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Si riprende la discussione.
(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 1287)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo provvedimento trova la più netta contrarietà del gruppo della Lega Nord Padania. Abbiamo già manifestato tale contrarietà nel corso della discussione del provvedimento nell'altro ramo del Parlamento e alla Camera, in Commissione affari costituzionali. Questa contrarietà si manifesta non solo attraverso l'intervento che sto svolgendo e quelli che, più autorevolmente, hanno svolto altri colleghi del mio gruppo, ma anche con la presentazione di una serie di proposte emendative volte a mettere in luce gli aspetti più critici di un provvedimento che, complessivamente, consideriamo in maniera molto critica, e, se possibile, a correggerli. Ma facciamo la cronaca di ciò che è accaduto.
Il primo aspetto che va messo in luce è che non si tratta di un provvedimento di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei ministeri, come, in maniera aulica, recita il titolo di questo disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame. Si tratta di un vergognoso provvedimento che è servito a Prodi per creare il Governo, sistemando i vari appetiti politici. Quindi, risponde alla logica non della funzionalità della pubblica amministrazione, ma di spartizione e di sistemazione degli equilibri interni alla maggioranza.
Avremmo potuto capire un riordino delle competenze, delle attribuzioni, dell'organizzazione dei ministeri, se, alla fine, il saldo fosse stato «in pareggio». Avremmo potuto discutere il merito delle scelte. Invece - l'ho ricordato ieri nel corso dell'intervento sulle questioni pregiudiziali -, la realtà è diversa e lo dimostra il fatto che i banchi del Governo non sono più sufficienti. Infatti, il provvedimento in esame ha partorito un numero senza precedenti di ministri, di viceministri e di sottosegretari. Questa è la prova che il provvedimento risponde non a logiche di funzionalità della pubblica amministrazione, ma a logiche meramente spartitorie.
L'iter del provvedimento è iniziato male, perché il giorno del giuramento del Governo Prodi, dopo lo stentato risultato elettorale, abbiamo appreso dalla televisione che erano stati nominati alcuni ministri a capo di ministeri che, in realtà, non esistevano. L'abbiamo appreso non da qualche velina, ma attraverso un comunicato emesso dalla Presidenza della Repubblica e, congiuntamente, dalla Presidenza dei Consiglio dei ministri. Sono stati indicati come referenti dei ministeri «spacchettati» i ministri prima ancora che vi fosse un atto normativo a sostegno delle relative scelte. L'atto normativo è intervenuto successivamente, cosa che, a nostro avviso, dal punto di vista politico e giuridico, non può sanare ciò che è accaduto. È intervenuto, successivamente, il decreto-legge che ha aumentato il numero dei ministeri e ha «spacchettato» le varie competenze.
Questo è il primo punto che, secondo me, va messo in luce. È mai possibile emanare un decreto-legge per riorganizzare, se questo dovesse veramente essere l'intento, la struttura e l'organizzazione dei ministeri? Quali sono i requisiti di necessità e d'urgenza posti a fondamento di un atto di questo tipo? È ovvio che essi non vi sono poiché sono legati soltanto, come dicevo, a logiche spartitorie di carattere politico.
Quindi, l'atto del Governo si è risolto in uno schiaffo politico nei confronti del Parlamento e di tutti i cittadini; non mi riferisco, infatti, soltanto a quelli che hanno votato per il Governo Prodi con maggioranze differenziate alla Camera ed e alla Senato e con una grossa ipoteca per quanto riguarda il risultato elettorale che ancora deve essere valutato nel suo complesso. È successo esattamente questo: è stato dato uno schiaffo al Parlamento chePag. 8si è ripetuto nel momento in cui il provvedimento è arrivato al Senato ed il Governo ha deciso di soffocare il dibattito parlamentare ponendo la questione di fiducia. La cosa penso si ripeterà oggi alla Camera, una volta terminato il balletto degli interventi.
Ciò che diceva l'onorevole Buontempo è vero: noi siamo qui per recitare una parte, per perdere, oggettivamente, del tempo perché sappiamo - come da comunicazioni di autorevoli esponenti della maggioranza in Commissione - che, fra pochi minuti, il Governo chiuderà tutto ponendo la questione di fiducia. In ogni caso, anche il fatto di porre la questione di fiducia, comprimendo così il dibattito parlamentare - di fatto impedendolo poiché non si terrà la discussione sugli emendamenti -, è molto grave dal punto di vista politico.
Detto questo, vorrei brevemente analizzare alcuni aspetti relativi al contenuto del provvedimento d'urgenza. Come dicevo, si tratta non di un provvedimento di riordino, bensì di una moltiplicazione delle poltrone e, conseguentemente, di un aumento della spesa pubblica.
Voi che chiedete il rigore e che intendete spingere verso una politica di sobrietà avete nominato 102 componenti del Governo le quali, lo sapete benissimo, aumenteranno ancora attestandosi, probabilmente, a 106-107 unità. Al riguardo, non so darvi ancora una precisa quantificazione perché mi sembra che ancora non abbiate individuato un sottosegretario per la gestione della legge finanziaria in Parlamento; tra l'altro, con la maggioranza che vi ritrovate si tratterà, sicuramente, di una partita assai complessa: alla faccia del risparmio delle spese!
Inoltre, nel provvedimento si fa presente che l'aumento del numero dei componenti il Governo non comporterà nuove spese, tranne l'aumento, la lievitazione delle somme per gli stipendi. Comunque questo è un fatto rilevante perché i sottosegretari e i ministri, normalmente, sono sempre stati parlamentari; si tratta di casi eccezionali per un breve periodo. Anch'io sono stato sottosegretario non parlamentare, ma si è trattato di un brevissimo lasso di tempo poiché avevo concluso un'esperienza in consiglio regionale. Voi invece avete scientificamente fatto dimettere i sottosegretari da parlamentari in modo da aumentare la schiera di persone pagate - i sottosegretari ed i ministri hanno un'indennità equiparabile a quella di parlamentare - con stipendio sistemando, oltretutto, gli equilibri politici con l'ovvia aggiunta di poltrone.
Quindi non è irrilevante l'aumento di spesa per quanto riguarda gli stipendi della classe politica, soprattutto nel momento in cui l'intero paese ci guarda, ci osserva e si aspetta da noi dei segnali di rigore.
Voi non solo non avete dato segnali di rigore, ma, vergognosamente, avete aumentato, moltiplicato le poltrone e le spese per venire incontro agli stipendi dei politici: questo è il dato.
A tutto ciò si aggiunge il costo dello stesso provvedimento per quanto riguarda le strutture e l'organizzazione conseguente all'interno dei ministeri. Voi affermate nel provvedimento che il costo sarà zero per ciò che concerne l'organizzazione e le strutture, perché utilizzerete personale e budget che già esistono. Con riferimento, per esempio, alla figura dei viceministri voi affermate, attraverso le disposizioni del provvedimento, che questi ultimi avranno la stessa dotazione dei sottosegretari. Peccato, però, che nello stesso testo, in seguito precisate che il ministro competente potrà apportare delle deroghe; nel caso in cui ciò dovesse accadere, ecco che il viceministro potrà nominare un capo della segreteria, un segretario particolare, un portavoce, un consigliere diplomatico, un capo dello staff tecnico. Quindi, fanno sorridere le affermazioni secondo cui il provvedimento sarà a costo zero e che si utilizzeranno le strutture all'interno dei ministeri. In realtà, questo provvedimento porterà ad un'ulteriore lievitazione senza precedenti delle strutture e dei relativi costi all'interno del ministero: altro che federalismo per il quale si batte la Lega, il movimento che oggi mi onoro di rappresentare attraverso questo intervento! Voi state andando nella direzione esattamente contraria,Pag. 9quella del centralismo. Voi rappresentate, impersonificate uno Stato che non si vuole asciugare, ma vuole aumentare ed espandersi continuamente. Se andate avanti così, la prossima volta ci ritroveremo ad avere 150 tra ministri e sottosegretari! Per questo è molto importante che si facciano le riforme in senso federale - noi lo ripetiamo in tutte le sedi - attraverso il federalismo istituzionale, ma soprattutto attraverso il federalismo fiscale.
Molti parlano delle potenzialità della riforma del Titolo V della Costituzione approvata dalla sinistra. È vero che questa riforma ha delle grandissime potenzialità, ma è anche vero che non è stata affatto attuata in questi cinque anni, anzi è stata lasciata lì aumentando e creando confusione sul punto. La riprova è che lo Stato non si è asciugato, il centralismo non è venuto meno ed oggi ci ritroviamo, infatti, 102 tra ministri e sottosegretari ed una moltiplicazione delle spese; quindi, l'aumento della spesa non è un aspetto secondario, ma, certamente, importante.
Questo provvedimento mina inoltre la funzionalità della pubblica amministrazione sotto l'aspetto dell'attività dei ministeri. Per esempio, nella XIV legislatura le politiche sociali erano viste in una prospettiva attiva ed integrata con le politiche del lavoro; infatti, molto opportunamente, si era creato il Ministero del lavoro e della previdenza sociale (il Ministero del welfare), con l'individuazione del ministro Maroni quale responsabile.
Questo ministero ha lavorato molto bene, a detta non soltanto degli esponenti dell'allora maggioranza, realizzando una serie di riforme e di interventi significativi. Una delle ragioni del successo dell'attività del Ministero è stata la considerazione integrata delle politiche sociali e delle politiche del lavoro. Oggi, per ragioni di poltrone e per rispettare i vostri equilibri di maggioranza, questa dimensione, questa impostazione viene radicalmente cambiata, ed ecco che nascono ministri nuovi come il ministro per le politiche della famiglia e per la solidarietà sociale.
Tuttavia, dobbiamo anche svelare l'inganno: oltre ad essere assente una politica integrata (mi riferisco al principio per cui la mano destra finalmente sa cosa fa la mano sinistra), non avete nemmeno attribuito ai nuovi ministri gli strumenti necessari! Avete fatto crescere la spesa, ma non gli avete dato gli strumenti!
Vorrei citare l'esempio del Ministero per le politiche della famiglia. È stata prevista la figura del ministro Bindi, ma non è stato istituito il relativo ministero: si tratta di un ministro senza portafoglio. Pertanto, dovete spiegare come sia possibile l'attuazione delle politiche per la famiglia da parte di un ministro che non dispone delle risorse necessarie per intervenire a sostegno della stessa.
Le stesse considerazioni si possono svolgere in relazione ai Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della solidarietà sociale.
Al di là del nome che, da parte vostra, è certamente propagandistico, avete concepito una delega che rivela un'impostazione sbagliata delle politiche migratorie: avete, infatti, attribuito a questo ministero la funzione di vigilare sui flussi migratori che, invece, avrebbe dovuto essere di competenza del Ministero del lavoro. Attribuendola al Ministero della solidarietà sociale, avete previsto, anche dal punto di vista funzionale e amministrativo, una certa impostazione della politica dell'immigrazione: la considerate come qualcosa che non deve essere regolamentata e gestita, come accade in molti Stati occidentali (la regolamentazione dell'immigrazione dovrebbe essere un diritto e un dovere dello Stato), ma come qualcosa di ineluttabile, da considerare solo come un problema sociale ed assistenziale, indipendentemente dalla verifica dell'esistenza di un posto di lavoro o di un alloggio corrispondenti, e dell'integrazione, da parte di chi raggiunge il nostro territorio, nella nostra società, con il rispetto delle nostre regole, dei nostri usi e costumi, delle nostre tradizioni e lo svolgimento di un lavoro regolare.
Attribuendo tali competenze al ministro della solidarietà sociale, avete svelatoPag. 10una precisa linea politica, come del resto ribadito dal ministro dell'interno in diverse occasioni, nonché da altri esponenti del Governo, che hanno richiesto sanatorie generalizzate ed affermato, davanti alle coste della Libia, che tutti i cittadini libici potranno raggiungere tranquillamente il nostro territorio, in barba a qualunque regola, perché, tanto, è pronta la concessione del diritto di asilo!
Questa è la strategia che state portando avanti! Lo stesso ministro dell'interno, Amato, in sede di audizione in Commissione, invece di parlare dei problemi del terrorismo, anche alla luce di ciò che sta accadendo ai servizi di sicurezza, si è premurato di svolgere un discorso filosofico sulla concessione del diritto di cittadinanza: occorre, secondo la sua impostazione, superare il principio dello ius sanguinis per approdare al principio dello ius soli.
Tanto per usare espressioni più terra terra, la cittadinanza, secondo l'impostazione del Governo, del ministro Amato, verrebbe concessa a chiunque nasce sul nostro territorio. Quindi, tutti i figli degli immigrati, anche presenti da pochi giorni o da pochi mesi nel nostro paese, diventerebbero cittadini italiani.
Questi aspetti non sono secondari, perché la storia insegna che determinate strategie di solito o sono finalizzate ad apportare cambiamenti nella società, come in questo caso, oppure vengono adottate per far fronte a determinate esigenze concrete.
La concessione del diritto di cittadinanza secondo il principio dello ius soli è stata prevista negli Stati occidentali quando si intendeva favorire l'immigrazione; anzi, quando, addirittura, si avvertivano storicamente esigenze di colonizzazione (penso all'Australia, agli Stati Uniti alla fine dell'ottocento ed all'inizio del novecento); mai è stata adottata un'impostazione di questo tipo quando occorreva stringere le maglie dell'immigrazione!
Pertanto, in ordine a tale aspetto bisogna essere chiari! C'è o non c'è l'esigenza di stringere le maglie dell'immigrazione? A nostre avviso, tale esigenza si avverte!
Voi state portando avanti una politica per aprire le maglie dell'immigrazione, anzi per realizzare un processo di trasformazione della politica dell'immigrazione al fine di cambiarne completamente impostazione. State operando una rivoluzione per aumentare l'immigrazione: questa è la vostra strategia!
Ovviamente, di fronte a questa strategia che si manifesta in diversi atti, anche in questo provvedimento di «spacchettamento» dei ministeri, non ci faremo prendere in giro - non lo potete pretendere! -, consentendo l'invasione delle nostre città da parte degli immigrati.
Reagiremo duramente in Parlamento e nelle piazze delle nostre città. Abbiamo sopportato abbastanza! I cittadini del nord hanno subito abbastanza per quanto riguarda la qualità della vita, la sicurezza nelle nostre città!
Mi richiamo ancora all'audizione del ministro dell'interno relativamente agli aspetti legati alla sicurezza. Gli è stato fatto notare che il fenomeno dei furti in villa ha raggiunto un'elevata soglia di allarme sociale, ma il ministro ha affermato che costituiscono solo il 3 per cento delle rapine. È ovvio che i numeri si possono girare e rigirare come si vuole; in realtà, i numeri dicono che siamo di fronte all'aumento della criminalità, soprattutto, per l'incremento degli atti criminosi perpetrati dagli immigrati clandestini. Questa è la situazione!
È ovvio che chi è clandestino sul nostro territorio, deve arrivare alla fine della giornata e, quindi, per fare ciò, se non ha un lavoro lecito, si deve dedicare ad attività illecite. Pertanto, seguendo la vostra impostazione tendente a considerare l'immigrazione come una fenomeno libero, perché ineluttabile, si determinerà un aumento esponenziale della criminalità, di episodi considerati di piccola criminalità, anche se non è sempre così; spesso, infatti, dal punto di vista qualitativo, si registrano reati anche particolarmente gravi come quelli contro la persona. Tuttavia, considerando le statistiche, la percentuale più ampia riguarda i reati contro il patrimonio.Pag. 11
Pertanto, avremmo un aumento esponenziale dei reati, se la vostra filosofia dovesse essere messa a segno; qualora ciò accadesse, ci opporremmo nettamente.
Considerando altri aspetti del provvedimento, sempre in tema di Ministero del lavoro e della previdenza sociale, all'articolo 1, comma 6, si rinvia ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l'individuazione delle forme di esercizio coordinato delle funzioni aventi natura assistenziale o previdenziale, nonché delle funzioni di indirizzo e vigilanza sugli enti di settore.
Qui si dà una competenza al Governo, e segnatamente al Consiglio dei ministri, in una materia che invece dovrebbe essere oggetto di competenza e controllo da parte del Parlamento.
Questo è uno dei tanti aspetti che emergono dal provvedimento in esame. C'è indubbiamente un tentativo politico di non passare dal Parlamento. Questo per due motivi: perché dal punto di vista politico c'è una difficoltà obiettiva di questa maggioranza, che ha delle componenti estremamente eterogenee che dicono cose eterogenee, anche su punti particolarmente delicati (e quindi vi è un problema politico), e poi perché (e questo è un problema tecnico) questa maggioranza al Senato in realtà non ha la maggioranza e perciò è costretta a «ballare» con il voto dei senatori a vita.
A proposito: è indecoroso che degli uomini che sono stati nominati senatori per supposti meriti scientifici, e per aver onorato l'intera comunità, si prestino a giochi politici di basso profilo per tenere in piedi un Governo che non ha una maggioranza parlamentare! È indecoroso! Questo ci obbliga ad una riflessione sull'istituto dei senatori a vita, ed è indecoroso soprattutto che si usi lo strumento della sostituzione all'interno delle Commissioni. L'espressione del voto di fiducia già è qualcosa che ha ovviamente un significato politico, e il senatore a vita dovrebbe partecipare all'attività parlamentare facendo valere ovviamente la propria esperienza, ma non dovrebbe condizionare il risultato finale di quelle votazioni che hanno una valenza politica, per mantenere o meno in piedi maggioranze ed esecutivi. È ancora più indecoroso che utilizzino lo strumento della sostituzione di parte per gestire l'attività parlamentare all'interno delle Commissioni. Allora, è per questo motivo, perché non si ha una maggioranza parlamentare, che si ricorre a simili strumenti, spesso «infilando» riforme tra le pieghe dei provvedimenti che stiamo esaminando.
Passando all'esame di altri ministeri, devo innanzitutto porre in luce il fatto che viene «spacchettato» il percorso formativo attraverso la creazione del Ministero dell'università e della ricerca scientifica. Si distingue quindi tra scuola e università, quasi che la persona non debba avere un unico percorso formativo. Anche qui si tratta dell'esigenza di redistribuire poltrone e poltroncine. Anche qui, questa scelta, dal punto di vista dell'organizzazione e delle strutture, è figlia di una idea molto pericolosa, e cioè dell'idea di voler smantellare le riforme che sono state fatte nella precedente legislatura.
Abbiamo infatti già visto ieri come, sempre utilizzando questo metodo subdolo della decretazione, delle deleghe, eccetera eccetera, nel provvedimento «mille proroghe» in realtà non ci fossero soltanto delle proroghe di carattere burocratico, ma uno smantellamento della riforma Moratti. Attraverso lo «spacchettamento» del ministero, si vuole realizzare anche qui uno smantellamento di una importante riforma che è stata fatta nella passata legislatura e che ha trasformato radicalmente l'istruzione, rendendola più vicina al cittadino e facendo in modo che si riducesse quel gap, che ormai era evidentissimo, per cui i nostri giovani uscivano con il pezzo di carta, ma non erano assolutamente pronti per il mondo del lavoro. C'era una grande distanza tra la scuola e il mondo del lavoro, tra la formazione e il mondo del lavoro, e proprio la riforma approvata con il sostegno della Lega nella passata legislatura ha creato una scuola più moderna, ha impostato una scuola più moderna.Pag. 12
Anche in questo caso voi mostrate di avere paura delle riforme, e infatti la prima cosa che avete fatto è cercare di smantellare una riforma importante per ritornare al passato! Nel testo del provvedimento si legge: «Ministero della pubblica istruzione». Nessuno è contro la scuola pubblica, ci mancherebbe altro, tutti la vogliamo sostenere, ma penso che tutti noi siamo contro, almeno per quanto riguarda la Lega, una scuola di Stato che abbia il monopolio dell'educazione e della cultura, perché questo tipo di scuola, questo tipo di impostazione è figlia dei regimi sovietici, è figlia della mancanza di libertà! Proprio per questo, nella passata legislatura si è andati nella direzione opposta rispetto a quella verso al quale voi state andando in questa legislatura.
PRESIDENTE. Onorevole Cota, la invito a concludere, perché ha terminato i suoi 30 minuti.
ROBERTO COTA. Grazie, Presidente.
Ricordo, ancora, lo «spacchettamento» del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, diviso in due in un momento particolarmente importante, e per finire (concludo, e ringrazio tutti i colleghi per l'attenzione) il fatto grave di togliere le deleghe sul turismo, e quindi le competenze in materia di turismo al Ministero delle attività produttive. I nostri imprenditori hanno bisogno di considerare il turismo come una attività imprenditoriale ed industriale, non soltanto come un bene culturale da ricomprendere sotto le competenze del Ministero per i beni culturali.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Ronconi, iscritto a parlare; si intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.
ENRICO COSTA. Ritengo necessario fare un riferimento alla rubrica del provvedimento alla nostra attenzione. La scelta, nella rubrica di questo provvedimento, del termine «riordino» è a mio avviso un pochino, in un certo senso, infelice. È infelice perché, laddove si legge riordino, questo termine evoca sicuramente uno snellimento della macchina amministrativa, della struttura burocratica del nostro Stato. È sufficiente una superficiale lettura, però, dell'articolato del testo, per ravvisare una palese contraddizione tra il termine «riordino» e i contenuti dello stesso provvedimento.
Se noi avessimo veramente di fronte un riordino dei ministeri, un riordino della macchina amministrativa, non ci sarebbe che da essere soddisfatti. Il Presidente del Consiglio, in campagna elettorale, ha parlato di semplificazione, di sburocratizzazione, di riduzione delle spese ingiustificate, ha parlato di rendere più snella la struttura amministrativa. Ebbene, questo testo, che rappresenta il primo provvedimento che egli, come Presidente del Consiglio, ha posto in essere, è un provvedimento che sicuramente contraddice tutte queste premesse.
Penso quindi che rispetto a questo provvedimento, il termine «riordino» nel vocabolario di questo Governo possa essere tradotto come una operazione urgente e necessaria, finalizzata però a creare degli spazi vitali per i partiti della coalizione. Il termine volgare di questo provvedimento è: «spacchettamento».
Lo «spacchettamento» forse evoca anche l'apertura di alcuni regali: lo spacchettamento dei regali natalizi, per esempio. Sicuramente questo provvedimento di regali ne ha fatti alcuni, ad alcune forze politiche: certamente al ministro Bianchi, certamente al ministro Ferrero, al ministro Bonino, al ministro Mussi, per i quali ha trovato certamente degli spazi di azione che non c'erano in precedenza. Mi sia permessa la battuta: Prodi ha «spacchettato» per non incartarsi! Se pensiamo che con Cavour c'erano sette ministri e nessun sottosegretario, e facciamo il confronto con questo Governo, dove sono 102 le persone che ne fanno parte, sicuramente si nota una bella differenza!
Infatti, ad ogni figura in più, ad ogni compito in più corrisponde una struttura, del personale, dirigenti, funzionari, uffici, telefoni, ed ognuno vuole ritagliarsi compitiPag. 13con conseguente conflittualità. Abbiamo visto come il ministro Ferrero, abilmente dal suo punto di vista, abbia cercato di occupare spazi, creando conflittualità, anticipando alcuni temi ai giornali rispetto a quanto avrebbe dovuto fare in Parlamento.
Vi è poi un problema di metodo, particolarmente importante, che riguarda l'utilizzo dello strumento del decreto-legge. Signor Presidente, l'utilizzo della decretazione d'urgenza è stato valutato in termini e modi diversi nel corso degli anni da parte della Corte costituzionale. Sappiamo che, inizialmente, la Corte aveva effettuato una valutazione diversa da quella attuale sui presupposti di necessità e di urgenza affermando, in sostanza, che tali presupposti dovessero essere ancorati ad una valutazione politica, per cui il giudice delle leggi non sarebbe potuto entrare in tale valutazione ma solo rispettare le ragioni che avessero supportato la scelta.
Oggi, però, non è più così. La Corte costituzionale opera una valutazione tecnico-giuridica sui presupposti di necessità e di urgenza. Certo, è molto difficile che la Corte possa formulare un giudizio su di essi nei 60 giorni di vita di un decreto-legge. Però, in alcune pronunce ha esteso la propria valutazione alla legge di conversione, affermando che se vi è un vizio nella decretazione d'urgenza, se vi è un'assenza palese dei presupposti, la Corte la ravvisa ritenendo che tale vizio si estenda alla legge di conversione. Quindi, può pendere - diciamo così - una spada di Damocle sulla legge di conversione, una spada di Damocle che auspichiamo la Corte costituzionale ponga in essere.
Il 17 maggio 2006, per ritornare al problema di metodo, il Governo Prodi giura nelle mani del Presidente della Repubblica e nel decreto presidenziale di nomina, pubblicato due giorni dopo, il 19 maggio, figurano undici ministri senza portafoglio e quattordici ministri con portafoglio. Alla fine del giuramento, il Presidente del Consiglio annunciando la lista dei ministri, menziona quattro dicasteri inesistenti: solidarietà sociale, commercio internazionale, trasporti e istruzione. Il 18 maggio, in un'apposita riunione del Consiglio dei ministri viene emanato il decreto-legge n. 181 del 2006, che riordina l'attribuzione dei quattro ministeri, creando quattro dicasteri con portafoglio, assegnati a ministri che hanno giurato senza portafoglio, le cui attribuzioni sono state modificate con un decreto-legge successivo: Bianchi, Fioroni, Ferrero e Bonino.
Questo è un problema di metodo e ritengo utile rileggere ciò che è stato detto dal relatore, l'onorevole Boato, memoria storica del Parlamento, che con grande onestà intellettuale, nella relazione non ha toccato l'argomento della decretazione d'urgenza. Nel 2001, di fronte al Governo Berlusconi, l'odierno relatore disse: «Continuo a conservare un dubbio di costituzionalità per quanto riguarda l'adozione di questo decreto-legge. Il Governo aveva sì giurato al momento della sua adozione e quindi era legittimamente in carica, ma a mio parere non avendo ancora ricevuto la fiducia da parte neppure di un ramo del Parlamento, non mi pare che fosse in quel momento nella pienezza costituzionale dei poteri». Oggi, siamo nella medesima situazione. Aggiungeva, inoltre, l'onorevole Boato: «Il Governo non era legittimato, o - se vogliamo sfumare il giudizio - pienamente legittimato, ad adottare tale provvedimento, a meno che non immaginiamo, nella forma del Governo parlamentare che caratterizza la nostra Repubblica e la nostra Costituzione, che la fiducia delle Camere sia un orpello aggiuntivo o, come dite voi giuristi, ultronea, anziché rappresentare un atto costitutivo di corretto rapporto tra Governo e Parlamento». Aggiungeva, ancora, l'onorevole Boato: «Vi è un secondo profilo di costituzionalità che mi sembra giusto mettere in risalto e che non è sanato dal fatto che, nel frattempo, il Governo Berlusconi» - si riferiva chiaramente al 2001 - «ha avuto con amplissimo margine la fiducia da entrambi i rami del Parlamento» ed evidenziava appunto l'utilizzo della decretazione di urgenza.Pag. 14
Nel 2001, non so se si tratti di un caso di omonimia, l'onorevole Dario Franceschini, che mi sembra sia il capogruppo dell'Ulivo alla Camera, con riferimento alla decretazione d'urgenza utilizzata dal precedente Governo, affermava: «Abbiamo sottolineato quanto sia discutibile la sussistenza dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza, ma ricorrendo alla forma del decreto-legge si è costretto il Parlamento a votare una specie di fiducia condizionata. Se questo decreto-legge non venisse convertito in legge, che tipo di fiducia avremmo dato ad un Governo in una composizione che poi deriverebbe realmente dalla mancata conversione del decreto-legge? Lo strumento non vi è dubbio era il disegno di legge, uno strumento lineare, che avrebbe corrisposto alla necessità del Governo di adeguare alla propria volontà la struttura, e non sarebbe stato un dramma per due ministri e qualche sottosegretario aspettare del tempo, prima di poter occupare quei posti».
Ritengo che, nonostante siano passati dall'opposizione al sostegno al Governo, queste idee, valutazioni, considerazioni giuridiche permangano nella mente e nella cultura dei due autorevoli parlamentari che ho citato. Considero l'utilizzo della decretazione d'urgenza censurabile o meglio censurabile laddove difettino i presupposti reali di necessità e di urgenza. Il Governo attuale ha avviato il rapporto con il Parlamento in modo poco lineare. Prendiamo il provvedimento che sarà esaminato prossimamente riguardante le liberalizzazioni: anche in quella circostanza, è stato utilizzato lo strumento della decretazione d'urgenza. Addirittura, vi sono ministri che non hanno partecipato al Consiglio dei ministri e che si sono trovati, nel proprio settore di competenza, il provvedimento senza neppure essere stati consultati. Ebbene, come evidenziava nel suo intervento l'onorevole Franceschini, vi sono strumenti idonei a fare ciò, ed uno di questi è sicuramente il disegno di legge.
Tornando al cosiddetto provvedimento sullo «spacchettamento», forse, una ragione di necessità ed urgenza era ravvisabile - lo confesso -, ed era quella di garantire la sopravvivenza o quantomeno la nascita del Governo Prodi (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. La discussione generale del provvedimento in esame sta durando da quasi otto ore.
Sono ancora iscritti a parlare quasi 200 colleghi dell'opposizione. Credo che di fronte ad un atteggiamento che spinge l'ostruzionismo al limite della sopportabilità istituzionale, anche la maggioranza, supportata dalle norme regolamentari, per evitare che si vada verso l'incongruenza dei lavori, debba garantire che vengano approvati gli strumenti e gli obiettivi legislativi attraverso i quali è possibile con efficacia dare governabilità al paese, che non può attendere un lunghissimo dibattito parlamentare spinto agli eccessi.
Chiedo pertanto, a norma dell'articolo 44 del regolamento, la chiusura della discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Avverto che sulla richiesta testé avanzata dall'onorevole Quartiani a norma dell'articolo 44, comma 1, del regolamento, darò la parola ad un oratore contro e ad uno a favore per non più di cinque minuti ciascuno.
ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare contro.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Intervengo solo per esprimere il mio rammarico per avere urtato la «sopportabilità» e la suscettibilità non solo del collega Quartiani, ma dell'intera maggioranza. Ricordo, però, che non vi è stato un solo intervento in discussione generale che possa essere attribuito a ragioni ostruzionistiche. Gli interventi sono entrati nel merito di un provvedimento che, badate bene, ha assunto una forma quasi kafkiana nellaPag. 15gestione da parte della maggioranza. Si tratta del primo provvedimento di questo Governo relativo all'organizzazione dell'esecutivo. Dopo avere richiesto la fiducia al Senato, cosa comprensibile vista l'esiguità dei numeri, si chiederà sicuramente la fiducia anche in questa Assemblea pur disponendo di 60 voti in più da parte della maggioranza! Ciò significa che non siete in grado di portare avanti i provvedimenti e vi appigliate ad una presunta e inesistente azione di ostruzionismo da parte dell'opposizione.
Noi voteremo contro questa richiesta perché ciò significa voler strozzare il dibattito su un provvedimento che, torno a ripetere, ha assunto una connotazione incredibile nel momento in cui la maggioranza ha deciso di chiedere la fiducia su delle norme nate per poter operare, cosa mai avvenuta in nessun Parlamento. Ritengo che ciò sia il segno dell'inizio di ciò che questa maggioranza intende fare in questa legislatura (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore l'onorevole Falomi. Ne ha facoltà.
ANTONELLO FALOMI. Signor Presidente, mi pare evidente che noi stiamo operando in una condizione parlamentare che non garantisce, se non viene modificata, la conversione del decreto-legge entro i termini stabiliti. Ci troviamo di fronte non ad una presunta azione ostruzionistica, ma ad una reale azione ostruzionistica! Ovviamente, l'opposizione ha il diritto di utilizzare tutti gli strumenti che il regolamento le consente, allo stesso tempo anche la maggioranza ha il diritto di utilizzare gli strumenti che il regolamento le mette a disposizione per poter portare avanti le sue scelte, le sue proposte ed il suo programma. Per questa ragione esprimiamo il nostro consenso alla proposta avanzata dal collega Quartiani.
PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indico la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di chiusura della discussione sulle linee generali del disegno di legge di conversione n. 1287.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 420
Maggioranza 211
Hanno votato sì 267
Hanno votato no 153).
Prendo atto che i deputati Bono, Rositani, Sanna, Di Gioia, Germontani, Carbonella e Verini non sono riusciti ad esprimere il proprio voto. Prendo atto altresì che il deputato Simeoni non è riuscito a votare ed avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Ricordo che, essendo stata deliberata la chiusura della discussione sulle linee generali, a norma dell'articolo 44, comma 2, del regolamento, ha facoltà di parlare per non più di 30 minuti un deputato fra gli iscritti non ancora intervenuti nella discussione per ciascuno dei gruppi che ne facciano richiesta.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Uggè...
TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo?
TEODORO BUONTEMPO. L'articolo 44, comma 3, del regolamento stabilisce che, dopo un intervento a favore ed uno contrario e la votazione, può parlare riguardo a ciò che si è votato, ossia la chiusura della discussione, un deputato che ne faccia richiesta...
MARCO BOATO. Dove l'ha letto?
TEODORO BUONTEMPO. Vuole che lo legga? L'articolo stabilisce che dopo che è stata deliberata la chiusura della discussionePag. 16ha facoltà di parlare un deputato per ciascuno dei gruppi che ne facciano richiesta.
PRESIDENTE. Non è questo il caso...
TEODORO BUONTEMPO. Come non è il caso? Noi abbiamo votato la chiusura della discussione!
PRESIDENTE. Non siamo in fase di dichiarazione di voto. Comunque stavo dando la parola all'onorevole Uggè proprio perché, in base al regolamento, può parlare un deputato per gruppo.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Uggè. Ne ha facoltà.
PAOLO UGGÈ. Credo che qualche considerazione di fondo sul perché questo provvedimento non meriti il consenso da parte mia e del nostro gruppo parlamentare vada fatta. Innanzitutto, dobbiamo denunciare una situazione grave. Di fatto, con questo modo di agire il Governo e la maggioranza parlamentare, che non corrisponde a quella del paese, dimostrano tutta la loro debolezza. Essi sono riusciti ad approvare provvedimenti esclusivamente attraverso voti di fiducia e questo la dice lunga sulla tenuta della vostra maggioranza.
Il senatore Panetta è arrivato addirittura a chiedere la riduzione dell'indennità parlamentare in quanto, giustamente, dopo aver riconosciuto la ridotta attività del Senato non se l'è sentita di percepirla integralmente. Egli, dopo aver constato il limitato esercizio dei suoi diritti e doveri di eletto, ha chiesto di vedersi ridurre l'indennità parlamentare.
Si tratta di dimostrazioni che attestano un'azione da parte della maggioranza che rasenta l'arroganza. Voi state commettendo un gravissimo errore a non impegnare il Parlamento nelle discussioni su fatti fondamentali, come può essere la struttura del Governo, che consentirà al vostro esecutivo, messo insieme in modo raffazzonato, di andare avanti nei prossimi mesi per tentare di governare il nostro paese.
Come ricordava ieri il collega Boscetto, noi riteniamo tutto ciò una manifestazione di arroganza. Ciò che mi fa riflettere è proprio la richiesta della fiducia su uno «spacchettamento» che voi stessi avete individuato dopo trattative e accordi. Non avete il coraggio di accettare un dibattito in Parlamento! Non è questo il modo di affrontare le cose seriamente, eppure sapete benissimo quanta importanza abbia la riorganizzazione della struttura del Governo. Per gestire il potere, perché solo questo a voi interessa, avete immediatamente dimenticato le ragioni per le quali un vostro ministro, Bassanini, presentò un disegno di legge che venne discusso approfonditamente e approvato, anche se con pochi voti di scarto. Esso stabiliva la riduzione dei ministeri con portafoglio da 18 a 12, adducendo ragioni di funzionalità, di organizzazione e di risparmio della spesa.
Oggi, all'inizio della legislatura, voi tutto ciò lo avete dimenticato. Trovate la soluzione alle contraddizioni presenti all'interno della vostra compagine creando nuovi ministeri e nuove poltrone. Questa è la serietà che il governo Prodi aveva annunziato in campagna elettorale? Voi, per soddisfare le vostre contraddizioni interne, avete pensato solo ad aumentare le poltrone. In ciò siete incoerenti e vi è discontinuità rispetto alle scelte che il centrosinistra fece nella penultima legislatura. Bassanini tentava di ridurre al minimo i ministeri per dare più funzionalità al Governo. Ciò aveva un senso. Egli arrivò persino ad eliminare il Ministero delle comunicazioni ed il Ministero della sanità. Oggi la sanità è divenuta sicuramente un punto di riferimento importante e voi ne esaltate l'esigenza per il nostro popolo, per la nostra gente, ma avevate addirittura pensato di «sospendere» o di sopprimere tale ministero.
Naturalmente, quando all'inizio della scorsa legislatura, per consentire la ripresa della funzionalità di un Governo serio, il Governo Berlusconi tentò di porre rimedio alle vostre decisioni profondamente sbagliate, voi strillaste come aquile: «Il Governo Berlusconi vuole occupare spazi diPag. 17potere, crea ministeri per soddisfare la fame di potere dei propri gruppi!». Ma noi abbiamo fatto funzionare il paese senza mettere le mani nelle tasche degli italiani, abbiamo varato 36 grandi riforme, con l'istituzione di un Governo che ha saputo rispondere alle aspettative. Arrivate voi al Governo e, pur non avendo la maggioranza del paese, subito inventate lo «spacchettamento» dei ministeri, trovate un accordo politico e, successivamente, poiché avete paura del confronto e pensate che attraverso il dibattito qualcuno potrebbe ricredersi, ecco che «democraticamente» interrompete il confronto e chiedete la votazione di fiducia.
Avete anche detto cose che non stanno né in cielo né in terra! Ma come? Avete promesso la riduzione dei costi dello Stato: forse aumentare ministeri è una diminuzione? Quanti capi di gabinetto, quanti capi segreteria, quanti sottosegretari, quante strutture di segreteria, quanti autisti! Tutti costoro costano, non sono persone che vengono a lavorare gratuitamente, ma persone cui debbono essere attribuite indennità. Dov'è, allora, la riduzione dei costi che avete promesso? Avete preso in giro e continuate a prendere in giro la gente, perché già state pensando, per consentire di lavorare al vostro Governo - che non ha la maggioranza, soprattutto al Senato - di estendere tutte le indennità riconosciute ai parlamentari anche ai «tecnici», per rendere interessante a tali «tecnici» la copertura di posti nel vostro Governo! Non è certo questo il modo di affrontare i problemi in modo serio!
Per quanto riguarda la riduzione dei costi, come pensate di affrontare gli aspetti fondamentali ed economici del paese? Per finanziare lo «spacchettamento» dei ministeri avete addirittura sottratto risorse alla legge 14 maggio 2005, n. 80, la cosiddetta legge sulla competitività. Il Governo Berlusconi aveva messo a disposizione alcune risorse per rilanciare il paese, eppure voi prevedete uno stanziamento di 250 mila euro per il 2006 e di 375 mila euro per il 2007, e via di questo passo. Altro che competitività! Bisognava utilizzare la citata legge e, in merito, purtroppo dobbiamo evidenziare che chi nella passata legislatura non perdeva occasione per ricordare come la competitività fosse l'elemento fondamentale per lo sviluppo del paese e come il Governo dovesse intervenire sulla stessa competitività, come la competitività e la logistica fossero due facce della stessa medaglia e, quindi, attraverso i processi di logistica si potessero ridurre i costi - in tutti i convegni il presidente di Confindustria parlava del time to market: «Noi dobbiamo garantire la consegna delle merci in tempo reale, perché l'Italia altrimenti uscirà dai mercati europei» - oggi non parla più. Oggi il time to market è diventato la richiesta della riduzione del cuneo fiscale, che certamente fa comodo alle grandi imprese, a quelle che hanno molto, molto personale da accontentare, non a quelle che fanno investimenti sulla ricerca. Questa è la vostra risposta su un punto fondamentale, che può essere l'elemento che consente al paese di riprendere competitività!
Voi sottraete al citato provvedimento risorse che, invece, noi avevamo pensato di valorizzare, ed avevamo pensato di farlo proprio attraverso un ministero fondamentale per lo sviluppo del paese, ossia il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, perché si fa la politica dei trasporti e, attraverso quest'ultima, si realizzano gli interventi sulle infrastrutture. Per tale motivo avevamo realizzato l'unificazione di tale ministero, identificando tutta la rete sul territorio, creando i SIT, che oggi voi sarete costretti ad abbandonare, facendo perdere tempo e creando problemi alla cittadinanza ed all'utenza, che si troverà di fronte ad uffici che non sono in grado di rispondere ai reali bisogni.
Faccio un piccolo inciso sulla questione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Occorre anzitutto capire perché, nella legislatura antecedente, il Governo Berlusconi ritenne opportuno aggregare in un unico dicastero le competenze di quattro dicasteri diversi: trasporti, lavori pubblici, marina mercantile ed aree urbane. In realtà, il dicastero della marina mercantile era già stato inglobato nei dicasteriPag. 18dei trasporti e dei lavori pubblici sin dal 1993, ma era rimasta, in ogni caso, poco chiara la collocazione di alcune competenze, quali le capitanerie di porto o le autorità portuali. Tale aggregazione di dicasteri rispondeva ad un'esigenza di omogeneità con gli altri paesi dell'Unione europea, soprattutto perché finalmente dal 1986, ossia dalla data di approvazione del piano generale dei trasporti, si attuava la prima condizione che lo stesso piano indicava per la corretta gestione dell'offerta trasportistica del paese. Addirittura, il piano generale dei trasporti prevedeva l'aggregazione del dicastero dell'ambiente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, cari colleghi della maggioranza di Governo!
Per comprendere tale esigenza di unitarietà ritengo utile approfondire ed analizzare alcuni esempi. La costruzione di un asse ferroviario e stradale ricade oggi, alla luce dell'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, nelle competenze del ministro dei lavori pubblici, la sicurezza dei treni e delle auto che si muovono su tali assi è di competenza del Ministero dei trasporti, l'accesso di un asse ferroviario o stradale ad un impianto portuale o interportuale ricade nelle competenze dei Lavori pubblici, il controllo sulla gestione e sull'evoluzione dei singoli impianti ricade nella competenza del Ministero dei trasporti, la costruzione delle reti metropolitane nei Lavori pubblici, la sicurezza delle stesse reti metropolitane nel Ministero dei trasporti, la realizzazione degli impianti aeroportuali nella competenza del Ministero dei lavori pubblici, la sicurezza degli aeromobili ricade nella competenza del Ministero dei trasporti. Tutto ciò è in contrasto con quanto definito dalla legge di riforma del trasporto aereo del 2004. Ma voi ciò fate finta di ignorarlo o non lo sapete, infatti non sapete neanche ciò che avete fatto, non sapete neanche ciò che è scritto sul vostro sito Internet (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!
Il ministro dei trasporti parla del piano della logistica e non sa che sul sito del Ministero dei trasporti è pubblicato, dai primi mesi del 2006, lo stesso piano della logistica. Il ministro afferma che non c'è, che non è stato fatto! Guardi il sito del suo ministero! Questo approccio, da solo, denunzia quanto sia inaccettabile questa operazione, che non solo mette in crisi l'identificazione della responsabilità, ma, ancor peggio, fa venir meno la certezza dei soggetti preposti alla gestione delle risorse: viene meno, in altre parole, l'identificazione dei soggetti preposti alla gestione delle risorse, correlate sia alla realizzazione sia alla gestione degli interventi. Tale anomala articolazione «esploderà», in modo irreversibile, in occasione sia della predisposizione del DPEF sia del disegno di legge finanziaria per il 2007. In tale occasione, infatti, non solo emergeranno le assurdità di una simile gratuita divisione, ma anche le difficoltà a dare trasparenza tra competenza e cassa nelle varie assegnazioni. Tale frantumazione di competenze distrugge un concetto chiave che il Governo Berlusconi è riuscito ad introdurre nella cultura della logistica e dei trasporti, che voi dimostrate di non avere! Lo dimostra il ministro dei trasporti, quando afferma che vuole sottoscrivere il Protocollo dei trasporti della Convenzione delle Alpi, perché l'autotrasporto, a suo giudizio, deve spostarsi attraverso altre modalità: ferrovia e mare! Ma non si rende conto che il trasporto stradale non viaggia per diporto, ma porta le merci prodotte e trasformate nel paese? Non si rende conto che se i tempi di attraversamento delle Alpi si allungano a pagarne le conseguenze è l'intera economia nazionale?
Non si rende conto, quando dice che «brinderà» il giorno che un mezzo pesante su strada si trasferirà da quest'ultima al mare, che è pronto un regolamento ma manca il decreto di attuazione che deve essere firmato da lui: non lo ha ancora firmato dopo 50 giorni!
Il ministro dichiara sui giornali: «Noi rilanceremo le autostrade del mare», ma il provvedimento già c'è, è stato approvato, è stato sottoscritto, è lì pronto e manca solo il decreto attuativo! Non sapete neanche di che cosa parlate e poi voletePag. 19discutere di competitività (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
Il paese aveva finalmente capito che la realizzazione di un'infrastruttura non rappresenta un arricchimento infrastrutturale del territorio, non rappresenta un supporto settoriale alla fluidità della mobilità ma un'immediata crescita dell'economia! Voi questo non lo avete capito. Il paese si stava rendendo conto che la politica delle infrastrutture e dei trasporti non è né potrà mai essere una politica di settore. Ci sono tanti esempi che aiutano a capire una simile peculiarità: l'incidenza del costo della logistica e del trasporto sulla produzione industriale è pari al 22 per cento.
Poiché il valore della produzione industriale in Italia nel 2005 è stato pari a 964 miliardi di euro, il costo del trasporto e della logistica risulta pari a 212 miliardi di euro. Negli altri paesi dell'Unione europea l'incidenza del costo della logistica e del trasporto non arriva al 14 per cento. Il costo della congestione, sempre più sul prodotto industriale, è pari al 2,4 per cento. In realtà, nel 2005, il nostro paese, per la carenza di un sistema di rete di trasporto intermodale efficiente, ha praticamente bruciato 23 miliardi di euro: il valore di una legge finanziaria!
I nostri impianti intermodali, porti, interporti, aeroporti hanno un costo dell'ultimo miglio talmente elevato da invalidare un'intera filiera logistica. È sufficiente pensare al tempo che impiega un Tir per uscire dal casello autostradale di Napoli - sulla A1 - e arrivare al porto di Napoli: lo stesso tempo che impiega per percorre il tratto Napoli-Roma!
Noi avevamo invece capito la forza e l'incidenza dell'efficienza logistica e trasportistica nell'economia del paese, ma questo Governo ha preferito ignorare queste peculiarità, azzerando un dicastero che dava ruolo e funzione a tale singolarità. Avevamo compreso che la mobilità delle persone, in un paese in cui le attività del terziario si attestano intorno al 70 per cento, è determinante per la crescita del PIL, e che tale mobilità è garantita proprio dalla capacità di rendere organiche le azioni legate sia all'offerta infrastrutturale, sia alla gestione dei servizi che su tale offerta insistono. Avevamo, cioè, capito che il dicastero unico, attraverso l'allegato infrastrutture, garantiva un'immediata prospettazione programmatica sia degli interventi infrastrutturali, sia di quelli gestionali. Avevamo capito quanto sia indispensabile un approccio unitario nell'identificazione e nella gestione dei provvedimenti relativi alla sicurezza nelle varie modalità di trasporto.
Ebbene, non solo tutto questo, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che ridisegna i due dicasteri, viene meno, ma si produce un blocco reale nella gestione della cosa pubblica. In realtà, il fattore tempo burocratico produrrà una stasi strutturale nella crescita del paese: noi tutto questo lo avevamo capito!
Avevamo realizzato un patto per la logistica, avevamo coinvolto i rappresentanti degli interessi presenti nel paese, sottoscritto da Confindustria, Confcommercio, Confederazione dell'artigianato, Confederazione delle cooperative, rappresentanti del mondo della spedizione. Abbiamo realizzato un piano della logistica - che l'attuale Governo fa finta di dimenticare esista - condiviso, non un piano calato dall'alto! Così si fa la concertazione: si discute e ci si confronta e, alla fine, il Governo decide. I risultati ci sono stati perché noi siamo stati anche in grado di fare una modifica - questa sì nella logica della liberalizzazione - di due settori, autotrasporto persone e merci, viste le norme che erano vecchie di 97 anni: la legge delega era del 1996!
Il centrosinistra, nella passata legislatura, non è stato in grado di fare questa riforma. Così come state operando per i tassisti, allo stesso modo, non avete saputo realizzare una riforma del mondo del trasporto delle merci e della logistica. Noi l'abbiamo fatta con il consenso delle parti, non concertando ma discutendo e, alla fine, assumendoci le responsabilità della decisione, e la riforma è andata avanti. Oggi, però, questa riforma è ferma perché il ministro dei trasporti non ha ancoraPag. 20capito il senso di quella riforma, non ha ancora ricostituito la consulta dei trasporti e della logistica!
Il ministro ha convocato le associazioni degli autotrasportatori dopo 50 giorni e dopo una minaccia di iniziative di mobilitazione! Sapete, inoltre, cosa ha avuto il coraggio di dire? Che quanto sottoscritto con un protocollo d'intesa dal precedente Governo non obbliga minimamente l'attuale esecutivo a rispettarlo. Ma come: e la continuità dove va a finire? Ma perché non va a dire agli statali che i contratti che ha firmato non si devono applicare? Non riconosce gli accordi che sono stati sottoscritti dal precedente Governo: questo è il modo in cui volete affrontare le tematiche legate all'economia, non comprendendo questo fatto!
Ritengo di avere evidenziato come voi affrontate la questione della competitività, che è alla base dello sforzo che il paese deve fare per recuperare terreno in questa direzione e ridare, quindi, opportunità e benessere ai cittadini. Con questa iniziativa, voi dimostrate di avere a cuore non gli interessi del paese, ma solo quelli di bottega dei partiti che vi sorreggono (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lucchese. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi. Mi pare che, a questo punto, non ci sarà bisogno di parlare 30 minuti. Come si diceva poco fa, bisogna affrettare i tempi posto che il tempo è denaro (e non lo si può sprecare).
Voglio intervenire affinché rimanga agli atti il mio giudizio sullo spirito di questo decreto-legge. Si tratta di un decreto-legge emanato secondo necessità ed urgenza e, infatti, tale necessità ed urgenza vi sono, solo che si tratta di necessità e urgenza per la maggioranza, non per il paese o per questo Parlamento! Vi sono una necessità ed una urgenza di provvedere al cosiddetto riordino di una materia che era stata già ordinata, guarda caso nella XIII legislatura, da questa maggioranza che ora si trova al Governo. Tutto era stato fatto al suono di trombe e con rullo di tamburi perché, finalmente, si trattava di un riordino serio: bisognava spendere meno e garantire maggiore efficienza. Noi abbiamo un po' criticato tale riordino, cercando di migliorare la norma che poi abbiamo anche approvato. Quando però si costituì il Governo Berlusconi, si gridò allo scandalo perché ci si era permessi di dividere le competenze di qualche Ministero, in particolare quello della salute e del lavoro (furono divisi). Ora, però, questo stesso Ministero è stato diviso in quattro: lavoro e previdenza, Ministero della salute, Ministero della solidarietà sociale e, poi, Ministero della famiglia.
Cosa è successo? Ad un certo punto, i portafogli non sono più bastati ma c'era il bisogno di dare un ministero a qualcuno (alla Bindi). Purtroppo, si trattava di un ministero senza portafoglio, ma tanto - così avete pensato - con o senza portafoglio un ministro è sempre tale.
Questo fatto si è poi ripetuto per altri ministri, guarda caso donne. Ricordo che in quest'aula abbiamo sentito i colleghi della sinistra stracciarsi le vesti per le quote rosa, per la presenza delle donne nelle istituzioni ma, alla prima occasione, vediamo che le stesse donne o non ci sono o non hanno diritto al portafoglio, perché forse non sanno amministrare (noi sappiamo bene che le nostre donne sanno amministrare). In questa occasione questo è ciò che è accaduto.
Questo provvedimento è stato poi assunto in modo affrettato perché i contenuti non c'erano: bisognava solo creare un certo numero di ministri, viceministri e sottosegretari che, poi, in definitiva non sono neppure bastati. C'era infatti bisogno di altri tre sottosegretari e così è stato fatto: per le deleghe, poi, si vedrà. Nel frattempo, però, tali deleghe non sono ancora state date ad alcuni sottosegretari e viceministri, guarda caso quelli della Sicilia. I viceministri della Sicilia non hanno avuto la delega (l'ha avuta solo l'onorevole D'Antoni ma è molto generica). Non ha però avuto la delega l'onorevolePag. 21Capodicasa, che apprezzo perché, in mancanza di lavoro al ministero, se ne sta qui in Parlamento utilizzando bene il suo tempo: viene qui a lavorare, va nelle Commissioni, insomma, espleta bene il suo impegno. Di questo dobbiamo dargli atto.
Le competenze dei ministeri, inoltre, non erano chiaramente determinate. Se chi ha un po' di esperienza esaminasse l'atto parlamentare, constaterebbe che il testo a sinistra è scritto in un modo, mentre a destra vi sono frasi riportate in grassetto. Ciò che è scritto in grassetto sono, ovviamente, le modifiche apportate dal Senato, vale a dire il vero contenuto del decreto-legge.
Il Senato, in sede sia di Commissione sia di Assemblea, ha stabilito quali fossero le competenze dei ministeri, e si tratta di tutte le parti del testo scritte in neretto ed in corsivo nella parte destra dello stampato del provvedimento. Ciò significa che le idee non erano chiare e che vi era solamente una necessità: creare 102 posti di governo. Se facciamo il conto, vi è un rappresentante dell'esecutivo ogni nove parlamentari; in rapporto alla Camera, vi è un rappresentante del Governo ogni sei deputati, mentre con riferimento al Senato vi è un componente governativo ogni tre senatori. Mi pare che si tratti di una buona percentuale!
Peraltro, ciò non è bastato, perché, nel frattempo, il Governo ha fatto dimettere alcuni parlamentari dal loro incarico, in quanto bisognava farne subentrare altri. Tutto questo ha determinato maggiori spese: infatti, bisogna pagare sia il deputato subentrante, sia il sottosegretario che sta al Governo. Dove sono, allora, l'efficienza e l'economicità che il precedente Governo di centrosinistra si prefiggeva di ottenere?
Non ho ascoltato alcuno spiegare quali fossero i presupposti di necessità e di urgenza del decreto-legge in esame, oppure chiarire i motivi di efficienza che hanno indotto a creare così tanti ministri, viceministri e sottosegretari. Non me lo ha spiegato nessuno né sui giornali, né sui comunicati stampa, né in qualsiasi altro luogo. Ci è stato solo detto che, operando in questo modo, si sarebbe governato meglio.
Mi sembra che tutto ciò che sto affermando dimostri chiaramente i motivi alla base di questo riordino che, con un po' di fantasia, i giornalisti hanno chiamato «spacchettamento». Che cosa si spacchetta, infatti? Si spacchetta un pacco, e quindi il provvedimento in esame è un «pacco» confezionato da questo Governo e che noi spacchettiamo.
Dopo che lo abbiamo spacchettato, vediamo, allora, cosa troviamo all'interno di tale «pacco». Vi troviamo attribuzioni conferite a diversi ministeri in modo piuttosto confusionario e raffazzonato, perché prima si è costituito l'organo e dopo è stata creata la funzione. Vorrei tuttavia rilevare che, in genere, non è così: l'organo deve essere in rapporto con la funzione da esercitare, e lo sostengo anche in qualità di medico!
Nel caso di specie, invece, è stato prima creato un organo, sostenendo che ciò non aveva importanza, perché il problema sarebbe stato affrontato successivamente. Speriamo che non vi siano altri «appetiti» e che non abbiano successivamente luogo altre nomine, perché ciò sarebbe abominevole e comporterebbe nuove spese! Vorrei osservare che la buona amministrazione deve essere conseguita anche con oculatezza, come farebbe, del resto, un buon padre di famiglia.
Peraltro, come è stato fatto notare poc'anzi, la Sicilia ha solo due viceministri ed un sottosegretario di Stato. Vorrei pertanto chiedere a questo Governo dove sia l'attenzione verso il meridione e la Sicilia, visto che non ha ritenuto di nominare i ministri siciliani: forse, noi siciliani non siamo considerati persone in grado di assumere incarichi di governo? Mi sembra che ciò dimostri scarsa attenzione e considerazione nei confronti dei miei colleghi siciliani della maggioranza, i quali, a mio avviso, erano a tutti gli effetti idonei ad assumere l'incarico di ministro!
Si afferma, tuttavia, che c'è attenzione verso il meridione, ma vorrei ricordare che il primo segno di tale attenzione èPag. 22stato l'annuncio, diffuso con grande enfasi, della «chiusura» del progetto per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina. Sembra che tale ponte sia il rimedio di tutti i mali: si afferma, infatti, sia che non vi sarà sviluppo senza la sua realizzazione, sia l'esatto contrario. Pare, quindi, che sul ponte sullo stretto di Messina si giochi tutto.
Proprio ieri sera rileggevo la mia relazione ad una proposta di legge che ho presentato in materia di imposte sulla benzina in Sicilia. Ebbene, in tale documento affermavo che la Sicilia è isolata perché, tra l'altro, è un'isola e non esiste una continuità né territoriale, né ferroviaria, né stradale e tutto finisce con il mare. Pertanto, ricordo che per noi siciliani il ponte ha rappresentato, per molto tempo, un'occasione di riscatto, vale a dire un mezzo di collegamento non solo con l'Italia, ma anche con il continente europeo: le grandi vie di comunicazione, infatti, finiscono nel cuore dell'Europa. Se non dovesse essere più realizzato il ponte sullo stretto di Messina, dunque, la Sicilia non avrà altre vie di comunicazione.
Sappiamo, tra l'altro, che anche senza tale infrastruttura la Sicilia rappresenta comunque il crocevia con il Medio Oriente e con l'Africa, poiché si trova al centro del Mediterraneo. Vorrei altresì osservare che la mia regione rappresenta dal punto di vista non solo geografico, ma anche culturale - grazie al suo tradizionale rapporto con i paesi del Medio Oriente - il punto di incontro della civiltà italiana con il mondo arabo.
La realizzazione del ponte sullo stretto di Messina, dunque, è anche un segnale di natura culturale, nonché un segno di civiltà, poiché dobbiamo sviluppare i contatti con l'area euromediterranea. Ricordo che affermiamo sempre che dobbiamo avere, nel 2010, un rapporto con i paesi della riviera euromediterranea, ma tutto ciò non potrà avvenire se verranno cancellate le proposte che, dal punto di vista anche ideale, possano consentire lo sviluppo non solo della Sicilia, ma anche dell'intero meridione.
Per tutte queste motivazioni che ho brevemente esposto - non voglio dilungarmi ulteriormente, perché sono stato già abbastanza chiaro -, preannuncio che il gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) non potrà votare a favore del provvedimento in esame. Infatti, esso è necessario ed urgente non per i nostri cittadini, bensì per questa maggioranza. Tale provvedimento non è sufficientemente motivato e nessuno nella maggioranza governativa ha spiegato con chiarezza i presupposti della sua adozione.
Le motivazioni, tuttavia, sono chiare: si tratta di un decreto-legge fondato solamente su una questione di potere, poiché mira a ridurre l'appetito di alcuni componenti della maggioranza per garantire la sua tenuta; peraltro, mi sembra che il ricorso alla posizione della questione di fiducia la dica lunga! Vorrei rilevare, infatti, che si pone la questione di fiducia quando non vi è la sicurezza che, all'interno della maggioranza, tutti voteranno a favore del provvedimento. Con la maggioranza che voi avete, la richiesta di fiducia dimostra che avete qualche problema numerico all'interno della vostra coalizione, e che forse molti di voi non avrebbero votato a favore della conversione in legge del decreto-legge in esame.
Ciò significa che anche la vostra stessa maggioranza esprime un giudizio negativo sul provvedimento in oggetto. Pertanto, se la vostra maggioranza non è d'accordo, neppure noi condividiamo il decreto-legge in esame, e dunque preannuncio che voteremo sicuramente contro la sua conversione in legge (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.
GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche se mi corre l'obbligo di intervenire sul tema in oggetto, vorrei svolgere preliminarmente una riflessione sull'atteggiamento che stanno assumendo il Governo e la maggioranza nei confronti delle opposizioni. Si tratta di unPag. 23atteggiamento di chiusura, che denota la mancanza della volontà di instaurare un dialogo.
Tale atteggiamento si è peraltro esplicitato attraverso la votazione alla quale abbiamo poc'anzi partecipato: dal nostro punto di vista, infatti, essa rappresenta la quintessenza della mancanza di volontà e, soprattutto, di disponibilità al confronto.
Ci troviamo nella necessità di intervenire non solo per svolgere quella che comunemente viene definita un'opera di ostruzionismo parlamentare, ma anche perché crediamo fermamente nella necessità di rivedere le norme che hanno ispirato il testo del decreto-legge in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio e dei ministeri. Abbiamo partecipato attivamente ad una campagna elettorale lunghissima, durata molto più dei canonici trenta giorni previsti dalla legge, durante la quale abbiamo assistito ad un continuo richiamo a quelli che sono stati motivi importanti, e credo anche determinanti nella scelta di molti elettori, e che evocavano la necessità di una moralizzazione della macchina amministrativa e di un miglioramento del suo rapporto con i cittadini, in termini di funzioni che essa esercita nei loro confronti.
Soprattutto, attendevamo con ansia che questo Governo e la nuova maggioranza riuscissero a dare seguito a una delle premesse fondamentali, cioè la possibilità di vedere finalmente un Governo snello e compatto, che si attenesse rigidamente alla finalità della moralizzazione e del miglioramento della macchina amministrativa stessa. Lo stesso giorno, abbiamo assistito esattamente al contrario: le promesse si sono rivelate come sempre un qualcosa che viene naturale e spontaneo ai politici di lungo corso, ma il mantenimento delle stesse evidentemente non è un dogma. Ne prendiamo atto. Siamo tutti abbastanza adulti per comprendere quali siano state le difficoltà che la politica ha dovuto affrontare nella costruzione di una compagine governativa nell'ambito della quale bisognava riconoscere qualcosa un po' a tutti. Allora, ecco i fautori dello snellimento della macchina amministrativa e governativa che improvvisamente passano dalle promesse ai fatti concreti: a quel punto non bastano più 14 ministri o 10 viceministri. Non basta più niente per nessuno, perché c'è da accontentare una pletora di soggetti che hanno contribuito, in modo più o meno furbesco, alla nascita di questo Governo e alla risicata maggioranza nel paese, che l'ha sostenuto.
Il caso più emblematico e divertente, per chi lombardo come me lo ha vissuto dal vivo, è quello dei premi alle liste «patacca». Abbiamo un tal senatore Elidio De Paoli, della sedicente Lega alleanza lombarda, che viene premiato per avere scippato 45 mila voti, che legittimamente sarebbero finiti in condizioni diverse, se pensiamo a ciò che è l'alveo naturale e a ciò che gli elettori di quel territorio avrebbero ritenuto giusto fare. Di fatto, quei voti hanno dato la possibilità ad una maggioranza che sta in piedi per poco più di 20mila voti di essere appunto, oggi, maggioranza. Allora, il senatore De Paoli, esperto di nulla, viene improvvisamente promosso a sottosegretario allo sport. Due giorni dopo, sui giornali locali delle mie parti - lo dico perché ci sono anche delle parti ludiche; la comicità non ha limiti -, questo sottosegretario, un po' sorpreso della delega ottenuta, dice che la cosa un po' lo aveva stupito perché non aveva mai fatto sport in vita sua!
Questa è la sintesi estrema del tema di cui stiamo parlando. Avete dovuto accontentare tutti! Tutti e più di tutti! Per fare questo, siete riusciti a porre in essere un meccanismo volgarmente definito di «spacchettamento», che prevede una serie di passaggi che non sono del tutto indolori, anche dal punto di vista dell'efficienza della macchina amministrativa. Abbiamo fortemente contestato, ad esempio, la distruzione del Ministero delle attività produttive, che di fatto oggi è in balia di una difficilissima capacità di interpretazione, anche da parte della X Commissione, nella quale non abbiamo ancora ben chiaro quali siano le competenze dei ministri e nemmeno quelle dei sottosegretari. Tutte le volte che ci poniamo di fronte ad unPag. 24quesito nuovo, non riusciamo ancora ad individuare con esattezza quale sia il nostro interlocutore. Questo lo si vede poi nella concretezza dell'attività delle Commissioni stesse. La X Commissione, come la maggior parte delle altre Commissioni, è assolutamente imbalsamata e incartata su se stessa: da un mese a questa parte, si discutono quattro righe di un provvedimento, che è quello che arriverà, penso e spero, lunedì prossimo in Assemblea. Decine di riunioni, audizioni, meccanismi che si incrociano e sostanzialmente inefficienza ed inefficacia. Questo è il vero problema.
Credo che non ci sia nulla di immorale nel fatto che una maggioranza debba trovare al proprio interno degli equilibri. Le maggioranze di coalizione hanno la necessità di trovare degli equilibri al proprio interno e credo che questo sia assolutamente comprensibile. Ciò che però non è comprensibile è come questi equilibri vengano garantiti in spregio delle più elementari norme della buona amministrazione.
Altro caso assolutamente emblematico dal nostro punto di vista è quello che riguarda lo smantellamento scientifico del Ministero del welfare, che si trova a dover gestire diverse competenze «a cavallo» su diversi ministeri. Il conflitto di attribuzione è all'ordine del giorno. Infatti, assistiamo quotidianamente a bisticci di tutti i tipi. Abbiamo assistito, quasi divertiti, anche alla necessità del Presidente del Consiglio di riunire i membri del proprio Governo in una specie di eremo chic, in Umbria, scelta dettata dal fatto che bisognava spiegare bene a tutti cosa sarebbero andati a fare. Da quanto ci risulta, perlomeno dalle cronache giornalistiche, l'impresa è stata ardua, stante il fatto che nemmeno il Presidente del Consiglio e i suoi più stretti collaboratori avevano capito esattamente cosa far fare a chi e chi doveva fare cosa.
Questa è una situazione che si ripercuote normalmente su tutte le questioni che affrontiamo quotidianamente. Noi riteniamo che lo smantellamento del Ministero del welfare in questo sistema «spacchettato» creerà grossi problemi, perché continuare a legiferare, soprattutto in materia di politiche del lavoro, prescindendo dalle politiche dell'immigrazione, è assolutamente sbagliato e soprattutto non in linea con i tempi. È di questi giorni la notizia, che avete letto tutti, che nel nostro paese l'indice anagrafico è un indice deficitario, cioè sostanzialmente le morti superano le nascite, anche se in realtà cresciamo di numero, ma questo grazie all'immigrazione. Ci è stato sempre detto che l'immigrazione è un meccanismo che rientra in un quadro di necessità, soprattutto di tipo lavorativo.
Allora, non riesco a capire come si possa pensare che si possono gestire, da un lato, le politiche del lavoro e, dall'altro, le politiche di immigrazione con due dicasteri assolutamente distinti, che peraltro non ci risulta nemmeno abbiano la volontà in questo momento di collaborare in modo particolarmente attivo; e soprattutto non capiamo come questo possa tornare a beneficio dei cittadini. Il problema dell'immigrazione, che sembra a volte un disturbo - a volte, quando la Lega si esprime sul tema dell'immigrazione, grazie anche ad una devastante campagna denigratoria da parte dei media, appare quasi disturbata, come se l'immigrazione, la sicurezza, la nostra cultura e la nostra identità costituissero un problema politico ascrivibile ad un singolo partito -, noi crediamo sia prima di tutto e sostanzialmente un problema sociale, che va affrontato dalla politica, la quale deve dare delle risposte.
Allora, non si può essere contraddittori, come siete stati in questi anni. Non si può sistematicamente giustificare l'immigrazione - a prescindere poi da valutazioni meramente solidaristiche e un po' astratte, che appartengono a una parte della vostra maggioranza -, con riferimento ad un contesto di lavoro.
Quindi, si dice ai cittadini italiani che devono sopportare i disagi di una convivenza e coesistenza un po' forzosa - che ha creato non pochi problemi anche in termini di equità sociale, di accesso al servizio sanitario piuttosto che di sicurezza, che è la grande e vera emergenza diPag. 25questo paese - perché, comunque, c'è bisogno di manodopera. L'italiano medio non lavora più: io queste frasi le ho sentite dire più volte. Allora, abbiamo bisogno che la manodopera che oggi si «affaccia» nel nostro paese non sia particolarmente qualificata e venga da quei paesi terzi dove, invece, esiste un problema contrario, cioè un esubero di disponibilità di manodopera ed una difficoltà a trovare un mercato del lavoro vero.
Ci stato detto che si tratta di una concezione nuova, ma, poi, non è nemmeno particolarmente nuova perché, per certi versi, rievoca quanto è accaduto anche nei secoli scorsi al contrario. Noi siamo stati sicuramente un popolo di emigranti e, quindi, sappiamo che cosa vuol dire andare negli altri paesi a lavorare; però, si tratta di una realtà che richiama la necessità di accompagnare le politiche di immigrazione alle politiche del lavoro. In difetto di questo principio, noi usciamo dalle regole della convivenza civile e democratica. Questo non può rappresentare un problema di parte, non può essere solo un problema della Lega Nord, ma deve essere affrontato all'interno di tutto il Parlamento. Allora, non credo che, forzando con colpi di mano - come è avvenuto questa mattina, cercando di zittire l'opposizione, di impedirci il dialogo e il confronto democratico -, si possa pensare di affrontare e risolvere i grandi problemi che attanagliano il paese. Così come non credo che semplicemente ridistribuendo deleghe, sulla scorta di una necessità meramente politica e non istituzionale, si possano affrontare meglio i problemi che attanagliano la grande richiesta di modernizzazione che viene dal paese.
Devo poi affrontare un tema, ahimè, indigesto in modo trasversale in quest'aula, quello che oggi viene banalmente definito del cosiddetto Lombardo-Veneto, ciò di quella parte del paese che chiede alle proprie strutture istituzionali uno sforzo serio e concreto in un'ottica di riorganizzazione e ammodernamento del paese. In questo momento, la crisi istituzionale che affrontiamo non è solo di tipo politico, ma soprattutto di tipo organizzativo. Allora, è lì che pensavamo di vedere lo sforzo di questo Governo e di trovare, in effetti, un «colpo di reni»: francamente, ce lo aspettavamo. Siamo convinti che voi abbiate creato tutte le condizioni per governare, con formule alterne, perché non siamo sicuri che questa formula duri a lungo, in ogni caso, con una maggioranza che si potrà anche modificare ma che sostanzialmente resterà intatta per i prossimi cinque anni. Credo che stiate lavorando in questa direzione e capisco che in questa fase organizzativa da parte vostra ci sia qualche disagio; comunque, c'era anche una grande risorsa, cioè la capacità e la possibilità di guardare avanti.
Avete cinque anni davanti per sistemare il «mal di pancia» di qualche vostro parlamentare che - come ha fatto, continuando a predicare bene e a razzolare male, Rifondazione Comunista con la vergognosa sceneggiata delle dimissioni dei sottosegretari dalla carica di parlamentare - va, invece, nella direzione opposta. In questo caso c'è la forsennata, continua ricerca di «gemmazioni» di tipo pseudogovernativo, per le quali si possono incrementare incarichi, stipendi, compensi, costi. Il tutto stride con le dichiarazioni che vengono fatte alla stampa, soprattutto perché questo Governo, con queste caratteristiche, è nato esattamente all'indomani - o qualche giorno prima, a seconda dei punti di vista e del tipo di stampa che leggiamo - di dichiarazioni del Presidente del Consiglio che assicuravano gli italiani in tal senso. Gli italiani si dovevano sentire tranquilli: noi andremo a realizzare, noi taglieremo gli sprechi, noi combatteremo le strutture sbagliate e le storture di questo sistema paese che in cinque anni il Governo di centrodestra probabilmente non è riuscito a risolvere. Invece, nei fatti, siete riusciti a peggiorare una situazione già decisamente difficile, compromessa, e con questo vostro pessimo esempio state per avviare una nuova stagione definitiva della disillusione.
Credo che tutti quegli italiani - non sono nemmeno pochi - che, innocentemente e con un certo spirito di rinnovamento, hanno scelto di assegnarvi il proprioPag. 26consenso si aspettassero qualcosa di diverso. Tuttavia, non spetta a noi stabilire e definire quelle che devono essere le giuste o sbagliate scelte politiche dell'esecutivo, ma dobbiamo esercitare il nostro ruolo, un ruolo fortemente critico che vi deve richiamare all'attenzione tutti i giorni, un ruolo che viene svilito da questa attività parlamentare. Nella giornata di ieri questa maggioranza è stata evanescente ed inconsistente ed io sono uno dei pochi superstiti che è riuscito a stare in aula fino quasi a mezzanotte: eravamo una decina, e tutti di opposizione.
MARCO BOATO. Quasi tutti...!
GIOVANNI FAVA. Riconosco all'onorevole Boato di essere riuscito a resistere, come l'ultimo dei giapponesi, insieme a noi, ieri: quindi, c'era solo Boato, a parte il Presidente di turno!
Noi non possiamo essere presi in giro. Ieri sera, siamo rimasti in aula con l'entusiasmo di chi, come il sottoscritto, si è affacciato per la prima volta all'avventura parlamentare ed è entrato con l'entusiasmo di chi vuole dare il proprio contributo ed esprimere la propria opinione nell'ambito di un'aula parlamentare, che dovrebbe essere la massima espressione della democrazia di un paese. Invece, l'aula parlamentare ormai è stata ridotta, sostanzialmente, ad una specie di luogo di ristoro, ove venire a prendere il fresco nella calura estiva, nel momento in cui all'esterno l'aria risultasse troppo opprimente, e si viene solo occasionalmente per consumare qualche pasto frugale alla buvette. Poi, tutto il resto si fa nelle segrete stanze attigue al Governo e, sostanzialmente, non ci viene data la possibilità e la disponibilità del confronto: questo è il vero problema.
Noi siamo coloro che politicamente rivendicano un confronto assolutamente poco conciliante. Ne siamo ben consci, noi non siamo inclini a facili compromessi. Certo, se vogliamo dare la possibilità a questo Parlamento di continuare ad esercitare un ruolo di tipo politico, crediamo che questo non possa essere sistematicamente svilito dalla maggioranza. Questa maggioranza si trova sempre compatta dopo che i parlamentari sono stati richiamati con gli sms all'esterno per informarli del voto imminente ed improvvisamente la Camera si è popolata. Diversamente, la discussione viene disattesa, snobbata e il ruolo del parlamentare di opposizione perde il significato che dovrebbe avere in una democrazia occidentale evoluta. Credo che il tema del giorno, così come quello di ieri, sia di grande importanza e che occorra un approfondimento tecnico vero, a prescindere dalle problematiche politiche, soprattutto quando ci si trova di fronte ad almeno tre violazioni della Carta costituzionale, nel caso specifico degli articoli 77, 81 e 97: il sistematico ricorso a provvedimenti di urgenza anche quando questi non siano giustificati o motivati da reali esigenze.
Voi ci avete fatto passare per urgente un qualcosa che urgente non era; era urgente per gli equilibri dell'attuale maggioranza parlamentare, ma non lo era o, perlomeno, non è stato inteso tale, per nessuno dei cittadini di questo paese, che ancora oggi non hanno capito di cosa stiamo parlando. L'unico messaggio che è uscito all'esterno è un messaggio ancora una volta negativo delle istituzioni, perché è stato recepito dal singolo cittadino come l'ennesima e la solita commedia italiana consumatasi, ahimè, ai danni dei contribuenti e di tutti coloro che in questi anni hanno creduto che qualcosa potesse cambiare, anche stavolta. Peraltro, credo che non sia assolutamente provato.
Nessuno dei relatori di maggioranza, nemmeno l'onorevole Boato nella sua relazione introduttiva, che ho ascoltato con interesse, è riuscito a dimostrare quali siano i vantaggi che possono derivare da questa legge, soprattutto nei confronti della pubblica amministrazione. Ecco il punto. Dobbiamo capire una volta per tutte quale sia il ruolo che deve avere il Parlamento, ma anche quale sia il ruolo che deve avere il Governo. Se il ruolo di questo Governo è di riuscire a dare un accogliente ed ospitale spazio a tutti coloro che - a prescindere dal messaggioPag. 27politico, dalla forza delle idee, soprattutto dal radicamento territoriale - hanno portato avanti una campagna elettorale, durante la quale il collante - e qui esce allo scoperto il loro problema - non è stato tanto negli obiettivi comuni e nella vera volontà di cambiamento e di miglioramento del paese, ma in una personalissima, crudele e devo dire anche ingiusta (soprattutto per quello che stiamo vedendo in questi giorni) battaglia contro il precedente Presidente del Consiglio, credo che allora abbiamo in modo definitivo svilito il ruolo della politica anche in questo paese.
Lo «spacchettamento» in sé presenta una serie di modifiche che nulla hanno a che vedere con i bisogni dei cittadini, ma al contrario molto hanno a che vedere con la necessità di creare quelle alchimie politiche che siano a garanzia di una maggioranza che non ha identità politica al proprio interno e che è stata sorretta in questi ultimi cinque anni soltanto dall'obiettivo comune dell'abbattimento del Governo precedente, soprattutto della distruzione personale del Presidente del Consiglio precedente e di alcuni ministri, che hanno subito la violenza politica di quella opposizione che oggi dovrebbe essere maggioranza.
Ebbene, con questo decreto-legge si evince una volta per tutte quello che temevamo fin dall'inizio. Mi avvio alla conclusione del mio intervento, chiedendo al Presidente Castagnetti, che so essere uomo con profondo senso delle istituzioni - oltretutto è un uomo cresciuto e vissuto lungo l'asse del Po, non molto lontano da dove sono nato, cresciuto e vivo tutt'ora io -, di esortare l'attuale maggioranza, affinché il lavoro parlamentare non diventi effettivamente il ricettacolo di frustrazioni dei singoli parlamentari, che si divertono a sentirsi parlare.
Credo che in quest'aula, Presidente, si debba tornare a parlare di politica e lo si debba fare in fretta. Sono convinto che, se si affrontassero i temi veri della politica che riguardano il paese e non provvedimenti ad hoc, come quello che stiamo discutendo quest'oggi, con ogni probabilità la partecipazione sarebbe maggiore sia dai banchi dell'opposizione sia - mi auguro - dai banchi della maggioranza.
Questo è un paese che ha bisogno di profonde riforme. Noi abbiamo una nostra ricetta, abbiamo cercato di spiegarla in questi mesi, con grande difficoltà e con risultati e fortune alterne, però la prima vera riforma che deve essere compiuta è una riforma di tipo culturale, una riforma della vita istituzionale e della vita parlamentare. Dobbiamo entrare nell'ordine di idee che i nostri antenati ci hanno trasmesso una forma di vita democratica che si basava sul confronto parlamentare, un confronto anche aspro. Non ci siamo mai tirati indietro, quando è stato necessario siamo intervenuti e l'abbiamo fatto anche con i nostri modi, forse a volte un po' folkloristici, a detta di qualcuno, ma sicuramente con la capacità e la volontà di rappresentare qualcuno o qualcosa. Continuiamo a pensare che le istanze che vengono portate avanti in quest'aula, soprattutto dal gruppo parlamentare che rappresento, vadano al di là del singolo risultato elettorale ottenuto. Siamo convinti che in quella che viene definito il profondo nord del paese, in quello che noi per molto tempo abbiamo definito la Padania - e che continuiamo a definire tale -, ci sia la consapevolezza che da queste parti qualcosa non va, al di là dei singoli risultati che ottiene il nostro partito.
Quindi, noi sentiamo di dover rappresentare un territorio in quest'aula, sentiamo la necessità che le istanze che provengono dal nostro territorio debbano essere argomento di confronto politico. Chiediamo che si discuta qui, e non nei convegni che vengono organizzati da qualche ex presidente a capo di qualche fondazione, dai quali siamo sistematicamente esclusi perché scomodi. Non siamo per gli «inciuci» e non siamo per le cose strane; siamo per le cose alla luce del sole. Vogliamo essere residuali, ma coerenti con noi stessi, vogliamo essere espressione di un territorio; non siamo diventati settari, non siamo mai stati identitari fino in fondo; vogliamo rappresentare le istanzePag. 28del nostro paese e del nostro territorio e vogliamo farlo in modo vero e concreto.
Chiediamo pertanto al Governo, e soprattutto ai Presidenti che si susseguono nella conduzione dei lavori di quest'aula, di valutare con serietà e con attenzione la programmazione della vita parlamentare politica, affinchè nei prossimi anni si possa veder tornare ad essere la Camera dei deputati il centro vero della legislazione del nostro paese, il centro vero del confronto politico, il centro del dibattito e - perché no? - il centro dell'avvio di un vero meccanismo di spinta riformista, che ci porti, come noi auspichiamo, alla nascita di un paese nuovo, di un paese federale, di un paese fortemente rispettoso delle autonomie, un paese che preferisca confrontarsi con i bisogni dei cittadini e che qualche volta si dimentichi di quelli che sono i pruriti - ahimè! - fin troppo evidenti di una maggioranza che rischia di sembrarci al capolinea prima ancora di aver dimostrato di poter iniziare (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, abbiamo ascoltato le motivazioni dell'esponente del centrosinistra che ha chiesto la chiusura della discussione. Egli ha detto che il dibattito ormai si è sufficientemente sviluppato e che, quindi, se si andasse avanti così, esso avrebbe un sapore ostruzionistico; pertanto, a nome del centrosinistra, egli ha chiesto la chiusura della discussione.
Ebbene, onorevole Presidente, se il collega non ha una lingua biforcuta, alla fine di questi interventi, che rappresentano, come da regolamento, la conclusione del dibattito, si deve passare agli emendamenti. Chi impedisce al Governo di passare alla fase degli emendamenti? Noi siamo a disposizione, siamo qui in aula. O si passa agli emendamenti oppure l'intervento del collega è stato pretestuoso, semplicemente per chiedere il voto di fiducia. Questo è un inganno nei confronti del Parlamento. Ognuno si deve assumere la propria responsabilità...
MARCO BOATO. Ma se l'aveva chiesto lei!
PRESIDENTE. Vi prego di non disturbare l'onorevole Buontempo.
MARCO BOATO. Lo ha chiesto lei due ore fa di chiudere la discussione! Basta leggere il resoconto stenografico!
TEODORO BUONTEMPO. Capisco il collega Boato: lui fa bene il parlamentare, ma eccedendo, esagerando, spesso va in tilt e non capisce tutto fino in fondo. Ho chiesto di non perdere tempo questa mattina, onorevole Boato - anzi mi rivolgo al Presidente affinché l'onorevole Boato ascolti -, come da regolamento, per passare agli emendamenti su questo decreto-legge.
Voi state impedendo al Parlamento di passare all'esame degli emendamenti. Voi avete la responsabilità, non l'opposizione, che prima si è iscritta parlare e poi si è resa disponibile a passare alla fase degli emendamenti! È bene che i cittadini sappiano che la Camera dei deputati è vittima di un intrigo e di un imbroglio da parte di esponenti della maggioranza e dello stesso Governo!
Vedete, anche la nostra Costituzione, in ben due articoli, dice in maniera molto chiara, onorevoli colleghi, che i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. I nostri costituenti volevano intendere che, proprio per assicurare l'imparzialità della pubblica amministrazione, non può essere il Governo a definire come si deve organizzare la pubblica amministrazione, ma è il Parlamento che ha questo compito. Si sta modificando la legge Bassanini, vale a dire una legge votata dal Parlamento che viene modificata con il provvedimento sul quale il Governo, che è beneficiario di questi poteri,Pag. 29pone la questione di fiducia. Qui c'è un problema vero di democrazia, perché è una violazione dell'articolo 97 della nostra Costituzione.
Inoltre, onorevole Presidente, l'articolo 98 della Costituzione recita: «I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della nazione», non del Governo! Quindi, i nostri costituenti hanno voluto separare il ruolo del Governo dalla funzione pubblica al servizio della nazione da parte della pubblica amministrazione. È assolutamente anticostituzionale il momento in cui l'esecutivo fa propria la decisione di una ristrutturazione dei suoi poteri e dei ministeri della pubblica amministrazione, escludendo il Parlamento dalla possibilità di emendare la proposta che viene formulata.
Non ritengo che questa sia una cosa di poco conto, onorevoli colleghi, perché ci sono ben due articoli della Costituzione i quali dicono che il Governo non può mettere le mani su talune questioni, ma è il Parlamento che decide quale assetto si deve dare lo Stato: non lo decide il Governo, ma lo decide il Parlamento.
Questo avrebbe dovuto rilevarlo anche la Presidenza della Camera, la quale - non lei, Presidente, che è stato corretto, come anche gli altri, formalmente corretti - sta esagerando: il Presidente della Camera non è un dipendente dell'esecutivo, ma rappresenta interamente la Camera dei deputati e ne deve tutelare la dignità e le prerogative (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e Forza Italia)! Quindi, il Presidente della Camera avrebbe dovuto svolgere una funzione di mediazione e far capire al Governo che i poteri che gli vengono attribuiti non se li può prendere da solo, a scatola chiusa, ma li deve avere dalla maggioranza del Parlamento, che liberamente deve discutere, approvare, respingere o emendare la materia. Così come ieri si è stati di «manica larga» nell'accettare una certa idea del Parlamento, in un intreccio con l'esecutivo, oggi ci siamo di nuovo: invito i colleghi ad alzare la guardia, a vigilare, perché la Presidenza della Camera non sta svolgendo la sua funzione terza e autonoma, ma sembra un organo agli ordini del Governo.
E in proposito, due articoli della Costituzione ci confermano che non può essere il Governo a decidere come ritiene opportuno. Si potrebbe entrare nel merito della questione - parlo per esempio del settore del turismo o della sicurezza - di come questo cosiddetto «spacchettamento» crei una situazione di caos e di incertezza e creerà, nei prossimi mesi, grossi problemi anche ai dipendenti pubblici.
Vedete, io vorrei sottoporre alla vostra attenzione un altro elemento: come è potuto accadere che il Governo abbia fatto giurare i propri ministri nel momento in cui quei ministeri non esistevano? Come è stato possibile che i ministri abbiamo giurato per ricoprire il vertice di ministeri che dovevano ancora essere istituiti? Questo è un mistero al quale le altre istituzioni devono rivolgere attenzione, proprio per il ruolo forte riconosciuto dalla nostra Costituzione alla separazione dei poteri.
Vedete, quando la Camera è aperta, anche se viene il Capo dello Stato, che rappresenta la nazione e l'unità nazionale, come Presidente della Repubblica e del Consiglio superiore della magistratura, egli non può entrare in questo emiciclo ma si deve accomodare nel loggione a lui riservato. È una formalità visiva che diventa sostanza per ribadire che il cuore del nostro sistema democratico non è il Governo ma il Parlamento, finché non si modificherà questa norma. Persino quando in quest'aula arriva il Capo dello Stato, egli non può entrare nell'emiciclo proprio per ribadire la forte, autorevole autonomia della Camera e del Parlamento nei confronti degli altri organi dello Stato!
A me pare che verso il Governo si vada affievolendo questa diversità e specificità di ruoli: consentiamo al Governo di fare giuramenti per ministeri che non ci sono e di creare ministeri per decreto, la qual cosa non esiste in alcuna norma.
Infatti, non basta il decreto, ma vi è un altro articolo della Costituzione: ho citato gli articoli 97 e 98, ma esiste anchePag. 30l'articolo 81 della Costituzione, che recita, all'ultimo comma: «Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte». Ora, questo «spacchettamento» tra sottosegretari nuovi, funzionari nuovi, auto blu nuove, uffici di consulenza nuovi, comporta o no una maggiore spesa? Allora anche qui, la Camera, tramite il suo Presidente, doveva richiamare l'attenzione dei parlamentari su quale sia la copertura di spesa con cui si può far fronte a questa decisione assunta dal Governo.
Abbiamo, ancora, l'articolo 77 della Costituzione: «Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria»; più legge ordinaria di questa che definisce un riassetto dello Stato non c'è! Anche qui si vede che il decreto-legge è una strada assolutamente impropria. Ancora, sempre sulla base dell'articolo 77 della Costituzione, si potrebbero contestare anche le procedure.
Quindi, Presidente, io la ringrazio e mi avvio alla conclusione. Credo che occorra, anche da parte dei partiti e in sede di Conferenza dei capigruppo, ridefinire un po' il ruolo che sta svolgendo la Camera, che appare di sudditanza nei confronti dell'esecutivo. L'assetto organizzativo dello Stato deve essere fatto proprio per legge, per ribadire come il Governo esiste e può operare perché ottiene la fiducia del Parlamento. Noi non facciamo i deputati perché abbiamo la fiducia del Governo, ma è esattamente il contrario! Questo io credo che vada ribadito. Inoltre, onorevole Presidente, ritengo che il disordine amministrativo che verrà fuori da questo cosiddetto «spacchettamento» lo pagheranno i cittadini. Ormai siamo a diversi mesi dall'insediamento delle Camere e abbiamo l'80 per cento del Governo che non opera e non può operare perchè questa legge non è stata ancora approvata. Se lo avesse fatto, avremmo dovuto procedere a denunce perché avrebbe operato con un evidente e chiaro abuso di potere.
Disagio per i cittadini, disagio per gli impiegati pubblici, disagio e offesa per i parlamentari e per il Parlamento. Insomma, non ci si deve poi lamentare se la piazza si mobilita democraticamente, signor Presidente. Attenzione, colleghi deputati: quando sono violate le prerogative del Parlamento, io invito anche voi a uscire da quest'aula ed a recarvi sotto la Presidenza della Repubblica! Se la Presidenza della Camera non è in grado o non vuole tutelare i diritti e le prerogative della Camera, noi ci dobbiamo appellare al Capo dello Stato. Altrimenti, apriremmo una grande autostrada che può condurre a mettere in ginocchio la democrazia nel nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!
PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, voglio rassicurarla poiché la Presidenza della Camera ha sempre tutelato, anche nel corso di questa discussione, l'autonomia e le prerogative del Parlamento e dei singoli parlamentari. È del tutto evidente che non saremmo potuti passare all'esame delle proposte emendative finché non si fosse conclusa la discussione sulle linee generali.
Dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo?
ANTONIO LEONE. Per fatto personale!
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Nessun fatto personale, signor Presidente, ma per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Non so a quale titolo abbia parlato il collega Buontempo, visto che siamo nella fase conclusiva della discussione sulle linee generali e che gli interventi dei colleghi si debbono intendere, a norma dell'articolo 44, comma 2, del regolamento, come conclusivi di una fase del nostro dibattito. Quindi, vorrei che restasse a verbale che il collega Buontempo non aveva diritto diPag. 31intervenire, essendo già intervenuto, e vorrei che questo costituisse non un precedente, per noi, ma un caso isolato.
TEODORO BUONTEMPO. Legga il comma 3 dell'articolo 44: non si fermi al comma 2! Ignorante del regolamento!
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Non intendo replicare nel merito al collega Buontempo, ma semplicemente sottolineare una questione oggettiva che riguarda il buon funzionamento dei nostri lavori parlamentari (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e dei Verdi).
TEODORO BUONTEMPO. Glielo ha suggerito Boato!
PRESIDENTE. Il Presidente ha ritenuto di concedere la parola all'onorevole Buontempo non avendo egli preso la parola in sede di discussione sulle linee generali e rappresentando un gruppo che non era intervenuto dopo la chiusura della stessa discussione.