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INTERVENTO DEL DEPUTATO FABIO RAMPELLI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2272-TER-A
FABIO RAMPELLI. Nella prima settimana di settembre l'Esecutivo ha assunto una serie di provvedimenti sia attraverso la decretazione ordinaria, come, ad esempio il regolamento per l'obbligo di istruzione a 16 anni, in attuazione della legge finanziaria 2007, sia attraverso la decretazione d'urgenza, come il decreto-legge recante «Disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2007-2008», varato il 5 settembre 2007 dal Consiglio dei ministri e pubblicato in data 7 settembre.
Del resto, tutti gli interventi strutturali e ordinamentali sul sistema educativo sono contenuti o in leggi blindate come la finanziaria 2007 o in decreti-legge o in atti amministrativi; solo i ritocchi all'esame di Stato sono stati oggetto di una legge ordinaria.
D'altro canto, continuamente assistiamo, nella corrente legislatura, al ricorso sistematico - per motivi di fragilità della composizione della maggioranza (e non solo dal punto di vista numerico) - a strumenti normativi di decretazione d'urgenza che non passano attraverso le ordinarie procedure parlamentari.
Ne è una testimonianza eclatante il già citato decreto-legge del 5 settembre, con il quale sono state toccate diverse materie, alcune di notevole rilievo, dalla reintroduzione del vecchio «tempo pieno», con quaranta ore settimanali, all'esame di maturità, che i privatisti potranno sostenere solo nelle scuole indicate dall'Amministrazione; dal ripristino del giudizio di ammissione all'esame di terza media, alle norme sulle sanzioni disciplinari a carico del personale.
Si tratta di un vero scippo antidemocratico di provvedimenti per i quali era già stata avviata la procedura di trattazione in aula e per i quali risultava difficile, già in Commissione, esercitare un'opposizione costruttiva a causa delle caotiche previsioni normative del disegno di legge n. 2272-ter, ora n. 2272-ter-A.
Il Governo, in modo programmatico e contrariamente a quanto raccomandato dal Presidente Napolitano, tende sempre ad eliminare la prassi democratica di ricorrere a leggi condivise dal Parlamento, soprattutto quando si parla di scuola; tema che, invece, dovrebbe vedere la classe politica, di maggioranza e di opposizione, impegnata ad individuare punti d'intesaPag. 32super partes nel settore delle politiche educative e formative necessarie per far uscire la scuola italiana dalla profonda crisi in cui si trova, documentata dall'esito delle indagini comparative internazionali.
Passo ora ad illustrare i punti salienti del provvedimento.
Va detto anzitutto che il contenuto del comma 1 dell'articolo l è entrato a far parte, con la sola eccezione del secondo capoverso, del decreto-legge del 7 settembre 2007 (varato il 5 settembre dal Consiglio dei ministri), con il quale il Governo, trasformando in decreto parti rilevanti di un disegno di legge già predisposto per la discussione, ha testimoniato, ancora una volta, la volontà di espropriare il Parlamento del suo ruolo.
In ogni caso, il comma 1 si presenta come un ritorno al passato, con un tempo pieno che è una concessione ai depressi post-sessantottini, che credono che la scuola debba soddisfare le «esigenze» di chi ci lavora e non degli studenti che apprendono, perché non è certo il tempo pieno che fa la qualità della scuola.
Questo tempo pieno anni settanta, giustamente messo in soffitta dalla riforma Moratti, che pure aveva mantenuto lo stesso tempo scuola, questo pacchetto preconfezionato di tipo bulgaro che viola l'autonomia organizzativa delle scuole e non permette alcuna possibilità di opzione per le famiglie, sarà in ultima analisi una beffa. Con il doppio organico previsto per norma, ma senza un aumento complessivo di posti di organico e, quindi, senza la previsione di alcuna risorsa aggiuntiva per realizzarlo, può determinarsi, infatti, come giustamente rileva la rivista Tuttoscuola, uno dei seguenti effetti: le classi a tempo pieno potrebbero diminuire oppure, per mantenere quelle attuali o farle aumentare di numero, occorrerebbe chiuderne molte organizzate a tempo normale.
C'è da chiedersi, come fa Il Manifesto in un articolo del 12 settembre: ma «il nuovo Governo non lottava a spada tratta contro il fantasma della riduzione di orario scolastico ventilata dalla Moratti?»
Il Governo pretende di modificare le Indicazioni nazionali (programmi per le elementari, le medie e le superiori) attraverso regolamenti adottati con decreti del Ministro della pubblica istruzione, mentre, in base alla legge delega n. 53 del 2003 (legge Moratti) e al decreto legislativo relativo al primo ciclo (n. 59 del 2004), il regolamento dovrebbe essere governativo («mediante uno o più regolamenti da adottare a norma dell'articolo 117, comma 6, della Costituzione e dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400) e nascere da una procedura lunga e complessa, perché, comunque, affronta una materia che riguarda anche il settore dell'istruzione e della formazione professionale, di esclusiva competenza regionale.
Se, invece, così come è stato scritto in questo comma 11, si adotta un decreto ministeriale (ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400), i tempi sono più contenuti, ma sono contenuti, care colleghe e cari colleghi, anche la democrazia e il rispetto delle regole!
A proposito, poi, delle «Nuove indicazioni per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione», di cui al decreto Fioroni di fine luglio che, una volta sperimentate ed eventualmente modificate a seguito degli esiti della sperimentazione, diventeranno norma con uno dei regolamenti di cui stiamo parlando (per quello delle superiori c'è tempo fino a dopo il 2009-2010), mi chiedo, tra l'altro, come sarà possibile affrontare con consapevolezza la sperimentazione di questi nuovi programmi, così come vuole il ministro, dal momento che le indicazioni per elaborare il curricolo sono state rese pubbliche quando ormai i docenti erano già in vacanza.
È improbabile, poi, che i docenti siano riusciti ad approfondire, prima dell'inizio di questo nuovo anno scolastico - nell'arco, quindi, di pochissimi giorni - un testo lungo e complesso, anche tenendo conto delle note interpretative e degli «esempi in pillole», pervenuti, tra l'altro, solo il 4 settembre. È chiaro che le ipotesi sperimentali rischiano, nel migliore dei casi, di essere improvvisate, o, nel peggiore,Pag. 33che tutto il lavoro si riduca ad operazioni di facciata che non toccano in alcun modo la sostanza.
Inoltre, mi domando quale sia l'urgenza di prevedere per i centri provinciali per l'educazione degli adulti, che, sebbene istituiti dalla legge finanziaria, a tutt'oggi non sono stati ancora riorganizzati e finanziati, l'istituzione di un autonomo consiglio di istituto, pardon, di indirizzo. E poi, perché deve essere presieduto da un alunno, sia pure adulto, e non da un rappresentante dell'ente locale (comune), titolare per legge della competenza in materia di educazione degli adulti? Non sarebbe più coerente? Sarebbe meglio attendere la trattazione in aula della già preannunciata riforma degli organi collegiali.
L'educazione degli adulti è una preoccupazione emergente e pressante che necessita di un'attenta programmazione ed organizzazione, visto che dal recente rapporto ISTAT risulta che oggi sono sei milioni gli italiani che non possiedono un titolo di studio (il dato è stato riportato da Avvenire in un articolo del 26 giugno 2007).
Quello della continuità didattica è un problema cruciale, in quanto la formazione dei ragazzi si realizza anche nel crearsi di un rapporto stabile tra docente e discente. Infatti, una delle principali preoccupazioni che attanaglia genitori e studenti riguarda quale insegnante troveranno in cattedra all'inizio del nuovo anno scolastico.
L'Italia spende 39 miliardi di euro l'anno, come leggiamo in Tuttoscuola, per il personale della scuola, ma non riesce ad assicurare ai propri studenti - in un terzo dei casi - un docente che li segua per tutto il ciclo scolastico, dal momento che i trasferimenti di sede, i comandi e i distacchi sindacali danno vita ad un «carosello» che coinvolge annualmente un terzo (o un quinto, se riferito alla scuola primaria) dei docenti, con buona pace della continuità didattica.
L'allora ministro Moratti aveva provato ad introdurre un primo divieto per i docenti di chiedere annualmente il trasferimento di sede, introducendo, nell'articolo 3 della legge n. 53 del 2003, la continuità didattica attraverso una «congrua permanenza dei docenti nella sede di titolarità»; congrua permanenza fissata, poi, nel decreto legislativo n. 59 del 2004 in un minimo di due anni. Ma, trattandosi di materia contrattuale, lo scorso anno il sindacato ha disapplicato la norma ed in tal modo la permanenza dei docenti nella stessa sede è saltata. Ancora una volta un danno agli studenti!
Proprio nella consapevolezza dell'importanza della continuità didattica si è ritenuto utile emendare parzialmente, per renderlo più cogente, il testo del comma 13.
Il testo proposto nel disegno di legge, così come è redatto, non evidenzia, infatti, lo stretto rapporto che lega la permanenza dei docenti nella sede assegnata con la stabilità dell'organico, mentre con l'emendamento al testo si intende rendere più chiaro detto rapporto, introducendo da subito «la congrua permanenza» nella sede di titolarità come condizione di stabilità.
Dopo queste considerazioni generali, a parte le riserve sul metodo espresse in apertura, corre l'obbligo di sottolineare che, se, da una parte, si condividono alcuni punti del disegno di legge, come, ad esempio, la linea, per ora solo di tendenza, assunta nel comma 2 dell'articolo 1 del disegno di legge che stiamo discutendo, intesa a dare maggiore consistenza ai futuri percorsi degli Istituti tecnici superiori e maggiore valorizzazione ai certificati di specializzazione tecnica superiore, nonché la linea di maggior rigore relativo ai provvedimenti disciplinari nei confronti del personale docente e che il decreto-legge varato il 5 settembre dal Consiglio dei ministri estende, nella parte relativa alla sospensione cautelare (articolo 2), ai dirigenti scolastici, dall'altra, si è preoccupati della scomparsa dal disegno di legge di altri punti di rilevante interesse come, ad esempio, il comma 26, relativo all'esenzione per le scuole del pagamento della TARSU (Tassa smaltimento rifiuti). Tale scomparsa è stata determinata dalla richiesta in tal senso della Commissione bilancio, in quanto non sono stati forniti, a suo parere, adeguati elementi informativi, relativi sia alla verifica di congruitàPag. 34dell'onere indicato nel comma, derivante dall'esenzione in parola, sia alla disponibilità delle risorse utilizzate ai fini della copertura. Non si risolve così il grave problema che affligge le scuole, tant'è che in relazione a questa tassa, fino ad oggi, le scuole hanno maturato verso i comuni un debito di circa 230 milioni di euro (Italia Oggi, 11 settembre 2007).
Per concludere, e al di là del disegno di legge in discussione, vorrei rappresentare al Ministro della pubblica istruzione che condividiamo alcune sue prese di posizione, come l'aver voluto mantenere la possibilità offerta agli studenti di adempiere all'obbligo di istruzione fino a 16 anni, anche attraverso la frequenza dei percorsi triennali di istruzione e formazione, introdotti dalla Moratti, e per i quali auspichiamo una stabilizzazione e una diffusione in tutto il territorio nazionale. Allo stesso modo, giudichiamo positivamente la linea, non solo teorica, di maggiore severità che ha deciso di intraprendere, sia nei confronti degli studenti, sia nei confronti dei docenti.
Non possiamo, però, non stigmatizzare l'incongrua distanza tra l'immagine, più volte pubblicizzata, di un ministro attento ai tempi e alle necessità della scuola ed il caotico avvio dell'anno scolastico a causa delle tante cattedre ancora scoperte per i ritardi nelle operazioni di nomina in diverse regioni, evidenziati persino sulla stampa e che, in realtà metropolitane, come quella di Roma, assumono quest'anno dimensioni allarmanti.
Si tratta di ritardi che determinano orario ridotto delle lezioni e discontinuità didattica per i ragazzi, nonché un danno per numerosissimi supplenti che non potranno percepire lo stipendio dal mese di settembre e, forse - temo - neanche da ottobre.
Ministro Fioroni, come riportato da alcuni organi di stampa (Il Messaggero, 13 settembre 2007), in una scuola romana dove ha inaugurato l'anno scolastico, a coloro che chiedevano quando sarebbe finito il caos delle nomine, lei ha risposto che entro una settimana tutte le classi delle scuole romane avrebbero avuto i loro insegnanti.
Ministro, non aveva forse ragione Oscar Wilde, quando affermava che «non esistono domande imbarazzanti, bensì risposte imbarazzanti»?
ERRATA CORRIGE
Nel resoconto stenografico del 27 settembre 2007, a pagina 87, nel contingentamento dei tempi di esame della nota di aggiornamento al documento di programmazione economico-finanziaria:
nella riga «Tempo complessivo»: le parole «4 ore e 40 minuti» si intendono sostituite dalle seguenti: «4 ore e 5 minuti»;
nella colonna «Totale», alla prima riga, sostituire le parole «55 minuti» con «30 minuti» ed alla seconda riga, sostituire le parole «40 minuti» con «30 minuti»;
all'ultima riga della medesima pagina, dopo le parole: «un totale sempre di 2 ore e 20 minuti» aggiungere le seguenti: «, fino ad un tempo massimo pari a 30 minuti per ciascun gruppo).».