La legge 5 ottobre 2001, n. 367[1] presenta un duplice contenuto: da una parte, detta norme per l’esecuzione del trattato di assistenza giudiziaria in materia penale con la Svizzera del 10 settembre 1998 (articoli da 1 a 8), dall’altra apporta, più in generale, modifiche al codice penale e di procedura penale in materia di rogatorie internazionali (articoli 9 e seguenti) destinate a produrre effetti non solo in relazione ai rapporti bilaterali italo-svizzeri ma, a regime, nei rapporti di mutua assistenza giudiziaria con tutte le autorità straniere.
L’articolo 1 prevede l’autorizzazione a ratificare l’Accordo
tra Italia e Svizzera, prevedendo che sia data piena ed intera esecuzione
all’Accordo stesso, a decorrere dalla data di entrata in
vigore della legge di autorizzazione alla ratifica (il giorno successivo alla
pubblicazione in Gazzetta Ufficiale). La disposizione rinvia, in proposito,
all’articolo XXXII dell’Accordo, che prevede la reciproca notifica tra i due
Stati dell’avvenuto espletamento delle procedure, fissando l’entrata in vigore
dell’Accordo il primo giorno del secondo mese successivo alla data di ricezione
della seconda notifica.
L’Accordo, firmato a Roma il 10 settembre 1998, intende
completare e rendere più agevole l’applicazione della Convenzione europea di assistenza giuridica in materia penale del 20 aprile 1959
(ratificata con legge 23 febbraio 1961, n. 215) nei rapporti bilaterali tra
Italia e Svizzera.
L’Accordo da un lato ha esteso alla Svizzera le disposizioni
innovative introdotte dagli Accordi di Schengen ed ha anticipato le modifiche
che in sede multilaterale sono ancora in via di negoziazione, e, dall’altro, ha
sensibilmente contenuto la portata delle riserve che detto Stato aveva apposto
alla Convenzione del 1959, stabilendo meccanismi di cooperazione tra i due
Paesi più rapidi e snelli ed eliminando molti inconvenienti verificatisi per le
rogatorie richieste dalle autorità giudiziarie italiane; esso risponde quindi
ad una logica di semplificazione e di snellimento delle procedure e si pone
quindi come strumento innovativo e anticipatore di una futura revisione della Convenzione europea del 1959.
Rispetto alla Convezione europea, l’Accordo in esame ne amplia il campo di applicazione estendendo le ipotesi di assistenza
giudiziaria anche ai procedimenti penali che sono di competenza di un’autorità
amministrativa, purché sia prevista, nel corso della procedura, la possibilità
di investire un’autorità giudiziaria competente in materia penale (articolo II,
par. 1). Segue poi un elenco di casi specifici in cui le Parti sono tenute a
prestarsi assistenza giudiziaria (par. 2): notifica di atti
relativi all’esecuzione di una pena, al recupero di una pena pecuniaria o al
pagamento di spese processuali; procedure relative alla sospensione
condizionale, all’esecuzione di una pena, al rinvio del suo inizio o alla sua
interruzione, nonché alla liberazione condizionale; procedimenti di grazia;
procedimenti relativi agli obblighi di riparazione per detenzione subita
ingiustamente.
Di particolare rilevanza, in questo contesto,
è il par. 3 del medesimo articolo II, in base al quale l’assistenza giudiziaria
deve essere concessa anche nei casi di truffa fiscale. A tale proposito va
segnalato che la Svizzera, non avendo ratificato il Protocollo aggiuntivo alla Convenzione del
1959 (ratificato invece dall’Italia con legge 24 luglio 1985, n. 436), non ha
l’obbligo di prestare assistenza nei casi di infrazioni
fiscali che, del resto, rientrano, ai sensi dell’art. 2 della Convenzione, tra
le ipotesi in cui le Parti possono rifiutarsi di cooperare.
In linea con altri accordi internazionali vigenti per
l’Italia, l’articolo III limita i casi di rifiuto dell’assistenza alle ipotesi di assoluzione definitiva nel merito o di condanna nello
Stato richiesto per un reato corrispondente, a condizione che sia in corso di
esecuzione o sia già stata eseguita la sanzione penale pronunciata.
Le informazioni ottenute grazie all’assistenza prestata dallo
Stato richiesto non possono essere utilizzate, nello Stato richiedente, ai fini
di indagine o quali mezzo di prova in procedure
relative a reati per i quali l’assistenza è esclusa. Tale divieto si riferisce
a fatti che per lo Stato richiesto hanno natura politica, militare o fiscale, esclusi i casi di truffa fiscale. Anche
l’eventuale trasmissione delle informazioni ricevute ad uno Stato terzo è
subordinata alla preventiva autorizzazione dello Stato richiesto (articolo IV).
Per quanto attiene alle modalità di
esecuzione delle rogatorie, viene modificata la regola di cui all’art. 3 della
Convenzione affinché lo Stato richiedente possa ricevere assistenza in tempi
ragionevoli e utilizzare nei procedimenti nazionali le prove raccolte
all’estero (articolo V). È inoltre previsto che si possa dare esecuzione a una rogatoria per mezzo di collegamento audiovisivo
(articolo VI). Parimenti risulta ampliata, rispetto
alla Convenzione europea, la possibilità di partecipazione di persone e
autorità dello Stato richiedente all’esecuzione della rogatoria in territorio
estero (articolo IX).
Un’altra novità introdotta dall’Accordo consiste nella
notifica diretta di atti giudiziari per via postale
alle persone che si trovano sul territorio dell’altro Stato (articolo XII).
Gli articoli XIV e XV disciplinano, rispettivamente, la consegna
temporanea di persone detenute allo Stato richiesto e allo Stato richiedente.
In quest’ultimo caso le medesime disposizioni si applicano anche alla consegna
prevista all’art. 19, par. 2, della Convenzione europea di estradizione
del 13 dicembre 1957 prima che sia stata adottata una decisione in merito
all’estradizione.
Sempre nell’ottica di rendere più
rapide e più snelle le procedure, è stabilita in via generale, la trasmissione
diretta delle rogatorie e dei relativi atti di esecuzione, eliminando così il
passaggio intermedio delle autorità centrali (articolo XVII). Tuttavia è di competenza degli organismi centrali la
trattazione di rogatorie in caso di pratiche penali complesse o di particolare
importanza per fatti di criminalità organizzata, corruzione o altri gravi reati
(articolo XVIII).
In alternativa alla rogatoria è
prevista la possibilità, per fatti oggetto di procedimenti penali in entrambi
gli Stati, che le autorità giudiziarie interessate operino congiuntamente
nell’ambito di gruppi d’indagine comuni (articolo XXI).
L’Accordo in esame provvede inoltre a definire, diversamente
dalla Convenzione europea, gli effetti dell’accettazione di una denuncia
diretta a far instaurare nell’altro Stato un procedimento penale (articolo
XXVI).
Le autorità giudiziarie delle Parti si impegnano
a trasmettersi, previa richiesta, copia autenticata dei provvedimenti penali
adottati contro i loro cittadini (articolo XXVII). È ammessa inoltre la
comunicazione spontanea di informazioni relative a
fatti penali (articolo XXVIII).
Le disposizioni finali contenute negli articoli dal XXIX al XXXIII riguardano:
§
l’estinzione
dell’Accordo conseguentemente alla denuncia della Convenzione europea da parte
di uno dei due Stati;
§
la soluzione arbitrale
di controversie relative all’interpretazione e all’applicazione sia della
Convenzione che dell’Accordo;
§
l’entrata in vigore
dell’Accordo e la facoltà, riconosciuta a ciascuna delle due Parti, di
denunciarlo in qualsiasi momento con notifica inviata all’altra Parte per via
diplomatica.
Gli articoli da 2 a 8 della legge contengono una serie di
disposizioni finalizzate a garantire la concreta attuazione dell’Accordo
all’interno dell’ordinamento.
In particolare, la legge n. 367 (art. 2) definisce sul piano
interno il reato di truffa in materia
fiscale, ai fini dell'attuazione del paragrafo 3 dell'articolo
II dell'accordo, che stabilisce che l'assistenza giudiziaria è “concessa anche
qualora il procedimento riguardi fatti che costituiscono truffa in materia
fiscale così come definita dal diritto dello Stato richiesto”. La fattispecie
consiste nella condotta di chi, con artifici o raggiri, inducendo in errore
l'autorità amministrativa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto, con
danno all'ente pubblico defraudandolo di un tributo la cui entità comporta un
reato fiscale.
Il successivo articolo stabilisce invece che, nei casi
previsti dall’articolo III, paragrafo 2 dell’Accordo (che disciplina le ipotesi
di limitazione al rifiuto di assistenza giudiziaria),
il Ministro della giustizia non dà corso alle rogatorie richieste dall’autorità
giudiziaria, in assenza di idonee garanzie di reciprocità (art. 3).
Quando le informazioni ricevute ai
sensi dell’articolo IV dell’Accordo[2] possono essere utilizzate
in procedimenti diversi da quello per il quale sono state richieste la legge n.
367 del 2001 prevede che il magistrato che procede ne dia immediata
comunicazione all’autorità che le ha fornite, conformandosi alle sue eventuali
determinazioni. Vengono poi richiamate le disposizioni
dell’articolo 729 del codice di procedura penale, concernente l’utilizzabilità
degli atti assunti per rogatoria (art. 4).
L’articolo 5 affida al Ministro della giustizia il compito
di provvedere sulla possibile consegna, ai fini di un eventuale sequestro o
della riconsegna alla persona offesa, dei beni provenienti da reato indicati
all’articolo VIII dell’Accordo (ai sensi del quale a tali beni è assimilabile
anche il prodotto della loro alienazione), sentita l’autorità giudiziaria
procedente e previo provvedimento di cessazione delle misure cautelari cui
eventualmente siano sottoposti. E’ altresì previsto
che, nei casi di beni sottoposti a specifica disciplina amministrativa, il
Ministro senta previamente l’eventuale amministrazione
competente in ordine alla natura del bene oggetto della richiesta di sequestro.
In relazione agli atti di indagine
compiuti unitamente all’autorità Svizzera (articolo XXI dell’Accordo), ma
anche, più in generale, agli atti compiuti congiuntamente con l'autorità
straniera, la legge (art. 6) prevede che essi abbiano efficacia processuale
soltanto se compiuti con l’osservanza delle norme del codice di procedura
penale. Stabilisce inoltre che nel caso di inosservanza
di tali norme gli atti compiuti siano soggetti alle sanzioni processuali
previste dal codice di procedura penale[3].
L’articolo 7 subordina la presentazione, da parte del
Ministro della giustizia, della denuncia di perseguimento (ai sensi
dell’articolo 21 della Convenzione europea di assistenza
giudiziaria), relativa ad un imputato che sia cittadino svizzero o risieda
stabilmente in tale Stato, ai seguenti adempimenti: a) parere del pubblico
ministero competente per il procedimento; b) considerazione degli interessi
delle parti offese. Tali disposizioni si applicano anche nel caso in cui l’imputato
sia cittadino italiano o risieda stabilmente in Italia.
L’articolo 8, infine, prevede:
- che il giudice possa sospendere con ordinanza, anche a
richiesta di parte, sentito il pubblico ministero, il procedimento penale
pendente in Italia, nel caso di accettazione, da parte dello Stato estero
richiesto, del procedimento a seguito della denuncia (comma 1); viene tuttavia
fatto salvo il previo compimento di atti urgenti e di cui non sia possibile la
ripetizione;
- un controllo semestrale – o anche prima quando ne venga
ravvisata l’esigenza - da parte del giudice italiano sullo stato del
procedimento penale instaurato all'estero (comma 2);
- la revoca di tale sospensione (con ordinanza), qualora si
debba pronunciare sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere (comma
3).
Quando si verifichi una delle
condizioni previste dal paragrafo 2 dell'articolo XXVI dell'Accordo, il comma 4
stabilisce che il giudice pronunci sentenza di non luogo a procedere.
Il Capo II della legge n. 367 del 2001 - articoli da 9 a 17 –
apporta modifiche ed integrazioni al codice penale e processuale penale, in
tema di rogatorie internazionali.
Come noto, nell’ambito dell’attività di collaborazione
giudiziaria tra Stati in materia penale, la rogatoria internazionale è una
delle principali forme di assistenza tra le diverse
autorità giudiziarie (pubblici ministeri, giudici per le indagini preliminari o
del dibattimento).
Le rogatorie, regolate dalle norme di
diritto internazionale ed in via suppletiva dalle norme codicistiche (artt.
723-729 c.p.p.) consistono in richieste che vengono
rivolte da uno Stato all’altro allo scopo di effettuare comunicazioni o
notificazioni ovvero al fine di far acquisire documentazione probatoria. Come
per l’estradizione, le rogatorie si distinguono in attive (rivolte all’estero)
o passive (richieste in Italia).
Per le rogatorie dall’estero o passive, cioè
richieste ai giudici italiani, è contemplato un doppio sindacato: un sindacato
politico, rimesso al Ministro della giustizia (art. 723 c.p.p.) che ha quindi
un potere di veto della rogatoria potendo decretare di non dar corso alla
richiesta estera per motivi attinenti alla sicurezza e ad altri essenziali
interessi nazionali ovvero quando lo Stato richiedente non dia garanzie di
reciprocità nonché negli ulteriori specifici casi di indole giuridica enunciati
dal citato art. 723; un sindacato giudiziario, di competenza della Corte
d’appello (art. 724 c.p.p.) competente per territorio, che deve procedere agli
atti richiesti.
Il procedimento in sede giurisdizionale inizia con la
trasmissione degli atti al procuratore generale da parte del Ministro e si
chiude con una ordinanza inoppugnabile della corte
d’appello.
Per le rogatorie all’estero o attive, cioè
provenienti dai giudici italiani è prevista la trasmissione all’autorità
straniera per il tramite del Ministro della giustizia che provvede, di regola,
all’inoltro servendosi dei canali diplomatici; anche in tal caso, ostano al
benestare alla richiesta da parte del Ministro motivi di sicurezza o altri interessi
fondamentali dello Stato (art. 727 c.p.p.). Il Ministro comunica all’autorità
giudiziaria richiedente la data della ricezione della richiesta e l’avvenuto
inoltro della rogatoria ovvero il decreto con cui dispone che per i citati
motivi non si dia corso alla richiesta.
L’articolo 9, che modifica l’art. 696 del
codice di rito, è diretto ad esplicitare il riferimento, ai fini della
disciplina delle estradizioni e delle rogatorie internazionali, alle norme
della Convenzione europea di assistenza giudiziaria del 1959 ed alle altre
norme delle Convenzioni internazionali in vigore per lo Stato, oltre che alle
norme di diritto internazionale generale.
Il successivo articolo 10 modifica l’art.
724 c.p.p., in tema di rogatoria dall’estero, prevedendo che quando la domanda
di assistenza giudiziaria concerne più atti che devono essere eseguiti in più
distretti di Corte d'appello, la stessa sia trasmessa direttamente,
dall'autorità straniera o tramite il ministro della Giustizia, alla Corte di
cassazione che determina la Corte d'appello competente, tenuto conto degli atti
da svolgere e della loro tipologia. Inoltre, la legge prevede che siano trasmesse
al procuratore nazionale antimafia copie delle rogatorie dell'autorità
straniera che riguardano i reati di cui all'articolo
51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, vale a dire ai delitti di cui
agli artt. 416 bis (Associazione di tipo mafioso) e 630 (Sequestro di persona a
scopo di estorsione) del codice penale, nonché ai
delitti di cui all’articolo 74 del testo unico approvato con D.P.R. 9 ottobre
1990, n. 309 (Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze
stupefacenti o psicotrope).
La legge n. 367 (articolo 11) introduce quindi due nuovi
articoli nel codice di procedura penale:
§
con l’articolo 726-bis
si integra la disciplina in materia di notificazioni all’interessato rendendole
possibili anche a mezzo posta; nel caso in cui la notificazione a mezzo posta
non venga utilizzata, anche la richiesta dell’autorità giudiziaria straniera di
notificazione all’imputato residente o dimorante nel territorio dello Stato è
trasmessa al procuratore della Repubblica del luogo in cui deve essere
eseguita, che provvede per la notificazione a norma degli articoli 156, 157 e
158, che disciplinano, rispettivamente, le notificazioni all’imputato detenuto,
la prima notificazione all’imputato non detenuto, e la prima notificazione
all’imputato in servizio militare;
§
con l’articolo 726-ter
si individua nel giudice per le indagini preliminari del luogo di esecuzione
degli atti richiesti (su richiesta del procuratore della repubblica) l’autorità
giudiziaria italiana competente a provvedere sulle rogatorie provenienti da
autorità amministrative straniere, con ciò introducendo una semplificazione
rispetto alla procedura rogatoriale generale che prevede il procedimento in
sede giurisdizionale presso la corte d’appello. Va segnalato che l’art. II
dell’Accordo prevede appunto la competenza di autorità
amministrative anche sull’accertamento di fatti aventi rilevanza penale, in
quanto previsto dalle leggi nazionali vigenti.
L’articolo 12 della legge interviene invece in materia di
rogatoria all’estero da parte di autorità giudiziarie
italiane aggiungendo due commi, il 5-bis ed il 5-ter all’art.727
c.p.p.(Trasmissione di rogatorie ad autorità straniere):
§
con il comma 5-bis
viene stabilito che l'autorità giudiziaria, quando formula la domanda di
assistenza giudiziaria, può specificare le modalità di esecuzione in base
all'ordinamento dello Stato indicando gli elementi necessari per l'utilizzazione
processuale degli atti richiesti (questa eventualità deve essere prevista dagli
accordi internazionali);
§
con il comma 5-ter si prevede
che copia delle rogatorie formulate dai magistrati del pubblico ministero nei
procedimenti relativi ai delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis del c.p.p.
(cfr. supra),
sia trasmessa senza ritardo al procuratore nazionale antimafia.
L’articolo 13 della legge è diretto a modificare l’articolo
729 c.p.p., disciplinante l’utilizzabilità degli atti assunti per rogatoria. In sintesi il
legislatore prevede che:
§
i documenti o i mezzi
di prova acquisiti o trasmessi, a seguito di rogatoria all'estero, in
violazione delle norme internazionali in materia sono inutilizzabili;
§
se lo Stato estero dà
esecuzione alla rogatoria con modalità diverse da quelle indicate dall'autorità
giudiziaria, gli atti compiuti dall'autorità straniera sono inutilizzabili;
§
non possono essere
utilizzate le dichiarazioni da chiunque rese aventi a oggetto il contenuto
degli atti per come sopra inutilizzabili.
L’articolo 14 interviene invece in materia di trasmissione
delle sentenze penali straniere ai fini del riconoscimento in Italia: quando il
procuratore generale è informato dall'autorità straniera dell'esistenza di una
sentenza di condanna emanata all'estero ne richiede la
trasmissione alla stessa, con rogatoria, ai fini del riconoscimento.
In merito si ricorda infatti che nell’attuale
assetto internazionale non esiste alcun principio generale di rilevanza delle
sentenze penali in ordinamenti giuridici diversi da quello di pronuncia delle
sentenze stesse. La rilevanza giuridica fuori dai
confini nazionale è quindi rimessa alla normativa dei singoli Stati
interessati, ciascuno dei quali disciplina unicamente il versante interno di
tale problematica non potendo unilateralmente regolarla su quello esterno.
Tuttavia, sono ormai numerose le convenzioni internazionali in materia e la
disciplina codicistica nazionale, di natura suppletiva, prevede
meccanismi interni di carattere giurisdizionale attraverso i quali la sentenza
penale straniera produce effetti in Italia e, viceversa, le nostre sentenze
ricevono esecuzione all’estero.
Gli articoli 15 e 16 della legge n. 367 del 2001
intervengono sulle norme di attuazione del codice di
procedura penale (DPR 28 luglio 1989, n. 271). In particolare:
§
è aggiunto l’art.
204-bis in base al quale è stabilito, a fini di monitoraggio, che quando un
accordo internazionale preveda l’inoltro diretto della rogatoria estera alle
diverse autorità giudiziarie italiane competenti (Procuratore generale presso
la corte d’appello, procuratore della Repubblica), di cui agli articoli 724,
726 e 726-ter del c.p.p. queste, ovvero l’autorità giudiziaria che la invia
direttamente all’autorità straniera, ne trasmettono senza ritardo copia al
Ministero della giustizia;
§
è aggiunto l’articolo
205-bis, con il quale viene sancita l’irrevocabilità del consenso prestato
dall’interessato all’espletamento di determinati atti procedurali di
cooperazione giudiziaria tra Stati – nei casi in cui il codice o accordi
internazionali richiedano il consenso dell’interessato – salvo che
l’interessato ignorasse circostanze di fatto rilevanti ai fini della sua
decisione ovvero esse si siano successivamente modificate;
§
è aggiunto l’articolo
205-ter in base al quale la partecipazione all'udienza dell'imputato detenuto
all'estero, che non può essere trasferito in Italia, avviene attraverso il
collegamento audiovisivo, se previsto da accordi internazionali.
L’articolo 17 interviene invece sul codice penale, inserendovi
l’articolo 384-bis, diretto a superare i problemi di competenza relativi alla perseguibilità dei reati connessi allo
svolgimento di videoconferenze all’estero nell’ambito di rogatorie richieste da
autorità giudiziarie italiane. Viene infatti precisato
che gli eventuali delitti di cui agli articoli 366 (Rifiuto di uffici
legalmente dovuti), 367 (Simulazione di reato), 368 (Calunnia), 369
(Autocalunnia), 371-bis (False informazioni al PM), 372 (Falsa testimonianza) e
373 (Falsa perizia o interpretazione), rese in collegamento audiovisivo durante
una rogatoria estera “si considerano commessi nel territorio dello Stato
italiano e sono puniti secondo la legge italiana”.
Quanto alle disposizioni transitorie e finali della legge n.
367/2001 si rileva che (art. 18):
§
la legge si applica ai
procedimenti in corso che versano nella fase delle indagini preliminari ovvero
ai procedimenti nei quali è in corso o deve aver luogo l’udienza preliminare;
§
per gli atti acquisiti
al fascicolo per il dibattimento l'eventuale causa di nullità o di
inutilizzabilità, in ogni stato e grado del giudizio, deve essere rilevata dal
giudice o eccepita entro la prima udienza successiva alla data di entrata in
vigore della legge (9 ottobre 2001);
§ nel caso di procedimenti in corso, quando l'autorità giudiziaria ritenga di rinnovare gli atti assunti mediante rogatoria dichiarati inutilizzabili o nulli, i termini di custodia cautelare possono essere sospesi con ordinanza appellabile. Nel caso di processi per i reati di cui all'articolo 407 del codice di procedura penale, i termini di custodia cautelare sono invece sospesi per il tempo necessario alla rinnovazione degli atti. In entrambi i casi il termine di prescrizione resta sospeso per il tempo necessario alla rinnovazione degli atti.
[1]
La legge reca: Ratifica ed esecuzione dell' Accordo tra
Italia e Svizzera che completa la Convenzione europea di assistenza giudiziaria
in materia penale del 20 aprile 1959 e ne agevola l'applicazione, fatto a Roma
il 10 settembre 1998, nonché conseguenti modifiche al codice penale ed al
codice di procedura penale
[2]
L’articolo IV dell’Accordo
italo-svizzero esclude la possibilità che lo Stato richiedente utilizzi le
informazioni ottenute grazie all’assistenza in qualsiasi procedura relativa ad
un reato per il quale l’assistenza è esclusa. Il paragrafo 2 del medesimo
articolo precisa che il divieto di utilizzare le informazioni ottenute si
riferisce ai fatti che hanno per lo Stato richiesto natura politica, militare o
fiscale, con esclusione dei casi di truffa fiscale.
[3] In proposito va ricordato che le sanzioni processuali previste dalla legge in conseguenza della violazione delle regole del procedimento vengono classificate dalla dottrina nella categorie della irregolarità, della decadenza, della inutilizzabilità e della nullità (relativa od assoluta). Sinteticamente può rilevarsi che: a) l’irregolarità è qualsiasi vizio formale dell’atto non sanzionato dalla legge con la nullità; b) la decadenza consiste nella perdita o estinzione del diritto o facoltà di porre in essere un atto del procedimento; in riferimento all’atto essa si manifesta come preclusione, vale a dire come divieto di compiere l’atto, o come invalidità (inammissibilità)dell’atto compiuto nonostante il divieto; c) l’inutilizzabilità di un atto consiste nel divieto di una sua utilizzazione e quindi nella sua inidoneità ad essere usato; d) la nullità, infine, invalida l’atto e ne compromette gli effetti.