Il Trattato
che adotta una Costituzione per l’Europa[1],
firmato a Roma il 29 ottobre 2004, mira a sostituire con un testo unico tutti i
trattati esistenti ed è frutto del lavoro svolto dalla Convenzione sul futuro
dell’Europa[2] e dalla
successiva Conferenza intergovernativa (CIG), chiamata ad adottare la decisione
definitiva[3].
Giuridicamente la Costituzione resta un trattato e come tale deve ora essere ratificata dagli Stati membri, secondo le rispettive norme costituzionali (voto parlamentare e/o referendum) ed entrerà in vigore solo dopo il deposito degli strumenti di ratifica, presso il Governo della Repubblica italiana, da parte di tutti i 25 Stati membri (vedi infra il paragrafo sullo stato delle ratifiche).
Il
Trattato è stato fino ad ora ratificato
da 14 Stati membri: Austria, Belgio, Cipro, Germania, Grecia, Italia,
Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Slovacchia, Slovenia, Spagna ed Ungheria.
In Italia il Trattato è stato ratificato con legge 7 aprile 2005, n. 57.
Si
ricorda, peraltro, che in Francia e
nei Paesi Bassi si sono svolti due referendum
sulla ratifica del Trattato costituzionale, che hanno dato esito negativo. Sul seguito dei processi di ratifica, si veda infra il paragrafo “Il dibattito sul
futuro del Trattato”.
Ogni
ulteriore modifica della Costituzione richiederà nuovamente l'accordo unanime
e, come regola generale, la ratifica di tutti gli Stati membri. Tuttavia, per
alcune modifiche, ad esempio per estendere l'ambito di applicazione del voto a
maggioranza qualificata, sarà sufficiente l'accordo unanime in seno al
Consiglio europeo. La Costituzione permette anche di instaurare cooperazioni
rafforzate o una cooperazione strutturata in materia di difesa.
Il Trattato che adotta una Costituzione
per l’Europa si articola nelle seguenti parti:
§
Preambolo;
§
Parte I,
che contiene le norme propriamente costituzionali, nonché le disposizioni
generali per la politica estera, di sicurezza e di difesa e per lo spazio di
libertà, sicurezza e giustizia;
§
Parte II,
che contiene la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;
§
Parte III,
relativa alle politiche dell'Unione;
§
Parte IV,
recante le disposizioni generali e finali;
§
Protocolli
e dichiarazioni allegati al Trattato.
La Parte I del Trattato è preceduta da un Preambolo nel quale si fa riferimento alle “eredità culturali, religiose e umanistiche dell'Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili della persona, della democrazia, dell’uguaglianza, della libertà e dello Stato di diritto".
Il preambolo riprende gran parte dei temi già affrontati nei preamboli
dei trattati esistenti, aggiungendovi nuovi temi, come l'umanesimo, ma anche la
ragione e l'identità nazionale dei popoli.
Il
Trattato prevede l’istituzione
dell'Unione europea, alla quale è conferita personalità giuridica (la mancanza di personalità giuridica ha
fino ad ora impedito all’Unione in quanto tale di stipulare accordi con Stati
terzi o con organizzazioni internazionali, di possedere beni e presentarsi in
giudizio).
L'Unione coordina le politiche
degli Stati membri dirette al conseguimento degli obiettivi comuni ed esercita, sulla base del modello comunitario,
le competenze che gli Stati
membri le trasferiscono. L'Unione rispetta l'identità nazionale dei suoi Stati membri legata alla
loro struttura fondamentale,
compreso il sistema delle autonomie
regionali e locali e le funzioni essenziali dello Stato.
Il
Trattato semplifica l’ordinamento dell’Unione attraverso l’eliminazione della struttura a “pilastri” (pilastro comunitario;
politica estera e di sicurezza comune; spazio di libertà, sicurezza e
giustizia) in cui si articola attualmente l’Unione.
Il Trattato
costituzionale definisce il quadro istituzionale all’articolo I-19 identificando
come istituzioni:
· Il Parlamento europeo;
· Il Consiglio europeo;
· Il Consiglio dei ministri (nuova dizione rispetto a quella di
Consiglio prevista dai Trattati vigenti);
· Il Ministro degli Affari esteri dell’Unione;
· La Commissione europea;
· La Corte di giustizia dell’Unione europea.
Il Consiglio europeo viene dunque
riconosciuto come istituzione a pieno titolo, ciò comporta che, ove ne ricorrano le
condizioni, gli atti del Consiglio europeo potranno essere sottoposti alla
giurisdizione della Corte di giustizia dell’Unione europea.
A
queste istituzioni si aggiungono la Banca
centrale europea (BCE) e la Corte
dei conti, menzionate nella parte relativa alle «altre istituzioni e organi
consultivi dell'Unione».
La Costituzione chiarisce inoltre il ruolo rispettivo del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione. In particolare, essa riconosce i vari compiti della Commissione, ivi compreso il suo quasi monopolio dell'iniziativa legislativa e la funzione esecutiva e di rappresentanza esterna, tranne che nel settore della politica estera e di sicurezza comune. La Costituzione consacra inoltre il principio della programmazione interistituzionale, su iniziativa della Commissione.
Per
quanto attiene gli altri organi dell'UE, il Comitato delle regioni (CdR) e del
Comitato economico e sociale europeo (CESE), organi consultivi dell’Unione è
stata modificata solo la durata del mandato dei loro membri: è stato portato a
cinque anni (invece di quattro), così da allinearlo a quello della legislatura
del Parlamento europeo.
La composizione del Parlamento europeo è
stata portata ad un numero massimo di
750 seggi. I seggi saranno attribuiti agli Stati membri in modo
"regressivamente proporzionale", da un minimo di sei ad un massimo di
96 seggi. Il numero preciso di seggi spettanti ad ogni Stato membro sarà deciso
prima delle elezioni europee del 2009.
Il Parlamento europeo esercita, congiuntamente al Consiglio dei ministri, la funzione legislativa e di bilancio.
A proposito della funzione legislativa, il Trattato prevede la generalizzazione della procedura legislativa ordinaria, modellata sull’attuale procedura di codecisione di Parlamento europeo e Consiglio dei ministri. Rispetto ad essa le nuove procedure speciali si caratterizzano come eccezioni. La procedura di codecisione sarà chiamata procedura legislativa ed il 95% delle leggi europee saranno adottate congiuntamente dal Parlamento e dal Consiglio.
Circa i nuovi poteri attribuitigli nella procedura di bilancio, questi si
estendono anche alla determinazione delle spese obbligatorie e non saranno più
limitati, come avviene attualmente, alle spese non obbligatorie.
Il Parlamento europeo esercita inoltre funzioni di controllo politico e consultive ed elegge il presidente della Commissione europea, su proposta del
Consiglio europeo.
La Costituzione eleva, come detto, il Consiglio europeo al rango di istituzione, distinta dal Consiglio dei Ministri.
Il Consiglio europeo definisce
gli orientamenti e le priorità politiche generali dell’Unione, ma non esercita funzioni legislative.
Il Consiglio europeo è composto dai Capi di
Stato o di Governo degli Stati membri, dal suo presidente e dal presidente
della Commissione. Il ministro degli affari esteri dell’Unione partecipa ai
lavori.
Il Presidente
del Consiglio europeo, dotato di poteri limitati, verrà eletto dal Consiglio stesso a maggioranza
qualificata con un mandato di due anni e
mezzo, rinnovabile una
volta, e potrà essere membro di
un’altra istituzione europea, ma non esercitare un mandato nazionale. Il
Presidente prepara i lavori del Consiglio europeo e assicura la rappresentanza
esterna dell’Unione per le materie relative alla PESC, fatte salve le
responsabilità del Ministro degli affari esteri.
Il Consiglio dei ministri è composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro a livello ministeriale abilitato ad impegnare il Governo dello Stato membro che rappresenta e delibera di norma a maggioranza qualificata. Il Trattato si limita a individuare e disciplinare il Consiglio affari generali e il Consiglio affari esteri, rinviando per la definizione delle altre formazioni del Consiglio dei ministri ad una futura decisione del Consiglio europeo, da adottare a maggioranza qualificata
E’ stato mantenuto il sistema della rotazione semestrale fra
Stati membri alla presidenza delle varie formazioni del Consiglio
(fatta eccezione per il Consiglio Affari esteri), ma all'interno di un
"team di presidenza" composto da tre paesi. La Presidenza verrà pertanto
esercitata, in condizioni di parità, da gruppi predeterminati di 3 Stati
membri, composti tenendo conto della diversità degli Stati membri e degli
equilibri geografici in seno all’Unione, per un periodo di 18 mesi: ciascun membro del gruppo eserciterà
la Presidenza di tutte le formazioni del Consiglio per un periodo di
sei mesi, con l’assistenza degli
altri membri del gruppo sulla base di un programma comune.
Questo
sistema, basato sulla rotazione paritaria, potrà evolvere in futuro, dato che
potrà essere modificato dal Consiglio europeo deliberando a maggioranza
qualificata.
Fa eccezione a questa disciplina generale il Consiglio Affari esteri, che è presieduto dal Ministro degli
Affari esteri dell’Unione.
L'attuale meccanismo di composizione
della Commissione, un membro per ogni Stato membro, compreso il Presidente
della Commissione e il Ministro per gli Affari esteri dell’Unione, sarà mantenuto fino al 2014. A partire da quella data, la Commissione sarà
composta da un numero di membri corrispondente a due terzi del numero degli
Stati membri, a meno che il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità,
decida di modificare tale numero. I membri della Commissione dovranno essere
scelti secondo un sistema di rotazione paritaria tra gli Stati membri, già
deciso dal trattato di Nizza.
Il Presidente della Commissione europea sarà eletto dal PE, a maggioranza dei membri che lo compongono, sulla base di una candidatura proposta dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata, tenendo conto delle elezioni del PE e previe consultazioni appropriate.
L’art. I- 26 del Trattato
prevede che la Commissione:
§
promuove l’interesse generale dell’Unione;
§
vigila sull’applicazione del Trattato, nonchè
sull’applicazione del diritto dell’Unione sotto il controllo della Corte di
giustizia dell’Unione europea;
§
dà esecuzione al bilancio e gestisce programmi;
§
esercita funzioni di coordinamento, esecuzione e
gestione, alle condizioni stabilite dal Trattato;
§
assicura la rappresentanza esterna dell’Unione,
fatta eccezione per la politica estera e di sicurezza comune;
§ avvia il processo di programmazione annuale e pluriennale dell’Unione.
Viene confermato il potere esclusivo d’iniziativa legislativa della Commissione: un
atto legislativo dell’Unione può essere adottato solo su proposta della
Commissione, salvo che il Trattato non disponga altrimenti
Una delle maggiori innovazioni istituzionali è la creazione della funzione di ministro degli affari esteri dell'Unione, responsabile dell'iniziativa e della rappresentanza dell'Unione sulla scena internazionale, funzione in cui confluiranno le funzioni attualmente svolte dall'alto rappresentante della politica estera e di sicurezza comune e dal commissario incaricato delle relazioni esterne.
Il Ministro per gli affari esteri dell’Unione è nominato dal Consiglio europeo, a maggioranza qualificata, con
l’accordo del Presidente della Commissione, ed è uno dei vice presidenti della
Commissione.
Egli guiderà la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione e la attuerà in qualità di mandatario del Consiglio. Il ministro degli affari esteri sarà così allo stesso tempo rappresentante del Consiglio per la politica estera e di sicurezza comune e membro a pieno titolo della Commissione, incaricato dei compiti che spettano a quest'ultima nel settore delle relazioni esterne e del coordinamento degli altri aspetti dell'azione esterna dell'Unione; egli presiederà inoltre, come detto, il Consiglio Affari esteri. L'attribuzione all'Unione della personalità giuridica unica le consente inoltre di svolgere un ruolo più visibile sulla scena internazionale.
La soppressione
della struttura a pilastri operata dal Trattato che adotta una Costituzione per
l’Europa è accompagnata da un ampliamento
delle competenze della Corte di giustizia, in particolare nei settori dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia,
per taluni aspetti della politica estera
e di sicurezza comune e relativamente al controllo del principio di sussidiarietà.
L’art. I-29 del Trattato stabilisce che
la Corte di giustizia dell’Unione europea comprende la Corte di giustizia, il Tribunale,
e i tribunali specializzati[4].
Le disposizioni
contenute nel Trattato Costituzionale sul ruolo e il funzionamento della Banca
centrale europea (BCE) riprendono le disposizioni contenute nei Trattati
vigenti (v. scheda L’Unione Economica
e monetaria): la BCE e le banche centrali nazionali
(BCN) costituiscono il Sistema europeo delle banche centrali (SEBC), che è
diretto dagli organi decisionali della BCE.
L’art.
I-30 amplia il mandato del SEBC;
l’obiettivo principale resta quello della stabilità
dei prezzi, ma in subordine il SEBC sostiene
le politiche economiche generali nell’Unione per contribuire alla
realizzazione degli obiettivi di quest’ultima. La BCE, anche se non compresa
nel quadro istituzionale dell’Unione, viene elevata a rango di istituzione
dell’Unione ed ha personalità giuridica.
L’art.
III-382 del Trattato prevede che il comitato esecutivo della BCE, composto
dal presidente, dal vicepresidente e da altri quattro membri, è nominato dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata
e non più all’unanimità, come previsto dalle disposizioni vigenti.
Il Trattato
riprende le disposizioni vigenti. L’art. I-31 configura la Corte dei conti quale istituzione. La Corte esamina i
conti di tutte le entrate e le spese dell’Unione ed accerta la sana gestione
finanziaria. Essa è composta da un cittadino di ciascuno Stato membro.
La procedura legislativa ordinaria con cui
saranno adottate le leggi e leggi quadro europee corrisponderà alla attuale
procedura di codecisione di Parlamento e Consiglio. Essa prevede che le due
istituzioni siano poste su un piano di parità nei confronti dell’adozione
dell’atto e che la decisione sia presa a maggioranza dei voti espressi del
Parlamento europeo ed a maggioranza qualificata del Consiglio.
La definizione della maggioranza qualificata
per l'adozione delle decisioni in sede di Consiglio è stata la questione più
difficile da risolvere in seno alla CIG. Il sistema di voto adottato prevede
che il Consiglio deciderà in base alla
doppia maggioranza, degli Stati
membri e dei popoli, espressione della doppia legittimità dell'Unione.
Il sistema di voto ponderato attualmente in
vigore e previsto dal Trattato di Nizza si applicherà fino al 1° novembre 2009; alla scadenza,
entrerà in vigore il nuovo sistema.
Il principio
della doppia maggioranza di Stati
e di popolazione (che è quello
proposto dalla convenzione ma con le soglie di maggioranza aumentate in sede
CIG), prevede che la maggioranza qualificata sia definita come il 55% degli Stati membri dell’Unione –
con un minimo di 15 – che
rappresentino almeno il 65% della
popolazione. A questo meccanismo sono aggiunti due elementi: la maggioranza
qualificata si ritiene comunque conseguita, se i voti contrari sono espressi da
meno di quattro rappresentanti degli Stati al Consiglio (la c.d. minoranza di
blocco deve essere quindi costituita da almeno cinque Stati, non bastando
quindi il “blocco” di tre Stati grandi); inoltre, è previsto che un numero di
membri del Consiglio rappresentante almeno ¾ di una minoranza di blocco, o al livello di Stati membri o a
livello della popolazione, possa chiedere che non si proceda al voto, ma che,
per un periodo di tempo ragionevole, le discussioni continuino al fine di
arrivare ad una base di accordo più ampia in seno al Consiglio.
Il Trattato ha poi esteso, rispetto ai Trattati vigenti,
il campo di applicazione del voto a maggioranza
qualificata.
Tra settori che rimangono all’unanimità, si segnalano in particolare: la politica estera e di sicurezza comune (PESC) - tranne limitate
eccezioni-; il sistema di risorse
proprie dell’Unione; le misure
fiscali, in particolare quelle riguardanti l’armonizzazione delle
legislazioni in materia di imposte sulla cifra d’affari, imposte di consumo ed
altre imposte indirette (v. capitolo Fisco:
evoluzione normativa comunitaria); i sistemi
di sicurezza sociale; alcune disposizioni nel settore dello spazio di
libertà e giustizia (v. capitolo Cooperazione
giudiziaria); tutte le decisioni
relative ad una cooperazione strutturata
permanente nel settore della difesa (v.
capitolo La PESD nella nuova Costituzione europea), diverse da quelle relative
all’instaurazione, partecipazione successiva e sospensione e l’autorizzazione
ad una cooperazione rafforzata
nell’ambito della PESC; la procedura di revisione
del Trattato .
Il
Trattato contiene all’art. IV-444, una clausola
evolutiva generale, la c.d. clausola
“passerella”, che consente al Consiglio europeo,
deliberando all’unanimità e previa approvazione del Parlamento europeo, di estendere la procedura legislativa ordinaria
o il voto a maggioranza qualificata ai settori cui si applicano procedure
legislative speciali o il voto all’unanimità – ad eccezione, per l’estensione del voto a maggioranza
qualificata, delle decisioni che hanno implicazioni militari o rientrano nel
settore della difesa – a condizione che
nessun Parlamento nazionale presenti obiezioni entro sei mesi dalla
trasmissione di una iniziativa in tal senso assunta dal Consiglio europeo.
Il Trattato costituzionale, in particolare nei titoli III e V della Parte I, si pone l’obiettivo di delineare chiaramente l’assetto delle competenze e gli atti giuridici dell’Unione, cercando di temperare le esigenze di chiarezza e quindi di rigidità del sistema con la necessaria flessibilità.
Le competenze tra Unione europea e Stati membri
sono ripartite in:
§ competenze
esclusive: l'Unione è l'unica a
poter legiferare e adottare atti giuridicamente obbligatori;
§ competenze
concorrenti: sia l'Unione sia gli Stati membri hanno la facoltà di legiferare.
Gli Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui l'Unione non
esercita la propria;
§ azioni
di sostegno, di coordinamento o di
completamento: l’Unione può condurre azioni
che completano l’azione degli Stati
membri.
Le competenze dell’Unione in materia di coordinamento delle politiche economiche e occupazionali (art. I-15) e in materia di politica estera e di sicurezza comune (art. I-16) presentano caratteri peculiari e non appaiono riconducibili ad alcune delle predette categorie.
Le cooperazioni rafforzate sono
un meccanismo di ultima istanza al quale si può ricorrere qualora un nucleo di
Stati intenda raggiungere un risultato cui l’Unione non può pervenire in tempi
brevi. Esse sono escluse per i settori di competenza esclusiva dell’Unione e sono
aperte a tutti gli Stati membri.
L'autorizzazione
a procedere ad una cooperazione rafforzata è accordata dal Consiglio a
maggioranza qualificata, a condizione che essa raccolga almeno un terzo degli
Stati membri.
Nel settore della politica estera e di sicurezza comune l'autorizzazione a procedere a una cooperazione rafforzata è concessa con una decisione del Consiglio all'unanimità.
Gli artt. III-416 e III-417 pongono alcun limiti invalicabili dalle cooperazioni rafforzate, le quali:
- devono rispettare la Costituzione e il diritto dell’Unione, nonché le competenze, i diritti e gli obblighi degli Stati membri che non vi partecipano;
- non possono recare pregiudizio al mercato interno ed alla coesione economica, sociale e territoriale;
- non possono costituire un ostacolo né una discriminazione per gli scambi tra gli Stati membri;
- non possono provocare distorsioni di concorrenza tra gli Stati membri.
Il Trattato provvede ad una ridenominazione
e semplificazione degli atti
dell’Unione (che sono ridotti da quindici a sei), stabilendo la distinzione tra atti legislativi (adottati congiuntamente dal Parlamento europeo e
dal Consiglio), atti non legislativi
ed atti esecutivi[5].
Viene altresì introdotto il nuovo strumento dei regolamenti delegati[6]
(v. scheda Procedure decisionali dell’UE).
Per l'esercizio delle sue competenze, l'Unione utilizza come strumenti
giuridici innanzitutto due tipi di atti legislativi:
§
la legge
europea: atto legislativo di portata generale, obbligatoria in tutti i suoi
elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri (che corrisponde all’attuale regolamento);
§ la legge quadro europea: atto legislativo che vincola tutti gli Stati membri destinatari al risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla scelta della forma e dei mezzi (che corrisponde all’attuale direttiva).
Come atti
non legislativi:
§
il regolamento
europeo: atto non legislativo di portata generale volto all'attuazione
degli atti legislativi;
§
la decisione
europea: atto non legislativo obbligatorio in tutti i suoi elementi;
§
le raccomandazioni
e i pareri: atti che non hanno effetto vincolante.
La
Costituzione estende in misura sostanziale l'ambito di applicazione della
procedura di codecisione che, significativamente, d'ora in poi sarà chiamata
procedura legislativa (95% delle leggi europee saranno adottate congiuntamente
dal Parlamento e dal Consiglio).
La Costituzione introduce, o conferma a livello di testo fondamentale, un numero importante di disposizioni volte a rendere le istituzioni dell'Unione più democratiche, più trasparenti, più controllabili e più vicine ai cittadini.
Il Trattato introduce infatti l’iniziativa legislativa
popolare: un milione di cittadini europei, provenienti da un
rilevante numero di Stati membri potranno
invitare la Commissione a presentare una
proposta legislativa. Un legge europea stabilirà le procedure e le
condizioni per l’esercizio dell’iniziativa legislativa popolare, compreso il
numero minimo di Stati cui devono appartenere i cittadini proponenti.
Dal punto di vista della trasparenza degli atti delle istituzioni, si segnala che i lavori del Consiglio, quando agisca come legislatore, saranno pubblici.
L’art. I-50 sancisce infatti il principio della trasparenza dei lavori delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione, strumentale al buon governo e alla partecipazione della società civile.
Inoltre i Parlamenti
nazionali saranno informati di qualsiasi nuova iniziativa della Commissione
e se un terzo di essi riterrà che una proposta violi il principio di
sussidiarietà, la Commissione sarà tenuta a riesaminarla. Nuove disposizioni
sulla democrazia partecipativa e la buona governance
hanno inoltre acquisito un valore costituzionale.
L’art. I-9 del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, al reca il formale e solenne riconoscimento dei diritti e delle libertà sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, che viene a sua volta incorporata nel Trattato, a costituirne l’intera Parte II. (v. scheda La Carta dei diritti fondamentali).
Nello stesso articolo, al par. 2, si stabilisce
l’adesione dell’Unione alla Convenzione
europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU), precisando (par. 3) che i diritti fondamentali in
essa garantiti costituiscono princìpi
generali del diritto dell’Unione.
La Carta si applica alle istituzioni, agli organi
dell’Unione ed agli Stati membri quando applicano il diritto dell’Unione. Innovando
rispetto al testo di Nizza, si prevede esplicitamente che le disposizioni della Carta siano interpretate dai giudici dell’Unione e
degli Stati membri alla luce delle
spiegazioni predisposte dal Praesidium della Convenzione che ha redatto la
Carta stessa ed aggiornate dal Praesidium della Convenzione europea. Tali
spiegazioni sono contenute in una dichiarazione allegata al Trattato.
La Convenzione
non ha proceduto ad un riesame di tutte le politiche dell'Unione. Pertanto, la
maggior parte delle disposizioni che disciplinano le politiche sono rimaste
sostanzialmente invariate. Diversamente da quanto era avvenuto, ad esempio, con
l'Atto unico o con il trattato di Maastricht, non c'è stata alcuna importante
estensione delle competenze dell'Unione. Le modifiche essenziali consistono in
un'ulteriore estensione della maggioranza qualificata e nella quasi
generalizzazione della procedura di codecisione. L'unanimità è stata invece
mantenuta nel settore fiscale e, in parte, nei settori della politica sociale e
della politica estera e di sicurezza comune.
Per
quanto riguarda le Politiche e azioni
interne (Titolo III, artt. da
III-130 a III-285), esse sono disciplinate in buona parte in conformità ai
Trattati esistenti, introducendo peraltro alcune significative novità. Il
Trattato costituzionale introduce, infatti, alcune nuove basi giuridiche che consentiranno all’Unione di intervenire
con modalità nuove o in settori nuovi. Si tratta dei settori della salute pubblica, dell’energia, della
protezione civile e dello sport.
Il Trattato ha,
invece, comportato un rinnovamento significativo delle disposizioni relative
alla giustizia e agli affari interni,
disposizioni che dovranno consentire di realizzare più facilmente, e meglio, lo
spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia. Infatti, d'ora in poi questi
settori rientreranno nell'ambito del metodo
comunitario e per grandissima parte nel campo della maggioranza
qualificata, benché siano state introdotte o mantenute alcune specificità, in
particolare nei settori della cooperazione giudiziaria in materia penale e
della cooperazione di polizia.
Le
disposizioni relative alle relazioni
esterne sono state riscritte; è stata però sostanzialmente mantenuta la
distinzione tra la politica estera e di sicurezza comune e gli altri aspetti
dell'azione esterna dell'Unione per quanto riguarda il ruolo rispettivo delle
istituzioni e le procedure.
Il Trattato prevede la costituzione di uno spazio di libertà,
sicurezza e giustizia (v. capitolo Cooperazione giudiziaria) da conseguire:
·
attraverso l'adozione di leggi e leggi quadro europee intese a ravvicinare le legislazioni
nazionali;
·
attraverso una cooperazione operativa delle autorità
competenti degli Stati membri,
compresi i servizi di polizia, i
servizi delle dogane e altri servizi
specializzati nel settore della prevenzione
e dell'accertamento degli illeciti penali.
La soppressione della attuale struttura “per pilastri”
dell’ordinamento dell’Unione europea comporterà l’applicazione, con alcune
limitate eccezioni, della procedura legislativa ordinaria e l’estensione della
votazione a maggioranza qualificata.
Il Trattato prevede che
il Consiglio possa istituire all’unanimità una Procura europea (v. anche la scheda Disciplina di attuazione di Eurojust), con
il compito di combattere i reati che
ledono gli interessi finanziari
dell'Unione.
Il Trattato prevede la realizzazione di una politica estera e di
sicurezza comune fondata sullo sviluppo della reciproca solidarietà politica degli Stati membri, sull'individuazione delle questioni di interesse
generale e sulla realizzazione di un livello di convergenza delle azioni degli Stati membri.
Il Consiglio europeo individua gli interessi strategici dell'Unione e
fissa gli obiettivi. Il Consiglio
elabora tale politica nel quadro delle linee strategiche definite dal Consiglio
europeo. Il Ministro degli affari esteri
dell'Unione e gli Stati membri
attuano la politica estera e di sicurezza comune, ricorrendo ai mezzi nazionali
e a quelli dell'Unione.
Gli Stati membri si concertano in sede di Consiglio europeo e di
Consiglio su qualsiasi questione di politica estera e di sicurezza di interesse
generale.
In materia di politica estera e
di sicurezza comune la procedura
legislativa ordinaria non si applica.
La disciplina di tale settore è affidata alla decisioni europee adottate dal Consiglio europeo e dal Consiglio
all'unanimità, salvo i limitati casi
di voto a maggioranza qualificata.
Il Trattato prevede la graduale
definizione di una politica di
difesa comune dell'Unione (v.
capitolo La PESD nella nuova Costituzione europea),
attraverso una decisione del Consiglio europeo all’unanimità.
L'Unione può svolgere missioni al suo esterno per garantire
il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento
della sicurezza internazionale,
conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite.
E’ prevista
l’istituzione di un'Agenzia europea per
gli armamenti, la ricerca e le
capacità militari per coordinare le capacità militari degli Stati membri.
Le decisioni europee
relative all'attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune sono
adottate dal Consiglio all'unanimità. Il
diritto di proposta è attribuito al ministro degli affari esteri
dell'Unione o ad uno Stato membro.
Gli Stati membri che rispondono a criteri più elevati in termini di
capacità militari e che hanno sottoscritto tra loro impegni più vincolanti in
materia instaurano una cooperazione
strutturata permanente, i cui criteri sono specificati in un apposito protocollo allegato al Trattato.
La procedura di avvio di una
cooperazione strutturata permanente nel settore della difesa non prevede un numero minimo di Stati
membri partecipanti e la decisione è assunta a maggioranza qualificata dal Consiglio.
Il Trattato contiene, inoltre, una clausola di mutua assistenza in caso di aggressione armata subita da uno Stato membro nel suo territorio, e una clausola di solidarietà tra l’Unione o ogni Stato membro in caso di attacco terroristico o di calamità naturale o provocata dall'uomo.
La quarta parte del Trattato contiene le norme generali e finali ed è composta da 11 artt. (da IV-437 a IV-448).
Le disposizioni di questa parte possono ricondursi a tre differenti categorie:
a) norme relative alla portata ed agli effetti del Trattato;
b) norme riguardanti l’applicazione e l’entrata in vigore del Trattato;
c) norme concernenti le procedure di revisione.
Nel primo gruppo rientrano, tra l’altro, gli articoli che dispongono l’abrogazione dei precedenti Trattati (art. IV-437) e la successione dell’Unione europea alla Comunità europea in tutti i suoi diritti, obblighi ed atti (art. IV-438) nonché la durata illimitata del Trattato (IV-446).
Al secondo gruppo afferiscono, in particolare, le disposizioni transitorie relative alla composizione del Parlamento europeo, alla definizione di maggioranza qualificata per il Consiglio europeo e dei Ministri, per la composizione della Commissione, e per il Ministro degli Esteri, contenute nei protocolli allegati cui rinvia l’art. IV-439, quelle concernenti l’ambito territoriale di applicazione nonchè le procedure per la ratifica del Trattato (art. IV-447).
La norma prevede che il Trattato deve
essere ratificato da tutte le parti contraenti secondo le rispettive norme
costituzionali; gli strumenti di ratifica saranno depositati presso il Governo
italiano; il secondo paragrafo di tale disposizione fissa, al 1° novembre 2006,
l'entrata in vigore del Trattato, a condizione che entro tale data siano stati
depositati tutti gli strumenti di ratifica. In caso contrario, il Trattato
entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo al deposito dello
strumento di ratifica da parte dello Stato firmatario che procederà per ultimo
a tale formalità.
Si segnala, comunque, che
nelle dichiarazioni relative a
disposizioni del Trattato costituzionale, allegate all’Atto finale di firma,
la numero 30 stabilisce che se entro due anni dalla firma dell’atto, hanno
ratificato i 4/5 degli Stati e uno o più Paesi membri incontrano delle
difficoltà, la questione viene rimessa al Consiglio europeo.
Al terzo gruppo appartengono, invece, gli articoli concernenti le procedure di revisione:
- art. IV-443: procedura di revisione ordinaria.
- art. IV-445: procedura di revisione semplificata riguardante le politiche e azioni interne dell'Unione.
Secondo
la procedura di revisione ordinaria,
che riguarda le modifiche alla parte I, II e IV, il potere di presentare
progetti di emendamento spetta al governo di ciascuno degli Stati membri; al
Parlamento europeo; alla Commissione.
I progetti di modifica devono essere presentati al Consiglio dei Ministri, che provvede a trasmetterli al Consiglio europeo ed a notificarli ai Parlamenti nazionali. A quel punto, il Consiglio europeo, previa consultazione del Parlamento europeo e della Commissione, può adottare a maggioranza semplice una decisone favorevole agli emendamenti proposti. In tal caso, si possono percorre due strade. La prima prevede l’istituzionalizzazione del metodo della Convenzione, incaricata di esaminare il progetto di revisione e di adottare per consenso una raccomandazione alla Conferenza intergovernativa (par. 2 dell'art. IV-443). La seconda prospettiva si verifica, invece, per modifiche di minore entità: in tale evenienza, il Consiglio europeo può decidere di non convocare la Convenzione ma direttamente una Conferenza Intergovernativa. In entrambi i casi, la CIG ha la finalità di definire di comune accordo le modifiche da apportare al Trattato costituzionale (par. 3 dell'art. IV-443).
Per quanto riguarda l’entrata in vigore delle modifiche, è necessaria la ratifica da parte di tutti gli Stati membri, secondo le rispettive norme costituzionali. Tuttavia, se entro due anni dalla firma del Trattato che modifica il Trattato costituzionale i quattro quinti abbiano ratificato detto trattato ed uno o più Paesi membri abbiano incontrato difficoltà nelle procedure di ratifica, la questione è deferita al Consiglio europeo.
Il Trattato prevede, inoltre,
una procedura semplificata di revisione
limitatamente alle politiche interne
dell’Unione (parte III, titolo III), a condizione che le modifiche non comportino ampliamento delle competenze
attribuite all’Unione.
Tale procedura
semplificata prevede la delibera all’unanimità
del Consiglio europeo, previa consultazione del Parlamento europeo e della Commissione,
senza la convocazione di una Conferenza
intergovernativa, ma con la previsione della successiva ratifica da
parte di tutti gli Stati membri,
secondo le rispettive procedure costituzionali.
La
previsione di due distinte procedure di
revisione è divenuto un obiettivo
importante nel momento in cui si è decisa la riorganizzazione del Trattato
in più parti, al fine di predisporre strumenti più flessibili per regole non
fondamentali. Peraltro, i primi commentatori hanno evidenziato alcuni problemi che da ciò potrebbero
derivare. La doppia procedura può creare incertezza circa il rango delle norme modificate con il
canale semplificato, non essendo chiaro se esse diverrebbero diritto primario o
derivato. Inoltre, la procedura semplificata non coinvolge in alcun modo i Parlamenti nazionali (i cui
rappresentanti sono, invece, presenti nella Convenzione, prevista per la
procedura ordinaria). Infine, si evidenzia l’opportunità di evitare il rischio
che emendamenti adottati con la procedura semplificata finiscano per modificare surrettiziamente le parti
fondamentali del Trattato (B. DE WITTE).
Il terreno delle procedure di entrata in vigore e revisione si rivela decisivo per l’identificazione dei caratteri del documento che le contiene, anche a prescindere dall’autoqualificazione formale compiuta dall’atto stesso (negli articoli del Trattato costituzionale si fa, infatti, sempre riferimento alla “presente Costituzione”).
Le posizioni che si sono andate delineando sono varie, ma possono comunque essere ricondotte a due grandi filoni:
a) l’impostazione secondo la quale è possibile che un documento possa configurarsi come un ibrido tra Trattato e Costituzione;
b) l’impostazione che, al contrario, distingue nettamente tra Trattato e Costituzione. In quest’ambito sono individuabili due ulteriori interpretazioni:
I) il Trattato costituzionale può qualificarsi come una Costituzione;
II) si tratta di un Trattato come gli altri.
È, comunque, necessario precisare che taluni autori, pur assumendo una posizione in base alla situazione attuale, non negano la possibilità di un’evoluzione futura, in grado di modificare l’interpretazione fornita. Si segnala, inoltre, che quasi tutti i commentatori partono dalla distinzione tra Trattato e Costituzione, per poi illustrare la propria posizione. Pertanto, prima di individuare le diverse posizioni, si procederà a chiarire la differenza esistente tra i due termini.
Il Trattato rientra nella sfera dei rapporti tra gli Stati, in cui le cessioni di sovranità da parte di questi “avvengono esclusivamente nel senso pattizio della reciproca obbligazione e mai al fine di costituire un nuovo ed ulteriore principio di unità politica, al di là degli Stati stessi”. Per questa ragione, nel diritto internazionale si applica la regola dell’equal sovereignty, da cui discende la necessaria unanimità per la revisione dei Trattati, non essendoci un “intero politico” di cui sia possibile calcolare una quota (M. FIORAVANTI). Al contrario, le Costituzioni, pur partendo da una pluralità, sono il frutto della determinazione di un unico principio di unità politica. Per questo, per la loro modifica non è richiesta l’unanimità, ma la maggioranza, ossia una quota di un tutto unico.
Inoltre, mentre i Trattati incidono sui cittadini degli Stati solo attraverso l’intermediazione statale, le Costituzioni ovviamente hanno riflessi immediati sui cittadini. Nel caso del Trattato, poi, la decisione originaria di creare (come pure di modificare) l’istituzione proviene da soggetti che operano all’esterno dell’istituzione e sulla base di un diritto che non è quello proprio dell’istituzione stessa: si tratta, quindi, di una decisione esterna, eteronoma. Le Costituzioni sono prodotte dal potere costituente interno all’istituzione costituita e sono, pertanto, espressione di autodeterminazione (G. TOSATO). Altri ancora precisano che perché ci sia effettivamente una Costituzione, è necessario che essa promani dai cittadini, mentre il Trattato è imputabile esclusivamente agli Stati (D. GRIMM).
a) passando ora alla prima impostazione, si segnala innanzi tutto che la Corte di giustizia ha da sempre ritenuto compatibili i due termini (questa interpretazione è maturata già in riferimento ai Trattati attualmente vigenti): l’ibrido Trattato-Costituzione, anzi, sarebbe idoneo a descrivere esattamente la realtà dell’integrazione giuridica europea (ad es., sentenze Van Gend en Loos; Les Verts). In particolare, nel parere n. 1 del 1991, reso in occasione della creazione dello Spazio economico europeo, ha chiarito che “il Trattato CEE, benché sia stato concluso in forma di accordo internazionale, costituisce la Carta Costituzionale di una comunità di diritto”.
Un parte della dottrina (G. TOSATO, A. PIZZORUSSO, M. FIORAVANTI) ha sostanzialmente trasferito tale impostazione al Trattato costituzionale, ritenendo che effettivamente esso configuri una forma nuova o ibrida di organizzazione, dal momento che la secca alternativa tra Trattato e Costituzione si rivela poco compatibile con il contesto dell’Unione europea. Fenomeni come quello in esame evidenziano che si sta andando incontro ad un declino del modello giuridico classico dello Stato moderno. È pertanto necessario un mutamento di prospettiva, in grado di applicare i principi del costituzionalismo al diritto internazionale, dal momento che l’Unione europea rappresenta la forma giuridica (statale) dell’avvenire.
Del resto, la partecipazione della Convenzione nella predisposizione del testo del Trattato – come pure il suo ruolo nelle procedure di revisione – implica un indiretto coinvolgimento dei cittadini, attraverso i rappresentati dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo, in maggioranza in seno alla Convenzione, che rende gli Stati meno “signori” del documento approvato. Questo elemento determina un sostanziale mutamento rispetto alle procedure di adozione e modifica dei Trattati sinora previste (ad es. dall’art. 48 TUE), in cui i testi venivano valutati e decisi esclusivamente dai rappresentanti dei Governi nazionali (conferenze intergovernative).
b) i commentatori che rientrano in questo secondo gruppo distinguono nettamente, invece, la nozione di Trattato da quella di Costituzione, negando la possibilità di configurare un documento, che presenti le caratteristiche di entrambi. In quest’ottica, alcuni ritengono prevalenti i caratteri della Costituzione (I), altri quelli del Trattato (II).
I) Si ritiene decisivo il lavoro svolto dalla Convenzione nella elaborazione del progetto di Trattato, che viene qualificato come “esercizio comune di potere costituente da parte dei popoli degli Stati partecipanti” (A. MANZELLA). Il ruolo della Convenzione (alla quale, come già ricordato, risultano in maggioranza i rappresentanti di derivazione parlamentare) limita notevolmente quello della Conferenza intergovernativa (governi degli Stati), di modo che il Trattato costituzionale e le modifiche successive saranno imputabili anche ai cittadini.
Del resto, la regola dell’unanimità, valida per i Trattati, nel nostro caso è ridimensionata dalla previsione che se entro due anni dalla firma (del Trattato costituzionale o di quello che lo modificherà) avranno ratificato i 4/5 degli Stati, la questione sarà deferita al Consiglio europeo (cfr. la dichiarazione n. 30 citata e l’art. IV-443). Infine, la previsione del diritto di recesso da parte di ciascuno Stato, implica che ogni Paese non è dominus dell’intero Trattato, ma solo della propria quota di adesione (A. MANZELLA).
Il Trattato costituzionale rientrerebbe, quindi, nella nozione di Costituzione individuata da Rudolf Smend quale “ordinamento giuridico del processo di integrazione” (A. MANZELLA). Secondo altri, infine, il problema della natura del Trattato costituzionale si potrebbe risolvere definendolo come una Costituzione “ottriata”, ossia elargita da un’autorità che ne ha il potere, in contrapposizione a “votata” dal corpo elettorale o da un’assemblea di questo rappresentativa (A. PIZZORUSSO).
Da parte di altri, si segnala, infine, come la supremacy clause contenuta nell’art. I-6 del Trattato assegni ad esso una delle funzioni tipiche delle Costituzioni, ossia quella di normativa fondamentale di un ordinamento giuridico (M. CARTABIA)
II) si ritiene che il Trattato costituzionale e le procedure per la sua modifica futura siano ancora prigionieri della logica internazionalistica, espressa dalla prevalenza del ruolo della Conferenza intergovernativa, dalla necessità dell’unanimità e della ratifica da parte di tutti gli Stati (G. AMATO, B. DE WITTE, D. GRIMM, M. CARTABIA).
La prevalenza di questi elementi non si ritiene venga attenuata dalla istituzionalizzazione del metodo convenzionale, in quanto: malgrado la prevalenza della rappresentanza parlamentare in seno alla Convenzione, non si può ritenere che essa agisca per conto dei cittadini dell’UE; comunque, il Consiglio può decidere di non convocare la Convenzione anche nella procedura di revisione ordinaria, mentre in quella semplificata non è proprio prevista; inoltre, la Convenzione è incaricata di esaminare i progetti di modifica e adottare una raccomandazione da trasmettere alla Conferenza intergovernativa, mentre la decisione finale rimane nelle mani della CIG. La CIG non è un organo dell’UE, ma rimane estraneo ad essa, tanto è vero che i Trattati approvati in quella sede necessitano di ratifica da parte di tutti i Paesi membri: il fondamento giuridico dell’Unione non è, dunque, un atto di autodeterminazione.
Per quanto riguarda, poi, il criterio dell’unanimità, questo non risulta ridimensionato neppure dal principio secondo cui se entro due anni dalla firma solo i 4/5 degli Stati hanno ratificato, la questione è deferita al Consiglio europeo. Si tratta di un’innovazione modesta, che lascia aperte tutte le strade. Altra cosa sarebbe stata la previsione degli strumenti che avrebbe potuto, in quel caso, adottare il Consiglio europeo.
Si ricorda, infine, che il Conseil Constitutionnel francese, nella decisione n. 2004-505 DC del 19 novembre 2004, ha chiarito che il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa è, appunto, un trattato a tutti gli effetti, stipulato sulla base di un accordo di diritto pubblico internazionale. Questa conclusione deriva dalle norme relative all’entrata in vigore, dalle procedure di revisione e dalla possibilità di denuncia del Trattato. Del resto l’affermazione della supremazia del Trattato rispetto al diritto degli Stati membri, di cui all’art. I-6, non innova alcunché essendo esclusivamente la consolidazione normativa di un principio già enucleato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia.
Uno dei problemi principali, aperto dalla procedura prevista per l’entrata in vigore del Trattato e delle sue future modifiche, è rappresentato dall’eventualità di una mancata ratifica da parte di alcuni Stati membri. Al riguardo, la dichiarazione n. 30 (allegata all’Atto finale di firma del Trattato) nonché l’art. IV-443 stabiliscono che se entro due anni dalla firma dell’atto, hanno ratificato i 4/5 degli Stati e uno o più Paesi membri incontrano delle difficoltà, la questione viene rimessa al Consiglio europeo.
I primi commentatori del testo hanno evidenziato che manca una chiara indicazione del tipo di iniziativa che può intraprendere il Consiglio in tale evenienza. La decisione che l’organo in questione potrà assumere sarà, quindi, inevitabilmente politica e potrà variare da caso a caso.
Ad ogni modo, sia che qualche Paese voti “no”, sia che un quinto degli Stati dopo due anni non dovesse ratificare, si pone il problema di cosa possa succedere. Varie sono le possibilità: ritenere che il processo europeo si blocchi; ritenere al contrario che esso prosegua senza, però, gli Stati che non hanno ratificato. A quel punto, risulta dubbio se tali Paesi dovrebbero lasciare l’UE oppure potrebbero rimanere all’interno del consesso europeo, seguendo però regole superate dai nuovi Trattati (una sorta di due velocità) (A. RIZZO). Infine, si potrebbe ipotizzare una ripetizione della procedura di ratifica, come in passato è accaduto per i Trattati di Maastricht e di Nizza, rispettivamente, in Danimarca ed in Irlanda (F. VENTURINO). Una diversa proposta è stata avanzata da Mario Monti: con essa si suggerisce che, nell’ipotesi di voto negativo alla ratifica da parte di uno o più Stati, venga proposto (nei medesimi Paesi) un nuovo e diverso quesito con il quale si chiede di confermare o meno la volontà di far parte dell’Unione europea attraverso un voto parlamentare o referendario. Tale percorso dovrebbe essere assunto come impegno politico da parte dei 25 Capi di Governo prima che inizino le procedure di ratifica, in modo da rendere trasparenti gli esiti ed evitare una paralisi dell’Unione.
STATO MEMBRO |
PROCEDURA DI RATIFICA |
DATA DI SVOLGIMENTO
DELL’EVENTUALE REFERENDUM |
Austria |
Il
Trattato è stato approvato dal
Nationalrat l’11 maggio 2005 e dal Bundesrat il 25 maggio 2005. |
|
Belgio |
Il
Trattato è stato ratificato sia dal Parlamento
nazionale sia dalle sette Assemblee
regionali. La procedura si è conclusa
con la pronuncia della Comunità fiamminga l’8 febbraio 2006. |
|
Cipro |
Il
Parlamento della Repubblica di Cipro ha ratificato il Trattato il 30 giugno 2005. |
|
Danimarca |
La
ratifica è prevista con referendum popolare giuridicamente vincolante. Il
Governo danese e i partiti favorevoli alla Costituzione europea hanno deciso
il 23 giugno 2005 la sospensione del processo di ratifica, rinviando a data
da definire il referendum. |
Il referendum è stato
sospeso |
Estonia |
La
ratifica avverrà per via parlamentare. L’esame è stato avviato
ai primi di febbraio 2006. |
|
Finlandia |
La
ratifica dovrebbe avvenire per via
parlamentare. E’ richiesta la
maggioranza semplice del Parlamento monocamerale, o la maggioranza di 2/3
qualora si ritenga che il Trattato implica modifiche alla Costituzione (tale
valutazione non risulta ancora effettuata). Il Governo ha deciso di
sospendere il processo di ratifica. |
|
Francia |
La ratifica del Trattato costituzionale è stata sottoposta referendum popolare il 29 maggio 2005.
Su un totale di partecipanti pari al 69,34% degli aventi diritto al voto, il 54,68% ha votato no ed il 45,32% ha votato sì. |
29 maggio 2005 |
Germania |
Il
disegno di legge di ratifica è stato approvato dal Bundestag il 12 maggio
2005. Il 27 maggio 2005 è stato
approvato dal Bundesrat. |
|
Grecia |
Il Parlamento greco ha
ratificato il Trattato il 19 aprile
2005 |
|
Irlanda |
La
Costituzione prevede due fasi: il referendum popolare e, a seguire, la ratifica parlamentare. Il Governo ha
deciso di sospendere il processo di ratifica. |
Il referendum è stato
sospeso |
Italia |
La Camera
dei deputati ha approvato il
disegno di legge di ratifica del Trattato il 25 gennaio 2005 (436 voti favorevoli, 28 voti contrari e 5
astensioni). Il Senato della
Repubblica ha approvato
definitivamente il disegno di legge di ratifica il 6 aprile 2005 (217 voti favorevoli, 16 contrari e nessun
astenuto). |
|
Lettonia |
Il
Parlamento lettone ha ratificato il Trattato il 2 giugno 2005. |
|
Paesi che hanno ratificato il
Trattato
Paesi che non hanno ancora ratificato il Trattato
Paesi che
hanno respinto la ratifica del Trattato
STATO MEMBRO |
PROCEDURA DI RATIFICA |
DATA DI SVOLGIMENTO DELL’EVENTUALE
REFERENDUM |
Lituania |
Il
Parlamento ha ratificato il Trattato l’11
novembre 2004. |
|
Lussemburgo |
Il
Parlamento ha ratificato il Trattato in prima lettura il 29 giugno 2005 e in
seconda il 25 ottobre 2005. Il 10 luglio 2005 si è svolto un referendum popolare consultivo. I
voti favorevoli sono stati il 56,52%, i voti contrari il 43,48%. L'affluenza
è stata pari all’87,7% degli aventi diritto. |
10 luglio 2005 |
Malta |
Il
Parlamento di Malta ha ratificato il Trattato il 6 luglio 2005 . |
|
Paesi Bassi |
La ratifica del Trattato costituzionale è stata sottoposta a referendum popolare il 1° giugno 2005.
Su un totale di partecipanti pari al 69% degli aventi diritto al voto, il 61,70% ha votato no ed il 38,30% ha votato sì. |
1° giugno 2005 |
Polonia |
Il
Governo polacco era inizialmente orientato a procedere alla ratifica del
Trattato costituzionale attraverso una consultazione
referendaria (l’alternativa è l’approvazione da parte delle due Camere a
maggioranza di 2/3). Il 21 giugno 2005 il Presidente Kwasniewski ha
annunciato la sospensione del referendum sul Trattato costituzionale. |
Il referendum è stato
sospeso |
Portogallo |
Il
Governo ha rinviato il referendum sulla Costituzione europea, precedentemente
previsto nell’autunno 2005. |
Il referendum è stato
rinviato |
Regno
Unito |
Era prevista una procedura di
ratifica a doppio livello, con il voto popolare a conferma e
completamento del processo
parlamentare di ratifica. Il progetto di legge di ratifica è stato
approvato in seconda lettura dalla House of Commons il 9 febbraio 2005. L'iter parlamentare del
disegno di legge sul referendum di ratifica è stato sospeso il 6 giugno 2005. |
La decisione sullo svolgimento del referendum è stata sospesa |
Repubblica
Ceca |
Il
Primo Ministro ha annunciato l’intenzione di modificare la Costituzione al
fine di sottoporre la ratifica del Trattato a referendum. Tale modifica richiede la maggioranza di 3/5 dei
componenti di ciascuna delle due Camere. |
Il referendum è stato
rinviato alla fine del 2006 |
Slovacchia |
Il
Parlamento ha ratificato il Trattato l’11
maggio 2005. |
|
Slovenia |
Il
Parlamento ha ratificato il Trattato il 1°
febbraio 2005. |
|
Spagna |
Il
Trattato è stato sottoposto a referendum
consultivo il 20 febbraio 2005: i voti favorevoli sono stati il 76%, i
voti contrari il 17% e le schede bianche sono state il 6%. Il Trattato è
stato poi ratificato dalla Camera dei deputati il 28 aprile e dal Senato il
18 maggio 2005. |
20 febbraio 2005 |
Svezia |
Il
Governo ha dichiarato che non intende
indire un referendum sul Trattato costituzionale. Il processo di
ratifica parlamentare è al momento
sospeso. |
|
Ungheria |
Il
Parlamento ha ratificato il Trattato il
20 dicembre 2004. |
|
A seguito dell’esito negativo dei referendum sulla ratifica del Trattato costituzionale in Francia e nei Paesi Bassi, i Capi di Stato e di governo - riuniti in occasione del Consiglio europeo che si è svolto a Bruxelles il 16 e 17 giugno 2005 - hanno adottato una dichiarazione sulla ratifica del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa. La dichiarazione prende atto dei risultati dei referendum in Francia e nei Paesi Bassi e, pur sottolineando che tali risultati non rimettono in discussione l’interesse dei cittadini per la costruzione dell’Europa, riconosce la necessità di svolgere una riflessione comune. Si invita a promuovere in questo periodo di riflessione un ampio dibattito che coinvolga cittadini, parti sociali, parlamenti nazionali e partiti politici. La dichiarazione ribadisce la validità della prosecuzione dei processi di ratifica, prevedendo altresì un eventuale adeguamento del loro calendario in relazione agli sviluppi nei vari Stati membri. Il Consiglio europeo del 15 e 16 giugno 2006 (sotto Presidenza dell’Austria) procederà ad una valutazione globale dei dibattiti nazionali e per decidere sul seguito del processo.
La
Commissione europea ha presentato il 13 ottobre 2005 una comunicazione intitolata “Contributo
della Commissione al periodo di riflessione: piano D, democrazia, dialogo e
dibattito”, che illustra le iniziative previste dalla Commissione per promuovere
dibattiti nazionali sul futuro dell’Europa. In particolare, la Commissione
presterà assistenza a tutti gli Stati membri nell’organizzazione di dibattiti sul futuro dell’Europa, rafforzando
la cooperazione con i parlamenti nazionali.
I
dibattiti nazionali non dovrebbero limitarsi a questioni istituzionali o alla
Costituzione europea, ma dovrebbero comprendere tre grandi temi di discussione:
a) lo sviluppo economico e sociale dell’Europa; b) la percezione dei cittadini
nei confronti dei compiti ed obiettivi dell’Unione europea; c) la questione dei
confini dell’Europa e del ruolo dell’Unione europea nel mondo.
La Commissione preparerà nel mese di maggio 2006 una relazione di sintesi dei dibattiti nazionali per il Consiglio europeo che si svolgerà, sotto la presidenza austriaca, nel giugno 2006. La Commissione ha proposto, in particolare, di effettuare, da parte dei commissari europei visite presso gli Stati membri, offrendo disponibilità a fornire assistenza ed informazioni ai parlamenti nazionali.
L’8 e 9 maggio si è svolta a Bruxelles una riunione interparlamentare sul futuro
dell’Europa alla quale hanno partecipato delegazioni del Parlamento
europeo, di 23 Parlamenti degli Stati membri dell’Unione europea, dei 2 Paesi
aderenti (Bulgaria e Romania) e, in qualità di osservatori, dei 3 paesi
candidati all’adesione (Croazia, Turchia, la ex Repubblica jugoslava di
Macedonia).
Il Parlamento italiano non ha potuto partecipare
all'incontro in quanto impegnato nella seduta comune per l’elezione del
Presidente della Repubblica. Per analoghe ragioni non era presente il
Parlamento cipriota.
La riunione – promossa dal PE e copresieduta da quest’ultimo
e dalla Presidenza austriaca – ha inteso favorire uno scambio di opinioni tra i
Parlamenti dell’UE sui grandi temi relativi alla prospettive dell’Europa.
La riunione si è articolata in incontri di gruppi di lavoro
su 4 temi specifici e in un dibattito in plenaria sulle prospettive del
processo di riforma costituzionale dell'UE.
In particolare, i gruppi di lavoro hanno esaminato i
seguenti temi :
Nel
corso della riunione sono emerse posizioni differenti in merito alle diverse
modalità, opzioni e tempi per rilanciare il processo costituzionale. Peraltro,
è stata sottolineata concordemente l’importanza del pieno coinvolgimento dei
Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo nelle scelte relative al futuro
dell’Europa. Nel corso della riunione il Parlamento della Finlandia - che
eserciterà la Presidenza dell’Unione europea nel secondo semestre 2006 - ha
annunciato l'intenzione di organizzare una seconda
riunione interparlamentare sul futuro dell’Europa il 4 e 5 dicembre 2006 a
Bruxelles.
Il ruolo dei parlamenti nazionali nel Trattato che
adotta una Costituzione per l’Europa
Nel
Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa il ruolo dei parlamenti
nazionali è disciplinato essenzialmente nei due Protocolli - allegati al
Trattato - sul ruolo dei parlamenti nazionali e sui princìpi di sussidiarietà e
proporzionalità; ulteriori
disposizioni contenute nel Trattato definiscono il ruolo dei parlamenti.
I due protocolli prevedono:
Ø la
trasmissione diretta ai parlamenti nazionali:
§
dei documenti di consultazione della
Commissione;
§
di tutte le proposte legislative, nonché delle
loro modifiche nel corso del procedimento,
§
del programma legislativo annuale, della strategia politica annuale e degli altri strumenti di
programmazione della
Commissione;
§
della relazione
annuale della Commissione
sull’applicazione dei principi fondamentali in tema di delimitazione
delle competenze;
§
della
relazione annuale della Corte dei conti;
Ø
la
comunicazione diretta ai parlamenti nazionali degli ordini del giorno e dei risultati dei lavori del Consiglio
– compresi i processi verbali delle
sessioni nelle quali il Consiglio delibera su progetti di atti legislativi
europei - nello stesso momento in cui sono comunicati ai Governi degli Stati
membri;
Ø
la possibilità per ciascun Parlamento nazionale (o Camera) di sollevare obiezioni, entro un termine di sei settimane dalla data di
trasmissione di un progetto, sulla
corretta applicazione del principio di sussidiarietà (cosiddetto early
warning o allerta precoce) in relazione alle proposte legislative;
Ø
qualora le obiezioni rappresentino almeno un
terzo dell’insieme dei voti attribuiti ai parlamenti nazionali il progetto deve
essere riesaminato. A tal fine ciascun Parlamento nazionale dispone di due
voti, ripartiti in funzione del sistema parlamentare nazionale; in un sistema
parlamentare nazionale bicamerale ciascuna delle due Camere dispone di un voto.
Ciascun Parlamento nazionale o ciascuna Camera può consultare all’occorrenza i
parlamenti regionali con poteri legislativi. La soglia per l’obbligo di riesame
è abbassata a un quarto, nel caso di proposte della Commissione o di una
iniziativa di un gruppo di Stati membri che si riferiscono allo spazio di
libertà sicurezza e giustizia; Al termine del riesame il progetto in questione
può essere – con una decisione motivata - mantenuto, modificato o ritirato.
Ø
la
facoltà per ciascun Parlamento nazionale
(o Camera) di presentare – attraverso la trasmissione effettuata
dai relativi Governi – un ricorso
alla Corte di giustizia per violazione
del principio di sussidiarietà;
Ø
l’organizzazione
di una efficace e regolare cooperazione interparlamentare definita
congiuntamente da Parlamento europeo e parlamenti nazionali;
Ø
la
possibilità per la Conferenza degli
organismi specializzati negli affari comunitari ed europei (COSAC) (v. scheda la COSAC) di sottoporre
all'attenzione delle istituzioni europee i contributi che ritiene utili; la
Conferenza promuove inoltre lo scambio
di informazioni e buone prassi tra
i parlamenti degli Stati membri e il Parlamento europeo, nonché tra le loro
commissioni specializzate, e può altresì organizzare conferenze
interparlamentari su temi specifici che
rientrano nella politica estera e di
sicurezza comune e nella politica di sicurezza e di difesa comune.
Altre disposizioni del Trattato
L’articolo I-18 prevede che se un’azione
appare necessaria per realizzare obiettivi stabiliti dalla Costituzione, senza
che questa abbia previsto i poteri d’azione da parte dell’Unione, il Consiglio
dei ministri può deliberare all’unanimità, su proposta della Commissione e previa
approvazione del Parlamento europeo (clausola di flessibilità). In questo caso la Commissione europea deve richiamare l’attenzione dei parlamenti nazionali,
nel quadro della procedura di controllo del principio di sussidiarietà.
Altre disposizioni riguardanti i parlamenti nazionali sono collocate
negli articoli relativi allo spazio di
libertà, sicurezza e giustizia, sia
nella parte I sia nella parte III. In particolare l’articolo I-42,
paragrafo 2, stabilisce in via di principio che i parlamenti nazionali possano
partecipare ai meccanismi di valutazione dell’attuazione delle politiche
dell’Unione relative allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia e siano
associati al controllo politico delle attività dell’Europol ed alle valutazioni dell’attività di
Eurojust[7] (v. scheda Disciplina di attuazione di Eurojust). I parlamenti nazionali sono inoltre tenuti
informati dei lavori del Comitato politico istituito in seno al Consiglio dell’UE per promuovere e rafforzare la
cooperazione operativa in materia di sicurezza interna (art.III-261).
L’articolo I-58, paragrafo 2 relativo alla procedura di adesione all’Unione
europea, prevede che i parlamenti nazionali (e il Parlamento europeo) siano
informati della domanda di adesione proveniente da uno Stato europeo che
desideri diventare membro dell’Unione.
L’articolo IV-443, relativo alla procedura di revisione ordinaria,
stabilisce che:
·
i progetti di modifica del Trattato sono notificati ai parlamenti nazionali;
·
nel caso in cui il Consiglio europeo decida di
procedere nell’esame delle modifiche proposte, esso convoca una Convenzione composta da rappresentanti
dei parlamenti nazionali, dei Governi, del Parlamento europeo e della
Commissione. La Convenzione esamina i progetti di revisione e adotta per
consenso una raccomandazione alla Conferenza dei rappresentanti dei Governi,
cui spetta di comune accordo di stabilire le modifiche da apportare al
Trattato.
L’articolo IV-444, relativo alla procedura di revisione semplificata, prevede al paragrafo 3 che ogni iniziativa
del Consiglio europeo volta ad estendere, deliberando all’unanimità, la
procedura legislativa ordinaria ed il voto a maggioranza qualificata ai settori
cui si applicano procedure legislative speciali o il voto all’unanimità (c.d.
clausola passerella) sia trasmessa ai parlamenti nazionali. In caso di
opposizione di un parlamento nazionale, notificata entro sei mesi dalla data di
trasmissione, la decisione non è adottata.
[1] Adottato con un accordo politico dai capi
di Stato e di governo al Consiglio europeo di Bruxelles del 17 e 18 giugno 2004.
[2] E’ stata assunta la decisione di affidare la preparazione di una Costituzione per l'Europa ad una convenzione, che ha riunito i rappresentanti dei Parlamenti nazionali, del Parlamento europeo, dei governi nazionali e della Commissione europea.
[3] La CIG ha seguito in grandissima parte il testo redatto dalla convenzione europea, apportando un numero relativamente importante di modifiche testuali. Una delle maggiori differenze consiste nelle minore ambizione per quanto riguarda l'ambito di applicazione della maggioranza qualificata.
[4] L’articolo III-350 contempla la possibilità che una legge
europea possa istituire tribunali specializzati affiancati al Tribunale e incaricati
di conoscere in primo grado talune categorie di ricorsi proposti in materie
specifiche. Attualmente l’articolo 225 del TCE prevede, con analoghe finalità,
la creazione di camere giurisdizionali; sulla base di tale articolo il
Consiglio, con decisione del 2 novembre 2004, ha istituito il Tribunale della
funzione pubblica dell’Unione europea.
[5] La
competenza per l’adozione degli atti esecutivi è attribuita in via di generale
agli Stati membri.
[6] Le
leggi europee e le leggi quadro europee possono delegare alla Commissione la
facoltà di emanare regolamenti delegati
che completano o modificano determinati elementi
non essenziali della legge o della legge quadro, delimitando esplicitamente
obiettivi, contenuto, portata e durata della delega. La disciplina degli
elementi essenziali di un settore rimane riservata alla legge o alla legge
quadro.
[7] Gli articoli III-260, 273 e 276 stabiliscono un obbligo di informazione ai Parlamenti nazionali, oltre che al Parlamento europeo.