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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 17,16).
(Rispetto dei diritti umani dei migranti da parte dei Paesi di provenienza e transito che ricevono finanziamenti dall'Unione europea - n. 2-00623)
PRESIDENTE. L'onorevole Frias ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00623, concernente il rispetto dei diritti umani dei migranti da parte dei Paesi di provenienza e transito che ricevono finanziamenti dall'Unione Europea (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).
MERCEDES LOURDES FRIAS. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica per la mia interpellanza n. 2-00623.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, con riferimento al tema trattato nell'interpellanza presentata dall'onorevole Frias voglio ribadire i sentimenti di cordoglio del Governo italiano per tutti coloro i quali, nei giorni scorsi, hanno perduto la vita nel disperato tentativo di raggiungere clandestinamente le coste siciliane. Sono eventi che riportano drammaticamente l'accento sui profili umanitari di un'emergenza, che coinvolge evidentemente non solo l'Italia, ma anche l'Europa nel suo complesso.
Il Governo italiano è impegnato ad assicurare una gestione efficace e rigorosa dei flussi migratori nel pieno rispetto delle regole, nonché dei diritti e delle tutele fondamentali da garantire a tutti gli immigrati. Si tratta di obiettivi che fanno parte di un unico disegno, che mira a tutelare e difendere i diritti e la dignità personale dei migranti attraverso la prevenzione di tutte quelle situazioni e circostanze, che possono indurre il degrado delle loro condizioni di vita ovvero favorirne lo sfruttamento, il coinvolgimento nell'illegalità o l'esposizione a manifestazioni di intolleranza o razzismo.
Assicuro che l'azione dell'autorità italiana è costantemente orientata al rispetto dei diritti umani dei migranti e dei potenziali richiedenti asilo, sia nelle attività in mare sia in quelle a terra, di accoglienza, di identificazione e, ove previsto, di allontanamento dal territorio nazionale degli stranieri.
Ben il 78 per cento delle imbarcazioni con clandestini a bordo giunte in Italia sono state soccorse in mare nell'ambito di specifiche operazioni search and rescue, condotte in piena conformità alle fonti normative vigenti nella materia del soccorso e salvataggio in mare, dal Codice della navigazione alla legge n. 147 del 1989 di ratifica della Convenzione internazionale di Amburgo sul soccorso marittimo.
Un dato significativo riguarda il numero di persone tratte in salvo dalle unità navali della Marina militare, dalle Capitanerie di porto e dalle forze di polizia, che nei soli primi sei mesi di quest'anno è stato di oltre 3.700 unità.
Quanto alla partecipazione alle iniziative intraprese dall'Agenzia europea delle frontiere, Frontex, ricordo che si tratta di impegni assunti a livello internazionale nell'ottica di una strategia coordinata e sistematica per governare il fenomeno immigratorio.Pag. 67
Gli Stati membri dell'Unione europea si sono dati l'obiettivo di incrementare il livello di sorveglianza dei confini meridionali dell'Unione, mediante la messa in opera di una rete di pattugliamenti europea, che non prevede in nessun caso il respingimento del natante intercettato in acque internazionali.
L'Italia ha partecipato alla totalità delle iniziative assunte dall'Agenzia per la gestione del fenomeno migratorio nella regione mediterranea, fornendo un contributo di rilievo assoluto nella realizzazione delle operazioni congiunte dei progetti pilota elaborati per il rafforzamento dei controlli e della vigilanza delle frontiere marittime.
In particolare l'Italia ha partecipato all'elaborazione del rapporto di analisi sulla situazione dei flussi di immigrazione illegale in provenienza dall'Africa, con specifico riferimento alla Libia ed al Marocco, presentato a cura dell'agenzia alla Commissione.
Inoltre ha partecipato allo studio di fattibilità per il monitoraggio e la sorveglianza delle coste del Mediterraneo - noto come MEDSEA - affidato ad un ristretto gruppo di esperti italiani, francesi, spagnoli e greci per istituire una rete in grado di assicurare lo scambio continuativo delle informazioni e l'effettivo coordinamento delle operazioni tra le autorità centrali degli Stati membri, responsabili della sorveglianza delle frontiere marittime e del contrasto dell'immigrazione via mare.
Ha partecipato ancora alle operazioni congiunte di Frontex allo scopo di intensificare la cooperazione operativa tra gli Stati membri in materia di contrasto dei flussi di migrazione clandestina via mare. L'Italia ha offerto un supporto importante alle operazioni svolte nei porti spagnoli di Tarifa, Algeciras, Almeria e Alicante per il controllo dei passeggeri in transito presso quegli scali nonché alle operazioni di pattugliamento marittimo e aereo svolte al largo delle acque senegalesi per far fronte ai flussi migratori illegali che hanno interessato le isole Canarie. Esperti italiani in materia di identificazione sono stati inviati per tre mesi a Tenerife, al fine di supportare le autorità spagnole nell'espletamento delle procedure volte all'identificazione dei clandestini appena sbarcati o trattenuti nei locali centri di accoglienza. Analogo supporto è stato offerto anche a favore delle autorità maltesi nella scorsa stagione estiva.
Il nostro Paese ha partecipato infine alle operazioni Nautilus e Poseidon, con le quali è stato realizzato un esercizio di pattugliamento aeronavale congiunto nel Mediterraneo centrale, con mezzi italiani, maltesi, francesi e tedeschi per il contrasto dei flussi migratori illegali provenienti dalle coste libiche, nonché un esercizio di vigilanza congiunta dei porti greci ed italiani a contrasto dei casi di immigrazione clandestina rilevati a bordo dei traghetti che collegano Italia e Grecia.
Queste iniziative, nella generalità dei casi, si traducono in azioni di ricerca e salvataggio a cura delle unità navali, civili e militari, poiché la salvaguardia della vita umana a mare costituisce il principio assoluto e prevalente a cui viene improntata tale attività.
Purtroppo la precarietà delle imbarcazioni utilizzate per il trasporto dei clandestini dalle coste africane non consente una navigazione in sicurezza per il numero eccessivo di clandestini, che esse di volta in volta contengono rispetto alla loro effettiva capacità recettiva. La scarsità del carburante, le frequenti avarie dei motori, l'avversità delle condizioni meteo-marine e il deterioramento delle condizioni di salute degli imbarcati impongono alle autorità competenti il salvataggio dei migranti, il loro accompagnamento sulla terraferma e la somministrazione delle cure necessarie.
Gli stranieri che sbarcano sulle coste italiane ottengono immediata assistenza medica, beni di prima necessità e sostegno di altro genere; hanno la possibilità di illustrare la propria situazione personale e far conoscere eventuali persecuzioni sofferte nel Paese di origine e richiedere asilo politico.
Sottolineo l'attenzione che questo Governo ha rivolto al tema delle condizioni di vivibilità e assistenza all'interno deiPag. 68centri di accoglienza e di permanenza temporanea. Le indicazioni offerte dal lavoro della Commissione De Mistura - come sanno anche gli interpellanti - sono state raccolte in un disegno di legge delega, che il Governo ha varato e di cui le Camere inizieranno prossimamente l'esame.
In attesa della revisione dell'attuale normativa si è ritenuto, comunque necessario adottare subito alcuni importanti provvedimenti per migliorare la qualità dell'accoglienza e dell'assistenza dei centri per immigrati.
Il 24 aprile scorso il Ministro, con una direttiva, ha disposto la chiusura di alcuni centri di permanenza temporanea e assistenza (Brindisi, Crotone e Ragusa) e contestualmente ha affidato al Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione il compito di predisporre uno specifico studio sulle restanti strutture, al fine di valutare ulteriori soppressioni, nonché di procedere all'eventuale riqualificazione anche in funzione di una diversa missione istituzionale delle strutture esistenti.
Inoltre, per quanto riguarda il miglioramento dei servizi di assistenza ed orientamento legale dei migranti ospiti dei centri di accoglienza e di permanenza temporanea attualmente operativi, ricordo che il 28 dicembre del 2006 è stata stipulata un'apposita Convenzione con il Cies (Centro di informazione ed educazione allo sviluppo) per un progetto pilota per la mediazione linguistico-culturale nei centri di accoglienza ed identificazione di Foggia, Crotone e Caltanissetta, già operativo dal mese di aprile 2007.
In data 7 giugno 2007 sono state sottoscritte le Convenzioni bilaterali, che prorogano a tutto il 1o marzo 2008 il rapporto di fattiva collaborazione con l'OIM, l'ACNUR e la Croce rossa italiana, che operano presso il centro di Lampedusa.
Altre iniziative di informazione sono state avviate presso il centro di Bologna, con uno sportello informativo in collaborazione con l'Ufficio del garante per i diritti delle persone private della libertà, e presso il Centro di accoglienza di Crotone, ove si sta attuando il progetto «Integrarsi», in collaborazione con CIR ed ANCI.
Gli interpellanti hanno posto infine il delicato problema della tutela dei diritti umani nei Paesi africani di transito dei migranti. Con riferimento alla Libia voglio richiamare la risposta che ha dato il 15 giugno, in aula, il sottosegretario di Stato per gli affari esteri ad un'interrogazione dell'onorevole De Zulueta. La Libia, effettivamente, come ricorda l'onorevole Frias, non è parte della Convenzione del 1951 sui rifugiati, quindi non sono applicabili in quel Paese le garanzie che derivano da quella Convenzione. Questo comporta maggiori difficoltà anche per l'ACNUR, non essendovi un obbligo giuridico di quel Paese a consentire l'accesso ai centri dove sono trattenuti i rifugiati.
Ricordo anche che la Libia ha ratificato la Convenzione dell'Organizzazione dell'Unità Africana del 1969, che a sua volta riconosce quella dell'ONU, e nel 2002 è stata presidente di turno della Commissione delle Nazioni unite per il rispetto dei diritti umani.
Lo stesso Ministero degli affari esteri ha ricordato che la Libia è parte del Patto internazionale sui diritti civili e politici della Convenzione contro la tortura ed altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti, di cui non ha ratificato il protocollo opzionale.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 19)
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Nel Paese, inoltre, è entrata recentemente in vigore la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie.
Devo precisarle, onorevole Frias, che con la Libia non è stato - fino ad oggi - stipulato alcun accordo di riammissione, ma è in atto un proficuo rapporto di reciproca collaborazione ai fini del contenimento dell'immigrazione dall'Africa subsahariana, collaborazione che sin dal 2004 si è estrinsecata anche con cooperazioniPag. 69di polizia, con scambi di risorse informative e investigative, nonché con iniziative comuni in materia di formazione ed addestramento delle forze di polizia.
Per quanto riguarda in particolare i centri in Libia che ha citato nella sua interpellanza, le preciso che la struttura di Gharyan, già ultimata e consegnata, è destinata a scuola per l'addestramento e la formazione degli allievi agenti della polizia libica, nell'ambito dei rapporti di collaborazione delle forze di polizia.
Il centro di Kufra, i cui lavori non sono ancora iniziati, sarà destinato a centro sanitario di frontiera ma non vi è al momento alcuna previsione di realizzare un centro a Sebha. Inoltre, proprio alla luce di alcuni recenti incidenti, è stata avviata una discussione in ambito europeo sulla possibilità di migliorare l'assistenza umanitaria in mare in un quadro di partenariato con gli Stati terzi e di solidarietà europea.
Le garantisco, insomma, come già detto precedentemente anche dal Ministero degli affari esteri, che il Governo italiano si adopererà sempre affinché i rifugiati, da qualunque Paese provengano, vengano messi al riparo da rischi di trattamenti inumani o degradanti.
PRESIDENTE. La deputata Frias ha facoltà di replicare.
MERCEDES LOURDES FRIAS. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Lucidi per la risposta così esaustiva. Mi dichiaro parzialmente soddisfatta, perché penso che nella sostanza sulle dichiarazioni possiamo essere d'accordo con quanto ha affermato il sottosegretario; ci sono però delle questioni, dei numeri, degli esseri umani, delle persone e dei costi che mi fanno essere un po' meno soddisfatta della risposta.
Come ben diceva, l'Unione europea si è data - inseriamo ora l'Italia nel suo contesto europeo - come priorità il contrasto all'immigrazione clandestina. C'è il terzo pilastro, relativo alla cooperazione di polizia, su tutto ciò che riguarda la lotta alla cosiddetta immigrazione clandestina. Per questo l'Unione europea si è dotata di quegli strumenti, che lei ci riferiva e fra questi c'è l'agenzia Frontex per la gestione delle frontiere esterne all'Unione.
Il lavoro della Frontex, con tutto quello che lei ci ha già spiegato, e che non ripeto ha dato i suoi risultati, nel senso che soprattutto nel primo semestre del 2007 gli sbarchi di persone che arrivano dai Paesi africani e asiatici sono diminuiti del 25 per cento. Questo dato, dal punto di vista della missione dell'agenzia e dell'obiettivo dell'Unione europa, è interessante ed importante.
Il problema che abbiamo posto è il seguente: a quale costo è stata ottenuta questa diminuzione degli sbarchi, che fanno tanto effetto quando si verificano? Vi sono due questioni fondamentali: una è quella relativa ai morti in mare e nel deserto, l'altra alla attività di respingimento, con tutto quello che implicano in termini di salvaguardia dei diritti umani e delle persone che sono espulse non verso i propri Paesi, ma verso quelli di transito. Ci si pone un pesante interrogativo.
Rispetto alla data di presentazione della nostra interpellanza, purtroppo ci troviamo a dover aggiornare, peggiorandoli, i dati delle morti nel Mediterraneo: non sono più i 9.121 scritti nell'interpellanza, perché oggi sono 9.222 dal 1988. In questa prima parte dell'anno c'è stato un aumento vertiginoso dei morti in mare e dei dispersi, anche rispetto all'anno scorso. Abbiamo le cifre: sono 249 in questi primi mesi dell'anno, rispetto ai 306 dell'intero anno scorso. Sono numeri impressionanti che vogliono dire tanto. Non è giusto, per la storia e per il percorso di ognuna di queste persone, riferire tutto ai numeri, ma anche questi parlano.
L'attività di contrasto alla cosiddetta immigrazione clandestina è una guerra, è la guerra all'immigrazione clandestina, che fa vittime e le vittime sono le persone che cercano di scappare dalle situazioni in cui sono ridotte - tutti lo sappiamo - per quello squilibrio esistente fra una parte del mondo e l'altra. Penso sia un fattoPag. 70assai naturale che qualcuno si voglia spostare verso i luoghi dove si consuma la ricchezza.
I morti in mare nell'ultimo mese comprendono non soltanto uomini, ma anche donne e bambini: 154 morti nel solo mese di giugno. Devo comunque dare atto dell'attività di salvataggio che sia la Marina costiera italiana, sia alcuni pescatori svolgono sistematicamente e costantemente nei confronti di persone che si trovano in pericolo. Ovviamente il mio ringraziamento è per tutti costoro. Ci sono altri però che, con il pretesto che probabilmente quelle persone portano delle armi oppure delle malattie, non svolgono neanche tale attività di salvataggio.
Per quanto riguarda poi l'attività di respingimento, lei faceva riferimento al Nautilus II: bisognerebbe capire dove finiranno le persone intercettate attraverso tali operazioni della SAR, che lei ci ha citato prima.
In Libia, dal settembre 2006, 12 mila persone sono state respinte in mare o arrestate perché si trovavano sul territorio libico senza documenti nell'attesa di prendere l'imbarcazione per venire in Italia.
Le organizzazioni umanitarie - a partire dall'Osservatorio sui diritti umani dell'ACNUR e l'osservatorio Fortress Europe, che svolge un lavoro di monitoraggio - e molti studiosi che stanno controllando il problema, denunciano una situazione di violazione sistematica degli elementari diritti umani. Lo sappiamo: la Libia non ha firmato la Convenzione di Ginevra sui diritti delle persone richiedenti asilo, né tanto meno rispetta i diritti di coloro i quali comunque provengono da luoghi di guerra.
Cosa accade, dunque, in Libia a queste persone secondo tali organizzazioni e secondo gli stessi dati ufficiali della Libia, che sono pubblici? Molte vengono rimpatriate e lascio ad ognuno di noi riflettere su cosa vuol dire essere rimpatriati in Paesi quali il Sudan, l'Etiopia o l'Eritrea e cosa significhi, per la vita delle persone, la violazione delle elementari norme del diritto internazionale quale è la Convenzione di Ginevra. Altri vengono accompagnati alla frontiera, ma essere accompagnati alla frontiera in Libia significa essere spinti verso il deserto: dunque, non si sa dove vadano a finire costoro. Ciò si aggiunge poi alle innumerevoli persone che si trovano nei tre centri secondo i dati ufficiali.
Desidero citare, a proposito del respingimento verso il deserto, alcune parole pronunciate dal prefetto Alessandro Pansa nel corso di un'audizione nel 2003: «Molti dei clandestini giunti in Libia non sono organizzati, cioè non hanno pagato un trafficante per condurli in quel Paese per poi sbarcare in Italia. Si tratta di soggetti che arrivano in maniera drammatica e temo che il numero dei decessi imputabili alla traversata del deserto sia superiore a quello dovuto al viaggio in mare». Dunque i dati che non siamo neppure tenuti a conoscere sono quelli dei morti nel deserto, che possiamo solo immaginare, mentre possiamo avere i dati di coloro che periscono in mare.
Il rapporto della missione tecnica dell'Unione europea in Libia del 2004 afferma che, fra il 2003 e il 2005 (cioè fino alla stesura del rapporto), l'Italia finanzia i centri di trattenimento della Libia. Si tratta di accordi che non sono mai stati resi pubblici, ma queste informazioni sono ufficiali. Tutto ciò significa che non si vuole avere i CPT in Italia, perché sono brutti e perché costituiscono una lesione alla Costituzione, poiché sono carcerazioni in assenza di reato; ma se li si sposta un poco più a sud, allora sono un po' più digeribili ed igienici.
Credo che debba riguardare l'Italia, il Governo italiano e ciascuno di noi la sorte di quelle persone che, nel tentativo di arrivare nel nostro Paese, vengono rinchiuse in luoghi come quelli di cui ho parlato, nei quali non abbiamo alcuna garanzia che venga rispettato un minimo di diritto.
Vi sono naturalmente anche tutti gli altri Paesi che, se non altro, hanno sottoscritto accordi di cooperazione di polizia con l'Unione europea e con i Paesi europei, quali il Marocco, il Senegal o la Mauritania, dove la situazione è moltoPag. 71simile a quella della Libia per quanto riguarda i respingimenti verso il deserto.
Si tratta di una catastrofe di cui sarebbe necessario che ci rendessimo conto: dovremmo avere una maggiore sensibilità rispetto al dramma costituito da questa situazione, comprendendo soprattutto che stiamo parlando di persone e che nessuno lascia il proprio Paese in quelle condizioni di precarietà per venire a divertirsi.
Credo che la questione degli ingressi clandestini vada affrontata, ma non ad un costo così elevato in termini di vite umane. Il Ministro Amato, rispondendo ad un'interrogazione presentata da un collega, tracciava poco fa la distinzione fra gli atti delittuosi delle persone regolari e di quelle irregolari.
Capisco cosa abbia voluto dire il Ministro Amato, ma credo che questa distinzione tra buoni e cattivi non ci aiuti a capire esattamente la portata del problema.
Poniamo mente, per inciso, ad un dato. Quando si opera una sanatoria - che rappresenta, storicamente, l'unico modo di regolarizzare la situazione in Italia -, chi oggi è un clandestino, da un giorno all'altro, con la sanatoria, diventa regolare. Credo che per spiegare tale situazione occorra qualcos'altro e che non bastino i dati sulla percentuale degli immigrati in carcere.
Sappiamo, infatti, che vi è un eccesso del ricorso alla carcerazione per quanto riguarda gli immigrati, che le minoranze, in tutti i Paesi industrializzati, sono sovrarappresentate nelle carceri (consideriamo, ad esempio, gli Stati Uniti, ma anche tutti gli altri Paesi) e che hanno molta più difficoltà ad usufruire delle misure alternative al carcere e via dicendo. Il 65 per cento di coloro che si trovano in carcere sono in attesa di giudizio e tale percentuale risulta invertita quando si parla degli italiani.
Bisogna, allora, utilizzare i dati e lavorare su quello che, effettivamente, rappresenta un problema per tutti, compresi gli stessi immigrati, ossia il fatto che vi sia un numero così elevato di persone che si trova a delinquere, operando la dovuta analisi di tali cifre. Altrimenti, la percezione che il mondo ci stia crollando addosso - nonostante i dati della stessa polizia, per quanto riguarda la questione dei reati, indichino che così non è - finisce per alimentare un certo atteggiamento che non fa altro che sviluppare di nuovo la xenofobia e il razzismo.
Torno - e concludo - sulla questione del Frontex. Del resto, signor sottosegretario, anche lei si è dilungata un po'. Frontex costa ai contribuenti europei 45 milioni di euro per il 2007, dei quali il 16 per cento è destinato ad attività operative, mentre il 30 per cento ad attività amministrative. Tra le attività operative - il 16 per cento del costo - sono previste ventisei operazioni aeroportuali, terrestri eccetera e, di queste, quattro concernono le frontiere marittime. Consideriamo, allora, quanto, dal punto di vista dei costi, questa agenzia grava su tutti i contribuenti che risiedono nel territorio europeo e quanto, effettivamente, essa risolve i problemi.
Infine, sulla questione - che lei ricordava - relativa al salvataggio, il vicedirettore di Frontex, in una sessione del Parlamento europeo, ha affermato che Frontex non è un corpo di salvataggio (ciò non rientra tra i suoi compiti), ma che, evidentemente, se durante un'operazione ci si trova davanti ad una barca in pericolo, le unità agiranno di conseguenza, fermo restando che questo non è il suo fine né il suo mandato e dubitando che ciò faccia parte anche delle competenze dell'Unione europea. Ma allora - mi chiedo - quali sono le competenze dell'Unione europea per quanto riguarda le vite di tutte queste persone?