Con la riforma del
Titolo V la materia “tutela dell’ambiente” ha trovato posto - per la prima
volta - nelle elencazioni dell’art. 117 e quindi una esplicita considerazione
ai fini del riparto di competenze legislative fra Stato e Regioni.
L’innovazione,
testimonianza in sé dell’accresciuto rilievo sociale ed economico delle
problematiche ambientali, è addirittura caratterizzata da una articolazione
definitoria. Infatti, il legislatore costituzionale ha distinto fra la
legislazione in materia di “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni
culturali”, riservata alla competenza esclusiva dello Stato, e legislazione
finalizzata alla “valorizzazione dei beni culturali e ambientali”, collocata
invece al comma terzo dell’articolo 117, e quindi attribuita alla competenza
concorrente di Stato e regioni.
Un’ulteriore
disposizione costituzionale è infine collocata all’articolo 116, terzo comma,
laddove per alcuni ambiti materiali viene prevista l’ipotesi di conferimento – con
legge statale – di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia alle
regioni a statuto ordinario. Oltre che per tutte le materie oggetto di
legislazione concorrente, tale ipotesi è, infatti, estesa anche ad alcune delle
materie attribuite dal successivo articolo 117 alla competenza esclusiva
statale, e fra queste – appunto – la “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e
dei beni culturali”.
Tale quadro testuale
apparirebbe alquanto chiaro, fatti salvi i comuni problemi determinati dalle
ipotesi di interconnessione fra ambiti materiali distintamente denominati (nel
caso in oggetto tali ipotesi sembrerebbero probabili e ricorrenti, almeno in
relazione alle “grandi reti di trasporto e di navigazione”, alla “produzione,
trasporto e distribuzione di energia”, ai “porti e aeroporti civili”, alla
“protezione civile” e in termini ancora più vasti a tutto quel complesso di
attività amministrative comprese nella nozione di “governo del territorio”).
Tuttavia,
contrariamente a questi elementi di apparente chiarezza del testo, la
giurisprudenza costituzionale in materia presenta caratteri di particolare
problematicità, se non di vera e propria contraddittorietà con gli elementi
testuali immediatamente attingibili.
In particolare, la sentenza di riferimento è la n. 407 del 10-26 luglio 2002, nella quale la Corte sembra superare in modo
definitivo – e nonostante il dato testuale - ogni possibile rivendicazione di
una esclusività della competenza statale:
“A questo riguardo va pero' precisato che non tutti gli
ambiti materiali specificati nel secondo comma dell'art. 117 possono, in
quanto tali, configurarsi come
"materie" in senso stretto, poiche', in alcuni
casi, si tratta piu' esattamente di competenze del legislatore statale idonee ad investire una pluralita' di
materie (cfr sentenza n. 282 del 2002). In questo senso l'evoluzione
legislativa e la giurisprudenza costituzionale portano ad escludere che possa
identificarsi una "materia" in senso tecnico, qualificabile come
"tutela dell'ambiente", dal momento che non sembra configurabile come
sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata, giacche',
al contrario, essa investe e si intreccia inestricabilmente con altri interessi
e competenze. In particolare, dalla giurisprudenza della Corte antecedente alla
nuova formulazione del Titolo V della Costituzione e' agevole ricavare una
configurazione dell'ambiente come "valore" costituzionalmente
protetto, che, in quanto tale, delinea una sorta di materia
"trasversale", in ordine alla quale si manifestano competenze
diverse, che ben possono essere regionali, spettando allo Stato le
determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme
sull'intero territorio nazionale (cfr., da ultimo, sentenze n. 507 e n. 54 del
2000, n. 382 del 1999, n. 273 del 1998).
Anche i passaggi della
stessa sentenza nei quali sembrerebbe riconoscersi un ambito in cui tale
esclusività possa esprimersi, recano precisazioni che ne delimitano la portata:
“I lavori preparatori relativi alla lettera s) del nuovo
art. 117 della Costituzione inducono,
d'altra parte, a considerare che l'intento del legislatore sia stato quello di
riservare comunque allo Stato il potere di fissare standards di tutela uniformi
sull'intero territorio nazionale, senza peraltro escludere in questo settore la
competenza regionale alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli
propriamente ambientali.
In definitiva, si puo' quindi ritenere che riguardo alla
protezione dell'ambiente non si
sia sostanzialmente inteso eliminare la preesistente pluralita' di titoli di
legittimazione per interventi regionali diretti a soddisfare contestualmente,
nell'ambito delle proprie competenze, ulteriori esigenze rispetto a quelle di
carattere unitario definite dallo Stato”.
In conclusione, sembrerebbe
– dalla lettura di questa sentenza – che, a parte la definizione degli standard
di tutela uniformi (e comunque nei limiti delle precisazioni riportate) il
significato della collocazione dell’espressione “tutela dell’ambiente e
dell’ecosistema” nel corpo del secondo comma dell’articolo 117 risieda
interamente (ma unicamente) nell’esistenza di esigenze “di carattere unitario”
non definite e difficilmente identificabili.
L’indirizzo espresso
dalla sentenza n. 407 del 2002 non è stato rivisto, ma ripetutamente ribadito e
richiamato dalla successiva giurisprudenza. Si ricorda la sentenza
n. 307 del 2003 (su cui si fa rinvio alla scheda Ambiente e territorio - Sentenza 307/2003).
Con la sentenza
n. 222 del 4-24 giugno 2003, la Corte costituzionale ha ribadito che: “Scendendo quindi, sulla scorta di tali
rilievi preliminari, all'esame delle singole censure, deve osservarsi, quanto
alla prima, come questa Corte — a conferma di una giurisprudenza formatasi
anteriormente alla riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione
— abbia negato che, anche alla luce del nuovo testo dell'art. 117 Cost., possa
identificarsi la tutela dell'ambiente come una «materia» in senso tecnico, di
competenza statale tale da escludere ogni intervento regionale, giacché, al
contrario, essa investe e si intreccia inestricabilmente con altri interessi e
competenze. L'ambiente si presenta, in altre parole, come un valore «trasversale»,
spettando allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di
disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale, senza che ne resti
esclusa la competenza regionale alla cura di interessi funzionalmente collegati
con quelli propriamente ambientali (cfr. sentenze n. 407 e 536 del 2002)”.
Analogamente, la sentenza
n. 214 del 23-31 maggio 2005: “In
più occasioni questa Corte ha avuto modo di precisare che la “tutela
dell'ambiente”, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, si configura
come un valore costituzionalmente protetto ed investe altre materie che ben
possono essere di competenza concorrente regionale, quale la “protezione civile”.
Il motivo principale
di tale opzione sembrerebbe risiedere, in primo luogo, nella intensa attività
legislativa regionale in materia ambientale precedente alla riforma del Titolo
V. Quello che storicamente può essere considerato un vero e proprio
protagonismo della legislazione regionale e che ha consentito a molta parte di
questa legislazione di cogliere in anticipo e di disciplinare con successo
problemi emergenti di tutela ambientale, sembrerebbe aver sorretto una scelta
del giudice costituzionale ispirata ad un principio generale di salvaguardia
dell’ordinamento vigente e di continuità. Ispirazione, peraltro, riscontrabile
in ampia parte della giurisprudenza successiva al Titolo V e a cui si deve
probabilmente la sostanziale riuscita dell’innesto di un testo profondamente
innovativo e spesso aperto a contraddittorie interpretazioni.