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Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1214 - Delega al Governo in materia di riordino degli enti di ricerca (Approvato dal Senato) (A.C. 2599).
(Esame di una questione pregiudiziale - A.C. 2599)
PRESIDENTE. Ricordo che è stata presentata la questione pregiudiziale Leone ed altri n. 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 2599 sezione 1).
A norma del comma 3 dell'articolo 40 del Regolamento, la questione pregiudiziale può essere illustrata per non più di dieci minuti da uno solo dei proponenti. Potrà, altresì, intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti.
SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo appunto per svolgere un richiamo sull'ordine dei lavori: nella seduta di ieri ho sollevato una questione relativa alla ripartizione dei tempi di discussione dei provvedimenti. Gran parte, anzi laPag. 15parte maggiore dei tempi assegnati ai gruppi viene destinata alla discussione sulle linee generali, mentre una parte più ridotta viene assegnata al seguito dell'esame dei provvedimenti stessi. Il Presidente Castagnetti ha risposto a tale obiezione affermando che questo genere di ripartizione avviene proprio per garantire ai gruppi, anche ai gruppi di consistenza minore, un tempo minimo di discussione di 30 minuti. Ciò è certamente lodevole, ma formulo alla Presidenza la proposta - che spero la Presidenza stessa tenga in considerazione - di valutare la possibilità di utilizzare quella parte del tempo riservato alla discussione sulle linee generali ma non impiegato per il seguito dell'esame del provvedimento, considerato che nella discussione sulle linee generali i gruppi di consistenza numerica minore non usano tutto il tempo a loro disposizione (la discussione sulle linee generali avviene spesso in sedute semideserte, in cui non tutti i gruppi intervengono e il tempo previsto viene disperso o, comunque, non è utilizzato). Con lo stesso criterio, bisognerebbe dare la possibilità a tutti i gruppi di intervenire per almeno cinque minuti su ciascun emendamento presentato in Assemblea.
Il mio vuole essere un appello, una richiesta alla Presidenza affinché valuti la possibilità di riequilibrare i tempi, stabilendo un maggior spazio per il seguito della discussione, specie riguardo a provvedimenti che sono oggetto di contesa o nei confronti dei quali c'è necessità di maggiore approfondimento della discussione. È auspicabile un maggiore equilibrio rispetto ad una situazione che apparentemente - anche se comprendo le ragioni e le motivazioni della scelta della Presidenza - sembra paradossale: in una discussione sulle linee generali come quella di ieri sono state messe a disposizione complessivamente 11 ore e 30 minuti, più specificatamente ai gruppi 8 ore e 30 minuti, mentre meno tempo viene concesso per la fase dell'esame del provvedimento in cui i colleghi sono tutti presenti, dove si discute e si votano le proposte emendative e ciascun collega ha la possibilità di svolgere pienamente il proprio mandato.
Vorrei che la Presidenza valutasse tali ipotesi, che ritengo garantirebbero una maggiore possibilità di intervenire effettivamente e concretamente nella discussione dei provvedimenti che sono all'esame dell'Assemblea e quindi una maggiore partecipazione e funzionalità del Parlamento.
PRESIDENTE. Comunico che - come il Presidente di turno Castagnetti ha avuto modo di farle presente - la ripartizione dei tempi, che è stata effettuata riguardo a questo provvedimento, è del tutto conforme ai precedenti.
Lei sa, del resto, che il tempo non utilizzato nella discussione sulle linee generali non può essere rebus sic stantibus «traslato» nella discussione di merito. In ogni caso, la questione potrà essere sollevata in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo e ivi affrontata.
MAURIZIO FUGATTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, intervengo per rammentare all'Assemblea quanto abbiamo già ricordato nella seduta di mercoledì scorso, ovverosia una vicenda alla quale purtroppo non è seguita alcuna iniziativa da parte del Governo, ed anzi la situazione si è ulteriormente aggravata.
Nella seduta di mercoledì scorso avevamo informato l'Assemblea che il 9 luglio - ossia ieri - avrebbe coinciso con la scadenza dei pagamenti delle imposte per coloro che sono sottoposti agli studi di settore, ed in merito avevamo richiesto una proroga nonché un intervento in quest'aula da parte del viceministro Visco di fronte all'anarchia tributaria che si è creata nelle ultime settimane. Ebbene ieri - signor Presidente - è accaduto che coloro che nonostante l'anarchia tributaria delle ultime settimane hanno deciso diPag. 16pagare, hanno trovato intasato il sito dell'Agenzia delle entrate, per cui non è stato possibile effettuare il pagamento.
Quindi è stato richiesto da parte delle categorie e dell'ordine dei commercialisti di posticipare, senza alcuna maggiorazione, il termine per il pagamento delle imposte, non per l'evasione...
PRESIDENTE. Lei sta parlando, come sa, su un argomento sul quale si dovrebbe intervenire a fine seduta. Le ho dato la parola sull'ordine del lavori, quindi la prego...
MAURIZIO FUGATTI. ...pertanto chiediamo ancora una volta, ritornando sul discorso già affrontato, la presenza in questa aula del viceministro Visco a breve per riferire sulla situazione ed, in secondo luogo, chiediamo il differimento dei termini.
PRESIDENTE. Impropriamente, le ho dato la parola; in ogni caso, solleciteremo il Governo nella direzione da lei indicata.
LUCIO BARANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo, deputato Barani?
LUCIO BARANI. Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, lei ha risposto al deputato Baldelli, richiamandosi alla prassi, ed ovviamente ha riletto quanto ieri il Presidente Castagnetti ha risposto sulla materia contestata dal deputato Baldelli. In effetti, le prassi si possono modificare...
PRESIDENTE. Abbiamo già risolto questo argomento, con la risposta al deputato Baldelli, quindi non torniamo sulla questione.
LUCIO BARANI. Ma, signor Presidente, si tratta sempre di prassi e non di Regolamento.
PRESIDENTE. Appunto, vi abbiamo fatto riferimento, ho già dato la risposta, e se la questione sarà sollevata dai presidenti dei gruppi verrà affrontata.
LUCIO BARANI. Grazie, signor Presidente.
PRESIDENTE. Il deputato Leone ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n.1.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, intervengo brevemente per illustrare l'ennesimo modo di legiferare da parte della maggioranza, che costituisce un ulteriore esempio della «furia iconoclasta» che ormai caratterizza questo incerto ed approssimativo Governo. Si tratta di distruggere ad ogni costo quanto di positivo è stato fatto nella scorsa legislatura, durante il Governo Berlusconi, quindi non ci si ferma davanti a nulla, neanche di fronte a sostanziosi interessi del Paese. È per questa ragione che riteniamo profondamente negativa e deleteria questa iniziativa legislativa del Governo, ed abbiamo presentato la questione pregiudiziale chiedendo di non procedere all'esame del provvedimento, in quanto vogliamo che il Parlamento si soffermi, per un attimo, a riflettere, indipendentemente dagli schieramenti politici di appartenenza, sulla pericolosità di questo provvedimento.
Vi sono alcuni aspetti di natura costituzionale, e quindi sostanziale, che sono esplicitati nella nostra questione pregiudiziale n. 1. Siamo di fronte, per l'ennesima volta, alla violazione da parte del Governo Prodi di una regola costituzionale fondamentale in materia di delegazione legislativa, quella prevista dall'articolo 76 della Costituzione. Sono, infatti, troppo vaghi ed indefiniti i criteri ed i principi direttivi della delega - così come è sempre stato finora, ma nel provvedimento in esame è un carattere ancora più pregnante - e ciò costituisce proprio l'aspetto negativo per una materia, come la ricerca scientifica, decisiva per il futuro di un Paese come il nostro.Pag. 17
Si è, in pratica, di fronte ad un esautoramento della funzione legislativa del Parlamento, in quanto con il disegno di legge in esame, così come impostato e configurato, da parte del Governo si chiede al Parlamento una delega «in bianco», completamente «in bianco». La violazione senza dubbio più grave che emerge da esso è relativa all'ultimo comma dell'articolo 33 della Costituzione, che sancisce il diritto delle istituzioni di alta cultura di dotarsi di un ordinamento autonomo. Sta di fatto, invece, che nella proposta di delega si stabilisce che il Governo, in particolare il Ministro dell'università e della ricerca, redige gli statuti degli enti di ricerca, che indubbiamente sono istituzioni di alta cultura e, quindi, si contravviene in maniera molto, molto forte al dettato previsto dall'articolo 33 della Costituzione. La violazione evidente dello spirito e della lettera dell'articolo 33 indica anche quanto sia pronunciata la inclinazione statalistica e dirigistica del Governo e della maggioranza che lo sostiene. Del resto, nel corso dell'esame al Senato sono stati formulati gli stessi rilievi ed anche in questo ramo del Parlamento, per la verità, il Comitato per la legislazione ha avanzato, sia pure in forma indiretta, le stesse osservazioni su tale specifico aspetto. Il gruppo di Forza Italia ha presentato emendamenti proprio per eliminare, in particolare, tale obbrobrio.
Passo a trattare anche alcuni aspetti di natura funzionale del provvedimento in esame. Nella nostra questione pregiudiziale n. 1 abbiamo già evidenziato quanto sia sbagliato sottoporre un settore delicato e fondamentale come quello della ricerca a continui mutamenti del quadro normativo di riferimento. La riforma voluta dal Governo Berlusconi mirava a ridurre l'eccessiva burocratizzazione degli enti di ricerca e a renderli più efficienti, anche attraverso un meccanismo di incentivi che legava, in modo coerente alla nostra impostazione politica, l'entità dei finanziamenti statali ai risultati concreti conseguiti dai vari enti di ricerca. Cosa è accaduto? Tutti i «baroni» che si sono ritagliati il loro orticello all'interno degli enti di ricerca, causandone la sclerosi operativa e, quindi, la riduzione di efficienza, sono insorti e sono ricorsi e si sono rifugiati nelle braccia del centrosinistra, che ha immediatamente accolto le lamentele dei «baroni» stessi e licenziato il provvedimento che oggi è alla nostra attenzione. In buona sostanza, i criteri efficientistici, che hanno anche il pregio di eliminare rendite di posizione ed eccesso di burocrazia, evidentemente non piacciono alla sinistra e non si vuole impostare l'azione politica dello stesso centrosinistra in tale direzione.
Un altro effetto del provvedimento in esame è l'inadeguatezza del modello degli enti di ricerca come in esso delineato rispetto alle vere necessità di sviluppo del nostro Paese. Bisogna ricordare, colleghi, che per un Paese ad economia essenzialmente di trasformazione come il nostro, stretto nella morsa della feroce concorrenza dei Paesi di nuova industrializzazione, è di fondamentale importanza accrescere la propria presenza nei settori produttivi ad alto contenuto tecnologico e, quindi, ad alto valore aggiunto. La nostra salvezza economica non può che provenire dall'investimento nell'innovazione tecnologica che, per sua natura, deve essere sostenuto da una efficiente ricerca scientifica di base, la cui sede più appropriata è costituita dagli stessi enti di ricerca e dalle università e non dall'ingerenza dello Stato, dei burocrati e di chi di quegli enti di ricerca fa solo un orticello da coltivare pro domo sua.
È per questa ragione che giudichiamo veramente con preoccupazione e con particolare severità il provvedimento che stiamo esaminando, motivato solo da un intento di restaurazione all'interno degli enti di ricerca di vecchi equilibri e di vecchi modelli burocratici e statalisti cari alla sinistra. Tutto ciò che si evince in questo provvedimento e gli interventi che da esso conseguono fa pendant con molte altre situazioni che la maggioranza e il Governo stanno affrontando e che vengono indirizzate esattamente in senso opposto rispetto ai «manifesti» proclamati dalla sinistra durante la campagna elettoralePag. 18e, poi, lasciati in abbandono totale, perché si doveva solo favorire questa o quella categoria o questo o quell'altro personaggio.
Stiamo giocando sulla pelle del Paese e, precisamente, su interessi vitali dei cittadini e, soprattutto, dei giovani che, giustamente, desiderano che l'Italia continui a svilupparsi economicamente e possa assicurare certezze economiche, soprattutto alle giovani generazioni.
Queste sono le motivazioni, che non sono «catodiche», non sono strumentali: sono motivazioni serie che lasciamo all'attenzione dell'Assemblea, affinché, votando la questione pregiudiziale in esame, si esprima nel senso di non procedere all'esame del provvedimento in questione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Froner. Ne ha facoltà.
LAURA FRONER. Signor Presidente, rispetto alla questione pregiudiziale Leone ed altri n. 1 in merito alla delega al Governo in materia di riordino degli enti di ricerca, intendo esprimere il parere contrario dell'Unione per i motivi che sto per illustrare.
Anzitutto, vorrei rilevare che all'interno del Comitato dei nove è stato svolto da parte di tutti i componenti un lavoro egregio, che ha portato il relatore a formulare emendamenti che accolgono le osservazioni e le obiezioni sollevate, al punto che la questione pregiudiziale Leone ed altri n. 1 potrebbe essere, a buon titolo, ritenuta superata. Vorrei dimostrare, entrando nel dettaglio del testo di tale questione pregiudiziale, la non sussistenza di quanto in essa richiamato.
Si esamini il primo capoverso della parte motiva, dove si sostiene che il provvedimento in esame non è in linea con la lettera e lo spirito dell'articolo 76 della Costituzione in materia di delegazione legislativa, in quanto contiene principi e criteri direttivi eccessivamente generici ed indefiniti. Vorrei ricordare, a tale proposito, che il testo risulta molto più articolato dopo la lettura fatta al Senato, che ha contribuito ad arricchire notevolmente i principi e i criteri enunciati.
Passando a trattare il secondo capoverso delle motivazioni della questione pregiudiziale - secondo il quale ci sarebbe una violazione dell'articolo 33, ultimo comma, della Costituzione, che attribuisce alle istituzioni di alta cultura (quali sono gli enti di ricerca) il diritto di darsi ordinamenti autonomi - la relatrice ha accolto pienamente i rilievi sollevati e gli emendamenti proposti dalla Commissione ai commi 3 e 4 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame. Essi vanno nel senso auspicato dai proponenti della questione pregiudiziale, ma anche del dibattito che si è svolto in Commissione, sollecitato principalmente dai colleghi dell'opposizione e dalle organizzazioni sindacali ascoltate nel corso di un'audizione informale, nonché - come è stato rilevato - delle osservazioni e delle condizioni espresse nei pareri della I Commissione e dal Comitato per la legislazione.
Alla luce di tali rilievi - e non da ultimo a fronte della mancata previsione del coinvolgimento delle comunità scientifiche dei singoli e specifici enti nella formulazione della prima stesura degli statuti - nel corso della discussione si è trovato un nuovo punto di sintesi, che ottempera ai rilievi mossi e risolve le criticità segnalate dalle forze politiche.
Entrando nel merito del terzo capoverso della parte motiva, si contesta l'accusa che il provvedimento in esame sia permeato da una logica dirigistica ed accentratrice. Al contrario, si sottolinea come l'obiettivo principale sia quello di attribuire autonomia statutaria agli enti. Proprio con il disegno di legge in esame - vorrei rilevare - si intende esprimere un atto di fiducia verso gli organi interni degli enti di ricerca, affinché siano gli enti stessi a darsi regole per quanto riguarda la propria organizzazione e la propria gestione, al fine di svolgere al meglio la propria missione, che si considera essenziale per lo sviluppo economico e produttivo del Paese.
Per quanto riguarda il quarto capoverso delle motivazioni, concordiamo sul fatto che la ricerca scientifica, per poter operare efficacemente, necessiti di un quadroPag. 19di riferimento normativo certo e stabile. Per raggiungere tale obiettivo riteniamo che detto quadro di riferimento debba essere frutto di una larga intesa parlamentare, che possa garantire una proficua continuità nel tempo. Si ricorda, in particolare, come questa larga intesa sia stata raggiunta al Senato. Perché non sforzarci, quindi, di fare altrettanto alla Camera?
Passo, infine, all'ultimo paragrafo che cito testualmente: «La ricerca scientifica e tecnologica è di fondamentale importanza per lo sviluppo dell'economia del nostro Paese che, per difendersi dalla sempre più pressante concorrenza dei paesi di nuova industrializzazione, deve orientarsi necessariamente verso produzioni ad alto contenuto tecnologico e quindi ad alto valore aggiunto, e ciò presuppone un efficiente funzionamento della ricerca scientifica di base ed una rapida applicazione delle innovazioni ai prodotti ed ai processi produttivi». A tal proposito, vorrei ricordare che nella normativa precedente vi era, in questo senso, una deformazione finalizzata esclusivamente al perseguimento di obiettivi organizzativi che sacrificavano la ricerca di base, la quale vive della libertà del ricercatore e dell'autonomia dell'ente. È, quindi, proprio nella direzione di ottemperare alle finalità...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LAURA FRONER. ... di autonomia organizzativa e di libertà di ricerca - citate nel suddetto paragrafo - che si muove il disegno di legge oggetto della questione pregiudiziale. Tenuto conto...
PRESIDENTE. Deve concludere, per favore.
LAURA FRONER. ... di tutte queste motivazioni, preannunzio il voto contrario dell'Unione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Barbieri. Ne ha facoltà.
EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, vorrei intervenire a favore della posizione espressa dal collega Leone nel suo intervento. Per esprimere il parere dell'UDC non devo certo ricorrere a grandi voli pindarici.
Signor Presidente, vorrei riprendere e sottoporre alla sua attenzione - poiché so che lei, da questo punto di vista, ha una spiccatissima sensibilità - il parere espresso dalla I Commissione permanente (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) della Camera, dove, come lei ben sa, il centrodestra non ha la maggioranza: quest'ultima - in tale Commissione, così come in Assemblea - è saldamente ancorata al centrosinistra.
La I Commissione scrive: «... rilevato che, ancorché tra i principi e criteri direttivi di cui all'articolo 1 sia previsto il riconoscimento dell'autonomia statutaria agli enti pubblici nazionali di ricerca con espresso riferimento all'articolo 33, sesto comma, della Costituzione, i commi 3 e 4 del medesimo articolo 1 prevedono che gli statuti di tali enti siano emanati con decreto del Ministro dell'università e della ricerca e che, in sede di prima applicazione del provvedimento, il Governo si avvalga... (...); rilevato che il comma 6 del medesimo articolo 1, nell'attribuire al Governo il potere di procedere, in caso di comprovata difficoltà di funzionamento o di mancato raggiungimento dei decreti indicati dal Governo, al commissariamento (...); considerato che il sesto comma dell'articolo 33 della Costituzione prevede che le istituzioni di alta cultura, università ed accademie hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi, ancorché nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato, per cui le previsioni del terzo e del quarto comma dell'articolo 1, che attribuiscono al Ministro la competenza ad emanare lo statuto, appaiono in contrasto con tale norma costituzionale».
Ritengo, quindi, che quanto affermato pochi minuti fa dal collega Leone sia la dimostrazione che tale provvedimento poteva e doveva avere un iter assolutamente diverso. Per tale motivo, Presidente, trovo ragionevole pensare di votare a favorePag. 20della questione pregiudiziale in esame. Non so chi, materialmente, abbia steso tale parere, ma ritengo che esso sia dotato di grandissimo buonsenso e di assoluta aderenza al dettato costituzionale.
Inoltre, anche in riferimento all'intervento della collega Froner - la quale è intervenuta a nome dell'Unione e non a nome dell'Ulivo e ciò significa che le posizioni da lei espresse rappresentano sia le opinioni di Rifondazione Comunista sia quelle dell'UDEUR - trovo veramente strano che si faccia carta straccia di un richiamo di ordine costituzionale come quello contenuto nel parere della I Commissione.
A nulla vale quanto è stato fatto dopo - signor Presidente, sto concludendo e la ringrazio - perché se vi fosse stata realmente tale preoccupazione, le logiche politiche avrebbero imposto di seguire un percorso assolutamente diverso.
Per tali ragioni, a nome del gruppo UDC, preannuncio il voto favorevole sulla questione pregiudiziale in discussione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Balducci. Ne ha facoltà.
PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a nome del gruppo Verdi invito la Camera a respingere la questione pregiudiziale sollevata sul disegno di legge riguardante il conferimento di una delega al Governo in materia di riordino degli enti di ricerca.
Infatti, ritengo che i dubbi sollevati non siano condivisibili e che l'approvazione del provvedimento sia assolutamente indispensabile qualora si voglia costruire un quadro di sistema e giungere finalmente ad un credibile riassetto degli enti nazionali di ricerca, in modo da riportarli sui binari dell'autonomia, della trasparenza e dell'efficienza.
Il testo della delega da conferire al Governo con il provvedimento in discussione è già stato migliorato nel corso dei lavori al Senato e, per questo motivo, ritengo che l'attuale formulazione - al di là di alcune modifiche già proposte dalla stessa Commissione questa mattina, che mi auguro la Camera riterrà di apportare - garantisca l'autonomia prevista e riconosciuta nella Costituzione.
I criteri e i principi direttivi indicati nella delega appaiono, quindi, già oggi sufficientemente precisi. Peraltro, la critica di merito avanzata nel testo della pregiudiziale, secondo cui il provvedimento sarebbe permeato da una logica dirigistica e accentratrice, si palesa irricevibile. Invece, ritengo che tale delega, una volta approvata, potrà garantire più di oggi l'autonomia degli enti di ricerca rispetto a condizionamenti esterni, che provengono talvolta dalla politica, ma anche dall'impresa, favorendo la riaffermazione anche del criterio del merito.
Spesso si fa riferimento al criterio del merito, ma affinché esso possa affermarsi nel nostro sistema di ricerca è necessario lavorare per costruire un modello maggiormente credibile. Allora, si tratta di stabilire, per la ricerca, regole certe e più affidabili, che siano stabili nel tempo. È necessario ribadire l'autonomia statutaria degli enti, ma occorre anche eliminare tutti gli intralci burocratici che spesso impediscono, di fatto, il concreto e pieno esercizio della ricerca scientifica.
Pertanto, ritengo che non si debba mai dimenticare, al di là delle diatribe politiche, che lo sviluppo della ricerca rappresenta un elemento fondamentale per lo sviluppo del nostro Paese, il quale ha bisogno di modernizzarsi e produrre innovazione, al fine di poter competere con altri sistemi più evoluti dal punto di vista dell'organizzazione, dell'efficienza e dell'attività scientifica, ma non certo delle idee.
Per questi motivi, a nome del gruppo Verdi invito la Camera a respingere la questione pregiudiziale sollevata.