L’allargamento e i Balcani occidentali

Grazie al processo di allargamento, che costituisce da sempre un elemento chiave del progetto europeo, l’Unione europea è passata dagli originali 6 membri (Belgio, Germania, Francia, Italia, Lussemburgo e Paesi bassi) agli attuali 25. Gli allargamenti si sono verificati: nel 1973 (con l’ingresso di Danimarca, Irlanda e Regno Unito); nel 1981 (con l’ingresso della Grecia); nel 1986 (con l’ingresso di Portogallo e Spagna); nel 1995 (con l’ingresso di Austria, Finlandia e Svezia). L’ultimo allargamento risale al 1° maggio 2004, quando Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica ceca, Repubblica slovacca, Slovenia e Ungheria sono divenuti a pieno titolo Stati membri dell’Unione Europea (v. scheda I Trattati di adesione). Si è trattato di un allargamento storico che ha significato la riunificazione dell’Europa dopo decenni di divisioni.

 

Le fasi del processo di adesione - In base all’articolo 49 del Trattato sull’Unione europea, ogni paese europeo può presentare richiesta di adesione se rispetta i principi di libertà, democrazia, Stato di diritto, tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, principi che sono comuni agli Stati membri. Il medesimo articolo stabilisce che sulla richiesta di adesione il Consiglio si esprime all’unanimità, previa consultazione della Commissione e previo parere conforme del Parlamento europeo. A conclusione di tale procedura, è il Consiglio europeo ad attribuire lo status di paese candidato.

L’apertura formale dei negoziati tra gli Stati membri e lo Stato candidato avviene sulla base di una decisione in tal senso del Consiglio europeo e dopo l’approvazione del mandato negoziale da parte del Consiglio. All’apertura formale dei negoziati segue la fase di screening - preliminare all’avvio dei negoziati tecnici veri e propri - cui partecipano esperti della Commissione e dello Stato interessato. L’obiettivo dello screening è quello di esaminare la legislazione del paese candidato sotto il profilo della compatibilità con l’acquis comunitario. L'acquis comunitario corrisponde alla piattaforma comune di diritti ed obblighi che vincolano l'insieme degli Stati membri nel contesto dell'Unione europea.

Una volta che, a seguito dei negoziati, tutti i capitoli siano stati positivamente esaminati, il risultato dei negoziati confluisce nel testo del Trattato di adesione, che è concordato tra gli Stati membri e il paese candidato e successivamente sottoposto alla Commissione per il parere. Sul testo del Trattato di adesione è richiesto il parere conforme del Parlamento europeo. Dopo la firma, il Trattato di adesione è sottoposto alla ratifica da parte di tutti gli Stati membri, nonché del paese interessato, conformemente alle rispettive norme costituzionali.

L’adesione può essere conseguita soltanto se il paese soddisfa i cosiddetti criteri di Copenaghen, stabiliti dal Consiglio europeo di Copenaghen del giugno 1993 e rafforzati dal Consiglio europeo di Madrid del 1995:

·               criteri economici: economia di mercato funzionante e capacità di far fronte alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato all’interno dell’Unione;

·               capacità di fare fronte agli obblighi derivanti dall’adesione, ivi compresi gli obiettivi dell’unione politica, economica e monetaria;

·               adozione dell’acquis comunitario e sua effettiva attuazione attraverso adeguate strutture amministrative e giudiziarie.

In aggiunta, come ribadito in particolare in occasione dell’apertura dei negoziati di adesione della Turchia, nei futuri allargamenti si terrà conto anche della capacità di assorbimento dell’Unione europea.

Nel corso del processo di adesione, l’Unione europea sostiene gli sforzi di ciascun paese attraverso una strategia di pre-adesione che si compone di diversi strumenti e meccanismi, tra i quali la partecipazione ai programmi, ai comitati e alle agenzie dell’UE, il dialogo politico, il programma nazionale di adozione dell’acquis comunitario, il cofinanziamento da parte di istituzioni internazionali, l’assistenza di preadesione, attraverso una serie di strumenti finanziari. Inoltre, il livello di preparazione di ciascun paese è costantemente monitorato dalla Commissione europea, che segue i progressi compiuti sulla strada dell’adesione e suggerisce i settori prioritari di intervento. I risultati dell’attività di monitoraggio e lo stato di attuazione delle riforme vengono resi pubblici attraverso relazioni periodiche.

Le prospettive future

I paesi aderenti sono attualmente due, Bulgaria e Romania, la cui adesione è prevista per il 1° gennaio 2007.

La Turchia e la Croazia hanno avviato formalmente, il 3 ottobre 2005, i negoziati per l’adesione.

La ex Repubblica iugoslava di Macedonia ha ottenuto lo status di paese candidato nel dicembre 2005.

Bulgaria e Romania

Il processo di adesione della Bulgaria e della Romania è quasi concluso (v. scheda I Trattati di adesione).

La Bulgaria e la Romania hanno avanzato domanda di adesione all’Unione europea rispettivamente il 14 dicembre 1995 e il 22 giugno 1995. I negoziati, avviati per entrambi i paesi il 15 febbraio 2000, sono stati dichiarati conclusi dal Consiglio europeo del dicembre 2004, che ha auspicato di accogliere Bulgaria e Romania quali nuovi Stati membri a partire dal 1° gennaio 2007, a condizione che continuino ad impegnarsi e completino tempestivamente e positivamente tutte le riforme necessarie.

Il Trattato di adesione è stato firmato il 25 aprile 2005 e la data di entrata in vigore del Trattato è fissata al 1° gennaio 2007, a condizione che tutti gli strumenti di ratifica siano stati depositati prima di tale data.

Croazia

La Croazia, dichiarata paese candidato dal Consiglio europeo del 17 e 18 giugno 2004, ha avviato formalmente i negoziati per l’adesione il 3 ottobre 2005.

Con l’apertura formale dei negoziati di adesione, nel mese di ottobre la Commissione ha avviato il processo di screening della legislazione croata. Al momento lo screening è stato completato per il capitolo negoziale scienza e ricerca ed è in corso di completamento per il capitolo negoziale istruzione e cultura. Sulla base di una proposta di posizione comune della Commissione, sarà il Consiglio a decidere l’avvio dei negoziati tecnici sul capitolo scienza e ricerca.

L’apertura dei negoziati di adesione con la Croazia era stata fissata dal Consiglio europeo di dicembre 2004 per il 17 marzo 2005, a condizione che il paese collaborasse pienamente con il Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia. Solo il 3 ottobre 2005, una volta constatata la piena collaborazione del paese con il Tribunale penale internazionale per l’ex Iugoslavia, il Consiglio ha dato il via libera all’apertura dei negoziati.

In quanto paese candidato la Croazia usufruisce, a partire dal 1° gennaio 2005, degli attuali strumenti finanziari di preadesione.

L’ultima relazione sui progressi della Croazia, pubblicata dalla Commissione il 9 novembre 2005, segnala che il paese continua a rispettare i criteri politici richiesti per l’adesione e ha fatto passi in avanti, in particolare per quanto riguarda la riforma del sistema giudiziario, la cooperazione regionale e la condizione delle minoranze. Secondo la Commissione si rendono necessari ulteriori sforzi nella lotta alla corruzione, che resta un problema serio, nel miglioramento delle condizioni di vita di serbi e rom, che sono tuttora oggetto di discriminazioni, nella persecuzione dei reati con motivazioni etniche, nella risoluzione di tutte le questioni bilaterali pendenti. Dal punto di vista economico, le politiche macroeconomiche hanno assicurato un livello di inflazione relativamente basso, tassi di cambio stabili ed una significativa riduzione del deficit. Secondo la Commissione, vi sono tuttavia diverse questioni da affrontare: permangono squilibri fiscali; il processo di ristrutturazione industriale e di privatizzazione ha subito rallentamenti; lo sviluppo del settore privato è ostacolato da regole complesse e deficienze della pubblica amministrazione. Nella trasposizione del diritto comunitario, la Croazia ha fatto molti progressi, in particolare per quanto riguarda libera circolazione dei beni, società dell’informazione, istruzione e cultura, politica estera, di sicurezza e difesa. Sforzi significativi e sostenuti saranno necessari in materia di: ambiente, concorrenza, sicurezza alimentare, tassazione, politica regionale, agricoltura e politiche sociali.

Turchia

La Turchia ha ottenuto lo status di paese candidato dal Consiglio europeo di Helsinki del dicembre 1999.

Sulla base della relazione periodica e della raccomandazione presentate dalla Commissione il 6 ottobre 2004, il Consiglio europeo del 16 e 17 dicembre 2004 ha deciso che la Turchia soddisfa sufficientemente i criteri politici di Copenaghen, fissando per il 3 ottobre 2005 la data di avvio dei negoziati di adesione, a condizione che entrassero in vigore alcuni specifici atti legislativi (legge sulle associazioni; nuovo codice penale; giurisdizione d’appello; codice di procedura penale; istituzione della polizia giudiziaria; esecuzione delle pene). Tale condizione è stata soddisfatta dalla Turchia il 1° giugno 2005.

Determinante per la decisione favorevole del Consiglio europeo di dicembre 2004 è stata la disponibilità manifestata dal Governo turco a firmare, prima dell’avvio dei negoziati, il protocollo che estende ai dieci nuovi Stati membri, compresa la Repubblica di Cipro, l’Accordo di associazione stipulato nel 1963 con la Comunità europea (cosiddetto Accordo di Ankara). La firma del protocollo è avvenuta il 29 luglio 2005. In occasione della firma, la Turchia ha allegato al protocollo una dichiarazione in cui riafferma di non riconoscere la Repubblica di Cipro. Il 21 settembre 2005, in una contro dichiarazione, l’Unione europea ha precisato fra l’altro che la dichiarazione della Turchia è unilaterale, non fa parte integrante del protocollo e non ha effetti giuridici sugli obblighi che derivano al paese dall’applicazione dell’accordo. Il 24 gennaio 2005 il ministro turco degli affari esteri, Abdullah Gül, ha annunciato una serie di iniziative destinate a migliorare le relazioni bilaterali con Cipro, a condizione che cessino le restrizioni verso i turco ciprioti, e la ripresa di dialoghi politici di alto livello tra le due parti. In particolare, le autorità di Ankara propongono di tenere entro maggio o giugno 2006 una riunione sotto l’egida dell’ONU a cui parteciperebbero la Turchia, la Grecia e i ciprioti greci e turchi.

Il 3 ottobre 2005 il Consiglio ha approvato il quadro negoziale con la Turchia, consentendo l’apertura formale dei negoziati per l’adesione del paese all’Unione europea, nella data stabilita dal Consiglio europeo del dicembre 2004. Come per la Croazia, anche per la Turchia è stata avviata la fase di screening.

Alla decisione del Consiglio si è arrivati dopo una lunga e delicata trattativa. Il principale ostacolo è stato rappresentato dalla richiesta austriaca di prevedere, quale sbocco alternativo dei negoziati con la Turchia, l’ipotesi di un partenariato privilegiato che questa non era disposta ad accettare. L’approvazione del quadro negoziale è stata resa possibile dalla rinuncia dell’Austria a tale ipotesi, a fronte di un rafforzamento nel testo dell’importanza della capacità di assorbimento dell’UE quale criterio di valutazione per le future adesioni.

Anche in considerazione delle diffuse preoccupazioni manifestate in alcuni Stati membri rispetto all’adesione della Turchia all’Unione europea nonché dell’esperienza acquisita nel corso dei precedenti allargamenti, il quadro negoziale approvato per la Turchia è per alcuni aspetti più stringente rispetto al passato.

Facendo seguito alle conclusioni del Consiglio europeo di Helsinki del 1999, l’8 marzo 2001 il Consiglio ha adottato un Partenariato per l’adesione della Turchia, aggiornato da ultimo il 23 gennaio 2006, che riunisce in un unico strumento-quadro le priorità per la preparazione all’adesione e le risorse finanziarie disponibili.

Nell’ultima relazione sui progressi della Turchia, pubblicata il 9 novembre 2005, la Commissione segnala che la Turchia continua a rispettare sufficientemente i criteri politici richiesti per l’adesione. Importanti riforme legislative sono in via di attuazione e dovrebbero comportare significativi cambiamenti del sistema, in particolar modo nel settore giudiziario. Ciò nonostante, secondo la Commissione permangono aspetti problematici sui quali è necessario intervenire (violazioni dei diritti umani, eccesso di potere delle forze armate, casi di tortura, limitazioni all’esercizio della libertà di espressione, problemi per le minoranze religiose non musulmane, violenze nei confronti delle donne). Quanto ai criteri economici, la Turchia può essere considerata un’economia di mercato funzionante. Considerevoli progressi sono stati fatti nella gestione e nel controllo della finanza pubblica, nella definizione del quadro regolamentare del settore bancario nonché nel processo di privatizzazione in corso. Preoccupazioni restano per quanto riguarda il recente aumento del deficit di spesa corrente delle finanze pubbliche. La Turchia si è adeguata alla legislazione dell’Unione europea in un largo numero di settori rilevanti. Rimane insufficiente l’allineamento nei settori finanziario e agricolo nonché nella politica di sicurezza e difesa.

Ex Repubblica iugoslava di Macedonia

La ex Repubblica iugoslava di Macedonia, che ha avanzato domanda di adesione all’Unione europea il 22 marzo 2004, ha ottenuto lo status di paese candidato dal Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2005. Sulla base del parere favorevole espresso dalla Commissione, il Consiglio europeo ha tenuto conto in particolare dei progressi compiuti dal paese nell’attuazione dell’accordo di stabilizzazione ed associazione. Il Consiglio europeo ha precisato che ulteriori misure dovranno tenere conto delle discussioni sulla strategia per l’allargamento, del rispetto dei criteri e dei requisiti richiesti per l’adesione da parte dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia nonché della capacità di assorbimento dell’Unione europea.

Al momento non è prevista l’apertura dei negoziati di adesione.

La strategia della Commissione

Il 9 novembre 2005, congiuntamente alle relazioni sullo stato di preparazione dei singoli paesi, la Commissione ha presentato il documento di strategia 2005 sull’ampliamento in cui ha esposto i tre principi su cui si basa la strategia futura della Commissione in materia di allargamento:

·         consolidamento degli impegni che i Capi di Stato e di governo dell’Unione europea hanno assunto nei confronti della Turchia e dei Balcani, tenendo in considerazione la capacità di assorbimento dell’UE e salvaguardando il buon funzionamento delle proprie istituzioni;

·         rispetto delle condizioni per l’adesione, manifestando rigore nell’esigere dai paesi il rispetto dei criteri richiesti ed equità nel riconoscere e ricompensare i progressi compiuti;

·         miglioramento della comunicazione per fugare le preoccupazioni e rendere più chiari i vantaggi dei futuri allargamenti, inaugurando un reale dialogo con i cittadini.

Il 16 marzo 2006, il Parlamento europeo ha adottato a larga maggioranza una risoluzione (397 voti a favore, 95 contrari e 37 astensioni) sul documento di strategia della Commissione, in cui in particolare:

·         invita gli Stati membri e la Commissione a cooperare strettamente alla definizione di una strategia di comunicazione per rispondere alle legittime inquietudini dei cittadini europei nei confronti dell’ampliamento;

·         approva l’accento posto dalla Commissione su condizioni eque e rigorose per assicurare che i progressi nei negoziati dipendano dalla chiara rispondenza di ciascun paese ai criteri richiesti;

·         ritiene che la situazione di stallo in cui si trova il processo di ratifica del trattato che adotta una Costituzione per l'Europa impedisce all'Unione di accrescere la propria capacità di assorbimento;

·         ricorda che la capacità di assorbimento dell'Unione, come definita nel Consiglio europeo di Copenaghen del 1993, resta una delle condizioni per l'adesione di nuovi paesi;

·         ritiene che, per comprendere il significato della nozione di "capacità di assorbimento", sia fondamentale definire la natura dell'Unione europea, compresi i suoi confini geografici; chiede alla Commissione di presentare, entro il 31 dicembre 2006, una relazione che enunci i principi su cui si fonda tale definizione.

Rapporti tra l’Unione europea e i Balcani occidentali

Come ribadito in più occasioni dalle istituzioni europee, la prossima fase del processo di allargamento riguarda i paesi dei Balcani occidentali che, già in occasione del Consiglio europeo tenutosi a Feira il 19 e 20 giugno 2000, sono stati definiti “candidati potenziali all’adesione all’Unione europea”. Si tratta di Albania, Bosnia-Erzegovina, Serbia-Montenegro e Kosovo. La Croazia e l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia sono già paesi candidati (cfr. paragrafo Le prospettive future).

Tale approccio è stato ribadito da ultimo il 10 e 11 marzo 2006, nel corso del Consiglio affari esteri informale che si è tenuto a Salisburgo e al quale hanno partecipato anche i paesi candidati e potenziali candidati dei Balcani occidentali.

L’impegno dell’Unione europea nei confronti dei Balcani è confermato anche nella citata strategia per l’allargamento presentata il 9 novembre 2005, in cui la Commissione segnala l’importanza di una prospettiva europea convincente per il proseguimento del processo di riforma in atto in questi paesi.

Peraltro, nell’ambito delle riforma dell’assistenza esterna, proposta dalla Commissione nel quadro delle nuove prospettive finanziarie 2007-2013 (v. scheda Prospettive finanziarie UE 2007-2013), è previsto che i Balcani occidentali beneficino dei finanziamenti dell’UE attraverso lo strumento dedicato all’assistenza preadesione.

Il Processo di stabilizzazione ed associazione

Attualmente le relazioni tra l’Unione europea e i cinque paesi dei Balcani occidentali si svolgono prevalentemente nel quadro del Processo di stabilizzazione ed associazione (PSA), istituito nel 1999.

Su proposta della Commissione (COM (1999) 235), il PSA è stato approvato dal Consiglio il 21 giugno 1999. Gli strumenti che compongono il PSA, formalizzati al Vertice UE-Balcani di Zagabria del 2000, sono stati arricchiti da elementi ispirati al processo di allargamento nel giugno 2003, con l’approvazione da parte del Consiglio europeo della cosiddetta “Agenda di Salonicco”.

Il processo è la cornice entro cui diversi strumenti sostengono gli sforzi compiuti da questi paesi nella fase di transizione verso democrazie ed economie di mercato stabili; come già anticipato, nel lungo periodo la prospettiva è quella della piena integrazione nell’Unione europea, sulla base delle previsioni del Trattato sull’Unione europea e dei criteri di Copenaghen.

Lo stato di avanzamento del processo viene costantemente seguito dalla Commissione che, attraverso la pubblicazione di una relazione annuale, fornisce indicazioni sui progressi realizzati dai paesi dei Balcani occidentali rispetto alla situazione dell’anno precedente. Tale relazione rappresenta l’indicatore principale per valutare se ciascun paese sia pronto per una relazione più stretta con l’UE.

Le componenti principali del PSA sono quattro: accordi di stabilizzazione ed associazione, elevato livello di assistenza finanziaria, misure commerciali e dimensione regionale.

 

a) Accordi di stabilizzazione ed associazione

La pietra angolare del PSA è rappresentata dalla conclusione, con ciascun paese della regione, di un accordo di stabilizzazione ed associazione (ASA), basato sul rispetto dei principi democratici e degli elementi fondanti del mercato unico europeo.

L’accordo si prefigge di integrare le economie della regione con quelle dell’UE, attraverso la graduale realizzazione di un’area di libero scambio e l’attuazione delle politiche connesse, tra le quali concorrenza, aiuti di stato, proprietà intellettuale. Per le aree in cui l’accordo non richiede obblighi specifici di adeguamento all’acquis comunitario, sono comunque previste forme di cooperazione e dialoghi specializzati. Gli accordi sono modulati sulle esigenze di ciascun paese, benché l’obiettivo finale sia il medesimo: la piena realizzazione di un’associazione formale con l’UE.

Per ciascun paese, la Commissione è chiamata a valutare l’opportunità di avviare i negoziati per un accordo di stabilizzazione ed associazione sulla base di diversi criteri: il grado di compatibilità con le condizioni poste dal PSA; il funzionamento generale del paese; l’esistenza di una politica commerciale unitaria; i progressi nelle riforme settoriali.

Accordi di stabilizzazione ed associazione sono già in vigore con la Croazia (dal 1° febbraio 2005) e con la ex Repubblica iugoslava di Macedonia (dal 1° aprile 2004). Nel febbraio 2006 Albania e Unione europea hanno concluso i negoziati in vista dell’Accordo di stabilizzazione ed associazione. La proposta di conclusione dell’Accordo, presentata dalla Commissione il 21 marzo 2006, è all’esame del Consiglio e del Parlamento europeo. In attesa della firma, prevista entro il primo semestre del 2006, e della successiva ratifica, un protocollo provvisorio permetterà l’applicazione dell’accordo. Al momento le relazioni tra UE e Albania sono disciplinate dall’Accordo di cooperazione economica e commerciale, in vigore dal 1992. I negoziati con la Bosnia Erzegovina, avviati il 25 novembre 2005, sono in corso. I negoziati con la Serbia Montenegro, avviati il 10 ottobre 2005, sono stati sospesi il 3 maggio 2006 in mancanza di una piena collaborazione con il Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia. In particolare, si richiede alla Serbia Montenegro di assicurare alla giustizia il generale Ratko Mladic, tuttora latitante. La situazione del Kosovo non consente al momento di negoziare alcun accordo. In considerazione dei progressi realizzati, il 24 ottobre 2005, l’ONU ha deciso di avviare un processo politico per determinare il futuro status del Kosovo. Gli incontri per lo statuto del Kosovo sono iniziati il 20 febbraio a Vienna alla presenza di rappresentanti di UE e USA.

b) Assistenza finanziaria

Nell’ambito del processo di stabilizzazione ed associazione, l’assistenza finanziaria dell’UE viene fornita a ciascun paese e a livello regionale attraverso il programma CARDS (Community Assistance for Reconstruction, Development and Stabilisation). Documenti strategici e programmi pluriennali consentono di dirigere il sostegno finanziario verso i settori prioritari nell’ambito dell’accordo di stabilizzazione ed associazione.

Per il periodo 2000-2006 l’UE ha stanziato in favore dei Balcani occidentali circa cinque miliardi di euro. L’assistenza comunitaria, originariamente destinata agli interventi relativi alle infrastrutture e alle misure di stabilizzazione democratica (ivi compresi gli aiuti ai profughi), ha gradualmente spostato l’accento sul potenziamento istituzionale e sulle iniziative in materia di giustizia e affari interni.

c) Misure commerciali

Nel marzo 2000, il Consiglio europeo ha dichiarato che la conclusione di accordi di stabilizzazione e di associazione con i paesi dei Balcani occidentali doveva essere preceduta da una liberalizzazione asimmetrica degli scambi. Conformemente a questa dichiarazione, il regolamento del Consiglio n. 2007/2000 del 18 settembre 2000 prevede misure commerciali eccezionali, stabilendo che i prodotti originari dei paesi della regione possono essere importati nella Comunità senza restrizioni quantitative e in esenzione dai dazi doganali o da altre imposte di effetto equivalente.

Per beneficiare di tali misure preferenziali i paesi interessati devono rispettare alcune condizioni:

·         applicare la definizione comunitaria di “prodotto originario”;

·         non introdurre altri dazi o imposte equivalenti sulle importazioni originarie della Comunità europea;

·         collaborare con l’UE per evitare frodi;

·         dare prova di volere realizzare riforme economiche efficaci e di impegnarsi in una cooperazione regionale con gli altri paesi interessati.

d) Dimensione regionale

Il PSA non è semplicemente un processo bilaterale tra l’UE e ciascun paese della regione. Già in occasione del Vertice UE-Balcani di Zagabria del 2000, le Parti hanno posto una grande enfasi sulla centralità della cooperazione regionale nell’ambito del processo.

In materia di cooperazione regionale, i principali obiettivi della politica dell’UE sono:

§         incoraggiare i paesi della regione a sviluppare relazioni reciproche comparabili a quelle esistenti tra gli Stati membri;

§         creare una rete di accordi bilaterali di libero scambio, eliminando qualsiasi barriera alla circolazione dei beni nella regione;

§         integrare gradualmente i Balcani occidentali nelle reti infrastrutturali della vicina Europa in materia di trasporti, energia, gestione delle frontiere;

§         promuovere la collaborazione tra i paesi della regione in materia di crimine organizzato, immigrazione e altre forme di traffico illegale.

La strategia futura

Il 27 gennaio 2006, la Commissione ha adottato la comunicazione “I Balcani occidentali sulla strada verso l’UE: consolidare la stabilità e rafforzare la prosperità”, in cui propone di promuovere commercio, sviluppo economico, movimento di persone, istruzione e ricerca, cooperazione regionale e dialogo con la società civile nel Balcani occidentali come parte della strategia europea di integrazione dei popoli della regione. La comunicazione definisce misure concrete per rafforzare la politica dell’UE e gli strumenti a sua disposizione. L’obiettivo è quello di aiutare  questi paesi a rafforzare la prospettiva europea, che rappresenta un forte incentivo ad attuare riforme politiche ed economiche e ha favorito la riconciliazione tra i popoli della regione. Nella comunicazione la Commissione sottolinea infatti i progressi compiuti dai paesi della regione negli ultimi tre anni, in particolare in termini di stabilizzazione e riconciliazione, riforma interna e cooperazione regionale.

Per promuovere il commercio, gli investimenti e lo sviluppo economico e sociale, la Commissione propone:

·         di concludere rapidamente, possibilmente entro il 2006, un accordo regionale di libero scambio tra i paesi della regione;

·         di sostenere le iniziative in corso volte a promuovere l’integrazione commerciale regionale, attraverso la riduzione o l’eliminazione degli ostacoli non tariffari e l’armonizzazione delle normative;

·         di promuovere l’inclusione e l’integrazione sociale, concentrandosi in particolare sui gruppi vulnerabili e sulle zone più colpite da crisi economiche, sociali ed etniche;

·         di creare una zona di “cumulo diagonale dell’origine” tra l’UE e i paesi della regione che hanno concluso con essa accordi di libero scambio (attualmente Croazia e ex Repubblica iugoslava di Macedonia) come prima tappa dell’inclusione della regione nel sistema di cumulo Paneuromediterraneo;

·         di prorogare ai Balcani per altri tre anni la Carta europea per le piccole e medie imprese. In questo contesto la Commissione progetta di contribuire al processo con circa 60 milioni di euro nel 2006, nell’ambito del fondo europeo per l’Europa sud-orientale;

·         di favorire il rafforzamento della capacità amministrativa e giudiziaria dei paesi dei Balcani occidentali, anche al fine di favorire il rapido allineamento con la legislazione comunitaria;

·         di rafforzare, nel quadro della cooperazione regionale, la dimensione parlamentare, attraverso la definizione di una strategia comune per i parlamenti dell’Europa sudorientale;

·         di tenere in considerazione gli obiettivi dell’agenda di Lisbona nella politiche dell’UE per la regione