro 918 milioni per l’anno 2010 e di euro 1.100 milioni per ciascuno degli anni 2011 e 2012.

181. Per le finalità di cui all’articolo1, comma 95, dellalegge 23 dicembre 2005, n. 266, sono autorizzati contributi quindicennali di 20 milioni di euro per l’anno 2008, di 25 milioni di euro per l’anno 2009 e di 25 milioni di euro per l’anno 2010, da erogare alle imprese nazionali ai sensi dell’articolo 5, comma 16-bis, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.


 

 

 

L’articolo 2 ai commi 179 e 180 rifinanzia alcune attività previste in favore delle imprese nazionali del settore aeronautico, mentre al comma 181 autorizza contributi per programmi navali.

 

Per le modalità di erogazione i commi 179 e 181 fanno riferimento a una norma del decreto-legge n. 35 del 2005 (cd. "decreto competitività"), recante limiti di impegno.

Si ricorda che il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante "Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale" convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, al richiamato comma 16-bis dell’articolo 5 dispone in ordine alle modalità di utilizzo dei limiti d’impegno, già stanziati da specifiche disposizioni legislative, in materia di sviluppo del settore aeronautico, stabilendo in proposito che i limiti di impegno iscritti nel bilancio dello Stato, concernenti la realizzazione di progetti ad elevato contenuto tecnologico nel settore aeronautico, di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), della legge n. 808/1985 e all’articolo 1 comma 1, lettera a), della legge n. 140/1999, siano utilizzati nella forma di contributi pluriennali in conformità alle disposizioni recate dall'articolo 4, comma 177, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004).

Il suddetto comma 177 ha introdotto un’importante innovazione nella disciplina dei limiti di impegno, stabilendo che i limiti di impegno iscritti nel bilancio dello Stato sulla base di specifiche disposizioni legislative devono intendersi:

a)       quale contributo pluriennale dello Stato per la realizzazione di investimenti, di forniture di interesse nazionale e di azioni mirate a favorire il trasporto delle merci con modalità alternative, includendo nel costo degli stessi anche gli oneri derivanti dagli eventuali finanziamenti necessari;

b)       quale concorso dello Stato al pagamento di una quota degli oneri derivanti dai mutui o da altre operazioni finanziarie che i soggetti interessati sono autorizzati ad effettuare per la realizzazione di investimenti, nel caso in cui il soggetto beneficiario non sia compreso nel settore delle amministrazioni pubbliche, come definito sulla base delle regole comunitarie di contabilità nazionale.

Il concorso parziale al finanziamento degli oneri derivanti da mutui o prestiti, pertanto, si applica solo ai casi in cui il beneficiario del finanziamento sia un soggetto che non appartiene al settore delle amministrazioni pubbliche. La determinazione della quota di concorso è demandata ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare di concerto con il Ministro competente.

 

Il comma 179, in particolare, autorizza i seguenti contributi quindicennali per le finalità di cui all’art. 5 del DL 321/96 concernente il finanziamento dello sviluppo tecnologico nel settore aeronautico:

§      20 milioni di euro per l’anno 2008;

§      25 milioni di euro per l’ anno 2009;

§      25 milioni di euro per il 2010.

 

Il citato decreto-legge 17 giugno 1996, n.321 “Disposizioni urgenti per le attività produttive”, conv. con modif. dalla L. 8 agosto 1996, n. 421, all’articolo 5, ha autorizzato limiti d’impegno decennali per le finalità di cui all’articolo 3, comma 1, lett. a), della legge 808/05[259] vale a dire la concessione di finanziamenti per favorirela partecipazione di imprese nazionali a programmi industriali aeronautici per la realizzazione di aeromobili, motori, equipaggiamenti e materiali aeronautici in collaborazione internazionale, in particolareper l'elaborazione di programmi e l'esecuzione di studi, progettazioni, sviluppi, realizzazione di prototipi, prove, investimenti per industrializzazione ed avviamento alla produzione fino alla concorrenza dei relativi costi. Lo stesso articolo dispone anche in ordine all'attuazione di interventi relativi ai programmi per la Difesa, da definire mediante apposite convenzioni fra il Ministero della difesa ed i Ministeri dell’industria e del tesoro (ora rispettivamente dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze).

 

I programmi finanziati al comma 179, come risulta dalla relazione illustrativa che accompagna il ddl (AS 1817), sono i seguenti:

§      M346, addestratore avanzato di terza generazione;

§      approvvigionamento di elicotteri alle Forze Armate (EH 101 sia versione trasporto utility per la Marina, sia in quella combat SAR all’Aeronautica), nonché di elicotteri medi ai Carabinieri;

§      Sistema SICOTE (sistema di comunicazioni) per i Carabinieri in funzione antiterrorismo;

§      SICRAL 2 (satellite di comunicazioni militari in collaborazione con la Francia).

 

I suddetti programmi sono illustrati in dettaglio nel riquadro che segue.

 

I programmi finanziati

L'M-346 è un velivolo da addestramento avanzato di nuova generazione sviluppato da Aernecchi Spa. Il velivolo sarà in grado di addestrare i piloti a volare sui futuri aerei da combattimento; sarà, infatti, ottimizzato in tutte le fasi dell’addestramento avanzato e pre-operativo. L’M-346 è stato progettato con un sistema avionico che è pienamente rappresentativo dei caccia di nuova generazione. Attualmente i due prototipi sono impegnati nei programmi di test e attività dimostrativi.

Sul programma M346 sono stati presentati i seguenti atti di sindacato ispettivo:

Senato- Interrogazione a risposta scritta 4/01115, risposta pubblicata il 14 giugno;

Senato - Interrogazione a risposta orale 3/00795, svolta in Commissione difesa il 25 luglio;

Camera - Interrogazione a risposta scritta 4/00798;

Camera - Interrogazione a risposta orale 3/01049.

 

L'AgustaWestland EH-101 è un elicottero multiruolo prodotto grazie ad una joint venture tra la italiana Agusta e la britannica Westland, poi sfociata nella fusione delle due società e nella acquisizione di tutto il pacchetto azionario da parte di Finmeccanica. È un elicottero trimotore da 15 tonnellate. È un mezzo pensato eminentemente per operazioni militari o di salvataggio.

Questo tipo di elicotteri, in dotazione fin dal 1996 al NuVO (Nucleo Valutazioni Operative della Marina Militare Italiana) vengono comunque utilizzati soprattutto per missioni SAR (search and rescue, ossia missioni generali di soccorso e salvataggio) con l'uso del verricello (il cui attacco è visibile sul lato destro dell'elicottero, capace di agganciare e sollevare oltre quattro tonnellate di carico) che l'operatore a bordo manovra con un semplice joystick.

La versione “Utility” con rampa di carico posteriore è concepita sia per usi militari che civili.

Il programma SICOTE prevede un innovativo sistema di comunicazione terrestre dell'Arma dei Carabinieri per le attività di prevenzione generale, controllo del territorio, investigazione ed analisi. Il nuovo progetto mira ad incrementare le capacità operative dei reparti dell’Arma.

 


In particolare, il progetto prevede:

§      la costituzione, a livello centralizzato, di un sistema fruibile da tutti i reparti;

§      l’evoluzione della piattaforma tecnologica già costituita a livello provinciale;

§      la realizzazione, a livello centralizzato, di una struttura che preveda il coinvolgimento dell’industria e dell’università in cooperazione con le risorse dell’Arma per svolgere attività di ricerca e sperimentazione.

Potrà inoltre essere attuato un sistema di supporto alle decisioni, per analizzare l’indice criminogeno di una particolare area geografica.

Il Programma interforze e per la Ricerca Scientifica e Tecnologica relativo ai terminali satellitari SICRAL (Sistema Italiano per Comunicazioni Riservate ed Allarmi) prevede la realizzazione del secondo satellite del sistema SICRAL (SICRAL-2) destinato a sostituire l'attuale, in orbita dal 2001. Il SICRAL è un sistema di comunicazione militare satellitare che assicura le comunicazioni strategiche. Il sistema consente collegamenti sicuri in video, voce e dati sul territorio nazionale e con contingenti impegnati in operazioni di pace all'estero. E' in grado di consentire l'integrazione con gli analoghi sistemi in uso nella NATO, e lo sviluppo e l'acquisizione del sistema integrato di distribuzione delle informazioni tattiche di identificazione e di navigazione di dimensioni ridotte MIDS-LVT.

Relativamente al programma SICRAL, il Governo ha presentato alle Camere, lo scorso 18 maggio 2007, due atti sottoposti a parere parlamentare:

-        Atto n. 97 "Programma annuale di A/R n. SMD 08/2007, relativo al lancio di un satellite militare denominato "SICRAL-1B", su cui la Commissione difesa del Senato ha espresso, il 27 giugno, parere favorevole con osservazioni;

-       Atto n. 98 "Programma pluriennale di A/R n. SMD 01/2007, relativo all'acquisizione di un satellite militare denominato "SICRAL-2", cu cui la Commissione difesa del Senato ha espresso, il 28 giugno, parere favorevole.

 

Il comma 180 autorizza le seguenti spese per le finalità di partecipazione italiana nei programmi aeronautici ad alto contenuto tecnologico, nonché al programma EFA, di cui all’art. 4, comma 3, della legge 266/97:

§      318 milioni di euro per l’ anno 2008;

§      468 milioni di euro per l’ anno 2009;

§      918 milioni di euro per il 2010;

§      1100 milioni per ciascuno degli anni 2011 e 2012.

La legge 7 agosto 1997, n. 266, recante "Interventi urgenti per l'economia”, all'articolo 4, comma 3, ha autorizzato un limite di impegno decennale di 100 miliardi di lire a decorrere dal 1998, al fine di garantire un qualificato livello della presenza italiana nei programmi aeronautici ad alto contenuto tecnologico connessi alle esigenze della difesa aerea nazionale, realizzati nel contesto dell’Unione europea, nonché al programma EFA (European fighter aircraft)[260]. Ha pertanto autorizzato il Ministero del tesoro (ora dell’economia e delle finanze) ad effettuare operazioni di mutuo, in relazione al predetto limite di impegno. In particolare, l'autorizzazione ai singoli versamenti all'apposita Agenzia internazionale delle quote di competenza italiana del programma EFA da parte del Ministro del tesoro (ora dell’economia e delle finanze), in conformità alla indicazione del Ministro dell'industria (ora dello sviluppo economico), di concerto con il Ministro della difesa, deve tenere conto dell'avanzamento progettuale, al fine di garantire una adeguata verifica delle effettive ricadute sul settore aeronautico nazionale della partecipazione al suddetto programma. Il programma EFA è stato successivamente rifinanziato da diversi provvedimenti.

-       dall’art. 50, comma 1, lettera h), della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999) che ha autorizzato limiti di impegno quindicennali di 24 miliardi di lire a partire dal 1999, di 50 miliardi di lire a partire dal 2000 e di 26 miliardi di lire a partire dal 2001;

-       dall’art. 145, co. 38, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, finanziaria 2001 (200 mld di lire nel 2001 e 226 mld nel 2002);

-       dall’art. 52, comma 43, della legge 28 dicembre 2001 n. 448 (finanziaria 2002) che ha previsto un ulteriore rifinanziamento, pari a 154,937 milioni di euro per il solo anno 2002;

-       dall’articolo 80, comma 60, della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003), che ha autorizzato una spesa di 50 milioni di euro per le esigenze di prosecuzione del programma EFA per il 2003, mentre alla tabella 1 è indicato un limite di impegno quindicennale con decorrenza dal 2004 per 100 milioni sempre relativo al programma EFA;

-       dall’art. 4, 1 co. 176-78 della legge 350/04, che ha autorizzato un limite di impegno quindicennale con decorrenza 2005 (scadenza 2019) di 50 milioni euro ed un secondo limite di impegno, anch'esso quindicennale, con decorrenza 2006 (scadenza 2020) di pari importo.

-       dall’art. 1 comma 885 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) che autorizzato contributi quindicennali di 50 milioni di euro per il 2007, 40 milioni per il 2008 e 30 milioni per il 2009[261].

 

Il comma 181, da ultimo, autorizza i seguenti contributi quindicennali per la prosecuzione del Programma per la costruzione delle fregateFREMM, di cui all’art. 1, co. 95, della legge 266/05 (finanziaria 2006):

§      20 milioni di euro per l’ anno 2008;

§      25 milioni di euro per l’ anno 2009;

§      25 milioni di euro per il 2010.

Il richiamato comma 95, art. 1, della legge n.266/05 ha autorizzato contributi quindicennali, ai sensi dell’articolo 4, comma 177, della legge n. 350/2003 (finanziaria 2004), precedentemente illustrato, per la prosecuzione del programma di sviluppo ed acquisizione delle fregate FREMM (fregata europea multimissione), e delle relative dotazioni operative, nonché per l’avvio di programmi dichiarati di massima urgenza.

Le risorse a tal fine destinate sono di 30 milioni di euro a decorrere 2006, cui si aggiungono 30 milioni di euro a decorrere dal 2007, cui ancor si aggiungono 75 milioni di euro a decorrere dal 2008.

Pertanto, i contributi autorizzati si configurano nel modo seguente (in milioni di euro):

 

 

2006

2007

2008 e
successivi

 

30

30

30

 

 

30

30

 

 

 

75

Totale

30

60

135

 

Il programma per la costruzione delle fregate FREMM trae origine dalla dichiarazione congiuntasiglata aParigi il 25 ottobre 2004 dai ministri della difesa italiano e francese, che ha riconosciuto l’esigenza di procedere al rinnovamento delle rispettive flotte, nell’ottica di una diffusa e consolidata convergenza degli obiettivi militari, tecnici, finanziari e temporali perseguiti in tale contesto dalle due marine. L’accordo prevede la costruzione di 17 unità per la marina francese e 10 per la nostra. Delle fregate francesi, 8 saranno specializzate nella lotta subacquea e 9 nell’azione contro forze terrestri che saranno, quindi, predisposte per l’installazione ulteriore di una funzione di supporto “fuoco navale”, per la quale è prevista un’artiglieria di medio calibro a lunga gittata. Delle fregate italiane 4 saranno specializzate nella lotta subacquea e 6 General Purpose predisposte per l’installazione ulteriore di missili di crociera. Tutte le fregate disporranno di una piattaforma comune, con un dislocamento dell’ordine di 5.500 tonnellate, avranno una lunghezza di 128 metri, un impianto di propulsione misto, dotato di una turbina a gas, ed una velocità non inferiore ai 27 nodi. Il costo unitario medio di una fregata francese, tasse escluse ed alle condizioni economiche di gennaio 2003, è pari a 280 milioni di euro, mentre per la fregata italiana è pari a 350 milioni. Complessivamente il programma ha un costo per l’Italia di quattro miliardi di euro (i 350 milioni previsti per esemplare più 500 milioni di costi strutturali del programma), con un risparmio del 20% consentito dalla coproduzione con i francesi. La consegna contrattuale delle prime navi di serie di ogni Paese deve avvenire nel 2010, mentre le consegne delle navi successive si deve svolgere con un ritmo tale da completare la serie delle fregate entro il 2018 per la Francia, ed entro il 2017 per l’Italia. Nella dichiarazione si manifesta anche l’intenzione di aprire maggiormente il programma alla cooperazione europea.

Il 16 novembre 2005 i Ministeri della difesa di Italia e Francia hanno firmato l’accordo che consente l’avvio della prima parte del programma.

L’azienda incaricata della costruzione delle fregate italiane è l’Orizzonte Sistemi Navali S.p.A. che è la Società sistemistica costituita da Fincantieri (49%) e Finmeccanica (51%).

Si ricorda che nel marzo 2002 il Ministro della difesa, ai sensi della legge n. 436/1988, ha trasmesso la richiesta di parere parlamentare sul programma pluriennale SMM 01/2002, relativo all'acquisizione di 10 fregate di nuova generazione (atto del Governo 91 – XIV legislatura ).

Il programma era finalizzato alla sostituzione delle quattro fregate della classe Lupo (entrate in servizio tra il 1977 e il 1980, con un dislocamento di 2.208 tonnellate, lunghezza di 113,5 metri e larghezza di 12 metri, velocità massima di 35 nodi orari ed equipaggio di 194 uomini) e delle otto fregate della classe Maestrale (entrate in servizio tra il 1982 e il 1985, con un dislocamento di 2.700 tonnellate, lunghezza di 123 metri e larghezza di 13 metri, velocità massima di 32 nodi orari ed equipaggio di 224 uomini). A tal fine il programma d’arma prevedeva la realizzazione di dieci unità caratterizzate da una elevata flessibilità d’impiego, con capacità di operare in tutte le situazioni tattiche, sia in alto mare che in acque costiere, sia nell’ambito di gruppi navali multinazionali che isolatamente. Le dieci unità erano distinte in due diverse tipologie, basate su una piattaforma comune, ma dotate di configurazioni specifiche in base alle funzioni cui sono destinate:

-        quattro fregate ASW (Anti Submarine Warfare), con spiccate capacità antisommergibile destinate alle operazioni di sea-contol;

-        sei fregate GP (General Purpose), le cui caratteristiche sono atte a fornire il loro contributo sia alle operazioni militari d’altura sia a quelle di supporto – dal mare – delle operazioni di terra in ambiente costiero, anche in profondità.

Le caratteristiche generali delle fregate di nuova generazione, indicate nella scheda dello Stato Maggiore allegata alla richiesta, sono principalmente: un dislocamento contenuto entro le 5.000 tonnellate; lunghezza di 135 metri; una velocità massima non inferiore a 27 nodi orari; un’autonomia di navigazione di almeno 6.000 miglia; una elevata automazione del sistema di combattimento e della piattaforma, che consente di contenere l’equipaggio a circa 130 unità. La realizzazione del programma era prevista in un arco temporale di 17 anni, con avvio nel 2002 e conclusione nel 2018. La spesa complessiva prevista era pari a 5.681 milioni di euro a carico del bilancio ordinario del Ministero della difesa.

Le Commissioni difesa del Senato e della Camera hanno dato parere favorevole sul programma, rispettivamente, nelle sedute del 3 e del 10 aprile 2002.


 

Articolo 2, commi 182-183
(Sostegno all’imprenditoria femminile)

 

182. All’articolo1dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, al comma 847, dopo le parole: «da piccole e medie imprese» sono aggiunte le seguenti: «e per sostenere la creazione di nuove imprese femminili ed il consolidamento aziendale di piccole e medie imprese femminili».

183. Al fine di sostenere le iniziative di imprenditoria femminile, le risorse derivanti da revoche a valere sugli incentivi concessi ai sensi della legge 25 febbraio 1992, n. 215, e successive modificazioni, sono iscritte all’entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate al capitolo 7445 «Fondo per la competitività», piano di gestione 18, e al capitolo 7480 «Fondo rotativo per le imprese» piano di gestione 05, nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico.

 

 

I commi 182 e 183 dell’art. 2 intervengono in materia di incentivazione dell’imprenditoria femminile.

 

Il comma 182 novella il comma 847, art. 1, dalla legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) modificando la disciplina del Fondo per la finanza d'impresa, istituito dallo stesso comma, in modo da estenderne l'applicazione prioritaria alla creazione di nuove imprese femminili ed al consolidamento aziendale di piccole e medie imprese femminili (lettera a)).

In particolare il richiamato comma 847 della finanziaria 2007, di cui si propone la modifica, ha istituito il “Fondo per la finanza d'impresa”per facilitare l'accesso al credito, alla finanza ed al mercato finanziario delle imprese e razionalizzare le modalità di funzionamento dei fondi pubblici di garanzia e di partecipazione al capitale di rischio. I

Nel Fondo sono confluite le risorse del Fondo centrale di garanzia (istituito dall’art. 15 legge 266/97), del Fondo rotativo nazionale per il finanziamento del capitale di rischio (art. 4, comma 106 della legge 350 del 2003), che sono stati soppressi, nonché le risorse destinate all’attuazione dell’art. 106 della legge finanziaria 2001 (interventi FIT[262]) e dell’art. 1, comma 222, della legge finanziaria 2005 (alienazione di fondi comuni di investimento)[263]. Al Fondo è stata conferita inoltre la somma di 50 milioni di euro per il 2007, 100 milioni per il 2008 e 150 milioni per il 2009.

Gli interventi del Fondo sono volti a facilitare:

-        operazioni di concessione di garanzie su finanziamenti, nonché di partecipazione al capitale di rischio delle imprese anche attraverso banche o società finanziarie vigilate dalla Banca d’Italia;

-        la partecipazione a operazioni di finanza strutturata, anche tramite sottoscrizione di fondi di investimento chiusi, privilegiando gli interventi di sistema in grado di attivare ulteriori risorse finanziarie pubbliche e private in coerenza con la normativa nazionale in materia di intermediazione finanziaria.

 

Con riferimento alle operazioni di partecipazione al capitale di rischio, gli interventi del Fondo per la finanza di impresa sono prioritariamente destinati:

-        al finanziamento di programmi di investimento per la nascita ed il consolidamento delle imprese operanti in comparti di attività ad elevato contenuto tecnologico;

-        al rafforzamento patrimoniale di piccole e medie imprese localizzate nelle aree dell'obiettivo 1 e dell'obiettivo 2 di cui al regolamento CE n. 1260/1999[264];

-        a programmi di sviluppo posti in essere da piccole e medie imprese.

A questi obiettivi prioritari il comma in esame aggiunge, come detto, il sostegno alla creazione di nuove imprese femminile e al consolidamento aziendale di piccole e medie imprese.

Le modalità di funzionamento del Fondo sono rinviate ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico (comma 848), prevedendo anche la possibilità di affidamento diretto ad enti strumentali all’amministrazione o a soggetti esterni, con eventuale onere a carico delle risorse destinate ai singoli progetti i. Il decreto provvederà, altresì a fissare i criteri per la realizzazione degli interventi previsti dal precedente comma, le priorità d’intervento, nonché le condizioni di eventuali cessioni a terzi degli impegni assunti posti a carico dei fondi le cui dotazioni confluiscono nel Fondo per la finanza d’impresa. Il termine ultimo per l’adozione del decreto, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, è fissato in due mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria.

Si fa presente che il suddetto decreto interministeriale non risulta fin qui adottato. Fino all’adozione del suddetto decreto, i regimi di aiuto dichiarati compatibili con il mercato comune dalla Commissione dell’Unione europea saranno attuati in base alle modalità già comunicate alla stessa Commissione (comma 849).

Il conferimento al Fondo per la finanza d’impresa di ulteriori risorse provenienti da altri fondi di amministrazioni e di soggetti pubblici nazionali per la finanza di imprese individuate dallo stesso decreto è, invece, demandato a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (comma 850).

Si segnala, infine, che una integrazione alla disciplina del Fondo per la finanza d'impresa in favore delle imprese femminili è contenuta anche all’art. 46-ter del DL 159/07, convertito in legge 29 novembre 2007, n. 222 (c.d. decreto-legge collegato) in cui si prevede che le modalità di funzionamento del Fondo siano definite, per quanto attiene agli interventi a sostegno dell’imprenditoria femminile, anche con il concerto del Ministro per i diritti e le pari opportunità.

 

Il comma 183 dispone che le risorse derivanti da revoche a valere sugli incentivi concessi all’imprenditoria femminile ai sensi della legge n. 215/1992 siano iscritte all’entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate ai seguenti capitoli di spesa del Ministero dello sviluppo economico (tabella 3): capitolo 7445 (Fondo per la competitività), piano di gestione 18, e capitolo 7480 (Fondo rotativo per le imprese), piano di gestione 05.

Il Fondo per la competitività e lo sviluppo è stato istituito dall’art. 1, comma 841, della legge 296/06 (finanziaria 2007) presso il Ministero dello sviluppo economico, facendovi confluire le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di competenza del Ministero dello sviluppo economico (programmazione negoziata e legge n. 488/1992) e del Fondo unico per gli incentivi alle imprese, che sono stati contestualmente soppressi. A tale fondo stata conferita la somma di 300 milioni di euro per il 2007 e 360 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009. A carico della quota delle risorse del Fondo per la competitività e lo sviluppo individuata con decreto del Ministro dello sviluppo economico sono finanziati progetti di innovazione tecnologica industriale nell’ambito dell’efficienza energetica, della mobilità sostenibile, delle nuove tecnologie per la vita, del made in Italy e delle tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e turistiche (comma 842).

Parte delle risorse del Fondo per la competitività e lo sviluppo sono iscritte nel capitolo 7445 dell'UPB 4.1.6Investimentidel programma“Sviluppo, innovazione e ricerca in materia di energia ed in ambito minerario ed industriale” (Missione 17-Ricerca e innovazione) dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico e in parte nel cap. 7342, dell'UPB 2.1.6 Investimentidel programma “Incentivazione per lo sviluppo industriale” (Missione 11-Competitività e sviluppo delle imprese).

Quanto al Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, si ricorda che è stato istituito dal comma 354 della citata legge 311/04 (finanziaria 2005) presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa e destinato alla concessione di finanziamenti agevolati alle imprese in forma di anticipazione di capitali rimborsabile secondo un piano di rientro pluriennale. La dotazione iniziale del Fondo è stata stabilita in 6 miliardi di euro, da finanziare con le risorse del risparmio postale. Sono stati posti a carico del bilancio dello Stato gli oneri derivanti dal tasso di interesse agevolato e il rimborso riconosciuto alla Cassa depositi e prestiti. Al CIPE è stata affidata la ripartizione del Fondo entro i limiti di spesa previsti a carico del bilancio dello Stato.

Con riferimento allo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico si segnala che le risorse del Fondo oltre che al cap. 7480 dell'UPB 4.1.6Investimentidel programma“Sviluppo, innovazione e ricerca in materia di energia ed in ambito minerario ed industriale” (Missione-17-Ricerca e innovazione) sono in parte destinate al cap. 7344, UPB 2.3.6. Investimenti, del programma “Riassetti industriali di settore e di area“ (Missione 11- Competitività e sviluppo delle imprese).

Infine si ricorda che le competenze in materia di imprenditoria femminile, di cui alla legge 215/92[265], già del Ministero delle attività produttive, sono state sottratte al nuovo Ministero dello sviluppo economico ai sensi del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181 (Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri”)istitutivo dello stessoMinisteroe trasferite alla Presidenza del Consiglio dei ministri.


 

Articolo 2, comma 184
(Modifica al comma 842 dell’articolo 1
della legge 27 dicembre 2006, n. 296)

 

184. Al comma 842 dell’articolo1dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e turistiche».

 

 

Il comma 184 dell’art. 2 reca una integrazione alla disciplina del Fondo per la competitività e lo sviluppo, istituito dalla legge 296/06 (finanziaria 2007), il cui campo di intervento viene esteso anche all’ambito delle tecnologie per le attività turistiche.

A tal fine il comma 842 viene opportunamente integrato e all’espressione “tecnologie innovative per i beni e le attività culturali”, con la quale si identifica una delle cinque aree tecnologiche cui attualmente sono destinati i finanziamenti di detto Fondo, sono aggiunte le parole “e turistiche”.

Il Fondo per la competitività e lo sviluppo è stato istituito dal comma 841, art. 1, della legge finanziaria 2007 presso il Ministero dello sviluppo economico. Nel Fondo sono confluite le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di competenza del Ministero dello sviluppo economico (programmazione negoziata e legge n. 488/1992) e del Fondo unico per gli incentivi alle imprese, contestualmente soppressi. A tale fondo è stata altresì conferita la somma di 300 milioni di euro per il 2007 e 360 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Per quanto riguarda gli interventi da realizzare nelle aree sottoutilizzate, il Fondo è altresì alimentato dalle risorse assegnate dal CIPE nell’ambito del riparto del Fondo per le aree sottoutilizzate

A carico della quota delle risorse del Fondo per la competitività e lo sviluppo, individuata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sono finanziati progetti di innovazione tecnologica industriale nell’ambito di cinque aree tecnologiche:efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie per la vita, made in Italy e tecnologie innovative per i beni e le attività culturali (comma 842).

 


 

Articolo 2, commi 185-187
(Comitato nazionale italiano per il microcredito)

 


185. Il Comitato nazionale italiano permanente per il microcredito, istituito dall’articolo4-bis, comma 8, deldecreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, ha personalità giuridica di diritto pubblico e continua a svolgere la propria attività presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, anche per agevolare l’esecuzione tecnica dei progetti di cooperazione a favore dei Paesi in via di sviluppo, d’intesa con il Ministero degli affari esteri.

186. Il Comitato di cui al comma 185 è dotato di un fondo comune, unico ed indivisibile, attraverso cui esercita autonomamente ed in via esclusiva le sue attribuzioni istituzionali. La gestione patrimoniale e finanziaria del Comitato è disciplinata da un regolamento di contabilità approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del presidente del Comitato. Il fondo comune è costituito da contributi volontari degli aderenti o di terzi, donazioni, lasciti, erogazioni conseguenti a stanziamenti deliberati dallo Stato, dagli enti territoriali e da altri enti pubblici o privati, da beni e da somme di danaro o crediti che il Comitato ha il diritto di acquisire a qualsiasi titolo secondo le vigenti disposizioni di legge. Rientrano anche nel fondo contributi di qualunque natura erogati da organismi nazionali od internazionali, governativi o non governativi, ed ogni altro provento derivante dall’attività del Comitato.

187. In favore del Comitato di cui al comma 185 è autorizzata per ciascuno degli anni 2008 e 2009 la spesa di 1 milione di euro da destinare al suo funzionamento.


 

 

Il comma 185 in esame disciplina l’attività e lo status del Comitato Nazionale Italiano Permanente per il Microcredito.

La disposizione in commento prevede che tale comitato, istituito, ai sensi dell’articolo 4-bis, comma 8, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, presso il Ministero degli Affari esteri, continui d’ora in poi a svolgere la propria attività presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con personalità di diritto pubblico, contribuendo a promuovere ed agevolare, all’interno del suo più vasto programma, anche l’esecuzione tecnica dei progetti di cooperazione a favore dei Paesi in via di sviluppo. Quest’ultima attività è svolta d’intesa con il Ministero degli affari esteri.

 

Il Comitato è stato istituito ai sensi del richiamato articolo 4-bis, comma 8, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2. Tale comma, aggiunto in sede di conversione, esplicitava la finalità dell’istituto nel “consentire lo sviluppo del programma di microfinanza, al fine di incentivare la costituzione di microimprese, anche nel settore agricolo”. Stabiliva, inoltre, che i componenti del Comitato, già costituito presso il Ministero degli Affari esteri, avessero un mandato di quattro anni, rinnovabile una sola volta.

Il Comitato Nazionale Italiano Permanente per il Microcredito rappresenta la naturale prosecuzione del “Comitato Nazionale Italiano per il 2005 Anno Internazionale del Microcredito”, nato in risposta alle risoluzioni 53/198, 58/488 e 58/22 con cui l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 2005 “Anno Internazionale del Microcredito”. Con le stesse risoluzioni l’ONU ha invitato gli Stati Membri a costituire Comitati Nazionali rappresentativi dell’intera società civile, al fine di facilitare il raggiungimento degli “Obiettivi di sviluppo del Millennio”, anche attraverso la diffusione delle attività di microcredito e microfinanza per ridurre il fenomeno della povertà e dell’esclusione finanziaria.

Il Comitato persegue tali obiettivi sia in un’ottica di cooperazione internazionale, orientata alle aree depresse ed alle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo (PVS), sia a livello nazionale, attraverso interventi localizzati sul territorio italiano ed orientati ai residenti in Italia ed alle macro-imprese operanti nell’area.

 

A tal fine, il Comitato si è dotato di due Dipartimenti (“Dipartimento Attività nazionali” e “Dipartimento Attività Internazionali”). I principali interventi all’estero si prefiggono la realizzazione di una rete microfinanziaria internazionale e la definizione di programmi comuni condivisi e di partenariati strategici con i diversi partner della rete. Per i due settori menzionati sono state individuate 6 aree operative: Networking; Progetti operativi; Servizi interni; Ricerca, Osservatorio e Formazione; Area Normativa e Area Comunicazione.

 

Il nuovo Comitato comprende rappresentanti delle Istituzioni, di Enti Locali, di Organizzazioni non Governative, di Istituti e Fondazioni, del settore bancario nonché di quello imprenditoriale.

 

Il comma 186 in esame disciplina il Fondo comune di cui è dotato il Comitato per porre in essere, in modo autonomo ed esclusivo, gli obiettivi a lui assegnati e per lo svolgimento delle attività istituzionali.

Tale fondo, unico e indivisibile, risulta costituito, a norma del regolamento del Comitato, da contributi volontari degli aderenti o di terzi, da donazioni o lasciti, nonché dagli stanziamenti eventualmente deliberati dallo Stato, dalle Regioni, dai Comuni e da altri enti pubblici e/o privati. E’ altresì riconosciuto al Comitato il diritto di acquisire, a qualsiasi titolo, beni, somme di denaro o crediti secondo le vigenti disposizioni di legge.

Rientrano, inoltre, nel fondo comune contributi di qualunque natura stanziati da organismi nazionali o internazionali, indipendentemente dalla loro natura governativa e ogni altro provento derivante dall’attività del Comitato.

La gestione patrimoniale e finanziaria del Comitato è assicurata da un regolamento di contabilità approvato con decreto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del presidente del Comitato.

 

Il comma 187 in esame autorizza lo stanziamento di un contributo pari ad un milione di euro per l’anno 2008 ed un altro contributo di identico importo per il 2009 da destinare al Fondo comune per il funzionamento del Comitato in esame.


 

Articolo 2, commi 188-190
(Disposizioni in materia di autoimprenditorialità)

 


188. L’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa Spa è autorizzata a rinegoziare i mutui accesi entro il 31 dicembre 2004, ai sensi del decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 44, dell’articolo1deldecreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1995, n. 95, dell’articolo1-bisdeldecreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, dell’articolo3, comma 9, deldecreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, dell’articolo51dellalegge 23 dicembre 1998, n. 448, e del titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, rideterminandone la durata complessiva del rimborso. Tale durata non può comunque superare i quindici anni a decorrere dalla data di scadenza della prima rata, comprensiva del capitale, del piano di rimborso originario. Al mutuo rinegoziato si applica il tasso di riferimento della Commissione europea vigente alla data della rinegoziazione. Gli eventuali aumenti del costo degli interessi conseguenti all’allungamento e alla rinegoziazione del mutuo sono a carico dei singoli beneficiari delle agevolazioni di cui al predetto decreto-legge n. 786 del 1985.

189. Alle imprese ammesse alle agevolazioni di cui al comma 188 si applicano, se più favorevoli, le disposizioni di cui al titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, ed ai relativi regolamenti di attuazione.

190. Per l’attuazione dei commi 188 e 189 è autorizzata la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.


 

 

L’articolo 2, commi da 188 a 190, autorizza l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.a.(ex Sviluppo Italia S.p.a) alla rinegoziazione dei mutui accesi entro il 31 dicembre 2004, in base alle disposizioni contenute nella legislazione in materia di autoimprenditorialità.

 

Si ricorda che la società per azioni “Sviluppo Italia”, il cui capitale è interamente posseduto dal Ministero dell’economia e delle finanze, è stata istituita il 26 gennaio 1999[266], con il compito di svolgere funzioni di coordinamento, riordino, indirizzo e controllo delle attività di promozione dello sviluppo industriale e dell'occupazione nelle aree depresse del Paese, nonché di attrazione degli investimenti. La legge finanziaria per il 2003 (articolo 73, legge n. 289 del 2002) ha attribuito a Sviluppo Italia la gestione degli incentivi nelle aree interessate da crisi del comparto industriale.

Con la legge finanziaria per il 2005 (commi 215-218 e 221, articolo 1, legge n. 311 del 2004) essa è stata autorizzata a concedere agevolazioni alle imprese, al fine di rafforzare l’attrazione degli investimenti nelle aree sottoutilizzate.

Il decreto-legge n. 35/2005 (articolo 11, commi 3-6), inoltre,ha istituito il Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli orientamenti UE sugli aiuti di stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, assegnando a Sviluppo Italia S.p.A. il compito di curare unicamente la fase della valutazione e l’attuazione dei citati interventi.

La legge finanziaria per il 2007 (commi 460-464, articolo 1, legge n. 296 del 2006) ha operato un riassetto complessivo della Società, mutandone la denominazione in “Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.“ e attribuendo al Ministro dello sviluppo economico una serie di poteri, quali : a) la definizione, con apposite direttive, delle priorità e degli obiettivi della società e l’approvazione delle linee generali di organizzazione interna, nonché del documento previsionale di gestione ed eventuali aggiornamenti; b) l’approvazione, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, dello statuto della società; c) l’individuazione, con decreto, degli atti di gestione ordinaria e straordinaria della Società e delle sue controllate dirette ed indirette, che necessitano della preventiva approvazione ministeriale ai fini della efficacia e validità.

Il comma 461 ha inoltre previsto l’adozione, entro il 31 marzo 2007, di un piano societario di riordino e di dismissione delle partecipazioni societarie detenute nei settori non strategici, sulla base dei contenuti e dei termini fissati con direttiva del Ministro dello sviluppo economico. Il piano di dismissione ha previsto: a) la riduzione delle società controllate a non più di tre; b) la cessione, anche tramite una società veicolo, delle partecipazioni di minoranza acquisite; per le società regionali si procede d’intesa con le regioni interessate, anche con la cessione gratuita delle partecipazioni a queste o ad altre amministrazioni pubbliche.

Il comma 462 ha limitato alle sole amministrazioni centrali (escludendo le amministrazioni regionali e locali) la facoltà di avvalersi delle convenzioni con Sviluppo Italia Spa per le attività tecniche, economiche e finanziarie occorrenti alla realizzazione di interventi riguardanti le aree depresse del Paese, anche mediante finanza di progetto.

Il medesimo comma ha inoltre mantenuto in capo al Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con il Ministro dello sviluppo economico, (eliminando l’intesa con il Ministro delle politiche agricole), l’esercizio dei diritti dell’azionista, attribuendo al Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con il Ministro dell’economia il potere di nomina degli organi sociali e la competenza a riferirne al Parlamento.

 

Il comma 188 richiama i seguenti riferimenti normativi in base ai quali l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.a. è autorizzata alla rinegoziazione dei mutui:

1.      il decreto-legge n. 786 del 1985[267] in materia di misure straordinarie per la promozione e lo sviluppo della imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno;

L’articolo 1, comma 1, lett. b), del predetto decreto-legge n. 786, autorizzava la concessione di mutui erogati dalla Cassa depositi e prestiti ad un tasso pari al 30% del tasso di riferimento, nella misura del 30% delle spese per l'impianto e le attrezzature, a favore di società cooperative di produzione e di lavoro, di società le cui quote di partecipazione spettino in maggioranza a giovani tra i 18 e 29 anni ovvero di società formate esclusivamente da giovani tra i 18 ed i 35 anni di età residenti e operanti nelle aree svantaggiate, soprattutto meridionali[268]. La durata dei mutui era fissata in 10 anni, comprensivi di un periodo di preammortamento di 3 anni. Tali mutui dovevano essere assistiti da garanzie previste dal codice civile e da privilegio speciale garantito dallo Stato[269], nell'ambito degli investimenti da realizzare.

2.      l’articolo 1 del decreto-legge n. 26 del 1995[270], in materia di imprenditorialità giovanile;

Tale norma, che peraltro autorizzava la costituzione della “Società per l'imprenditorialità giovanile” con il compito di produrre servizi finalizzati alla creazione di nuove imprese e al sostegno delle PMI, costituite prevalentemente da giovani tra i 18 e i 29 anni ovvero formate esclusivamente da giovani tra i 18 e i 35 anni, ha disposto, al comma 6, la concessione, alle predette imprese, di mutui a tasso agevolato, purché assistiti dalle garanzie previste dal codice civile e da privilegio speciale garantito dallo Stato, nell'ambito degli investimenti da realizzare.

3.      l’articolo 1-bis del decreto-legge n. 148 del 1993[271], in materia di promozione di nuove imprese giovanili nel settore dei servizi socio-assistenziali domiciliari, in particolare per l’aiuto di persone in situazioni di gravità;

Il citato articolo 1-bis, abrogato dal D.Lgs n. 185 del 2000, prevedeva l’applicazione di agevolazioni alle imprese giovanili nel settore dei servizi, tramite il Comitato per lo sviluppo di nuova imprenditorialità giovanile, costituito presso l'ufficio del Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, con compiti di assistenza nella fase di progettazione e di avvio delle iniziative, di definizione di progetti-tipo in settori prioritari, con particolare riguardo allo sviluppo della cooperazione, di promozione di attività di formazione, di proposta di ammissibilità alle agevolazioni e di promozione di cultura imprenditoriale.

4.      l’articolo 3, comma 9, del decreto-legge n. 67 del 1997[272], in materia di lavori socialmente utili, integrazione salariale e formazione professionale

Tale norma prevedeva l’estensione della disciplina delle agevolazioni, ad eccezione di quelli riferiti all'acquisto del terreno, in materia di imprenditorialità giovanile ai giovani agricoltori, destinando non meno dei due terzi del totale a quelli residenti nelle zone di cui all'obiettivo 1 (aree svantaggiate con PIL pro-capite inferiore al 75% della media UE 15[273]), in età compresa tra i 18 e i 35 anni, che subentravano nella conduzione dell'azienda agricola al familiare e che presentavano un progetto di produzione, commercializzazione, trasformazione in agricoltura[274].

5.      l’articolo 51 della legge n. 448 del 1998, recante provvedimenti a favore delle cooperative sociali;

La disposizione contenuta nel predetto articolo 51, successivamente abrogata dal D. Lgs. n. 185 del 2000, ha previsto l’estensione della disciplina degli interventi in materia di imprenditorialità giovanile alle cooperative sociali, che avessero presentato progetti per la realizzazione di nuove iniziative o per il consolidamento e lo sviluppo di attività già avviate.

6.      il titolo I del D.Lgs. n. 185 del 2000, che detta i principi generali in materia di incentivi in favore dell'autoimprenditorialità.

Il predetto D. Lgs. n. 185 è intervenuto nel riordinare l’intera normativa in materia di agevolazioni all’imprenditorialità giovanile, novellando la disciplina dei nuovi incentivi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego, regolati in precedenza dal decreto-legge n. 26 del 1995 sopra esaminato, e del prestito d’onore, previsto dal decreto-legge 1 ottobre 1996, n. 510. In particolare, nell’ambito territoriale di applicazione delle norme in esame[275], ai soggetti ammessi alle agevolazioni sono concedibili i contributi a fondo perduto e mutui agevolati per gli investimenti, secondo i limiti fissati dall'Unione europea; contributi a fondo perduto in conto gestione, secondo i limiti fissati dall'Unione europea; assistenza tecnica in fase di realizzazione degli investimenti e di avvio delle iniziative. Tali benefìci finanziari sono concessi entro il limite del de minimis[276] individuato in base alle vigenti disposizioni comunitarie.

 

La norma prevede che la rinegoziazioneconsista nella rideterminazione della durata complessiva del rimborso.

In ogni caso, tale durata è fissata entro il limite temporale di 15 anni, a decorrere dalla data di scadenza della prima rata, comprensiva del capitale, del piano di rimborso originario.

 

Gli interessi del mutuo rinegoziato sono calcolati in base al tasso di riferimento della Commissione europea fissato alla data della rinegoziazione.

 

Si ricorda che la Commissione, con una propria Comunicazione (GU C 273 del 9.9.1997) ha definito il metodo di fissazione dei tassi di riferimento. Essi sono previsti come base giuridica per il calcolo dei tassi di interesse, nel caso di recuperi degli aiuti di Stato illegali.

In particolare, dal 15 luglio 2004, il tasso di riferimento è determinato a partire da un tasso indicativo, definito a livello del tasso swap interbancario a 5 anni, maggiorato di un premio di 0,75 punti. Il tasso di riferimento deriva dalla media dei tassi indicativi rilevati nel corso di settembre, ottobre e novembre. In corso d’anno, il tasso di riferimento è sottoposto a revisione qualora si discosti di oltre il 15% dalla media dei tassi indicativi registrati nell’ultimo trimestre.

 

Eventuali aumenti del costo degli interessi a causa dell’allungamento e della rinegoziazione dei mutui in oggetto sono previsti a carico dei beneficiari della rinegoziazione di cui al predetto decreto-legge n. 786 del 1985 (cfr. sopra punto 1.).

 

Il comma 189 prevede che alle imprese ammesse alle agevolazioni relative alla predetta rinegoziazione dei mutui si applicano, se più favorevoli, le disposizioni di cui al Titolo I del D.Lgs. n. 185 del 2000 ed ai relativi regolamenti di attuazione (cfr. sopra punto 6.).

 

Il comma 190 autorizza la spesa di 1 milione di euro, per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, per l’attuazione della predetta rinegoziazione dei mutui da parte dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa.

 


 

Articolo 2, comma 191
(Rimodulazione patti territoriali e contratti di area)

 

191. Al comma 6, lettera b), dell’articolo8-bisdeldecreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 127, le parole: «richieste entro quarantotto mesi dalla data di avvio dell’istruttoria» sono sostituite dalle seguenti: «. Per i patti ed i contratti in essere alla data del 31 dicembre 2007, le relative richieste di rimodulazione possono essere presentate entro il 31 dicembre 2008».

 

 

Il comma 191, novellando l’articolo 8-bis, comma 6, lettera b), del D.L. n. 81 del 2007 - che dispone circa l’utilizzo delle risorse impegnate dal Ministero dello sviluppo economico in favore di iniziative imprenditoriali e degli interventi infrastrutturali compresi nei patti territoriali e nei contratti d'area che risultino disponibili a seguito di rinuncia delle imprese ovvero dei provvedimenti di revoca e di rideterminazione delle agevolazioni - specifica che le richieste di rimodulazione delle risorse, per i patti territoriali e ai contratti d'area in essere alla data del 31 dicembre 2007, possono essere presentate entro il 31 dicembre 2008 (in luogo dei 48 mesi dalla data di avvio dell'istruttoria).

 

L'articolo 8-bis citato reca alcune disposizioni per semplificare le procedure per l'erogazione degli incentivi a favore delle imprese, nonché una modifica alla disciplina sulla crisi d'impresa.

In particolare il comma 6 dell'articolo 8-bis, oggetto di modifica, prevedeva nel testo previgente il reimpiego delle risorse impegnate dal Ministero dello sviluppo economico in favore di iniziative imprenditoriali e degli interventi infrastrutturali compresi nei patti territoriali e nei contratti d'area risultanti disponibili a seguito di rinuncia delle imprese o dei provvedimenti di revoca e di rideterminazione delle agevolazioni, fatta salva la copertura finanziaria di rimodulazioni già autorizzate dei patti territoriali e dei contratti d'area in essere.

Tali risorse sono riutilizzate:

a)       per la copertura degli oneri derivanti da:

          i.      la corresponsione del contributo globale al responsabile unico del contratto d'area o al soggetto responsabile del patto territoriale per lo svolgimento dei compiti definiti dalla legge 662/1996 ai commi 203 e seguenti[277];

        ii.      l'incremento previsto dal comma 7 dello stesso articolo 8-bis (si veda supra);

       iii.      la corresponsione alle società convenzionate dei compensi per l'attività di istruttoria e di assistenza tecnica;

 

b)      per la copertura finanziaria di rimodulazioni non ancora autorizzate di patti territoriali e di contratti d'area che fossero richieste entro quarantotto mesi dalla data di avvio dell'istruttoria.

 

Il “Patto territoriale”, quale espressione del partenariato sociale, consiste nell'accordo tra più soggetti (enti locali, soggetti pubblici operanti a livello locale, rappresentanze locali delle categorie imprenditoriali, soggetti privati) per l'attuazione di un programma di interventi nei settori dell'industria, agroindustria, agricoltura, pesca e acquacoltura[278], produzione di energia termica o elettrica da biomasse, servizi, turismo ed in quello dell'apparato infrastrutturale, tra loro integrati.

 

Il contratto d'area costituisce lo strumento operativo - concordato tra le amministrazioni, anche locali, rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché eventuali altri soggetti interessati - funzionale alla realizzazione di un ambiente economico favorevole all'attivazione di nuove iniziative imprenditoriali e alla creazione di nuova occupazione attraverso condizioni di massima flessibilità amministrativa ed in presenza di investimenti qualificati da validità tecnica, economica e finanziaria, nonché di relazioni sindacali e di condizioni di accesso al credito particolarmente favorevoli.

Il contratto di area (introdotto dall’art. 2, comma 203, lettera f), della legge n. 662/1996) si differenzia dal patto territoriale in quanto consta fondamentalmente di un’intesa tra le parti sociali (sindacati e associazioni imprenditoriali) al fine di definire particolari regole circa la flessibilità del lavoro sviluppo economico in favore di iniziative imprenditoriali e degli interventi infrastrutturali compresi nei patti territoriali e nei contratti d'area che risultino disponibili a seguito di rinuncia delle imprese ovvero dei provvedimenti di revoca e di rideterminazione delle agevolazioni - specifica che le richieste di rimodulazione delle risorse, per i patti territoriali e ai contratti d'area in essere alla data del 31 dicembre 2007, possano essere presentate entro il 31 dicembre 2008 (in luogo dei 48 mesi dalla data di avvio dell'istruttoria).


 

Articolo 2, comma 192
(Sede universitaria di ingegneria a Genova nell’area di Erzelli)

 

192. All’articolo23deldecreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, le parole: «Per le opere di infrastrutturazione del polo di ricerca e di attività industriali» sono sostituite dalle seguenti: «Per le opere di insediamento di una sede universitaria permanente per gli studi di ingegneria nell’ambito del polo di ricerca e di attività industriali».

 

 

Il comma 192, attraverso una novella al comma 1 dell’art. 23 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159[279] individua gli interventi infrastrutturali previsti dal citato comma nell’area di Erzelli del comune di Genova nelle opere di insediamento di una sede universitaria permanente per gli studi di ingegneria.

A tali interventi il medesimo articolo 23 destina un contributo di 10 milioni di euro per l’anno 2007.

 

Si ricorda che la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), all’art. 1, comma 1333:

-        aveva previsto che le risorse residue di cui all'art. 145 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, comma 52, fossero interamente destinate alle opere di infrastrutturazione del polo di ricerca e di attività industriali ed alta tecnologia nel territorio del Comune di Genova, localizzato nella spianata di Erzelli[280].

-        aveva autorizzato una spesa annua di 5 milioni di euro all’anno per quindici anni, a decorrere dall’anno 2007, specificamente per l’insediamento di una sede universitaria permanente per gli studi di ingegneria nell’ambito del citato polo di ricerca e di attività industriali ad alta tecnologia.

Il comma 52 dell’art. 145 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001) aveva disposto l’integrazione del programma speciale di reindustrializzazione di cui all'art. 5 del decreto-legge 1° aprile 1989, n. 120[281], con la previsione dello sviluppo di un polo di ricerca e di attività industriali ad alta tecnologia nel territorio del comune di Genova. Per finanziare gli interventi previsti da tale integrazione era stata autorizzata la spesa di lire 10 miliardi per ciascuno degli anni 2001, 2002 e 2003. Il comma 52 citato è stato successivamente modificato dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004), al fine di estendere l'ambito di attività del polo anche alla ricerca, attraverso la modifica della denominazione del polo che è diventato: "Polo di ricerca e di attività industriali ad alta tecnologia”. La modifica introdotta ha inoltre stabilito che le risorse non potessero essere utilizzate per altre finalità fino al 31 dicembre 2006.

 


 

Articolo 2, commi 193-195
(Misure per la crescita della competitività dell’offerta del sistema turistico nazionale)

 


193. Allo scopo di favorire la crescita competitiva dell’offerta del sistema turistico nazionale, definendo e attuando adeguate strategie per la destagionalizzazione dei flussi turistici, anche ai fini della valorizzazione delle aree sottoutilizzate del Paese, con appositi decreti, di natura non regolamentare, del Presidente del Consiglio dei ministri, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite:

a) le tipologie dei servizi forniti dalle imprese turistiche rispetto a cui vi è necessità di individuare caratteristiche similari e omogenee su tutto il territorio nazionale tenuto conto delle specifiche esigenze connesse alle capacità ricettiva e di fruizione dei contesti territoriali;

b) le modalità di impiego delle risorse di cui all’articolo10dellalegge 29 marzo 2001, n. 135, per l’erogazione di «buoni-vacanza» da destinare a interventi di solidarietà in favore delle fasce sociali più deboli, anche per la soddisfazione delle esigenze di destagionalizzazione dei flussi turistici nei settori del turismo balneare, montano e termale.

194. Al fine di incentivare lo sviluppo strategico integrato del prodotto turistico nazionale mediante la promozione di economie di scala e il contenimento dei costi di gestione delle imprese del settore, con uno o più regolamenti da adottare ai sensi dell’articolo17, comma 2, dellalegge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite, nel rispetto delle competenze regionali, le procedure acceleratorie e di sempli­ficazione volte a favorire sia l’aumento dei flussi turistici sia la nascita di nuove imprese del settore. Tali procedure devono privilegiare le azioni finalizzate, tra l’altro, alla razionalizzazione e alla riduzione degli adempimenti a carico delle imprese e dei termini di durata dei procedimenti, nonché a definire specifici moduli procedimentali idonei a contestualizzare l’esercizio dei poteri pubblici.

195. Il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri, avvalendosi delle risorse umane, strutturali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, provvede ad assicurare il supporto tecnico-specialistico in favore dei soggetti nazionali e internazionali che intendono promuovere progetti di investimento volti a incrementare e a riqualificare il prodotto turistico nazionale, attivando le procedure di cui al comma 194.


 

 

I commi 193-195 dell’articolo 2 prevedono l’adozione di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri recanti misure volte ad accrescere la competitività dell’offerta del sistema turistico nazionale.

I decreti, di natura non regolamentare, per la cui adozione si richiede l’intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, provvederanno alla definizione e all’attuazione di strategie per la destagionalizzazione dei flussi turistici, anche allo scopo di valorizzare le aree sottoutilizzate del Paese.

In particolare i decreti, di cui la norma non fissa i termini per l’adozione, provvederanno a definire:

§      le tipologie dei servizi forniti dalle imprese turistiche per le quali si rende necessaria l’individuazione di caratteristiche similari ed omogenee a livello nazionale, pur tenendo conto di specifiche esigenze correlate alle capacità di ricezione e di fruizione dei diversi contesti territoriali;

§      le modalità di impiego delle risorse del "Fondo di rotazione per il prestito e il risparmio turistico", di cui all’art. 10 della legge n. 135/01, destinate all’erogazione di “buoni vacanza” a favore delle fasce sociali più deboli. La misura risponde all’esigenza di destagionalizzazione dei flussi turistici nei settori del turismo balneare, montano e termale.

Con l'articolo 10 della legge 29 marzo 2001, n. 135 recante “Riforma della legislazione nazionale del turismo” è stato istituito presso il Ministero dell'industria (ora dello sviluppo economico) il Fondo di rotazione per il prestito e il risparmio turistico. Scopo del Fondo - al quale affluiscono risparmi di individui, imprese, istituzioni e associazioni private (circoli aziendali, associazioni non-profit, banche e società finanziarie), nonché risorse derivanti da finanziamenti, donazioni e liberalità provenienti da soggetti sia pubblici che privati - è quello di favorire l'accesso alle vacanze dei cittadini, sostenendo in tal modo la domanda interna, attraverso l'erogazione di prestiti turistici a tasso agevolato sia a singoli che a famiglie a basso reddito. Il limite di tale reddito viene fissato ogni tre anni con decreto del Ministro dell'industria (ora dello sviluppo economico), secondo criteri di valutazione stabiliti dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109 "(Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della legge 27 dicembre 1997, n. 449").

Per avviare la gestione del Fondo il comma 4 dell'articolo 10 ha disposto un conferimento di 7 mld annui (corrispondenti a 3,61 milioni di euro) per il triennio 2000-2002. Lo stesso articolo ha previsto, inoltre, che con decreto del Ministro dell'industria (ora dello sviluppo economico), da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, si provveda a fissare: i criteri e le modalità di organizzazione e di gestione del Fondo; la tipologia delle agevolazioni e dei servizi erogati; i soggetti destinatari delle agevolazioni; le modalità di utilizzo degli utili eventualmente derivanti dalla gestione del Fondo per interventi destinati ai soggetti più bisognosi. Il fine è quello di collegare il Fondo ad un sistema di buoni-vacanza gestito da associazioni non-profit, istituti bancari e finanziari e imprese turistiche, a livello nazionale, previa intesa nella Conferenza Stato-regioni. Il decreto non è mai stato adottato.

 

Il commi 194 e 195 dell’articolo, intervengono in materia di sostegno allo sviluppo strategico integrato del prodotto turistico nazionale.

 

Il comma 194 prevede che, per sostenere lo sviluppo del settore mediante la promozione di economie di scala ed il contenimento dei costi di gestione delle imprese ivi operanti, siano definite con uno o più regolamenti le procedure acceleratorie e di semplificazione volte a favorire sia l’aumento dei flussi turistici, sia la nascita di nuove imprese del settore, nel rispetto delle competenze regionali.

Tali regolamenti sono da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400/1988, sentita la Conferenza permanente per il rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano[282].

 

Il comma 195 dispone che il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, operante presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, assicuri il supporto tecnico-specialistico in favore dei soggetti nazionali ed internazionali che intendano promuovere progetti di investimento volti ad incrementare e riqualificare il prodotto turistico nazionale, attivando le procedure di cui al comma 193.

A tal fine il Dipartimento si avvarrà delle risorse umane, strutturali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Si ricorda che il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181[283] ha attribuito alla Presidenza del Consiglio dei ministri (comma 19-bis) le funzioni di competenza statale in materia di turismo, precedentemente attribuite al Ministero delle attività produttive (nuovo Ministero dello sviluppo economico di cui ai co. 1 e 12, art. 1 del citato decreto-legge) dagli artt. 27 e 28 del D.Lgs. 300/1999 .

Lo stesso comma ha previsto, inoltre, che il Ministro per lo sviluppo economico e il Presidente del Consiglio concertino l’individuazione e l’utilizzazione delle risorse finanziarie da destinare al turismo, comprese quelle incluse nel Fondo per le aree sottoutilizzate.

Il comma 19-bis ha stabilito, altresì, che ai fini dell’esercizio delle suddette funzioni il Presidente del Consiglio si avvalga di un nuovo dipartimento per il turismo costituita ai sensi del comma 19-ter presso il Ministero per i beni e le attività culturali, conseguente al trasferimento a tale Ministero delle dotazioni finanziarie, strumentali e di personale della direzione generale del turismo già del Ministero delle attività produttive, disposta dal successivo comma 19-quater che ne dispone la conseguente soppressione.

Successivamente, il decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, recante Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria (convertito in legge dal Senato della Repubblica il 23 novembre 2006), all’art. 15 (Organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali), comma 5, ha modificato l’articolo 1, comma 19-bis del decreto-legge 181 del 2006 - incardinando presso la Presidenza del Consiglio il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, che subentra nelle funzioni alla direzione generale del turismo contestualmente soppressa. Il decreto-legge è stato convertito in legge dal Senato della Repubblica il 23 novembre 2006 e l'originario art.15, comma 5, è diventato l'articolo 1, comma 98.

 


 

Articolo 2, commi 196-203
(Misure urgenti per la tutela dei consumatori in materia di prezzi)

 


196. Ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura rende noto al pubblico il proprio «ufficio prezzi», che riceve segnalazioni e verifica le dinamiche concernenti le variazioni dei prezzi di beni e servizi praticati ai consumatori finali.

197. Lo svolgimento delle attività di verifica di cui al comma 196 può essere disciplinato da convenzioni non onerose stipulate fra le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, i comuni e gli altri enti interessati e la prefettura-ufficio territoriale del Governo, che individuano anche le modalità di rilevazione e di messa a disposizione dei consumatori, anche in forma comparata, delle tariffe e dei prezzi rilevati.

198. Ai fini del comma 197, la Conferenza unificata di cui all’articolo8deldecreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, può disciplinare, d’intesa con l’Unioncamere, l’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e i Ministeri dello sviluppo economico, delle politiche agricole alimentari e forestali, dell’interno e dell’economia e delle finanze, la convenzione tipo e le procedure standard.

199. È istituito presso il Ministero dello sviluppo economico il Garante per la sorveglianza dei prezzi, che sovrintende alla tenuta ed elaborazione delle informazioni richieste agli «uffici prezzi» delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di cui al comma 196, all’ISTAT, ai competenti uffici del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nonché, quanto ai servizi di pubblica utilità, alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, nonché a renderle note anche in forma comparata e telematica, avvalendosi del «Portale delle imprese», gestito in rete, nell’ambito delle proprie risorse dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, che svolge servizio unicamente informativo e assume il nome di «Portale delle imprese, dei consumatori e dei prezzi».

200. Il Garante di cui al comma 199 è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, tra i dirigenti di prima fascia del Ministero dello sviluppo economico, si avvale per il proprio funzionamento delle strutture del medesimo Ministero, svolge i compiti di cui ai commi da 196 a 203 senza compenso e mantenendo le proprie funzioni. L’incarico ha la durata di tre anni.

201. Il Garante di cui al comma 199 riferisce le dinamiche e le eventuali anomalie dei prezzi, rilevate ai sensi delle disposizioni di cui ai commi da 196 a 203, al Ministro dello sviluppo economico, che provvede, ove necessario, alla formulazione di segnalazioni all’Autorità garante della concorrenza e del mercato e di proposte normative.

202. Le informazioni riferite ai prezzi al consumo, anche nominative, sono in ogni caso sottratte alla disciplina di tutela in materia di riservatezza dei dati personali.

203. Alle attività svolte ai sensi dei commi da 196 al presente comma le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura fanno fronte con le risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili a legislazione vigente. Dall’attuazione dei commi da 196 al presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

 

I commi 196-203 recano disposizioni concernenti la tutela dei consumatori in materia di prezzi, prevedendo in particolare l’istituzione del Garante per la sorveglianza dei prezzi (c.d. Mister prezzi).

 

Il comma 196 affida agli “uffici prezzi” di ciascuna camera di commercio – che provvederà a renderli noti – il compito di ricevere segnalazioni e di verificare le dinamiche di variazione dei prezzi di beni e servizi praticati ai consumatori finali.

L’attività di verifica dei suddetti uffici può essere svolta sulla base di convenzioni non onerose, stipulate tra le camere di commercio, i comuni, gli altri enti interessati e la prefettura - ufficio territoriale di Governo. Le convenzioni, oltre a disciplinare lo svolgimento dell’attività di cui al precedente comma, provvederanno altresì ad individuare le modalità di rilevazione e di messa a disposizione dei consumatori delle tariffe e dei prezzi rilevati, anche in forma comparata (comma 197).

 

Il comma 198 riconosce alla Conferenza Unificata la possibilità di disciplinare la convenzione tipo e le procedure standard, d’intesa con l’Unioncamere, l’ANCI e i Ministeri dello sviluppo economico, delle politiche agricole, alimentari e forestali, dell’interno e dell’economia e delle finanze.

 

Con il comma 199 viene istituito presso il Ministero dello sviluppo economico il Garante per la sorveglianza dei prezzi, cui è affidato il compito di sovrintendere alla tenuta e all’elaborazione delle informazioni richieste agli “'uffici prezzi'” delle camere di commercio, all'Istat, ai competenti uffici del Ministero delle politiche agricole e anche alla Presidenza del Consiglio (dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica) per i servizi di pubblica utilità.

Il Garante provvederà, altresì, alla circolazione delle informazioni, anche in forma comparata e telematica, avvalendosi del "Portale delle imprese”, gestito in rete dalle camere di commercio nell’ambito delle proprie risorse. Il Portale, che svolge attività unicamente di tipo informativo, assumerà il nome di “Portale delle imprese, dei consumatori e dei prezzi".

Si segnala, in proposito, che attualmente le camere di commercio gestiscono infoimprese.it, una iniziativa realizzata da InfoCamere, società consortile di proprietà di tutte le camere di commercio italiane, avente lo scopo di garantire il collegamento tra le stesse camere attraverso una rete telematica che consenta alle aziende, alle amministrazioni e ai cittadini di accedere in tempo reale ad atti, documenti e informazioni sulle imprese iscritte nei registri, albi, ruoli, elenchi e repertori detenuti dalle camere tesse.

Infoimprese.it offre gratuitamente l'accesso:

-        alle informazioni anagrafiche ufficiali di tutte le imprese italiane attive iscritte al registro delle imprese;

-        alle informazioni commerciali contenute nelle "vetrine promozionali" aperte dalle imprese che forniscono informazioni su prodotti, marchi, attività di export, canali di vendita, certificazioni di qualita', indirizzo del sito Internet, e-mail ecc.

 

La nomina del Garante – scelto tra i dirigenti di prima fascia del Ministero dello sviluppo economico - compete al Presidente del Consiglio dei ministri che vi provvede con proprio decretosu proposta del Ministro dello sviluppo economico. Il Garante, che svolge i propri compiti senza compenso e mantenendo le proprie funzioni, si avvale per il proprio funzionamento del supporto delle strutture del Ministero e resta in carica tre anni (comma 200).

 

Si segnala che il Garante è stato nominato in data 15 gennaio 2008 come risulta da un comunicato del Ministero dello sviluppo economico.

 

Il Garante riferisce al Ministro dello sviluppo economico le dinamiche e le eventuali anomalie dei prezzi rilevate. Da parte sua il Ministro provvede –qualora si renda necessario - a formulare eventuali segnalazioni all'Antitrust e proposte normative (comma 201).

 

Il comma 202 sottrae alla disciplina concernente la riservatezza dei dati personali le informazioni riferite ai prezzi al consumo, anche se nominative[284].

 

Il comma 203, infine, prevede che le camere di commercio ai fini dello svolgimento delle attività previste dall’articolo in esame si avvalgano delle risorse umane, finanziarie e strumentali, disponibili a legislazione vigente. Infatti, come stabilisce il secondo periodo dello stesso comma, l’attuazione delle disposizioni in esame non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio statale.


 

Articolo 2, commi 204-215
(Interventi a favore dell’industria cantieristica
e delle imprese armatoriali)

 


204. Per il completamento degli interventi di cui agli articoli 2 e 4dellalegge 28 dicembre 1999, n. 522, è autorizzata la spesa di 6 milioni di euro per l’anno 2008 e di 14 milioni di euro per l’anno 2009.

205. Per il completamento degli interventi di cui all’articolo3dellalegge 16 marzo 2001, n. 88, è autorizzata la spesa di 14 milioni di euro per l’anno 2008, di 21 milioni di euro per l’anno 2009 e di 25 milioni di euro per l’anno 2010.

206. Per il completamento degli interventi previsti dall’articolo4, comma 153, dellalegge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, in applicazione del regolamento (CE) n. 1177/2002 del Consiglio, del 27 giugno 2002, relativo al meccanismo di difesa temporaneo della cantieristica europea dal dumping dei Paesi asiatici, è autorizzata una spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2008. Le modalità di concessione del contributo sono quelle previste dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 2 febbraio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 93 del 21 aprile 2004.

207. Ai sensi dell’articolo3delregolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, l’efficacia del comma 206 è subordinata alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea, nonché alle condizioni o limitazioni eventualmente imposte dalla stessa nella relativa decisione di autorizzazione.

208. L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo4dellalegge 9 gennaio 2006, n. 13, e successive modificazioni, è ridotta di 15 milioni di euro per l’anno 2008.

209. Il fondo di cui all’articolo3, comma 2, dellalegge 9 gennaio 2006, n. 13, è integrato di 4 milioni di euro per l’anno 2008.

210. A decorrere dal 1° gennaio 2008, è istituito, presso il Ministero dei trasporti, un fondo destinato a interventi volti a migliorare l’efficienza energetica e ridurre le emissioni in atmosfera delle navi passeggeri in navigazione e in porto oltre quanto previsto dalla normativa vigente. La dotazione iniziale di tale fondo è pari a 1 milione di euro per l’anno 2008 ed a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010.

211. Il fondo di cui al comma 210 ha la funzione di provvedere all’erogazione di un contributo per attività di ricerca e definizione degli opportuni standard di efficienza energetica e ambientale alla luce delle tecnologie innovative disponibili, per l'individuazione degli impedimenti buro­cratici, logistici e organizzativi che riducono l’efficienza energetica e incrementano le emissioni del trasporto marittimo, per campagne informative sul trasporto marittimo sostenibile, sulle opportunità tecnologiche praticabili e sulle migliori pratiche riguardanti soluzioni già attuate, nonché per favorire gli investimenti e compensare i maggiori oneri operativi derivanti da interventi strutturali e impiantistici, componenti e sistemi, ivi inclusi i sistemi di gestione e controllo, i trattamenti autoleviganti e antivegetativi di carena che consentono una maggior efficienza energetica della nave in rapporto alla sua capacità di trasporto o la riduzione delle emissioni in atmosfera, in navigazione e in porto, oltre quanto previsto dalla vigente normativa internazionale e comunitaria.

212. Il Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, stabilisce, con proprio decreto, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli indici e gli standard energetici e ambientali necessari per conseguire le finalità di cui ai commi 210 e 211, ivi incluse le modalità di verifica e certificazione da parte dell’ente tecnico, da definire in coerenza con la normativa internazionale e comunitaria, graduando la decorrenza del beneficio e l’entità del medesimo in funzione dei miglioramenti di efficienza energetica e ambientale ottenuti con gli interventi adottati.

213. Il Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, determina, con proprio decreto, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, in conformità con la normativa comunitaria in materia, i criteri di attribuzione dei benefici di cui ai commi da 210 a 212, nei limiti delle disponibilità di cui al comma 210. Il contributo non può superare il 30 per cento degli investimenti ammissibili per il raggiungimento degli standard ambientali ed il 40 per cento degli investimenti ammissibili per il raggiungimento degli standard energetici, con l’eccezione delle attività per studi, ricerche e campagne informative, nonché per gli impianti terra-nave dedicati alla fornitura e all’utilizzo della corrente di terra, per le quali viene riconosciuto fino al 100 per cento dei costi di investimento e dei costi operativi.

214. L’efficacia dei decreti previsti dai commi 212 e 213 è subordinata, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, alla preventiva autorizzazione della Com­missione europea.

215. Il Ministero dei trasporti promuove la realizzazione di accordi con le autorità portuali e i fornitori di energia elettrica per l’approvvigionamento di elettricità alle navi a prezzi convenzionati e compatibili con le attuali modalità di approvvigionamento in porto.


 

 

I commi 204-209 dell'articolo 2, dispongono il rifinanziamento di interventi di sostegno all'industria cantieristica, armatoriale e alle imprese marittime.

 

Il comma 204 destina 6 milioni di euro per il 2008 e 14 milioni di euro per il 2009, al rifinanziamento dei contributi - previsti rispettivamente dagli articoli 2 e 4 della legge 28 dicembre 1999, n. 522[285] - per costruzioni e trasformazioni navali e per investimenti volti al miglioramento della produttività dei cantieri.

 

Il comma 205 destina 14 milioni di euro per il 2008, 21 milioni di euro per il 2009 e 25 milioni di euro per il 2010, allo scopo di rifinanziare i contributi alle imprese amatoriali previsti dall’art. 3 della legge 16 marzo 2001, n. 88[286].

 

Il comma 206 destina 10 milioni di euro per il 2008, al completamento degli interventi di cui all’articolo 4, comma 153, legge 24 dicembre 2003, n. 350[287], che autorizza spese finalizzate all’applicazione del meccanismo di difesa temporanea della cantieristica europea contro il dumping dei paesi asiatici; stabilisce inoltre che le modalità di concessione del contributo sono quelle definite dal decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 2 febbraio 2004[288].

Nel giugno 2000 la Commissione delle Comunità europee e la Corea hanno firmato accordi relativi alla costruzione navale, allo scopo di ripristinare condizioni di concorrenza eque e trasparenti. La Comunità, rilevata l’effettiva violazione, da parte coreana, degli impegni assunti e la conseguente opportunità di introdurre meccanismi difensivi temporanei a favore dei segmenti europei di mercato cantieristico lesi dalla concorrenza sleale coreana, ha previsto, con regolamento (CE) 1177/2002[289], la possibilità di derogare alla disciplina sugli aiuti alla costruzione navale, di cui al regolamento (CE) 1540/98[290], autorizzando un contributo a favore dei cantieri che costruiscano:

-        navi porta container;

-        navi chemichiere;

-        navi cisterna per prodotti petroliferi;

-        navi per il trasporto di gas liquefatto.

Nel caso in cui un cantiere navale coreano, entrato in concorrenza con un cantiere europeo per l’aggiudicazione di un contratto, abbia offerto un prezzo inferiore, possono essere autorizzati aiuti, per contratti firmati dall’entrata in vigore del regolamento (3 luglio 2002) al 31 marzo 2005, nella misura massima del 6% del valore contrattuale; la consegna del naviglio deve avvenire entro tre anni dalla firma del contratto definitivo salvo proroghe specificamente autorizzate dalla Commissione; le valutazioni circa l’andamento del mercato e le condizioni per l’applicazione dell’aiuto sono di competenza della Commissione. L’aiuto è soggetto all’articolo 88 del Trattato (competenza della Commissione in materia di aiuti di Stato) e alle procedure di deferimento alla Corte europea di giustizia.

 

La concessione dei contributi a tutela della cantieristica europea contro il dumping dei paesi asiatici è, a norma del comma 207, subordinata alla preventiva approvazione da parte della Commissione Europea e alle eventuali condizioni imposte nella decisione di autorizzazione.

 

Il comma 208 riduce di 15 milioni di euro, per l’anno 2008, l’autorizzazione di spesa concernente il fondo per il potenziamento, la sostituzione e l'ammodernamento della flotta.

 

Tale fondo è stato istituito dalla legge 9 gennaio 2006, n. 13[291], articolo 4 - da ultimo modificato dall’articolo 1, comma 1046, della finanziaria 2007[292] - presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e riguarda le unità navali destinate al servizio di trasporto pubblico locale effettuato per via marittima, fluviale e lacuale.

La dotazione iniziale del fondo, pari a 10 milioni annui di euro per il triennio 2005-2007, è stata da ultimo integrata dal comma 1046 della legge finanziaria per il 2007, che ha autorizzato la spesa di 24 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, allo scopo di favorire la demolizione delle unità navali che risultino:

-        non più conformi agli avanzati standard in materia di sicurezza della navigazione e di tutela dell'ambiente marino;

-        vecchie di oltre venti anni;

-        iscritte, alla data del 1° gennaio 2006, nei registri tenuti dalle Autorità nazionali.

 

Il comma 209 stanzia 4 milioni di euro per l’anno 2008 in favore del fondo per l'eliminazione del naviglio obsoleto.

 

Istituito dall’articolo 3, comma 2, della legge 9 dicembre 2006, n. 13[293], tale fondo è volto a favorire ed accelerare l'eliminazione delle navi cisterna a scafo singolo non conformi ai più avanzati standard in materia di sicurezza della navigazione, attraverso contributi alla demolizione delle navi abilitate al trasporto di petrolio greggio o di prodotti petroliferi e chimici, aventi portata lorda superiore a 600 tonnellate e la cui entrata in esercizio, al 31 dicembre 2004, risalga ad almeno quindici anni prima.

 

I commi 210, 211, 212, 213 e 214 dell'articolo in esame dispongono il finanziamento di interventi destinati al miglioramento dell’efficienza energetica e alla riduzione delle emissioni in atmosfera delle navi passeggeri, in navigazione e in porto, oltre a quanto già previsto dalla normativa vigente: a questo scopo è istituito un apposito fondo ed è demandata al Ministero dei trasporti la promozione di accordi con autorità portuali e fornitori di energia per l’approvvigionamento di elettricità per le navi a prezzi convenzionati.

 

Il comma 210 istituisce, a decorrere dal 1º gennaio 2008, presso il Ministero dei trasporti, un fondo, con una dotazione iniziale pari a 1 milione di euro per il 2008 e a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010.

 

A valere su di esso, a norma del comma 211,possono esser disposti contributi per:

§      attività di ricerca e definizione di opportuni standard di efficienza energetica e ambientale, alla luce delle tecnologie innovative disponibili;

§      individuazione degli impedimenti burocratici, logistici e organizzativi capaci di ridurre l’efficienza energetica e di incrementare le emissioni del trasporto marittimo;

§      campagne informative concernenti:

-       il trasporto marittimo sostenibile,

-       le opportunità tecnologiche praticabili,

-       le migliori pratiche riguardanti soluzioni già attuate;

§         investimenti;

§         compensazione dei maggiori oneri derivanti da interventi, componenti e sistemi, inclusi i sistemi di gestione e controllo, i trattamenti autoleviganti e antivegetativi di carena, che consentono una maggior efficienza energetica in rapporto alla capacità di trasporto della nave o la riduzione, in navigazione e in porto, delle emissioni in atmosfera.

 

Ai sensi del comma 212, compete al Ministro dei trasporti, di concerto col Ministro dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare, stabilire, per tali finalità, con proprio decreto, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria, indici e standard energetici e ambientali - incluse le modalità di verifica e certificazione da parte degli enti tecnici - da definirsi in coerenza con la normativa internazionale e comunitaria, graduando decorrenza ed entità del contributo in funzione dei miglioramenti di efficienza energetica ed ambientale ottenuti.

 

A norma del comma 213, al Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, compete altresì la determinazione, con proprio decreto da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in oggetto, e in conformità con la normativa comunitaria in materia e nei limiti delle disponibilità del fondo istituito dal comma 210, dei criteri di attribuzione delle medesime risorse.

I contributi non possono superare il 30 per cento degli investimenti ammissibili per il raggiungimento degli standards ambientali ed il 40 per cento degli investimenti ammissibili per il raggiungimento degli standards energetici; questi limiti non si applicano alle attività per studi, ricerche e campagne informative e alle attività per gli impianti terra-nave dedicati alla fornitura e all’utilizzo della corrente di terra: ad esse può esser infatti riconosciuto fino al 100 per cento dei costi.

 

Anche la legge finanziaria 2007[294] (articolo 1, commi 1040-1041) ha assegnato contributi in favore dell’innovazione tecnologica dell’industria cantieristica, destinando 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 a:

-        progetti connessi all'applicazione industriale di prodotti e processi innovativi, prodotti o processi tecnologicamente nuovi o sensibilmente migliorativi rispetto allo stato dell'arte del settore nell'Unione europea e che comportino un rischio di insuccesso tecnologico o industriale;

-        progetti limitati al sostegno delle spese di investimento, concezione, ingegneria industriale e collaudo, direttamente ed esclusivamente collegate alla parte innovativa del progetto.

I contributi possono essere versati, in misura non superiore al 20% delle spese sostenute, alle sole imprese iscritte, al momento della presentazione dell’istanza, agli albi speciali istituiti, presso il Ministero della marina mercantile - ora Ministero dei trasporti - dall’articolo 19 della legge 14 giugno 1989, n. 234[295]:

a) albo speciale delle imprese di costruzione navale;

b) albo speciale delle imprese di riparazione navale;

c) albo speciale delle imprese di demolizione navale.

Il contributo è concesso nei limiti e per le finalità indicate nella sezione 3.3.1., paragrafo 15, della nuova disciplina comunitaria degli aiuti di Stato alla costruzione navale[296]. In base a tale normativa, gli aiuti alla costruzione navale - vale a dire gli aiuti concessi, in modo diretto o indiretto, ad un cantiere navale, a un’entità collegata, a un armatore o a un terzo, per la costruzione, la riparazione e la trasformazione di navi - possono essere attribuiti a norma degli articoli 87 e 88 del Trattato. Sono ammesse alcune eccezioni: in specie, gli aiuti all'innovazione per i cantieri esistenti di costruzione, riparazione e trasformazione navale sono considerati compatibili con il mercato comune a condizioni tassativamente indicate.

 

Il comma 214 subordina l’efficacia dei decreti di cui ai commi 212 e 213 alla preventiva autorizzazione della Commissione europea. Ad essa infatti l’articolo 88, par. 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, attribuisce la competenza specifica a giudicare della compatibilità degli aiuti di Stato con il mercato comune.

 

In particolare, l’articolo 88 del Trattato CEE dispone che la Commissione insieme agli Stati membri provvede all'esame permanente dei regimi di aiuti esistenti a livello nazionale e propone le misure connesse alle esigenze del mercato comune.

Quando la Commissione constata che un aiuto concesso da uno Stato o mediante fondi statali non è compatibile con il mercato comune, ovvero che è attuato in modo abusivo, fissa un termine entro cui lo Stato deve sopprimerlo o modificarlo. Qualora lo Stato non si conformi entro il termine stabilito, la Commissione o qualsiasi altro Stato interessato può adire direttamente la Corte di giustizia, in deroga agli articoli 226 e 227.

A richiesta di uno Stato membro, il Consiglio, all'unanimità, può considerare un aiuto compatibile con il mercato comune, in deroga alle disposizioni dell'articolo 87 o ai regolamenti di cui all'articolo 89, qualora ciò sia giustificato da circostanze eccezionali.

Alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti ad istituire o modificare aiuti. Ove la Commissione non li ritenga compatibili con il mercato comune, a norma dell'articolo 87, inizia senza indugio la procedura prevista: prima della pronuncia definitiva, lo Stato interessato non può dare esecuzione al progetto di aiuti.

Il comma 215, infine, demanda al Ministero dei trasporti la promozione di accordi con le autorità portuali e con i fornitori di energia elettrica, per l’approvvigionamento di elettricità alle navi a prezzi convenzionati e compatibili con le vigenti modalità di approvvigionamento in porto.


 

Articolo 2, commi 216-217
(Tonnage tax)

 

216. All’articolo 155, comma 1, primo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole: «in traffico internazionale» sono soppresse.

217. All’articolo 56, comma 1, secondo periodo, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo le parole: «della predetta sezione I» sono inserite le seguenti: «e del capo VI del titolo II».

 

 

I commi 216 e 217 dell’articolo 2 estendono l’ambito di applicazione del regime forfetario di determinazione del reddito ai fini dell’imposta sulle società - IRES per le imprese marittime (c.d. tonnage tax).

 

Gli articoli da 155 a 161 del TUIR (costituenti il capo VI del titolo II) hanno introdotto nel nostro ordinamento la c.d. tonnage tax, ossia un sistema di tassazione forfetaria del reddito prodotto dalle imprese marittime, espressamente indicate nell’articolo 155 del TUIR, in base alla stazza lorda del naviglio da esse posseduto e ai giorni d’impiego del naviglio stesso. Il D.M. 23 giugno 2005 (G.U. 4 luglio 2005, n. 153) ha dettato disposizioni per l’applicazione di tale regime forfetario.

Ai sensi del comma 1 del citato articolo 155 del TUIR, i soggetti che possono esercitare l’opzione per l’applicazione della c.d. tonnage tax sono quelli di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), del TUIR, ovvero le società per azioni, in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e di mutua assicurazione (per l’estensione del regime forfetario alle società in nome collettivo e in accomandita semplice si veda il comma 217 del presente articolo), residenti nel territorio dello Stato, con riferimento al reddito derivante dall’utilizzazione in "traffico internazionale" (tale specificazione viene soppressa dal comma 216 dell’articolo in esame) delle navi iscritte nell’apposito Registro internazionale (istituito dal D.L. n. 457 del 1997, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 30 del 1998) e destinate (articolo 8-bis, comma 1, lettera a), del D.P.R. n. 633 del 1972):

-          all’esercizio di attività commerciali,

-          all’esercizio della pesca,

-          ad operazioni di salvataggio,

-          ad operazioni di assistenza in mare,

-          alla demolizione.

Sono invece escluse le unità da diporto.

Ai fini dell’applicazione del regime forfetario le navi devono essere detenute in proprietà, anche se date a noleggio, o detenute in locazione a scafo nudo[297] (si veda l’articolo 1, comma 1, lettera d), del citato D.M. 23 giugno 2005). Il comma 1 dell’articolo 157 del TUIR precisa che l’opzione per il regime forfetario non può essere esercitata nel caso in cui oltre la metà delle navi complessivamente utilizzate sia concesso in locazione a scafo nudo per un periodo di tempo superiore, per ciascuna unità, al 50 per cento dei giorni di effettiva navigazione per ciascun esercizio sociale[298]. Le navi, al reddito delle quali si può applicare il regime forfetario, sono quelle armate dai sopra indicati soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), del TUIR, nonché quelle noleggiate a condizione che il loro tonnellaggio non sia superiore al 50 per cento del tonnellaggio complessivamente utilizzato.

 

Il comma 216 consente alle imprese marittime che svolgono attività di cabotaggio di usufruire del regime di tonnage tax, attualmente riservato alle imprese che esercitano le navi per traffici internazionali.

A tal fine, la norma in esame sopprime, all’articolo 155, comma 1, primo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi – TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986) le parole: «in traffico internazionale».

 

Il comma 217 estende alle società in nome collettivo e in accomandita semplice il regime di tonnage tax prima illustrato.

Viene a tal fine modificato l’articolo 56, comma 1, secondo periodo, del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986) inserendovi il rinvio alle disposizioni di cui al capo VI del titolo II del TUIR, ove è disciplinata la tonnage tax.

 


 

Articolo 2, commi 218-220
(Ammortamento di alcuni beni mobili registrati)

 


218. Le disposizioni di cui all’articolo 102, commi 1, 2, 3 e 7, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, non si applicano ai beni mobili registrati con costo ammortizzabile ai fini fiscali in un periodo non inferiore a dieci anni, la cui utilizzazione richieda un equipaggio di almeno sei persone, qualora siano concessi in locazione finanziaria con obbligo di acquisto, da un Gruppo europeo di interesse economico (GEIE) o da una società per azioni o a responsabilità limitata per le quali sia stata esercitata l’opzione prevista dall’articolo 115, comma 4, del predetto testo unico, ad un’impresa che li destini all’esercizio della propria attività abituale.

219. Le quote di ammortamento sono deducibili dal reddito del concedente in misura non superiore al 35 per cento del costo in ciascun periodo di imposta e, anteriormente alla entrata in funzione del bene, in misura comunque non superiore all’ammontare dei corrispettivi pagati in ciascun esercizio al costruttore. Con decreto di natura non regolamentare del Ministero dell’economia e delle finanze sono adottate le disposizioni applicative del comma 218 anche al fine di assicurare che la riduzione delle entrate per il bilancio dello Stato non superi complessivamente la somma di 2,7 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008.

220. L’efficacia del comma 218 è subordinata, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, all’autorizzazione della Commissione europea. Il Ministero dei trasporti provvede a richiedere l’autoriz­zazione alla Commissione europea.


 

 

I commi da 218 a 220 dell’articolo 2 introducono un regime di ammortamento fiscale specifico per alcuni beni mobili registrati utilizzati per l’attività marittima tramite contratto di locazione finanziaria con obbligo di acquisto (c.d. tax lease).

Il tax lease è un meccanismo che permette al soggetto concedente (normalmente rappresentato da banche e operatori creditizi che acquistano o fanno costruire il bene) un risparmio di imposta che può essere parzialmente trasferito all’utilizzatore del bene, mediante la riduzione dei canoni di locazione finanziaria o del prezzo di riscatto.

 

In particolare il comma 218 dell’articolo in esame dispone l’inapplicabilità delle norme fiscali in materia di ammortamento dei beni materiali (articolo 102, commi 1, 2, 3 e 7, del Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR[299]) ai beni aventi i seguenti requisiti:

§      siano beni mobili registrati;

§      la loro utilizzazione richieda un equipaggio di almeno sei persone;

§      il loro costo sia ammortizzabile ai fini fiscali in un periodo non inferiore a dieci anni;

§      siano concessi in locazione finanziaria con obbligo di acquisto a un’impresa che li destini all'esercizio della propria attività abituale;

§      il concedente sia un Gruppo europeo di interesse economico (GEIE)[300], una società per azioni o a responsabilità limitata, per le quali sia stata esercitata l'opzione per la trasparenza fiscale, prevista dall'articolo 115 del TUIR[301].

 

Si segnala che l’articolo 102 del TUIR è stato modificato, ed in particolare i commi 3 e 7 richiamati dalla norma in commento, dai commi 33 e 34 dell’articolo 1 della presente legge finanziaria. Si rinvia, pertanto, a tale scheda per ulteriori approfondimenti.

 

L’articolo 102 del TUIR, nel testo previgente, disciplina l’ammortamento[302] dei beni materiali strumentali per l’esercizio dell’impresa. Le quote di ammortamento di tali beni sono deducibili a partire dall'esercizio di entrata in funzione del bene (comma 1). La deduzione deve essere effettuata in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione al costo dei beni di appositi coefficienti stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze[303], per categorie di beni omogenei, in base al loro normale periodo di deperimento e consumo (comma 2). Il comma 3, che disciplina l’ammortamento anticipato e accelerato, è abrogato dall’articolo 1, comma 33, lettera n), numero 1), della legge in esame. Il comma 7, che disciplina l’ammortamento dei beni concessi in locazione finanziaria, è sostituito dal numero 2) del citato articolo 1, comma 33, lettera n), della presente legge. Il nuovo comma 7 stabilisce che, per i beni mobili concessi in locazione finanziaria, l’impresa concedente deduce quote di ammortamento determinate nella misura risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario, mentre l’impresa utilizzatrice può dedurre i canoni di locazione finanziaria a condizione che la durata del contratto non sia inferiore ai due terzi del periodo di ammortamento previsto dal decreto ministeriale di cui al comma 2 dello stesso articolo.

 

I beni che soddisfano le condizioni poste dal comma in esame sono:

-       navi passeggeri;

-       navi da carico cisterna o frigorifera;

-       navi da carico per carico secco;

-       navi per navigazione interna in acciaio o ferro;

-       ferry-boat;

-       rimorchiatori;

-       naviglio fermo;

-       navi per navigazione interna in legno;

-       barconi, chiatte, pontoni e lance.

 

Il comma 219 dell’articolo 2 prevede che le quote di ammortamento dei beni di cui al comma 218 sono deducibili dal reddito dell’impresa concedente in misura non superiore, in ciascun periodo di imposta, al 35 per cento del costo. Inoltre, a differenza di quanto ordinariamente previsto, è consentita la deduzione di quote di ammortamento anche anteriormente all’entrata in funzione del bene; in tal caso le quote di ammortamento non possono essere superiori ai corrispettivi pagati al costruttore.

Si prevede l’emanazione di un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, il quale dovrà dettare le disposizioni applicative del comma 218, anche al fine di assicurare una riduzione delle entrate non superiore a 2,7 milioni di euro a decorrere dal 2008.

 

Il comma 220 subordina l’efficacia del comma 218 all’autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del trattato istitutivo della Comunità europea che obbliga gli Stati a comunicare alla Commissione i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Il Ministero dei trasporti provvede a richiedere l’autorizzazione alla Commissione europea.

 


 

Articolo 2, comma 221
(Sgravio contributivo per le navi da cabotaggio)

 

221. Per la salvaguardia dei livelli occupazionali e della competitività delle navi italiane, i benefìci per le imprese di cabotaggio marittimo di cui all’articolo34-sexies deldecreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, sono prorogati per l’anno 2008.

 

 

Il comma 221 dell’articolo 2 proroga per l’anno 2008 l’esonero, nel limite del 50%, dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali a favore delle imprese armatoriali per le navi che esercitano, anche in via non esclusiva, per l'intero anno, attività di cabotaggio, ad esclusione delle navi di proprietà dello Stato o di imprese che hanno in vigore con esso convenzioni o contratti di servizio, previsto, per gli anni 2006 e 2007, dall’articolo 34-sexies del D.L. 10 gennaio 2006, n. 4[304], convertito dalla L. 9 marzo 2006, n. 80.

 

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 34-sexies, comma 1, ha esteso, per ciascuno degli anni 2006 e 2007 e nel limite del 50%, ai fini della salvaguardia dei livelli occupazionali e della competitività delle navi italiane, i benefici di cui all'articolo 6, comma 1, del D.L. 30 dicembre 1997, n. 457, convertito dalla L. 27 febbraio 1998, n. 30[305], consistenti nell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti per legge, alle imprese amatoriali, nonché al personale imbarcato, per le navi di cui all'articolo 21, comma 10, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (navi che esercitano, anche in via non esclusiva, per l'intero anno, attività di cabotaggio, ad esclusione delle navi di proprietà dello Stato o di imprese che hanno in vigore con esso convenzioni o contratti di servizio).

Per l'attuazione delle disposizioni richiamate è stata autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007.

Lo stesso comma, inoltre, ha demandato l’attuazione delle richiamate disposizioni ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa richiamato.

 


 

Articolo 2, commi 222-223
(Ulteriori interventi a favore dell’industria cantieristica
e delle imprese armatoriali)

 

222. Le somme rese disponibili per pagamenti non più dovuti relativi all’autorizzazione di spesa di cui all’articolo65, comma 1, dellalegge 28 dicembre 2001, n. 448, e di cui all’articolo4, comma 1, dellalegge 9 gennaio 2006, n. 13, e successive modificazioni, sono mantenute nel conto residui per essere versate all’entrata del bilancio dello Stato per l’ammontare di 25 milioni di euro per l’anno 2008.

223. Per le finalità di cui all’articolo1, comma 998, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per il 2008 e di 15 milioni di euro per l’anno 2009.

 

 

Il comma 222 dispone il mantenimento in conto residui e il versamento all’entrata del bilancio dello Stato per un ammontare pari a 25 milioni di euro per l’anno 2008, delle somme rese disponibili per pagamenti non più dovuti relativi all’autorizzazione di spesa contemplata, dall’articolo 65, comma 1 legge 28 dicembre 2001, n. 448[306] e dall’articolo 4, comma 1, legge 9 gennaio 2006, n. 13[307], a favore delle imprese armatrici di unità da pesca:

§      che abbiano conseguito l'ammodernamento tecnologico e funzionale delle imbarcazioni, installandovi sistemi di localizzazione continua - in tal modo adeguandosi alle previsioni dell'articolo 3 del regolamento (CEE) 2847/93[308];

§      ovvero che intendano adeguarsi ai requisiti richiesti per garantire sicurezza a bordo delle navi da pesca, a norma della direttiva 93/103/CE[309].

Si ricorda che l'articolo 65 della legge n. 448/2001 ha introdotto agevolazioni a favore delle imprese armatrici di unità da pesca e delle imprese armatrici di navi mercantili, nonché a tutela dell'occupazione dei lavoratori marittimi.

I contributi sono riconosciuti:

-        alle imprese armatrici di unità di pesca che intendano conseguire l'ammodernamento tecnologico e funzionale delle imbarcazioni installando, sulle unità, sistemi di localizzazione continua, con basi terrestri o via satellite e con comunicazione via satellite per la trasmissione dei dati - in tal modo adeguandosi alle previsioni dell'articolo 3 del Regolamento CE 2847 del 12 ottobre 1993 - e che intendano conseguire l’abilitazione alla categoria di pesca appropriata all'attività cui il peschereccio è funzionalmente orientato;

-        alle imprese armatrici di unità da pesca esistenti ed aventi lunghezza fra le perpendicolari superiore a diciotto metri che intendano adeguarle alle previsioni di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298 concernente i requisiti richiesti per garantire sicurezza a bordo delle navi da pesca, a norma della direttiva europea 93/103/CE.

A tal fine è autorizzata la spesa di 7,50 milioni di Euro per il 2002 e 5 milioni di Euro per ciascuno dei due anni successivi.

Il Fondo Centrale per il Credito peschereccio, istituito con la legge 17 febbraio 1982 n. 41, è chiamato a sostenere gli oneri di installazione e funzionamento relativi ai sistemi di localizzazione e controllo satellitare previsti dal citato regolamento (CE) n. 2847/93.

L’art. 4, comma 1, della legge 9 gennaio 2006, n. 13, istituisce, a decorrere dall’anno 2005, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un Fondo volto a favorire il potenziamento, la sostituzione e l’ammodernamento delle unità navali destinate, in via esclusiva, al servizio di trasporto pubblico locale effettuato per via marittima, fluviale e lacuale, con una dotazione, per ciascuno degli anni del triennio 2005-2007, pari a 10 milioni di euro.

 

Il comma 223, autorizza una spesa pari a 5 milioni di euro per il 2008 e di 15 milioni di euro per il 2009, per il finanziamento dei contributi previsti dall’articolo 1, comma 998, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per la stipula delle nuove convenzioni con alcune società marittime esercenti il cabotaggio e i collegamenti con le isole maggiori e minori e con gli arcipelaghi.

 

In particolare, il comma 998 della legge finanziaria 2007 ha autorizzato la spesa di 50 milioni di euro, a decorrere dal 2009, per la stipula, entro il 30 giugno 2007, di nuove convenzioni con scadenza non anteriore al 31 dicembre 2012, con le società marittime esercenti i servizi di collegamento con le isole maggiori e minori nonché eventuali prolungamenti tecnicamente ed economicamente necessari ritenuti essenziali al soddisfacimento delle esigenze connesse con lo sviluppo economico e sociale delle aree interessate (Mezzogiorno in particolare), i servizi postali e commerciali con le isole dell'Arcipelago toscano, Partenopee, Pontine, Eolie, Egadi, Pelagie, di Ustica e di Pantelleria e i servizi marittimi sovvenzionati, di carattere locale, nella costa orientale dell’Adriatico.

Il comma 999 disciplina le modalità per la stipula delle convenzioni in oggetto e prevede che le medesime debbano essere notificate alla Commissione Europea per la verifica della loro compatibilità con il regime comunitario.


 

Articolo 2, comma 224
(Sistema “Alta velocità/Alta Capacità”
della Rete transeuropea di trasporto)

 


224. Ai fini della realizzazione delle tratte del Sistema «Alta Velocità/Alta Capacità» ricompreso nella Rete transeuropea di trasporto (TEN-T), come definita dalla decisione n. 884/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, con delibera del CIPE, su proposta del Ministro delle infrastrutture, di concerto con i Ministri dei trasporti e dell’economia e delle finanze, è determinato l’ammontare della quota del canone di utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria, di cui al decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 21 marzo 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 21 aprile 2000, e successive modificazioni, che concorre alla copertura dei costi d’investimento del suddetto Sistema fino alla copertura completa del costo dell’opera; con lo stesso provvedimento sono definiti i criteri e le modalità attuativi.


 

 

L’articolo 2, comma 224, dispone che, ai fini della realizzazione del Sistema Alta velocità-Alta Capacità, compreso nella rete TEN-T (Rete Transeuropea di trasporto, come definita dalla decisione 2004/884/CE[310]) il CIPE con delibera, su proposta del Ministro delle infrastrutture, di concerto con i Ministri dei trasporti e dell’economia e delle finanze, determina sia l’ammontare della quota del canone di utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria che concorre, fino a copertura dei costi del Sistema, alla copertura dei costi di investimento, sia i criteri e le modalità attuative.

 

Si ricorda, in proposito, che il gestore dell’infrastruttura ferroviaria italiana è la società RFI (gruppo Ferrovie dello Stato) in virtù dell’atto di concessione, DM. 31 ottobre 2000, n. 138T e successive modifiche e integrazioni. Il decreto in questione disciplina, insieme al Contratto di Programma, i rapporti fra lo Stato (concedente) e RFI (concessionario).

I rapporti fra RFI e le singole imprese sono invece regolati, sulla base di numerose direttive comunitarie (91/440/CE, 95/18/CE, 95/19/CE, 2001/12/CE, 2001/13/CE e 2001/14/CE - recepite con DPR 8 luglio 1998, n. 277, DPR 16 marzo 1999, n. 146 e Dlgs. 8 luglio 2003, n. 188) a mezzo di contratti di accesso all’infrastruttura stipulati in accordo con il “Prospetto informativo della rete” (PIR), strumento previsto dal decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, per definire le regole generali, le scadenze, le procedure ed i criteri di definizione e di riscossione dei corrispettivi per l’utilizzo dell’infrastruttura e dei servizi nonché i criteri per la richiesta e l’assegnazione della capacità.

Ai sensi di tale normativa, il gestore della rete ferroviaria, è tenuto a consentire alle imprese ferroviarie nazionali ed internazionali, interessate allo svolgimento dell’attività di trasporto, l’accesso all’infrastruttura, previa verifica della sussistenza delle seguenti condizioni:

-        possesso della licenza rilasciata dal Ministero dei Trasporti,

-        possesso del certificato di sicurezza rilasciato dal gestore della rete,

-        pagamento di un canone di accesso.

I criteri e le procedure per la determinazione del canone di utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria sono indicati dall'articolo 17 del d.lgs. 8 luglio 2003, n. 188; tali criteri sono specificamente definiti nel D.M. 21 marzo 2000. Il canone di utilizzo rappresenta dunque un costo per le imprese ferroviarie e la principale voce di ricavo da mercato per RFI.

 

La Rete Transeuropea di Trasporto (TEN-T) è disciplinata dalla decisione 1962/96/CE[311] e successive modificazioni. La decisione stabilisce obiettivi, priorità e grandi linee d'azione nell’ambito della rete transeuropea dei trasporti, individuando progetti di interesse comune la cui realizzazione possa contribuire allo sviluppo della rete su scala comunitaria.

La rete transeuropea dei trasporti è attuata progressivamente, in vista del 2020, su scala comunitaria, integrando infrastrutture di trasporto terrestre, marittimo e aereo: reti stradali, ferroviarie e di navigazione interna, autostrade del mare, porti marittimi, aeroporti e punti di interconnessione tra reti modali.

La rete ferroviaria comprende le linee ferroviarie ad alta velocità e le linee ferroviarie convenzionali. La rete ferroviaria ad alta velocità utilizza attuali o nuove tecnologie e comprende sia le linee costruite per l'alta velocità, attrezzate per velocità pari o superiori a 250 km/h, sia le linee ristrutturate per l'alta velocità, attrezzate per velocità pari a circa 200 km/h.

La decisione comunitaria individua anche i progetti prioritari, definiti progetti di interesse comune, tra quelli miranti ad eliminare strozzature, ultimare raccordi mancanti su grandi assi della rete transeuropea, attraversare barriere naturali ovvero comprensivi di tratte transfrontaliere. I progetti prioritari per i quali l'inizio dei lavori è previsto entro il 2010, le loro sezioni e le date convenute per il completamento dei lavori, sono indicati all'allegato III.

 

Si ricorda che la disposizione in oggetto era presente nella formulazione originaria del D.L. 1 ottobre 2007, n. 159[312]: il decreto, poi modificato, nel testo attualmente in vigore prevede che, con delibera del CIPE, è determinato l’ammontare della quota del canone di utilizzo della infrastruttura ferroviaria che concorre alla copertura dei costi d’investimento dell’infrastruttura ferroviaria (articolo 6).

 

Si ricorda inoltre che il D.L. 31 dicembre 2007, n. 248[313], in corso di conversione[314], prevede, all’articolo 17, comma 1, proroga al 31 dicembre 2008 il termine per l’emanazione del decreto di determinazione del canone per l’accesso all’infrastruttura ferroviaria nazionale.


 

Articolo 2, commi 225-227
(Interventi in favore dell’autotrasporto)

 


225. Per gli interventi previsti dall’articolo 2, comma 3, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 40, come prorogati dall’articolo 45, comma 1, lettera c), della legge 23 dicembre 1999, n. 488, relativi all’anno 2007, è autorizzata un’ulteriore spesa di 30 milioni di euro per l’anno 2008.

226. Al fondo istituito dall’articolo 1, comma 108, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è assegnata la somma di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010.

227. Le imprese che intendono esercitare la professione di autotra­sportatore di cose per conto di terzi, in possesso dei requisiti di onorabilità, capacità finanziaria e professionale, ed iscritte all’albo degli autotrasportatori per conto di terzi, sono tenute a dimostrare di aver acquisito, per cessione di azienda, altra impresa di autotrasporto, o l’intero parco veicolare, purché composto di veicoli di categoria non inferiore ad Euro 3, di altra impresa che cessa l’attività di autotrasporto per conto di terzi, oppure di aver acquisito ed immatricolato, singolarmente o in forma associata, veicoli adibiti al trasporto di cose di categoria non inferiore a Euro 3 e aventi massa complessiva a pieno carico non inferiore a ottanta tonnellate.


 

 

L’articolo 2, comma 225,autorizza la spesa di ulteriori 30 milioni di euro per il 2008 destinati al finanziamento degli interventi già previsti, in favore del comitato centrale per l'albo degli autotrasportatori, dall’articolo 2, comma 3, del D.L. 28 dicembre 1998, n. 451[315].

 

Interventi in favore del comitato centrale per l’albo degli autotrasportatori, erano già contemplati:

-        dal D.L. 28 dicembre 1998, n. 451[316], articolo 2, comma 3, (140 miliardi di lire finalizzati alla protezione ambientale e alla sicurezza della circolazione - anche con riferimento all'utilizzo delle infrastrutture - da realizzare mediante apposite convenzioni con gli enti gestori, allo scopo, evidentemente, di favorire uno spostamento del traffico pesante sulle infrastrutture autostradali);

-        dall’articolo 45, comma 1 lettera c) della legge finanziaria 2000[317] – come modificato dall'art. 2, D.L. 22 giugno 2000, n. 167[318] (a decorrere dal 2000, 130 miliardi di lire annue);

-        dall’articolo 15 della legge finanziaria 2002[319] (10.329.138 euro per il 2002);

-        dall’articolo 16, comma, 2 del D.L. 2003, n. 269[320], (10.329.138 euro a decorrere dal 2004);

-        dall’articolo 1, comma 519, della legge finanziaria 2005[321] (20 milioni di euro per il 2005);

-        dall’articolo 1, comma 104, della legge finanziaria 2006[322] (30 milioni di euro per il 2006);

-        dall'articolo 1, comma 915, della legge finanziaria 2007[323] (50 milioni di euro per il 2007).

 

Il comma 226 assegna al “Fondo per misure di accompagnamento della riforma dell'autotrasporto di merci e per lo sviluppo della logistica", la somma di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010.

 

Il Fondo in esame è stato istituito dal comma 108 della legge finanziaria per il 2006[324]nello stato di previsione della spesa del Ministero (delle infrastrutture e) dei trasporti, con una dotazione iniziale di 80 milioni di euro per l'anno 2006.

Il fondo è finalizzato ad agevolare il processo di riforma del settore dell'autotrasporto di merci – previsto dalla legge 1 marzo 2005, n. 32[325] - attraverso la riqualificazione del sistema imprenditoriale specie mediante la crescita dimensionale delle imprese ai fini di una maggiore competitività sul mercato interno e internazionale.

Le modalità di utilizzazione del Fondo sono disciplinate con regolamento di esecuzione emanato - su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988[326].

Si segnala che l’articolo 6, comma 8, del decreto legge 28 dicembre 2006, n. 300[327] fissa al 30 giugno 2007 il termine per l’emanazione del regolamento di utilizzazione del Fondo e dispone che le somme stanziate a valere sul medesimo fondo per il 2006 e non impegnate entro quell’anno siano mantenute in bilancio in conto residui per essere versate all’entrata del bilancio nell’anno successivo e riassegnate nello stato di previsione del Ministero dei trasporti.

La delibera CIPE 22 marzo 2006 n. 44/06 ha approvato il Piano della logistica, che secondo quanto precisato nella delibera, si pone quale riferimento chiave per ogni azione strategica nel comparto delle infrastrutture e del territorio ed altresì quale riferimento portante per l'utilizzo delle risorse del Fondo per misure di accompagnamento della riforma dell'autotrasporto.

 

Il comma 227, che tacitamente abroga il comma 1-bis del decreto legislativo 22 dicembre 2000, n. 395[328], introduce vincoli specifici alle imprese che intendono esercitare la professione di autotrasportatore di cose per conto di terzi.

Tali imprese, in possesso dei requisiti di onorabilità e capacità finanziaria e professionale ed iscritte all’albo degli autotrasportatori per conto di terzi, in base al comma in esame sono tenute a dimostrare:

§      di aver acquisito, per cessione di azienda, un’altra impresa di autotrasporto oppure l’intero parco veicolare, purché composto di veicoli di categoria non inferiore ad euro 3, di altra impresa che cessa l’attività di autotrasporto per conto di terzi;

§      ovvero di aver acquisito ed immatricolato, singolarmente o in forma associata, veicoli adibiti al trasporto di cose di categoria non inferiore a euro 3 e aventi massa complessiva a pieno carico non inferiore a ottanta tonnellate.

 

Quanto agli interventi finalizzati al riassetto normativo e alla liberalizzazione dell’autotrasporto si ricorda che la legge 1 marzo 2005, n. 32[329] ha delegato il Governo ad adottare, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per il riordino delle disposizioni vigenti in materia di:

a)  servizi automobilistici interregionali di competenza statale;

b)  liberalizzazione regolata dell'esercizio dell'attività di autotrasporto e contestuale raccordo con la disciplina delle condizioni e dei prezzi dei servizi di autotrasporto di merci per conto di terzi;

c)  organizzazione e funzioni delle strutture e degli organismi pubblici operanti nel settore dell'autotrasporto di merci.

Alla delega suddetta è stata data attuazione con i seguenti decreti legislativi:

1.  decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 284, relativo al riordino delle strutture e degli organismi pubblici operanti nel settore dell’autotrasporto merci, in particolare la Consulta generale per l'autotrasporto e il Comitato centrale per l'Albo nazionale degli autotrasportatori.

2.  decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 285, finalizzato al riordino e alla liberalizzazione dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale, in vista di istituire un sistema autorizzatorio in luogo di quello basato sulla concessione amministrativa;

3.  decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286, relativo al riassetto normativo in materia di liberalizzazione regolata dell'esercizio dell'attività di autotrasportatore.

 

Il disegno di legge A.S. n. 1484 Disposizioni in materia di delega al Governo per il riassetto normativo del settore dell'autotrasporto, presentato dal Governo il 18 aprile 2007, è stato approvato dal Senato in data.. ed è all’esame della camera. Il disegno di legge, composto del solo articolo 1, interviene a novellare l'articolo 1, comma 4, della legge 1 marzo 2005, n. 32[330], prorogando il termine per l'emanazione dei decreti legislativi integrativi e correttivi di quelli già emanati in attuazione della delega conferita al Governo per la riforma dell'autotrasporto. La disposizione si concreta in una nuova delega legislativa, conforme all'articolo 87 della Costituzione, contenente l'oggetto (modifiche e integrazioni dei decreti legislativi già emanati), i principi ed i criteri direttivi (per rinvio a quelli contenuti nella legge 32/2005) nonché il termine temporale (espressamente indicato nel 31 marzo 2008, poi fissato al 31 dicembre 2008 con un emendamento approvato dalla8a Commissione).


 

Articolo 2, commi 228-253
(Miglioramento del sistema di trasporto nazionale per favorire l’intermodalità e l’utilizzo di mezzi meno inquinanti)

 


228. Le annualità relative all’autorizzazione di spesa di cui all’articolo10dellalegge 23 dicembre 1997, n. 454, sono ridotte di 56.368.535 euro per ciascuno degli anni dal 2008 al 2012, e di 4.722.845 euro per il 2013.

229. Le somme rese disponibili per pagamenti non più dovuti relativi all’autorizzazione di spesa di cui all’articolo10, comma 1, dellalegge 23 dicembre 1997, n. 454, e successive modificazioni, sono mantenute nel conto dei residui per essere versate all’entrata del bilancio dello Stato per l’ammontare di euro 452.311.525 nell’anno 2008.

230. Gli oneri previsti dalla tabella E, allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 226, sono ridotti di 5 milioni di euro per il 2008, di 7 milioni di euro per il 2009 e di 10 milioni di euro per il 2010.

231. L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo6dellalegge 7 marzo 2001, n. 51, è ridotta della somma di 713.000 euro a decorrere dal 2008.

232. Al fine di consentire la piena operatività degli incentivi alle imprese di autotrasporto, di cui al decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, e al relativo regolamento di attuazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 aprile 2006, n. 205, volti a spostare quote rilevanti di traffico pesante dalla modalità stradale a quella marittima, è autorizzata la spesa di 77 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

233. L’autorizzazione di spesa relativa al limite di impegno quindicennale disposto dall’articolo 3, comma 2-ter, del decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, è soppressa.

234. Per interventi necessari a fronteggiare i problemi di mobilità e sicurezza derivanti dai programmati lavori di ammodernamento dell’autostrada A3 nel tratto Gioia Tauro – Reggio Calabria e per migliorare la qualità del servizio di trasporto e di sicurezza nello Stretto di Messina è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per l’anno 2008, di 22 milioni di euro per l’anno 2009 e di 7 milioni di euro per l’anno 2010, da destinare ad interventi infrastrutturali nella misura del 50 per cento.

235. La programmazione degli interventi di cui al comma 234 e la ripartizione delle relative risorse sono approvate con uno o più decreti del Ministro dei trasporti e, per gli interventi infrastrutturali, del Ministro delle infrastrutture.

236. A valere sulle risorse assegnate dal Ministero dei trasporti all’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC), ai sensi del decreto legislativo 25 luglio 1997, n. 250, sono individuati, con decreto del Ministro dei trasporti, gli interventi necessari:

a) per il potenziamento e la sicurezza dell’aeroporto di Reggio Calabria, per assicurare la continuità territoriale da e per tale aeroporto nonché per la continuità territoriale dell’Isola d’Elba, per un importo massimo di 1,5 milioni di euro per l’anno 2008;

b) per incentivare il trasporto delle merci per via aerea da e per gli aeroporti siciliani, per un importo massimo di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

237. L’attuazione delle disposizioni di cui al comma 5 dell’articolo38dellalegge 1° agosto 2002, n. 166, e successive modificazioni, prosegue per un ulteriore biennio, secondo le disposizioni di cui all’articolo9deldecreto-legge 30 dicembre 2004, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2005, n. 21, nonché al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 2004, n. 340, e al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 20 maggio 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 167 del 20 luglio 2005, e successive modificazioni, nell’ambito delle risorse finanziarie stanziate per il triennio 2004-2006 effettivamente disponibili rivenienti dalle operazioni effettuate ai sensi dell’articolo38della citata legge n. 166 del 2002.

238. L’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 13 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 2004, n. 340, prosegue per un ulteriore triennio, secondo quanto disposto dal comma 239.

239. Il Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro per le politiche europee, definisce, con proprio decreto, condizioni e modalità operative per l’attuazione di quanto previsto ai commi 237 e 238. Dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al presente comma decorre il periodo di attuazione delle misure di cui ai medesimi commi 237 e 238.

240. Le somme del fondo istituito dal comma 6 dell’articolo38dellalegge n. 166 del 2002, che residuano dall’attuazione, nel triennio 2004-2006, delle misure di cui al medesimo articolo sono utilizzate ai fini di quanto disposto dal comma 237.

241. L’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo38, comma 7, dellalegge n. 166 del 2002 prosegue per un ulteriore triennio, secondo le disposizioni di cui all’articolo9deldecreto-legge 30 dicembre 2004, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2005, n. 21, nonché agli articoli 14 e 15 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 2004, n. 340, per quanto compatibili con le disposizioni di cui ai commi da 228 a 242.

242. Il triennio di cui al comma 241 decorre dalla data di sottoscrizione degli accordi di programma di cui all’articolo38, comma 7, dellalegge n. 166 del 2002.

243. Per l’attuazione di quanto disposto ai commi 238 e 241 sul Fondo per la contribuzione agli investimenti per lo sviluppo del trasporto merci per ferrovia, con particolare riferimento al trasporto combinato e di merci pericolose ed agli investimenti per le autostrade viaggianti di cui al comma 6 dell’articolo38dellalegge n. 166 del 2002, istituito nello stato di previsione del Ministero dei trasporti, è autorizzata la spesa di 15 milioni di euro per gli anni 2008, 2009 e 2010. A valere sulle risorse di cui al presente comma, l’importo di 7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 è destinato all’attuazione di quanto disposto al comma 238. Le risorse restanti sono destinate in via prioritaria al finanziamento di accordi di programma di cui all’articolo38, comma 7, dellalegge 1° agosto 2002, n. 166, e successive modificazioni, aventi ad oggetto lo sviluppo del trasporto combinato sulla linea storica Torino-Lione, ai fini del riequilibrio modale.

244. Per il completamento e l’implementazione della rete immateriale degli interporti finalizzata al potenziamento del livello di servizio sulla rete logistica nazionale, è autorizzato un contributo di 5 milioni di euro per il 2009 e di 10 milioni di euro per il 2010.

245. Al fine di ottimizzare i flussi nei nodi del sistema logistico nazionale, gli interventi previsti dal comma 1044 dell’articolo1dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, sono rifinanziati nella misura di 2 milioni di euro per l’anno 2009 e 2 milioni di euro per l’anno 2010.

246. Il contributo, previsto all’articolo1, comma 1044, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, dovrà essere utilizzato, prioritariamente, ai fini della riduzione del cofinanziamento nel limite del 35 per cento del contributo statale previsto dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 18T del 20 giugno 2005 e dalla conseguente convenzione in essere tra il Ministero dei trasporti e la UIRnet S.p.A., stipulata in data 21 dicembre 2006.

247. Al fine di implementare le azioni tese ad accrescere la sicurezza stradale e dare attuazione alle azioni previste dal Piano nazionale della sicurezza stradale mediante azioni mirate e sinergiche volte a rafforzare i controlli su strada anche attraverso l’implementazione di idonee attrezzature tecniche funzionali all’aumento dei controlli stradali, intensificare l’attività ispettiva e le verifiche previste dal codice della strada, dotare gli uffici ed il personale preposto ad attività di sicurezza stradale degli opportuni strumenti per l’esercizio delle attività istituzionali, ivi compresa la formazione, è autorizzata la spesa di 35 milioni di euro per l’anno 2008, di 25 milioni di euro per l’anno 2009, di 30 milioni di euro per l’anno 2010, di 49 milioni di euro per l’anno 2011, di 56 milioni di euro per l’anno 2012 e di 4 milioni di euro per l’anno 2013.

248. Per il proseguimento degli interventi previsti dall’articolo1, comma 1038, della citata legge n. 296 del 2006, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e di 15 milioni di euro per l’anno 2010.

249. Il capitale sociale delle Ferrovie della Calabria S.r.l., delle ferrovie Apulo Lucane S.r.l., delle ferrovie del Sud-Est S.r.l. è aumentato nel 2008 rispettivamente di 10 milioni di euro per una spesa complessiva di 30 milioni di euro.

250. Al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi di risparmio energetico e di riduzione delle emissioni inquinanti è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2009 e di 10 milioni di euro per l’anno 2010, in favore di Trenitalia S.p.a. e di società del gruppo, per l’avvio di un programma finalizzato alla realizzazione di interventi volti alla rimotorizzazione, in conformità alla direttiva 2004/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, delle automotrici con motori diesel ancora utilizzate per il trasporto regionale su linee non elettrificate, in modo da conseguire, a regime, un risparmio energetico netto quantificabile in 233 milioni di euro, nonché una riduzione delle emissioni inquinanti di oltre 40.000 tonnellate.

251. È istituito presso il Ministero dei trasporti un fondo per l’ammodernamento dei collegamenti ferroviari tra Pescara e Roma, al fine di determinare la migliore efficacia ed efficienza delle comunicazioni ferroviarie tra l’Abruzzo e la città di Roma, per il quale è autorizzata la spesa di 56 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, con vincolo di destinazione per la tratta Avezzano-Roma.

252. Per consentire il finanziamento dei servizi pubblici ferroviari di viaggiatori e merci sulla media e lunga percorrenza è autorizzata la spesa di 104 milioni di euro per l’anno 2008. Conseguentemente:

a) l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo23deldecreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47, è ridotta per l’anno 2008 di 14 milioni di euro;

b) l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo1, comma 2, deldecreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58, è ridotta per l’anno 2008 di 13 milioni di euro;

c) l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo1, comma 1230, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, è ridotta per l’anno 2008 di 7 milioni di euro.

253. Il Ministero dei trasporti, entro il 15 dicembre 2008, conclude un’indagine conoscitiva sul trasporto ferroviario di viaggiatori e merci sulla media e lunga percorrenza, volta a determinare la possibilità di assicurare l’equilibrio tra costi e ricavi dei servizi, nonché le eventuali azioni di miglioramento dell’efficienza. Il servizio sulle relazioni che presentano o sono in grado di raggiungere l’equilibrio economico è assicurato in regime di liberalizzazione. Il CIPE, nei limiti delle risorse disponibili, sulla proposta del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell’economia e delle finanze, individua, nell’ambito delle relazioni per le quali non è possibile raggiungere l’equilibrio economico, i servizi di utilità sociale, in termini di frequenza, copertura territoriale, qualità e tariffazione, e che sono mantenuti in esercizio tramite l’affidamento di contratti di servizio pubblico.(*)

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(*)  Comma così modificato dall’art. 17, comma 2, del D.L. n. 248/2007 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 31/2008.


 

 

I commi da 228 a 253 dell’articolo 2 contengono disposizioni finanziarie relative al settore del trasporto.

 

Il comma 228 riduce l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 10 della legge 23 dicembre 1997, n. 454, recante "Interventi per la ristrutturazione dell'autotrasporto e lo sviluppo dell'intermodalità", di una somma pari a 56.368.535 euro per ciascuno degli anni dal 2008 al 2012, e di 4.722.845 per il 2013.

Il citato articolo 10 ha autorizzato limiti di impegno quindicennali per complessivi 150 miliardi di lire[331] (pari a 77.468.535 euro) quali contributi pari alla rata di ammortamento per capitale e interessi a fronte di mutui o altre operazioni finanziarie attivate dai soggetti operanti nel settore dell'autotrasporto, per le seguenti finalità, indicate negli articoli da 1 a 5 della stessa legge n. 454 del 1997:

-        interventi per la ristrutturazione dell’autotrasporto e lo sviluppo dell’intermodalità e del trasporto combinato;

-        investimenti innovativi e formazione professionale;

-        incentivazione all’esodo volontario di autotrasportatori monoveicolari e alla riduzione volontaria dell’offerta di autotrasporto;

-        incentivi per l’aggregazione di imprese di autotrasporto, diretta all’operatività nel comparto dei servizi intermodali e alla razionalizzazione dell’offerta di trasporto stradale;

-        interventi e agevolazione per il trasporto combinato ferroviario, marittimo e per vie navigabili interne.

 

Sempre con riferimento all’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 10 della legge n. 454 del 1997, il comma 229 dell’articolo in oggetto dispone il mantenimento in conto residui delle somme rese disponibili per pagamenti non più dovuti. Tali importi, per un ammontare di 452.311.525 euro per il 2008, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato.

 

Il comma 230 riduce di 5 milioni di euro per il 2008, di 7 milioni di euro per il 2009 e di 10 milioni di euro per il 2010 gli oneri previsti dalla tabella E, allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 226, recante "Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore".

La tabella E allegata alla legge n. 226 del 2004 definisce gli oneri finanziari annuali relativi al Corpo delle capitanerie di porto. Ai sensi dell’articolo 28 della stesa legge la determinazione annuale della consistenza dei volontari di truppa da assegnare al Corpo delle capitanerie di porto dovrà essere effettuata in coerenza con l’andamento dei suddetti oneri. Si segnala che gli importi attualmente previsti dalla citata tabella E, per gli anni interessati dal comma in esame, ammontano a:

-        76.404.162,91 euro per il 2008;

-        75.993.137,67 euro per il 2009;

-        75.188.592,32 euro per il 2010.

 

Il comma 231 riduce di 713.000 euro a decorrere dal 2008 l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 6 della legge 7 marzo 2001, n. 51, recante "Disposizioni per la prevenzione dell'inquinamento derivante dal trasporto marittimo di idrocarburi e per il controllo del traffico marittimo".

La richiamata norma ha autorizzato, a decorrere dal 2001, la spesa di 13 miliardi di lire annue (pari a 6.713.940 euro), da parte del Ministero dei trasporti e della navigazione per la realizzazione del sistema globale di comunicazione per l'emergenza e la sicurezza in mare (GMDSS - Global Maritime Distress and Safety System), in attuazione delle regole 4, 5, 7, 8 e 9 del capitolo IV, come sostituito dagli emendamenti del 1988, pubblicati nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 62 del 14 marzo 1992, dell'Allegato alla Convenzione internazionale del 1974 per la salvaguardia della vita umana in mare, aperta alla firma a Londra il 1° novembre 1974, ratificata e resa esecutiva in Italia ai sensi della legge 23 maggio 1980, n. 313.

 

I commi 232 e 233 recano disposizioni per il finanziamento delle "autostrade del mare"; la misura si connette a quelle recate dai successivi commi 234 e 235 dirette ad affrontare l'emergenza derivante dai lavori sull'autostrada A3, nel tratto terminale della regione Calabria, e nello Stretto di Messina.

Norme sulle "autostrade del mare" sono contenute anche nel comma 311 del presente articolo 2 (si veda la relativa scheda).

 

Le “autostrade del mare” identificano il trasporto effettuato su più percorsi, in parte “tracciati” (tratte terrestri) ed in parte “non tracciati” (tratte marittime), in una logica di trasporto in grado di offrire una maggiore competitività rispetto alla sola modalità terrestre congestionata e ormai vicina al punto di saturazione. Tale modalità di trasporto risponde alla domanda di una moderna logistica in cui il flusso di trasporto si snodi senza soluzione di continuità per tutto il percorso. Il programma europeo “Autostrade del Mare” (Motorways of the Sea) si fonda su una logica di sistema integrato di trasporti, attraverso il quale l’accrescimento dell'efficacia e della competitività della modalità di trasporto combinata strada-mare avviene compatibilmente alla tutela dell'ambiente ed al decongestionamento delle strade, in un'ottica di sviluppo ecosostenibile. A livello nazionale sono state adottati diversi interventi per dare attuazione al progetto comunitario delle Motorways of the Sea. Tra questi vanno ricordati in particolare - oltre all'istituzione della società Rete Autostrade Mediterranee (RAM) - i finanziamenti per la riqualificazione e l’ammodernamento delle infrastrutture portuali disposti con le leggi n. 413 del 1998 e n. 166 del 2002, gli incentivi all'autotrasporto per il trasferimento di traffico dal tutto-strada al combinato strada-mare con l'introduzione del cosiddetto ecobonus di cui alla legge n. 265 del 2002 (per il quale si veda oltre) ed il potenziamento degli impianti e della piattaforme logistiche portuali disposto con la legge obiettivo.

 

Il comma 232 autorizza la spesa di 77 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 per consentire la piena operatività degli incentivi alle imprese di autotrasporto finalizzati allo spostamento di quote rilevanti di traffico dalla modalità stradale a quella marittima.

Si tratta degli incentivi per l’utilizzo delle autostrade del mare, c.d. ecobonus, di cui all’articolo 3, commi 2-ter e 2-quater, del D.L. 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, e al relativo regolamento di attuazione di cui al D.P.R. 11 aprile 2006, n. 205. In particolare il primo periodo del citato articolo 3, comma 2-ter, ha autorizzato, a decorrere dal 2006, la spesa di 20 milioni di euro, quale limite di impegno quindicennale a carico dello Stato, al fine dell'innovazione del sistema dell'autotrasporto di merci, dello sviluppo delle catene logistiche e del potenziamento dell'intermodalità, con particolare riferimento alle «autostrade del mare», nonché per lo sviluppo del cabotaggio marittimo e per i processi di ristrutturazione aziendale, per l'innovazione tecnologica e per interventi di miglioramento ambientale.

 

Il comma 233, sempre con riferimento agli incentivi di cui al comma 232, sopprime la sopra indicata autorizzazione di spesa di 20 milioni di euro relativa al limite di impegno quindicennale.

 

Con riferimento ai sopra illustrati commi 232 e 233, il Governo afferma, nella relazione illustrativa, che occorre rendere fruibile agli interessati il meccanismo dell’ecobonus, ed assicurare la completa spendibilità di tutte le risorse attivabili, a partire dall’anno 2008 (anno in cui è prevista la prima erogazione dei rimborsi sulle tariffe pagate nell’anno 2007) e fino al 2010. Per tali finalità occorre sopprimere l’autorizzazione di spesa di cui al limite di impegno quindicennale, disposto dall’articolo 3, comma 2-ter, della legge n. 265 del 2002, e convertire il limite di impegno quindicennale. Tale misura, si legge nella stessa relazione, non ha effetto sull’indebitamento netto dell’Amministrazione, ma incide soltanto sul saldo netto da finanziare e fabbisogno finanziario.

 

Il comma 234 autorizza la spesa di 20 milioni di euro per l’anno 2008, di 22 milioni di euro per l’anno 2009 e di 7 milioni di euro per l’anno 2010 per interventi diretti a:

§      fronteggiare i problemi di mobilità e sicurezza derivanti dai programmati lavori di ammodernamento dell’autostrada A3 nel tratto Gioia Tauro – Reggio Calabria;

§      migliorare la qualità del servizio di trasporto e di sicurezza nello Stretto di Messina.

Le somme stanziate dovranno essere destinate, nella misura del cinquanta per cento, ad interventi infrastrutturali.

 

Il comma 235 demanda la programmazione degli interventi di cui al comma 234 e la ripartizione delle relative risorse ad uno o più decreti del Ministro dei trasporti e, per gli interventi infrastrutturali, del Ministro delle infrastrutture.

Si segnala che il comma in esame non fissa alcun termine per l’adozione dei decreti da parte dei Ministri competenti.

 

Si segnala che l’articolo 8 del D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, finanzia, per il solo anno 2007, una serie di interventi diretti al miglioramento del trasporto in Calabria ed in Sicilia ed in particolare del trasporto che attraversa lo Stretto di Messina.

 

Il comma 236 stabilisce che, a valere sulle risorse assegnate dal Ministero dei trasporti all’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC), ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1997, n. 250[332], il Ministro dei trasporti dovrà individuare, con proprio decreto, gli interventi necessari:

a)  per il potenziamento e la sicurezza dell’aeroporto di Reggio Calabria, per assicurare la continuità territoriale da e per tale aeroporto e per la continuità territoriale dell’Isola d’Elba. Per tali finalità è fissato un importo massimo di spesa di 1,5 milioni di euro per il 2008;

b)  per incentivare il trasporto delle merci per via aerea da e per gli aeroporti siciliani, per un importo massimo di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

Anche in questo caso, il comma non fissa alcun termine per l’adozione del decreto da parte del Ministro dei trasporti.

 

Il comma 237 dispone la prosecuzione per un biennio degli incentivi, in favore delle imprese che effettuano trasporti di merci mediante il sistema ferroviario, previsti, per il triennio 2004-2006, dall’articolo 38, comma 5, della legge 1° agosto 2002, n. 166, recante "Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti", e successive disposizioni di attuazione.[333]

L’articolo 38, comma 5, della legge n. 166 del 2002 ha riconosciuto, per il triennio 2004-2006, un contributo alle imprese che si impegnano contrattualmente per un triennio con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con un’impresa ferroviaria a realizzare treni completi di trasporto combinato[334] o di merci pericolose in un quantitativo minimo annuo. Tale impegno deve essere rispettato almeno nella misura del 90 per cento, a pena di decadenza dal diritto a percepire il contributo. Il contributo è riconosciuto in funzione dei treni-chilometro effettuati sul territorio italiano. La misura del contributo è stabilita con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e finanze, in funzione del limite massimo di risorse attribuite per questo scopo dal successivo comma 6 dell’articolo 38. Tale comma prevede l’istituzione del Fondo per la contribuzione agli investimenti per lo sviluppo del trasporto merci per ferrovia, con particolare riferimento al trasporto combinato e di merci pericolose ed agli investimenti per le autostrade viaggianti, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, finalizzato alle agevolazioni per le imprese ferroviarie che effettuino investimenti per facilitare il trasporto delle merci per ferrovia, con limiti di impegno quindicennali (14,5 milioni di euro per l’anno 2002, 5 milioni di euro per l’anno 2003 e 13 milioni di euro per l’anno 2004), quali concorso dello Stato agli oneri derivanti da mutui o da altre operazioni finanziarie effettuate dai soggetti individuati da un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Il successivo D.M. 22 dicembre 2004, n. 340, all’articolo 7, ha stabilito che le risorse del Fondo di cui all’articolo 38 cit., comma 6, siano destinate, per il triennio 2004-2006, alle seguenti finalità:

-        il cinquanta per cento alla concessione degli incentivi di cui all’articolo 38, comma 5;

-        il venticinque per cento alla concessione di contributi per l’acquisto di beni di investimento per lo sviluppo del trasporto ferroviario delle merci, con particolare riferimento al trasporto combinato e di merci pericolose (agevolazione prevista dall’articolo 13 dello stesso D.M. n. 340 del 2004, a proposito del quale si rinvia alla scheda di lettura del successivo comma 238 del presente articolo);

-        il restante venticinque per cento alla concessione dei contributi previsti dal comma 7 del citato articolo 38 (a proposito del quale si rinvia alla scheda di lettura del successivo comma 241 del presente articolo).

L'articolo 9 del D.L. 30 dicembre 2004, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2005, n. 21, ha affidato la gestione del fondo alla Cassa depositi e prestiti.

 

Come riportato nella relazione illustrativa al disegno di legge, le risorse stanziate dal citato articolo 38 non sono state completamente utilizzate nel triennio 2004-2006, sia per alcune specifiche rigidità della normativa, sia per il ritardo nell’attuazione della legge. E’ stata pertanto proposta la prosecuzione dell’intervento di cui all’articolo 38 cit., comma 5, per un ulteriore biennio, nell’àmbito delle risorse finanziarie stanziate per il triennio 2004-2006 per tale intervento ed effettivamente disponibili (comma 237).

 

Il comma 238 dispone la prosecuzione per un triennio dell’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 13 del già citato D.M. n. 340 del 2004.

L’articolo 13 del D.M. n. 340 del 2004 detta modalità per la concessione dei contributi alle imprese per investimenti per lo sviluppo del trasporto delle merci per ferrovia, con particolare riferimento al trasporto combinato e di merci pericolose ed agli investimenti per autostrade viaggianti. I contributi sono concessi alle imprese che usufruisco dei servizi di trasporto merci per ferrovia, alle imprese ferroviarie, alle imprese di autotrasporto, alle imprese che gestiscono terminal ferroviari intermodali e alle imprese proprietarie di materiale rotabile trainato, a condizione che tali soggetti abbiano sede legale in un Paese appartenente all'Unione europea. I beni di investimento per i quali si chiede il contributo possono essere acquistati anche mediante operazioni di leasing finanziario e devono essere utilizzati in Italia o per collegamenti transfrontalieri ed internazionali con partenza o arrivo in Italia. I beni per i quali sono stati ottenuti i contributi non possono essere sottratti all'uso previsto e non possono essere alienati per il numero di anni fissato in relazione al tipo di bene. Con successivo D.M. 20 maggio 2005[335] sono stati individuati i beni di investimento ammessi al contributo, la percentuale massima ammessa al contributo rispetto al prezzo del bene, l'ammontare di risorse destinabili alla contribuzione per ciascuna categoria di beni, il limite di contributi concedibili a ciascun soggetto richiedente e per categoria di beni, nonché la durata del periodo di inalienabilità.

 

Il comma 239 demanda ad un decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro per le politiche europee, la definizione delle condizioni e modalità operative per l’attuazione di quanto previsto ai commi 237 e 238, facendo decorrere il periodo di attuazione delle misure di cui ai medesimi commi dalla data di entrata in vigore del predetto decreto.

Si osserva che il comma in esame non fissa alcun termine per l’adozione del decreto da parte del Ministro dei trasporti.

 

Il comma 240 destina inoltre agli interventi di cui al comma 237 (ovvero alla concessione del contributo di cui all’articolo 38 cit., comma 5) le somme del Fondo di cui al comma 6 dell’articolo 38 cit., che residuano dall’attuazione, nel triennio 2004-2006, delle altre misure previste dal medesimo articolo 38 (ovvero quelle di cui al comma 7 di tale articolo e quelle destinate alla concessione di contributi per l’acquisto di beni di investimento, ai sensi dell’articolo 13 del D.M. n. 340 del 2004).

 

I commi da 241 a 243 dispongono la prosecuzione per un triennio degli incentivi, in favore delle imprese ferroviarie per il trasporto combinato e accompagnato delle merci, previsti, per il triennio 2004-2006, dall’articolo 38, comma 7, della citata legge n. 166 del 2002, e successive disposizioni di attuazione[336], per quanto compatibili con le disposizioni di cui al presente articolo.

L’articolo 38, comma 7, della legge n. 166 del 2002, disciplina l’erogazione di contributi in favore delle imprese ferroviarie che si impegnino a sottoscrivere con i Ministeri competenti accordi di programma per il trasporto combinato e accompagnato[337] delle merci. Il contributo è rapportato ai treni-chilometri effettuati nel territorio nazionale. Alla concessione del contributo è destinato, per il triennio 2002-2004, il venticinque per cento delle risorse del Fondo di cui al comma 6 del medesimo articolo 38.

L’articolo 14 del D.M. n. 340 del 2004 detta modalità applicative per la concessione del contributo di cui all’articolo 38 cit., comma 7, mentre l’articolo 15 dello stesso D.M. stabilisce che sulle risorse destinate alla concessione di detto contributo è finanziato, in via prioritaria, l’accordo di programma attuativo del progetto sperimentale di autostrada ferroviaria alpina sulla direttrice Aiton-Orbassano, in adempimento di quanto definito nel vertice italo-francese di Périgueux del 27 novembre 2001, ed alle condizioni e secondo le modalità ivi previste.

 

Il comma 242 fa decorrere l’inizio del triennio di cui al comma 241 dalla data di sottoscrizione degli accordi di programma, stipulati ai sensi del sopra illustrato articolo 38, comma 7.

 

Il comma 243 autorizza la spesa di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 sul “Fondo per la contribuzione agli investimenti per lo sviluppo del trasporto merci per ferrovia, con particolare riferimento al trasporto combinato e di merci pericolose ed agli investimenti per le autostrade viaggianti”, di cui al più volte citato comma 6 dell’articolo 38 della legge n. 166 del 2002. L’autorizzazione è diretta a dare attuazione a quanto disposto ai precedenti commi 238 e 241.

In particolare, a valere su tali risorse, l’importo di 7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 è destinato a dare attuazione a quanto disposto al comma 238 - sopra illustrato - mentre le risorse restanti sono destinate in via prioritaria al finanziamento degli accordi di programma di cui al già citato comma 7 dell’articolo 38 della legge n. 166 del 2002, aventi ad oggetto lo sviluppo del trasporto combinato sulla linea storica Torino – Lione, ai fini del riequilibro modale.

 

I commi da 244 a 246 recano disposizioni sugli interporti.

Si rammenta che le infrastrutture dedicate all’intermodalità sono costituite dagli interporti e dai centri intermodali. Gli interporti sono definiti dalla normativa vigente come un complesso organico di strutture e servizi fra loro integrati e uniformati secondo uno schema di rete logistica e mediante tecnologie telematiche. Essi sono finalizzati allo scambio di merci tra le diverse modalità di trasporto, comprendono uno scalo ferroviario idoneo per la formazione o la ricezione di treni completi intermodali, e risultano essere in collegamento con porti, aeroporti e vie di grande comunicazione.

 

Il comma 244 autorizza un contributo di 5 milioni di euro per il 2009 e di 10 milioni di euro per il 2010 per il completamento e l’implementazione della rete immateriale degli interporti finalizzata al potenziamento del livello di servizio sulla rete logistica nazionale.

Si ricorda che l'articolo 1, comma 1044, terzo periodo, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) ha autorizzato un contributo di 5 milioni di euro per il 2008 per il completamento della rete immateriale degli interporti al fine di potenziare il livello di servizio sulla rete logistica nazionale.

 

Il comma 245 al fine di ottimizzare i flussi nei nodi del sistema logistico nazionale, rifinanzia con 2 milioni di euro per l’anno 2009 e 2 milioni di euro per l’anno 2010 gli interventi previsti dell’articolo 1, comma 1044, della legge n. 296 del 2006.

Il citato articolo 1, comma 1044, primo periodo, autorizza la spesa di 30 milioni di euro per il completamento della rete nazionale degli interporti, con particolare riferimento al Mezzogiorno. Il Ministro dei trasporti dovrà individuare, con proprio decreto, gli interventi immediatamente cantierabili, tendenti ad eliminare i «colli di bottiglia» del sistema logistico nazionale ed a realizzare le interconnessioni stradali e ferroviarie fra hub portuali e interporti (il decreto non risulta essere stato emanato).

 

Il comma 246 stabilisce che il contributo di cui al sopra illustrato articolo 1, comma 1044, terzo periodo, dovrà essere utilizzato prioritariamente per la riduzione dal cinquanta al trentacinque per cento della quota di finanziamento, a carico degli interporti, del sistema di gestione della rete logistica nazionale, di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 18T del 20 giugno 2005 e alla conseguente convenzione in essere tra il Ministero dei trasporti e la UIRnet S.p.A., stipulata in data 21 dicembre 2006.

Il D.M. 18T del 20 giugno 2005 è stato emanato in attuazione dell’articolo 1, comma 456, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), il quale ha autorizzato la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005-2007 per la concessione di contributi alla realizzazione di infrastrutture ad elevata automazione e a ridotto impatto ambientale di supporto a nodi di scambio viario intermodali. Il menzionato decreto ministeriale ha destinato i finanziamenti di cui al citato articolo 1, comma 456, della legge n. 311 del 2004, alla corresponsione di contributi per la realizzazione di un sistema (piattaforma) di gestione della rete logistica nazionale che permetta la interconnessione dei nodi di interscambio modale (interporti), anche al fine di migliorare la sicurezza del trasporto delle merci. L’attuazione dell’intervento è affidata alle società interportuali di cui alla legge 4 agosto 1990, n. 240, che dovranno costituire un unico soggetto attuatore comune. Per la realizzazione del sistema le società interportuali dovranno predisporre e presentare, attraverso il soggetto attuatore, un piano finanziario che preveda, oltre al contributo statale, risorse aggiuntive (mezzi propri, credito ed altri finanziamenti non statali) tali da garantire la piena realizzazione del progetto ed almeno pari al cinquanta per cento del contributo statale [articolo 4, comma 1, lettera a), del D.M.].

Il soggetto attuatore comune è la società UIRNet S.p.A., appositamente costituita tra gli interporti di rilevanza nazionale. Tale società ha stipulato, nel dicembre 2006, la relativa convenzione con il Ministero dei trasporti.

 

Il comma 247 autorizza la spesa di 35 milioni di euro per l’anno 2008, di 25 milioni di euro per l’anno 2009, di 30 milioni di euro per l’anno 2010, di 49 milioni di euro per l’anno 2011, di 56 milioni di euro per l’anno 2012 e di 4 milioni di euro per l’anno 2013, con le seguenti finalità:

§      implementare le azioni tese ad accrescere la sicurezza stradale;

§      dare attuazione alle azioni previste dal Piano nazionale della sicurezza stradale, mediante azioni mirate e sinergiche volte a rafforzare i controlli su strada, anche attraverso l’implementazione di idonee attrezzature tecniche funzionali all’aumento dei controlli stradali;

§      intensificare l’attività ispettiva e le verifiche previste dal codice della strada;

§      dotare gli uffici ed il personale preposto ad attività di sicurezza stradale degli opportuni strumenti per l’esercizio delle attività istituzionali, ivi compresa la formazione.

 

Il Piano nazionale della sicurezza stradale è stato istituito dall’articolo 32 della legge 17 maggio 1999, n. 144, con la finalità di ridurre il numero e gli effetti degli incidenti stradali. Il Piano, che consiste in un sistema articolato di indirizzi, misure per la promozione e l'incentivazione di strumenti per migliorare i livelli di sicurezza da parte degli enti proprietari e dei gestori, di interventi infrastrutturali, di misure di prevenzione e controllo, viene attuato attraverso programmi annuali predisposti dal Ministro delle infrastrutture che devono essere approvati dal CIPE. Il Piano viene aggiornato ogni tre anni o quando fattori particolari ne motivino la revisione.

Si segnala che sul tema della sicurezza stradale è recentemente intervenuto l’articolo 6-bis del D.L. 3 agosto 2007, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, n. 160, il quale ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Fondo contro l'incidentalità notturna, con un’autorizzazione di spesa di 500 mila euro per ciascuno degli anni 2007-2009, da utilizzare per le attività di contrasto all’incidentalità notturna.

 

Il comma 248 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e di 15 milioni di euro per l’anno 2010 per il proseguimento degli interventi previsti dall’articolo 1, comma 1038, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).

 

La richiamata norma ha stanziato un contributo di 15 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009 sia al fine di realizzare interventi volti all'ammodernamento tecnologico dei sistemi di sicurezza, sia relativi all'infrastruttura ferroviaria sia installati a bordo dei materiali rotabili, sia per le gestioni commissariali governative che per le ferrovie di proprietà del Ministero dei trasporti.

Il tema della sicurezza ferroviaria è da tempo all’attenzione sia del legislatore nazionale che di quello comunitario. In particolare nel secondo pacchetto ferroviario approvato in sede europea in data 29 aprile 2004 sono previste specifiche misure in ordine alla sicurezza del sistema ferroviario, tra cui si ricordano in particolare il regolamento (CE) n. 881/2004 che istituisce un'Agenzia ferroviaria europea al fine di implementare la sicurezza e la direttiva 2004/49/CE, che prevede un complesso di misure per accrescere il livello di sicurezza delle ferrovie comunitarie.

 

Il comma 249 autorizza la spesa complessiva di 30 milioni di euro, nel 2008, per aumentare, di 10 milioni di euro, il capitale sociale di ciascuna delle seguenti società di gestione di servizi ferroviari:

§      Ferrovie della Calabria S.r.l.;

§      Ferrovie Apulo Lucane S.r.l.;

§      Ferrovie del Sud-Est S.r.l..

 

Il comma 250 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010 in favore di Trenitalia s.p.a. e di società del gruppo Fs per l’avvio di un programma di rimotorizzazione, in conformità della direttiva 2004/26/CE[338], delle automotrici con motori diesel nel trasporto regionale su linee non elettrificate. Lo stanziamento è destinato alla realizzazione degli obiettivi di risparmio energetico e riduzione delle emissioni inquinanti.

Lo stanziamento è diretto a conseguire, a regime, un risparmio energetico netto quantificabile in 233 milioni di euro e una riduzione delle emissioni inquinanti di oltre 40.000 tonnellate.

Si osserva che la norma non indica a quale tipo di emissione inquinante si riferisca il limite di 40.000 tonnellate.

 

Il comma 251 istituisce, presso il Ministero dei trasporti, un Fondo per l’ammodernamento dei collegamenti ferroviari tra Pescara e Roma, destinato al miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza delle comunicazioni ferroviarie tra la regione Abruzzo e la città di Roma. Autorizza, a tal fine, una spesa pari a 56 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, vincolandone la destinazione alla tratta Avezzano-Roma.

 

Il comma 252 autorizza la spesa di 104 milioni di euro per l’anno 2008, per il finanziamento dei servizi pubblici ferroviari di viaggiatori e merci sulla media e lunga percorrenza.

In conseguenza dello stanziamento recato dal presente comma, sono ridotti i seguenti trasferimenti per rinnovi dei contratti di lavoro del settore del trasporto pubblico locale:

a)   riduzione di 14 milioni di euro per l’anno 2008 dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 23 del D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, convertito con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47;

Il citato articolo 23 ha autorizzato la spesa di 337,5 milioni di euro per l'anno 2004 e di 214,3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2005, al fine di assicurare il rinnovo del contratto collettivo relativo al settore del trasporto pubblico locale.

b)   riduzione di 13 milioni di euro per l’anno 2008 dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 2, del D.L. 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58;

Il citato articolo 1 ha autorizzato la spesa di 260 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2005, al fine di assicurare il rinnovo del primo biennio del contratto collettivo 2004-2007 relativo al settore del trasporto pubblico locale.

c)   riduzione di 7 milioni di euro per l’anno 2008 dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 1230, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).

Il citato comma 1230 ha autorizzato la spesa di 190 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2007, al fine di garantire il cofinanziamento dello Stato agli oneri derivanti dal rinnovo del secondo biennio economico del contratto collettivo 2004-2007 relativo al settore del trasporto pubblico locale.

 

Il comma 253 prevede che il Ministero dei trasporti svolga un'indagine conoscitiva sul trasporto ferroviario di viaggiatori e merci sulla media e lunga percorrenza, volta a determinare la possibilitàdi assicurare l'equilibrio tra costi e ricavi dei servizi, nonché le eventuali azioni di miglioramento dell'efficienza.

In relazione ai risultati della suddetta indagine saranno individuati i collegamenti che presentano o comunque possono raggiungere l'equilibrio economico e per i quali non è possibile raggiungere tale equilibrio. Per i primi il servizio sarà assicurato in regime di liberalizzazione. Spetterà al CIPE, nell’àmbito delle relazioni per le quali non è possibile raggiungere l'equilibrio economico, individuare i servizi di utilità sociale, in termini di frequenza, copertura territoriale, qualità e tariffazione, che sono mantenuti in esercizio tramite contratti di servizio pubblico.

L’intervento del CIPE sarà effettuato su proposta del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze e nei limiti delle risorse disponibili.

L’indagine conoscitiva avrebbe dovuto concludersi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge (ovvero entro il 30 gennaio 2008). Tale termine è stato prorogato al 15 dicembre 2008 dall’articolo 17, comma 2, del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria”, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31.

Nella relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione del D.L. n. 248 del 2007, viene precisato che la citata proroga si renderebbe necessaria sulla base della pubblicazione di nuove disposizioni comunitarie in materia di trasporto ferroviario, che potrebbero determinare rilevanti modifiche al quadro normativo di riferimento e impongono pertanto un più adeguato approfondimento in sede di effettuazione dell’indagine in esame. In particolare, la relazione fa riferimento al Regolamento CE n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo ai servizi pubblici di trasporto passeggeri su strada e ferrovia, che abroga i regolamenti n. 1191/1969 e n. 1107/1970, ed al Regolamento CE n. 1371/2007, del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo ai diritti e obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario. Tali regolamenti entreranno entrambi in vigore il 3 dicembre 2009.

 


 

Articolo 2, comma 254
(Somme da corrispondere alla società Trenitalia Spa in relazione agli obblighi di servizio pubblico)

 

254. Nelle more della stipula di nuovi contratti di servizio pubblico tra il Ministero dei trasporti e la società Trenitalia S.p.a., il Ministero dell’economia e delle finanze è autorizzato a corrispondere alla società le somme previste, per l’anno 2008, dal bilancio di previsione dello Stato, in relazione agli obblighi di servizio pubblico nel settore dei trasporti per ferrovia, di cui alla vigente normativa comunitaria.

 

 

Il comma 254 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze a corrispondere a Trenitalia S.p.a., nelle more della stipula dei nuovi contratti di servizio pubblico, le somme previste nel bilancio di previsione dello Stato per il 2008, destinate agli obblighi di servizio pubblico nel settore dei trasporti per ferrovia.

Va ricordato che, in base alla seconda nota di variazione al disegno di legge di bilancio per il 2008, i capitoli dello stato di previsione del Ministero dell’economia (cap. 1541, 1542, 1543) recanti le somme da corrispondere all’impresa Ferrovie dello stato S.p.a. per gli oneri di servizio pubblico, prevedono uno stanziamento pari a complessivi 1.391 milioni di euro.

 

Si rammenta che il contratto di servizio pubblico tra lo Stato e la società Trenitalia S.p.A. è disciplinato dall'articolo 4, comma 4, della legge n. 538/1993 (legge finanziaria 1994), il quale prevede che il contratto venga sottoscritto previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

Secondo la normativa comunitaria, è definito contratto di servizio il contratto concluso fra le autorità competenti di uno Stato membro e un'impresa di trasporto allo scopo di fornire alla collettività servizi di trasporto sufficienti. Esso assolve alla funzione di garantire il soddisfacimento di esigenze di trasporto che le imprese stesse non avrebbero convenienza economica ad assicurare. A tal fine, il contratto provvede attraverso l’imposizione alle imprese di obblighi di servizio pubblico, a fronte dei quali sono previsti meccanismi di compensazione in favore delle imprese stesse.

Gli obblighi di servizio pubblico comprendono: gli “obblighi di esercizio”, in virtù dei quali le imprese debbono garantire la continuità, la regolarità e l’adeguatezza, in termini di capacità, del servizio; gli “obblighi di trasporto”, per cui le imprese sono tenute ad accettare ed effettuare qualsiasi trasporto di persone o di merci a prezzi e condizioni determinati; gli “obblighi tariffari”, in virtù dei quali le imprese sono tenute ad applicare prezzi stabiliti o approvati dalle pubbliche autorità, in particolare per talune categorie di viaggiatori o di prodotti o per determinati collegamenti.

Il contratto servizio attualmente in vigore – in base alla clausola di continuità prevista dall’articolo 12 dello stesso contratto - è quello relativo al periodo 2004-2006 e riguarda anche i rapporti tra società e regioni, ai sensi dell’articolo 9, comma 3, del D.Lgs. 422/1997, a norma del quale il Ministro dei trasporti provvede in tal senso fino alla data di attuazione delle deleghe alle regioni.

Si ricorda infine una recente disposizione, contenuta all’articolo 9 del decreto legge n. 159/2007, convertito dalla legge n. 222/2007, che autorizza il Ministero dell’economia a corrispondere a Trenitalia S.p.a., nelle more della stipula dei contratti di servizio, le somme spettanti per gli anni 2006 e 2007 in relazione agli obblighi di servizio espletati nel corso di tali anni.


 

Articolo 2, comma 255
(Linee metropolitane)

 

255. Per la progettazione e l’avvio, ai sensi della legge 21 dicembre 2001, n. 443, e successive modificazioni, delle tratte delle linee metropolitane delle città di Bologna e di Torino, è autorizzato un contributo per ciascuna delle predette tratte di 10 milioni di euro per l’anno 2010. Per la realizzazione della tramvia di Firenze è autorizzato un contributo di 10 milioni di euro per l’anno 2009.

 

 

L’articolo 2, comma 255, autorizza un contributo di 10 milioni di euro per il 2010 per la progettazione e dell’avvio delle tratte metropolitane di Bologna e Torino e di 10 milioni di euro per il 2009 per la progettazione e l’avvio della tramvia di Firenze.

 

Si ricorda che il progetto preliminare della “Metrotranvia per la città di Bologna”, compreso nel Programma delle infrastrutture strategiche, è stato approvato con delibera CIPE n. 89/2005. Il costo complessivo è stimato in circa 587 milioni di euro; soggetto aggiudicatore è il Comune di Bologna. Con delibera n. 32/2007, il CIPE ha stabilito che entro il mese di gennaio 2008 dovrà essere consegnato dal soggetto aggiudicatore il progetto definitivo del primo lotto funzionale dell’opera, recante il quadro economico, il cronoprogramma delle fasi di ulteriore progettazione e di realizzazione del primo lotto, nonché la data di entrata in esercizio.

Anche il prolungamento della metropolitana di Torino (tratte 3 e 4) figura fra le opere del Programma delle infrastrutture strategiche. I relativi progetti, approvati dalla regione Piemonte, sono in fase istruttoria, anche ai fini della valutazione dei profili di impatto ambientale.

Per quanto riguarda il finanziamento per la tramvia di Firenze, va ricordato che nel programma delle infrastrutture strategiche è previsto in tale area metropolitana un sistema a guida vincolata, una parte del quale già in corso di avanzata realizzazione.


 

Articolo 2, comma 256
(Passante grande di Bologna)

 

256. Per la progettazione e l’avvio della realizzazione del passante grande di Bologna, ai sensi della legge 21 dicembre 2001, n. 443, e successive modificazioni, è autorizzato un contributo di 5 milioni di euro per l’anno 2008 e di 4 milioni di euro per l’anno 2009.

 

 

Il comma in esame autorizza due contributi annuali, rispettivamente di 5 milioni di euro per il 2008 e di 4 milioni per il 2009, per la progettazione e l’avvio della realizzazione del passante grande di Bologna, ai sensi della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (cd. legge obiettivo).

Il 27 luglio del 2005 è stato sottoscritto un accordo procedimentale tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la Regione Emilia-Romagna, la Provincia di Bologna e il Comune di Bologna per la realizzazione del «Passante autostradale nord».

Il Passante autostradale nord di Bologna è una variante del tracciato dell'A14 tra Lavino di Mezzo (Anzola dell'Emilia) ad ovest e Ponte Rizzoli (Ozzano dell'Emilia) a est della lunghezza di 40,7 km, con quattro caselli (San Giovanni in Persiceto, Bologna Interporto, Granarolo, Budrio), che si propone di decongestionare il nodo autostradale di Bologna e sostenere il previsto sviluppo insediativo e produttivo nell'area della pianura nord di Bologna, spostando all’esterno del tessuto urbano di Bologna la pressione dei traffici autostradali nazionali e autostradali in attraversamento e permettendo la realizzazione di un'unica piattaforma tangenziale a 4 corsie per senso di marcia, più corsia di emergenza, per il traffico metropolitano.

Nell'allegato G «Infrastrutture prioritarie» dell'Allegato «Programma delle infrastrutture» al DPEF 2008-2011[339], il costo dell'opera è indicato in 1.450 milioni di euro che «può essere coperto attraverso il ricorso al projet financing, verificando l'importo dell'investimento e l'ipotesi di una sua totale copertura, in assenza di contributo pubblico».

 


 

Articolo 2, commi 257-262
(Finanziamento delle infrastrutture di preminente interesse nazionale. Legge obiettivo)

 


257. Per la prosecuzione degli interventi di realizzazione delle opere strategiche di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, è autorizzata la concessione di contributi quindicennali di 99,6 milioni di euro a decorrere da ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010. A valere sulle risorse stanziate dai commi 257 e 258, per la prosecuzione degli interventi di cui all’articolo 1, comma 1008, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono autorizzati contributi quindicennali di 5 milioni di euro a decorrere rispettivamente dall’anno 2008 e dall’anno 2009, e si procede ai sensi degli articoli 163 e seguenti del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. A valere sulle risorse stanziate dai commi 257 e 258, per la realizzazione delle opere accessorie agli interventi di cui all’articolo 1, comma 981, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è autorizzato un contributo di 3 milioni di euro per l’anno 2008 e di 2 milioni di euro per l’anno 2009, e si procede ai sensi degli articoli 163 e seguenti del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

258. Nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente per il programma straordinario di edilizia residenziale pubblica, una quota fino a 50 milioni di euro è destinata alla prosecuzione degli interventi di cui all’articolo 1, comma 1010, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, da realizzare con le modalità di cui al primo comma dell’articolo 18 della legge 7 marzo 1981, n. 64, anche rimodulando gli interventi in base alle esigenze accertate dal Ministero delle infrastrutture.

259. L’Autostrada Nogara-Mare Adriatico e il collegamento dei sistemi tangenziali nelle tratte Peschiera del Garda/Verona e Verona/Padova, opere di competenza della regione Veneto, sono inseriti, ai soli fini dell’approvazione, nelle procedure previste dall’articolo 161 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni.

260. Per il completamento degli interventi relativi alla strada di grande comunicazione E 78 «due mari» Grosseto-Fano, prevista come opera strategica di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per l’anno 2008.

261. Per il finanziamento degli interventi di cui all’articolo 1, comma 92, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è autorizzata la spesa di 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

262. Le quote dei limiti d’impegno, autorizzati dall’articolo 13, comma 1, della legge 1° agosto 2002, n. 166, e successivi rifinanziamenti, decorrenti dall’anno 2006 non impegnate al 31 dicembre 2007, costituiscono economie di bilancio e sono reiscritte nella competenza degli esercizi successivi a quelli terminali dei rispettivi limiti.


 

 

Il comma 257 autorizza la concessione di contributi quindicennali di 99,6 milioni di euro a decorrere da ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 per la prosecuzione degli interventi di realizzazione delle opere strategiche di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443 (cd. legge obiettivo). Tale finanziamento quindicennale corrisponde, in termini di volume attivabile, a circa 3,29 miliardi di euro.

Si ricorda che l’art. 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001 prevede che “il Governo indica nel disegno di legge finanziaria ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-ter), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, le risorse necessarie, che si aggiungono ai finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili, senza diminuzione delle risorse già destinate ad opere concordate con le regioni e le province autonome e non ricomprese nel programma”.

Si rammenta, altresì, che le somme iscritte nel bilancio dello Stato per il finanziamento di tale programma, che accolgono le risorse stanziate dall’art. 13 della legge 1° agosto 2002, n. 166, come successivamente rifinanziate, sono collocate nel capitolo 7060 (all’interno del programma 14.3) dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture. Per il 2008 tale capitolo reca uno stanziamento di competenza di 1.102,9 milioni di euro.

Lo stato di attuazione del Programma infrastrutture strategiche (PIS) previsto dalla legge obiettivo (n. 443/2001)

Nel 3° rapporto per la VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici predisposto dal Servizio studi su Le infrastrutture strategiche in Italia: l’attuazione della “legge obiettivo” (luglio 2007) si indica in 243 il numero delle opere incluse nel PIS, a cui corrisponde una valutazione dei costi (o del valore complessivo) delle opere stesse pari a 305 miliardi di euro.

Restringendo l’analisi alle sole opere deliberate dal CIPE, “lo scenario di riferimento è rappresentato dalle 139 opere deliberate dal CIPE (ad esclusione del Ponte sullo Stretto), con un costo stimato di 89,7 miliardi di euro. Complessivamente sono stati attivati 200 finanziamenti (riferiti a 116 opere finanziate interamente o in parte) per la copertura finanziaria del 38,6% del costo delle opere deliberate”, per cui rimane un fabbisogno finanziario residuo di circa 55,1 miliardi di euro, pari al 61,4% del costo totale.

Nello stesso rapporto si legge che “la ricostruzione del fabbisogno residuo rispetto all’anno di completamento previsto delle opere deliberate evidenzia inoltre una situazione più critica con riferimento alle opere per le quali è prevista l’ultimazione a partire dal 2010. Nel triennio 2010-2012 il fabbisogno ammonta, infatti, a circa 22 miliardi” come risulta dalla tabella seguente, tratta dal medesimo rapporto.


Opere strategiche deliberate dal CIPE al 30 aprile 2007*
Fabbisogno residuo per anno di ultimazione lavori

(dati in milioni di euro)

Anno di ultimazione
dei lavori

Fabbisogno
residuo

Importo
totale

2005-2009

809

8.652

2010

5.703

9.232

2011

5.912

12.049

2012

10.600

17.068

2013-2017

32.026

42.704

TOTALE

55.050

89.704

*  Dati al netto del Ponte sullo Stretto di Messina.

Con l’Allegato infrastrutture 2008-2012, è stato definito un nuovo quadro di priorità infrastrutturali, sia attraverso l’individuazione delle opere realisticamente programmabili nell’ambito del Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge obiettivo, sia attraverso l’individuazione di infrastrutture ulteriori definite prioritarie.

Il quadro complessivo degli interventi della legge obiettivo viene definito nell’Allegato B, il quale distingue le opere in ultimate, in corso integralmente coperte, in corso con copertura parziale, e da avviare entro il 2012. A tali opere si aggiungono le opere prioritarie Reti TEN. Il medesimo allegato B fa inoltre riferimento ad ulteriori opere da avviare entro il 2012, non comprese nell’ambito della legge obiettivo.

Le tabelle seguenti riassumono rispettivamente il quadro degli interventi ricompresi nel PIS, il quadro delle reti TEN prioritarie e le ulteriori opere da avviare entro il 2012.

 

Tabella 1. Infrastrutture strategiche di cui alla legge obiettivo

(dati in milioni di euro)

Stato delle opere

Numero

Costo complessivo

Fabbisogno finanziario

Ultimate

8

2.171,79

--

In corso

69

35.080,11

8.593,83

Integralmente coperte

53

13.696,38

--

Finanziate parzialmente

16

21.383,73

8.593,83

Da avviare entro il 2012

84

55.906,64

19.816,04

Totale

161

93.158,54

28.409,87

 

Tabella 2. Opere prioritarie Reti TEN

(dati in milioni di euro)

Intervento

Costo complessivo

Fabbisogno finanziario

Corridoio V – Collegamento Torino-Lione

5.365

5.016

Tratta AV/AC Milano-Genova: terzo valico di Giovi

5.060

4.837

Asse ferroviario Monaco-Verona: galleria del Brennero

3.000

2.740

Totale

13.425

12.593


Tabella 3. Ulteriori opere da avviare entro il 2012

(dati in milioni di euro)

Stato delle opere

Numero

Costo complessivo

Fabbisogno finanziario

Da avviare entro il 2012

9 (*)

4.971,07

3.739,58

(*)  Tali interventi riguardano: la Val d’Aosta (1 opera); la Lombardia (2 opere); l’Emilia Romagna (1 opera); il Lazio (2 opere); la Campania (1 opera); la Puglia (1 opera); la Basilicata (1 opera).

 

Si nota che lo stanziamento disposto dal comma in esame è pari alla metà di quello previsto nel sopra richiamato Allegato infrastrutture al DPEF.

Da tale documento, sulla base dei dati sopra riportati, si evince che, per l’insieme costituito dalle opere della legge obiettivo e delle opere ulteriori da avviare entro il 2012, il costo complessivo è pari a 98 miliardi e il fabbisogno finanziario per la realizzazione di tali opere nei prossimi cinque anni è pari a circa 32 miliardi di euro. A tale fabbisogno si prevede di far fronte mediante:

-        i limiti di impegno stabiliti dalla legge finanziaria 2007 (che all’articolo 1, comma 1, comma 977 rifinanzia il PIS, attraverso contributi quindicennali di 100 milioni di euro a decorrere da ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009), una quota dei quali tuttavia è destinata ad interventi specifici (pari a 158 milioni di euro);

-        nuovi limiti di impegno che saranno stabiliti per il 2008 e 2009 (200 milioni di euro per anno), che saranno incrementati negli anni 2010 e 2011 fino a 250 milioni di euro e nel 2012 fino a 425 milioni di euro[340].

 

Lo stesso comma 257 prevede che, a valere sulle stesse risorse, vengano inoltre autorizzati i seguenti contributi:

§      due contributi quindicennali di 5 milioni di euro, a decorrere rispettivamente dall’anno 2008 e dall’anno 2009, per la prosecuzione degli interventi di ricostruzione nelle zone del Molise e della provincia di Foggia colpite dal sisma del 2002. Tali contributi andranno ad integrare quelli previsti dall’art. 1, comma 1008, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007).

Si ricorda che il citato comma 1008 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 ha stanziato risorse - pari a 85 milioni di euro per il 2007 e 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 - per gli interventi di ricostruzione nelle zone della regione Molise e della provincia di Foggia colpite dagli eventi sismici del 2002, prevedendo altresì un vincolo di destinazione del 50% al Comune di San Giuliano di Puglia ed il restante 50% ai rimanenti comuni con precedenza, però, nei confronti dei comuni del cratere.

Successivamente con l’ordinanza n. 357 del 16 marzo 2007 (GU n. 67 del 21 marzo 2007) si è provveduto a ripartire le risorse finanziarie previste dall’art. 1, comma 1008, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per la prosecuzione degli interventi di ricostruzione dei territori delle regioni Molise e Puglia, colpite dagli eventi sismici del 2002. Tali contributi sono stati ripartiti nel modo seguente:

a)  40 milioni di euro da destinare al comune di S. Giuliano di Puglia;

b)  33 milioni di euro al commissario delegato – presidente della regione Molise;

c)  12 milioni di euro al commissario delegato – presidente della regione Puglia, di cui 5 milioni di euro con oneri a carico del Fondo della protezione civile.

L’ordinanza precisa, quindi, che le risorse finanziarie di cui alle lettere b) e c) sono destinate ai comuni indicati nell'art. 3 dell'ordinanza n. 3496 del 17 febbraio 2005. Tali comuni sono: Castellino del Biferno; Colletorto; Larino; San Giuliano di Puglia; Santa Croce di Magliano; Bonefro; Ripabottoni; Montelongo; Casacalenda; Montorio nei Frentani; Morrone del Sannio; Rotello; Ururi; Casalnuovo Monterotaro; Provvidenti; Pietra Montecorvino.

Da ultimo, con la medesima finalità della prosecuzione degli interventi di cui all'articolo 1, comma 1008, della legge finanziaria 2007, il decreto-legge collegato 1° ottobre 2007, n. 159 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222), prevede due ulteriori contributi per il 2007 rispettivamente di 50 milioni di euro (articolo 21) e di 60 milioni di euro (articolo 21-bis).

§      3 milioni di euro per il 2008 e 2 milioni di euro per il 2009, per la realizzazione delle opere accessorie agli interventi di cui all’articolo 1, comma 981, della legge n. 296 del 2006 (Pedemontana di Formia).

Si ricorda che il comma 981 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007) ha disposto, tra l’altro, uno stanziamento quindicennale di 5 milioni di euro a decorrere dal 2007, “per assicurare il concorso dello Stato al completamento della realizzazione delle opere infrastrutturali della Pedemontana di Formia”.

Si ricorda, altresì, che in merito all’opera in questione il CIPE ha emanato la delibera n. 98 del 29 marzo 2006 (Itinerario A 12 Pontina-Appia: variante alla s.s. 7 Appia, in comune di Formia)[341].

 

Il comma in esame prevede, infine, che tali interventi (ricostruzione nelle zone del Molise e della provincia di Foggia colpite dal sisma del 2002 e Pedemontana di Formia) vengano realizzati con la procedura prevista per le infrastrutture strategiche dall’art. 163 e seguenti del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

Peraltro, si segnala che i già richiamati articoli 21 e 21-bis del decreto-legge n. 159 del 2007 prevedono l’applicabilità delle procedure delle legge obiettivo rispetto alla prosecuzione degli interventi di ricostruzione nelle zone del Molise e della provincia di Foggia colpite dal sisma del 2002.

 

Il comma 258 destina una quota fino a 50 milioni di euro delle risorse disponibili a legislazione vigente per il programma straordinario di edilizia residenziale pubblica alla prosecuzione degli interventi di ricostruzione della valle del Belice distrutta dal terremoto del 1968, di cui all’art. 1, comma 1010, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).

 

L’articolo 1, comma 1010, della legge finanziaria 2007 in realtà rinvia agli interventi di cui all’art. 17, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67 (che ha incrementato il Fondo di per il risanamento e la ricostruzione della Valle del Belice istituito dall’art. 3 della legge 14 maggio 1981, n. 219) e, al fine di garantire la prosecuzione di tali interventi, autorizza uno stanziamento complessivo di 100 milioni di euro (20 milioni di euro per il 2007, 30 milioni di euro per il 2008 e di 50 milioni di euro per il 2009), prevedendo inoltre la possibilità di utilizzare tali risorse anche per la progettazione ed esecuzione di opere pubbliche nella stessa zona.

 

Il programma straordinario di edilizia residenziale pubblica cui fa riferimento il comma in esame è finanziato dall’articolo 21 del già richiamato decreto-legge n. 159 del 2007, che ha a tal fine autorizzato una spesa nel limite di 550 milioni per l'anno 2007.

 

Si segnala, inoltre, che l’articolo 1, comma 1154, della legge finanziaria 2007, ha autorizzato una spesa di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per la realizzazione di un piano straordinario di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata.

 

Per quanto infine riguarda le modalità di realizzazione degli interventi di ricostruzione, lo stesso comma 258 rinvia al primo comma dell’articolo 18 della legge 7 marzo 1981, n. 64 (recante ulteriori finanziamenti per l'opera di ricostruzione nelle zone del Belice), prevedendo anche una rimodulazione degli interventi in base alle esigenze accertate dal Ministro delle infrastrutture.

La disposizione da ultimo richiamata ha in particolare previsto che la progettazione, la direzione dei lavori e l'esecuzione delle opere pubbliche di competenza dell'Ispettorato generale per le zone colpite dai terremoti del gennaio 1968, siano eseguite in concessione dai comuni interessati che non dichiarino di rifiutare entro trenta giorni dalla richiesta.

 

Il comma 259 inserisce, a soli fini approvativi, nella procedura speciale prevista per le infrastrutture strategiche dall’articolo 161 e ss. del decreto legislativo n. 163 del 2006 (codice dei contratti pubblici) l’Autostrada Nogara-Mare Adriatico ed il collegamento dei sistemi tangenziali nelle tratte Peschiera del Grada/Verona e Verona/Padova.

 

La legge n. 443 del 2001 (cd. legge obiettivo) e il relativo provvedimento di attuazione costituito dal decreto legislativo 1° agosto 2002, n. 190 (come successivamente integrato e modificato dai decreti legislativi n. 9 del 2005 e n. 189 del 2005) definiscono una disciplina speciale per la programmazione, il finanziamento e la realizzazione delle infrastrutture pubbliche e private e degli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale. Le disposizioni del d.lgs. n. 190 del 2002 sono confluite negli articoli 161 e ss. del codice dei contratti pubblici.

Le principali finalità perseguite dalla disciplina speciale delle opere strategiche sono:

-        la programmazione annuale degli interventi;

-        l’accelerazione delle procedure amministrative;

-        l’incentivazione dell’afflusso di capitali privati.

Con specifico riferimento all’aspetto delle procedure amministrative, rilevante ai fini della disposizione in esame, le maggiori novità sono state introdotte dall’art. 3 del d.lgs. n. 190 del 2002 (riprodotto dall’art. 165 del cd. codice appalti) che ha provveduto allo snellimento e all’accelerazione delle procedure di autorizzazione che precedono la realizzazione di un'opera (iter di progettazione, localizzazione e valutazione d’impatto ambientale).

Rispetto all’ordinario iter autorizzatorio previsto dalla legge quadro sui lavori pubblici n. 109 del 1994 (riscritta dal codice appalti), la normativa speciale per le cd. grandi opere prevede - tra l’altro - che sia anticipato alla fase della progettazione preliminare (anziché a quella della progettazione definitiva) il rilascio dei provvedimenti di valutazione di impatto ambientale (VIA), di intesa Stato-Regioni sulla localizzazione dell’opera e l'individuazione di un esatto limite di spesa, comprensivo, eventualmente, delle misure compensative dell'impatto territoriale a favore delle comunità locali. Vengono previsti, inoltre, tempi massimi per le varie fasi della progettazione (la cui approvazione viene affidata al CIPE, che svolge un ruolo centrale nell’ambito delle procedure previste per le opere strategiche) e modificata la disciplina della conferenza di servizi (cfr. artt. 165-168 del codice appalti).

 

Il comma 260reca un’autorizzazione di spesa di 3 milioni di euro per il 2008, ai fini del completamento degli interventi E78 due mari Grosseto-Fano. Tale opera rientra tra le infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443 del 2001 (cd. legge obiettivo).

 

Nell’Allegato infrastrutture al DPEF 2008-2012 tra le opere della legge obiettivo in corso e con copertura parziale vengono indicate le seguenti:

-        E78 Grosseto-Fano: tratta stradale Toscana (lotti 5-6-7-8), per la quale viene indicato un fabbisogno da reperire di 268,69 milioni di euro;

-        E78 Grosseto-Fano: tratta stradale Toscana (lotto 4), per la quale viene indicato un fabbisogno da reperire di 69 milioni di euro;

-        E78 Grosseto-Fano: tratta stradale Toscana (lotto 9), per la quale viene indicato un fabbisogno da reperire di 91,06 milioni di euro.

Nel documento Infrastrutture prioritarie del Ministero delle infrastrutture, si precisa che l’itinerario comprende 270 km e che una parte è già aperta al traffico, una parte in corso di realizzazione, una parte in appalto e un’ultima parte in fase di progettazione. Il tracciato si sviluppa per il 63 % in Toscana, per il 5% in Umbria e per la restante parte nelle Marche.

 

Il comma 261autorizza la spesa di 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per il finanziamento degli interventi per la mobilità al servizio delle Fiere.

Si ricorda, infatti, che l’art. 1, comma 92, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, ha autorizzato un contributo quindicennale di 3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006 in favore degli interventi per la mobilità al servizio delle Fiere di Bari, Verona, Foggia e Padova, previsti dall’art. 1, comma 459, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005) (che ha autorizzato un contributo quindicennale di 3 milioni di euro a decorrere dal 2005 per la mobilità al servizio delle suddette Fiere).

L’art. 1, comma 888, della legge n. 296 del 2006 recava una disposizione analoga a quella in esame prevedendo, “per il finanziamento degli interventi di cui all'articolo 1, comma 92, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e a favore del Fondo per la mobilità al servizio delle fiere previsto dalla legge 27 febbraio 2006, n. 105[342]” un contributo quindicennale di 3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2007.

In precedenza, l’articolo 45, comma 3, della legge finanziaria 28 dicembre 2001, n. 448 (finanziaria 2002) aveva previsto, per la realizzazione delle infrastrutture per la mobilità al servizio della Fiera del Levante di Bari, della Fiera di Verona, l’autorizzazione, rispettivamente, di limiti di impegno quindicennali di 1 milione di euro a decorrere dall'anno 2002 e di 1 milione di euro a decorrere dall'anno 2003.

Successivamente l’articolo 4, comma 180, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (finanziaria 2004) ha modificato tale disposizione, estendendo i suddetti limiti di impegno alla realizzazione di interventi finalizzati alla mobilità per la Fiera di Foggia e la Fiera di Padova.

La medesima legge ha introdotto inoltre un nuovo limite d’impegno quindicennale, con decorrenza dal 2005 di 2 milioni di euro, finalizzato alla realizzazione di infrastrutture per la mobilità al servizio di Fiere.

 

 

Il comma 262dispone che le quote dei limiti di impegno[343] autorizzati, per il finanziamento delle opere della legge obiettivo, dall’articolo 13, comma 1, della legge n. 166 del 2002 e successivi rifinanziamenti, decorrenti dall’anno 2006, non impegnate al 31 dicembre 2007, costituiscono economie di bilancio e sono reiscritte nella competenza degli esercizi successivi a quelli terminali dei rispettivi limiti, vale a dire, alla fine del periodo di ammortamento.

 

In base alla disciplina dettata dall’articolo 54, comma 16, della legge 27 dicembre 1997, n. 449[344], infatti, la conservazione in bilancio degli stanziamenti relativi ad annualità e a limiti di impegno, senza formale assunzione dell’impegno di spesa, è limitata soltanto all’esercizio finanziario successivo alla prima iscrizione in bilancio[345].

Si tratta, in realtà, di una disposizione a carattere prudenziale, volta ad evitare che le somme in questione ancora non impegnate, diventino economie di bilancio.

Infatti una disposizioni di analogo contenuto sono state previste, da ultimo, dall’articolo 1, comma 980, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006), il quale ha disposto che le quote dei limiti di impegno autorizzati, per il finanziamento delle opere della legge obiettivo, dall’articolo 13, comma 1, della legge n. 166 del 2002, come rifinanziati dall’articolo 4, comma 176, della legge n. 350 del 2003, decorrenti dagli anni 2003, 2004 e 2005, non impegnate al 31 dicembre 2006, costituiscono economie di bilancio e sono reiscritte nella competenza degli esercizi successivi a quelli terminali dei rispettivi limiti, vale a dire, alla fine del periodo di ammortamento.

 

I limiti di impegno quindicennali decorrenti dal 2006 sono stati stabiliti dall’articolo 4, comma 176, della legge n. 350 del 2003 (finanziaria per il 2004) nella misura di 245 milioni. Peraltro, parte delle risorse sono state utilizzate a copertura di oneri recati da diverse disposizioni legislative intervenute successivamente.

 


 

Articolo 2, comma 263
(Giochi del Mediterraneo del 2009)

 

263. In aggiunta agli stanziamenti previsti dall’articolo11-quaterdeciesdeldecreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, è autorizzata la spesa di 0,4 milioni di euro per l’anno 2008 e di 0,7 milioni di euro per quattordici anni a decorrere dal 2009, per l’organizzazione, l’impiantistica sportiva e gli interventi infrastrutturali dei Giochi del Mediterraneo che si terranno a Pescara nel 2009.

 

 

Il comma 263 autorizza una spesa di 400.000 euro per il 2008 e di 700.000 euro per quattordici anni a decorrere dal 2009 per la prosecuzione degli interventi infrastrutturali previsti per i “XVI Giochi del Mediterraneo" che si terranno a Pescara nel 2009.

La disposizione precisa che tale contributo è aggiuntivo rispetto al finanziamento disposto con l’art. 11-quaterdecies, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, che ha destinato, per tale evento, uno stanziamento annuale per quindici anni di 1 milione di euro a partire dal 2007 da incrementare, dall’anno 2008, con 1 milione di euro per ulteriori quindici anni.

Si ricorda che, successivamente, anche l’art. 1, comma 1292, della legge n. 27 dicembre 2006, 296 (legge finanziaria 2007) ha previsto un ulteriore finanziamento per i Giochi del mediterraneo, autorizzando un’ulteriore spesa annua di 1 milione di euro per quindici anni a decorrere dal 2007, nonché un ulteriore contributo di 1 milione di euro per quindici anni a decorrere dal 2008.

 

I “XVI Giochi del Mediterraneo" sono stati dichiarati “grande evento” con il DPR 21 ottobre 2005[346]. Nel D.P.R. viene sottolineato che l’organizzazione dei giochi comporterà la realizzazione di un Villaggio Mediterraneo per ospitare gli atleti, gli accompagnatori e le relative delegazioni. Occorrerà, inoltre, provvedere ad effettuare ulteriori interventi finalizzati alla riqualificazione ed al potenziamento degli impianti sportivi, al miglioramento della fruibilità dei luoghi, allo sviluppo del sistema di accessibilità e di accoglienza e ad un'adeguata assistenza tecnica, medica ed informativa[347].

Successivamente con il DPCM del 29 dicembre 2005 si è provveduto ad estendere il riconoscimento di «grande evento» dei «XVI Giochi del Mediterraneo» a tutto il territorio della regione Abruzzo ed è stata conseguentemente emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3539 del 4 agosto 2006.

A seguito della dichiarazione di “grande evento”, è possibile avvalersi di procedure di carattere prioritario per la realizzazione delle opere programmate per lo svolgimento dell’evento stesso. Con l’art. 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 410, è stato infatti previsto che le disposizioni di cui all'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, previste per gli stati di emergenza, vengano applicate anche alla dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile.


 

Articolo 2, commi 264-270
(Fondo di garanzia per le opere pubbliche)

 


264. La Cassa depositi e prestiti s.p.a. è autorizzata a costituire, presso la gestione separata, un apposito fondo, denominato Fondo di garanzia per le opere pubbliche (FGOP).

265. La dotazione iniziale del Fondo di cui al comma 264 e le successive variazioni sono stabilite dalla Cassa depositi e prestiti s.p.a. a valere sulle risorse previste ai sensi dell’articolo71, comma 2, dellalegge 27 dicembre 2002, n. 289.

266. Il Fondo di cui al comma 264 è finalizzato al sostegno finanziario dei lavori, di competenza dei soggetti di cui all’articolo 5, comma 7, lettera a), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, da realizzare mediante:

a) contratti di concessione di cui all’articolo 53, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

b) contratti di concessione di costruzione e gestione o affidamento unitario a contraente generale di cui all’articolo 173 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

267. Il Fondo di cui al comma 264, al fine di ridurre le contribuzioni pubbliche a fondo perduto, presta garanzie, in favore dei soggetti pubblici o privati coinvolti nella realizzazione o nella gestione delle opere, volte ad assicurare il mantenimento del relativo equilibrio economico-finanziario.

268. La Cassa depositi e prestiti S.p.a., nel rispetto degli indirizzi fissati dal Ministro dell’economia e delle finanze nell’esercizio dei poteri di cui all’articolo5, comma 9, deldecreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, fissa con proprio regolamento limiti, condizioni, modalità e caratteristiche della prestazione delle garanzie e dei relativi rimborsi, tenendo conto della redditività potenziale dell’opera e della decorrenza e durata della concessione o della gestione.

269. Dalle disposizioni di cui ai commi da 264 a 268 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

270. Sono abrogati i commi da 1 a 5 dell’articolo71dellalegge 27 dicembre 2002, n. 289.


 

 

I commi dal 264 al 270 autorizzano la Cassa depositi e prestiti s.p.a. a costituire, presso la gestione separata, un apposito Fondo di garanzia per le opere pubbliche (FGOP).

Tale Fondo sostituisce il Fondo rotativo per le opere pubbliche (FROP), le cui norme istitutive vengono quindi abrogate dal successivo comma 270.

Il Fondo di garanzia per le opere pubbliche è finalizzato, ai sensi del comma 266, al sostegno finanziario dei lavori, di competenza dei soggetti di cui all’art. 5, comma 7, lettera a), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326). Si tratta, in particolare, dello Stato, delle regioni, degli enti locali, degli enti pubblici e degli organismi di diritto pubblico.

 

La Cassa depositi e prestiti, trasformata in società per azioni dall’articolo 5 del decreto-legge n. 269 del 2003 (“collegato” alla legge finanziaria 2004)[348] assume la configurazione di intermediario finanziario non bancario ed è soggetta alla vigilanza della Banca d’Italia nelle forme previste per gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 del Testo unico bancario[349].

L’attività della società è strutturata su due aree distinte, che comportano anche una separazione organizzativa e contabile: la prima area, organizzata come gestione separata, prosegue l’attività tradizionale della Cassa depositi e prestiti. La seconda area, che consiste nella gestione ordinaria, ha per compito, in base alle previsioni del decreto-legge n. 269 del 2003, la concessione di finanziamenti relativi alle reti e agli impianti destinati alla fornitura dei servizi pubblici ed alle bonifiche

Per ciò che attiene alla gestione separata, la Cassa depositi e prestiti cura la concessione di finanziamenti agli enti pubblici e agli organismi di diritto pubblico, utilizzando, come provvista, il risparmio postale garantito dallo Stato e i fondi provenienti da emissioni di titoli e altre operazioni di raccolta, che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato.

Alla gestione separata sono state altresì assegnate le partecipazioni azionarie trasferite dallo Stato al momento della trasformazione in società per azioni.

Specifiche disposizioni legislative hanno poi previsto l’istituzione di fondi, destinati al finanziamento di investimenti, i quali operano presso la gestione separata[350] La gestione separata, infine, può effettuare attività di assistenza e consulenza in favore dei soggetti beneficiari dei finanziamenti da essa concessi.

La separazione della gestione alla quale è affidato il finanziamento degli enti pubblici riguarda i profili contabili e organizzativi. La gestione separata è soggetta ad una disciplina speciale, la quale è caratterizzata dai seguenti aspetti:

-        attribuzione del potere di indirizzo al Ministro dell’economia e delle finanze ;

-        integrazione del consiglio di amministrazione con rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze e con rappresentanti degli enti locali;

-        sottoposizione alla vigilanza di un’apposita Commissione, di cui fanno parte parlamentari;

-        possibilità di avvalersi della rappresentanza in giudizio e della difesa da parte dell’Avvocatura dello Stato.

La disciplina del FROP fa riferimento ai lavori di competenza dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, lett. b), del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 284, cioè Stato, regioni, enti locali, enti pubblici, nonché – nei casi indicati – privati.

Come per il FROP, il medesimo comma 266 individua nelle modalità di realizzazione dell’opera un secondo elemento in base al quale viene definito l’ambito delle opere pubbliche al cui sostegno sono destinati gli interventi del Fondo.

Le opere beneficiarie devono essere infatti realizzate secondo una delle due seguenti modalità:

§      contratti di concessione, di cui all’art. 53, comma 1, del codice dei contratti pubblici approvato con il d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163;

Si segnala che, in realtà, l’art. 53, comma 1, si limita a prevedere che i lavori pubblici possono essere affidati mediante contratti di appalto o contratti di concessione. La definizione di “concessione di lavori pubblici” è contenuta nell’art. 3, comma 11, e la relativa disciplina nel Capo II del Titolo III della Parte II del d.lgs. n. 163 del 2006 (art. 142 e ss.). In particolare, in base all’art. 3, comma 11, per “concessioni di lavori pubblici” si intendono quei contratti a titolo oneroso, conclusi in forma scritta, aventi ad oggetto, in conformità al presente codice, l’esecuzione, ovvero la progettazione esecutiva e l’esecuzione, ovvero la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori pubblici o di pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica, che presentano le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di lavori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l'opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo, in conformità al presente codice.

 

§      contratti di concessione di costruzione e gestione o affidamento unitario a contraente generale di cui all’art. 173 del citato codice.

 

Ai sensi dell’art. 173 del d.lgs. n. 163 del 2006 la realizzazione di infrastrutture strategiche è oggetto di concessione di costruzione e gestione o affidamento unitario a contraente generale.

Si premette che anche le concessioni disciplinate dagli artt. 142 e ss. del d.lgs. n. 163 vengono comunemente denominate concessioni di costruzione e gestione. Esse hanno in comune con le concessioni richiamate dall’art. 173 gli elementi caratterizzanti il rapporto negoziale, consistenti nell’oggetto della prestazione (l’esecuzione dei lavori pubblici, o di pubblica utilità) e nella controprestazione a favore del concessionario (il diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati). Gli elementi di differenziazione sono legati al fatto che le concessioni di cui all’art. 173 sono espressione di un regime speciale dettato specificamente per le infrastrutture strategiche e di preminente interesse nazionale (di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, cd. legge obiettivo), che contiene la previsione di alcune semplificazioni ed accelerazioni che hanno lo scopo di garantire un canale privilegiato ad opere di particolare rilevanza.

Per quanto riguarda l’affidamento a contraente generale, esso è disciplinato dagli artt. 176 e seguenti del d.lgs. n. 163. In base al comma 1 di tale disposizione, “il soggetto aggiudicatore, in deroga all'art. 53, affida ad un soggetto dotato di adeguata esperienza e qualificazione nella costruzione di opere nonché di adeguata capacità organizzativa, tecnico-realizzativa e finanziaria la realizzazione con qualsiasi mezzo dell'opera, nel rispetto delle esigenze specificate nel progetto preliminare o nel progetto definitivo redatto dal soggetto aggiudicatore e posto a base di gara, contro un corrispettivo pagato in tutto o in parte dopo l'ultimazione dei lavori”. Il general contractor è il soggetto che assume su di sé le funzioni di progettista, costruttore ed in parte di finanziatore dell'opera da realizzare e ne assume, di conseguenza, integralmente la responsabilità economica. Il contraente generale si fa in particolare carico del rischio economico dell'opera, impegnandosi a fornire "un pacchetto finito" a prezzi, termini di consegna e qualità predeterminati contrattualmente.

 

Il comma 265 dispone che la dotazione iniziale del Fondo e le successive variazioni sono stabilite dalla Cassa depositi e prestiti a valere sulle risorse previste ai sensi dell’art. 71, comma 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per il Fondo rotativo delle opere pubbliche.

 

L’art. 71, comma 2, della legge n. 289 del 2002 aveva assegnato al Fondo rotativo delle opere pubbliche una dotazione iniziale di un miliardo di euro, che doveva essere poi alimentata dalla Cassa depositi e prestiti. Il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, su proposta del direttore generale della Cassa depositi e prestiti, avrebbe potuto apportare con proprio decreto variazioni alla consistenza del fondo.

 

Ai sensi del comma 267, il Fondo interviene a sostegno delle opere pubbliche mediante la prestazione di garanzie volte ad assicurare il mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario nella realizzazione o gestione delle opere medesime. I soggetti beneficiari delle garanzie possono essere, indistintamente, soggetti pubblici o privati coinvolti nella realizzazione o nella gestione delle opere; la disposizione precisa inoltre che la prestazione di garanzie da parte del Fondo è rivolta a ridurre le contribuzioni pubbliche a fondo perduto.

 

La finalità di tale disposizione, sembrerebbe, pertanto, analogamente a quelle del Fondo rotativo per le opere pubbliche, quella di istituire un servizio di tipo innovativo che possa incentivare la partecipazione di capitale privato nella realizzazione di opere pubbliche e permetta, per questa via, di ridurre i contributi pubblici a fondo perduto. Le garanzie prestate dal fondo dovrebbero infatti permettere una riduzione dei costi di finanziamento della realizzazione e gestione delle opere, con conseguente beneficio per i soggetti che ne sono coinvolti.

 

Il comma 268 attribuisce alla Cassa depositi e prestiti la facoltà di definire i limiti, condizioni, le modalità e le caratteristiche della prestazione delle garanzie e dei relativi rimborsi, nel rispetto degli indirizzi fissati dal Ministro dell’economia e delle finanze nell’esercizio dei poteri di cui all’art. 5, comma 9, del citato decreto-legge n. 269 del 2003.

A tal fine la disposizione in esame indica alcuni elementi di cui tener conto, quali la redditività potenziale dell’opera e la decorrenza e durata della concessione e della gestione.

 

Si ricorda che il comma 9 dell’art. 5 del decreto-legge n. 269 del 2003 attribuisce al Ministro dell’economia e delle finanze specifici poteri di indirizzo sulla gestione separata della Cassa depositi e prestiti disposta dal precedente comma 8 che prevede che per le attività di finanziamento a favore degli enti pubblici, tra cui lo Stato, le regioni e gli enti locali, e degli organismi di diritto pubblico, sia istituita una apposita gestione separata. Si ricorda che la gestione separata è soggetta ad una disciplina speciale, che è caratterizzata dai seguenti profili:

-        specifici poteri attribuiti al Ministro dell’economia e delle finanze (commi 9 e 11);

-        integrazione del consiglio di amministrazione con rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze e con rappresentanti e degli enti locali (comma 10);

-        vigilanza della Commissione parlamentare (comma 9);

-        possibilità di avvalersi della rappresentanza in giudizio e della difesa da parte dell’Avvocatura dello Stato (comma 15).

 

Il comma 269 reca la clausola di invarianza della spesa.

 

Il comma 270, come già detto, abroga le disposizioni istitutive del Fondo rotativo per le opere pubbliche (art. 71, commi da 1 a 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289).

 


 

Articolo 2, comma 271
(Interventi per i Campionati del mondo di nuoto di Roma 2009)

 

271. In aggiunta agli stanziamenti previsti dall’articolo11-quaterdecies deldecreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, è autorizzata la spesa annua di 0,4 milioni di euro per quattordici anni a decorrere dal 2008 per l’organizzazione, l’impiantistica sportiva e gli interventi infrastrutturali dei Campionati del mondo di nuoto di Roma nel 2009.

 

 

Il comma 271 autorizza una spesa di 0,4 milioni di euro per quattordici anni a decorrere dal 2008 per la prosecuzione degli interventi infrastrutturali previsti per i Campionati mondiali di nuoto di Roma del 2009.

La disposizione precisa che tale contributo è aggiuntivo rispetto al finanziamento disposto con l’art. 11-quaterdecies, comma 1, del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, che aveva destinato, per tale evento, uno stanziamento annuale per quindici anni di 1 milione di euro a partire dal 2007 da incrementare, dall’anno 2008, con un altro milione di euro per ulteriori quindici anni.

Successivamente, anche l’art. 1, comma 1292, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) ha previsto un ulteriore finanziamento, autorizzando la spesa annua di 500.000 euro per quindici anni a decorrere dal 2007 e di ulteriori 500.000 euro, a decorrere dal 2008, per quindici anni.

 

Si ricorda che la citata manifestazione sportiva è stata dichiarata “grande evento” con il DPR 14 ottobre 2005[351]. Nel D.P.R. viene precisato che gli interventi previsti saranno localizzati nelle aree adiacenti il complesso universitario di Tor Vergata e che sarà, quindi, indispensabile incrementare gli impianti sportivi già esistenti attraverso la realizzazione di un articolato quadro di ulteriori interventi funzionali allo svolgimento dei giochi[352]. Con DPCM del 15 giugno 2007 la dichiarazione di "grande evento" è stata estesa al territorio della regione Lazio.

A seguito della dichiarazione di “grande evento”, è possibile avvalersi di procedure di carattere prioritario per la realizzazione delle opere programmate per lo svolgimento dell’evento stesso. Con l’art. 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 410, è stato infatti previsto che le disposizioni di cui all'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, previste per gli stati di emergenza, vengano applicate anche alla dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento.


 

Articolo 2, commi 272-274
(Interventi per i campionati del mondo di ciclismo su pista
2012 in provincia di Treviso)

 


272. Per la realizzazione degli impianti sportivi e di servizio funzionali allo svolgimento dei campionati del mondo di ciclismo su pista del 2012 in provincia di Treviso è autorizzato un contributo quindicennale di 2 milioni di euro a decorrere dal 2008 quale concorso dello Stato agli oneri derivanti dalla contrazione di mutui o altre operazioni finanziarie che l’Associazione Ciclismo di Marca è autorizzata ad effettuare.

273. L’80 per cento del contributo quindicennale di cui al comma 272 è destinato alla realizzazione di un velodromo nel territorio della provincia di Treviso, diretto a consentire un adeguato allenamento degli atleti italiani sul territorio nazionale. Ai fini della definizione delle modalità di finanziamento e di realizzazione del velodromo e delle restanti infrastrutture funzionali allo svolgimento della manifestazione sportiva, l’Associazione Ciclismo di Marca stipula un apposito accordo di programma quadro, ai sensi dell’articolo 2, comma 203, lettera c), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, con il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, il Ministro dell’economia e delle finanze e gli enti locali interessati.

274. Le somme relative ad eventuali economie, derivanti dalle risorse attivate mediante la contrazione di mutui o altre operazioni finanziarie effettuate dall’Associazione Ciclismo di Marca per la realizzazione degli interventi a valere sul contributo quindicennale di cui al comma 272, possono essere destinate alla copertura di altre spese preventivamente autorizzate dall’Associazione medesima per la realizzazione dell’evento.


 

 

Il comma 272 autorizza un contributo quindicennale di 2 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008 per la realizzazione degli impianti sportivi e di servizio necessari allo svolgimento dei mondiali di ciclismo su pista del 2012 che si svolgeranno in provincia di Treviso.

Tale contributo si configura quale concorso dello Stato agli oneri derivanti dalla contrazione di mutui o di altre operazioni finanziarie che l’associazione “Ciclismo di Marca” è autorizzata ad effettuare. Le relative rate di ammortamento per capitali ed interesse saranno, quindi, corrisposte agli istituti finanziatori da parte del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Si rammenta che l’associazione “Ciclismo di Marca Treviso - San Vendemiano" è una associazione senza fini di lucro istituita tra la Provincia di Treviso, il Comune di Treviso e il Comune di San Vendemiano. I fini dell'Associazione Ciclismo di Marca Treviso - San Vendemiano sono:

-        la promozione e organizzazione delle tappe dei campionati di ciclismo del "Giro d'Italia" nell'ambito della provincia di Treviso;

-        la promozione e organizzazione di attività, gare ed altre manifestazioni sportive atte ad incentivare la diffusione della pratica ciclistica ad ogni livello, attività ricreative ad esse collegate, conoscenza e divulgazione del ciclismo in generale, promozione ed organizzazione di convegni, incontri, studi, riunioni e quant'altro in tema ciclistico e di attività sportive in generale nonché inerenti a particolari aspetti delle discipline sportive, quali le tecniche di allenamento, la medicina dello sport, la lotta al doping nello sport ed altro;

-        la gestione ed organizzazione di sottoscrizioni a premio e/o lotterie in occasione degli eventi sportivi[353].

 

Il comma 273 destina l’80% di tale contributo quindicennale alla realizzazione di un velodromo da costruire nella provincia di Treviso per consentire un adeguato allenamento degli atleti.

Ai fini della definizione delle modalità di finanziamento e di realizzazione del velodromo e delle altre infrastrutture, l’associazione “Ciclismo di Marca” viene autorizzata a stipulare un apposito accordo quadro, ai sensi dell’art. 2, comma 203, lett. c) della legge 23 dicembre 1996, n. 662, con il Ministero per le politiche giovanili e le attività sportive, il Ministero dell’economia e delle finanze e gli enti locali interessati.

 

Il comma 274 dispone, infine, che le eventuali economie derivanti dalle risorse attivate potranno essere destinate dall’associazione “Ciclismo di Marca” alla copertura di altre spese preventivamente autorizzate dall’associazione stessa per la realizzazione dell’evento.

 


 

Articolo 2, comma 275
(Riduzione autorizzazione di spesa legge 157/1999)

 

275. L’autorizzazione di spesa di cui alla legge 3 giugno 1999, n. 157, è ridotta di 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2008.

 

 

Il comma 275 dell’articolo 2 riduce di 20 milioni di euro a decorrere dal 2008 l’autorizzazione di spesa di cui alla L. 157/1999[354] destinata all’erogazione dei rimborsi ai partiti e movimenti politici delle spese elettorali e referendarie.

 

La disciplina dei rimborsi per le spese elettorali è recata principalmente dalla L. 157/1999, anche attraverso rinvii, per quanto attiene ai criteri per il riparto delle somme da assegnare, alla L. 515/1993[355] ed alla L. 43/1995[356] (v. infra).

Le campagne elettorali per le quali è previsto il rimborso delle spese si riferiscono al rinnovo dei seguenti organi:

§       Camera dei deputati;

§       Senato della Repubblica;

§       Parlamento europeo;

§       Consigli regionali.

I rimborsi sono corrisposti ripartendo, tra i movimenti o partiti politici aventi diritto, quattro fondi, connessi al rinnovo dei sopra detti organi (L. 157/1999, art. 1, co. 1 e 3).

L’ammontare di ciascuno dei quattro fondi è pari, per ciascun anno di legislatura degli organi stessi, alla somma risultante dalla moltiplicazione dell’importo di 1 euro per il numero dei cittadini della Repubblica iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera dei deputati (L. 157/1999, art. 1, commi 1, 3 e 5).

Per il rimborso a partiti o movimenti politici delle spese sostenute in campagna elettorale nella circoscrizione Estero sono state recentemente introdotte specifiche disposizioni[357]. Esse prevedono l’incremento dell’ammontare dei due fondi relativi alle spese elettorali per il rinnovo del Senato e della Camera nella misura dell’1,5 per cento, destinando tali somme integrative alle formazioni politiche concorrenti per tali consultazioni elettorali nella circoscrizione Estero (L. 157/1999, art. 1, co. 1-bis e 5-bis).

Si ricorda, inoltre, che l’art. 6-bis, comma 2, della L. 157/1999, prevede che per il soddisfacimento dei debiti dei partiti e movimenti politici maturati in epoca anteriore all’entrata in vigore della L. 157/1999, è istituito un fondo di garanzia alimentato dall’1 per cento delle risorse stanziate per l’erogazione dei rimborsi elettorali[358]. Al riguardo, si segnala altresì che il comma 1 dell’art. 67 del testo originario del disegno di legge finanziaria, successivamente stralciato ai sensi dell’art. 126, comma 3, del Regolamento del Senato e confluito nel disegno di legge A.S. 1817-terdecies, aveva previsto la soppressione di tale Fondo.

Sono escluse dal rimborso le campagne per le elezioni comunali e provinciali (ad eccezione delle consultazioni per il rinnovo deiconsigli delle province autonome di Trento e di Bolzano, l’insieme dei cui componenti forma il Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige)[359].

La legge prevede infine una forma di rimborso per le campagne relative ai referendum abrogativi di cui all’art. 75 ed ai referendum costituzionali ex art. 138 della Costituzione (L. 157/1999, art. 1, co. 4). Viene attribuito ai comitati promotori un rimborso, da erogarsi in unica soluzione, pari alla somma risultante dalla moltiplicazione dell’importo di 1 euro per il numero delle firme valide raccolte fino alla concorrenza della cifra minima necessaria per la validità della richiesta (pari quindi a 500.000 euro) e, comunque, entro un limite massimo pari complessivamente a 2.582.285 euro annui.

Quanto alle modalità di corresponsione dei rimborsi delle spese elettorali, il contributo è versato per ciascun anno di legislatura degli organi interessati entro il 31 luglio di ogni anno. A seguito delle modifiche apportate dal D.L. 273/2005[360], in caso di scioglimento anticipato del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati il versamento delle quote annuali dei relativi rimborsi è comunque effettuato. L'erogazione dei rimborsi è disposta con decreti del Presidente della Camera dei deputati per quanto riguarda il rinnovo della Camera dei deputati, del Parlamento europeo e dei consigli regionali, nonché per i comitati promotori dei referendum, e con decreto del Presidente del Senato della Repubblica, per il rinnovo del Senato della Repubblica.

 

Al riguardo si segnala che lo stanziamento di competenza previsto dal disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2008 (A.S. 1818) per i fondi relativi ai rimborsi delle spese elettorali[361] ammontava a 204.319.044 euro. A seguito della riduzione prevista le somme destinate a tal fine risultano ora[362] pari a 184.319.044 euro.

 

La disposizione non interviene sui criteri di determinazione dell’ammontare dei fondi da ripartire, recati dall’art. 1 della legge n. 157 del 1999, ma esclusivamente sull’autorizzazione di spesa ad essi destinata. Fermi restando i parametri di determinazione dei fondi, quindi, il conseguimento della riduzione prevista dal comma in esame sembrerebbe portare ad un taglio dei fondi in concreto destinati ai rimborsi elettorali fino alla concorrenza di 20 milioni di euro e ad una conseguente riduzione dei rimborsi spettanti ai partiti e movimenti politici.

In tale ipotesi, resterebbe peraltro da valutare le modalità attraverso le quali garantire nel tempo il mantenimento della riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista dal comma in esame, specialmente con riferimento ai rimborsi referendari, la cui erogazione ha carattere eventuale, essendo legata all’effettivo svolgimento delle consultazioni referendarie e, nel caso di referendum abrogativi, al raggiungimento del quorum di validità di partecipazione al voto.

 

Si segnala che nel corso dell’esame alla Camera del disegno di legge di conversione deldecreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, recante Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria, tuttora in corso di conversione (A.C. 3324-A), è stato introdotto nel D.L. un nuovo articolo 51-bis, il quale dispone un differimento del termine previsto dalla normativa vigente per la presentazione della richiesta di rimborsi delle spese elettorali, a favore dei movimenti o partiti politici che abbiano preso parte alle elezioni politiche svoltesi il 9 e 10 aprile 2006.


 

Articolo 2, commi 276-278
(Edilizia scolastica e penitenziaria)

 


276. Il fondo di cui all’articolo 32-bis del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è incrementato di 20 milioni di euro, a decorrere dall’anno 2008, da destinare ad interventi di adeguamento strutturale ed antisismico degli edifici del sistema scolastico, nonché alla costruzione di nuovi immobili sostitutivi degli edifici esistenti, laddove indispensabili a sostituire quelli a rischio sismico, secondo programmi basati su aggiornati gradi di rischiosità.

277. Per l’utilizzazione delle risorse di cui al comma 276, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 2 dell’articolo 32-bis del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è emanato sentiti i Ministri delle infrastrutture, della pubblica istruzione e dell’economia e delle finanze.

278. Al fine di fronteggiare l’emergenza penitenziaria con l’adeguamento infrastrutturale degli edifici esistenti, in via prioritaria, o la realizzazione di nuovi edifici, è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per l’anno 2008, di 20 milioni di euro per l’anno 2009 e di 30 milioni di euro per l’anno 2010 per l’avvio di un programma straordinario di edilizia penitenziaria, approvato con decreto interministeriale dal Ministro delle infrastrutture e dal Ministro della giustizia. Con il predetto decreto sono individuati gli interventi da realizzare in ciascun anno, avvalendosi dei competenti provveditorati interregionali alle opere pubbliche.


 

 

Il comma 276 incrementa di 20 milioni di euro, a decorrere dal 2008, il Fondo per interventi straordinari della Presidenza del Consiglio per interventi di adeguamento strutturale ed antisismico degli edifici del sistema scolastico, nonché per la costruzione di nuovi immobili sostitutivi degli edifici esistenti, laddove indispensabili a sostituire quelli a rischio sismico, secondo programmi basati su aggiornati gradi di rischiosità.

Tale fondo è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dall’art. 32-bis del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326), al fine precipuo di contribuire alla realizzazione di interventi infrastrutturali, con priorità per quelli connessi alla riduzione del rischio sismico e per far fronte ad eventi straordinari nei territori degli enti locali, delle aree metropolitane e delle città d'arte.

 

La stessa disposizione ha autorizzato una spesa di 73,5 milioni di euro per l'anno 2003 e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005. Per le modalità di attivazione del Fondo per gli interventi straordinari della Presidenza del Consiglio dei Ministri sono state, quindi, emanate l’O.P.C.M. 8 luglio 2004, n. 3362 e l'O.P.C.M. 17 settembre 2004, n. 3376. Con tali ordinanze si è in particolare provveduto a ripartire le risorse assegnate per interventi statali e regionali (la somma di 100 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2004 e 2005, è stata così ripartita: 67,5 milioni di euro per interventi di competenza regionale e 32,5 milioni di euro per interventi di competenza statale) e sono state definite le tipologie di interventi ammessi al finanziamento

Per quanto riguarda la messa in sicurezza degli edifici scolastici, il comma 21 dell’art. 80 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), ha specificatamente previsto che, nell’ambito della 21 dicembre 2001, n. 443 (cd. legge obiettivo), il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca predisponga un “Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici” nelle zone soggette a rischio sismico. L’art 3, comma 91, della legge 24 dicembre 2003 n. 350 (legge finanziaria 2004) ha destinato al “Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici” un importo non inferiore al 10% delle risorse ex art. 13 della legge 1° agosto 2002, n. 166, disponibili al 1° gennaio 2004 e l’art. 4, comma 176, invece, ha autorizzato ulteriori limiti di impegno nel biennio 2005-2006.

Con delibera CIPE 20 dicembre 2004, n. 102[363], modificata dalla delibera 2 dicembre 2005, n. 157, e con delibera 17 novembre 2006, n. 143[364],è stato approvato il Primo programma di messa in sicurezza degli edifici scolastici. Il Piano si articola in due stralci per complessivi 489 Meuro riferiti a 1.594 interventi[365].

 

Il comma 277 dispone che, ai fini dell’assegnazione di tali risorse, il DPCM previsto dal comma 2 del citato art. 32-bis del decreto-legge n. 269 del 2003 sia adottato anche con il parere del Ministro delle infrastrutture e della pubblica istruzione, oltre che dell’economia.

 

Il citato comma 2 dell’art. 32-bis del decreto-legge demanda ad un DPCM, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, l’individuazione degli interventi da realizzare, degli enti beneficiari e delle risorse da assegnare nell'ambito delle disponibilità del fondo.

In attuazione di tale disposizione sono stati emanati i seguenti provvedimenti: il DPCM 8 luglio 2004, il DPCM 19 novembre 2004, il DPCM 27 aprile 2006, il DPCM 29 marzo 2006, il DPCM 5 marzo 2007, il DPCM 30 marzo 2007 e, da ultimo, il DPCM 3 agosto 2007.

 

Il comma 278 autorizza una spesa complessiva di 70 milioni di euro per l’avvio di un programma straordinario di edilizia penitenziaria volto, in via prioritaria, all’adeguamento infrastrutturale degli edifici esistenti, nonché alla realizzazione di nuove carceri, al fine di fronteggiare l’emergenza penitenziaria. Lo stanziamento complessivo è così suddiviso nel triennio: 20 milioni per il 2008, 20 milioni per il 2009 e 30 milioni per il 2010.

Il programma dovrà, infine, essere approvato conun decreto interministeriale infrastrutture-giustizia che dovrà indicare gli interventi da realizzare annualmente, avvalendosi dei competenti provveditorati interregionali alle opere pubbliche.

 

Si ricorda che la legge 23 dicembre 2000, n. 388, all'art. 145, comma 34, aveva previsto, tra l’altro, che il Ministro della giustizia predisponesse l'elenco degli istituti penitenziari ritenuti strutturalmente non idonei alla funzione propria e per i quali risultasse necessaria o conveniente la dismissione e promuovesse le necessarie intese con le regioni o con gli enti locali interessati, per attuare le suddette dismissioni e reperire le aree per la localizzazione dei nuovi istituti. Ai fini delle acquisizioni dei nuovi istituti avrebbe potuto anche avvalersi degli strumenti della locazione finanziaria, della permuta e della finanza di progetto.

Conseguentemente, l'art. 6 del decreto legge 11 settembre 2002, n. 201(Misure urgenti per razionalizzare l'Amministrazione della giustizia) convertito dalla legge 14 novembre 2002, n. 259, ha previsto la predisposizione, da parte del Ministro della giustizia, sentito il Ministro delle infrastrutture, di un piano straordinario pluriennale di interventi, volto all'acquisizione ed all'adeguamento strutturale di edifici, opere, infrastrutture ed impianti indispensabili al potenziamento del settore penitenziario, per un onere complessivo pari a 93,3 milioni di euro. Tale piano straordinario è stato adottato con D.M. 12 gennaio 2004, il quale prevedeva l'ampliamento della casa di reclusione di Milano Bollate e l'acquisizione di nuovi istituti penitenziari a Varese e Pordenone.

In data 28 novembre 2006, il Governo ha richiesto alle Camere il parere su una riformulazione del piano straordinario nel quale non era più prevista l'acquisizione dei penitenziari di Varese e Pordenone e i residui stanziamenti venivano indirizzati all'ampliamento di sei istituti già esistenti. La Commissione giustizia della Camera dei deputati ha espresso, in data 13 dicembre 2006, un parere favorevole con condizioni.

Si ricorda, inoltre, che anche nella Relazione sullo stato di attuazione del programma di edilizia penitenziaria (Doc. CXVI, n. 1), predisposta dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia per l’anno 2006 e trasmessa alla Presidenza della Camera il 26 marzo 2007, si dà conto del Piano straordinario di edilizia penitenziaria di cui al decreto legge n. 201 del 2002. Vi si legge che “erano state avviate le procedure per l'acquisizione in locazione finanziaria dei due nuovi istituti di Varese e di Pordenone e per la costruzione, a cura della società Dike Aedifica appositamente costituita, dei restanti 12 nuovi istituti (Camerino, Sala Consilina, Pinerolo, Sciacca, Lanusei, Paliano, Modica, Nola, Avezzano, Ristretta, Catania, Lucca), con le risorse provenienti dalla attività di vendita o permuta di vecchi penitenziari dismessi gestiti dalla Patrimonio dello Stato S.p.a. Tuttavia, entrambe le procedure non hanno avuto corso: sono state infatti annullate le gare d'appalto per gli istituti di Varese e Pordenone a seguito della contestazione di infrazione delle direttive comunitarie da parte della Commissione europea e non è stata avviata alcuna attività da parte della Dike Aedifica. Tali opere, pertanto, restano tuttora prive di finanziamento”.

Anche nel DPEF 2008-2011 è stata evidenziata la necessità di intraprendere, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, iniziative volte al potenziamento, all'adeguamento e alla messa in sicurezza delle strutture, con particolare riferimento al problema del sovraffollamento degli istituti carcerari e alla necessità di assicurare migliori condizioni di vivibilità a favore dei detenuti. Nell'allegato infrastrutture al citato DPEF, il Governo ha, inoltre, considerato di prioritaria importanza portare a compimento le nuove strutture penitenziarie, attualmente in corso di realizzazione per lotti funzionali, di Cagliari, Sassari, Oristano, Tempo Pausania, Rovigo, Forlì, Savona, nonché quelle attualmente sospese di Reggio Calabria e Marsala, nonché adeguare le strutture penitenziarie esistenti, garantendo migliori condizioni di vivibilità.

Si ricorda, infine, che gli stanziamenti a favore del Ministero della giustizia per il programma straordinario di edilizia penitenziaria confluivano nell’ambito del Centro di responsabilità “Gabinetto del ministro” sulla vecchia U.P.B. 1.2.3.3,. denominata "Fondo unico da ripartire - investimenti edilizia penitenziaria e giudiziaria", contenente il solo capitolo 7020 ("Fondo da ripartire per l'edilizia penitenziaria e giudiziaria"). A seguito della riclassificazione del bilancio, l'edilizia penitenziaria, giudiziaria e minorile costituisce ora un programma autonomo nell'ambito della missione giustizia. Lo stanziamento appostato su tale programma per l'anno 2008 - che, si ricorda, non riguarda la sola edilizia penitenziaria, ma anche quella giudiziaria e minorile - è di circa 200 milioni di euro.

 


 

Articolo 2, commi 279-280
(Edilizia sanitaria)

 


279. All’articolo 1, comma 796, lettera n), primo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le parole: «20 miliardi di euro» sono sostituite dalle seguenti: «23 miliardi di euro».

280. All’articolo 1, comma 796, lettera n), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel secondo periodo, dopo le parole: «Il maggior importo di cui alla presente lettera è vincolato» sono inserite le seguenti: «per 100 milioni di euro per l’esecuzione di un programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, finalizzato al potenziamento delle “unità di risveglio dal coma“; per 7 milioni di euro per l’esecuzione di un programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di am­modernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, destinati al potenziamento e alla creazione di unità di terapia intensiva neonatale (TIN); per 3 milioni di euro per l’esecuzione di un programma pluriennale di interventi in materia di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, destinati all’acquisto di nuove metodiche analitiche, basate sulla spettrometria di “massa tandem“, per effettuare screening neonatali allargati, per patologie metaboliche ereditarie, per la cui terapia esistono evidenze scientifiche efficaci»;

b) nel secondo periodo, le parole: «100 milioni di euro ad interventi per la realizzazione di strutture residenziali dedicate alle cure palliative» sono sostituite dalle seguenti: «150 milioni di euro ad interventi per la realizzazione di strutture residenziali e l’acquisizione di tecnologie per gli interventi territoriali dedicati alle cure palliative, ivi comprese quelle relative alle patologie degenerative neurologiche croniche invalidanti»;

c) dopo il secondo periodo sono inseriti i seguenti: «Nella sottoscrizione di accordi di programma con le regioni, è data, inoltre, priorità agli interventi relativi ai seguenti settori assistenziali, tenuto conto delle esigenze della programmazione sanitaria nazionale e regionale: realizzazione di strutture sanitarie territoriali, residenziali e semiresidenziali. Il Ministero della salute, attraverso la valutazione preventiva dei programmi di investimento e il monitoraggio della loro attuazione, assicura il raggiungimento dei predetti obiettivi prioritari, verificando nella programmazione regionale la copertura del fabbisogno relativo anche attraverso i precedenti programmi di investimento».


 

 

Il comma 279, modificando l’articolo 1, comma 796, lettera n), primo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007), eleva da 20 a 23 miliardi di euro la spesa complessiva pluriennale per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, di cui all'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67[366] e successive modificazioni.

 

La disciplina relativa all'edilizia sanitaria è stata in origine dettata dall'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), che autorizza l'esecuzione di un programma pluriennale di interventi di ristrutturazione edilizia, di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico e di realizzazione di residenze per anziani e soggetti non autosufficienti, indicando anche gli obiettivi di massimada perseguire (ristrutturazione della rete ospedaliera ed extraospedaliera, costituzione di nuove residenze assistenziali per anziani, adeguamento degli impianti).

Al finanziamento degli interventi si provvede mediante operazioni di mutuo che le regioni e le province autonome sono autorizzate ad effettuare, nel limite del 95 per cento della spesa ammissibile risultante dal progetto, con la BEI, con la Cassa depositi e prestiti e con gli istituti e aziende di credito all'uopo abilitati, secondo modalità e procedure da stabilirsi con decreto ministeriale.

In particolare, gli interventi previsti dalla legge n. 67 del 1988 sono i seguenti:

a) riequilibrio territoriale delle strutture, al fine di garantire un’idonea capacità di posti letto anche in quelle regioni del Mezzogiorno dove le strutture non sono in grado di soddisfare le domande di ricovero;

b) sostituzione del 20 per cento dei posti letto a più elevato degrado strutturale;

c) ristrutturazione del 30 per cento dei posti letto che presentano carenze strutturali e funzionali suscettibili di integrale recupero con adeguate misure di riadattamento;

d) conservazione in efficienza del restante 50 per cento dei posti letto, la cui funzionalità è ritenuta sufficiente;

e) completamento della rete dei presìdi poliambulatoriali extraospedalieri ed ospedalieri diurni con contemporaneo intervento su quelli ubicati in sede ospedaliera secondo le specificazioni di cui alle lettere a), b), c);

f) realizzazione di 140 mila posti in strutture residenziali, per anziani che non possono essere assistiti a domicilio e nelle strutture di cui alla lettera e) e che richiedono trattamenti continui. Tali strutture, di dimensioni adeguate all'ambiente secondo standard emanati a norma dell'articolo 5 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, devono essere integrate con i servizi sanitari e sociali di distretto e con istituzioni di ricovero e cura in grado di provvedere al riequilibrio di condizioni deteriorate. Dette strutture, sulla base di standard dimensionali, possono essere ricavate anche presso aree e spazi resi disponibili dalla riduzione di posti-letto ospedalieri;

g) adeguamento alle norme di sicurezza degli impianti delle strutture sanitarie;

h) potenziamento delle strutture preposte alla prevenzione, con particolare riferimento ai laboratori di igiene e profilassi e ai presidi multizonali di prevenzione, agli istituti zooprofilattici sperimentali ed alle strutture di sanità pubblica veterinaria;

i) conservazione all'uso pubblico dei beni dismessi, il cui utilizzo è stabilito da ciascuna regione o provincia autonoma con propria determinazione.

I soggetti beneficiari[367] del programma di investimenti sono i seguenti: regioni e province autonome; istituti di ricovero e cura a carattere scientifico; policlinici universitari; istituto superiore di sanità; gli ospedali classificati[368]; istituti zooprofilattici sperimentali.

Per quanto concerne i profili finanziari, le risorse complessive relative al programma pluriennale di investimenti, prima dell’intervento della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007), risultavano pari a 17.575.028.276,02 euro[369].

Da ultimo, la citata legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 796, lettera n)) ha elevato da 17 a 20 miliardi di euro la spesa complessiva pluriennale per gli interventi di ristrutturazione edilizia ed ammodernamento tecnologico, fermo restando, per la sottoscrizione di accordi di programma con le regioni e l'assegnazione di risorse agli altri enti interessati del settore sanitario, il limite annualmente definito in base alle effettive disponibilità di bilancio.

Una parte del maggior importo previsto dalla citata legge finanziaria è stato vincolato secondo le seguenti finalità:

-        500 milioni di euro, alla riqualificazione strutturale e tecnologica dei servizi di radiodiagnostica e di radioterapia di interesse oncologico con prioritario riferimento alle regioni meridionali ed insulari;

-        100 milioni di euro ad interventi per la realizzazione di strutture residenziali dedicate alle cure palliative con prioritario riferimento alle regioni che abbiano completato il programma realizzativo[370], e che abbiano avviato programmi di assistenza domiciliare nel campo delle cure palliative;

-        100 milioni di euro all'implementazione e all'ammodernamento dei sistemi informatici delle aziende sanitarie ed ospedaliere e all'integrazione dei medesimi con i sistemi informativi sanitari delle regioni;

-        100 milioni di euro per strutture di assistenza odontoiatrica.

Il maggior importo di cui alla legge n. 296 del 2006 è ripartito fra le regioni con riferimento alla valutazione dei bisogni delle singole realtà regionali, secondo i seguenti criteri e linee prioritarie:

1)  innovazione tecnologica delle strutture del Servizio sanitario nazionale, con particolare riferimento alla diagnosi e terapia nel campo dell'oncologia e delle malattie rare;

2)  superamento del divario Nord-Sud;

3)  possibilità per le regioni che abbiano già realizzato la programmazione pluriennale, di attivare una programmazione aggiuntiva;

4)  messa a norma delle strutture pubbliche;

5)  premialità per le regioni sulla base della tempestività e della qualità di interventi di ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico già eseguiti per una quota pari al 10 per cento.

Per le stesse finalità, ulteriori risorse sono state destinate dallo Stato e dalle regioni nell’ambito del programma dei fondi strutturali europei 2007-2013[371].

Si rammenta, infatti, che, in data 21 dicembre 2006, la Conferenza unificata ha approvato il Quadro strategico nazionale per la politica regionale di sviluppo relativo al periodo 2007-2013[372].

Successivamente, in linea con gli obiettivi del citato Quadro strategico nazionale, finanziato dai fondi strutturali europei, i Ministri dello Sviluppo economico e della Salute e i Presidenti di otto regioni meridionali e insulari (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia) hanno siglato, il 17 aprile 2007, un Protocollo d'intesa e un Memorandum, al fine di superare la separazione tra le politiche di finanziamento dei servizi sanitari e socio-sanitari e politiche di investimento strutturale, anche in considerazione dell’esigenza di ridurre le disuguaglianze territoriali tra il Nord e il Sud del Paese. Per il raggiungimento degli obiettivi ivi previsti, il Memorandum definisce un fabbisogno di 3.000 milioni di euro.

Per ulteriori dettagli sul programma di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento del patrimonio sanitario, si rinvia al dossier del Servizio Studi n.170 del 2007.

 

Il comma 280 modifica l’articolo 1, comma 796, lettera n), della legge finanziaria per il 2007. Le novità apportate dal comma riguardano, in particolare, l’introduzione di ulteriori specifiche finalità cui devono essere destinate le risorse del citato programma pluriennale di interventi. In particolare con la lettera a) sono individuate le seguenti quote di riserva:

§      100 milioni di euro per il potenziamento delle unità di risveglio dal coma;

§      7 milioni di euro per il potenziamento e la creazione di unità di terapia intensiva neonatale (TIN)

§       3 milioni di euro per l’acquisto di nuove metodiche analitiche basate sulla spettrometria di “Massa Tandem” per l’effettuazione di screening neonatali allargati per patologie metaboliche ereditarie, per la cui terapia esistano evidenze scientifiche efficaci.

La lettera b) specifica che la quota di riserva già prevista per le cure palliative - fino ad ora pari a 100 milioni di euro - è incrementata a 150 milioni di euro e può concernere, oltre che, come già stabilito, la realizzazione di strutture residenziali dedicate a tali cure, anche l'acquisizione di tecnologie per gli interventi territoriali nel medesimo settore, comprese le patologie degenerative neurologiche croniche invalidanti.

La novella di cui alla lettera c) prevede che, nella sottoscrizione di accordi di programma con le regioni, sia data, inoltre, priorità, tenuto conto delle esigenze della programmazione sanitaria nazionale e regionale, alla realizzazione di strutture sanitarie territoriali, residenziali e semi-residenziali.

Sempre in base alla novella in esame, il Ministero della salute assicura, attraverso la valutazione preventiva dei programmi di investimento ed il monitoraggio della loro attuazione, il raggiungimento dei predetti obiettivi prioritari, verificando nella programmazione regionale la copertura del fabbisogno relativo.


 

Articolo 2, commi 281-282
(Verifiche energetiche)

 

281. Per gli interventi di cui ai commi 276, 279 e 280 gli stanziamenti previsti sono subordinati a verifiche energetiche, sia che vengano inseriti in accordi di programma, sia in altri programmi per l’ottenimento di finanziamenti pubblici; tali interventi devono prevedere misure significative di efficienza energetica e di produzione di energia da fonti rinnovabili, nonché di risparmio idrico.

282. Per le nuove costruzioni che rientrano fra gli edifici di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni, il rilascio del certificato di agibilità al permesso di costruire è subordinato alla presentazione della certificazione energetica dell’edificio.

 

 

Il comma 281 subordina a verifiche energetiche gli stanziamenti previsti per gli interventi di cui ai commi 276, 279 e 280[373], sia che vengano inseriti in accordi di programma, sia in altri programmi per l’ottenimento di finanziamenti pubblici.

Tali interventi devono prevedere misure significative

§      di efficienza energetica;

§      di produzione di energia da fonti rinnovabili;

§      di risparmio idrico.

 

Si segnala che la disposizione non specifica quali siano gli organi verificatori, né indica criteri per la valutazione delle “misure significative” di efficienza energetica, di produzione di energia da fonti rinnovabili e di risparmio idrico.

 

Il comma 282 subordina il “rilascio del certificato di agibilità al permesso di costruire” alla presentazione della certificazione energetica dell’edificio, per le nuove costruzioni che rientrano fra gli edifici di cui al D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 192, relativo al rendimento energetico dell’edilizia[374]. Si segnala peraltro che la nozione di "certificato di agibilità al permesso di costruire" non esiste nella normativa vigente.

Si ricorda, in proposito, che l'art. 24 del DPR 6 giugno 2001, n. 380 (testo unico in materia edilizia) disciplina il certificato di agibilità stabilendo che esso "attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente" e che lo stesso viene rilasciato dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale in alcuni casi, primo fra tutti quello di nuove costruzioni.

La definizione di «edificio di nuova costruzione» è recata dall’articolo 2 del D.Lgs. n. 192 del 2005 che fa riferimento ad un edificio per il quale la richiesta di permesso di costruire o denuncia di inizio attività, comunque denominato, sia stata presentata successivamente alla data di entrata in vigore del decreto. Tuttavia, all’articolo 3, che definisce l’ambito di intervento del decreto, vengono graduati diversi livelli di applicazione, nel caso di ristrutturazione di edifici esistenti, a seconda dell’entità della ristrutturazione avvenuta. L’articolo 6, che disciplina la certificazione energetica degli edifici, dispone inoltre che gli edifici di nuova costruzione e quelli integralmente ristrutturati o ricostruiti con superficie utile superiore a 1000 metri quadrati siano dotati, al termine della costruzione medesima ed a cura del costruttore, di un attestato di certificazione energetica (comma 1). Per gli edifici che non rientrano nella tipologia prevista dal comma 1, tale articolo prevede una gradualità temporale per l’applicazione della norma (comma 1-bis).

Per quanto riguarda, inoltre, la certificazione energetica degli edifici, si ricorda che l'attestato relativo alla certificazione energetica ha una validità temporale massima di dieci anni a partire dal suo rilascio, ed è aggiornato ad ogni intervento di ristrutturazione che modifica la prestazione energetica dell'edificio o dell'impianto (articolo 6, comma 5).

L'attestato di certificazione energetica comprende i dati relativi all'efficienza energetica propri dell'edificio, i valori vigenti a norma di legge e valori di riferimento, che consentono ai cittadini di valutare e confrontare la prestazione energetica dell'edificio, ed è corredato da suggerimenti in merito agli interventi più significativi ed economicamente convenienti per il miglioramento della predetta prestazione (articolo 6, comma 6)

Il comma 9 dell’articolo 6, inoltre, prevede che il Ministro delle attività produttive (ora Ministro dello sviluppo economico), di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza unificata, avvalendosi delle metodologie di calcolo definite con i decreti di cui all'articolo 4, comma 1, predisponga Linee guida nazionali (fin qui non adottate) per la certificazione energetica degli edifici, sentito il CNCU, prevedendo anche metodi semplificati che minimizzino gli oneri.

L’articolo 11 del D.Lgs. n. 192 prevede una disciplina transitoria (comma 1-bis) secondo la quale fino alla data di entrata in vigore delle Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici l'attestato di certificazione energetica degli edifici è sostituito a tutti gli effetti dall'attestato di qualificazione energetica rilasciato ai sensi dell'articolo 8, comma 2[375] o da una equivalente procedura di certificazione energetica stabilita dal comune con proprio regolamento antecedente alla data dell'8 ottobre 2005.

 

Si segnala, infine, l’opportunità di un coordinamento tra il comma 282 e la previsione contenuta nell’articolo 1, comma 288, che – in attesa dei provvedimenti attuativi di cui all’articolo 4, comma 1, del D.Lgs. n. 192/2005 –subordina a decorrere dall’anno 2009 il rilascio del permesso di costruire alla certificazione energetica dell’edificio, nonché delle caratteristiche strutturali dell’immobile finalizzate al risparmio idrico e al reimpiego delle acque meteoriche.


 

Articolo 2, commi 283-284
(Riordino delle funzioni sanitarie penitenziarie)

 


283. Al fine di dare completa attuazione al riordino della medicina penitenziaria di cui al decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230, e successive modificazioni, comprensivo dell’assistenza sanitaria negli istituti penali minorili, nei centri di prima accoglienza, nelle comunità e negli ospedali psichiatrici giudiziari, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro della salute e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti, nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza previsti dalla legislazione vigente e delle risorse finanziarie di cui alla lettera c):

a) il trasferimento al Servizio sanitario nazionale di tutte le funzioni sanitarie svolte dal Dipartimento dell’ammini­strazione penitenziaria e dal Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia, ivi comprese quelle concernenti il rimborso alle comunità terapeutiche delle spese sostenute per il mantenimento, la cura e l’assistenza medica dei detenuti di cui all’articolo 96, commi 6 e 6-bis, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, e per il collocamento nelle medesime comunità dei minorenni e dei giovani di cui all’articolo 24 deldecreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, disposto dall’autorità giudiziaria;

b) le modalità e le procedure, secondo le disposizioni vigenti in materia, previa concertazione con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale dei rapporti di lavoro in essere, anche sulla base della legislazione speciale vigente, relativi all’esercizio di funzioni sanitarie nell’ambito del Dipartimento dell’amministrazione peniten­ziaria e del Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia, con contestuale riduzione delle dotazioni organiche dei predetti Dipartimenti in misura corrispondente alle unità di personale di ruolo trasferite al Servizio sanitario nazionale;

c) il trasferimento al Fondo sanitario nazionale per il successivo riparto tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano delle risorse finanziarie, valutate complessivamente in 157,8 milioni di euro per l’anno 2008, in 162,8 milioni di euro per l’anno 2009 e in 167,8 milioni di euro a decorrere dall’anno 2010, di cui quanto a 147,8 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008 a valere sullo stato di previsione del Ministero della giustizia e quanto a 10 milioni di euro per l’anno 2008, 15 milioni di euro per l’anno 2009 e 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2010 a valere sullo stato di previsione del Ministero della salute;

d) il trasferimento delle attrezzature, degli arredi e dei beni strumentali di proprietà del Dipartimento dell’am­ministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia afferenti alle attività sanitarie;

e) i criteri per la ripartizione tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano delle risorse finanziarie complessive, come individuate alla lettera c), destinate alla sanità penitenziaria.

284. Nelle more del definitivo trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, del personale e delle risorse in materia di medicina penitenziaria, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e il Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia continuano a svolgere la funzione di uffici erogatori per quanto di rispettiva competenza e sono prorogati i rapporti di incarico, di collaborazione o convenzionali del per­sonale sanitario addetto agli istituti di prevenzione e pena, non appartenente ai ruoli organici dell’amministrazione peni­tenziaria, in corso alla data del 28 settembre 2007.


 

 

I commi in esame sono volti a dare attuazione alla riforma della sanità penitenziaria, avviata con il decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230 (Riordino della medicina penitenziaria, a norma dell'articolo 5 della legge 30 novembre 1998, n. 419).

 

Il comma 283 prevede l’emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria per il 2008, su proposta del Ministro della salute e del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di intesa con la Conferenza permanente Stato-Regioni, al fine di dare piena attuazione al riordino della medicina penitenziaria, con inclusione dell'assistenza sanitaria negli istituti penali minorili, nei centri di prima accoglienza, nelle comunità e negli ospedali psichiatrici giudiziari.

In particolare, nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza[376] previsti dalla legislazione vigente e delle risorse finanziarie di cui alla successiva lettera c), il suddetto D.P.C.M. definisce:

§      il trasferimento al Servizio sanitario nazionale di tutte le funzioni sanitarie svolte dalla amministrazione penitenziaria e dalla giustizia minorile, ivi compreso il rimborso alle comunità terapeutiche per il mantenimento, la cura, l'assistenza medica dei detenuti sottoposti alla misura degli arresti domiciliari[377] e dei minori tossicodipendenti o tossicofili sottoposti a misure restrittive non detentive, nonché per il collocamento nelle medesime comunità dei minorenni e dei giovani di età compresa tra gli anni 18 e 21 a seguito di provvedimento dell'Autorità giudiziaria[378] (lettera a);

§      le modalità e le procedure, previa concertazione con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale dei rapporti di lavoro in essere, anche sulla base della legislazione speciale vigente, relativi all'esercizio di funzioni sanitarie nell'ambito del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile, con contestuale riduzione delle dotazioni organiche dei predetti Dipartimenti in misura corrispondente alle unità di personale di ruolo trasferite al Servizio sanitario nazionale (lettera b));

§      il trasferimento al Fondo sanitario nazionale delle risorse finanziarie, da ripartire successivamente alle Regioni e alle Province autonome, valutate complessivamente in 157,8 milioni di euro per l'anno 2008, in 162,8 milioni di euro per l'anno 2009 e in 167,8 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010, secondo la seguente ripartizione:

-       quanto a 147,8 milioni di euro, a decorrere dal 2008, a valere sullo stato di previsione del Ministero della giustizia;

-       quanto a 10 milioni di euro per l'anno 2008, 15 milioni di euro per l'anno 2009 e 20 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010 a valere sullo stato di previsione del Ministero della salute (lettera c)[379];

§      il trasferimento delle attrezzature, degli arredi e dei beni strumentali di proprietà della amministrazione penitenziaria e della giustizia minorile afferenti le attività sanitarie (lettera d);

§      i criteri per la ripartizione alle Regioni e Province autonome delle risorse finanziarie individuate alla lettera c )(lettera e).

 

Il comma 284 stabilisce che in attesa del definitivo trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, del personale e delle risorse in materia di medicina penitenziaria, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e il Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia continuano a svolgere la funzione di uffici erogatori per quanto di rispettiva competenza.

Nello stesso periodo transitorio, sono prorogati i rapporti di incarico, di collaborazione o convenzionali del personale sanitario addetto agli istituti di prevenzione e pena, non appartenente ai ruoli organici dell'amministrazione penitenziaria, in corso alla data del 28 settembre 2007.

 

L’articolo 5 della legge 30 novembre 1998, n. 419[380]ha conferito al Governo una delega per la riorganizzazione del settore della medicina penitenziaria, attraverso l’emanazione di uno o più decreti legislativi, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

-        previsione di specifiche modalità atte a garantire il diritto alla salute delle persone detenute o internate mediante forme progressive di inserimento, con sperimentazioni di modelli organizzativi[381], all’interno del Servizio sanitario nazionale, di personale e di strutture sanitarie dell’amministrazione penitenziaria;

-        tutela delle esigenze di sicurezza istituzionalmente demandate all’amministrazione penitenziaria;

-        definizione di un livello di prestazioni adeguato alle specifiche condizioni di detenzione o internamento e dell’esercizio di funzioni di certificazione rilevanti ai fini di giustizia;

-        affidamento alle regioni ed alle ASL delle funzioni di controllo sul funzionamento dei servizi di assistenza sanitaria alle persone detenute o internate;

-        assegnazione al Fondo sanitario nazionale delle risorse finanziarie relative alle funzioni progressivamente trasferite, iscritte nello stato di previsione del Ministero di giustizia.

Nel rispetto della predetta delega è stato emanato il decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230 che ha sostanzialmente disposto l'avvio del trasferimento dell'assistenza sanitaria dagli istituti penitenziari al Servizio sanitario nazionale, stabilendo in particolare:

-          i diritti dei detenuti e degli internati;

-          la ripartizione delle competenze tra Stato, Regioni, ASL e Amministrazione penitenziaria in materia sanitaria e in quella di sicurezza;

-          la definizione di un progetto obiettivo per la tutela della salute in ambito penitenziario di durata triennale;

-          le modalità di trasferimento di personale e risorse.

Il medesimo decreto legislativo n. 230 del 1999 ha così ripartito le competenze in materia: al Ministero della salute, spettano gli indirizzi generali; alle regioni e province autonome, sono riservate le funzioni di organizzazione e programmazione dei servizi sanitari regionali negli istituti penitenziari ed il controllo sul relativo funzionamento; alle ASL, competono la gestione ed il controllo dei servizi sanitari negli istituti penitenziari: tali strutture quindi provvedono direttamente all’erogazione delle prestazioni sanitarie ai detenuti e agli internati.

L’articolo 5 ha dettato, inoltre, le linee essenziali del cosiddetto Progetto obiettivo[382], da sviluppare in tre anni, con il quale, mentre ai Ministri della salute, della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e d’intesa con la Conferenza unificata è affidato il compito di precisare gli indirizzi, da adottarsi dalle Regioni in materia di garanzia degli obiettivi di salute della popolazione carceraria, alle regioni è correlativamente richiesto di recepire le indicazioni del Progetto nei loro Piani sanitari.

L’articolo 8, comma 1,ha previsto, altresì, che dal 1° gennaio 2000 avvenga l’immediato trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie svolte dall’amministrazione penitenziaria con riferimento ai soli settori della prevenzione e dell’assistenza ai detenuti e agli internati tossicodipendenti. Da ultimo, l’articolo 8, comma 2, ha avviato l’individuazione delle regioni nelle quali avviare il graduale trasferimento, in forma sperimentale, delle funzioni sanitarie svolte dall'amministrazione penitenziaria al Servizio sanitario nazionale e determinato, altresì, la durata della citata fase sperimentale[383].

Successivamente, il decreto legislativo 22 dicembre 2000, n. 433 haprevisto, in luogo del trasferimento delle funzioni di cui al precedente decreto legislativo n. 230 del 1999, il riordino delle medicina penitenziaria. Per quanto riguarda la procedura per il riordino delle funzioni sanitarie in materia, il suddetto decreto legislativo ha stabilito che si provvede con i decreti di cui all’articolo 7[384] della legge n. 59 del 1997 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), ovvero con "altri strumenti normativi ritenuti idonei e necessari".

Lo stesso decreto legislativo n. 433 del 2000 ha disposto, altresì, la proroga della fase sperimentale già prevista dalla legge n. 419 del 1998, di ulteriori diciotto mesi, spostandone la conclusione da fine 2000 al 30 giugno 2002.


 

Articolo 2, commi 285-288
(Residenze di interesse generale destinate alla locazione)

 


285. Al fine di incrementare il patrimonio immobiliare destinato alla locazione di edilizia abitativa a canone sostenibile, si considerano «residenze d’interesse generale destinate alla locazione» i fabbricati situati nei comuni ad alta tensione abitativa di cui all’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, composti da case di abitazione non di lusso sulle quali grava un vincolo di locazione ad uso abitativo per un periodo non inferiore a 25 anni.

286. Le residenze di cui al comma 285 costituiscono servizio economico di interesse generale, ai fini dell’applicazione dell’articolo 86, paragrafo 2, del Trattato istitutivo della Comunità europea, e sono ricomprese nella definizione di alloggio sociale di cui all’articolo 5 della legge 8 febbraio 2007, n. 9.

287. Per i fini previsti dai commi 285 e 286 è istituito, a decorrere dall’anno 2008, un fondo con una dotazione di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

288. L’articolo 2, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, il quale prevede che i comuni, per favorire la realizzazione degli accordi tra le organizzazioni della proprietà edilizia e quelle dei conduttori, possono deliberare, nel rispetto dell’equilibrio di bilancio, aliquote dell’imposta comunale sugli immobili più favorevoli per i proprietari che concedono in locazione a titolo di abitazione principale immobili alle condizioni definite negli accordi stessi, con possibilità di deroga al limite minimo dell’aliquota, deve essere interpretato nel senso che tali aliquote possono arrivare fino all’esenzione dall’imposta.


 

 

Il comma 285 reca la definizione, al fine di incrementare il patrimonio immobiliare destinato alla locazione di edilizia abitativa a canone sostenibile, delle “residenze di interesse generale destinate alla locazione”.

Fanno parte di tale tipologia di residenze i fabbricati situati nei comuni ad alta tensione abitativa[385] composti da case di abitazione non di lusso e con un vincolo di locazione ad uso abitativo per un periodo non inferiore a 25 anni.

 

Si ricorda che il concetto di canone sostenibile è nato negli ultimi anni al fine di offrire soluzioni differenziate per le diverse tipologie di domanda di locazioni, tenendo conto del fatto che dato che la domanda di alloggi in affitto è elevata e proviene da famiglie con caratteristiche diverse, il problema dell'accesso alla locazione delle famiglie deve necessariamente essere visto in relazione al reddito disponibile. Per le fasce di popolazione con redditi superiore a quelli massimi previsti dalle leggi regionali per la concessione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, ma non in grado di sostenere affitti ai prezzi del libero mercato, è necessario il coordinamento tra l'intervento pubblico e l'iniziativa privata, per mettere a frutto il più possibile le risorse scarse da investire e raggiungere al meglio l'obiettivo di aumentare l'offerta di alloggi in affitto a canone sostenibile. Secondo valutazioni economico-sociali elaborate dall’ANCE[386] l'affitto, per essere "sostenibile", dovrebbe collocarsi intorno al 20% del reddito familiare.

 

Il comma 286 dispone che tali abitazioni costituiscono “servizio economico di interesse generale” ai fini dell’applicazione dell’art. 86, paragrafo 2, del Trattato istitutivo delle Comunità europee e sono da ricomprendere nella definizione di alloggio sociale di cui all’art. 5 della legge 8 febbraio 2007, n. 9.

 

L’art. 86, paragrafo 2, del Trattato istitutivo della Comunità europea dispone che le “imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del presente trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della Comunità”.

L’art. 5 della citata legge n. 9 ha demandato la definizione delle caratteristiche e dei requisiti degli alloggi sociali - esenti dall'obbligo di notifica degli aiuti di Stato, ai sensi degli articoli 87 e 88 del Trattato istitutivo della Comunità europea - ad un successivo decreto del Ministro delle infrastrutture (da adottare di concerto con i Ministri della solidarietà sociale, delle politiche per la famiglia, per le politiche giovanili e le attività sportive e d'intesa con la Conferenza unificata) e da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge (vale a dire entro il 15 aprile 2007, ma ad oggi non è stato ancora emanato).

Si ricorda, infine, che l’art. 41 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, ha previsto, ai fini dell'incremento del patrimonio immobiliare destinato alla locazione – e soprattutto di quello a canone sostenibile nei comuni soggetti a fenomeni di disagio abitativo e ad alta tensione abitativa - la costituzione di una apposita società di scopo, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, con il compito di promuovere la formazione di nuovi strumenti finanziari immobiliari finalizzati all'acquisizione, il recupero, la ristrutturazione o la realizzazione di immobili ad uso abitativo, anche con l’utilizzo, d’intesa con le regioni e gli enti locali, di beni di proprietà dello Stato o di altri soggetti pubblici. Per la costituzione di tale società viene autorizzata, per l'anno 2007, la spesa massima di 100 milioni di euro.

 

Il comma 287 istituisce, per il raggiungimento delle finalità previste dai precedenti commi, un fondo con una dotazione di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2008 al 2010.

 

Il comma 288 reca, infine, una norma d’interpretazione autentica dell’articolo 2, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, in materia di facoltà dei Comuni di deliberare aliquote ICI ridotte con riferimento ad alcune tipologie di immobili locati.

 

Si ricorda che la legge n. 431 regola, tra l’altro, all’art. 2, le modalità di stipula e di rinnovo dei contratti di locazione, prevedendo, in particolare, al comma 3, che le parti possano stipulare contratti di locazione, c.d. a canone concordato, definendo il valore del canone, la durata del contratto, ed altre condizioni contrattuali sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative. Tali accordi sono depositati, a cura delle organizzazioni firmatarie, presso ogni comune dell'area territoriale interessata.

Il successivo comma 4 dell’art. 2, prevede che per favorire la realizzazione degli accordi fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative, i comuni possano deliberare, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio, aliquote dell'imposta comunale sugli immobili (ICI) più favorevoli per i proprietari che concedono in locazione a titolo di abitazione principale immobili alle condizioni definite dagli accordi stessi. I comuni che adottano tali delibere possono derogare al limite minimo stabilito, ai fini della determinazione delle aliquote, dalla normativa vigente al momento in cui le delibere stesse sono assunte.

La disposizione in commento in particolare interpreta la norma vigente nel senso che la riduzione delle aliquote ICI, che può essere deliberata, come sopra evidenziato, dai Comuni per favorire la realizzazione degli accordi tra le organizzazioni della proprietà edilizia e quelle dei conduttori, possa arrivare fino all’esenzione dall’imposta.

Si ricorda infine che lo stesso comma 4 dell’art. 2 della legge n. 431 del 1998 prevede altresì che nei comuni considerati ad alta tensione abitativa, per la stessa finalità i comuni possano altresì derogare al limite massimo stabilito dalla normativa vigente in misura non superiore al 2 per mille, limitatamente agli immobili non locati per i quali non risultino essere stati registrati contratti di locazione da almeno due anni.


 

Articolo 2, commi 289-290
(Modifiche delle modalità di gestione dell’autostrada A4 – tronco Venezia-Trieste: federalismo infrastrutturale)

 


289. Al fine della realizzazione di infrastrutture autostradali, previste dagli strumenti di programmazione vigenti, le funzioni ed i poteri di soggetto concedente ed aggiudicatore attribuiti all’ANAS S.p.a. possono essere trasferiti con decreto del Ministro delle infrastrutture dall’ANAS S.p.a. medesima ad un soggetto di diritto pubblico appositamente costituito in forma societaria e partecipato dall’ANAS S.p.a. e dalle regioni interessate o da soggetto da esse interamente partecipato.

290. Le attività di gestione, comprese quelle di manutenzione ordinaria e straordinaria, del raccordo autostradale di collegamento tra l’Autostrada A4 – tronco Venezia-Trieste, delle opere a questo complementari, nonché della tratta autostradale Venezia-Padova, sono trasferite, una volta completati i lavori di costruzione, ovvero scaduta la conces­sione assentita all’Autostrada Padova-Venezia S.p.a., ad una società per azioni costituita pariteticamente tra l’ANAS S.p.a. e la regione Veneto o soggetto da essa interamente partecipato. La società, quale organismo di diritto pubblico, esercita l’attività di gestione nel rispetto delle norme in materia di appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi ed è sottoposta al controllo diretto dei soggetti che la partecipano. I rapporti tra la società ed i soggetti pubblici soci sono regolati, oltre che dagli atti deliberativi di trasferimento delle funzioni, sulla base di apposita convenzione. La società assume direttamente gli oneri finanziari connessi al reperimento delle risorse necessarie per la realizzazione del raccordo autostradale di collegamento tra l’Autostrada A4 – tronco Venezia-Trieste, anche subentrando nei contratti stipulati direttamente dall’ANAS S.p.a.. Alla società è fatto divieto di partecipare, sia singolarmente sia con altri operatori economici, ad iniziative diverse che non siano strettamente necessarie per l’espletamento delle funzioni di cui al comma 289, ovvero ad esse direttamente connesse.


 

 

Il comma 289 dispone in termini generali l’applicazione del principio del cd. federalismo infrastrutturale per la realizzazione di infrastrutture autostradali, previste dagli strumenti di programmazione vigenti.

Esso, in particolare, prevede che le funzioni ed i poteri di soggetto concedente ed aggiudicatore attribuiti all’ANAS S.p.A. possono essere trasferiti, con decreto del Ministro delle infrastrutture, ad un soggetto di diritto pubblico appositamente costituito in forma societaria e partecipato dall’ANAS stessa e dalle regioni interessate o da soggetto da esse interamente partecipato.

 

Nella relazione illustrativa al disegno di legge finanziaria è stato sottolineato che tale norma provvede ad estendere all’intero territorio nazionale – in attuazione degli impegni enunciati nel DPEF 2008-2012[387] - quanto “fatto ad esempio per gli importanti progetti riferiti alla Pedemontana lombarda e alla Pedemontana di Formia” al fine di “creare un modello operativo che consenta di superare i limiti funzionali e normativi riscontrati nel passato e assicurare un contesto di maggiore efficienza, funzionalità e tempestività nell’attività di programmazione, esecuzione e gestione di nuove infrastrutture autostradali con una significativa riduzione nei tempi e nei costi di costruzione e di gestione delle infrastrutture stesse”.

Relativamente agli esempi citati si ricorda che essi sono stati introdotti dai commi 979 e 981 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007). La prima di tali disposizioni, con riferimento alla realizzazione della Pedemontana Lombarda, nonché dell’autostrada Brescia-Bergamo-Milano (cd. Brebemi) e delle tangenziali esterne di Milano, ha previsto che l’ANAS S.p.A. possa affidare il completamento della progettazione e della relativa attività esecutiva ad un organismo di diritto pubblico costituito in forma societaria e partecipato dalla stessa società e dalla Regione Lombardia. A tal fine, in data 19 febbraio 2007, è stata istituita la Società Concessioni Autostradali Lombarde Spa, composta al 50% da Anas e al 50% da Infrastrutture Lombarde Spa (società controllata al 100% dalla Regione Lombardia). Il comma 981, con riferimento alla Pedemontana di Formia, ha previsto che il completamento della progettazione e della relativa attività esecutiva possa avvenire anche attraverso affidamento di ANAS Spa ad un organismo di diritto pubblico, costituito in forma societaria e partecipato dalla stessa società e dalla provincia di Latina.

Nell’Allegato infrastrutture al DPEF, si richiama il modello operativo adottato con la CAL (Concessioni autostrade Lombarde) e se ne ipotizza l’implementazione in altre realtà territoriali per la realizzazione di alcune arterie autostradali (si fa espresso riferimento al Passante di Mestre, al Corridoio Tirrenico Meridionale-“Nuova Pontina”, alla Termoli-S. Vittore).

 

Il comma 290 prevede un’immediata applicazione del modello del federalismo infrastrutturale, disponendo direttamente il trasferimento ad una società per azioni costituita pariteticamente tra l’Anas S.p.A. e la Regione Veneto o soggetto da essa interamente partecipato, delle attività di gestione, comprese quelle di manutenzione ordinaria e straordinaria, relative alle seguenti opere:

§      raccordo autostradale di collegamento A4 – tronco Venezia-Trieste, ed opere a questo complementari;

§      tratta autostradale Venezia-Padova;

Per quanto riguarda la tempistica del trasferimento, si fa riferimento al completamento dei lavori di costruzione, ovvero alla scadenza della concessione assentita all’Autostrada Padova-Venezia S.p.A.

Per quanto riguarda il funzionamento della società, alla quale viene riconosciuta la natura di organismo di diritto pubblico, se ne prevede:

§      l’esercizio dell’attività di gestione nel rispetto delle norme in materia di appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi;

§      la sottoposizione al controllo diretto dei soggetti che la partecipano.

Viene inoltre previsto che i rapporti tra la società ed i soggetti pubblici soci siano regolati, oltre che dagli atti deliberativi di trasferimento delle funzioni, sulla base di apposita convenzione.

Inoltre è previsto gli oneri finanziari connessi al reperimento delle risorse necessarie per la realizzazione del raccordo autostradale A4 – tronco Venezia-Trieste, siano assunti direttamente dalla società, anche subentrando nei contratti stipulati direttamente dall’Anas S.p.A.

Infine viene fatto divieto, alla società, di partecipare, sia singolarmente sia con altri operatori economici, ad iniziative diverse che non siano strettamente necessarie per l’espletamento delle funzioni di cui al comma 1, ovvero ad esse direttamente connesse.

I citati commi 979 e 981 della finanziaria 2007 non contenevano norme corrispondenti a quelle sopra commentate, ma si limitavano a prevedere semplicemente il subentro (anche mediante apposita convenzione) della nuova S.p.A. nei rapporti attivi e passivi inerenti la realizzazione delle opere.

Si segnala, inoltre, che la Commissione ambiente nella seduta del 5 dicembre 2007 ha espresso – ai sensi dell’articolo 2, commi 82 e 84, del decreto-legge 262 del 2006 – parere favorevole con una condizione sullo schema di convenzione disciplinante il rapporto tra Anas Spa (concedente) e la Società delle Autostrade di Venezia e Padova Spa (concessionario) per la costruzione ed esercizio dell'autostrada A4 Mestre (VE) – Padova, della tangenziale Ovest di Mestre (km 32,4) del raccordo autostradale tra la tangenziale Ovest di Mestre e l’aeroporto Marco Polo di Venezia (km 9,4). Lo schema di convenzione riguarda anche la progettazione ed esecuzione di una serie di interventi di adeguamento della viabilità e per la sicurezza del traffico, indicati nella lett. b) dell’art. 2 dello schema di convenzione. La scadenza della concessione è fissata al 30 novembre 2009. Il Piano economico-finanziario 2007-2015 (Allegato E) indica un costo per la realizzazione delle opere pari a 55,57 milioni di euro, prevede il completo ammortamento del costo delle medesime al 31 dicembre 2015, indica, alla scadenza della concessione, un valore di subentro pari a 105,3 milioni di euro e reca il cronoprogramma degli interventi.


 

Articolo 2, comma 291
(Interventi per la salvaguardia della città di Venezia)

 

291. Per le finalità di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 139, e successive modificazioni, è autorizzato un contributo quindicennale di 4 milioni di euro a decorrere dal 2008.

 

 

Il comma 291 autorizza un contributo quindicennale di 4 milioni di euro a decorrere dal 2008 per le finalità di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 139 (cd. terza legge speciale per Venezia).

 

Con riferimento agli interventi per Venezia, si ricorda che, da ultimo, l’articolo 22 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222) ha disposto un’autorizzazione di spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2007, nell'ambito degli interventi per la salvaguardia di Venezia, di cui alla legge n. 139 del 1992, con particolare riguardo alla definizione di una rete fissa antincendio per la città di Venezia e di un nuovo sistema di allertamento per i rischi rilevanti da incidente industriale nella zona di Marghera Malcontenta. La medesima disposizione ha inoltre autorizzato la spesa di 170 milioni di euro per l'anno 2007 per il proseguimento della realizzazione del sistema MOSE.

 

Le leggi speciali per Venezia

La legge 5 febbraio 1992, n. 139, recante Interventi per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna (terza legge speciale per Venezia), ha autorizzato limiti di impegno quindicennali di 150 mld. a partire dal 1993 e di 100 mld. a partire dal 1994, ripartendoli tra diverse tipologie di interventi. La legge provvede altresì a modificare l'area degli interventi per il disinquinamento di competenza della Regione Veneto, coordinandola all'intero bacino scolante in laguna, e affida compiti di verifica della realizzazione dei lavori delle singole amministrazioni al Comitato previsto dall' art. 4 della legge n. 798 del 1984. Particolare importanza riveste l’art. 3, che nell’ambito delle opere di competenza statale destina non meno del 25 per cento degli stanziamenti ad interventi per il ripristino della morfologia lagunare e per l’arresto del processo di degrado della laguna. La realizzazione degli interventi alle bocche di porto viene inoltre subordinata ad un adeguato stato di avanzamento degli altri interventi (adeguamento e rinforzo dei moli foranei; difesa delle “insulae”; ripristino della morfologia lagunare; arresto del degrado; difesa dei litorali; sostituzione del traffico petrolifero; apertura delle valli da pesca). Tale provvedimento è stato da ultimo rifinanziato con l'articolo 1, comma 944, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007), che a tal fine ha autorizzato la spesa di 85 milioni di euro per il 2007 e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e ha previsto che tali risorse siano ripartite secondo le modalità dettate dall’art. 3, comma 2, della legge 3 agosto 1998, n. 295. Si ricorda che tale ultima disposizione ha autorizzato limiti di impegno destinati alla prosecuzione degli interventi per la salvaguardia di Venezia, senza prevedere (a differenza dei precedenti interventi normativi) una ripartizione delle somme per tipologia di intervento, ma limitandosi a prevedere che la ripartizione debba avvenire “sulla base dello stato di attuazione degli interventi risultante da motivate relazioni da parte dei soggetti attuatori, su proposta del comitato di cui all'articolo 4 della legge 29 novembre 1984, n. 798, con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica”.

La prima legge speciale per Venezia (legge 16 aprile 1973, n. 171) ha dichiarato la salvaguardia della città e della sua laguna "problema di preminente interesse nazionale". Finalità specifiche della legge n. 171 sono state la salvaguardia dell'ambiente paesistico, storico, archeologico ed artistico della città di Venezia e della sua laguna, la tutela dell’equilibrio idraulico, la protezione dell’ambiente dall’inquinamento atmosferico e dalle acque, assicurando contestualmente la vitalità socioeconomica del territorio nel quadro dello sviluppo generale e dell’assetto territoriale della Regione. I soggetti dell'azione di salvaguardia venivano individuati nello Stato, nella Regione e negli Enti locali, e, al fine di inquadrare le diverse azioni in uno strumento programmatico unitario di riferimento, si prevedeva l'approvazione, con legge regionale, di un piano comprensoriale, sia pure con efficacia limitata sino al momento dell'approvazione da parte della Regione del proprio piano territoriale; il Piano doveva prevedere il divieto per ulteriori imbonimenti e per ulteriori insediamenti di impianti industriali inquinanti. L’art. 5 della medesima legge istituiva poi la Commissione per la salvaguardia di Venezia, dotata di poteri consultivi vincolanti per tutti gli interventi di trasformazione e di modifica del territorio per la realizzazione di opere sia private sia pubbliche. L’art. 7 precisava inoltre le competenze attribuite allo Stato (in primo luogo, la regolazione dei livelli marini in laguna, i marginamenti lagunari e l’esecuzione delle opere portuali marittime e di difesa del litorale), mentre l’art. 9 assegnava alla regione Veneto e al magistrato delle acque di Venezia compiti in materia di tutela del territorio dagli inquinamenti. Infine, l’art. 13 prevedeva disposizioni per il restauro e il risanamento conservativo degli edifici (in particolare dei comparti edificatori, volontari e obbligatori), volte anche a favorire la permanenza abitativa nel centro storico, attraverso la distinzione tra una zona “A” e una zona “B” (corresponsione di contributi nel caso di utilizzo diretto dell’edificio o di impegno alla sua locazione).

La seconda legge speciale per Venezia (legge 29 novembre 1984, n. 798) ha confermato i principi ispiratori della legge n. 171, ed in particolare la ripartizione degli interventi tra Stato, Regione ed enti locali. Allo Stato spetta un ruolo fondamentale nella difesa dell’equilibrio idrogeologico della laguna, mentre alla Regione sono affidati compiti attinenti prevalentemente all'approvvigionamento idrico e all’installazione di impianti di depurazione. È stato inoltre istituito un Comitato misto, presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, al quale sono stati attribuiti compiti di indirizzo, coordinamento e controllo per l'attuazione degli interventi previsti dalla legge. La medesima disposizione ha previsto la trasmissione al Parlamento da parte del Comitato, alla data di presentazione del disegno di legge relativo alle disposizioni per la formazione del bilancio annuale dello Stato, una relazione sullo stato di attuazione degli interventi[388].

In applicazione delle suindicate disposizioni, è stato individuato, quale soggetto al quale affidare la realizzazione delle opere di competenza statale, il Consorzio Venezia Nuova.

La legge 8 novembre 1991, n. 360, ha quindi finanziato nuovi interventi finalizzati alla salvaguardia della città ed in particolare norme volte a contrastare l’esodo degli abitanti dal centro storico di Venezia. In particolare si ricordano i finanziamenti delle iniziative per il disinquinamento e la prevenzione degli inquinamenti, di competenza regionale, nonché i finanziamenti al Ministero dell’ambiente per la realizzazione di un sistema di coordinamento e di controllo degli interventi finalizzati al riequilibrio idrogeologico, alla salvaguardia ambientale e al disinquinamento.

Si segnala, successivamente alla già richiamata terza legge speciale per Venezia, la legge 24 dicembre 1993, n. 537 (collegato alla legge finanziaria per il 1994), che, all'articolo 12, commi 10-14, ha dettato disposizioni relative alle modalità di attuazione degli interventi previsti dalla legge 29 novembre 1984, n. 798.

In attuazione della norma di delega contenuta in tale ultimo provvedimento, è stato adottato il decreto legislativo 13 gennaio 1994, n. 62, che ha previsto che i compiti unitari individuati dal richiamato articolo 12 della legge n. 537 del 1993, dovessero essere svolti da un'apposita società per azioni costituita d'intesa tra lo Stato-Ministero dei lavori pubblici e la Regione Veneto. La società non è stata successivamente costituita.

Con il successivo D.L. 29 marzo 1995, n. 96, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 206 del 1995, è stata modificata la ripartizione annuale di alcuni stanziamenti di cui alla legge n. 139 del 1992, è stata soppressa la previsione, di cui alla legge del 1984, dell’affidamento unitario in concessione di alcune importanti opere di competenza statale, sono state prorogate alcune misure volte a contrastare l’esodo dai centri storici di Venezia e Chioggia, e sono state modificate le norme che regolano l’espressione dei pareri da parte della Commissione per la salvaguardia sugli interventi di trasformazione del territorio.

Con l'art. 7 del D.L. n. 444 del 1995, convertito con modificazioni dalla legge n. 539 del 1995, sono stati autorizzati nuovi limiti di impegno di durata quindicennale da destinare al proseguimento degli interventi in favore di Venezia previsti dalle citate leggi n. 798 del 1984 e n. 139 del 1992, decorrenti dal 1996 e dal 1997.

Successivamente l’art. 1 del D.L. 2 agosto 1996, n. 408, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 515 del 1996, ha previsto nuovi stanziamenti, autorizzando due limiti di impegno quindicennali, decorrenti dal 1997 e dal 1998, e l’art. 1, comma 7, della legge 2 ottobre 1997, n. 345 ha autorizzato due limiti di impegno quindicennali di 50 miliardi ciascuno, a decorrere dal 1998 e dal 1999, con una ripartizione degli interventi sostanzialmente analoga a quella contenuta nel citato D.L. n. 408 del 96.

Nel quadro degli interventi normativi, va ricordata anche l’Ordinanza extra ordinem del Ministro dell’ambiente n. 4498 del 1 ottobre 1996, con la quale – in considerazione dell’elevato degrado ambientale della laguna - venivano formulati precetti nei confronti del Direttore dell’Istituto superiore di sanità, del Direttore dell’istituto di ricerca sulle acque del CNR, del magistrato delle acque, dei titolari delle autorizzazioni di scarico, del Presidente della Regione Veneto, dei Sindaci di Venezia e Chioggia.

Il comma 2 dell'articolo 3 della legge 30 agosto 1998, n. 295 ha autorizzato limiti di impegno quindicennali, nella misura di 10 miliardi a decorrere dal 1999 e di altri 10 miliardi a decorrere dal 2000, destinati alla prosecuzione degli interventi per la salvaguardia di Venezia.

Inoltre, l’art. 50, comma 1, lettera b) della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (provvedimento collegato alla manovra di finanza pubblica per l’anno 1999) ha disposto l'autorizzazione di limiti d'impegno quindicennali per un importo pari a 70 mld. dall'anno 1999, a 20 mld. dall'anno 2000 e a 30 mld. dall'anno 2001 per la prosecuzione degli interventi per la salvaguardia di Venezia e ha previsto la presentazione al Parlamento di una relazione annuale sullo stato di avanzamento dei lavori da parte del Presidente del Comitato.

Successivamente con la legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001) sono stati autorizzati limiti di impegno quindicennali di 29 mld a partire dal 2002 e di 50 mld a partire dal 2003.

La tabella 2 della legge finanziaria per il 2002 (legge 28 dicembre 2001, n. 448) ha previsto i seguenti limiti di impegno quindicennali riferiti agli interventi per la salvaguardia di Venezia: 10.165.000 euro dal 2002, 15.494.000 euro dal 2003 e 30.987.000 dal 2004. Nella tabella F della stessa legge finanziaria per il 2002 si registrano i seguenti limiti di impegno in riferimento alla legge n. 798 del 1984: 33.053.000 euro dal 2002, 58.876.000 euro dal 2003, 58.876.000 euro dal 2004.

Il già richiamato articolo 1, comma 944 (Interventi per la salvaguardia di Venezia) della legge n. 296 del 2006 (finanziaria per il 2007), che ha ulteriormente rifinanziato la legge n. 139 del 1992, prevede che tali risorse siano ripartite secondo le modalità dettate dall’art. 3, comma 2, della legge n. 295 del 1998.


 

Articolo 2, comma 292
(Contributo per il sistema ferroviario metropolitano regionale veneto)

 

292. Al fine di assicurare la realizzazione del secondo stralcio del sistema ferroviario metro­politano regionale veneto, è autorizzato un contributo decennale di 10 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2008.

 

 

L'articolo 2, comma 292, autorizza un contributo decennale di 10 milioni di euro annui,a decorrere dall’anno 2008, per la realizzazione del secondo stralcio del sistema ferroviario metropolitanoregionale veneto (SFMR) che intende collegare le maggiori città venete con treni regionali, allo scopo di alleggerire il traffico su gomma.

Tale sistema - inserito nel quadro delle infrastrutture strategiche, secondo quanto previsto dalla legge obiettivo[389] è finalizzato ad un complessivo miglioramento dei trasporti ferroviari della regione Veneto, anche attraverso un riequilibrio modale con passaggio di quote della domanda di trasporto dalla gomma al ferro e dal privato al pubblico, idoneo a consentire una riduzione dell’incidentalità e dell’inquinamento atmosferico ed acustico.

La prima parte del programma interessa principalmente i collegamenti fra le aree di Venezia, Treviso e Padova, mentre nella seconda fase saranno coinvolti i nodi ferroviari di ulteriori località (fra le altre, Vicenza e Rovigo).

 


 

Articolo 2, commi 293-298
(Sostegno alle imprese editrici e TV locali)

 


293. A decorrere dai contributi relativi all’anno 2007, ai fini della quantificazione dei contributi previsti dall’articolo 3, commi 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater, 8, 10 e 11, della legge 7 agosto 1990, n. 250, le imprese editrici sono tenute a presentare il modello dei costi di testata, come definito con circolare dal Dipartimento per l’informa­zione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri e reso noto sul sito internet del Dipartimento stesso, debitamente compilato e certificato dalla società di revisione incaricata della certificazione del bilancio.

294. In applicazione dell’articolo 1, comma 1246, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, la somma disponibile per la liquidazione dei contributi di cui agli articoli 3 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, all’articolo 23, comma 3, della legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni, e all’articolo 7, comma 13, della legge 3 maggio 2004, n. 112, è attribuita ai soggetti per i quali sia stata accertata la sussistenza dei requisiti necessari per l’erogazione dei contributi in quote proporzionali all’ammontare del contributo spettante a ciascuna impresa.

295. A decorrere dalle domande relative all’anno 2007, le compensazioni finanziarie derivanti dalle riduzioni tariffarie applicate ai consumi di energia elettrica e ai canoni di noleggio e di abbonamento ai servizi di telecomunicazione di qualsiasi tipo, ivi compresi i sistemi via satellite, previsti dall’articolo 11 della legge 25 febbraio 1987, n. 67, e dagli articoli 4 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 250, sono rimborsate direttamente all’impresa, nella misura del 40 per cento dell’importo totale delle bollette, al netto dell’IVA. Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, avente natura non regolamentare, sono indicate le modalità e la documentazione relative alle richieste dei rimborsi di cui al comma 293.

296. Il finanziamento annuale previsto per le TV locali dall’articolo 52, comma 18, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, come rideterminato dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350, dalla legge 30 dicembre 2004, n. 311, dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266, e dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296, è incrementato di 10 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2008 e di ulteriori 5 milioni di euro per l’anno 2009. La ripartizione secondo bacini di utenza costituiti dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano dello stanziamento annuo è effettuata entro il 30 maggio di ogni anno. Allo scopo si procede imputando, automaticamente e in via provvisoria, alle regioni e alle province autonome il 90 per cento della somma già assegnata nell’anno precedente, fatta salva la rideterminazione in via definitiva all’esito dei conteggi ufficiali.

297. All’articolo 145, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, al primo e al secondo periodo le parole: «30 settembre» sono sostituite dalle seguenti: «31 luglio».

298. All’articolo 10, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, alle parole: «Tale contributo» sono premesse le seguenti: «Fermi restando i limiti all’ammontare dei contributi, quali indicati nell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni,».


 

 

Il comma 293 stabilisce che, a decorrere dai contributi relativi all’anno 2007, al fine della quantificazione di alcuni benefici previsti dalla legge n. 250/1990[390] alle imprese editrici di giornali e periodici, queste ultime devono presentare anche il modello dei costi di testata, che sarà definito con circolare dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché reso noto sul sito internet del Dipartimento stesso. Tale documento dovrà essere debitamente compilato e certificato dalla società di revisione incaricata della certificazione del bilancio.

 

Quanto all’ambito di applicazione del nuovo onere, il testo fa riferimento ai contributi erogati in favore di:

-        imprese editrici di giornali quotidiani (articolo 3, commi 2 e 2-bis della legge n. 250/1990)[391];

-        imprese editrici e emittenti radiotelevisive, comunque costituite, che editino giornali quotidiani o trasmettano programmi in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige (articolo 3, comma 2-ter della legge n. 250/1990);

-        imprese editrici di giornali quotidiani italiani editi e diffusi all'estero (articolo 3, comma 2-ter della legge n. 250/1990);

-        cooperative giornalistiche editrici di periodici (articolo 3, comma 2-quater della legge n. 250/1990);

-        imprese editrici di quotidiani o periodici che, oltre che attraverso esplicita menzione riportata in testata, risultino essere organi o giornali di forze politiche che abbiano una determinata rappresentanza parlamentare (articolo 3, commi 10 e 11 della legge 250/1990).

Le provvidenze in favore dei soggetti menzionati sono subordinate al possesso di determinati requisiti, indicati dalle norme di riferimento, le quali prevedono altresì i criteri per la determinazione dell’ammontare del contributo.

Si ricorda, inoltre, che i contributi di cui sopra hanno subito una riduzione pari al 2 per cento ad opera dell’articolo 10 del d.l. n. 159/2007[392], convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222.

 

Il comma 294 pone una disciplina espressamente volta ad applicare l’articolo 1, comma 1246, della legge 296/2006 (legge finanziaria 2007), il quale prevede che l’erogazione dei contributi diretti all’editoria e alle imprese radiofoniche e televisive si effettui, ove necessario, mediante il riparto percentuale dei contributi tra gli aventi diritto.

In base alla disciplina introdotta dal comma in esame, la liquidazione della somma disponibile per i contributi all’editoria avviene, una volta accertata la sussistenza dei requisiti per l’erogazione, in quote proporzionali all’ammontare del contributo spettante a ciascun avente diritto.

Tali modalità di liquidazione “proporzionale” riguardano i contributi previsti:

§      per le imprese editrici e radiofoniche, di cui agli articoli 3 e 4 della legge n. 250/1990;

§      per i soggetti esercenti la radiodiffusione televisiva locale, di cui all’articolo 23, comma 3, della legge n. 223/1990[393];

§      per i canali tematici autorizzati alla diffusione via satellite, di cui all’articolo 7, comma 13, della legge n. 112/2004[394].

 

Di seguito, si riporta una sintesi delle disposizioni sulle provvidenze all’editoria citate nel commento all’articolo in esame.

L’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, reca la disciplina relativa all’erogazione dei contributi diretti all’editoria nonché le provvidenze a favore delle imprese radiofoniche e televisive.

La platea dei destinatari dei contributi diretti all’editoria comprende:

1.       le imprese editrici di giornali quotidiani (comma 2), costituite come cooperative giornalistiche da almeno tre anni (co. 2, lettera a)) subordinatamente al possesso di una serie di requisiti[395];

2.       le imprese editrici di giornali quotidiani la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni ed enti morali non aventi scopo di lucro (comma 2-bis), subordinatamente al possesso dei medesimi requisiti sopra citati, ad eccezione dell’obbligo di essere una cooperativa giornalistica: in tal caso, il contributo non può superare il 50 per cento dei costi complessivi;

3.       le imprese editrici e le emittenti radiotelevisive, comunque costituite, che editino quotidiani o trasmettano programmi in una lingua delle minoranze francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome della Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, o le imprese editrici di quotidiani italiani editi e diffusi all’estero (comma 2-ter), subordinatamente al possesso dei medesimi requisiti e con gli stessi limiti delle imprese non a scopo di lucro[396];

4.       le cooperative giornalistiche che editano periodici (comma 2-quater), con il limite di 310.000 euro e di 207.000 euro rispettivamente per il contributo fisso e il contributo variabile[397].

5.       imprese editrici di quotidiani o periodici organi o giornali di forze politiche (comma 10)[398].

 

L’articolo 4 della legge n. 250 del 1990 prevede che le imprese radiofoniche che risultino essere organi di partiti politici rappresentati in almeno un ramo del Parlamento, che abbiano registrato la testata giornalistica trasmessa presso il competente tribunale, che trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari per non meno del 50 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20 e che non siano editori o controllino, direttamente o indirettamente, organi di informazione di partiti politici, sia corrisposto un contributo annuo fisso pari al 70 per cento della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi[399]. A tali imprese spettano inoltre le riduzioni tariffarie previste dall’articolo 28 della legge 5 agosto 1981, n. 416 sopra citata. I requisiti per accedere a tali contributi sono stati da ultimo modificati con l’articolo 1, comma 1247, della legge n. 296/2006, il quale stabilisce che gli stessi siano corrisposti esclusivamente:

-        alle imprese radiofoniche organi di partiti politici che abbiano il proprio gruppo parlamentare in una delle Camere o due rappresentanti nel Parlamento europeo, eletti nelle liste di movimento;

-        alle imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 230[400].

 

L’articolo 7 della medesima legge n. 250 - che ha sostituito il comma 1 dell’articolo 11 della citata legge n. 67 del 1987 – prevede che le imprese di radiodiffusione sonora che abbiano registrato la testata radiofonica giornalistica trasmessa presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari, per non meno del 25 per cento delle ore di trasmissione, comprese tra le ore 7 e le ore 20, hanno diritto alle riduzioni delle tariffe telefoniche, telegrafiche, postali e dei trasporti di cui all'art. 28, della legge 5 agosto 1981, n. 416 nonché al rimborso dell'60 per cento delle spese per l'abbonamento ai servizi di tre agenzie di informazione a diffusione nazionale o regionale.

Ai sensi del successivo articolo 8, le medesime agevolazioni si applicano alle imprese di radiodiffusione sonora a carattere locale che abbiano registrato la testata radiofonica giornalistica trasmessa presso il competente tribunale e trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari, per non meno del 15 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20.

 

L'articolo 23, comma 3, della legge n. 223 del 1990 reca i contributi per i concessionari per la radiodiffusione televisiva in ambito locale, ovvero i soggetti autorizzati per la radiodiffusione televisiva locale, che abbiano registrato la testata televisiva presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente, nelle ore comprese tra le 07,00 e le 23,00 per almeno un'ora, programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali.

 

L'art. 7, comma 13, della legge 3 maggio 2004, n. 112 prevede poi contributi per i canali tematici autorizzati alla diffusione via satellite, con esclusione di quelli ad accesso condizionato, come definiti dall'articolo 1, lettera c), del regolamento concernente la promozione della distribuzione e della produzione di opere europee, di cui alla Delibera dell'Autorità Garante delle comunicazioni n. 9/1999, che si impegnano a trasmettere programmi di informazione alle condizioni previste dall'articolo 7 del decreto-legge n. 323 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 422 del 1993 (ovvero che abbiano registrato la testata televisiva presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente, nelle ore comprese tra le 07,00 e le 23,00 per almeno un'ora, programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali).

 

Il comma 295 dispone che - a decorrere dalle domande relative all’anno 2007 - le compensazioni finanziarie derivanti dalle riduzioni tariffarie applicate ai consumi di energia elettrica e ai canoni di noleggio e di abbonamento ai servizi di telecomunicazione di qualsiasi tipo, ivi compresi i sistemi via satellite, previsti dall’articolo 11 della legge n. 67/1987[401], e dagli articoli 4 e 8 della legge n. 250/1990[402], siano rimborsate direttamente all’impresa radiotelevisiva, nella misura del 40 per cento dell’importo totale delle bollette, al netto dell’IVA.

Le modalità e la documentazione relative alle richieste dei rimborsi saranno indicate in un successivo decreto – avente natura non regolamentare - del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Si ricorda che, in base all’articolo 11, comma 1, della legge n. 67/1987, le imprese di radiodiffusione sonora che abbiano registrato la testata radiofonica giornalistica trasmessa presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari, per non meno del 25 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20, hanno diritto a decorrere dal 1° gennaio 2007:

a) alle riduzioni tariffarie di cui all'art. 28, legge 5 agosto 1981, n. 416[403] , e successive modificazioni, applicate con le stesse modalità anche ai consumi di energia elettrica, ai canoni di noleggio e di abbonamento ai servizi di telecomunicazione di qualsiasi tipo, ivi compresi i sistemi via satellite;

b) al rimborso del 60 per cento delle spese per l'abbonamento ai servizi di tre agenzie di informazione a diffusione nazionale o regionale.

Inoltre, ai sensi del comma 2 del medesimo articolo 11, alle imprese radiofoniche che risultino essere organi di partiti politici rappresentati in almeno un ramo del Parlamento, le quali:

a) abbiano registrato la testata giornalistica trasmessa presso il competente tribunale;

b) trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari per non meno del 30 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20;

c) non siano editori o controllino, direttamente o indirettamente, organi di informazione di cui al comma 6 dell'articolo 9;

viene corrisposto a cura della Presidenza del Consiglio, ai sensi della legge n. 416/1981, per il quinquennio 1986-1990 un contributo annuo fisso pari al 70 per cento della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi avendo riferimento, per la prima applicazione, agli esercizi 1985 e 1986, inclusi gli ammortamenti, e comunque non superiore a due miliardi.

 

Secondo il comma 3, le imprese di cui al precedente comma 2 hanno diritto alle riduzioni tariffarie di cui all'art. 28 della legge n. 416 del 1981, applicate con le stesse modalità anche ai consumi di energia elettrica, nonché alle agevolazioni di credito di cui al successivo art. 20 e al rimborso previsto dalla lettera b) del comma 1 del presente articolo.

I contributi per le imprese radiofoniche che siano organi di partiti politici, sono disciplinati dall’articolo 4, comma 1, della legge n. 250/1990 (già illustrato nel commento al comma 1).

L’articolo 8 della legge n. 250 del 1990 prescrive che le imprese di radiodiffusione sonora a carattere locale che abbiano registrato la testata radiofonica giornalistica trasmessa presso il competente tribunale e che trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari, per non meno del 15 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20, hanno diritto a decorrere dal 1° gennaio 2007:

a) alle riduzioni tariffarie di cui all'articolo 28 della legge n. 416/1981, e successive modificazioni, applicate con le stesse modalità anche ai consumi di energia elettrica;

b) al rimborso del 60 per cento delle spese per l'abbonamento ai servizi di due agenzie di informazione a diffusione nazionale o regionale.

 

Il comma 296 prevede un incremento di 10 milioni di euro, a decorrere dal 2008, e di ulteriori 5 milioni di euro per il 2009, del finanziamento destinato alle emittenti televisive locali, di cui all’articolo 52, comma 18, della legge n. 448/2001 (legge finanziaria per il 2002), come rideterminato dalle successive leggi finanziarie.

 

I contributi sono stati introdotti dall’art. 45, co. 3, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (provvedimento “collegato” alla manovra finanziaria 1999), che ha disposto uno stanziamento per il solo triennio 1999-2001 (24 miliardi per ciascuno degli anni 1999 e 2000; 33 miliardi per l’anno 2001).

Successivamente, l’art. 27, co. 10, della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria per il 2000), nel rideterminare la misura dei canoni corrisposti allo Stato dai titolari di concessioni radiotelevisive, ha reso permanente lo stanziamento, destinando a tale finalità 40 miliardi di lire annue a decorrere dal 2000.

L’art. 145, co. 18, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001) ha incrementato lo stanziamento da 40 a 82 miliardi annui.

Con l’articolo 52, comma 18, della citata legge n. 448/2001 è stato incrementato lo stanziamento di 20 milioni di euro in ragione d’anno, a decorrere dal 2002. Si ricorda che l’articolo 52 citato ha ammesso a beneficiare del contributo previsto per le emittenti locali anche le emittenti radiofoniche locali legittimamente esercenti alla data di entrata in vigore della legge, prevedendo, peraltro, che lo stanziamento complessivo a favore della radiofonia locale non possa superare il 10% del totale.

L’articolo 80, comma 35, della legge n. 289/2002 ha incrementato il finanziamento annuale di ulteriori 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2003, prevedendo - limitatamente all’anno 2003 – che l’incremento fosse pari a 10 milioni di euro in luogo di cinque.

L'articolo 4, comma 5, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004) ha previsto l’ulteriore incremento di 27 milioni di euro a decorrere dall'anno 2004 del finanziamento annuale previsto dall'articolo 52, comma 18, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, come rideterminato dall'articolo 80, comma 35, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Per il solo anno 2004 il predetto finanziamento è stato incrementato di ulteriori 10 milioni di euro.

L’articolo 1, comma 214, della legge n. 311 del 2004 incrementa di 5 milioni di euro per il solo anno 2005 il finanziamento annuale a favore delle emittenti locali titolari di concessione, previsto dall’articolo 52, comma 18 della legge finanziaria per il 2002.

L’articolo 1, comma 12-bis, della legge n. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006) ha previsto che tale finanziamento risultasse determinato, a decorrere dall’anno 2006, in 98.678.000 euro.

Infine, l'articolo 1, comma 1244, della legge 296/2006 (legge finanziaria 2007) ha determinato il finanziamento in 30 milioni di euro per l'anno 2007, 45 milioni di euro per l'anno 2008 e 35 milioni di euro per l'anno 2009.

I criteri per l’assegnazione dei contributi sono stati da ultimo definiti dal decreto del Ministero delle comunicazioni n. 292/2004 (recante Regolamento per la concessione alle emittenti televisive locali dei benefici previsti dall’articolo 45, comma 3, della legge n. 448/1998), sulla base delle indicazioni fornite nel Piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva (di cui alla delibera n. 68/1998 dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni). L’articolo 1, comma 4, di tale regolamento stabilisce che l’ammontare annuo dei contributi viene ripartito dal Ministero secondo bacini di utenza costituiti dalle regioni e dalle province autonome, in proporzione al fatturato realizzato nel triennio precedente dalle emittenti che abbiano chiesto di beneficiare delle misure di sostegno. Nella ripartizione si deve dare rilievo alle regioni e province autonome ricomprese nelle aree economicamente depresse e con elevato indice di disoccupazione.

 

La ripartizione dei contributi secondo bacini di utenza costituiti dalle regioni e dalle province autonome (di cui al D.M. n. 292/2004 sopra citato) deve essere effettuata entro il 30 maggio di ogni anno ed attribuendo in via provvisoria, a tali enti un importo pari al 90 per cento della somma assegnata nell’anno precedente, e procedendo poi alla rideterminazione definitiva a seguito delle risultanze dei conteggi ufficiali.

 

Il comma 297 modifica l’articolo 145, comma 19, della legge n. 388/2000 (l. finanziaria 2001). Tale norma dispone che l’erogazione delle somme destinate al sostegno dell’emittenza locale, di cui all’articolo 27, comma 10, sesto periodo, della legge n. 488/1999 (l. finanziaria per il 2000), avvenga entro il 30 settembre di ogni anno; ove si verifichino ritardi nelle procedure, viene erogato alle singole emittenti, entro la predetta data, un acconto pari al 90 per cento della quota spettante.

Il comma in esame anticipa tale i termini ora citati al 31 luglio. L’anticipazione del termine appare conseguente a quanto previsto dal comma 296, che, come detto, dispone l’attribuzione dell’acconto del 90 per cento del contributo alle regioni e province autonome entro il 31 maggio.

 

Il comma 298 apporta un’integrazione a quanto previsto dall’articolo 10, comma 1, secondo periodo, del collegato alla finanziaria 2008, di cui al decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159[404].

L’articolo 10, al comma 1, ha disposto una riduzione pari al 2 per cento, relativamente agli anni 2007 e 2008, di una parte dei contributi diretti all’editoria previsti dalla legge n. 250 del 1990[405].

I contributi oggetto di riduzione sono quelli di cui all’articolo 3, commi 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater, 8, 10 e 11, nonché all’articolo 4 della legge n. 250/1990, ossia quelli erogati in favore di:

-      imprese editrici di giornali quotidiani (articolo 3, commi 2 e 2-bis della L. n. 250/1990[406]);

-      imprese editrici e emittenti radiotelevisive, comunque costituite, che editino giornali quotidiani o trasmettano programmi in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige (articolo 3, comma 2-ter della L. n. 250/1990);

-      imprese editrici di giornali quotidiani italiani editi e diffusi all'estero (articolo 3, comma 2-ter della L. n. 250/1990);

-      cooperative giornalistiche editrici di periodici (articolo 3, comma 2-quater della L. n. 250/1990);

-      imprese editrici di quotidiani o periodici che, oltre che attraverso esplicita menzione riportata in testata, risultino essere organi o giornali di forze politiche che abbiano una determinata rappresentanza parlamentare (articolo 3, commi 10 e 11 della L. n. 250/1990);

-      imprese radiofoniche che risultino essere organi di partiti politici rappresentati in almeno un ramo del Parlamento (articolo 4 della L. n. 250/1990).

 

Il secondo periodo del comma 1 del citato articolo 10 stabilisce un tetto alle provvidenze, prevedendo che il contributo non può in ogni caso essere superiore al costo complessivo di produzione e distribuzione sostenuti dall’avente diritto nell’anno precedente, nonché al costo del lavoro per il personale composto da grafici, poligrafici, giornalisti professionisti e praticanti, pubblicisti e collaboratori.

Il comma in esame premette alla disposizione prima richiamata una specifica in base alla quale restano fermi i limiti all’ammontare dei contributi indicati nell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250. In tal modo, si esplicita che il tetto alle provvidenze stabilito con l’articolo 10, comma 1, del d.l. n. 159/2007 non ha efficacia derogatoria rispetto ai limiti stabiliti nella legge n. 250/1990.

 

Si ricorda che l’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250 che reca la disciplina relativa all’erogazione dei contributi diretti all’editoria nonché le provvidenze a favore delle imprese radiofoniche e televisive, stabilisce limiti dell’ammontare dei contributi da corrispondere, differenziati a seconda della tipologia di destinatari.

Per le imprese di cui al comma 2 e 2-bis, i contributi – che vengono corrisposti solo qualora gli introiti pubblicitari dell’anno precedente non superino il 40 dei costi complessivi (comma 7) e non possono comunque superare il 60 per cento dei costi (comma 9) – sono determinati nelle seguenti misure (comma 8)[407]:

a)       un contributo fisso annuo di importo pari al 30 per cento dei costi risultanti dal bilancio, inclusi gli ammortamenti, e comunque non superiore a lire 2 miliardi (1,03 milioni di euro) per ciascuna impresa;

b)       contributi variabili rapportati alla tiratura[408].

Per i periodici vale un tetto complessivo non superiore al 50 per cento dei costi ammessi.

I contributi alle imprese di cui all’articolo 3, comma 2-ter, non possono essere stabiliti in misura superiore al 50 per cento dei costi complessivi, compresi gli ammortamenti, risultanti dal bilancio dell’impresa stessa (imprese editrici che editino giornali quotidiani di minoranze linguistiche in regioni di confine) ovvero in misura superiore al 60 per cento (imprese editrici di quotidiani italiani editi e diffusi all’estero).

 


 

Articolo 2, commi 299-300
(Sviluppo della banda larga e del digitale terrestre)

 


299. Al fine di sostenere nuovi processi di realizzazione delle infrastrutture per la larga banda sul territorio nazionale, le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all’articolo61dellalegge 27 dicembre 2002, n. 289, destinate al finanziamento degli interventi attuativi del Programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno da parte del Ministero delle comunicazioni per il tramite della Società infrastrutture e teleco­municazioni per l’Italia S.p.A. (Infratel Italia), di cui all’articolo7deldecreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, sono incrementate di 50 milioni di euro per l’anno 2008.

300. Il Fondo per il passaggio al digitale di cui all’articolo1, commi 927, 928 e 929, dellalegge 27 dicembre 2006, n. 296, è incrementato di 20 milioni di euro per l’anno 2008.


 

 

I commi 299 e 300 aumentano ifinanziamenti per il Programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno da parte del Ministero delle comunicazioni per il tramite della Società infrastrutture e telecomunicazioni per l’Italia S.p.A. (Infratel Italia), nonché quelli destinati al Fondo per il passaggio al digitale, istituito presso il medesimo ministero.

In particolare, il comma 299 incrementa di 50 milioni di euro per l’anno 2008 il Fondo per le aree sottoutilizzate, con le seguenti finalità:

·       sostenere nuovi processi di realizzazione delle infrastrutture per la larga banda sul territorio nazionale;

·       finanziamento degli interventi attuativi del Programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno da parte del Ministero delle comunicazioni per il tramite della Società infrastrutture e telecomunicazioni per l’Italia S.p.A. (Infratel Italia), di cui all’articolo 7 del decreto legge 35/2005.

 

Il Fondo per le aree sottoutilizzate costituisce lo strumento per l'attribuzione delle risorse nelle aree sottoutilizzate ed è disciplinato dagli articoli 60 e 61 della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002).

A tal fine è stata prevista l’istituzione di due fondi di carattere generale: il Fondo per le aree sottoutilizzate iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 61, comma 1) e il Fondo iscritto nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive, sul quale confluiscono le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate, di competenza di quest’ultimo Ministero, che attualmente sono allocate nel Fondo unico per gli incentivi alle imprese (articolo 61, comma 3).

Al CIPE è attribuita la facoltà, con proprie deliberazioni, di modificare la destinazione degli stanziamenti relativi ai due Fondi, trasferendo risorse dall’uno all’altro, e di ripartire la dotazione di ciascun Fondo tra gli interventi in esso compresi.

La diversa allocazione delle risorse deve essere effettuata dal CIPE in relazione allo stato di attuazione degli interventi finanziari ovvero all’andamento della domanda delle singole misure di incentivazione.

Al Fondo per le aree sottoutilizzate - allocato nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze - confluiscono le risorse stanziate con riferimento ai provvedimenti indicati all’allegato 1 della citata legge n. 289/2002: si tratta delle risorse già allocate nel Fondo per le aree depresse, relative sia all’intervento straordinario nel Mezzogiorno che all’intervento ordinario nelle aree depresse, del Fondo per l’imprenditoria giovanile e delle risorse iscritte in bilancio per i crediti di imposta per investimenti e per nuove assunzioni[409].

Va ricordato che il citato articolo 61 della legge n. 289/2002 specifica che l’ambito territoriale delle aree sottoutilizzate coincide con quello delle aree depresse. Tali sono aree, come individuate dall’articolo 1, comma 1, del decreto legge n. 32/1995 (convertito dalla legge n. 104/1995), sono:

1)       le aree ammissibili agli interventi degli obiettivi 1 e 2 dei fondi strutturali;

2)       le aree ammesse al sostegno transitorio per gli obiettivi 1 e 2;

3)       le aree rientranti nelle fattispecie dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato CE (aree ammesse al regime di deroga per gli aiuti di Stato a finalità regionale).

 

Va rammentato che nel DPEF 2008-2011 si sottolinea il crescente incremento registrato in Italia negli accessi alla banda larga che – al mese di settembre 2006 - hanno superato gli otto milioni. Peraltro, mentre la crescita in valori assoluti risulta in linea con i principali paesi europei, persiste un ritardo nella percentuale di accessi calcolati su 100 abitanti: 14 in Italia, contro 19 nel Regno Unito e 24 in Olanda. Il ‘divario digitale’ interessa circa sette milioni di cittadini, la maggior parte dei quali residenti in aree svantaggiate e in piccoli comuni. Al fine di sanare progressivamente questo ritardo, sono previsti interventi di infrastrutturazione, che il Governo dovrebbe attuare d’intesa con regioni ed enti locali, utilizzando le risorse previste dalle delibere del CIPE per il 2008 a beneficio delle Aree sottoutilizzate, nonché gli stanziamenti recati dalla legge finanziaria (la somma complessiva è pari a 125 milioni per il 2008 e 60 milioni per il 2009). Si intende giungere, entro il termine dell’attuale legislatura, a garantire l’universalità dell’accesso alla rete internet in tutto il Paese.

La “banda larga” – infrastruttura di connessione che favorisce forme di comunicazione multimediali e interattive - costituisce un obiettivo strategico comune a tutti i Paesi europei ed è individuata come prima priorità nel piano e-Europe 2005. Sul piano normativo, va menzionato l’articolo 6 della legge n. 273/2002, che ha introdotto misure volte appunto a promuovere lo sviluppo della larga banda (esenzione dal contributo sulle attività di installazione e fornitura di reti di telecomunicazioni pubbliche, di fornitura al pubblico di servizi di telefonia vocale e di servizi di comunicazioni mobili e personali, anche per quanti abbiano investito nella realizzazione di infrastrutture di rete a larga banda in caso di perdite di esercizio).

Ulteriori contributi sono stati previsti dall’articolo 89 della legge finanziaria per il 2003 (L. 289/2002) e dall’articolo 1, comma 925 della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006), questi ultimi volti principalmente al finanziamento del programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno.

Va inoltre ricordato che il 20 marzo 2006 la Commissione europea ha adottato una comunicazione dal titolo “Colmare il divario nella banda larga” (COM(2006)129). Secondo la Commissione, l’accesso a internet ad alta velocità attraverso le connessioni “a banda larga” appare fondamentale per lo sviluppo della società dell’informazione. La mancanza di accesso alle connessioni a banda larga costituisce un aspetto del problema più generale denominato abitualmente “divario digitale”, che descrive il divario che separa i singoli cittadini, le imprese e i territori in funzione delle possibilità di accesso e di utilizzo delle TIC (tecnologie delle informazioni e delle comunicazioni).

 

Il Programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno, approvato dalla delibera CIPE n. 83/2003, è teso ad individuare soluzioni utili a superare gli ostacoli strutturali che impediscono l’affermarsi delle condizioni di mercato favorevoli per il consumatore di servizi di telecomunicazioni, in particolare attraverso lo sviluppo delle infrastrutture.

La citata delibera CIPE n. 83 si inserisce nel filone degli interventi previsti per finanziare la realizzazione di iniziative dirette a favorire lo sviluppo sociale ed economico delle aree depresse.

Le precedenti delibere CIPE 16/2003 e 17/2003 hanno allocato un importo complessivo di 5.200 milioni di euro per il triennio 2003-2005 destinati al finanziamento degli investimenti pubblici per interventi nelle aree sottoutilizzate e hanno ripartito tale importo, preliminarmente accantonando un importo di 900 milioni di euro la cui attribuzione è stata demandata ad una successiva delibera (delibera n. 83/2003), secondo alcuni parametri, tra cui la particolare attenzione agli investimenti per lo sviluppo nei campi della ricerca, della società dell’informazione (infrastrutture materiali e immateriali), delle reti a carattere interregionale.

La delibera n. 83/2003, nel ripartire l’ accantonamento di 900 milioni di euro disposto dalla precedente delibera 17/2003, ha destinato:

-        150 milioni di euro al Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie, di cui 120 destinati ai servizi a banda larga della società dell’informazione e 30 destinati, sempre nell’ambito della società dell’informazione, alla connettività sociale nel mezzogiorno;

-        150 milioni al Ministero delle comunicazioni per un primo intervento attuativo volto allo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno.

Dei 150 milioni assegnati al Ministero delle comunicazioni, 5,220 milioni sono stati destinati complessivamente agli anni 2003 e 2004, mentre la restante quota di 144,780 milioni è stata assegnata al 2005. Le risorse per tale finalità sono iscritte al cap. 2.2.3.4, cap. 7230 del Ministero delle comunicazioni.

Successivamente, la legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004) ha previsto una rimodulazione, disponendo una riduzione di 134,780 milioni dello stanziamento per il 2005, che viene posticipato per 34,780 milioni al 2006, per 50 milioni al 2007 e per ulteriori 50 milioni al 2008.

La legge finanziaria per il 2006 ha provveduto a definanziare in Tabella E le risorse destinate alla “banda larga” disponendo una riduzione di 13,9 milioni nel 2006 e di 20 milioni sia nel 2007 che nel 2008. Conseguentemente le risorse per la banda larga esposte in Tabelle F della legge n. 266 del 2005 sono risultate pari a 20,9 milioni per il 2006, a 30 milioni per il 2007 e a 30 milioni per il 2008.

L’articolo 7, comma 1, del D.L. 35/2005 ha stabilito che gli interventi per la realizzazione delle infrastrutture per la larga banda possano essere realizzati in tutte le aree sottoutilizzate. Il citato comma 1 dispone altresì che il CIPE definisca annualmente l'entità delle risorse del Fondo aree sottoutilizzate da destinarsi al finanziamento del predetto programma, che sarà attuato dal Ministero delle comunicazioni, per il tramite della società Infrastrutture e telecomunicazioni per l'Italia S.p.A. del gruppo Sviluppo Italia S.p.A., nonché dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie per il tramite della società Innovazione Italia S.p.A.

Infratel Italia S.p.A. - Infrastrutture e Telecomunicazioni per l'Italia - è la società di scopo costituita su iniziativa del Ministero delle Comunicazioni e di Sviluppo Italia con l'obiettivo di favorire lo sviluppo di infrastrutture a larga banda sul territorio nazionale e di ridurre il "digital divide". La società è controllata da Sviluppo Italia ed è operativa da marzo 2004. Le modalità di funzionamento della società sono stabilite dalla convenzione stipulata da Sviluppo Italia con il Ministero delle Comunicazioni.

Innovazione Italia S.p.A. è la società strumentale costituita grazie ad una partnership tra Sviluppo Italia e il Dipartimento per l'Innovazione e le Tecnologie, per dare attuazione ai programmi del Governo relativi allo sviluppo della Società dell'Informazione e al piano di e-government.

La società Innovazione Italia realizza alcuni dei progetti definiti dal:

-        Comitato dei Ministri per la Società dell'Informazione;

-        piano di e-government;

-        CIPE, in materia di società dell'Informazione e banda Larga, anche con l'obiettivo di superare il digital divide nelle aree sottoutilizzate.

-        La società:

-        fornisce sostegno operativo al DIT, Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie, per il coordinamento delle iniziative finanziate, il monitoraggio dei risultati, l’ottimizzazione della comunicazione relativa alla realizzazione dei progetti

-        supporta il CNIPA, Centro Nazionale per l’Informatica nella PA, nella realizzazione di specifiche iniziative in materia di e-government;

-        promuove lo sviluppo di servizi interattivi e multimediali su banda larga, con particolare riferimento al superamento del digital divide nelle aree del Sud Italia

-        realizza specifiche iniziative connesse alle tecnologie ICT.

 

Il comma 300 incrementa di 20 milioni di euro per l’anno 2008 il Fondo per il passaggio al digitale di cui all’articolo 1, commi 927, 928 e 929 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007).

Si ricorda che il Fondo - istituito, presso il Ministero delle comunicazioni, dal comma 927 della legge finanziaria 2007 - è finalizzato a incentivare:

-        la produzione di contenuti di particolare valore in tecnica digitale;

-        il passaggio al digitale terrestre da parte dei concessionari titolari dell'obbligo di copertura del servizio universale;

-        la progettazione, la realizzazione e la messa in onda di servizi interattivi di pubblica utilità diffusi su piattaforma televisiva digitale;

-        la transizione al digitale da parte delle famiglie economicamente o socialmente disagiate;

-        la sensibilizzazione della popolazione alla tecnologia del digitale.

Ai sensi del comma 929, la dotazione del Fondo, per il triennio 2007-2009, è pari a 40 milioni di euro annui. Il comma 928 ha previsto che gli interventi, le modalità di realizzazione dei medesimi, i requisiti e le condizioni per accedervi, la categoria dei destinatari, la durata delle sperimentazioni, nonché le modalità di monitoraggio e di verifica degli interventi stessi, siano stabiliti con decreto del Ministro delle comunicazioni.

 

Va ricordato che la riforma del sistema radiotelevisivo introdotta dalla legge n. 112/2004 (c.d. “legge Gasparri”) ha previsto un’articolata disciplina transitoria per il periodo fino alla definitiva cessazione delle trasmissioni analogiche (c.d. switch off) originariamente fissata dal comma 5 dell’articolo 2-bis del D.L. n. 5/2001 al 31 dicembre 2006. Tale termine è stato successivamente prorogato al 31 dicembre 2008 dall’articolo 19 del D.L. n. 273/2005 e al 31 dicembre 2012 dal decreto-legge 159/2007 in corso di conversione presso la Camera.

L’articolo 19 del D.L. n. 273/2005 ha poi inserito nel citato comma 5 dell’articolo 2-bis una nuova disposizione a norma della quale - al fine della completa conversione del sistema televisivo su frequenze terrestri dalla tecnica analogica alla tecnica digitale - sono individuate aree all digital nelle quali si possa accelerare la completa conversione. Al riguardo, si ricorda che, nell’ottica di un approccio allo switch off su base regionale e allo scopo di affrontare la complessità della transizione prendendo come riferimento territori con caratteristiche di isolamento geografico, in data 16 aprile 2005, sono stati sottoscritti – al fine della definitiva transizione alla televisione digitale terrestre nel territorio delle regioni autonome Valle d'Aosta e Sardegna - protocolli d’intesa dal Ministero delle comunicazioni, dalle predette regioni e dall'Associazione DGTVi (Associazione italiana per lo sviluppo del Digitale Televisivo Terrestre), con cui le parti si sono impegnate a mettere in atto tutte le attività necessarie per rendere possibile già entro il 31 gennaio 2006 la transizione al digitale terrestre nelle aree principali delle due regioni. Nei protocolli venivano individuate due fasi della transizione: la prima, da completare entro il 31 gennaio 2006 nei capoluoghi di provincia, e la seconda relativa all’intero territorio regionale da portare a termine entro il 31 luglio 2006. Lo spegnimento del sistema televisivo analogico previsto per il 31 luglio 2006 nelle Regioni Sardegna e Valle D'Aosta è stato rinviato - a seguito di un nuovo Protocollo di intesa tra il Ministero delle Comunicazioni, le Regioni coinvolte, Sardegna e Valle D'Aosta, e l'Associazione DGTVi - al 1° marzo 2008 per la Sardegna e al 1° ottobre 2008 per la Valle D'Aosta.


 

Articolo 2, commi 301-302
(Modifiche al testo unico della radiotelevisione)

 


301. All’articolo 44 del testo unico della radiotelevisione di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «e deve riguardare opere prodotte per almeno la metà negli ultimi cinque anni» sono soppresse;

b) al comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I criteri per la qualificazione delle opere di espressione originale italiana, ai fini del presente articolo, sono stabiliti con decreto del Ministro delle comunicazioni e del Ministro per i beni e le attività culturali da adottarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente disposizione.»;

c) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Le emittenti televisive, i fornitori di contenuti televisivi e i fornitori di programmi in pay-per-view, indi­pendentemente dalla codifica delle trasmissioni, riservano ogni anno almeno il 10 per cento del tempo di diffusione, in particolare nelle fasce orarie di maggiore ascolto, alle opere europee degli ultimi cinque anni, di cui il 20 per cento opere cinematografiche di espressione originale italiana ovunque prodotte. La concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, su tutte le reti e le piattaforme distributive, indipendentemente dalla codifica delle trasmissioni, riserva alle opere europee degli ultimi cinque anni una quota minima del 20 per cento del tempo di trasmissione, di cui il 10 per cento alle opere cinematografiche di espressione originale italiana ovunque prodotte. Le emittenti televisive, i fornitori di contenuti televisivi e i fornitori di programmi in pay-per-view soggetti alla giurisdizione italiana, indipendentemente dalla codifica delle trasmissioni, riservano una quota non inferiore al 10 per cento dei propri introiti netti annui, così come indicati nel conto economico dell’ultimo bilancio di esercizio disponibile, alla produzione, al finanzia­mento, al pre-acquisto e all’acquisto di opere europee realizzate da produttori indipendenti negli ultimi cinque anni. Tali introiti sono quelli che il soggetto obbligato ricava da pubblicità, da televendite, da sponsorizzazioni, da contratti e convenzioni con soggetti pubblici e privati, da provvidenze pubbliche e da offerte televisive a pagamento di programmi di carattere non sportivo di cui esso ha la responsabilità editoriale, inclusi quelli diffusi o distribuiti attraverso piattaforme diffusive o distributive di soggetti terzi. All’interno di tale quota del 10 per cento dei suddetti introiti destinata alle opere europee, le emittenti e i fornitori di contenuti e di programmi in chiaro destinano almeno il 30 per cento alle opere cinematografiche di espressione originale italiana ovunque prodotte, e le emittenti e i fornitori di contenuti e di programmi a pagamento destinano almeno il 35 per cento alle opere di espressione originale italiana ovunque prodotte appartenenti al genere di prevalente emissione da parte del soggetto obbligato. La concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo destina alle opere europee realizzate da produttori indipendenti negli ultimi cinque anni una quota non inferiore al 15 per cento dei ricavi complessivi annui derivanti dagli abbonamenti relativi all’offerta radiotelevisiva nonché i ricavi pubblicitari connessi alla stessa, al netto degli introiti derivanti da convenzioni con la pubblica amministrazione e dalla vendita di beni e servizi; all’interno di questa quota, nel contratto di servizio è stabilita una riserva non inferiore al 20 per cento da destinare alla produzione, al finanzia­mento, al pre-acquisto o all’acquisto di opere cinematografiche di espressione originale italiana ovunque prodotte e una riserva non inferiore al 5 per cento da destinare a opere di animazione appositamente prodotte per la formazione dell’infanzia. Per i servizi televisivi prestati su richiesta del consumatore, gli operatori di comunicazioni elettroniche su reti fisse e mobili contribuiscono, gradualmente e tenuto conto delle condizioni del mercato, alla promozione e al sostegno finanziario delle opere audiovisive europee, destinando una quota dei ricavi derivanti dal traffico di contenuti audiovisivi offerti al pubblico a pagamento indipendentemente dalla tecnologia di trasmissione, secondo criteri e modalità stabiliti dall’Autorità con apposito regolamento da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Con particolare riferimento ai programmi in pay-per-view a prevalente contenuto cinematografico di prima visione, gli obblighi di cui al presente comma devono essere in ogni caso commisurati all’effettiva disponibilità di opere rilevanti, ai sensi del presente comma, nei sei mesi precedenti la diffusione nell’anno di riferimento e al loro successo nelle sale cinematografiche italiane, secondo criteri e modalità stabiliti dall’Autorità con apposito regolamento da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. In merito all’obbligo di programmazione della sottoquota del 20 per cento di opere cinematografiche di cui al presente comma, è previsto un periodo transitorio di dodici mesi per consentire ai fornitori di contenuti e ai fornitori di programmi in pay-per-view l’adeguamento graduale al suddetto obbligo»;

d) il comma 5 è sostituito dal seguente:

«5. L’Autorità adotta entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione un regolamento che definisce le modalità di comunicazione dell’adempimento degli obblighi di cui al presente articolo nel rispetto dei princìpi di riservatezza previsti dal codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e le sanzioni in caso di inadempienza».

302. All’articolo 51, comma 3, lettera d), del testo unico della radiotelevisione di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, sono apportate le seguenti modifiche:

a) le parole: «da 1.040 euro a 5.200 euro» sono sostituite dalle seguenti: «da 5.165 euro a 51.646 euro»;

b) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, anche nel caso in cui la pubblicità di amministrazioni ed enti pubblici sia gestita, su incarico degli stessi, da agenzie pubblicitarie o centri media».


 

 

I commi 301 e 302 dell’articolo 2 apportano alcune modifiche al testo unico della radiotelevisione (decreto legislativo 31 luglio 2005, n.177) intervenendo, al comma 301, sui commi 1, 2, 3 e 5 dell’articolo 44, recante promozione della distribuzione e della produzione di opere europee, ed introducendo, al comma 302, alcune modifiche all’articolo 51, in materia di sanzioni di competenza dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

 

Nel testo antecedente le modifiche apportate dalla legge finanziaria, l'articolo 44 del testo unico prevedeva che: la percentuale di opere europee che i fornitori di contenuti televisivi e le emittenti televisive sono tenuti a riservare deve essere ripartita tra i diversi generi di opere europee e deve riguardare opere prodotte per almeno la metà negli ultimi cinque anni (comma 1); le quote di riserva riguardano anche le opere rivolte ai minori e che i criteri per l’assegnazione della nazionalità italiana ai prodotti audiovisivi sono stabiliti con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali n. 457/1999 (comma 2); in favore delle opere europee realizzate da produttori indipendenti sia prevista una riserva del 10 per cento (calcolato escludendo il tempo dedicato a notiziari, manifestazioni sportive, giochi televisivi, pubblicità, servizi teletext, talk show o televendite) dei tempi di diffusione delle emittenti private; la riserva è del 20 per cento per la RAI (comma 3)

Il comma 5 disponeva che:

-        le emittenti televisive soggette alla giurisdizione italiana, indipendentemente dalle modalità di trasmissione, riservano una quota dei loro introiti netti annui derivanti da pubblicità alla produzione e all'acquisto di programmi audiovisivi, compresi i film in misura non inferiore al 40 per cento della quota suddetta, e di programmi specificamente rivolti ai minori, di produzioni europee, ivi comprese quelle realizzate da produttori indipendenti; tale quota non può comunque essere inferiore al 10 per cento degli introiti stessi;

-        la concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, a partire dal contratto di servizio per il triennio 2006-2008, destina una quota non inferiore al 15 per cento dei ricavi complessivi annui alla produzione di opere europee, ivi comprese quelle realizzate da produttori indipendenti; all'interno di queste quote, nel contratto di servizio dovrà essere stabilita una riserva di produzione, o acquisto, da produttori indipendenti italiani o europei, di cartone animato appositamente prodotto per la formazione dell'infanzia.

L’articolo 51, comma 3, lett.d), nel testo antecedente la riforma, disponeva che, in caso di violazione delle disposizioni in materia di pubblicità di amministrazioni ed enti pubblici, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni delibera l’irrogazione della sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 1.040 euro a 5.200 euro.

 

La principale novità introdotta con i commi in esame consiste nell’introdurre alcune sottoquote per le opere cinematografiche di espressione originale italiana.

In particolare:

§      al comma 1 dell’articolo 44 è stata soppressa la specifica che la riserva di opere europee deve riguardare opere prodotte per almeno la metà negli ultimi cinque anni;

§      al comma 2 del medesimo articolo è stato aggiunto che i criteri per la qualificazione delle opere di espressione originale italiana sono stabiliti con decreto del Ministro delle comunicazioni e del Ministro per i beni culturali, da adottarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge in esame

§      è stato sostituito il comma 3, prevedendo:

-       in materia di programmazione, che le emittenti televisive, i fornitori di contenuti televisivi ed i fornitori di programmi in pay-per-view (queste due ultime categorie non erano contemplate nel testo previgente dell’articolo 44) devono riservare il 20 per cento della quota (pari al 10 per cento) destinata alla diffusione di opere europee realizzate da produttori europei, alla visione di opere cinematografiche di espressione originale italiana (nel caso delle emittente pubblica l’obbligo riguarda il 10 per cento della quota destinata ai film europei, pari 20 per cento della programmazione).

-       in materia di finanziamento ed acquisizione di opere cinematografiche, le emittenti televisive, i fornitori di contenuti televisivi ed i fornitori di programmi in pay-per-view (anche in questo caso queste due ultime categorie non erano contemplate nel testo previgente dell’articolo 44) sono tenuti a destinare a favore delle opere cinematografiche di espressione originale italiana il 30 per cento della quota (pari al 10 per cento) degli introiti che già la legislazione vigente chiede che siano vincolati all’acquisto delle opere europee prodotte negli ultimi cinque anni (nel caso di programmi a pagamento la quota è del 35%). La concessionaria del servizio pubblico televisivo è chiamata a riservare al finanziamento e all’acquisto di opere di origine italiana, il 20 per cento della quota (pari al 15 per cento) dei ricavi destinati all’acquisto o al finanziamento delle opere europee prodotte negli ultimi cinque anni, con una riserva non inferiore al 5%, da destinare ad opere di animazione appositamente prodotte per la formazione dell’infanzia. Ulteriore novità consiste nell’aver reso partecipi della promozione delle opere audiovisive europee anche gli operatori di comunicazioni elettroniche su reti fisse e mobili;

-       gli operatori di comunicazioni elettroniche su reti fisse e mobili contribuiscono in maniera graduale alla promozione e al sostegno finanziario delle opere europee. In merito all’obbligo di riservare un 20% della programmazione a tali opere, viene previsto un periodo transitorio di 12 mesi per permettere ai fornitori di contenuti di adeguarsi all’obbligo in esame; in ordine al finanziamento di dette opere, la quota dei ricavi sarà determinata dall’Autorità per le comunicazioni con apposito regolamento da adottarsi entro sei mesi. Con particolare riguardo ai programmi a pagamento con prevalente contenuto cinematografico, il rispetto degli obblighi (anche se non specificato sembra riferirsi alla programmazione) è subordinato all’effettiva disponibilità di opere rilevanti nei sei mesi precedenti la diffusione nell’anno di riferimento e al loro successo nelle sale cinematografiche, secondo criteri e  modalità stabilite con regolamento dell’Autorità da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge in commento.

Infine, il comma 5 dell’articolo 44 del testo unico è stato sostituito con una nuova disposizione, secondo la quale l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni adotta, entro tre mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, un regolamento nel quale sono definite le modalità di comunicazione dell’adempimento degli obblighi previsti dall’articolo 44 e le sanzioni in caso di inadempienza.

 

Il comma 302 dell’articolo 2 modifica l’articolo 51, comma 3, lett.d) del testo unico, aumentando l’entità delle sanzioni collegate agli eventuali inadempimenti di cui si rendono responsabili le amministrazioni e gli enti pubblici anche economici nel momento in cui destinano alcune somme, per fini di comunicazione istituzionale, all’acquisto di spazi sui mezzi di comunicazione di massa.

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 41 del testo unico prevede che tali somme devono essere destinate per almeno il 15 per cento a favore dell’emittenza privata televisiva locale e radiofonica locale operante nei territori dei Paesi membri dell’Unione europea e per almeno il 50 per cento a favore dei giornali quotidiani e periodici. Di tali destinazioni sono tenuti a darne comunicazione all’Autorità.

Nel caso di mancato rispetto delle disposizioni in esame, l’Autorità delibera l’irrogazione della sanzione amministrativa connessa al pagamento di una somma che attualmente oscilla da 1.40 a 5.200 euro e che il testo in esame ha sostituito con una somma da 5.165 a 51.646 euro. Tale sanzione si applica, secondo quanto introdotto dal comma in esame, lettera b), anche nel caso in cui la pubblicità di amministrazioni ed enti pubblici sia gestita, su incarico degli stessi, da agenzie pubblicitarie o centri media.

 

Si fa presente, al riguardo, che il decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, è intervenuto nuovamente in materia di promozione della distribuzione e della produzione di opere europee, modificando, all’articolo 39, commi 2-bis, 2-ter, 2-quater, 2-quinquies, alcune disposizioni contenute all’articolo 44, commi 3 e 6, e all’art. 6 del D.Lgs. n. 177/2005.

Più in particolare Il comma 2-bis modifica il comma 6 dell’attuale articolo 44, secondo il quale il rispetto dei vincoli in materia di programmazione devono essere verificati su base annua, disponendo che per l’anno 2008 la verifica annuale è prorogata per un periodo di sei mesi.

Il comma 2-ter modifica l’articolo 6 del D.Lgs. n. 177/2005, il quale dispone che le emittenti e i fornitori di contenuti televisivi debbano favorire lo sviluppo e la diffusione della produzione audiovisiva europea, riservando ad opere europee la maggior parte del loro tempo di trasmissione in ambito nazionale, indipendentemente dalla codifica delle trasmissioni, escluso il tempo destinato a manifestazioni sportive, a giochi televisivi, a notiziari, a manifestazioni sportive, alla pubblicità oppure a servizi di teletext, a dibattiti e a televendite. L’ultimo periodo del comma prevede la possibilità di chiedere all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni deroghe a tali disposizioni. Il comma 2-ter provvede a sostituire tale ultimo periodo dell’articolo 6, prevedendo che, ai fini della verifica annuale di cui all’articolo 44, comma 6, l’Autorità stabilisca con proprio regolamento i criteri per la valutazione delle richieste di deroghe ai vincoli per canali o programmi, riconducibili alla responsabilità editoriale di emittenti televisive, fornitori di contenuti e di programmi pay-per-view, i quali:

-       non abbiano realizzato utili negli ultimi due anni di esercizio;

-       ovvero detengano una quota di mercato inferiore all’1%;

-       ovvero abbiano natura di canali tematici.

Il regolamento dovrà essere emanato, ai sensi del comma 2-quater, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame.

Il comma 2-quinquies, infine, modifica il citato articolo 44, comma 3, del D.Lgs. n. 177/2005, con riferimento al vincolo per le emittenti televisive di destinare una percentuale dei ricavi al finanziamento ed acquisto di opere europee prodotte negli ultimi cinque anni. Il comma 6 sopprime quest’ultima delimitazione, ed estende quindi l’ambito di applicazione della norma anche alle opere prodotte in periodi precedenti.


 

Articolo 2, comma 303
(Sviluppo mercato postale)

 

303. Dopo il comma 5 dell’articolo 4 del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, è aggiunto il seguente:

«5-bis. Nell’ottica di favorire un ulteriore sviluppo del mercato postale, migliorando la qualità dei servizi offerti e preservando il livello occupazionale delle imprese del settore, il fornitore del servizio universale può prorogare gli accordi in essere con operatori privati già titolari di concessione del Ministero delle comunicazioni ai sensi dell’articolo 29, primo comma, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156».

 

 

Il comma 303 reca un’integrazione all’articolo 4 del decreto legislativo n. 261/261 (Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio), con l’aggiunta di un comma 5-bis. L’articolo 4 in oggetto concerne i servizi postali che possono essere riservati al fornitore universale (Poste italiane s.p.a.), specificando che essi comprendono raccolta, trasporto, smistamento e distribuzione di corrispondenza con limite di peso fino a 50 grammi.

Il comma 5-bis introdotto dal comma in esame prevede che, al fine di favorire lo sviluppo del mercato postale migliorando la qualità dei servizi e mantenendo i libelli occupazionali delle imprese operanti nel settore, il fornitore del servizio universale può prorogare gli accordi già conclusi con operatori privati titolari di concessione del Ministero delle comunicazioni, ai sensi dell’articolo 29 del D.P.R. n. 156/1973 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), e, pertanto, secondo il regime vigente prima della liberalizzazione dei servizi di recapito.

Tale articolo prevedeva consentiva al direttore provinciale delle poste la facoltà di dare in concessione a privati i seguenti servizi postali:accettazione e recapito di corrispondenze entro i comuni di provenienza; recapito con mezzi propri da parte di banche, ditte, enti, delle proprie corrispondenze entro i confini dei comuni di residenza;recapito delle corrispondenze ordinarie e raccomandate per espresso;esercizio dei casellari per la distribuzione delle corrispondenze;impianti di comunicazione dirette pneumatiche con uffici postali collegati alla rete di posta pneumatica dello stato;trasporto di colli e pacchi entro il limite di peso di 20 chilogrammi. A norma dell'’articolo 1 del D.M. 5 agosto 1997 tali concessioni postali, in scadenza nell'anno 1997, vennero prorogate al 31 dicembre 1998 e, successivamente, al 31 dicembre 2000, ai sensi dell'articolo 23, comma 3, del D.Lgs. n. 261/1999. Il comma 5 dello stesso articolo 23 prevede inoltre che la società Poste Italiane possa realizzare accordi con gli operatori privati, anche dopo la scadenza delle concessioni di cui all'art. 29 del D.P.R. n. 156/1973, al fine di ottimizzare i servizi, favorendo il miglioramento della qualità dei servizi stessi anche attraverso l'utilizzazione delle professionalità già esistenti.

 

Si ricorda chei servizi postali dei Paesi comunitari sono disciplinati attualmente dalla direttiva 97/67/CE,che ha istituito un quadro regolamentare volto a garantire la fornitura del servizio postale universale in tutta l’Unione europea, anche mediante una maggiore armonizzazione delle norme che disciplinano il settore e la fissazione dei limiti massimi per i servizi postali suscettibili di essere riservati dagli Stati membri ai fornitori del servizio universale. La parziale apertura del mercato dei servizi postali alla concorrenza è stata attuata con il decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, che è intervenuto in attuazione della citata direttiva 97/67/CE. Il decreto legislativo è stato poi modificato da parte del decreto legislativo 23 dicembre 2003, n. 384, intervenuto anch’essoper il recepimento di normativa comunitaria, e in particolare della direttiva 2002/39/CE (che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda l'ulteriore apertura alla concorrenza dei servizi postali), e in attuazione della delega recata dall’articolo 19 della legge 3 febbraio 2003, n. 14 (comunitaria 2002).

Gli aspetti più significativi della disciplina prevista dal D.Lgs. 261/1999 possono essere così individuati:

§         attribuzione al Ministero delle comunicazioni dei compiti di autorità nazionale di regolamentazione;

§         definizione dell’area del servizio universale;

§         affidamento a Poste Italiane S.p.A. della fornitura del servizio universale per un periodo non superiore a quindici anni;

§         individuazione dell’area dei servizi da riservare al fornitore del servizio universale – e quindi in sede di prima attuazione a Poste Italiane S.p.A. – ai fini del mantenimento del servizio universale;

§         definizione di un sistema di separazione contabile per i diversi servizi svolti da parte del fornitore del servizio universale;

§         introduzione degli istituti della licenza individuale e dell’autorizzazione generale ai fini dell’espletamento di servizi postali.

 

I rapporti tra il Ministero delle comunicazioni quale Autorità di regolamentazione e vigilanza postale e Poste Italiane Spa, in veste di concessionaria del servizio postale universale, sono regolati da un contratto di programma.

In proposito, è opportuno segnalare che, nella seduta del 13 novembre scorso, la IX Commissione della Camera ha espresso favorevole con osservazioni sullo schema di contratto di programma 2006-2008. Nell’ambito delle osservazioni formulate, la Commissione invita il Governo a dare completa attuazione alla risoluzione n. 8-00022, relativa ai contratti in essere tra Poste Italiane e le agenzie di recapito postale, approvata dalla IX Commissione nella seduta del 28 novembre 2006, tenendo conto del Memorandum in corso di discussione fra Ministero delle comunicazioni, Poste Italiane, Agenzie di recapito e Organizzazioni sindacali.

In particolare, la risoluzione citata impegna il Governo “a intervenire urgentemente nei confronti di Poste Italiane affinché proroghi i contratti in essere intanto sino al 30 giugno 2007 e promuova un tavolo di concertazione fra le parti interessate, Poste Italiane, imprese e organizzazioni sindacali, per definire le modalità di attuazione della disciplina europea; a indicare un percorso esplicito di definizione della strategia industriale di Poste Italiane, che appare oggi carente, sia nei rapporti con aziende private, sia in rapporto alla liberalizzazione ed alla necessità di realizzare assetti atti a fronteggiare con successo la nuova situazione di mercato; a far inserire a Poste Italiane, tra le clausole dei nuovi contratti, il rigoroso rispetto della circolare del Ministero del lavoro del luglio 2006 in relazione al lavoro precario ed a quello a tempo indeterminato sia per ristabilire regole «giuste» che per evitare fenomeni di concorrenza sleale tra le imprese sulle condizioni normative e retributive delle lavoratrici e dei lavoratori”.


 



[1]    Più precisamente, l’art. 1, co. 1-bis, del D.L. n. 314/2004 richiama l'articolo 1, commi 2 e 3, del D.L. n. 80/2004 (legge n. 140/2004), che prevedeva l’applicazione, nell’esercizio finanziario 2005, delle disposizioni recate per l’anno 2002 dall’articolo 1 del D.L. 22 febbraio 2002, n. 13 (legge n. 75/2002).

[2]     In particolare, l’articolo 141, comma 1, del D.Lgs. n. 267/2000 dispone che i consigli comunali e provinciali siano sciolti:

a)       quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico;

b)      quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per le seguenti cause:

1)       impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del presidente della provincia;

2)       dimissioni del sindaco o del presidente della provincia;

3)       cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia;

4)       riduzione dell’organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio;

c)       quando non sia approvato nei termini il bilancio;

c-bis)nelle ipotesi in cui gli enti territoriali al di sopra dei 1.000 abitanti siano sprovvisti dei relativi strumenti urbanistici generali e non adottino tali strumenti entro 18 mesi dalla data di elezione degli organi. In questo caso, il decreto di scioglimento del consiglio è adottato su proposta del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (lettera aggiunta dal comma 7 dell’articolo 32 del D.L. n. 269/2003, conv. dalla legge n. 326/2003).

[3]    Secondo lo schema generale delineato dal decreto legislativo n. 504/1992, lo Stato concorre al finanziamento dei bilanci diprovince e comuni con l'assegnazione dei seguenti fondi:

-          “Fondo ordinario”, in cui confluiscono la gran parte delle risorse destinate al finanziamento dei bilanci degli enti locali;

-          “Fondo consolidato”, in cui confluiscono i contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi;

-          “Fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale” (relativo, in particolare, ai problemi perequativi derivanti dall’ICI).

[4]     Più precisamente, il citato articolo 24, nell’ambito della disciplina del Patto di stabilità interno per l’anno 2002, disponeva, al comma 9, una riduzione progressiva dei trasferimenti erariali correnti spettanti a comuni e province nel triennio 2002-2004, nell’ordine dell'1% nel 2002, del 2% nel 2003 e del 3% nel 2004, a valere sul complesso dei Fondi ordinario, perequativo e consolidato.

In base alla relazione tecnica al disegno di legge finanziaria per il 2002, il taglio progressivo dei trasferimenti correnti nei tre anni è stato quantificato in complessivi 339,2 milioni di euro per il 2004, di cui 227 milioni di euro a valere sul Fondo ordinario, 68 sul Fondo consolidato e 44,1 milioni di euro sul Fondo perequativo.

[5]     A tal fine, le risorse che vengono considerate sono quelle costituite dai contributi ordinari (al netto della mobilità del personale, del rimborso per i minori introiti derivanti dall’imposta sulle insegne d’esercizio e del contributo per la fusione dei comuni), consolidati e perequativi attribuiti nel 2003, maggiorati, per i comuni, dal gettito dell’I.C.I. parametrato all’aliquota del 4 per mille (a suo tempo detratto dai trasferimenti) e dei maggiori introiti derivanti dall’addizionale energetica.

[6]    Il comma 703 della legge finanziaria dello scorso anno assegna, per ciascuno degli anni 2007-2009, contributi in favore degli enti locali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti a valere sulle risorse del Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali. In particolare:

-        55 milioni, in favore dei comuni nei quali la popolazione residente ultrasessantacinquenne sia superiore al 30% della popolazione complessiva;

-        71 milioni, in favore dei comuni nei quali la popolazione residente al di sotto dei 5 anni sia superiore al 5% della popolazione complessiva;

-        42 milioni, per finalità di investimento, in favore dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti, tra loro associati o che abbiano delegato funzioni alle comunità montane;

-        contributo di 20 milioni di euro in favore delle comunità montane.

[7]    Per il 2004 dall'art. 2, comma 18, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per il 2005 dall’articolo 1, comma 65, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per il 2006 dall’art. 1, comma 152, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e per il 2007 dell’art. 1, co. 697, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

[8]     La compartecipazione al gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è stata istituita, per i comuni, dall’art. 67, comma 3, della legge n. 388/2000 (finanziaria per il 2001), per il solo anno 2002. La disciplina è stata successivamente modificata dall’art. 25, comma 5, della legge n. 448/2001 (finanziaria per il 2002) ed estesa all’anno 2003, come entrata transitoria per i comuni, in attesa della piena applicazione della disciplina dell’addizionale all’IRPEF, di cui al decreto legislativo n. 360/1998. L’aliquota di compartecipazione, inizialmente fissata al 4,5% del riscosso in conto competenza affluente al bilancio dello Stato per l’esercizio finanziario precedente, è stata aumentata al 6,5% per l’anno 2003 dall’art. 31, comma 8, della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003). La medesima disposizione ha altresì istituito, per lo stesso anno 2003, una compartecipazione al gettito dell’IRPEF anche per le province, nella misura dell’1%, in tutto analoga a quella già attuata per i comuni.

[9]    Decreto legge n. 159 del 1 ottobre 2007, recante Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 222 del 29 novembre 2007.

[10]   Legge n. 557 del 30 dicembre 1993, recante Ulteriori interventi correttivi di finanza pubblica per l'anno 1994.

[11]   Ciò è previsto dal combinato disposto degli articoli 1 e 2 del D.lgs. n. 504 del 1992 , recante “Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421, e degli articoli 27, 36 commi 1 e 2, e 42 del Testo unico delle Imposte sui redditi. (D.P.R. n. 917 del 1986).

[12]    D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale.

[13]    Introdotto dall’art. 1, co. 480, lett. c), della legge finanziaria 2005 (L. 30 dicembre 2004, n. 311).

[14]    Per tali soggetti, ai sensi del medesimo articolo, la tariffa per il servizio delle pubbliche affissioni è ridotta alla metà.

[15]    Regolamento emanato ai sensi dell'articolo 6, comma 3, della L. 23 dicembre 1999, n. 488, recante la disciplina e i criteri di ripartizione del fondo, istituito presso il Ministero dell'interno, per il contenimento delle tariffe applicate dagli enti locali ed alimentato con le risorse finanziarie derivanti dall'assoggettamento ad IVA di prestazioni di servizi non commerciali affidati dagli enti locali a soggetti esterni all'amministrazione.

[16]    D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

[17]   D.L. 29 dicembre 2007, n. 249, Misure urgenti in materia di espulsioni e di allontanamenti per terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicurezza.

[18]   http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/notizie/sicurez­za/0871_2007_12_28_Decreto_sicurezza_.html

[19]   D.L. 1 novembre 2007, n. 181, Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza.

[20]    D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[21]   Recante Misure urgenti per la ricostruzione e la ripresa delle attività produttive nelle zone colpite dalle eccezionali avversità atmosferiche e dagli eventi alluvionali nella prima decade del mese di novembre 1994 e convertito, con modificazioni, dalla legge 16 febbraio 1995, n. 35.

[22]   Recante Ulteriori disposizioni a favore delle zone alluvionate nel novembre 1994 e convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n. 438.

[23]    Le disposizioni in esame recepiscono alcuni principi contenuti nello schema di disegno di legge sul contenimento dei costi della politica e degli apparati amministrativi approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri il 13 luglio 2007 (art. 13).

[24]    D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

[25]   Corte costituzionale, sentenza n. 229 del 2001.

[26]   Corte costituzionale, sentenza n. 244 del 2005.

[27]    Dati al 31 dicembre 2006, fonte UNCEM (www.uncem.it). La regione Umbria ha provveduto nel 2007 alla riforma dell’assetto delle comunità montane che saranno ridotte da 9 a 5 (L.R. 23 luglio 2007, n. 24). Nella regione Sardegna è in corso una rifondazione delle 24 comunità montane che attualmente sono in fase di commissariamento in attesa della istituzione di nuove comunità montane in base ai criteri fissati con la legge regionale 12/2005.

[28]    D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[29]    Ministero dell'Interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, Testo redatto per la relazione generale sulla situazione economica del Paese - Anno 2006, Roma, marzo 2007 (http://finanzalocale.interno.it/docum/studi/isae2006/relazione2006.html).

[30]    L. 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).

[31]    Presidenza del Consiglio dei ministri, XIII relazione sullo stato della montagna italiana. Anno 2007, presentata alle Camere il 18 gennaio 2008 (doc. XCV, n. 2)

[32]   L. cost. 18 ottobre 2001, n. 3, Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione.

[33]    Anche il principio del voto limitato è contemplato dal testo unico (art. 27, co. 2). In proposito, si segnala la circolare del Ministero dell’interno-Direzione centrale per le autonomie dell’8 maggio 2003, avente per oggetto l’ordinamento delle comunità montane, che precisa quanto segue: “Per voto limitato deve intendersi il meccanismo in base al quale ciascun consigliere-elettore vota indicando un numero di preferenze inferiore rispetto a quello dei rappresentanti da eleggere in seno alla comunità montana.

Considerato che alcune leggi regionali prevedono procedimenti di votazione separata tra forze di maggioranza e quelle di minoranza, si è di frequente prospettata la problematica circa la compatibilità del sistema del ‘voto limitato’ con i predetti procedimenti di votazione separata.

Su tale questione il Consiglio di Stato ha formulato l’avviso che i sistemi di votazione separata, previsti da alcune leggi regionali, sono compatibili con la normativa del T.U.E.L. n. 267 e, pertanto, applicabili, in quanto idonei a realizzare la finalità perseguita dalla norma, che è quella di garantire la partecipazione dei rappresentanti della minoranza nel Consiglio Comunitario. Al riguardo, va peraltro rilevato che la Quinta Sezione del Consiglio di Stato (v. sentenza n. 2586 del 13 maggio 2002) aveva affermato, in sede giurisdizionale, il diverso orientamento per il quale il sistema del voto separato, là dove previsto dalla legislazione regionale, dovesse considerarsi incompatibile con la normativa statale sopravvenuta”.

[34]    L.R. 6 marzo 1986, n. 9, Istituzione della Provincia regionale (art. 45).

[35]    La Corte ha già avuto occasione di affermare, con specifico riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera p), Cost., che la competenza primaria attribuita alle Regioni a statuto differenziato in materia di ordinamento degli enti locali «non è intaccata dalla riforma del titolo V, parte seconda della Costituzione, ma sopravvive, quanto meno, nello stesso ambito e negli stessi limiti definiti dagli statuti» (sentenze n. 238/2007, n. 48/2003).

[36]    D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (nel prosieguo: TUEL).

[37]   A.C. 1942 e abbinati, in corso di esame in sede referente presso la Commissione affari costituzionali.

[38]    In questo senso anche l’art. 1, comma 2, del TUEL.

[39]   Il consiglio comunale è composto dal sindaco e:

-        da 60 membri nei comuni con popolazione superiore ad un milione di abitanti;

-        da 50 membri nei comuni con più di 500.000 abitanti;

-        da 46 membri nei comuni con più di 250.000 abitanti;

-        da 40 membri nei comuni con più di 100.000 abitanti o che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluoghi di provincia;

-        da 30 membri nei comuni con più di 30.000 abitanti;

-        da 20 membri nei comuni con più di 10.000 abitanti;

-        da 16 membri nei comuni con più di 3.000 abitanti;

-        da 12 membri negli altri comuni.

[40]   Il consiglio provinciale è composto dal presidente della provincia e:

-          da 45 membri nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti;

-          da 36 membri nelle province con popolazione residente superiore a 700.000 abitanti;

-          da 30 membri nelle province con popolazione residente superiore a 300.000 abitanti;

-          da 24 membri nelle altre province.

[41]    Non sono state considerate né le province né i comuni appartenenti alle regioni a statuto speciale. Per il numero dei comuni e la loro ripartizione in classi demografiche si è fatto riferimento ai dati del censimento 2001. Per quanto riguarda le province, sono state considerate quelle costituite al 31 dicembre 2006.

[42]   Il riferimento ai “consiglieri” contenuto nella lettera b) del comma 24 dell’art. 2 sembrerebbe escludere gli assessori delle comunità montane e gli assessori o componenti del consiglio di amministrazione delle unioni di comuni.

[43]   Il vigente regolamento è stato approvato con D.M. 4 aprile 2000, n. 119. Il co. 10 dell’art. 82 prevede l’adeguamento degli importi ogni tre anni. Non essendo stato emanato un nuovo D.M., attualmente continua ad applicarsi il D.M. 119/2000 con le relative tabelle.

[44]    Prima della modifica introdotta dalla L. 244/2007, l’indennità era fissata in misura pari al 100 %.

[45]   Il Ministero dell’interno, con la circolare 5 giugno 2000 n. 5/2000, Misura delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza per gli amministratori locali, ha precisato che, qualora gli organi intendano aumentare o diminuire gli importi delle indennità e dei gettoni di presenza stabiliti dal D.M., attese le implicazioni d’ordine politico e gestionale-contabile della scelta, spetta necessariamente alla giunta ed al consiglio deliberare dette variazioni nei confronti, ciascuno, dei propri componenti. Va, altresì, tenuto conto che competenti a deliberare in ordine alle indennità di funzione spettanti ai presidenti dei consigli comunali e provinciali sono i rispettivi consigli, in quanto rileva l’appartenenza all’organo.

[46]   Vale a dire: i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento.

[47]    D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria, conv. con mod. in L. 28 febbraio 2008, n. 31.

[48]   Del titolo II della parte I.

[49]   Nel testo approvato in prima lettura dalla Commissione affari costituzionali del Senato, l’obbligo di aderire ad un’unica forma associativa era previsto anche per quanto riguarda le convenzioni. Con un emendamento approvato dall’Assemblea, tale obbligo è stato soppresso, lasciando libera per i Comuni la possibilità di stipulare convenzioni con altri Comuni. La previsione soppressa, come ha osservato il relatore, sarebbe stata suscettibile di far aumentare le spese.

[50]   Si ricorda inoltre che l’art. 1, comma 2, del TUEL stabilisce che le disposizioni del TUEL si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano soltanto in quanto compatibili con i rispettivi statuti.

[51]   Pubblicato nella Gazzetta ufficiale 7 aprile 2003, n. 87, S.O. n. 54.

[52]    I dati del censimento 2001 sono pubblicati nel D.P.C.M. 2 aprile 2003, Popolazione legale della Repubblica in base al censimento del 21 ottobre 2001.

[53]   Per mantenere la concisione della scheda, si è ritenuto opportuno non riportare l’elenco di tali comuni, che è comunque disponibile presso il Servizio Studi.

[54]   L’indagine è stata svolta sia verificando i siti web degli enti locali interessati, sia contattando direttamente gli stessi.

[55]   La L. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, è entrata in vigore il 1° marzo 2008, giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, secondo quanto stabilito dall’art. 1, co. 2, della stessa legge 31/2008.

[56]    L’art. 6 del TUEL prevede che gli statuti comunali e provinciali stabiliscono, tra l’altro, le forme di partecipazione popolare e di decentramento. Ai sensi dell’art. 8 del TUEL i comuni valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all’amministrazione locale, anche su base di quartiere o di frazione.

[57]   D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223, Approvazione del testo unico delle leggi per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali.

[58]   Si veda in tal senso, la circolare n. 1 dell’8 gennaio 2008 della Direzione Centrale dei Servizi Elettorali del Ministero dell'interno.

[59]   L. 8 marzo 1989, n. 95, Norme per l'istituzione dell'albo e per il sorteggio delle persone idonee all'ufficio di scrutatore di seggio elettorale e modifica all'articolo 53 del testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570.

[60]   L. 24 novembre 2000, n. 340, Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1999.

[61]   La Commissione elettorale circondariale:

-        esamina le operazioni compiute dalla Commissione elettorale comunale e decide sui ricorsi presentati contro di esse;

-        cancella dagli elenchi formati dalla Commissione comunale i cittadini indebitamente proposti per la iscrizione o per la cancellazione, anche quando non vi sia reclamo;

-        decide sulle domande d’iscrizione o di cancellazione che possono esserle pervenute direttamente.

[62]   L. 4 aprile 1985, n. 117, Norme per l’adeguamento degli onorari dei componenti gli uffici elettorali di sezione.

[63]    Cfr. Camera dei deputati, allegato A ai resoconti della seduta dell’Assemblea del 13 dicembre 2007.

[64]    D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[65]    Sentenze Corte costituzionale 390/2004, 417/2005, 449/2005, 169/2007 (coordinamento finanza pubblica)

[66]   D.L. 31-12-2007, n. 248 “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria”.

[67]   Si segnala al riguardo che l’ordine del giorno 9/3256/300, accolto dal Governo durante l’esame in Assemblea alla Camera del d.d.l. finanziaria (seduta del 15 dicembre 2007), impegna il Governo “a intervenire con il primo provvedimento normativo utile sull'articolo 2, comma 36, del provvedimento in esame prevedendo il riordino della disciplina dei consorzi di bonifica con un accordo tra Stato e Regioni in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e che tale riordino sia finalizzato ad una razionalizzazione del sistema consortile sul territorio con riduzione dei costi di funzionamento e contenimento dei contributi alle proprietà consorziate nei limiti dei costi sostenuti per le attività dei consorzi stessi”.

[68]  Si ricorda che lo schema di decreto legislativo correttivo al codice ambientale, su cui la Commissione ambiente ha espresso il parere di propria competenza nella seduta del 24 ottobre, prevede – attraverso due novelle all’art. 147 relativo all’organizzazione territoriale del servizio idrico integrato e all’art. 150 sulla scelta della forma di gestione e procedure di affidamento – l’unitarietà, anziché l’unicità, della gestione del servizio idrico integrato.

[69]    Il già richiamato schema di decreto legislativo correttivo richiede la condizione che i comuni gestiscano l’intero servizio idrico integrato, nonché il consenso dell’Autorità d’ambito competente.

[70]    Relativamente a quest’ultimo aspetto, con specifico riferimento alle tariffe del servizio idrico, non mancano considerazioni di segno opposto in merito alla necessità di elevare le tariffe sia per evitare gli sprechi che per consentire agli enti gestori adeguati investimenti sulle reti. Si richiama in proposito la posizione di Federutility (http://www.confservizicampania.it/­stampa_zoom.php?id=167) circa il fatto che “in Italia si registrano i consumi d'acqua pro-capite più elevati che nel resto d'Europa, accompagnati anche dalle tariffe più basse pagate dagli utenti per l'intero ciclo integrato (acqua potabile, fognature, depurazione)”. Da uno studio di Federutility “emergono infatti dati interessanti che rivelano le abitudini dei cittadini nel loro rapporto con le risorse idriche. A Berlino, dove l'acqua costa 4,30 euro ogni mille litri, i cittadini hanno un consumo pro-capite al giorno di 117 litri, mentre a Roma o a Torino (dove la tariffa varia tra i 0,78 ed i 0,81 euro al metro cubo) si superano tranquillamente i 220 litri per persona al giorno. A livello internazionale, anche extraeuropeo, sono poche le metropoli in cui il prezzo dell'acqua è al di sotto della media nazionale italiana. Solo Buenos Aires (0,17 euro/mc); Sao Paulo (0,68), Atene, Hong Kong , Miami e poche altre grandi città, registrano tariffe del servizio idrico integrato (acqua potabile, fognatura, depurazione) comparabili con quelle italiane”. In una nota diffusa sul web (http://www.enel.it/attivita/novita_eventi/energy_views/faq/index_10.asp) e basata su dati Eurostat, l’Enel evidenzia che “i consumi domestici medi per abitante sono in Italia assai più elevati che non in altri Paesi europei con tenore di vita più alto e ciò anche perché le tariffe non incentivano un consumo più attento: sono tra le più basse di tutti i Paesi occidentali. Il prezzo medio dell’acqua potabile è in Italia meno della metà di quello inglese, un terzo di quello svedese e circa un quinto di quello tedesco. Contrariamente a quanto avviene negli altri Paesi, il ridotto valore monetario del bene è altresì causa di usi impropri (ad esempio innaffiamento dei giardini o pulizia delle autovetture con acqua potabile) e di limitato interesse alla manutenzione degli impianti interni e al controllo delle perdite”.

      Sul punto, si richiama, infine, l’articolo 154 del codice ambientale che, al comma 6, prevede che “nella modulazione della tariffa sono assicurate, anche mediante compensazioni per altri tipi di consumi, agevolazioni per quelli domestici essenziali, nonché per i consumi di determinate categorie, secondo prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie, per gli impianti ricettivi stagionali, nonché per le aziende artigianali, commerciali e industriali”. Insomma, se proprio vogliamo abbassare le tariffe facciamolo solo per certe categorie.

[71]   D.P.R. n. 398/2003, recante Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico. (Testo A).

[72]   In particolare, il sopra citato comma 8 prevede che qualora alla chiusura giornaliera della contabilità della Banca d'Italia dovesse risultare un saldo a debito del Ministero, la Banca lo scrittura in un conto provvisorio, regolato al tasso ufficiale di sconto, ne dà immediata comunicazione al Ministro e non effettua ulteriori pagamenti per il servizio di tesoreria fino a quando il debito non risulti estinto.

[73]   Il comma 6 dell’articolo 5 vieta sul Conto disponibilità sequestri, pignoramenti, opposizioni o altre misure cautelari. Non sono altresì ammessi sequestri, pignoramenti, opposizioni o altre misure cautelari notificati alla Banca d'Italia ed ai partecipanti al collocamento dei titoli di Stato risultati assegnatari in sede d'asta e volti a colpire il ricavato del collocamento di tali titoli non ancora affluito al predetto conto. Gli atti compiuti in violazione della presente norma sono nulli e la nullità deve essere rilevata d'ufficio dal giudice. Tali atti non comportano pertanto alcun onere di accantonamento sulle giacenze del conto e sulle somme provenienti dal predetto collocamento.

[74]   D. L. n. 248 del 31 dicembre 2007, recante “Proroga termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria”, in corso di esame parlamentare.

[75] -Il Ministro può altresì, con proprio decreto, procedere ad una diminuzione dell'anzidetto importo in relazione ad una realizzata riduzione degli sfasamenti inframensili tra i flussi di incasso e di pagamento della Tesoreria statale.

[76]    Pubblicato in Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 238.

[77]   Il D.L. 18 maggio 2006 n. 181, convertito con modificazioni nella legge 114/06, ha recato “Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri”. Il comma 2 dell’articolo 1 ha, tra l’altro, trasferito alla Presidenza del Consiglio, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, la segreteria del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), già istituita presso il Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione del Ministero dell’economia e delle finanze.

Il trasferimento delle strutture è stato disposto con il DPCM 31 gennaio 2007 che ha incluso tra le spese afferenti le funzioni del trasferito Servizio centrale di segreteria del CIPE anche quelle relative al Fondo nazionale per la montagna.

[78]   Natura 2000 è il nome che il Consiglio dei Ministri dell'Unione Europea ha assegnato ad un sistema coordinato e coerente (una "rete") di aree destinate alla conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell'Unione stessa, ed in particolare alla tutela di una serie di habitat e specie animali e vegetali indicati negli allegati I e II della Direttiva "Habitat", nonché delle specie di cui all'allegato I della Direttiva "Uccelli" e delle altre specie migratrici che tornano regolarmente in Italia. La Rete Natura 2000, ai sensi della Direttiva "Habitat" (art. 3), è costituita dalle Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e dalle Zone di Protezione Speciale (ZPS). Attualmente la "rete" è composta da due tipi di aree: le Zone di Protezione Speciale, previste dalla Direttiva "Uccelli", e i Siti di Importanza Comunitaria proposti (pSIC); tali zone possono avere tra loro diverse relazioni spaziali, dalla totale sovrapposizione alla completa separazione.(cfr.http://www2.minambiente.it/sito/settori_azione/scn/rete_natura2000/rete_natura2000.asp.).

[79]   D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, recante misure di definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

[80]    Va rammentato che l’IMONT è a sua volta l’erede dell’Istituto per la ricerca scientifica e tecnologica sulla montagna (INRM) che è stato istituito dall’articolo 5, comma 4, della legge 7 agosto 1997, n. 266, con il compito di coordinare e promuovere l'attività di studio e di ricerca nel settore, in collaborazione con regioni, enti locali, istituti e centri interessati europei e internazionali. Per l’organizzazione e il funzionamento dell’Istituto la norma rinviava ad un decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica (D.M. 17 febbraio 1999, n. 72). Il D.Lgs. 204/1998 ha disposto che l’Istituto fosse finanziato nell’ambito del fondo ordinario degli enti del Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica (articolo 7 comma 1).

      Successivamente l’articolo 6-bis, del D.L. n. 236/2002 ha disposto che l’Istituto nazionale per la ricerca scientifica e tecnologica sulla montagna venisse riordinato e trasformato nell’Istituto nazionale per la montagna IMONT, con assegnazione della funzione di vigilanza sull’ente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. La trasformazione e la definizione del regolamento del nuovo INMONT è stata approvata con la deliberazione n. 146, del 17 marzo 2004, che ha confermato all’ente una collocazione nell’ambito degli enti di ricerca.

[81]   Gli accordi in oggetto sono stati stipulati - oltre che delle quattro regioni menzionate nel comma 1 del presente articolo (Lazio, Campania, Molise e Sicilia), anche dalle regioni Liguria ed Abruzzo. Tali regioni, che hanno presentato disavanzi strutturali, hanno concluso i suddetti accordi, comprensivi dei piani di rientro dal deficit sanitario, nelle seguenti date: le regioni Lazio e Liguria, il 28 febbraio 2007, la regione Abruzzo il 6 marzo 2007, la regione Campania il 13 marzo 2007, la regione Molise il 27 marzo 2007 e la regione Sicilia il 31 luglio 2007.

[82]   Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005).

[83]   Si ricorda che il procedimento di verifica e monitoraggio dei singoli Piani di rientro viene effettuato dal Tavolo di verifica degli adempimenti e dal Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, di cui rispettivamente agli articoli 12 e 9 dell’Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, con le modalità previste dagli accordi sottoscritti ai sensi del citato articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

[84]   Tale disposizione è stata così modificata dall’articolo 1, comma 796, lettera a), della legge n. 296 del 2006.

[85]   Disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario, nonché in materia di quota fissa sulla ricetta per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale. Il citato decreto-legge è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2007, n. 64.

[86]   Cfr. l'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347 (Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405.

[87]   Le somme concernenti il citato ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario sono state ripartite con il decreto ministeriale 4 maggio 2007. Il suddetto importo di 3.000 milioni di euro è stato così ripartito: regione Abruzzo 144 milioni di euro; regione Campania 363 milioni di euro; regione Lazio 2.079 milioni di euro; regione Molise 202 milioni di euro; regione Sicilia 212 milioni di euro.

[88]   Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale.

[89]   Tale obbligo è previsto dal citato articolo 1, comma 796, lettera b), sesto periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007)

[90]   Si ricorda che l’articolo 1, comma 796, lettera a), della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) ha stabilito che il livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, cui concorre ordinariamente lo Stato, è pari a 99.082 milioni di euro per l'anno 2008. Al riguardo, cfr. anche gli articoli 87 e 149, comma 7, del disegno di legge finanziaria per il 2008.

[91]    Cfr. articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

[92]   Il D.Lgs. 56/2000 avrebbe dovuto comportare la trasformazione dell’intero sistema di finanziamento delle regioni a statuto ordinario e concludersi nel 2013 con il superamento del criterio della “spesa storica” la stabilizzazione della perequazione delle capacità fiscali, il riconoscimento a ciascuna regione di parte del gettito derivante dai grandi tributi ai quali compartecipavano. L’emanazione del DPCM 14 maggio 2004, «Determinazione delle quote previste dall’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56 – Anno 2002» ha reso numericamente evidenti gli effetti che sarebbero derivati dal progressivo abbandono del criterio della spesa storica nella ripartizione del fondo perequativo introdotto con il “federalismo fiscale”. Con il crescere della quota ripartita in base ai cosiddetti ‘parametri obiettivi’ stabiliti dall’allegato «A» le regioni con bassa capacità fiscale, più massicciamente dipendenti dall’ammontare della ‘perequazione’, avrebbero progressivamente perso parte dei trasferimenti che erano loro assicurati dalla invarianza della copertura della spesa storica: poco più che 98 milioni di euro nell’anno 2002, con la prima applicazione e la quota limitata al 5%; già 152 milioni di euro nell’anno successivo, quando la quota da ripartire secondo i parametri obiettivi sarebbe salita al 10%. A partire dal 2004 e sino al 2013 quella quota sarebbe aumentata del 9% annuo (19%, 28%, 37%, rispettivamente negli anni 2004, 2005 e 2006) raggiungendo nell’anno 2013 la quota massima del 100%. Nel 2013 la ‘spesa storica’ sarebbe divenuta una voce ‘per memoria’ ed il finanziamento del fabbisogno sanitario di ciascuna regione sarebbe stato assicurato integralmente secondo i ‘parametri obiettivi’. In questi la correzione della capacità fiscale effettuata fino al 90% (tramite il parametro «ß», o «coefficiente di solidarietà») avrebbe garantito la quasi totale perequazione delle basi imponibili lasciando soltanto il 10% dello sforzo fiscale di ciascuna regione come riconoscimento ad ognuna dell’apporto di quel territorio alla solidarietà generale. Questa prospettiva non si è realizzata: i numeri del decreto hanno fatto emergere la contraddizione fra la generale accettazione dei principi che avevano ispirato il decreto legislativo n. 56/2000 e la contestazione della loro concreta realizzazione nell’articolo 7.

[93]   Il DPCM non risulta ancora pubblicato, l’Intesa raggiunta in sede di Conferenza Stato-Regioni il 18/10/2007, “Intesa sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri concernente la determinazione delle quote previste dall’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56 per l’anno 2005” - Repertorio Atti n. 207/CSR, è disponibile nel sito http://www.palazzochigi.it/Conferenze/c%5Fstato%5Fregioni/atti/.

[94]   Intesa sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri concernente la determinazione delle quote previste dall’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56 per l’anno 2006. - Repertorio Atti n. 237/CSR del 15/11/2007, disponibile nel sito http://www.palazzochigi.it/Conferenze/c%5Fstato%5Fregioni/atti/.

[95]   L. 23 agosto 1988 n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[96]   Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri.

[97]   La legge finanziaria per il 2007 all’art. 1, comma 1317, ha autorizzato l’incremento del contingente in questione per non più di 65 unità, per consentire l’adempimento di obblighi assunti in sede europea in ordine al contrasto della criminalità organizzata e dell’immigrazione illegale, nel quadro della gestione della componente nazionale del “sistema informazione visti".

[98]   La rubrica dell’articolo è stata così modificata in conseguenza dell’emendamento – per il quale v. infra – che ha introdotto il comma 2-bis.

[99]   Scheda tratta dal sito Internet del Ministero degli Affari esteri.

[100]Si tratta del Regolamento recante norme per l’individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, nonché delle relative funzioni dell’Amministrazione centrale del Ministero degli affari esteri.

[101]Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile.

[102]Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile.

[103]La base giuridica della decisione 2007/436/CE, Euratom, è rappresentata dall’art. 173 del Trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica e dall’art. 269 del Trattato che istituisce la Comunità europea. In base all’art. 269 del Trattato “il bilancio dell’Unione europea, fatte salve le entrate, è finanziato integralmente tramite risorse proprie”.

[104]Ossia quelli della tariffa doganale comune e gli altri diritti fissati dalle Comunità sugli scambi con i paesi non membri

[105]Cioè tutti i prelievi, supplementi, importi supplementari o compensatori, importi o elementi addizionali e altri diritti fissati dalle istituzioni comunitarie sugli scambi con i paesi non membri, nel quadro della politica agricola comune, nonché i contributi e altri diritti previsti nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero

[106]Ottenuti mediante applicazione di un tasso inizialmente pari all’1%; secondo quanto stabilito nel corso del Consiglio europeo di Berlino (24-25 marzo 1999) il suddetto tasso è passato allo 0,75% nel 2002 e allo 0,50% nel 2004

[107]Per l’adozione delle disposizioni relative alle risorse proprie, l’articolo 269, paragrafo 1, del Trattato CE prevede una procedura particolare, che sfocia in una raccomandazione agli Stati membri ad adottare le disposizioni secondo le rispettive procedure costituzionali.

[108]Alla decisione 2000/597/CE, Euratom sulle risorse proprie della Comunità, è stata data attuazione mediante la legge 448/2001 (legge finanziaria per il 2002).

[109]Il Consiglio di Fontainebleau ha deciso nel giugno 1984 di introdurre la compensazione britannica, attraverso la quale il Regno Unito riceve una compensazione pari allo 0,66 per cento del suo saldo netto.

[110]Fonte: sito Internet del Ministero degli Affari esteri.

[111]Con successivo Decreto 8 agosto 2007 del Ministro degli Affari esteri, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e con il Ministro del Commercio internazionale, è stato nominato Commissario generale del Governo per l'Esposizione Universale di Shanghai 2010 il prof. Beniamino Quintieri, ordinario di economia politica presso l'università degli studi di Roma Tor Vergata.

[112]  In effetti, con successivo Decreto 31 agosto 2007 del Ministro degli Affari esteri il Ministro plenipotenziario Maria Assunta Accili Sabbatini è stata nominata Segretario generale del Commissariato generale per l'esposizione universale di Shanghai 2010.

[113]Si ricorda, in proposito che l’atto del governo n. 180, su cui la I Commissione della Camera ha espresso il parere in data 8 novembre 2007, recante schema di regolamento di riorganizzazione del Ministero degli Affari esteri, contiene all’art. 12 una disposizione finalizzata all’avvio della ristrutturazione della rete delle rappresentanze diplomatiche, consolari e degli istituti di cultura, in attuazione della lettera g) del comma 404 della legge finanziaria 2007, attraverso alcuni accorpamenti.

[114]Norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero.

[115]Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado.

[116]Misure per l'internazionalizzazione delle imprese, nonché delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel medesimo settore”.

[117]  Norme per l’istituzione del servizio militare professionale.

[118]  Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore.

[119]  Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[120]  Speciali elargizioni a favore di categorie di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche.

[121]  Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

[122]  Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

[123]  Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice.

[124]  Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005.

[125]  Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra.

[126]  Riorganizzazione dell'area centrale del Ministero della difesa, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della L. 28 dicembre 1995, n. 549.

[127]  D.P.R. 19 settembre 1997, n. 318, Regolamento per l'attuazione di direttive comunitarie nel settore delle telecomunicazioni.

[128]  D.M. 26 aprile 2001, Approvazione del listino relativo alle prestazioni obbligatorie per gli organismi di telecomunicazioni.

[129]  D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, Codice delle comunicazioni elettroniche.

[130]  Decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni.

[131]Entrambe depositate il 22 ottobre 2007 e il cui testo può essere consultato sul sito della Corte agli indirizzi internet seguenti:

-        www.cortecostituzionale.it/ita/attivitacorte/rassegnastampaquestionidecise/schedaDec.asp?annopubblicazione=2007&Comando=LET&NoDec=349&AnnoDec=2007&TrmD=&TrmM;

-        www.cortecostituzionale.it/ita/attivitacorte/rassegnastampaquestionidecise/schedaDec.asp?annopubblicazione=2007&Comando=LET&NoDec=348&AnnoDec=2007&TrmD=&TrmM.

[132]Si veda, fra tutte, la sentenza n. 283 del 1993 (www.giurcost.org/decisioni/1993/0283s-93.html.

[133]L’articolo 37, al comma 1, prevedeva la determinazione dell’indennità di espropriazione di un'area edificabile “nella misura pari all'importo, diviso per due e ridotto nella misura del quaranta per cento, pari alla somma del valore venale del bene e del reddito dominicale netto, rivalutato ai sensi degli articoli 24 e seguenti del decreto legislativo 22 dicembre 1986, n. 917, e moltiplicato per dieci”. Il successivo comma 2 escludeva la riduzione di cui al comma 1 nel caso di conclusione dell'accordo di cessione o di mancata conclusione del medesimo per fatto non imputabile all'espropriato o perché a questi sia stata offerta un’indennità provvisoria che, attualizzata, risulti inferiore agli otto decimi di quella determinata in via definitiva.

[134]Convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359.

[135]Tale disposizione - introdotta dall'art. 3, comma 65, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) - stabiliva che in caso di occupazione illegittima di suoli per causa di pubblica utilità, intervenute anteriormente al 30 settembre 1996, si applicassero, per la liquidazione del danno, i criteri di determinazione dell'indennità di cui al comma 1 (quella, cioè, prevista per l'espropriazione dei suoli edificatori: ovvero la semisomma tra valore di mercato e reddito catastale rivalutato, decurtata del 40 per cento), con esclusione di tale riduzione e con la precisazione che «in tal caso l'importo del risarcimento è altresì aumentato del 10 per cento».

[136]Tale articolo così recita: “Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale. Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di mettere in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei beni in modo conforme all'interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende”.

[137]Fra le tante, si veda in particolare la sentenza 29 marzo 2006, causa Scordino-Italia, consultabile all’indirizzo www.dirittiuomo.it/Corte%20Europea/Italia/2006/ScordinoItaliano­TradUltima.pdf Per un commento della sentenza si veda M. De Stefano, Le pressioni della Corte di Strasburgo sulla Corte Costituzionale italiana, in materia di espropriazione illegittima, all’indirizzo www.dirittiuomo.it/Bibliografia/2007/espropriSCORDINO3fiscodirittiuomo.pdf.

[138]Si veda in particolare M. Comporti, La giusta indennità espropriativa tra giurisprudenza europea e giurisprudenza italiana, in “Rivista giuridica dell’edilizia” n. 2/2007, G. Virga, Le "térmiti" comunitarie ed i "tarli" dei trattati internazionali (www.lexitalia.it/articoli/virgag_tarli.htm) e G. Buffone, Indennità di espropriazione: la Consulta travolge i criteri previsti dal testo unico (www.altalex.com/index.php?idnot=38780).

[139]http://documenti.camera.it/apps/pdfGenerator/getPdf.aspx?idLegislatura=15&sessionId­=842389903.

[140]http://www.edilio.it/news/edilionews.asp?tab=Notizie&cod=14095.

[141]  D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato.

[142]  L. 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[143]  D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni diverse convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio, n. 17, Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative. Disposizioni di delegazione legislativa

[144]  D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[145]  D.Lgs. 13 ottobre 2005, n. 217, Ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a norma dell’articolo 2 della L. 30 settembre 2004, n. 252.

[146]  L. 24 dicembre 1993, n. 537, Interventi correttivi di finanza pubblica.

[147]  D.P.R. 22 marzo 2001, n. 208, Regolamento per il riordino della struttura organizzativa delle articolazioni centrali e periferiche dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, a norma dell'articolo 6 della L. 31 marzo 2000, n. 78.

[148]  D.Lgs. 5 ottobre 2000 n. 297, Norme in materia di riordino dell'Arma dei carabinieri, a norma dell'articolo 1 della L. 31 marzo 2000, n. 78, art. 15.

[149]  D.P.R. 29 gennaio 1999, n. 34, Regolamento recante norme per la determinazione della struttura ordinativa del Corpo della Guardia di finanza, ai sensi dell'articolo 27, commi 3 e 4, della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 5.

[150]L. 1 aprile 1981, n. 121, Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza.

[151]  La tabella in questione, modificata da ultimo dall'art. 4 del D.L. 31 marzo 2005, n. 45 (conv. L. 31 maggio 2005, n. 89), prevede 156 posti di organico nella qualifica di prefetto.

[152]  D.Lgs. 19 maggio 2000 n. 139, Disposizioni in materia di rapporto di impiego del personale della carriera prefettizia, a norma dell'articolo 10 della L. 28 luglio 1999, n. 266.

[153]D.P.R. 24 aprile 1982, n. 335, Ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia.

[154]D.Lgs. 5 ottobre 2000, n. 334, Riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato, a norma dell'articolo 5, comma 1, della L. 31 marzo 2000, n. 78.

[155]  Si tratta della Polizia di Stato, dipendente dal Ministero dell’interno, dell’Arma dei Carabinieri, dipendente dal Ministero della difesa, della Guardia di Finanza, dipendente dal Ministero dell’economia e delle finanze, della Polizia Penitenziaria,dipendente dal Ministero della giustizia, del Corpo forestale dello Stato, dipendente dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

[156]  Legge 1 aprile 1981. n. 121, Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza.

[157] Legge 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato.

[158]  Legge 31 maggio 1965, n. 575, Disposizioni contro la mafia.

[159]L. 7 marzo 1996, n. 109, “Disposizioni in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati. Modifiche alla legge 31 maggio 1965, n. 575, e all'articolo 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223. Abrogazione dell'articolo 4 del decreto-legge 14 giugno 1989, n. 230, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1989, n. 282.

[160]  Legge 3 agosto 2004, n. 206, Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tali matrici.

[161]L’art. 15 della L. 206 specifica che i benefici da essa previsti si applicano agli eventi verificatisi sul territorio nazionale a decorrere dal 1° gennaio 1961 e per gli eventi coinvolgenti cittadini italiani verificatisi all’estero a decorrere dal 1° gennaio 2003. Peraltro, in deroga a tale disposizione, la L. 91/2006 ha previsto l’estensione dei benefici della L. 206/2004 anche ai familiari superstiti delle vittime dell'eccidio avvenuto a Kindu l'11 novembre 1961.

[162]  Il co. 1-bis, introdotto dall’art. 1, co. 1270, della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) ha esteso i benefici della L. 206/2004 ai familiari delle vittime del disastro aereo di Ustica del 1980 e ai familiari delle vittime, non ché ai superstiti, della così detta “banda della Uno bianca”. L’art. 34, co. 3, del D.L. 159/2007, convertito, con modificazioni, dalla L. 222/2007, ha inoltre novellato il co. 1 dell’art. 1 della L. 206, precisando che ai fini delle misure previste dalla legge, rientrano fra gli atti di terrorismo le azioni criminose compiute sul territorio nazionale in via ripetitiva, rivolte a soggetti indeterminati e poste in essere in luoghi pubblici o aperti al pubblico.

[163]L. 20 ottobre 1990, n. 302, Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

[164]L. 23 dicembre 2005, n. 266, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006).

[165]  L. 13 agosto 1980, n. 466, Speciali elargizioni a favore di categorie di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche .

[166]D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 novembre 2007, n. 222.

[167]  Regolamento concernente termini e modalità di corresponsione delle provvidenze alle vittime del dovere ed ai soggetti equiparati, ai fini della progressiva estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, a norma dell'articolo 1, comma 565, della L. 23 dicembre 2005, n. 266.

[168]  Provvedimenti a favore del corpo degli agenti di investigazione, istituti con R.D. 14 agosto 1919, n. 1442.

[169]  Modificazione dell'art. 14 del R.D.L. 13 marzo 1921, n. 261, concernente elargizioni a favore di famiglie di funzionari, ufficiali, sottufficiali ed agenti delle FF.AA. di polizia vittime del dovere. Si vedano anche il decreto legislativo del Capo dello Stato 22 luglio 1947, n. 836 (Elargizioni a favore delle famiglie di funzionari, ufficiali, sottufficiali ed agenti delle Forze armate di polizia, vittime del dovere); la legge 18 febbraio 1953, n. 116 (Ratifica, con modificazioni, del decreto legislativo 22 luglio 1947, n. 836, concernente elargizione a favore delle famiglie di funzionari, ufficiali, sottufficiali ed agenti delle Forze armate di polizia, vittime del dovere); la legge 22 febbraio 1968, n. 101 (Rivalutazione della speciale elargizione a favore delle famiglie degli appartenenti alle forze di polizia caduti vittime del dovere e del contributo funerario a favore dei familiari del personale del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza deceduto in attività di servizio); la legge 27 ottobre 1973, n. 629 (Nuove disposizioni per le pensioni privilegiate ordinarie in favore dei superstiti dei caduti nell'adempimento del dovere appartenenti ai Corpi di polizia); la legge 28 novembre 1975, n. 624 (Provvidenze a favore dei superstiti dei caduti nell'adempimento del dovere appartenenti ai corpi di polizia).

[170]  Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

[171]  Regolamento recante nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

[172]  Istituzione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso.

[173]  Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).

[174]  Disposizioni urgenti in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2003, n. 56.

[175]  Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005.

[176]  Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 12 maggio 2006, n. 173, recante proroga di termini per l'emanazione di atti di natura regolamentare. Ulteriori proroghe per l'esercizio di deleghe legislative e in materia di istruzione.

[177]Senato della Repubblica - Assemblea. Resoconto stenografico della 278a seduta pubblica (pomeridiana) di giovedì 17 gennaio 2008 pag. 19 e segg. Risposta del sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, all’interrogazione 3-00648 su provvedimenti in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità.

[178]L. 3 agosto 2004 n. 206, Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice.

[179]Modificazioni migliorative ai benefici previsti nel testo iniziale della L. 206/2004 sono state, in particolare, apportate dalla legge finanziaria per il 2007 (L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, co. 792, 794 e 795) e dall’art. 34 del D.L. 159/2007, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 novembre 2007, n. 222.

[180]La circolare INPS n. 122 del 24 ottobre 2007 precisava al riguardo che la pensione dovrà essere calcolata, utilizzando quale retribuzione pensionabile l’ultima retribuzione integralmente percepita dal lavoratore al momento dell’evento terroristico, rapportata a settimana.

[181]L. 23 novembre 1998, n. 407, Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

[182]L. 20 ottobre 1990, n. 302, Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

[183]Attraverso un rinvio all’art. 6 della L. 13 agosto 1980, n. 466, Speciali elargizioni a favore di categorie di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche.

[184]La data del 26 agosto 2004 è quella dell’entrata in vigore della L. 206/2004, che è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 187 dell’11 agosto 2004.

[185]Ai sensi dell’art. 1 della L. 19 luglio 2000, n. 203, Erogabilità a carico del Servizio sanitario nazionale dei farmaci di classe C) a favore dei titolari di pensioni di guerra diretta.

[186]La lett. b) dell’art. 8, co. 10, della L. 24 dicembre 1993, n. 537, Interventi correttivi di finanza pubblica è stata abrogata dall'art.85, co. 1, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

[187]Art. 1, co. 166, L. 30 dicembre 2004, n. 311, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)

[188]La direttiva, che intende fornire indirizzi generali al fine di garantire una coerente e coordinata attuazione della L. 206/2004, è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 2 agosto 2007, n. 178.

[189]Tali oneri, quantificati in 3,57 mln. di euro per il 2008, 417 mila euro per il 2009 e 488 mila euro per il 2010 trovano invece copertura a valere sulle risorse stanziate nella Tabella A, voce Ministero dell’economia e delle finanze, del d.d.l. finanziaria.

[190]A.C. 616, Modifica dell'articolo 15 della legge 3 agosto 2004, n. 206, in materia di benefìci per le vittime del terrorismo.

[191]Camera dei deputati – Resoconto stenografico dell’Assemblea. Seduta n. 82 del 5 dicembre 2006.

[192]Si tratta dei tredici aviatori italiani appartenenti alla forza multinazionale inviata dall’ONU in Congo durante la guerra civile che seguì la proclamazione dell’indipendenza di tale Paese, i quali l’11 novembre 1961 furono catturati da miliziani fedeli al leader nazionalista Lumumba (ucciso pochi mesi prima) nell’area dell’aeroporto di Kindu, e successivamente trasferiti nella prigione della città e qui uccisi.

[193]  L. 30 luglio 2004, n. 208, Proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali.

[194]D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 novembre 2007, n. 222.

[195]  L. 24 maggio 1970, n. 336, Norme a favore dei dipendenti civili dello Stato ed Enti pubblici ex combattenti ed assimilati.

[196]Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[197]       GU n. 289 del 13-12-2006.

[198]Per ulteriori approfondimenti, cfr. il sito http://www.protezionecivile.it/minisite/index.php?
dir_pk=252&cms_pk=1441&n_page=5.

[199]GU n. 246 del 22-10-2007.

[200]Recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria.

[201]  Il richiamato regolamento CE 1260/1999 recante la disciplina dei fondi strutturali per il periodo 2000-2006 è stato abrogato dall'art. 107 del regolamento CE 1083/2006 con decorrenza dal 1° gennaio 2007. Tale regolamento ha riformato la disciplina comunitaria dei Fondi strutturali per il nuovo periodo di programmazione 2007-2013, la quale interessa l’Unione europea allargata a 25 Pesi membri. In sintesi, il Regolamento prevede la riduzione dei fondi strutturali dai cinque del precedente periodo di programmazione a tre: Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, Fondo Sociale Europeo, Fondo di Coesione.

Di conseguenza, le risorse sono state concentrate attorno a tre nuovi obiettivi: convergenza , competitività e occupazione regionale e cooperazione territoriale . L’obiettivo “Convergenza”, che assume carattere prioritario per l’intervento dei fondi, sostituendo l’obiettivo 1 della pregressa programmazione, è inteso ad accelerare la convergenza degli Stati e delle regioni meno sviluppate attraverso il miglioramento delle condizioni di crescita e di occupazione basate sull’aumento della qualità degli investimenti in capitale fisico e umano, lo sviluppo dell’innovazione, l’adattabilità ai cambianti economici e sociali, la protezione e il miglioramento della qualità dell’ambiente e l’efficacia amministrativa. L’obiettivo interessa le aree europee meno sviluppate, corrispondenti al livello NUTS II, il cui PIL per abitante, calcolato in base ai dati degli ultimi tre anni, è inferiore al 75% della media comunitaria. Per l’Italia, rientrano, ai sensi della Decisione della Commissione del 4 agosto 2006, le regioni Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. La Commissione ha peraltro previsto che, in via transitoria, nell’obiettivo “Convergenza” rientrino anche gran parte delle regioni il cui PIL per abitante sarebbe stato inferiore al 75% della media comunitaria calcolata sui 15 Stati membri ma che hanno superato tale soglia per effetto dell’allargamento (il c.d. “effetto statistico”). Per l’Italia, rientra in tale categoria la Basilicata, che nell’UE a 25 ha un PIL pro capite pari al 77,54%. Quest’ultima regione vi rientra fino al 2010.

L’obiettivo “Competitività e occupazione regionale” è inteso a rinforzare la competitività e la capacità di attrazione, nonché l’occupazione mediante l’anticipazione dei mutamenti economici e sociali, l’innovazione e la società della conoscenza, lo spirito di impresa, la protezione e il miglioramento dell’ambiente, l’adattabilità dei lavoratori e delle imprese nonché lo sviluppo di mercati del lavoro inclusivi. Per l’Italia, l’obiettivo interessa alcune aree del Centro-Nord, comprensive di Abruzzo e Molise, e, in via transitoria, la Sardegna.

[202]  Si tratta dei soggetti elencati all’articolo 1 del medesimo provvedimento, e cioè le province, i comuni, le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e qualsiasi altro ente od istituto pubblico sottoposto a tutela, od anche a sola vigilanza dell'amministrazione pubblica (comprese le aziende autonome per i servizi pubblici municipalizzati) e le imprese concessionarie di un servizio pubblico di comunicazioni o di trasporto, nonché le aziende private.

[203]  La Corte costituzionale, con sentenza 25 marzo 1987, n. 89 ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 2, comma primo, n. 3 nella parte in cui non prevede la pignorabilità e la sequestrabilità degli stipendi, salari e retribuzioni corrisposti da altri enti diversi dallo Stato, da aziende ed imprese menzionati all'articolo 1 dello stesso decreto fino alla concorrenza di un quinto per ogni credito valutato nei confronti del personale. La stessa Corte, con sentenza 7-26 luglio 1988, n. 878 ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 2, primo comma, n. 3, nella parte in cui non prevede la pignorabilità e la sequestrabilità degli stipendi, salari e retribuzioni corrisposti dallo Stato, fino alla concorrenza di un quinto, per ogni credito vantato nei confronti del personale; con sentenza 10-19 marzo 1993, n. 99 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, primo comma, n. 3, nella parte in cui esclude, per i dipendenti degli enti indicati nell'articolo 1 dello stesso decreto, la sequestrabilità e la pignorabilità, entro i limiti stabiliti dall'art. 545, quarto comma, del Codice di procedura civile, anche per ogni altro credito, delle indennità di fine rapporto di lavoro spettanti ai detti dipendenti; con sentenza 20 novembre-4 dicembre 2002, n. 506, ha dichiarato, tra l'altro, in applicazione dell'art. 27, L. 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità degli artt. 1 e 2, primo comma, del presente decreto, nella parte in cui escludono la pignorabilità per ogni credito dell'intero ammontare di pensione, indennità che ne tengono luogo ed altri assegni di quiescenza erogati ai dipendenti dai soggetti individuati dall'art. 1, anziché prevedere l'impignorabilità, con le eccezioni previste dalla legge per crediti qualificati, della sola parte delle pensioni, indennità o altri assegni di quiescenza necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita e la pignorabilità nei limiti del quinto della residua parte.

[204]L. 17 febbraio 1982 n. 41 “Piano per la razionalizzazione e lo sviluppo della pesca marittima”.

[205]D.Lgs. 26 maggio 2004 n. 154 “Modernizzazione del settore pesca e dell'acquacoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, della L. 7 marzo 2003, n. 38.

[206]Interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera i), della L. 7 marzo 2003, n. 38.

[207]Si tratta dell’emendamento 29.2, testo 3, approvato dalla Commissione bilancio del Senato nella seduta notturna del 1° novembre 2007.

[208]Si tratta del capitolo 7370, “Somma da corrispondere all’Agenzia per le erogazioni in agricoltura per la costituzione del fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera in Italia” (U.P.B. 7.1.6. dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze).

[209]  Il provvedimento è stato oggetto di una recente modifica ad opera del reg. (CE) 9 ottobre 2007, n. 1260/2007.

[210]  Anche tale provvedimento è stato modificato il 9 ottobre 2007, dal reg. (CE) n. 1261 allo scopo di migliorare il regime di ristrutturazione del comparto dal momento che la rinuncia alle quote produttive non ha raggiunto il livello atteso.

      A seguito della revisione dell’aiuto concesso il regolamento prevede peraltro il versamento retroattivo, in favore dei soggetti che hanno partecipato al regime di ristrutturazione, della differenza tra l’aiuto percepito nelle campagne 2006/2007 e 2007/2007 e quello riquantificato per la campagna 2008/2009.

[211]Il Decreto 21/6/2006 “Disposizioni per l’attuazione del regime temporaneo per la ristrutturazione dell’industria dello zucchero” (GU n. 72/06) modificato prima con il decreto del 25 settembre 2006 (GU n. 273/06) quindi dal decreto 20 novembre 2007 (GU n. 4/08).

[212]  Il D.L. n. 22/2005, convertito con modificazioni nella Legge 29 aprile 2005, n. 71, con gli articoli 1 e 1-bis ha recato una disciplina di sostegno delle imprese colpite da crisi di mercato, ovvero da una generale riduzione del reddito non ascrivibile al verificarsi di calamità naturali o particolari fenomeni atmosferici. La norma demanda al Ministro delle politiche agricole e forestali la dichiarazione dello stato di crisi di mercato, che si verifica allorquando l’imprenditore soffra una perdita di reddito pari al 30% di quello mediamente percepito nel triennio precedente. A tali imprenditori si applicano i benefici previsti dall’art. 5 del D.Lgs. n. 102/2004 per le ipotesi di calamità naturali, attingendo al Fondo di solidarietà nazionale.

[213]  Tale Piano è consultabile all’indirizzo internet: http://www2.minambiente.it/Sito/settori_azione/
pia/att/pna_c02/docs/delibera_cipe_19_12_02_n123.pdf.

[214]Pubblicato nella GU 14 marzo 2007, n. 61.

[215]  Va rammentato che le funzioni dell’ISMEA, già ampliate a seguito dell’incorporamento della Cassa per la formazione della proprietà contadina avente funzioni di ricomposizione fondiaria, sono state estese in particolare nel corso della XIV legislatura con interventi normativi che ne hanno rafforzato l’attività sul fronte dei servizi creditizi e finanziari diretti alle imprese agricole singole o associate.

[216]D.L. 09-09-2005, n. 182 “Interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonché per contrastare andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari”, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 11 novembre 2005, n. 231.

[217]  Infomercati è il consorzio obbligatorio previsto dall’art. 2 del D.L. n. 321/96 per la realizzazione del sistema di collegamento informatico e telematico dei mercati agro-alimentari all’ingrosso sull’intero territorio nazionale. Peraltro, a seguito delle integrazioni disposte all’art. 2 con il D.L. n. 223/2006 (art. 9, co. 2), anche ad Infomercati spetta il compito di effettuare, a richiesta delle Amministrazioni pubbliche interessate, rilevazioni dei prezzi al dettaglio dei prodotti agro-alimentari.

[218]D.L. 4-7-2006 n. 223 “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale”, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 4 agosto 2006, n. 248.

[219]  L’importo è stato ridotto di 4 milioni di euro ad opera dell’art. 30 del D.L. n. 4/2006 che lo ha destinato alle Capitanerie di Porto per l’adeguamento dei propri mezzi aeronavali, e di ulteriori milioni di euro dal comma 92 della stessa legge n. 266/200 che li ha assegnati ad alcuni enti fieristici.

[220]Legge 1 luglio 1997, n. 206 “Norme in favore delle produzioni agricole danneggiate da organismi nocivi” che aveva disposto la concessione di contributi per la estirpazione ed il reimpianto di alberi di drupacee e rosacee colpiti rispettivamente dalle infezioni di «Sharka» e di «Erwinia amylovora», situati in zone soggette alla lotta obbligatoria. I contributi in conto capitale erano concessi a parziale copertura dei costi di estirpazione in impianti specializzati, di reimpianto e per il mancato reddito.

[221] Reg. (CE) 15 dicembre 2006, n. 1857/2006 “relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese attive nella produzione di prodotti agricoli e recante modifica del regolamento (CE) n. 70/2001”, numero 8, comma 1 dell’articolo 2.

[222]Orientamenti per gli aiuti di Stato nel settore agricolo, GUCE C n. 28/2000.

[223]Pubblicati in GUUE del 27 dicembre 2006, n. C 319.

[224]Reg. (CE) 6 ottobre 2004, n. 1860/2004 “relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti de minimis nel settore dell’agricoltura”.

[225]Dir. 23 ottobre 2000 n. 2000/60/CE “che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque”. La direttiva è stata recepita con il D.lgs. n. 152/2006.

[226]  Si veda ad esempio il Consiglio dei Ministri n. 32 del 27 dicembre 2006, al link http://www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/testo_int.asp?d=30327.

[227]  L’interrogazione a risposta scritta al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 4-04675 presentata in data giovedì 2 agosto 2007 nella seduta n. 200 riassume la travagliata vicenda di tale proposta emendativa.

[228]  Convenzioni adottate con deliberazione n. 6/1992 del Comitato interministeriale dei prezzi in data 29 aprile 1992 (CIP 6) pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 109 del 12 maggio 1992.

[229]  La legge 23 agosto 2004, n. 239 reca Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia.

[230]  Il comma 1120, lettera g), dell’articolo 1 della finanziaria per il 2007, prevede la soppressione del comma 71 dell'art. 1, della cd. legge “Marzano” (legge 23 agosto 2004, n. 239), che prevede i certificati verdi per l'energia elettrica prodotta con l'utilizzo dell'idrogeno e l'energia prodotta in impianti statici con l'utilizzo dell'idrogeno ovvero con celle a combustibile.

[231]Pubblicata nella G.U. del 13 febbraio 2007.

[232]Recante Disposizioni urgenti per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e per consentire il passaggio alla gestione ordinaria, pubblicata sulla G.U. 20 febbraio 2008.

[233]  La suddivisione in zone climatiche dell'Italia è stata prevista dalla legge 10 gennaio 1991, n. 10 e poi attuata dall'articolo 2 del D.P.R. 26 agosto 1993 n. 412 il quale ha suddiviso il territorio nazionale nelle seguenti sei zone climatiche in funzione dei gradi-giorno, indipendentemente dalla ubicazione geografica:

-        Zona A: comuni che presentano un numero di gradi-giorno non superiore a 600;

-        Zona B: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 600 e non superiore a 900;

-        Zona C: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 900 e non superiore a 1.400;

-        Zona D: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 1.400 e non superiore a 2.100;

-        Zona E: comuni che presentano un numero gradi-giorno maggiore di 2.100 e non superiore a 3.000;

-        Zona F: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 3.000.

      I Gradi Giorno (GG) sono un'unità di misura atta ad indicare il fabbisogno termico di una determinata area geografica relativa alle vigenti normative sul riscaldamento delle abitazioni. Indicano la somma annuale delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura convenzionale fissata a 20 °C, e la temperatura media esterna giornaliera. Un valore di GG basso indica un breve periodo di riscaldamento e temperature medie giornaliere prossime alla temperatura fissata per l'ambiente riscaldato (appunto 20 °C). Al contrario, valori di GG elevati, indicano periodo di riscaldamento prolungati e temperature medie giornaliere nettamente inferiori ai 20 °C.

[234]D.L. 10 gennaio 2006, n. 2 “Interventi urgenti per i settori dell'agricoltura, dell'agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d'impresa” convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 11 marzo 2006, n. 81.

[235]    Si fa presente che la dizione originaria (“impianti di potenza elettrica superiore a 1MW”) è stata sostituita con l’attuale (“impianti di potenza nominale media annua superiore a 1MW”) a seguito dell’approvazione di un emendamento da parte della Commissione bilancio della Camera dei deputati. La stessa Commissione ha introdotto una variazione nella tabella 1 allegata alla legge, che fornisce i coefficienti per tipologia di fonte, sostituendo la dicitura della fonte “eolica” con quella di “eolica per impianti di taglia superiore a 200 kW.

[236]  Il richiamo è evidentemente riferito al decreto-legge n.159/2007 (“collegato” alla manovra di finanza pubblica, convertito, con modificazioni, in legge n. 222/2007) che all'articolo 26, comma 4-bis, reca alcune norme di incentivazione dell'energia prodotta da biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell'ambito di intese di filiera o contratti quadro o di filiere corte, secondo uno schema assai simile a quello delineato dai commi 144e 145 in commento.

[237]  Gli ulteriori incrementi della quota minima d'obbligo per il triennio 2007-2009 e 2010-2012 saranno stabiliti con decreti ministeriali.

[238]  L'articolo 13 del D.Lgs. 387/2003 ha confermato la vigenza dell'obbligo di utilizzazione prioritaria e del diritto alla precedenza nel dispacciamento previsti dall'articolo 3, comma 3, e dall'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 79/1999. Il comma 2 ha disposto la collocazione sul mercato elettrico secondo la relativa disciplina e nel rispetto delle regole di dispacciamento definite dal Gestore della rete in attuazione delle disposizioni del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 per l'energia elettrica prodotta da impianti di potenza uguale o superiore a 10 MVA alimentati da fonti rinnovabili, ad eccezione di quella prodotta dagli impianti alimentati dalle fonti rinnovabili di cui al primo periodo del comma 3. Il comma 3 ha disposto il ritiro obbligatorio, su richiesta del produttore, da parte del gestore di rete alla quale l'impianto è collegato per l'energia elettrica prodotta da:

-        impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza inferiore a 10 MVA;

-        impianti di potenza qualsiasi alimentati dalle fonti rinnovabili eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice ed idraulica, limitatamente, per quest'ultima fonte, agli impianti ad acqua fluente.

      L'Autorità per l'energia elettrica ed il gas determina le modalità per il ritiro dell'energia elettrica facendo riferimento a condizioni economiche di mercato(Del. 6 novembre 2007, n.280).

      La disciplina di cui ai commi 2 e 3 non si applica all'energia elettrica ceduta al Gestore della rete nell'ambito delle convenzioni in essere stipulate ai sensi dei provvedimenti Cip 12 luglio 1989, n. 15/89, 14 novembre 1990, n. 34/90, 29 aprile 1992, n. 6/92, nonché della deliberazione dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas 28 ottobre 1997, n. 108/97, limitatamente agli impianti nuovi, potenziati o rifatti, come definiti dagli articoli 1 e 4 della medesima deliberazione. Secondo il comma 4, dopo la scadenza delle convenzioni citate di cui ai commi 2 e 3, l'energia elettrica prodotta dagli impianti di cui al comma 2 viene ceduta al mercato. Dopo la scadenza di tali convenzioni, l'energia elettrica di cui al comma 3 è ritirata dal gestore di rete cui l'impianto è collegato, secondo modalità stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, con riferimento a condizioni economiche di mercato.

[239]  Di cui agli articoli 22 e 23 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

[240]La direttiva 96/57/CE, relativa ai requisiti di rendimento energetico di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni di uso domestico demanda agli stati membri l’adozione di misure atte garantire che gli elettrodomestici di refrigerazione possano essere immessi sul mercato soltanto se il consumo elettrico dell'apparecchio in questione è inferiore o uguale al consumo di energia elettrica massimo consentito per la sua categoria, calcolato secondo le procedure definite nell'allegato I della stessa direttiva. La conformità a tutte le disposizioni della è attestata dalla marcatura "CE".

[241]  Il paragrafo 5 dell'articolo 23 della direttiva 2003/54/CE (Norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica) prevede che qualsiasi parte che intenda sporgere reclamo contro il gestore di un sistema di trasmissione o di distribuzione può adire l'autorità di regolamentazione che, in qualità di autorità per la risoluzione delle controversie, adotta una decisione entro due mesi dalla ricezione del reclamo. Il termine può essere prorogato di due mesi qualora l'autorità di regolamentazione richieda ulteriori informazioni. Il termine può essere ulteriormente prorogato con il consenso del reclamante. Detta decisione produce effetti vincolanti a meno che e fin quando non sia annullata in seguito ad impugnazione. Nel caso in cui il reclamo riguardi le tariffe di connessione per nuovi impianti di generazione di grandi dimensioni, il termine di due mesi può essere prorogato dall'autorità di regolamentazione.

[242]La legge 14 novembre 1995, n. 481 (Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità), istitutiva dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas all’art. 2, comma 24, lett. b) prevede l’adozione di regolamenti con i quali sono dettati i “criteri, le condizioni, i termini e le modalità per l'esperimento di procedure di conciliazione o di arbitrato in contraddittorio presso le Autorità”.

[243]  Decreto del Ministero dello sviluppo economico 19 febbraio 2007 (GU 23 febbraio 2007, n. 45) recante “Criteri e modalità per incentivare la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, in attuazione dell'articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

[244]  Il Gestore dei servizi elettrici - GSE spa - è il soggetto attuatore del DM (articolo 2, comma 1, lettera i)). In base al comma 3 dell'articolo 13 del DM il soggetto attuatore pubblica sul proprio sito internet e aggiorna con continuità la potenza cumulata degli impianti entrati in esercizio nell'ambito dei decreti interministeriali 28 luglio 2005 e 6 febbraio 2006 e, separatamente, la potenza cumulata degli impianti entrati in esercizio nell'ambito del presente decreto. Sito internet : http://www.gsel.it/ita/.

[245]  Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità.

[246]  Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative.

[247]Legge 29 novembre 2007, n. 222 (GU 2007/11/30 n. 279 - S.O. n. 249).

[248]D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 164 “Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della L. 17 maggio 1999, n. 144” (c.d. decreto Letta). Tale provvedimento ha disposto la liberalizzazione dell’attività di distribuzione del gas, introducendo il principio dell’affidamento mediante gara.

[249]Il decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273 recante: «Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative» (GU n. 303 del 30 dicembre 2005) è stato convertito con modificazioni dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51.

[250]L’AGCM ha inoltre ricordato che la direttiva 2003/55/CE, dopo aver ribadito l’importanza del ricorso a procedure di gara, ha ritenuto opportuno individuare un “approccio graduale, con un termine ultimo specifico” per completare il mercato interno del gas naturale, fissato al 1° luglio 2007, prendendo proprio in considerazione anche il tempo massimo necessario alle imprese per adeguarsi (considerando 4, 8, 10, 18 e art. 23, comma 1, di tale Direttiva). Pertanto, come evidenziato dal recente rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee da parte del TAR Lombardia, il periodo transitorio potrebbe addirittura rivelarsi già esaurito, qualora la Corte di Giustizia avallasse l’interpretazione proposta dal giudice del rinvio, che collega funzionalmente l’esperimento delle gare al termine previsto dalla suddetta direttiva per realizzare l’effettiva apertura del mercato della distribuzione, ovvero il 1° luglio 2007.

[251]Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

[252]Recante attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della legge17 maggio 1999, n. 144. L’articolo 14 del D.Lgs. n. 164/2000 attiene proprio all’attività di distribuzione del gas naturale, che è attività di servizio pubblico. Il servizio è affidato esclusivamente mediante gara per periodi non superiori a dodici anni. Gli enti locali che affidano il servizio, anche in forma associata, svolgono attività di indirizzo, di vigilanza, di programmazione e di controllo sulle attività di distribuzione, ed i loro rapporti con il gestore del servizio sono regolati da appositi contratti di servizio.

[253]L’Autorità antitrust ha ricordato che - a fronte dell’obbligo di ricorrere a tali procedure introdotto fin dal 2000 dall’art. 14, comma 1, del D.Lgs. n. 164) - le procedure di gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas si sono finora svolte soltanto in misura del 5% e sulla base di criteri di aggiudicazione non propriamente competitivi, incentrati sull’ammontare del canone concessorio. Per quanto riguarda le altre gare (che sono la maggior parte) da espletare alla fine del periodo transitorio, la disposizione introdotta dal decreto “collegato” intende trovare soluzioni che consentano agli Enti Locali di gestirle al meglio, superando l’attuale circoscritta portata delle stesse, che coincide, nella quasi totalità dei casi, con il territorio dell’ente concedente.

[254]Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 "Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali".

[255]L’esito delle prime gare esperite mostra che l’Ente Locale ha attributo notevole rilievo, fra gli aspetti economici, al canone concessorio, che, oltre ad aver rappresentato nella maggior parte delle gare la variabile competitiva principale, ha assorbito anche fino al 70-80% del VRD, come definito dall’AEEG. Ciò potrebbe aver eroso parte dei margini di ricavo dell’impresa che, in un’ottica di breve periodo, potrebbe preferire di ridurre gli investimenti, con ripercussioni negative sui livelli di sicurezza e qualità del servizio. Di più, in un settore caratterizzato dalla presenza di operatori in cui gli enti concedenti possono avere partecipazioni azionarie o di controllo, il ricorso a criteri quanto più oggettivi e trasparenti potrebbe ridurre la discrezionalità nell’apprezzamento delle offerte da parte dell’Ente Locale e, dunque, le potenziali situazioni di conflitto di interesse in fase di aggiudicazione.

[256]  Per approfondimenti http://www.scienzaegoverno.org/n/005/PiattaformaHFP.pdf e http://euro­pa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=IP/04/69&format=PDF&aged=1&language=IT&guiLanguage=en.

[257]  Per approfondimenti sulle prospettive di sviluppo dell’idrogeno, sui programmi e finanziamenti in atto si veda F. Di Mario, L’idrogeno: prospettive di sviluppo, al link http://termserv.cas­accia.enea.it/acca2/ENEA.pdf.

[258]  Si veda, in proposito, a titolo di esempio http://www.regione.veneto.it/NR/rdonlyres/C5C44A2D-25B6-41E8-8368-29B91BEBB8D0/0/AccordoIdrogenotestofirmato.pdf.

[259]  La legge 24 dicembre 1985, n. 808 reca “Interventi per lo sviluppo e l'accrescimento di competitività delle industrie operanti nel settore aeronautico”.

[260]  Il programma EFA, avviato nel 1988, è preordinato alla realizzazione di un velivolo militare da parte dell’Italia insieme a Gran Bretagna, Germania e Spagna, per assicurare la difesa aerea.

[261]  Tali stanziamenti sono oggetto di rimodulazione da parte della Tabella F allegata alla presente legge finanziaria (v. la scheda relativa all'articolo 3, commi 154 e 155) che rende disponibile 600 milioni per il 2008 e 450 milioni per il 2009, in tal modo concentrando in unica annualità le risorse pluriennali stanziate dalla finanziaria per il 2007.

[262]  L’art. 106 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato" (legge finanziaria 2001), in merito agli interventi del FIT, prevede la riserva di una quota delle disponibilità del Fondo, determinata annualmente con decreto del Ministro dell’industria entro la data del 31 gennaio, per il finanziamento dei programmi volti alla promozione e allo sviluppo di nuove imprese innovative. Le modalità di gestione, le forme e le misure delle agevolazioni previste dal comma 106 sono state determinate con la direttiva ministeriale 3 febbraio 2003.

[263]  Il comma 222 della legge finanziaria 2005 allo scopo di favorire l’afflusso di capitale di rischio (cosiddetto venture capital) verso piccole e medie imprese innovative localizzate nelle aree sottoutilizzate, consente al Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri, di sottoscrivere e alienare quote di fondi comuni d’investimento, in misura non superiore al 50 per cento del patrimonio, promossi e gestiti da una o più società di gestione del risparmio (SGR). Il fondo comune d’investimento è un patrimonio autonomo rispetto al patrimonio della società che lo gestisce, o che lo ha istituito e che lo promuove, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di investitori. Il patrimonio viene gestito collettivamente (“in monte”), sulla base di linee d’investimento prefissate dal regolamento del fondo. Mediante la sottoscrizione di una quota di un fondo comune d’investimento, l’investitore acquisisce una compartecipazione nella gestione collettiva del patrimonio comune, effettuata secondo i criteri predefiniti nel regolamento del fondo.

[264]Si fa presente che il richiamato regolamento CE 1260/1999, recante la disciplina dei fondi strutturali per il periodo 2000-2006, è stato abrogato con decorrenza dal 1° gennaio 2007 dall'art. 107 del regolamento CE 1083/2006 (recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1260/1999).

[265]Si segnala che con l’entrata in vigore del Codice delle pari opportunità (D.Lgs 11 aprile 2006, n. 198) la legge 215/92 è stata abrogata, ad eccezione degli articoli 10, comma 6, 12 e 13, dall’articolo 57 del citato Codice, nel quale sono confluite varie disposizioni della legge stessa.

[266]  Ai sensi del D.Lgs. 9 gennaio 1999 n. 1, successivamente integrato dal D.Lgs. 14 gennaio 2000, n. 3.

[267]  Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44 del 1986.

[268]  Si faceva riferimento alle aree individuate dal DPR n. 218 del 1978, all’articolo 1, vale a dire Abruzzo, Molise, Campania, Puglie, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, le province di Latina e di Frosinone, la provincia di Rieti, la provincia di Roma nella zona della bonifica di Latina, l'Isola d'Elba, l’Isola del Giglio e Capraia.

[269]  Ai sensi del D.Lgs C.P.S. n. 1075 del 1947.

[270]  Convertito, con modificazioni. dalla legge n. 95 del 1995.

[271]  Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 236 del 1993.

[272]  Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 1997.

[273]  Ai sensi del regolamento (CE) 2081/93.

[274]  Disposizioni attuate con D.M. Tesoro n. 147/1999.

[275]  Ossia gli Obiettivi 1 Convergenza (Sicilia, Calabria, Campania, Puglia) e 2 Competitività territoriale (Abruzzo, Molise, Basilicata in regime di phasing-out dall’Obiettivo 1 e Sardegna, in regime di phasing-in nell’Obiettivo 2), le aree ammissibili alle deroghe previste dall’articolo 87 del Trattato istitutivo CE (paragrafo 3, lettere a) e c)), elencate nella Carta degli aiuti a finalità regionale, nonché in aree svantaggiate individuate a livello nazionale (decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 14 marzo 1995).

[276]  Tale disposizione è prevista dal Regolamento 2006/1998/CE del 15 dicembre 2006. Esso è stato introdotto dal Regolamento 994/98/CE, che conferisce facoltà alla Commissione europea di stabilire, mediante un regolamento, una soglia al di sotto della quale gli aiuti di stato non rientrano più nel campo di applicazione dell'articolo 87, paragrafo 1, che reca i criteri per la compatibilità degli stessi con il mercato comune, e sono pertanto dispensati dalla procedura di cui all'articolo 88, paragrafo 3, che contempla l'obbligo di notificare gli aiuti di Stato alla Commissione europea al fine di stabilirne la compatibilità con il mercato comune sulla base dei criteri dell'articolo 87, paragrafo 1. Con il Regolamento 69/2001 la Commissione aveva fissato tale soglia a 100.000 euro su un periodo di tre anni. Il Regolamento 1998/2006 ha raddoppiato tale soglia portandola a 200.000 euro.

[277]L'art. 43, comma 2, della legge 17 maggio 1999, n. 144, che ha modificato l'art. 2, comma 207, della legge n. 662/1996, ha previsto che le somme riservate dal CIPE ai contratti d'area e ai patti territoriali siano trasferite, rispettivamente, al responsabile unico del contratto d'area e al soggetto responsabile del patto territoriale affinché questi provvedano ad effettuare i relativi pagamenti in favore dei soggetti beneficiari delle agevolazioni, anche avvalendosi, per la gestione di dette risorse, di istituti bancari allo scopo convenzionati. Alle medesime risorse fanno carico anche le somme da corrispondere al responsabile unico del contratto d'area o al soggetto responsabile del patto territoriale per lo svolgimento dei compiti.

      In attuazione di quanto disposto dall’art. 43, comma 2, della legge n. 144/1999, è stato emanato il D.M. Tesoro n. 320/2000 il quale, al fine di garantire lo snellimento e la semplificazione delle procedure finanziarie relativamente ai patti territoriali e ai contratti d’area, ha modificato le procedure di erogazione delle risorse ai soggetti beneficiari affidandole al soggetto responsabile del patto territoriale (o responsabile unico del contratto d’area), che viene a sostituire, in questa funzione, la Cassa depositi e prestiti.

[278]L’ambito di applicazione dell’istituto del patto territoriale è stato esteso ai settori dell’agricoltura e della pesca con la deliberazione CIPE 11 novembre 1998, n. 127, emanata in attuazione del D.Lgs. n. 173/1998.

[279]Convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222

[280]Informazioni sul parco scientifico-tecnologico sono disponibili sul sito internet http://civis.comune.genova.it/uc5_web/interna.php?codp=ERZE01

[281]Convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181.

[282]Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.400, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.

[283]Il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181 recante “Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri” è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.

[284]Si ricorda che la normativa in materia, introdotta in attuazione degli Accordi di Schengen con la legge 675 del 31 dicembre 1996, recante Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto all trattamento dei dati personali (c.d. legge sulla privacy), cui nel tempo si sono affiancate ulteriori provvedimenti, è stata riordinata con il D.Lgs 30 giugno 2003, n. 196, recante “Codice in materia di protezione di dati personali”, attuativo della delega legislativa conferita al Governo con la legge 127/01 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2004.

[285]Legge 28 dicembre 1999, n. 522, Misure di sostegno all'industria cantieristica ed armatoriale ed alla ricerca applicata nel settore navale.

[286]Legge 16 marzo 2001, n. 88, Nuove disposizioni in materia di investimenti nelle imprese marittime.

[287]Legge 24 dicembre 2003, n. 350, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004).

[288]Decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 2 febbraio 2004, Attuazione del regolamento CEE n. 1177/2002 del Consiglio del 27 giugno 2002, relativo ad un meccanismo difensivo temporaneo per la costruzione navale.

[289]Regolamento del Consiglio CE del 27 giugno 2002, n. 1177, relativo ad un meccanismo difensivo temporaneo per la costruzione navale.

[290]Regolamento (CE) 1540/98 del Consiglio del 29 giugno 1998, Aiuti alla costruzione navale.

[291]Legge 9 gennaio 2006, n. 13, Disposizioni per la sicurezza della navigazione, per favorire l’uso di navi a doppio scafo e per l’ammodernamento della flotta.

[292]Legge 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato.

[293]V. supra.

[294]V. supra.

[295]Legge 14 giugno 1989, n. 234, Disposizioni concernenti l'industria navalmeccanica ed armatoriale e provvedimenti a favore della ricerca applicata al settore navale.

[296]2003/C 317/06 del 30 dicembre 2003.

[297]  Con il contratto di locazione della nave a scafo nudo il proprietario è esonerato dall’armamento ed equipaggiamento della nave. Tale contratto si differenzia dal contratto di noleggio con il quale il proprietario si obbliga ad armare ed equipaggiare la nave, a porre la stessa in stato di navigabilità per il compimento del viaggio ed a provvederla dei prescritti documenti.

[298]  Il comma 2 dello stesso articolo 157 del TUIR prevede inoltre che il reddito delle navi, per i giorni in cui le stesse sono state locate a scafo nudo, deve essere determinato in modo analitico.

[299]  D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

[300]  Il Gruppo europeo di interesse economico (GEIE) è disciplinato dal D.Lgs. 23 luglio 1991, n. 240, recante “Norme per l'applicazione del regolamento n. 85/2137/CEE relativo all'istituzione di un Gruppo europeo di interesse economico GEIE, ai sensi dell'art. 17 della legge 29 dicembre 1990, n. 428”. Il Gruppo deve essere costituito da soggetti (persone fisiche o giuridiche) appartenenti ad almeno due Stati membri differenti, allo scopo di facilitare o sviluppare le attività economiche dei suoi membri, mettendo in comune risorse, attività, esperienze.

[301]  Il regime di trasparenza fiscale, disciplinato dall’articolo 115 del TUIR, è un regime opzionale, in applicazione del quale le società di capitali, le cooperative e le società di mutua assicurazione, partecipate, in misura non inferiore al 10 per cento né superiore al 50 per cento, da altre analoghe società, imputano il reddito complessivo prodotto direttamente a ciascun socio, proporzionalmente alla partecipazione agli utili e indipendentemente dalla loro effettiva percezione. L’opzione può inoltre essere esercitata dalle società a responsabilità limitata e cooperative con volume di ricavi non superiore a determinati limiti e compagine sociale composta esclusivamente da persone fisiche, in numero non superiore a 10 (20 nel caso di società cooperative).

[302]  L’ammortamento è una procedura che consente di ripartire, ai soli fini fiscali, il costo sostenuto per l’acquisto di beni con utilità pluriennale in quote annue.

[303]  Si veda il D.M. 31 dicembre 1988 (Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 febbraio 1989, n. 27).

[304]“Misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione”.

[305]Tale comma ha appunto disposto, per la salvaguardia dell'occupazione della gente di mare, a decorrere dal 1° gennaio 1998, l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti per legge a favore delle e imprese armatrici, per il personale avente i requisiti di cui all'articolo 119 del codice della navigazione ed imbarcato su navi iscritte nel Registro internazionale, nonché per lo stesso personale suindicato.

[306]Alle imprese armatrici di unità da pesca che ottemperino a quanto stabilito dall’articolo 3 del regolamento (CE) n. 2847/93 del Consiglio, del 12 ottobre 1993, che intendano conseguire per le stesse l’abilitazione alla categoria di pesca appropriata all’attività cui il peschereccio è funzionalmente orientato, nonché alle imprese armatrici di unità da pesca esistenti ed aventi lunghezza fra le perpendicolari superiore a diciotto metri che debbano essere adeguate alle previsioni di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298, è concesso un contributo in conto capitale sulle spese di investimento per gli interventi strutturali di adeguamento necessari. A tale fine è autorizzata la spesa di 7,50 milioni di euro per l’anno 2002 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003 e 2004.

[307]Legge 9 gennaio 2006, n. 13, Disposizioni per la sicurezza della navigazione, per favorire l’uso di navi a doppio scafo e per l’ammodernamento della flotta.

[308]Regolamento (CEE) n. 2847/93 del Consiglio, del 12 ottobre 1993, che istituisce un regime di controllo applicabile nell'ambito della politica comune della pesca.

[309]Direttiva 93/103/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca (tredicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE), attuata con d.lgs. 17 agosto 1999, n. 298.

[310]Decisione n. 884/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, Modifica della decisione n. 1692/96/CE sugli orientamenti comunitari per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti.

[311]Decisione n. 1692/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 1996, Orientamenti comunitari per lo sviluppo della TEN-T.

[312]D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 29 novembre 2007, n. 222.

[313]D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria.

[314]Il decreto è stato pubblicato nella G.U. 31 dicembre 2007, n. 302.

[315]D.L. 28 dicembre 1998, n. 451, Disposizioni urgenti per gli addetti ai settori del trasporto pubblico locale e dell'autotrasporto.

[316]D.L. 28 dicembre 1998, n. 451, Disposizioni urgenti per gli addetti ai settori del trasporto pubblico locale e dell'autotrasporto.

[317]Legge 23 dicembre 1999, n. 488.

[318]D.L. 22 giugno 2000, n. 167, Disposizioni urgenti in materia di autotrasporto convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, Legge 10 agosto 2000, n. 229.

[319]Legge 28 dicembre 2001, n. 448.

[320]D.L. 30 settembre 2003, n. 269, Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici.

[321]Legge 30 dicembre 2004, n. 311.

[322]Legge 23 dicembre 2005, n. 266.

[323]Legge 27 dicembre 2007, n. 296.

[324]V. supra.

[325]Legge 1 marzo 2005, n. 32, Delega al Governo per il riassetto normativo del settore dell'autotrasporto di persone e cose.

[326]Legge 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[327]Decreto legge 28 dicembre 2006, n. 300, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative, convertito dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17.

[328]Decreto legislativo 22 dicembre 2000, n. 395, Attuazione della direttiva 98/76/CE del 1° ottobre 1998 del Consiglio dell'Unione europea, modificativa della direttiva 96/26/CE del 29 aprile 1996 riguardante l'accesso alla professione di trasportatore su strada di merci e di viaggiatori, nonché il riconoscimento reciproco di diplomi, certificati e altri titoli allo scopo di favorire l'esercizio della libertà di stabilimento di detti trasportatori nel settore dei trasporti nazionali ed internazionali.

[329]V. supra.

[330]V. supra.

[331]  L’autorizzazione è relativa a 50 miliardi di lire per ciascuno degli anni 1997, 1998 e 1999.

[332]  Recante “Istituzione dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.)”.

      La tabella C allegata alla presente legge, che indica gli stanziamento autorizzati in relazione a disposizioni di legge la cui quantificazione annua è demandata alla legge finanziaria, per il citato D.Lgs. n. 250 del 1997, autorizza stanziamenti per 60,634 milioni di euro per l’anno 2008.

[333]  Le disposizioni di attuazione, espressamente richiamate dal comma 237 in esame, sono:

-        l’articolo 9 del D.L. 30 dicembre 2004, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2005, n. 21;

-        il regolamento di cui al D.P.R. 22 dicembre 2004, n. 340, "Regolamento recante disciplina delle agevolazioni tariffarie, in materia di servizio di trasporto ferroviario di passeggeri e dell'incentivazione del trasporto ferroviario combinato, accompagnato e di merci pericolose, a norma dell'articolo 38 della L. 1° agosto 2002, n. 166";

-        il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 20 maggio 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 20 luglio 2005, n. 167.

[334]  Per trasporto combinato, ai fini del citato articolo 38, comma 5, si intendente il trasporto di merci effettuato per la parte iniziale o terminale su strada e per la restante parte su ferrovia, senza rottura di carico.

[335]  Pubblicato sulla G.U. 20 luglio 2005, n. 167.

[336]  Le disposizioni di attuazione, espressamente richiamate dal comma 241 in esame, sono:

-        l’articolo 9 del D.L. 30 dicembre 2004, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2005, n. 21;

-        gli articolo 14 e 15 del regolamento di cui al D.P.R. 22 dicembre 2004, n. 340, "Regolamento recante disciplina delle agevolazioni tariffarie, in materia di servizio di trasporto ferroviario di passeggeri e dell'incentivazione del trasporto ferroviario combinato, accompagnato e di merci pericolose, a norma dell'articolo 38 della L. 1° agosto 2002, n. 166".

[337]  Per trasporto accompagnato si intende il trasporto di merci, caricate su veicoli adibiti al trasporto su strada, mediante carri ferroviari speciali.

[338]  Direttiva 2004/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, che modifica la direttiva 97/68/CE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai provvedimenti da adottare contro l'emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante prodotti dai motori a combustione interna destinati all'installazione su macchine mobili non stradali. La direttiva è stata recepita con decreto ministeriale 2 marzo 2006 (supplemento ordinario n. 47 alla Gazzetta Ufficiale del 21 febbraio 2007, n. 43).

[339]Cfr. http://www.camera.it/_dati/leg15/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/057/002a1/
INTERO.pdf.

[340]Cfr. www.infrastrutturetrasporti.it/sites/varifiles/DPEF08-12_COMPL_01.pdf (pag. 38).

[341]Per informazioni sullo stato dell’opera si rinvia alla scheda n. 38 del 3° Rapporto per la VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici redatto dal Servizio studi, su Le infrastrutture strategiche in Italia: l’attuazione della “legge obiettivo” del luglio 2007.

[342]Tale legge, istitutiva del citato fondo - presso il Ministero dello sviluppo economico - per la realizzazione di infrastrutture al servizio dei sistemi fieristici di rilevanza nazionale, con una dotazione finanziaria annua pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, ha altresì previsto che, a decorrere dall'anno 2008, al rifinanziamento del Fondo si provveda ai sensi dell'art. 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

[343]  Con l’espressione “limite di impegno” si indicano stanziamenti pluriennali di importo costante che corrispondono a contributi da erogarsi a carico del bilancio dello Stato in favore di soggetti non statali, finalizzati a permettere l’accensione di mutui per la realizzazione di investimenti. Il contributo concesso è volto a coprire, interamente o parzialmente, le rate di ammortamento del mutuo contratto. L’autorizzazione di un limite di impegno e la connessa finalizzazione alla accensione di un mutuo devono essere previste con apposita disposizione di legge.

[344]  Come modificato dall’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 6 settembre 2002, n. 194, convertito dalla legge 31 ottobre 2002, n. 246 e, successivamente, dall’articolo 32, comma 49-bis, del decreto-legge 24 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

[345]  In particolare, la norma stabilisce che le annualità non utilizzate dei limiti di impegno, da conservare in bilancio in attesa dell'inizio del periodo di ammortamento, siano eliminate dal conto residui e reiscritte in conto competenza alla fine del periodo di ammortamento, a condizione che l’impegno formale avvenga entro l’esercizio finanziario successivo a quello della prima iscrizione in bilancio.

[346]  Pubblicato nella G.U. 2 novembre 2005, n. 255.

[347]  Nel D.P.R. si ricorda che sono stati sottoscritti rispettivamente il 18 ottobre 2003 e il 16 novembre 2004 il «Contratto con la città ospite per i XVI Giochi del Mediterraneo del 2009» tra il Comitato internazionale dei giochi del Mediterraneo (CIJM), la città di Pescara ed il Comitato Nazionale Olimpico Italiano e l’atto costitutivo del «Comitato organizzatore dei XVI Giochi del Mediterraneo - Pescara 2009».

[348]In attuazione di quanto previsto dall’articolo 5 del decreto-legge n. 269 del 2003, è stato emanato il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 dicembre 2003.

[349]  L’articolo 107 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385) prevede l’iscrizione in un elenco speciale degli intermediari finanziari che presentano determinati requisiti, relativi all'attività svolta, alla dimensione e al rapporto tra indebitamento e patrimonio, individuati dal Ministro del tesoro, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB.

[350]Fanno parte dei compiti spettanti alla gestione separata anche le attività strumentali, connesse e accessorie.

[351]  Pubblicato nella G.U. del 24 ottobre 2005, n. 248.

[352]  Nel D.P.R. si ricorda che è stato siglato, in data 9 maggio 2005, un protocollo di intesa tra il Comune di Roma, Università degli studi di Roma «Tor Vergata», il Coni, e il S.I.I.T., Lazio, Abruzzo e Sardegna. Secondo il protocollo i lavori avranno la durata di due anni circa per una cifra intorno ai 60 milioni di euro, interamente finanziata dal Comune con i fondi per Roma Capitale. Gli interventi consisteranno nella realizzazione di un palazzo dello sport per 8.000 spettatori; un palazzo del nuoto con posti per 4.500 spettatori, un parco attrezzato con campi all'aperto di atletica leggera, calcio, calcetto, basket, un'arena per grandi eventi, servizi complementari, viabilità e parcheggi. Si ricorda, infine, che, in data 11 ottobre 2005, si è tenuta, presso il Dipartimento della protezione civile, una riunione con i rappresentanti delle amministrazioni interessate nella quale è stato definito un percorso amministrativo, finanziario e di gestione relativo alla realizzazione delle opere e degli interventi funzionali alla celebrazione dei mondiali di «nuoto 2009».

[353]  Le informazioni raccolte su tale associazione sono tratte dal sito internet http://preview.e-tree.com/ciclismo/associazione.html

[354]  L. 3 giugno 1999, n. 157, Nuove norme in materia di rimborso delle spese per consultazioni elettorali e referendarie e abrogazione delle disposizioni concernenti la contribuzione volontaria ai movimenti e partiti politici.

[355]  L. 10 dicembre 1993, n. 515, Disciplina delle campagne elettorali per l’elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica.

[356]  L. 23 febbraio 1995, n. 43, Nuove norme per la elezione dei consigli delle regioni a statuto ordinario.

[357]  L’art. 39-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (conv. con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248) ha in questo senso modificato in varie parti la L. 157/1999.

[358]  Il Regolamento recante le modalità di gestione e funzionamento del fondo è stato adottato con il D.M. Economia e finanze 22 febbraio 2007, n. 31.

[359]  Al riguardo si veda la L. 29 novembre 2004, n. 298, Interpretazione autentica dell'articolo 1, comma 1, della L. 3 giugno 1999, n. 157 e dell'articolo 6, comma 2, secondo periodo, della L. 23 febbraio 1995, n. 43, in materia di rimborso per le spese elettorali sostenute dai movimenti o partiti politici per il rinnovo dei consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano.

[360]Art. 39-quaterdecies D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 febbraio 2006, n. 51.

[361]  Tabella 2 Ministero dell’economia e delle finanze. U.p.b. 21.1.3 (Organi costituzionali – oneri comuni di parte corrente) Capitolo 1638 (Fondi relativi alle spese elettorali per il rinnovo del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati, del Parlamento europeo e dei consigli regionali).

[362]D.M. Economia e finanze 28 dicembre 2007, Ripartizione in capitoli delle Unità previsionali di base relative al bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2008, pubblicato nel S.O. n. 288 alla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 31 dicembre 2007.

[363]  Corretta con Comunicato 18 ottobre 2005 (Gazz. Uff. 18 ottobre 2005, n. 243).

[364]  Corretta con Comunicato 7 maggio 2007 (Gazz. Uff. 7 maggio 2007, n. 104).

[365]  Dati tratti dal 3° rapporto predisposto dal Servizio studi della Camera su Le infrastrutture strategiche in Italia: l’attuazione della “legge obiettivo” (luglio 2007).

[366]  Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1988).

[367]L’articolo 4, comma 15, della legge n. 412 del 1991 prevede che gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, i policlinici universitari a diretta gestione, gli ospedali classificati, gli istituti zoo-profilattici sperimentali e l'Istituto superiore di sanità possono essere ammessi direttamente a beneficiare degli interventi di cui all'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, su una apposita quota di riserva determinata dal CIPE.

[368]Cfr. l’articolo 63 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002).

[369]Il finanziamento iniziale del citato programma era pari a 30.000 miliardi di lire (euro 15.493.706.972,68). Gli interventi si sono articolati in due fasi: la prima si è conclusa nel 1996, l’altra è tuttora in corso. Per tale seconda fase la disponibilità finanziaria iniziale ammontava a 10.639.012.121,24 euro, di cui una prima tranche è stata ripartita con la delibera CIPE 6 maggio 1998, n. 53, per il completamento delle strutture iniziate e per gli interventi volti alla sicurezza. Le risorse sopra indicate sono state successivamente integrate dalla legge finanziaria per il 2000 (legge 23 dicembre 1999, n. 488), che ha stabilito un finanziamento per il programma di potenziamento della radioterapia, pari a 15.493.706,98. Un ulteriore integrazione è stata apportata dalla legge finanziaria per il 2001 (legge 23 dicembre 2000, n. 388), che ha incrementato le suddette risorse di euro 2.065.827.596,36 .

[370]  Cfr. l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 450, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 39.

[371]  Si tratta delle risorse per il progetto “sanità sviluppo economico”.

[372]  Il quadro strategico è stato approvato dal CIPE, nella seduta del 22 dicembre 2006. Esso è elaborato in attuazione della politica di coesione comunitaria (articolo 27 del Regolamento generale CE 1083/2006 sui Fondi strutturali).

[373]Si tratta, in sintesi, di interventi di adeguamento strutturale ed antisismico degli edifici del sistema scolastico, nonché per la costruzione di nuovi immobili sostitutivi degli edifici esistenti, laddove indispensabili a sostituire quelli a rischio sismico (comma 276), di interventi di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico (comma 279) e di interventi per varie finalità assistenziali (comma 280):

[374]Il D.Lgs. n. 192 del 2005, attuativo della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia, è stato adottato sulla base della delega conferita dalla legge 31 ottobre 2003, n. 306 (Legge comunitaria 2003). Tale decreto è stato successivamente modificato ed integrato con il D.Lgs. 29 dicembre 2006, n. 311, adottato per rendere il decreto n. 192 maggiormente rispondente alle prescrizioni della direttiva comunitaria.

[375]Tale comma dispone che la conformità delle opere realizzate rispetto al progetto e alle sue eventuali varianti ed alla relazione tecnica, nonché l'attestato di qualificazione energetica dell'edificio come realizzato, debbano essere asseverati dal direttore dei lavori e presentati al comune di competenza contestualmente alla dichiarazione di fine lavori senza alcun onere aggiuntivo per il committente. La dichiarazione di fine lavori è inefficace a qualsiasi titolo se la stessa non è accompagnata da tale documentazione asseverata.

[376]I livelli essenziali di assistenza in materia sanitaria sono fissati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001.

[377]Cfr. l'articolo 96, commi 6 e 6-bis del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza).

[378]L’articolo 24 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272 prevede che le misure cautelari, le misure alternative, le sanzioni sostitutive, le pene detentive e le misure di sicurezza si eseguono secondo le norme e con le modalità previste per i minorenni anche nei confronti di coloro che nel corso dell'esecuzione abbiano compiuto il diciottesimo ma non il ventunesimo anno di età. L'esecuzione rimane affidata al personale dei servizi minorili (comma 1). Le disposizioni in esame si applicano anche quando l'esecuzione ha inizio dopo il compimento del diciottesimo anno di età (comma 2).

[379]I capitoli dello stato di previsione del Ministero della giustizia afferenti alla medicina penitenziaria sono i seguenti: nel programma 1.1 amministrazione penitenziaria, i capitoli 1600 (stipendi ed altri assegni fissi al personale), 1607 (oneri sociali a carico dell’amministrazione sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti), 1608 (somme dovute a titolo di imposta regionale sulle attività produttive sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti), 1633 (stipendi ed altri assegni fissi al personale medico e paramedico dell’amministrazione penitenziaria), 1761 (spese di ogni genere riguardanti il mantenimento, l’assistenza, la rieducazione ed il trasporto di detenuti); nel programma 1.3 giustizia minorile, i capitoli 2000 (stipendi e altri assegni fissi al personale – profilo psicologo), 2031 (oneri sociali a carico dell’amministrazione sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti), 2032 (somme dovute a titolo di imposta regionale sulle attività produttive sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti), 2135 (spese per gli interventi per minori tossicodipendenti, tossico fili, portatori di patologie psichiche).

[380]Delega al Governo per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale e per l'adozione di un testo unico in materia di organizzazione e funzionamento del Servizio sanitario nazionale. Modifiche al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.

[381]L'articolo 5, comma 2, della legge n. 419 del 1998 prevede che, entro diciotto mesi dall'entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione (decreto legislativo n. 230 del 1999), il Governo adotti, anche con riferimento all'esito della sperimentazione, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive del suddetto decreto.

[382]Cfr. il D.M. 21 aprile 2000.

[383]D.M. 20 aprile 2000.

[384]L’articolo 7 della legge n. 59 del 1997 prevede che, ai fini della attuazione dei decreti legislativi volti a conferire alle regioni e agli enti locali funzioni e compiti amministrativi, si provvede, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti i Ministri interessati e il Ministro del tesoro, alla puntuale individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire, alla loro ripartizione tra le regioni e tra regioni ed enti locali ed ai conseguenti trasferimenti.

[385]  Si ricorda che all'aggiornamento dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa provvede, ai sensi dell’art. 8, comma 4, della legge n. 431 del 1998, il CIPE con propria delibera, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di intesa con i Ministri dell'interno e della giustizia. Il CIPE ha aggiornato gli elenchi con una serie di delibere e, da ultimo, con delibera 13 novembre 2003, n. 87 (G.U. 18 febbraio 2004, n. 40). L’elenco dei comuni è consultabile anche sul sito internet: http://www.confedilizia.it/elenco%20comuni%20alta%20tensione%20abitativa.htm

[386]  http://www.cestim.it/argomenti/01casa/proposta_ance_2004.pdf

[387]  Cfr. www.infrastrutturetrasporti.it/sites/varifiles/DPEF08-12_COMPL_01.pdf (pag. 17), ove si legge che “l’esempio lombardo costituisce punto di riferimento da implementare in altre realtà territoriali ai fini della realizzazione di importanti arterie autostradali”.

[388]L’ultima relazione sullo stato di attuazione della legge recante interventi per la salvaguardia di Venezia (aggiornate al 31 dicembre 2005) (Doc. CXLVII, n. 5) è stata trasmessa alle Camere il 15 giugno 2007.

      In tale documento viene fornito un quadro riepilogativo dei finanziamenti alla data del 31 dicembre 2005 assegnati dallo Stato per la salvaguardia di Venezia (ivi compresi quelli assegnati dal CIPE al “Sistema MO.S.E.” nell’ambito del programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443/2001) che ammontano a 8,5 miliardi di euro.

      A tale importo va poi aggiunto il finanziamento di 380 milioni di euro disposto dalla delibera CIPE n. 74 del 29 marzo 2006 per la continuazione dei lavori relativi al “progetto per la salvaguardia della laguna e della città di Venezia: Sistema MO.S.E.” a valere sui fondi recati dall’art. 1, comma 78, della legge n. 266/2005.

      Lo stanziamento complessivo (escluse le somme autorizzate dal comma in esame) risulta quindi di circa 8,9 miliardi di euro.

      Nella medesima relazione si auspica lo stanziamento di “ulteriori fondi per la legislazione speciale per Venezia” per proseguire “in una visione sistemica e globale dell’opera di salvaguardia”.

[389]Legge 21 dicembre 2001, n. 443, Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive.

[390]  L. 7 agosto 1990, n. 250, recante Provvidenze per l'editoria e riapertura dei termini, a favore delle imprese radiofoniche, per la dichiarazione di rinuncia agli utili di cui all'articolo 9, comma 2, della L. 25 febbraio 1987, n. 67, per l'accesso ai benefici di cui all'articolo 11 della legge stessa.

[391]  Deve trattarsi di imprese costituite come cooperative giornalistiche da almeno tre anni (art. 3, co. 2) ovvero la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni ed enti morali nona venti scopo di lucro (art. 3, co. 2-bis).

[392]  D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, recante Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale.

[393]  L. 6 agosto 1990, n. 223, recante Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato.

[394]  L. 3 maggio 2004, n. 112, recante Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione.

[395]  In particolare, è previsto che le imprese editrici:

-       editino la testata stessa da almeno tre anni;

-       abbiano acquisito, nell'anno di riferimento dei contributi, entrate pubblicitarie che non superino il 30 per cento dei costi complessivi dell'impresa risultanti dal bilancio dell'anno medesimo;

-       abbiano adottato con norma statutaria il divieto di distribuzione degli utili nell'esercizio di riscossione dei contributi e nei dieci esercizi successivi;

-       la testata edita abbia diffusione formalmente certificata pari ad almeno il 25 per cento della tiratura complessiva per le testate nazionali e ad almeno il 40 per cento per quelle locali;

-       abbiano sottoposto l'intero bilancio di esercizio cui si riferiscono i contributi alla certificazione di una società di revisione scelta tra quelle di cui all'elenco apposito previsto dalla CONSOB.

[396]  Ai quotidiani italiani editi e diffusi all’estero non si applica il requisito di cui alla lettera e) del comma 2 (la testata edita abbia diffusione formalmente certificata pari ad almeno il 25 per cento della tiratura complessiva per le testate nazionali e ad almeno il 40 per cento per quelle locali).

[397]  Tra le cooperative giornalistiche sono comprese anche quelle di cui all'art. 52 della legge 5 agosto 1981, n. 416. L'art. 52 definisce cooperative giornalistiche anche quelle che entro il 31 dicembre 1980 risultano già costituite tra giornalisti e poligrafici nonché le cooperative femminili aderenti alle associazioni nazionali di rappresentanza del movimento cooperativo anche se costituite da non giornalisti professionisti, editrici di giornali regolarmente registrati presso la cancelleria del tribunale entro la stessa data.

[398]  L’attuale disciplina sui requisiti per l’accesso ai contributi ai giornali di partito previsti dal comma 10 dell’articolo 3 della citata legge n. 250 del 1990 è contenuta nell’articolo 153 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001).

I contributi sono riservati alle imprese editrici di quotidiani e periodici – anche telematici – organi o giornali di forze politiche che:

-       abbiano il proprio gruppo parlamentare in una delle Camere;

-       abbiano rappresentanze nel Parlamento europeo o siano espressione di minoranze linguistiche riconosciute avendo almeno un rappresentante in un ramo del Parlamento italiano nell’anno di riferimento dei contributi.

Il DPR n. 525 del 2 dicembre 1997, come integrato dal DPR 7 novembre 2001, n. 460, ha precisato che per “rappresentanze” nel Parlamento europeo si intendono almeno due deputati eletti delle liste del movimento stesso.

Il comma 3-ter, dell’articolo 20 del DL 223/2006, per ovviare ai problemi sorti con l’unificazione di diverse forze politiche in un solo gruppo parlamentare, ha recentemente disposto che per accedere ai contributi non sia più necessario il requisito della rappresentanza parlamentare per le imprese editrici di quotidiani o periodici che risultino essere giornali o organi di partiti o movimenti politici, che alla data del 31 dicembre 2005 abbiano già maturato il diritto ai contributi in questione.

[399]  Qualora le entrate pubblicitarie siano inferiori al 25 per cento dei costi di esercizio annuali, compresi gli ammortamenti, è concesso un ulteriore contributo integrativo pari al 50 per cento del contributo in commento. La somma di tutti i contributi non può comunque superare l'80 per cento della media dei costi citata.

[400]  L. 7 agosto 1990, n. 230, recante Contributi alle imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale.

[401]  Rinnovo della L. 5 agosto 1981, n. 416, recante disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l'editoria.

[402]  Provvidenze per l'editoria e riapertura dei termini, a favore delle imprese radiofoniche, per la dichiarazione di rinuncia agli utili di cui all'articolo 9, comma 2, della L. 25 febbraio 1987, n. 67, per l'accesso ai benefici di cui all'articolo 11 della legge stessa.

[403]  Disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l'editoria.

[404]D.L. 1° ottobre 2007, n. 259, recante Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222.

[405]  Alla legge n. 250 del 1990 è stata data attuazione con il D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 525 “Regolamento recante norme per la concessione dei contributi e delle provvidenze all'editoria, in attuazione della L. 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni”.

[406]Deve trattarsi di imprese costituite come cooperative giornalistiche da almeno tre anni (art. 3, co. 2) ovvero la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni ed enti morali nona venti scopo di lucro (art. 3, co. 2-bis).

[407]Un ulteriore contributo per copia stampata pari a 0,2 euro fino a 30.000 copie di tiratura media è corrisposto alle imprese editrici di periodici esercitate da cooperative, fondazioni o enti morali (comma 3).

[408]  In particolare si tratta di contributi annui di 500 milioni di lire (258,2 migliaia di euro) da 10.000 a 30.000 copie di tiratura media giornaliera e – per ogni 10.000 copie di tiratura media giornaliera - 300 milioni di lire (155,0 migliaia di euro) dalle 30.000 alle 150.000 copie; 200 milioni di lire (103,3 migliaia di euro) dalle 150.000 alle 250.000 copie e 100 milioni di lire (51,7 migliaia di euro) oltre le 250.000 copie.

[409]  In particolare confluiscono nel Fondo per le aree sottoutilizzate gli stanziamenti relativi alle leggi sottoelencate:

-          legge n. 64 /1986 relativa all'intervento straordinario nel Mezzogiorno;

-          legge n. 208/1998, art. 1, comma 1, Fondo aree depresse (risorse aggiuntive);

-          legge n. 488/1999, art. 27, comma 11, Fondo per l'imprenditoria giovanile;

-          legge n. 388/2000, art. 8, Credito di imposta per investimenti;

-          legge n. 388/2000, art. 7, Credito di imposta per nuovi assunti.