Grazie al processo di allargamento, che costituisce
da sempre un elemento chiave del progetto europeo, l’Unione europea è passata
dagli originali 6 membri (Belgio, Germania, Francia, Italia, Lussemburgo e
Paesi bassi) agli attuali 25. Gli
allargamenti si sono verificati: nel 1973 (con l’ingresso di Danimarca, Irlanda
e Regno Unito); nel 1981 (con l’ingresso della Grecia); nel 1986 (con
l’ingresso di Portogallo e Spagna); nel 1995 (con l’ingresso di Austria,
Finlandia e Svezia). L’ultimo allargamento risale al 1° maggio 2004,
quando Cipro, Estonia, Lettonia,
Lituania, Malta, Polonia, Repubblica ceca, Repubblica slovacca, Slovenia e
Ungheria sono divenuti a pieno titolo Stati membri dell’Unione Europea (v. scheda I Trattati di adesione). Si è trattato di un
allargamento storico che ha significato la riunificazione dell’Europa dopo
decenni di divisioni.
Le fasi del processo di adesione - In base all’articolo 49 del Trattato sull’Unione europea, ogni paese
europeo può presentare richiesta di adesione se rispetta i principi di libertà,
democrazia, Stato di diritto, tutela dei diritti umani e delle libertà
fondamentali, principi che sono comuni agli Stati membri. Il medesimo articolo
stabilisce che sulla richiesta di adesione il Consiglio si esprime
all’unanimità, previa consultazione della Commissione e previo parere conforme
del Parlamento europeo. A conclusione di tale procedura, è il Consiglio europeo
ad attribuire lo status di paese candidato.
L’apertura
formale dei negoziati tra gli Stati membri e lo Stato candidato avviene sulla
base di una decisione in tal senso del Consiglio europeo e dopo l’approvazione
del mandato negoziale da parte del Consiglio. All’apertura formale dei
negoziati segue la fase di screening
- preliminare all’avvio dei negoziati tecnici veri e propri - cui partecipano
esperti della Commissione e dello Stato interessato. L’obiettivo dello screening è quello di esaminare la
legislazione del paese candidato sotto il profilo della compatibilità con l’acquis comunitario. L'acquis comunitario corrisponde alla
piattaforma comune di diritti ed obblighi che vincolano l'insieme degli Stati
membri nel contesto dell'Unione europea.
Una
volta che, a seguito dei negoziati, tutti i capitoli siano stati positivamente
esaminati, il risultato dei negoziati confluisce nel testo del Trattato di
adesione, che è concordato tra gli Stati membri e il paese candidato e
successivamente sottoposto alla Commissione per il parere. Sul testo del Trattato
di adesione è richiesto il parere conforme del Parlamento europeo. Dopo la
firma, il Trattato di adesione è sottoposto alla ratifica da parte di tutti gli
Stati membri, nonché del paese interessato, conformemente alle rispettive norme
costituzionali.
L’adesione
può essere conseguita soltanto se il paese soddisfa i cosiddetti criteri di
Copenaghen, stabiliti dal Consiglio europeo di Copenaghen del giugno 1993 e
rafforzati dal Consiglio europeo di Madrid del 1995:
·
criteri
economici: economia di mercato funzionante e capacità di far fronte alle
pressioni concorrenziali e alle forze di mercato all’interno dell’Unione;
·
capacità di fare
fronte agli obblighi derivanti dall’adesione, ivi compresi gli obiettivi
dell’unione politica, economica e monetaria;
·
adozione dell’acquis comunitario e sua effettiva
attuazione attraverso adeguate strutture amministrative e giudiziarie.
In aggiunta, come ribadito in particolare in occasione dell’apertura dei
negoziati di adesione della Turchia, nei futuri allargamenti si terrà conto
anche della capacità di assorbimento dell’Unione europea.
Nel corso del processo di
adesione, l’Unione europea sostiene gli sforzi di ciascun paese attraverso una
strategia di pre-adesione che si compone di diversi strumenti e meccanismi, tra
i quali la partecipazione ai programmi, ai comitati e alle agenzie dell’UE, il
dialogo politico, il programma nazionale di adozione dell’acquis comunitario, il cofinanziamento da parte di istituzioni
internazionali, l’assistenza di preadesione, attraverso una serie di strumenti
finanziari. Inoltre, il livello di preparazione di ciascun paese è
costantemente monitorato dalla Commissione europea, che segue i progressi
compiuti sulla strada dell’adesione e suggerisce i settori prioritari di
intervento. I risultati dell’attività di monitoraggio e lo stato di attuazione
delle riforme vengono resi pubblici attraverso relazioni periodiche.
I paesi
aderenti sono attualmente due, Bulgaria
e Romania, la cui adesione è
prevista per il 1° gennaio 2007.
La Turchia e la Croazia hanno avviato formalmente, il 3 ottobre 2005, i negoziati
per l’adesione.
La ex Repubblica iugoslava di Macedonia ha
ottenuto lo status di paese candidato nel
dicembre 2005.
Il processo di adesione della Bulgaria e della Romania è quasi concluso (v.
scheda I Trattati di adesione).
La Bulgaria e la Romania
hanno avanzato domanda di adesione all’Unione europea rispettivamente il 14
dicembre 1995 e il 22 giugno 1995. I negoziati,
avviati per entrambi i paesi il 15
febbraio 2000, sono stati
dichiarati conclusi dal Consiglio europeo del dicembre 2004, che ha auspicato di
accogliere Bulgaria e Romania quali nuovi Stati membri a partire dal 1° gennaio
2007, a condizione che continuino ad impegnarsi e completino tempestivamente e
positivamente tutte le riforme necessarie.
Il Trattato
di adesione è stato firmato il 25
aprile 2005 e la data di entrata in
vigore del Trattato è fissata al 1°
gennaio 2007, a condizione che tutti gli strumenti di ratifica siano stati
depositati prima di tale data.
La Croazia,
dichiarata paese candidato dal
Consiglio europeo del 17 e 18 giugno 2004, ha avviato formalmente i negoziati
per l’adesione il 3 ottobre 2005.
Con l’apertura formale dei
negoziati di adesione, nel mese di ottobre la Commissione ha avviato il
processo di screening della
legislazione croata. Al momento lo screening
è stato completato per il capitolo negoziale scienza e ricerca ed è in corso di
completamento per il capitolo negoziale istruzione e cultura. Sulla base di una
proposta di posizione comune della Commissione, sarà il Consiglio a decidere
l’avvio dei negoziati tecnici sul capitolo scienza e ricerca.
L’apertura dei negoziati di adesione con la
Croazia era stata fissata dal Consiglio europeo di dicembre 2004 per il 17
marzo 2005, a condizione che il paese collaborasse pienamente con il Tribunale penale internazionale per la ex
Iugoslavia. Solo il 3 ottobre 2005, una volta constatata la piena
collaborazione del paese con il Tribunale penale internazionale per l’ex
Iugoslavia, il Consiglio ha dato il via libera all’apertura dei negoziati.
In quanto paese candidato la Croazia
usufruisce, a partire dal 1° gennaio 2005, degli attuali strumenti finanziari di preadesione.
L’ultima
relazione sui progressi della Croazia, pubblicata dalla Commissione il 9
novembre 2005, segnala che il paese continua a rispettare i criteri politici
richiesti per l’adesione e ha fatto passi in avanti, in particolare per quanto
riguarda la riforma del sistema giudiziario, la cooperazione regionale e la
condizione delle minoranze. Secondo la Commissione si rendono necessari
ulteriori sforzi nella lotta alla corruzione, che resta un problema serio, nel
miglioramento delle condizioni di vita di serbi e rom, che sono tuttora oggetto
di discriminazioni, nella persecuzione dei reati con motivazioni etniche, nella
risoluzione di tutte le questioni bilaterali pendenti. Dal punto di vista
economico, le politiche macroeconomiche hanno assicurato un livello di inflazione
relativamente basso, tassi di cambio stabili ed una significativa riduzione del
deficit. Secondo la Commissione, vi sono tuttavia diverse questioni da
affrontare: permangono squilibri fiscali; il processo di ristrutturazione
industriale e di privatizzazione ha subito rallentamenti; lo sviluppo del
settore privato è ostacolato da regole complesse e deficienze della pubblica
amministrazione. Nella trasposizione del diritto comunitario, la Croazia ha
fatto molti progressi, in particolare per quanto riguarda libera circolazione
dei beni, società dell’informazione, istruzione e cultura, politica estera, di
sicurezza e difesa. Sforzi significativi e sostenuti saranno necessari in
materia di: ambiente, concorrenza, sicurezza alimentare, tassazione, politica regionale,
agricoltura e politiche sociali.
La Turchia
ha ottenuto lo status di paese
candidato dal Consiglio europeo di Helsinki del dicembre 1999.
Sulla base della
relazione periodica e della raccomandazione presentate dalla Commissione il 6
ottobre 2004, il Consiglio europeo
del 16 e 17 dicembre 2004 ha deciso
che la Turchia soddisfa sufficientemente
i criteri politici di Copenaghen, fissando per il 3 ottobre 2005 la data di
avvio dei negoziati di adesione, a
condizione che entrassero in vigore alcuni specifici atti legislativi (legge
sulle associazioni; nuovo codice penale; giurisdizione d’appello; codice di
procedura penale; istituzione della polizia giudiziaria; esecuzione delle
pene). Tale condizione è stata soddisfatta dalla Turchia il 1° giugno 2005.
Determinante
per la decisione favorevole del Consiglio europeo di dicembre 2004 è stata la
disponibilità manifestata dal Governo turco a firmare, prima dell’avvio dei
negoziati, il protocollo che estende ai
dieci nuovi Stati membri, compresa la
Repubblica di Cipro, l’Accordo di
associazione stipulato nel 1963 con la Comunità europea (cosiddetto Accordo
di Ankara). La firma del protocollo è avvenuta il 29 luglio 2005. In occasione
della firma, la Turchia ha allegato al protocollo una dichiarazione in cui
riafferma di non riconoscere la
Repubblica di Cipro. Il 21 settembre 2005, in una contro dichiarazione,
l’Unione europea ha precisato fra l’altro che la dichiarazione della Turchia è
unilaterale, non fa parte integrante del protocollo e non ha effetti giuridici
sugli obblighi che derivano al paese dall’applicazione dell’accordo. Il 24
gennaio 2005 il ministro turco degli affari esteri, Abdullah Gül, ha annunciato
una serie di iniziative destinate a migliorare le relazioni bilaterali con
Cipro, a condizione che cessino le restrizioni verso i turco ciprioti, e la
ripresa di dialoghi politici di alto livello tra le due parti. In particolare,
le autorità di Ankara propongono di tenere entro maggio o giugno 2006 una
riunione sotto l’egida dell’ONU a cui parteciperebbero la Turchia, la Grecia e
i ciprioti greci e turchi.
Il 3 ottobre 2005
il Consiglio ha approvato il quadro
negoziale con la Turchia, consentendo l’apertura formale dei negoziati per
l’adesione del paese all’Unione europea, nella data stabilita dal Consiglio
europeo del dicembre 2004. Come per la Croazia, anche per la Turchia è stata
avviata la fase di screening.
Alla decisione del Consiglio si è arrivati dopo una lunga e delicata
trattativa. Il principale ostacolo è stato rappresentato dalla richiesta
austriaca di prevedere, quale sbocco alternativo dei negoziati con la Turchia,
l’ipotesi di un partenariato privilegiato che questa non era disposta ad
accettare. L’approvazione del quadro negoziale è stata resa possibile dalla
rinuncia dell’Austria a tale ipotesi, a fronte di un rafforzamento nel testo
dell’importanza della capacità di assorbimento dell’UE quale criterio di
valutazione per le future adesioni.
Anche in considerazione delle diffuse preoccupazioni
manifestate in alcuni Stati membri rispetto all’adesione della Turchia
all’Unione europea nonché dell’esperienza acquisita nel corso dei precedenti
allargamenti, il quadro negoziale approvato per la Turchia è per alcuni aspetti
più stringente rispetto al passato.
Facendo seguito alle conclusioni del
Consiglio europeo di Helsinki del 1999, l’8 marzo 2001 il Consiglio ha adottato
un Partenariato per l’adesione della
Turchia, aggiornato da ultimo il 23 gennaio 2006, che riunisce in un unico
strumento-quadro le priorità per la preparazione all’adesione e le risorse
finanziarie disponibili.
Nell’ultima
relazione sui progressi della Turchia, pubblicata il 9 novembre 2005, la
Commissione segnala che la Turchia continua a rispettare sufficientemente i
criteri politici richiesti per l’adesione. Importanti riforme legislative sono
in via di attuazione e dovrebbero comportare significativi cambiamenti del
sistema, in particolar modo nel settore giudiziario. Ciò nonostante, secondo la
Commissione permangono aspetti problematici sui quali è necessario intervenire
(violazioni dei diritti umani, eccesso di potere delle forze armate, casi di
tortura, limitazioni all’esercizio della libertà di espressione, problemi per
le minoranze religiose non musulmane, violenze nei confronti delle donne).
Quanto ai criteri economici, la Turchia può essere considerata un’economia di
mercato funzionante. Considerevoli progressi sono stati fatti nella gestione e
nel controllo della finanza pubblica, nella definizione del quadro
regolamentare del settore bancario nonché nel processo di privatizzazione in
corso. Preoccupazioni restano per quanto riguarda il recente aumento del
deficit di spesa corrente delle finanze pubbliche. La Turchia si è adeguata
alla legislazione dell’Unione europea in un largo numero di settori rilevanti.
Rimane insufficiente l’allineamento nei settori finanziario e agricolo nonché
nella politica di sicurezza e difesa.
La ex Repubblica iugoslava di Macedonia, che ha avanzato
domanda di adesione all’Unione europea il 22 marzo 2004, ha ottenuto lo status di paese
candidato dal Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2005. Sulla base del
parere favorevole espresso dalla Commissione, il Consiglio europeo ha tenuto
conto in particolare dei progressi compiuti dal paese nell’attuazione
dell’accordo di stabilizzazione ed associazione. Il Consiglio europeo ha
precisato che ulteriori misure dovranno tenere conto delle discussioni sulla
strategia per l’allargamento, del rispetto dei criteri e dei requisiti
richiesti per l’adesione da parte dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia
nonché della capacità di assorbimento dell’Unione europea.
Al momento non è prevista
l’apertura dei negoziati di adesione.
La strategia
della Commissione
Il 9 novembre 2005, congiuntamente alle relazioni sullo
stato di preparazione dei singoli paesi, la Commissione ha presentato il
documento di strategia 2005 sull’ampliamento in cui ha esposto i tre principi
su cui si basa la strategia futura della Commissione in materia di
allargamento:
·
consolidamento
degli impegni che i Capi di Stato e di governo dell’Unione europea hanno
assunto nei confronti della Turchia e dei Balcani, tenendo in considerazione la
capacità di assorbimento dell’UE e salvaguardando il buon funzionamento delle
proprie istituzioni;
·
rispetto delle condizioni per l’adesione, manifestando rigore nell’esigere dai
paesi il rispetto dei criteri richiesti ed equità nel riconoscere e
ricompensare i progressi compiuti;
·
miglioramento della comunicazione per fugare le preoccupazioni e rendere più chiari i
vantaggi dei futuri allargamenti, inaugurando un reale dialogo con i cittadini.
Il 16 marzo 2006, il Parlamento
europeo ha adottato a larga maggioranza una risoluzione (397 voti a favore, 95
contrari e 37 astensioni) sul documento di strategia della Commissione, in cui
in particolare:
·
invita gli Stati membri e la Commissione a
cooperare strettamente alla definizione di una strategia di comunicazione per
rispondere alle legittime inquietudini dei cittadini europei nei confronti
dell’ampliamento;
·
approva l’accento posto dalla Commissione su
condizioni eque e rigorose per assicurare che i progressi nei negoziati
dipendano dalla chiara rispondenza di ciascun paese ai criteri richiesti;
·
ritiene che la situazione di stallo in cui si
trova il processo di ratifica del trattato che adotta una Costituzione per
l'Europa impedisce all'Unione di accrescere la propria capacità di
assorbimento;
·
ricorda che la capacità di assorbimento
dell'Unione, come definita nel Consiglio europeo di Copenaghen del 1993, resta
una delle condizioni per l'adesione di nuovi paesi;
·
ritiene che, per comprendere il significato
della nozione di "capacità di assorbimento", sia fondamentale
definire la natura dell'Unione europea, compresi i suoi confini geografici;
chiede alla Commissione di presentare, entro il 31 dicembre 2006, una relazione
che enunci i principi su cui si fonda tale definizione.
Rapporti tra
l’Unione europea e i Balcani occidentali
Come ribadito in più occasioni dalle istituzioni europee, la
prossima fase del processo di allargamento riguarda i paesi dei Balcani
occidentali che, già in occasione del Consiglio europeo tenutosi a Feira il 19
e 20 giugno 2000, sono stati definiti “candidati potenziali all’adesione
all’Unione europea”. Si tratta di Albania, Bosnia-Erzegovina, Serbia-Montenegro
e Kosovo. La Croazia e l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia sono già paesi
candidati (cfr. paragrafo Le prospettive
future).
Tale approccio è stato ribadito da
ultimo il 10 e 11 marzo 2006, nel corso del Consiglio affari esteri informale
che si è tenuto a Salisburgo e al quale hanno partecipato anche i paesi
candidati e potenziali candidati dei Balcani occidentali.
L’impegno dell’Unione europea nei
confronti dei Balcani è confermato anche nella citata strategia per
l’allargamento presentata il 9 novembre 2005, in cui la Commissione segnala
l’importanza di una prospettiva europea convincente per il proseguimento del
processo di riforma in atto in questi paesi.
Peraltro, nell’ambito delle riforma
dell’assistenza esterna, proposta dalla Commissione nel quadro delle nuove
prospettive finanziarie 2007-2013 (v. scheda Prospettive
finanziarie UE 2007-2013), è previsto che i Balcani occidentali beneficino
dei finanziamenti dell’UE attraverso lo strumento dedicato all’assistenza
preadesione.
Attualmente le relazioni tra
l’Unione europea e i cinque paesi dei Balcani occidentali si svolgono
prevalentemente nel quadro del Processo di stabilizzazione ed associazione
(PSA), istituito nel 1999.
Su proposta della Commissione (COM (1999) 235), il
PSA è stato approvato dal Consiglio il 21 giugno 1999. Gli strumenti che
compongono il PSA, formalizzati al Vertice UE-Balcani di Zagabria del 2000,
sono stati arricchiti da elementi ispirati al processo di allargamento nel
giugno 2003, con l’approvazione da parte del Consiglio europeo della cosiddetta
“Agenda di Salonicco”.
Il processo è la cornice entro cui diversi
strumenti sostengono gli sforzi compiuti da questi paesi nella fase di
transizione verso democrazie ed economie di mercato stabili; come già
anticipato, nel lungo periodo la prospettiva è quella della piena integrazione nell’Unione europea,
sulla base delle previsioni del Trattato sull’Unione europea e dei
criteri di Copenaghen.
Lo stato di avanzamento del
processo viene costantemente seguito dalla Commissione che, attraverso la
pubblicazione di una relazione annuale, fornisce indicazioni sui progressi realizzati dai
paesi dei Balcani occidentali rispetto alla situazione dell’anno precedente.
Tale relazione rappresenta l’indicatore principale per valutare se ciascun
paese sia pronto per una relazione più stretta con l’UE.
Le componenti principali del PSA
sono quattro: accordi di stabilizzazione ed associazione, elevato livello di
assistenza finanziaria, misure commerciali e dimensione regionale.
a) Accordi di stabilizzazione ed associazione
La pietra angolare del PSA è
rappresentata dalla conclusione, con ciascun paese della regione, di un accordo
di stabilizzazione ed associazione (ASA), basato sul rispetto dei principi
democratici e degli elementi fondanti del mercato unico europeo.
L’accordo si prefigge di integrare
le economie della regione con quelle dell’UE, attraverso la graduale
realizzazione di un’area di libero scambio e l’attuazione delle politiche
connesse, tra le quali concorrenza, aiuti di stato, proprietà intellettuale.
Per le aree in cui l’accordo non richiede obblighi specifici di adeguamento
all’acquis
comunitario, sono comunque previste forme di cooperazione e dialoghi
specializzati. Gli accordi sono modulati sulle esigenze di ciascun paese,
benché l’obiettivo finale sia il medesimo: la piena realizzazione di
un’associazione formale con l’UE.
Per ciascun paese, la Commissione è
chiamata a valutare l’opportunità di avviare i negoziati per un accordo di stabilizzazione
ed associazione sulla base di diversi criteri: il grado di compatibilità con le
condizioni poste dal PSA; il funzionamento generale del paese; l’esistenza di
una politica commerciale unitaria; i progressi nelle riforme settoriali.
Accordi
di stabilizzazione ed associazione sono già in vigore con la Croazia (dal 1° febbraio 2005) e con la ex Repubblica iugoslava di Macedonia (dal 1° aprile 2004). Nel febbraio 2006 Albania e Unione europea hanno
concluso i negoziati in vista dell’Accordo di stabilizzazione ed associazione.
La proposta di conclusione dell’Accordo, presentata dalla Commissione il 21
marzo 2006, è all’esame del Consiglio e del Parlamento europeo. In attesa della
firma, prevista entro il primo semestre del 2006, e della successiva ratifica,
un protocollo provvisorio permetterà l’applicazione dell’accordo. Al momento le relazioni tra
UE e Albania sono disciplinate dall’Accordo di cooperazione economica e
commerciale, in vigore dal 1992. I negoziati con la Bosnia Erzegovina, avviati
il 25 novembre 2005, sono in corso. I negoziati con la Serbia Montenegro,
avviati il 10 ottobre 2005, sono stati sospesi il 3 maggio 2006 in mancanza di
una piena collaborazione con il Tribunale penale internazionale per la ex
Iugoslavia. In particolare, si richiede alla Serbia Montenegro di
assicurare alla giustizia il generale Ratko Mladic, tuttora latitante. La situazione del Kosovo non
consente al momento di negoziare alcun accordo. In considerazione dei progressi
realizzati, il 24 ottobre 2005, l’ONU ha deciso di avviare un processo politico
per determinare il futuro status del Kosovo. Gli incontri per lo statuto del
Kosovo sono iniziati il 20 febbraio a Vienna alla presenza di rappresentanti di
UE e USA.
b) Assistenza finanziaria
Nell’ambito del processo di
stabilizzazione ed associazione, l’assistenza finanziaria dell’UE viene fornita
a ciascun paese e a livello regionale attraverso il programma CARDS (Community
Assistance for Reconstruction, Development and Stabilisation).
Documenti strategici e programmi pluriennali consentono di dirigere il sostegno
finanziario verso i settori prioritari nell’ambito dell’accordo di
stabilizzazione ed associazione.
Per il periodo 2000-2006 l’UE ha
stanziato in favore dei Balcani occidentali circa cinque miliardi di euro.
L’assistenza comunitaria, originariamente destinata agli interventi relativi
alle infrastrutture e alle misure di stabilizzazione democratica (ivi compresi
gli aiuti ai profughi), ha gradualmente spostato l’accento sul potenziamento
istituzionale e sulle iniziative in materia di giustizia e affari interni.
c) Misure commerciali
Nel marzo 2000, il Consiglio
europeo ha dichiarato che la conclusione di accordi di stabilizzazione e di
associazione con i paesi dei Balcani occidentali doveva essere preceduta da una
liberalizzazione asimmetrica degli
scambi. Conformemente a questa dichiarazione, il regolamento del Consiglio
n. 2007/2000 del 18 settembre 2000 prevede misure commerciali eccezionali,
stabilendo che i prodotti originari dei paesi della regione possono essere
importati nella Comunità senza restrizioni quantitative e in esenzione dai dazi
doganali o da altre imposte di effetto equivalente.
Per beneficiare di tali misure
preferenziali i paesi interessati devono rispettare alcune condizioni:
·
applicare la definizione comunitaria di
“prodotto originario”;
·
non introdurre altri dazi o imposte equivalenti
sulle importazioni originarie della Comunità europea;
·
collaborare con l’UE per evitare frodi;
·
dare prova di volere realizzare riforme
economiche efficaci e di impegnarsi in una cooperazione regionale con gli altri
paesi interessati.
d) Dimensione regionale
Il PSA non è semplicemente un
processo bilaterale tra l’UE e ciascun paese della regione. Già in occasione
del Vertice UE-Balcani di Zagabria del 2000, le Parti hanno posto una grande
enfasi sulla centralità della cooperazione
regionale nell’ambito del processo.
In materia di cooperazione
regionale, i principali obiettivi della politica dell’UE sono:
§
incoraggiare
i paesi della regione a sviluppare relazioni reciproche comparabili a quelle
esistenti tra gli Stati membri;
§
creare
una rete di accordi bilaterali di libero scambio, eliminando qualsiasi barriera
alla circolazione dei beni nella regione;
§
integrare
gradualmente i Balcani occidentali nelle reti infrastrutturali della vicina
Europa in materia di trasporti, energia, gestione delle frontiere;
§
promuovere
la collaborazione tra i paesi della regione in materia di crimine organizzato,
immigrazione e altre forme di traffico illegale.
Il 27 gennaio 2006,
la Commissione ha adottato la comunicazione “I Balcani occidentali sulla strada
verso l’UE: consolidare la stabilità e rafforzare la prosperità”, in cui
propone di promuovere commercio, sviluppo economico, movimento di persone,
istruzione e ricerca, cooperazione regionale e dialogo con la società civile
nel Balcani occidentali come parte della strategia europea di integrazione dei
popoli della regione. La comunicazione definisce misure concrete per rafforzare
la politica dell’UE e gli strumenti a sua disposizione. L’obiettivo è quello di
aiutare questi paesi a rafforzare la
prospettiva europea, che rappresenta un forte incentivo ad attuare riforme politiche ed economiche e ha
favorito la riconciliazione tra i popoli della regione. Nella comunicazione la
Commissione sottolinea infatti i progressi compiuti dai paesi della regione
negli ultimi tre anni, in particolare in termini di stabilizzazione e
riconciliazione, riforma interna e cooperazione regionale.
Per promuovere il commercio, gli
investimenti e lo sviluppo economico e sociale, la Commissione propone:
·
di concludere rapidamente, possibilmente entro
il 2006, un accordo regionale di libero scambio tra i paesi della regione;
·
di sostenere le iniziative in corso volte a
promuovere l’integrazione commerciale regionale, attraverso la riduzione o
l’eliminazione degli ostacoli non tariffari e l’armonizzazione delle normative;
·
di promuovere l’inclusione e l’integrazione
sociale, concentrandosi in particolare sui gruppi vulnerabili e sulle zone più
colpite da crisi economiche, sociali ed etniche;
·
di creare una zona di “cumulo diagonale
dell’origine” tra l’UE e i paesi della regione che hanno concluso con essa
accordi di libero scambio (attualmente Croazia e ex Repubblica iugoslava di
Macedonia) come prima tappa dell’inclusione della regione nel sistema di cumulo
Paneuromediterraneo;
·
di prorogare ai Balcani per altri tre anni la
Carta europea per le piccole e medie imprese. In questo contesto la Commissione
progetta di contribuire al processo con circa 60 milioni di euro nel 2006,
nell’ambito del fondo europeo per l’Europa sud-orientale;
·
di favorire il rafforzamento della capacità
amministrativa e giudiziaria dei paesi dei Balcani occidentali, anche al fine
di favorire il rapido allineamento con la legislazione comunitaria;
·
di rafforzare, nel quadro della cooperazione
regionale, la dimensione parlamentare, attraverso la definizione di una
strategia comune per i parlamenti dell’Europa sudorientale;
·
di tenere in considerazione gli obiettivi
dell’agenda di Lisbona nella politiche dell’UE per la regione