La PESD nella nuova costituzione europea

Il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, deciso con un accordo politico dai Capi di Stato e di Governo al Consiglio europeo di Bruxelles del 17 e 18 giugno 2004 e in seguito firmato a Roma il 29 ottobre 2004, riunisce in un unico testo tutte le disposizioni contenute nei differenti Trattati e protocolli vigenti. V. scheda Il Trattato costituzionale del Dipartimento Affari comunitari.

Il Trattato è stato fino ad ora ratificato da 14 Stati membri: Austria, Belgio, Cipro, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Slovacchia, Slovenia, Spagna ed Ungheria. In Italia il Trattato è stato ratificato con la legge 7 aprile 2005, n. 57.

A seguito dell’esito negativo dei referendum sulla ratifica del Trattato costituzionale in Francia e nei Paesi Bassi, i Capi di Stato e di Governo hanno adottato, al Consiglio europeo del 16 e 17 giugno 2005, una dichiarazione che, pur sottolineando che tali risultati non rimettono in discussione l’interesse dei cittadini per la costruzione dell’Europa, riconosce la necessità di svolgere una riflessione comune. La dichiarazione ribadisce la validità della prosecuzione dei processi di ratifica. Il Consiglio europeo del 15 e 16 giugno 2006 dovrebbe procedere ad una valutazione globale dei dibattiti nazionali e decidere sul seguito del processo.

 Il Trattato vigente

La PESD

Nell’ambito della versione consolidata del Trattato sull’Unione Europea (TUE) attualmente vigente, la PESD trova una sua collocazione nel Titolo V, relativo alle “Disposizioni sulla Politica estera e di sicurezza comune” (PESC) e si definisce come una sua specificazione. L’art. 2 delle disposizioni comuni sancisce, infatti, che uno degli obiettivi dell’Unione consiste nell’”affermare la sua identità sulla scena internazionale, in particolare mediante l'attuazione di una politica estera e di sicurezza comune, ivi compresa la definizione progressiva di una politica di difesa comune, che potrebbe condurre ad una difesa comune, a norma delle disposizioni dell'articolo 17”

Ribadendo e sviluppando questo principio, il citato art. 17 del Titolo V stabilisce, al par. 1, primo comma, che la PESC comprende tutte le questioni relative alla sicurezza dell'Unione, tra cui la definizione progressiva di una politica di difesa comune, che potrebbe condurre a una difesa comune qualora il Consiglio europeo decida in tal senso. In tal caso il Consiglio europeo raccomanda agli Stati membri di adottare tale decisione secondo le rispettive norme costituzionali. Si vede chiaramente come nel TUE la PESD non si ponga come materia comunitarizzata. Si tratta, piuttosto, di una politica in corso di definizione, di cui sono fissati i presupposti contenutistici e procedurali, ma ancora allo stato fluido. La PESD risente dei limiti che sono propri, più in generale, della PESC: le procedure di funzionamento sono di tipo intergovernativo ed il processo decisionale richiede il consenso degli Stati membri, mentre nei settori comunitari tradizionali, quali il mercato interno e la politica commerciale, è richiesta la votazione a maggioranza; si registra un ruolo ridotto della Commissione, del Parlamento europeo e della Corte di giustizia, in netto contrasto con le competenze delle tre istituzioni a livello comunitario.

Il secondo comma del par. 1 precisa che la PESD non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri, rispetta gli obblighi di alcuni Stati membri che realizzano la loro difesa comune tramite la NATO, nell'ambito del relativo Trattato, ed è compatibile con la politica di sicurezza e di difesa comune adottata in tale contesto. Il par. 3 sottolinea, inoltre, come l'adozione di decisioni che hanno implicazioni nel settore della difesa non pregiudica le politiche e gli obblighi appena esposti. Mentre il par. 4 specifica che le disposizioni dell’articolo non ostano allo sviluppo di una cooperazione rafforzata fra due o più Stati membri a livello bilaterale, nell'ambito dell'Unione dell'Europa occidentale (UEO) e della NATO, purché tale cooperazione non contravvenga a quella prevista dal Titolo V e non la ostacoli.

Particolarmente interessante e rilevante è, invece, la disposizione recata dal par. 2 che ha trasferito alla competenza dell’Unione le cosiddette Missioni di Petersberg[1]. Si tratta delle missioni umanitarie e di soccorso, delle attività di mantenimento della pace e delle missioni di unità di combattimento nella gestione di crisi, comprese le missioni tese al ristabilimento della pace. La disposizione esprime la volontà di intervenire concretamente e con efficacia per la soluzione dei conflitti che mettono a repentaglio la pace e la sicurezza, facendo dell’Unione un soggetto visibile ed attivo nella strategia internazionale. Si è trattato di un notevole passo avanti, compiuto con l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam nel 1999, in un momento in cui era diventata meno grave, rispetto ai tempi della guerra fredda, la minaccia di conflitti su larga scala, ma si assisteva alla recrudescenza di conflitti locali che costituivano un serio rischio per la sicurezza europea, come, ad esempio, la guerra nell'ex-Jugoslavia.

Le strutture di gestione della PESD

Per completare il quadro appena tracciato, esaminiamo brevemente le strutture organizzative preposte alla gestione della PESD. Il Consiglio europeo di Nizza del 7-9 dicembre 2000 ha adottato la relazione della Presidenza sulla politica europea di sicurezza e di difesa che prevede, in particolare, lo sviluppo delle capacità militari dell’Unione, la creazione di strutture politiche e militari permanenti e l’incorporazione nell’Unione delle funzioni di gestione delle crisi proprie dell’UEO.

In seguito, con tre distinte decisioni del Consiglio del 22 gennaio 2001, sono state istituite le seguenti strutture permanenti preposte alla conduzione della PESD:

Comitato politico e di sicurezza (COPS), responsabile della direzione strategica e del controllo delle operazioni militari e dell’attuazione delle decisioni delle preesistenti istituzioni da cui dipende (Coreper, Consiglio Affari generali; Alto rappresentane per la PESC);

Comitato militare, composto dai Capi di Stato maggiore della Difesa dei Paesi membri, è organo di consulenza tecnica del Cops e di direzione dello Staff militare;

Stato Maggiore, struttura tecnico-militare (composto di esperti militari distaccati dagli Stati membri) è responsabile verso il Comitato militare della componente operativa e di pianificazione strategica, svolge inoltre funzione di cellula di allarme precoce e di consulenza agli organismi della UE.

La PESD nel nuovo Trattato costituzionale

Il Trattato costituzionale segna un ulteriore importante passo avanti nella definizione e nello sviluppo della Politica europea di sicurezza e difesa (PESD). Questo pilastro della costruzione europea assume nel nuovo Trattato una dimensione ed una visibilità maggiore, percepibili immediatamente sia per il numero di articoli dedicati alla materia, sia per il loro rilievo sistematico, segnalato dalle rubriche e dalla formulazione di una specifica sezione dedicata all’argomento.

Il nuovo Trattato costituzionale non modifica la collocazione della PESD nell’ambito della PESC, così come strutturata nel Trattato sull’Unione europea (TUE). Il nuovo trattato ripropone infatti la collocazione della PESD nel contesto della PESC, attribuendo all’Unione la competenza in materia di politica estera e di sicurezza comune in tutti i settori della politica estera ed in tutte le questioni relative alla sicurezza dell'Unione, compresa la definizione progressiva di una politica di difesa comune che può condurre a una difesa comune. Viene pertanto ripreso, quasi testualmente, il dettato dell’art. 17, par. 1, secondo comma, del TUE.

La capacità operativa dell’Unione continua ad essere fondata sul ricorso a mezzi civili e militari, attraverso i quali l'Unione può svolgere missioni al suo esterno per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti ed il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite. L'esecuzione di tali compiti si basa sulle capacità fornite dagli Stati membri.

Il nuovo Trattato specifica quali sono le missioni di cui all'articolo I-41, paragrafo 1, nelle quali l'Unione può ricorrere a mezzi civili e militari. La nuova formulazione, di cui si segnala la portata innovativa, estende i contenuti delle Missioni di Petersberg, integrandole con ulteriori compiti relativi alle missioni di disarmo, di consulenza ed assistenza in materia militare, di stabilizzazione al termine dei conflitti, di lotta contro il terrorismo, anche sul territorio di stati terzi.

Le decisioni relative alle missioni PESD sono prese dal Consiglio, che adotta decisioni europee che ne stabiliscono gli obiettivi, la portata e le modalità generali di realizzazione, mentre gli aspetti civili e militari sono coordinati dal Ministro degli affari esteri dell’Unione, sotto l’autorità del Consiglio e in collaborazione con il Comitato politico e di sicurezza (COPS).

Innovando rispetto al sistema vigente, è altresì introdotta una forma più flessibile di cooperazione nell’ambito della difesa, prevedendo che il Consiglio possa affidare la realizzazione delle missioni citate ad un gruppo di Stati membri, allo scopo di preservare i valori dell'Unione e di servirne gli interessi. Vengono definite le procedure per il loro svolgimento, prevedendo che gli Stati che lo desiderano e che dispongono delle capacità necessarie, in associazione con il Ministro degli affari esteri dell'Unione, si accordino sulla gestione delle missioni. Il Consiglio è periodicamente informato del loro andamento ed è immediatamente investito della questione se la realizzazione di tali missioni genera conseguenze di notevole rilievo o se s’impone una modifica dell'obiettivo, della portata o delle modalità di svolgimento. In tal caso, il Consiglio adotta le decisioni europee necessarie.

La politica di sicurezza e di difesa comune comprende la graduale definizione di una politica di difesa comune dell'Unione. Questa condurrà ad una difesa comune quando il Consiglio europeo, deliberando all'unanimità, avrà così deciso. In questo caso, il Consiglio europeo raccomanda agli Stati membri di adottare una decisione in tal senso, conformemente alle rispettive norme costituzionali.

Viene ribadito, inoltre, che il perseguimento della politica di sicurezza e di difesa comune non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri, rispetta gli obblighi derivanti dal Trattato NATO per i suoi membri che ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite quella organizzazione, ed è compatibile con la politica di sicurezza e di difesa comune adottata in tale contesto. E’ contestualmente valorizzato il ruolo dell’UEO.

Un’ulteriore innovazione introdotta dal nuovo Trattato è costituita dall’impegno per gli Stati a mettere a disposizione dell'Unione capacità civili e militari per contribuire al conseguimento degli obiettivi definiti dal Consiglio in ambito PESD. Inoltre gli Stati membri che costituiscono tra loro forze multinazionali possono metterle a disposizione della politica di sicurezza e di difesa comune.

Viene istituita l'Agenzia europea per la difesa, incaricata di: individuare le esigenze operative; contribuire a individuare e, se del caso, mettere in atto qualsiasi misura utile a rafforzare la base industriale e tecnologica del settore della difesa; partecipare alla definizione di una politica europea delle capacità e degli armamenti; assistere il Consiglio nella valutazione del miglioramento delle capacità militari.

L’Agenzia è posta sotto l'autorità del Consiglio ed ha il compito di:

a) contribuire a individuare gli obiettivi di capacità militari degli Stati membri e a valutare il rispetto degli impegni in materia di capacità assunti dagli Stati membri;

b) promuovere l'armonizzazione delle esigenze operative e l'adozione di metodi di acquisizione efficienti e compatibili;

c) proporre progetti multilaterali per il conseguimento degli obiettivi in termini di capacità militari e assicurare il coordinamento dei programmi attuati dagli Stati membri e la gestione di programmi di cooperazione specifici;

d) sostenere la ricerca nel settore della tecnologia della difesa, coordinare e pianificare attività di ricerca congiunte e studi per delineare le soluzioni tecniche che rispondono alle esigenze operative future;

e) contribuire a individuare e, se del caso, attuare qualsiasi misura utile per potenziare la base industriale e tecnologica del settore della difesa e per migliorare l'efficacia delle spese militari.

L'Agenzia europea per la difesa è aperta a tutti gli Stati membri che desiderano parteciparvi. Lo statuto, la sede e le modalità di funzionamento sono decisi dal Consiglio, a maggioranza qualificata.

Per quanto riguarda le decisioni europee relative all'attuazione della PESD, esse sono adottate dal Consiglio all'unanimità su proposta del Ministro degli affari esteri dell'Unione o di uno Stato membro. Il Ministro può proporre il ricorso sia agli strumenti dell’Unione che a quelli nazionali. Anche se viene ribadito che PESD non rientra nell’ambito delle materie comunitarizzate, è comunque previsto che il Parlamento europeo sia consultato regolarmente sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali in materia, e sia tenuto al corrente della sua evoluzione.

Il nuovo Trattato introduce un’ulteriore forma di flessibilità nella cooperazione in materia di difesa, strutturando in tal modo una sorta di doppio binario nella partecipazione dei Paesi europei alla politica della difesa. E’ prevista, infatti, la cooperazione strutturata permanente nell’ambito dell’Unione. Gli Stati membri che rispondono a criteri più elevati in termini di capacità militari e che hanno sottoscritto gli impegni sulle capacità militari, possono notificare l’intenzione di partecipare alla cooperazione strutturata permanente in materia di difesa al Consiglio e al Ministro degli affari esteri dell’Unione. Tale cooperazione è finalizzata allo svolgimento delle missioni più impegnative e viene attivata secondo specifiche procedure contenute nel nuovo Trattato, con una decisione assunta, per i primi ingressi, a maggioranza qualificata dal Consiglio (almeno il 55% dei membri del Consiglio rappresentanti gli Stati membri partecipanti che totalizzino almeno il 65% della popolazione di tali Stati), sulla base del parere del Ministro degli esteri. Gli ingressi successivi sono decisi a maggioranza qualificata dal Consiglio con il voto dei soli Stati membri che fanno parte della cooperazione.

 

Il Protocollo n. 23 in materia di cooperazione strutturata permanente prevede che essa sia aperta ad ogni Stato membro che si impegni, tra l’altro, a:

procedere più intensamente allo sviluppo delle sue capacità di difesa;

fornire entro il 2007 unità di combattimento capaci di intraprendere le missioni di cui all’articolo III-309 entro un termine da 5 a 30 giorni, e sostenerle per un periodo iniziale di 30 giorni, prorogabile di 120 giorni;

riesaminare regolarmente gli obiettivi relativi al livello delle spese di investimento in materia di equipaggiamenti di difesa, alla luce della situazione internazionale e delle responsabilità dell’Unione;

ravvicinare, nella misura del possibile, gli strumenti di difesa e prendere misure concrete per rafforzare la disponibilità, interoperabilità, flessibilità e capacità di dispiegamento delle forze.

 

Una significativa novità introdotta dal nuovo Trattato è quella costituita dalla clausola di mutua assistenza, tipica delle organizzazioni a scopo difensivo: in caso di aggressione armata subita da uno Stato membro nel suo territorio, gli altri Stati membri devono prestare aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in conformità delle disposizioni dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, che regola il diritto di legittima difesa individuale e collettiva, e senza che ciò pregiudichi il carattere specifico della loro politica di sicurezza e difesa. Gli impegni e la cooperazione in tale settore rimangono conformi agli impegni assunti nell’ambito della NATO.

Un’ulteriore innovazione del Trattato, che si pone in connessione con quella appena esaminata, riguarda la clausola di solidarietà, che prevede che qualora uno Stato membro sia oggetto di un attacco terroristico o sia vittima di una calamità naturale o provocata dall'uomo, l'Unione e gli Stati membri agiscano congiuntamente in uno spirito di solidarietà. L'Unione mobilita tutti gli strumenti di cui dispone, inclusi i mezzi militari messi a sua disposizione dagli Stati membri, per: prevenire la minaccia terroristica; proteggere le istituzioni democratiche e la popolazione civile da un eventuale attacco terroristico; prestare assistenza a uno Stato membro sul suo territorio, su richiesta delle sue autorità politiche, in caso di attacchi terroristici.

Per quanto riguarda le disposizioni finanziarie relative alla PESC ed alla PESD, il nuovo Trattato riproduce, in parte, quanto già disposto dal TUE. Le spese amministrative ed operative per l'attuazione della PESC e della PESD continuano ad essere a carico del bilancio dell'Unione, fatta eccezione per le spese operative derivanti da operazioni che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa, salvo che il Consiglio decida altrimenti.

Per il finanziamento delle missioni che non sono a carico del bilancio dell'Unione, viene creato un fondo iniziale per la gestione delle missioni militari, costituito da contributi degli Stati membri con il compito di finanziare i preparativi delle missioni.

Le modalità di costituzione e di finanziamento, di gestione e di controllo finanziario del fondo sono stabilite a maggioranza qualificata dal Consiglio, su proposta del Ministro degli affari esteri dell'Unione.



[1]     Tali missioni assumo nel linguaggio corrente la denominazione “di Petersberg” dal nome della cittadina tedesca presso Bonn in cui, il 19 giugno 1992, il Consiglio ministeriale della UEO approvò una Dichiarazione che individuava la conduzione di questo tipo di missioni tra i compiti spettanti alla stessa UEO.