Conflitti di interessi – La legge n. 215 del 2004

L’attività parlamentare nelle precedenti legislature

La questione dei conflitti di interessi ha trovato una definizione legislativa nel nostro ordinamento per la prima volta nella XIV legislatura, con l’approvazione della L. 215/2004[1].

Il tentativo di disciplinare la materia, infatti, era già stato affrontato nelle precedenti due legislature senza alcun esito legislativo, nonostante l’iter parlamentare fosse giunto, in entrambi casi, all’avanzata fase della deliberazione da parte di una delle due Camere.

 

Nella XII legislatura, Il Presidente del Consiglio pro tempore Berlusconi, con D.P.C.M. 12 maggio 1994, aveva costituito un Comitato di esperti con il compito di studiare gli aggiornamenti e le integrazioni della legislazione vigente allo scopo di evitare qualsiasi ipotesi di commistione di interessi pubblici e privati in chi ricopre cariche di Governo. Nel settembre 1994 il Comitato presentava un documento conclusivo, recante uno schema di articolato successivamente formalizzato dal Governo (A.S. 1082) e presentato al Senato. Approvato il 13 luglio 1995 in un testo unificato con gli abbinati disegni di legge d’iniziativa parlamentare, il disegno di legge è stato trasmesso alla Camera, che non ne ha iniziato l’esame.

Nella XIII legislatura la Camera ha approvato il 22 aprile 1998 a larghissima maggioranza un testo unificato di alcune proposte di iniziativa parlamentare. Tra di esse, la proposta di legge A.C. 3612, d’iniziativa del deputato Veltri, riproponeva in larga misura i contenuti del testo unificato approvato in prima lettura dal Senato nella precedente legislatura, e la proposta di legge A.C. 4410 (on. Berlusconi ed altri) riproduceva, con alcune modifiche, il disegno di legge presentato dallo stesso Berlusconi nella XII legislatura. Al Senato il testo proveniente dalla Camera è stato esaminato congiuntamente ad altre proposte parlamentari nel corso di un iter a più riprese interrotto, fino alla sua approvazione con modificazioni, il 27 febbraio, in una situazione di forte divaricazione tra maggioranza e opposizione. La Camera non ne ha ripreso l’esame per il sopraggiunto scioglimento anticipato.

L’iter della legge

La L. 215/2004 prende le mosse da un’iniziativa governativa (C. 1707) presentata alla Camera il 4 ottobre 2001; ad essa sono state abbinate altre cinque proposte presentate da esponenti di opposizione.

La legge è stata deliberata a seguito di un lungo iter arricchito, in entrambe le Camere, con audizioni di accademici ed esperti.

 

All’originario disegno di legge sono state abbinate, durante l’esame in sede referente presso la Commissione affari costituzionali, le proposte di iniziativa parlamentare A.C. 210 (Piscitello), A.C. 1865 (Bressa ed altri), A.C. 2148 (Soda), A.C. 2191 (Bertinotti ed altri) e A.C. 2214 (Rutelli ed altri).

Nel corso dell’esame, la I Commissione ha svolto, nelle sedute del 28 e 29 gennaio 2002, alcune audizioni volte ad approfondire le problematiche inerenti la disciplina per la risoluzione dei conflitti di interessi.

Accanto alla relazione di maggioranza, presentata dalla I Commissione il 22 febbraio 2002 sul testo licenziato per l’Assemblea (A.C. 1707-A), sono state presentate due relazioni di minoranza (A.C. 1707-A-bis ed A.C. 1707-A-ter).

L’articolato, approvato dall’Assemblea della Camera il 28 febbraio 2002, è stato trasmesso al Senato (A.S. 1206); ad esso sono state abbinati i disegni di legge A.S. 9 (Angius e altri), A.S. 36 (Cambursano), A.S. 203 (Cavallaro e altri), A.S. 1017 (Ripamonti), A.S. 1174 (Malabarba e altri), A.S. 1250 (Angius e altri) ed A.S. 1255 (Villone e altri). La 1ª Commissione del Senato ha presentato, il 18 giugno 2002, una relazione di maggioranza (A.S. 1206-A) ed una di minoranza (A.S. 1206-A-bis).

L’Assemblea del Senato ha approvato il disegno di legge, con modificazioni, nella seduta del 4 luglio 2002.

Il disegno di legge è stato nuovamente approvato dalla Camera dei deputati, con ulteriori modifiche relative alle sole modalità di copertura finanziaria, il 22 luglio 2003 (A.C. 1707-B). Nel successivo passaggio al Senato, giunto a conclusione il 10 marzo 2004, è stata approvata una modifica che ha richiesto un’ulteriore trasmissione alla Camera, ove il testo (A.C. 1707-D) è stato definitivamente approvato il 13 luglio 2004.

Si segnala che il 30 marzo 2006, durante il periodo di scioglimento delle Camere, è stata presentata al Senato la proposta A.S. 3799 (Passigli) volta a introdurre nuove norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi e ad abrogare la L. 215/2004.

Il contenuto della legge

Composta da dieci articoli, la L. 215/2004 affronta il tema dei conflitti di interessi che possono riguardare determinati titolari di incarichi pubblici i quali siano, al contempo, titolari di attività economiche di rilevante portata.

Destinatari

Preliminarmente, la legge individua (articolo 1) i destinatari della disciplina nei “titolari di cariche di Governo”, nel cui ambito sono ricompresi il Presidente del Consiglio e i ministri, i vice ministri, i sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo. Ad essi, la legge impone di dedicarsi esclusivamente alla cura degli interessi pubblici e di astenersi dal compimento di atti – inclusa la partecipazione a deliberazioni collegiali – “in situazione di conflitto di interessi”.

La definizione di conflitto di interessi, ai fini dell’individuazione degli atti dai quali è obbligatorio astenersi, è resa dal successivo art. 3.

Incompatibilità e conflitto di interessi

La disciplina delle incompatibilità è recata dall’articolo 2, in cui sono elencate le cariche, gli uffici e le attività la cui titolarità o il cui esercizio risulta incompatibile con la titolarità di cariche di Governo. La disposizione colma una lacuna dell’ordinamento che, a livello nazionale, prevedeva cause di incompatibilità per i soli parlamentari ma non anche per i componenti del Governo.

L’incompatibilità riguarda:

§      ogni carica o ufficio pubblico, ad eccezione delle cariche o uffici inerenti alle funzioni svolte dal soggetto in quanto titolare di cariche di Governo; del mandato parlamentare; delle cariche che risultano compatibili con il mandato parlamentare ai sensi dell’art. 1, secondo comma, della L. 60/1953[2];

§         cariche, uffici o funzioni in enti di diritto pubblico, anche economici;

§         cariche, uffici, funzioni o compiti di gestione in società aventi fini di lucro o in attività di rilievo imprenditoriale, o in associazioni o società tra professionisti. L’imprenditore individuale provvede a nominare uno o più institori, ai sensi del codice civile[3];

§         l’esercizio di attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di Governo;

§         l’esercizio di qualsiasi tipo di impiego o lavoro sia pubblico che privato.

Per effetto della successiva L. 88/2005[4], di conversione del D.L. 44/2005, è venuta meno l’incompatibilità tra le cariche di Governo e quella di amministratore locale: l’art. 3-ter del decreto, introdotto in sede di conversione, novella infatti il comma 1, lett. a) dell’art. 2 in commento per aggiungere alle eccezioni ivi elencate quella relativa alla carica di amministratore di enti locali, come definita dall’art. 77, co. 2, del Testo unico sugli enti locali[5].

 

Tale disposizione individua come segue gli amministratori degli enti locali:

§       i sindaci, anche metropolitani, e i presidenti delle province;

§       i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province;

§       i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali;

§       i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali;

§       i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane;

§       i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali;

§       i componenti degli organi di decentramento.

 

Gli incarichi e le funzioni incompatibili cessano con effetto dalla data del giuramento relativo agli incarichi di Governo e comunque dalla data di effettiva assunzione delle cariche.

Dal tenore letterale della norma sembrerebbe configurarsi una cessazione ipso iure degli incarichi, uffici o funzioni; si segnala tuttavia che il successivo articolo 6 sembrerebbe invece richiedere o presupporre un apposito atto, prevedendo che sia l’Autorità garante della concorrenza e del mercato a promuovere, presso gli enti o organismi competenti, la rimozione o la decadenza dalla carica o dall’ufficio.

Dagli incarichi e funzioni incompatibili non può derivare, per tutta la durata della carica di Governo, alcuna forma di retribuzione o vantaggio per il titolare. Dopo il termine dell’incarico di Governo, l’incompatibilità sussiste per ulteriori dodici mesi nei confronti di cariche in enti di diritto pubblico e in società con fini di lucro che operano in settori connessi con la carica ricoperta. Quanto ai rapporti d’impiego o di lavoro pubblico o privato, è previsto il collocamento in aspettativa.

 

La legge individua quindi le situazioni in cui si determina il conflitto di interessi (artcolo 3).

Esso sussiste quando il titolare di cariche di Governo partecipa all’adozione di un atto – anche formulando la proposta – o omette un atto dovuto:

§         trovandosi in situazione di incompatibilità ai sensi del precedente art. 2;

§         avendo l’atto o l’omissione un’“incidenza specifica e preferenziale” sul patrimonio del titolare, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado, ovvero delle imprese o società da essi controllate, con danno per l’interesse pubblico.

A fini interpretativi, giova rimarcare che:

§         la situazione di conflitto non concerne (solo) l’adozione di atti, bensì la partecipazione a tale adozione: può dunque trattarsi di deliberazioni collegiali ovvero di atti conseguenti all’adozione di un procedimento al quale il titolare di cariche di governo prende parte, anche attraverso la formulazione della proposta;

§         la situazione di conflitto può derivare anche da un’omissione, quando essa abbia ad oggetto un atto dovuto (non sembra dunque rilevare l’omissione di un atto qualora residui un margine di discrezionalità in ordine alla sua adozione);

§         l’incidenza patrimoniale dell’atto o dell’omissione dev’essere non solo specifica ma “preferenziale”: aggettivo che sembra di poter interpretare quale richiedente un diverso (e migliore) effetto patrimoniale nei confronti del titolare (o dei parenti), rispetto alla generalità dei soggetti in atto o potenzialmente destinatari dell’atto o dell’omissione;

§         l’incidenza dell’atto o dell’omissione può riguardare non solo il patrimonio (personale) del titolare, coniuge o dei parenti entro il secondo grado, ma anche quello delle imprese o società da essi controllate. Il concetto di “controllo” è definito mediante rinvio all’art. 7 della L. 287/1990[6].

 

Ai sensi dell’art. 7 citato, si ha controllo:

§         nei casi contemplati dall’art. 2359 c.c., il quale considera controllate le società in cui un’altra società:

-          dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;

-          dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;

-          esercita un’influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali;

§         in presenza di diritti, contratti o altri rapporti giuridici che conferiscono, da soli o congiuntamente, e tenuto conto delle circostanze di fatto e di diritto, la possibilità di esercitare un’influenza determinante sulle attività di un’impresa, anche attraverso:

-          diritti di proprietà o di godimento sulla totalità o su parti del patrimonio;

-          diritti, contratti o altri rapporti giuridici che conferiscono un’influenza determinante sulla composizione, sulle deliberazioni o sulle decisioni degli organi.

Il controllo è acquisito dal soggetto che sia titolare o beneficiario dei rapporti giuridici suddetti ovvero che, pur non essendo titolare o beneficiario, abbia il potere di esercitare i diritti che ne derivano.

 

Al di fuori delle ipotesi di incompatibilità, per le quali l’insorgenza del conflitto è in re ipsa, il conflitto è configurato, come si è detto, in termini di “incidenza specifica e preferenziale” sul patrimonio del titolare e degli altri soggetti individuati: assume dunque rilievo la sola natura patrimoniale degli interessi. Ulteriore condizione che deve ricorrere perché si abbia conflitto è la sussistenza di un danno per l’interesse pubblico in conseguenza dell’atto.

La sussistenza di una situazione di conflitto di interessi (potenziale, deve intendersi) fa sorgere nel titolare della carica di governo l’obbligo di astensione di cui all’articolo 1.

 

Viene ribadita la validità delle norme generali poste a tutela della concorrenza[7] (articolo 4), stabilendo, tra l’altro, che la violazione del divieto di atti e comportamenti che costituiscano o mantengano una posizione dominante nel settore delle comunicazioni (ai sensi dell’art. 2 della L. 249/1997[8] e dell’art. 14 della L. 112/2004[9]) è sanzionata anche quando sia compiuta dall’impresa facente capo al titolare di cariche di Governo avvalendosi di atti posti in essere dal titolare medesimo. Resta altresì ferma, in presenza dei rispettivi presupposti, l’applicabilità delle norme civili, penali, amministrative e disciplinari vigenti.

È opportuno segnalare in questa sede che il riferimento alla L. 112/2004 è stato introdotto nell’articolo in esame dal successivo D.L. 233/2004[10], che ha inteso adeguare e coordinare alcuni passaggi della L. 215 con il dettato della L. 112/2004 (così detta “legge Gasparri”), che regola l’assetto del sistema radiotelevisivo e introduce, in particolare, il concetto di “sistema integrato delle comunicazioni” (v. capitolo Il riassetto del sistema radiotelevisivo).

Il decreto-legge, nello specifico, novella la legge in esame in soli due punti (artt. 4 e 7) con il dichiarato intento di introdurre richiami alla “legge Gasparri” o in sostituzione di norme superate, o in aggiunta a norme che restano in vigore, ma che sono divenute insufficienti a regolare le funzioni previste dalla legge sul conflitto di interessi in materia di comunicazione.

Obblighi di dichiarazione

Chi assume la titolarità di cariche di Governo ha l’obbligo di rendere note (articolo 5) all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (così detta “Anti-trust”):

§         l’eventuale titolarità di cariche o attività incompatibili;

§         tutti i dati relativi alle attività patrimoniali di cui sia titolare, o di cui sia stato titolare nei tre mesi precedenti.

 

Il termine per la presentazione della dichiarazione, complessivamente pari a 90 giorni, è sdoppiato in 30 giorni per la dichiarazione delle situazioni di incompatibilità, e in ulteriori 60 giorni per quella concernente le attività patrimoniali. Si precisa inoltre che tra le attività patrimoniali da dichiarare sono comprese le partecipazioni azionarie.

 

Gli obblighi di dichiarazione sono estesi al coniuge ed ai parenti entro il secondo grado. Le dichiarazioni sono rese anche all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, quando le incompatibilità o i dati patrimoniali afferiscano a settori di sua competenza. Le dichiarazioni incomplete o non veritiere o la mancata effettuazione delle dichiarazioni stesse costituiscono reato.

Le due menzionate Autorità di garanzia provvedono agli accertamenti di competenza, con le modalità di cui ai successivi articoli 6 e 7, entro i 30 giorni successivi al ricevimento delle dichiarazioni.

Competenze delle Autorità di garanzia

L’articolo 6 individua le nuove funzioni assegnate dalla legge all’Autorità garante della concorrenza e del mercato in materia di conflitti di interessi.

Nel dettaglio, l’Autorità è competente ad accertare la sussistenza di:

§         situazioni d’incompatibilità, di cui all’art. 2 della legge 215;

§         situazioni di conflitto d’interesse, ai sensi dell’art. 3.

Nel primo caso, l’Autorità promuove, nei casi d’inosservanza, gli adempimenti volti a superare la situazione di incompatibilità, eseguiti poi dagli organi di volta in volta competenti, e ne dà comunicazione ai Presidenti delle due Camere.

 

In particolare, l’Autorità, accertata la situazione di incompatibilità, promuove:

§         la rimozione o la decadenza dalla carica o dall’ufficio ad opera dell’Amministrazione competente o di quella vigilante l’ente o l’impresa;

§         la sospensione del rapporto di impiego o di lavoro pubblico o privato

§         la sospensione dall’iscrizione in albi e registri professionali, che deve essere richiesta agli ordini professionali per gli atti di loro competenza.

 

Nella seconda ipotesi, l’Autorità non ha poteri diretti nei confronti del titolare di cariche di Governo, ma comunica ai Presidenti delle Camere gli accertamenti svolti, indicando la situazione di privilegio. L’“Anti-trust” può invece diffidare ed eventualmente infliggere sanzioni pecuniarie alle imprese che pongano in essere comportamenti volti ad avvantaggiarsi degli atti adottati in situazioni di conflitto d’interesse.

La legge attribuisce all’Autorità anti-trust un potere di esame, controllo e verifica degli effetti dell’azione del titolare della carica di governo. Tale attività deve essere focalizzata a rilevare l’eventuale incidenza specifica e preferenziale, con danno per l’interesse pubblico, dell’azione del titolare della carica di governo sul proprio assetto patrimoniale, su quello del coniuge o dei parenti entro il secondo grado nonché su quello delle imprese o società da essi controllate.

È in ogni caso fatto salvo l’obbligo di denunzia all’autorità giudiziaria, quando i fatti abbiano rilievo penale.

Vengono indicate le modalità degli accertamenti dell’Anti-trust, che procede d’ufficio alle verifiche di competenza, valutate preventivamente e specificatamente le condizioni di proponibilità ed ammissibilità della questione.

 

A tale fine, l’Autorità corrisponde e collabora con gli organi delle Amministrazioni, acquisisce i pareri delle altre Autorità amministrative indipendenti competenti e le informazioni necessarie per l’espletamento dei compiti che il disegno di legge le affida, con i limiti opponibili all’autorità giudiziaria.

Nell’esercizio di tali funzioni, l’Autorità si avvale dei poteri riconosciuti dalla L. 287/1990, in quanto compatibili.

 

È garantita la partecipazione procedimentale dell’interessato ai sensi della L. 241/1990[11], ma viene fatto salvo quanto previsto dell’art. 14, co. 3, della L. 287/1990, che stabilisce che le notizie, le informazioni o i dati riguardanti le imprese oggetto di istruttoria da parte dell’Autorità sono tutelati dal segreto d’ufficio anche nei riguardi delle pubbliche amministrazioni.

Come si anticipava, a seguito degli accertamenti o dell’irrogazione di sanzioni pecuniarie previsti dall’articolo in esame, l’Anti-trust deve effettuare una comunicazione motivata diretta ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.

Tale comunicazione deve indicare:

§         i contenuti della situazione di privilegio;

§         gli effetti distorsivi realizzatisi sul mercato;

§         le conseguenze della situazione di privilegio;

§         le eventuali sanzioni inflitte alle imprese.

 

All’Anti-trust viene inoltre attribuito un potere regolatorio in riferimento alle procedure istruttorie, ai criteri di accertamento per lo svolgimento dei compiti ad essa assegnati dal provvedimento in esame, nonché in relazione alle modifiche organizzative interne. Tale potere è stato esercitato con l’adozione della Deliberazione del 16 novembre 2004, su Criteri di accertamento e procedure istruttorie relativi all’applicazione della legge 20 luglio 2004, n. 215, recante norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi[12].

 

Il successivo articolo 7 attribuisce anche all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni specifici compiti nella materia in esame.

Tali compiti – di vigilanza, di accertamento e sanzionatori – sono indirizzati non al titolare di cariche di governo ed ai suoi comportamenti, bensì ai comportamenti delle imprese che facciano capo al titolare medesimo – ovvero al coniuge o ai parenti entro il secondo grado, o che siano da essi controllate – qualora tali imprese operino nei settori del sistema integrato delle comunicazioni di cui all’art. 2, co. 1, lett. g) della L. 112/2004[13]: si tratta del “settore economico che comprende le seguenti attività: stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di Internet; radio e televisione; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni”[14].

Oggetto del controllo sono gli (eventuali) comportamenti che:

§         forniscano un “sostegno privilegiato” al titolare di cariche di governo;

§         vìolino, al contempo, le disposizioni di cui alla L. 223/1990[15], alla L. 249/1997[16], alla L. 28/2000[17], nonché alla L. 112/2004.

 

Tali leggi costituiscono i principali provvedimenti di ordine generale volti a disciplinare l’esercizio dell’attività radiotelevisiva, l’assetto complessivo del settore delle comunicazioni e la comunicazione politica attraverso i mezzi di informazione. Ciascuna di esse reca una pluralità di specifici obblighi e divieti a carico delle imprese operanti nel settore, nonché di sanzioni per la violazione dei medesimi, e pone in capo all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni specifiche competenze afferenti alla regolazione del settore, alla vigilanza, all’accertamento delle infrazioni ed all’irrogazione di sanzioni.

 

L’articolo in esame fa rinvio alle leggi sopra richiamate anche per definire i poteri attribuiti all’Autorità, le procedure che essa deve seguire e le sanzioni da questa irrogabili. In aggiunta a ciò, estende all’Autorità quanto già disposto nel precedente art. 6 con riguardo ai poteri ed alle modalità di accertamento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Anche l’Autorità per le comunicazioni, come già previsto per l’Anti-trust, qualora accerti che l’impresa abbia adottato comportamenti che forniscono un sostegno privilegiato al titolare di cariche di governo in violazione delle disposizioni di cui alle quattro leggi sopra citate, ha il potere di comminare, previa diffida, le sanzioni specificamente previste per tali infrazioni dalle leggi medesime: le sanzioni pecuniarie, peraltro, sono aumentate sino a un terzo.

L’Autorità informa il Parlamento degli accertamenti effettuati e delle eventuali sanzioni irrogate.

La legge attribuisce anche all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni un potere regolatorio in ordine alle procedure istruttorie, ai criteri di accertamento per lo svolgimento dei compiti ad essa assegnati dal provvedimento in esame, nonché in relazione alle modifiche organizzative interne. Tale potere è stato esercitato con l’adozione della Deliberazione del 1 dicembre 2004, Regolamento per la risoluzione dei conflitti di interessi[18], successivamente abrogata e sostituita dalla Deliberazione del 13 ottobre 2005, Modifiche e integrazioni al regolamento per la risoluzione dei conflitti di interessi[19].

 

Le due Autorità comunicano ogni sei mesi alle Camere, attraverso apposite relazioni, lo stato delle attività di controllo e vigilanza che sono ad esse attribuite[20] (articolo 8).

Le violazioni agli obblighi di dichiarazione di cui al precedente art. 5 (dichiarazioni di denuncia delle situazioni di incompatibilità e dei dati relativi alle proprie attività patrimoniali), di cui si siano resi responsabili i titolari delle cariche di Governo sono tutte sanzionate ai sensi dell’art. 328 del codice penale[21].

 

Si prevedono le seguenti ipotesi di violazione degli obblighi di dichiarazione:

§         la mancata effettuazione della dichiarazione;

§         l’effettuazione di dichiarazione non veritiera;

§         l’effettuazione di dichiarazione incompleta

 

Un’ulteriore condizione per l’applicazione dell’art. 328 c.p. scatta quando l’interessato non ottemperi ad una specifica richiesta dell’autorità competente in un termine stabilito dalla stessa autorità, e comunque non inferiore a 30 giorni. Le autorità competenti sono l’Autorità per le comunicazioni, nel caso le dichiarazioni relative alle incompatibilità o ai dati patrimoniali riguardino il settore delle comunicazioni, e l’Autorità anti-trust negli altri casi.

Entrambe le Autorità, una volta verificate le irregolarità, ne danno comunicazione documentata sia all’autorità giudiziaria competente, sia ai Presidenti delle Camere.

 

L’articolo 9 dispone un incremento del ruolo organico di ciascuna Autorità, in conseguenza dei nuovi compiti ad esse attribuiti in materia di conflitti di interessi.



[1]     Legge 20 luglio 2004, n. 215, Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi.

[2]     L. 13 febbraio 1953, n. 60, Incompatibilità parlamentari. Si tratta delle “cariche in enti culturali, assistenziali, di culto e in enti-fiera, nonché [di] quelle conferite nelle Università degli studi o negli Istituti di istruzione superiore a seguito di designazione elettiva dei Corpi accademici”.

[3]     Ai sensi dell’art. 2203 c.c., “è institore colui che è preposto dal titolare all’esercizio di un’impresa commerciale”. L’institore (art. 2204 c.c.) può compiere tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa (salve le limitazioni contenute nella procura) e può stare in giudizio in nome del preponente, ma non può alienare o ipotecare i beni immobili senza espressa autorizzazione.

[4]     L. 31 maggio 2005, n. 88, Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 31 marzo 2005, n. 44, recante disposizioni urgenti in materia di enti locali.

[5]     D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

[6]     L. 10 ottobre 1990, n. 287, Norme per la tutela della concorrenza e del mercato.

[7]     Si tratta, in particolare, delle vigenti disposizioni volte a prevenire e reprimere l’abuso di posizione dominante da parte delle imprese, recate dall’art. 3 della L. 287/1990, istitutiva dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

[8]     L. 31 luglio 1997, n. 249, Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo. Il richiamato art. 2, relativo al divieto di posizioni dominanti, è stato dapprima ampiamente modificato dalla L. 112/2004 e poi abrogato dall’art. 54 del Testo unico della radiotelevisione di cui al D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177; le corrispondenti disposizioni sono ora contenute negli artt. 22 e 43 del Testo unico.

[9]     L. 3 maggio 2004, n. 112, Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI - Radiotelevisione italiana Spa, nonché delega al Governo per l’ emanazione del testo unico della radiotelevisione. L’art. 14 è relativo all’accertamento della sussistenza di posizioni dominanti nel sistema integrato delle comunicazioni.

[10]    D.L. 6 settembre 2004, n. 233 (conv. con mod. in L. 5 novembre 2004, n. 261), Modificazioni alla legge 20 luglio 2004, n. 215, in materia di risoluzione dei conflitti di interessi.

[11]    L. 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

[12]    Pubblicata nella G.U. 1 dicembre 2004, n. 282.

[13]    Si ricorda che l’articolo richiamato è stato abrogato dall’art. 54 del Testo unico della radiotelevisione di cui al D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177. Le disposizioni ivi recate sono ora contenute nell’art. 2, co. 1, lett. l) del citato Testo unico.

[14]    Il riferimento al settore integrato delle comunicazioni è stato introdotto dal D.L. 233/2004, già richiamato nel testo.

[15]    L. 6 agosto 1990, n. 223, Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato (cd. “legge Mammì”).

[16]    L. 31 luglio 1997, n. 249, Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo (cd. “legge meccanico”).

[17]    L. 22 febbraio 2000, n. 28, Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica.

[18]    Deliberazione n. 417/04/CONS, pubblicata nella G.U. del 23 dicembre 2004, n. 300.

[19]    Deliberazione n. 392/05/CONS, pubblicata nella G.U. del 23 dicembre 2005, n. 298.

[20]    Le Autorità hanno svolto i compiti ad esse assegnati, presentando alle Camere le relazioni previste entro i termini stabiliti.

      Cfr. Doc. CCXXII, n. 1, Relazione sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitti di interessi (periodo 1° gennaio - 30 giugno 2005), trasmessa dal Presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni alla Presidenza della Camera dei deputati il 15 luglio 2005.

      Doc. CCXXII, n. 2, Relazione sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitti di interessi (periodo 1° luglio - 31 dicembre 2005), trasmessa dal Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato alla Presidenza della Camera dei deputati il 22 dicembre 2005.

      Doc. CCXXII, n. 3, Relazione sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitti di interessi (periodo 1° gennaio - 30 giugno 2005), trasmessa dal Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato alla Presidenza della Camera dei deputati il 28 dicembre 2005.

[21]    Ai sensi del quale: “1. Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.

2. Fuori dei casi previsti dal primo comma il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a lire due milioni. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa”.