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Discussione del disegno di legge: S. 1013 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche (Approvato dal Senato) (A.C. 1838) (ore 21,35).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1838)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Gambescia, ha facoltà di svolgere la relazione.
PAOLO GAMBESCIA, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il testo che discutiamo oggi in aula è esattamente quello che è stato approvato dal Senato il 18 ottobre 2006.
È un testo che non ha subito modifiche anche dopo l'esame della Commissione giustizia della Camera; motivo per cui esso è rimasto identico a se stesso e ciò potrebbe indurci a positive aspettative. In ogni caso, signor Presidente, le cose non stanno come appaiono e come relatore ho il dovere di rappresentare i termini della discussione che si è svolta in Commissione giustizia, poiché da essa discendono alcune considerazioni che al termine del mio intervento sottoporrò all'Assemblea costituendo patrimonio comune di tutta la Commissione.
Il disegno di legge al nostro esame - approvato dal Senato e da noi esaminato in Commissione - nasce da un decreto-legge che doveva porre con urgenza una sorta di freno nei confronti di un pericolo che veniva considerato da tutte le parti come imminente. Mi riferisco alla possibilità che uscissero alcune intercettazioni, o comunque materiale raccolto in modo illegale, e che si alimentasse così una nuova stagione di veleni.
Il decreto-legge è stato presentato poiché da parte della maggioranza e della minoranza, nonché degli organi di stampa e del paese, cresceva la richiesta di un intervento urgente. Questo intervento è stato fatto e si è tramutato in un decreto-legge che è stato esaminato al Senato, il quale ha ritenuto di apportare alcune modifiche al testo del Governo. Le modifiche, ad avviso della Commissione - pur con diverse motivazioni, ma in modo sostanzialmente unanime -, sono state ritenute non solo peggiorative rispetto al testo Pag. 90del Governo, ma anche emendabili sotto l'aspetto tecnico.
Alcune delle modifiche apportate al Senato, secondo molti dei componenti la Commissione giustizia, presentano dei pericolosi vuoti. Esse aprono possibilità d'intervento da parte degli inquirenti e della magistratura che possono creare situazioni complesse, alle quali la formulazione della legge non sembra, almeno ad avviso di molti dei membri della Commissione, poter mettere riparo.
In altri termini, dalla discussione che vi è stata in Commissione giustizia è emersa la convinzione che quello che doveva essere un provvedimento per impedire la possibilità che si realizzassero reati e si creasse un inaccettabile clima nel paese era diventato una sorta di pezza non a colore.
Sono stati presentati numerosi emendamenti e nella discussione sono state considerate le motivazioni che avevano dato origine al provvedimento, ma anche le possibilità di intervento che aveva la Camera per migliorarlo; ciò, tenendo presente che sarebbe scaduto il 21 prossimo venturo.
Al Senato si è raggiunta un'unanimità sul testo che poi è arrivato a noi, che partiva proprio dalle considerazioni che avevano dato luogo al decreto-legge e che si era trasformato in un testo condiviso, con una motivazione politica. Un accordo politico che devo dire, francamente, ha retto anche nell'ambito della Commissione giustizia della Camera.
In ogni caso, l'accordo politico si è infranto, ha dovuto fare i conti con i tempi ristretti che la Camera aveva a disposizione per emendare eventualmente il provvedimento e rinviarlo al Senato. Ha dovuto fare i conti con la data di scadenza che, come ricordavo, cade il 21 prossimo venturo; si è così creata una situazione molto strana. Nella quasi totalità, la Commissione riteneva di dover intervenire per migliorare il testo giunto dal Senato, ma proprio in virtù di quell'accordo politico che vi era stato al Senato si è arrivati ad una conclusione diversa. Non tutti hanno votato il testo, vi sono state delle astensioni nella votazione finale, ma si è ritenuto di mantenere, comunque, il testo per evitare che si creasse un vuoto legislativo. Tutto questo perché si è partiti dalla considerazione iniziale secondo cui si necessitava di un provvedimento legislativo che impedisse il verificarsi di una serie di episodi, che si ritenevano possibili - e che si possono ancora ritenere tali -, di inquinamento, termine un po' vago, ma che comprende tutto.
Adesso, in quest'aula, siamo in presenza di una stranissima situazione per cui tutta la Commissione pensa che il testo dovrebbe essere emendato, ma anche che l'accordo politico debba reggere; quindi, alla fine si è accettato di non emendare il testo per evitare un vuoto legislativo.
Che cosa è questo disegno di legge? È una legislazione particolare che interviene su un particolare fenomeno; non stiamo parlando della diffusione di intercettazioni legali, che è altro fenomeno.
Stiamo parlando di intercettazioni o di raccolta di materiale illegale, che può finire nelle mani di terzi, i quali ne possono fare diversi usi, tra cui quello che ha preoccupato tutti i partiti e i gruppi parlamentari, così come l'opinione pubblica, è la pubblicazione di questo materiale. Il disegno di legge al nostro esame interviene sul materiale raccolto e sulla sua pubblicazione. La Commissione ha formulato alcune osservazioni. Vorrei anzitutto ricordare quello che mi pare di poter dire sia uno dei pochi miglioramenti al decreto-legge del Governo: c'è stato un intervento del Senato, che ha introdotto il ruolo del GIP (nella primitiva scrittura del decreto-legge era competente il pubblico ministero) che deve decidere, in un termine fissato dalla legge, sulla distruzione del materiale illegale. Sono poi stati introdotti alcuni cambiamenti del primitivo elaborato del Governo, che intervengono, secondo noi, in modo peggiorativo, rispetto al fenomeno della pubblicazione.
I rilievi che sono stati mossi sono di tre ordini. Il primo è il modo di procedere nell'acquisizione di questi documenti e nella loro distruzione. Ci sono, infatti, una Pag. 91serie di interrogativi che sono stati posti a proposito della procedura da seguire.
Il secondo aspetto riguarda la punizione del «colpevole» della raccolta dei documenti illegali e della loro pubblicazione, con un'evidente contraddizione, perché si uniscono le figure di chi li detiene e chi li pubblica e, inoltre, così sembra almeno dal testo, c'è la possibilità che chi ha raccolto illegalmente quei documenti non rientri nei casi previsti dalla legge come punibile.
Il terzo aspetto è il risarcimento, che introduce una serie di possibilità da parte della magistratura e arriva ad ipotizzare sanzioni che possono mettere in discussione anche la sopravvivenza di testate giornalistiche, ovviamente di quelle che non hanno la forza di resistere ad un risarcimento così cospicuo, come è previsto dalla legge (0,50 euro per ogni copia pubblicata e non venduta).
Pur ritenendo che questo meccanismo non possa reggere alla prova dei fatti, abbiamo concluso che è meglio questo testo, che nessun testo; meglio questo, che assumersi la responsabilità di assistere, nei prossimi giorni, ad una ripresa dello stillicidio dei veleni, alla pubblicazione di altri documenti, intercettazioni, tabulati e quant'altro, raccolti illegalmente. Abbiamo così deciso di lasciare l'elaborato originario, con l'impegno, però, di assumere questo testo, non come base per una rivisitazione, ma per utilizzare le norme che sono previste, con i dovuti cambiamenti, nel provvedimento approvato dal Senato, per inserirlo nel disegno di legge complessivo che è all'esame della stessa Commissione. Si tratta di un disegno di legge che riguarda le intercettazioni nel loro complesso, ovvero tutta la materia delle intercettazioni, della violazione della privacy, e quant'altro.
Signor Presidente, arrivo al problema che le volevo sottoporre. Ci siamo trovati in questa condizione - e non è la prima volta - per due motivi: anzitutto, l'asimmetria della composizione delle due Camere, ove le maggioranze sono diverse. Ci troviamo ad esaminare dei provvedimenti legislativi che, come ha detto anche il ministro, quando è venuto in Commissione, non possono essere rimandati al Senato, perché non ci sono i tempi tecnici per l'esame o per le preoccupazioni dovute alla navette. Il secondo motivo, per il quale ci troviamo spesso nell'impossibilità di qualsiasi intervento migliorativo, è che quando un provvedimento ci arriva dal Senato abbiamo praticamente le mani legate, perché ci viene sempre proposto e riproposto il problema della difficoltà di un secondo esame da parte dell'altra Camera.
Essendo in un sistema bicamerale, almeno fino a quando non sarà cambiata la nostra Costituzione, credo di poter dire a nome di tutta la Commissione che ci sembra francamente assolutamente singolare che un ramo del Parlamento non possa mettere mano ad una norma che viene ritenuta da tutti, in modo bipartisan, migliorabile. Questo non è accettabile.
Concludo, dicendo che mi dispiace molto e voglio ringraziare tutti i componenti della Commissione per come abbiamo svolto il nostro lavoro, perché su un provvedimento così delicato, in Commissione giustizia, come spesso accade, essendo una sede dove si discute in tutta tranquillità, si poteva arrivare ad un testo migliore e condiviso. Problemi che attengono alla difesa della privacy o ai principi dei diritti devono essere affrontati in modo bipartisan, perché non sono patrimoni né della destra né della sinistra. In Commissione ci eravamo riusciti.
Allora mi sembra che sia una occasione - non vorrei usare frasi roboanti, ma voglio dirlo - sprecata per la democrazia, proprio un'occasione sprecata. Abbiamo la possibilità, tutti insieme, di fare un testo migliore, ma perché ci deve essere impedito di fare una legislazione migliore per il nostro paese a causa dei tempi e delle condizioni oggettive determinate da questa diversità di composizione delle due Camere? È un problema che sottopongo alla Presidenza della Camera, perché si faccia interprete di quello che ci sembra veramente uno spreco di quoziente di intelligenza e di democrazia. Detto questo, l'accordo politico Pag. 92ha resistito; pur nelle diversità delle critiche, abbiamo ritenuto di conservare il testo del Senato per evitare che ci fosse un «buco». Questa è l'unica cosa che ci solleva un po' d'animo, per il resto siamo davvero amareggiati (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Lussana, iscritta a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.
Informo che sono iscritti a parlare dieci deputati. Prego, onorevole Palomba.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, nel dire che mi ritrovo completamente nelle parole del relatore, faccio mia la sua amarezza, e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Palomba, il suo è un intervento esemplare (Applausi). La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Pecorella. Ne ha facoltà.
GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, credo si debba dare atto della lealtà da parte del relatore Gambescia nel rappresentare la situazione. Ciò non esclude che mi sembra di vivere in una pièce del teatro dell'assurdo. Siamo tutti d'accordo che questo decreto-legge, così com'è stato scritto, è sbagliato, ma pare che tutti lo vogliano convertire in legge.
Ciò senza considerare il fatto che le leggi possono essere corrette nel tempo, ma per l'intanto, quando entrano in vigore, c'è qualcuno che ne paga il prezzo. A me sembra che i primi ad essere chiamati a pagare il prezzo di questo decreto-legge siano proprio i giornalisti, dei quali l'onorevole Gambescia è un illustre rappresentante.
Accantono la questione se vi fossero o meno le condizioni per adottare un decreto-legge. Ma è anche pericoloso introdurre prassi parlamentari o costituzionali sicuramente non legittime, nel momento in cui si sostiene che il decreto-legge si giustifica perché vi era un vuoto normativo. Credo che, ogni volta che si addotta una legge, lo si fa perché c'è un vuoto normativo. Ma la ragione dell'urgenza è maggiore laddove non c'è un vuoto normativo, bensì una legge sbagliata.
Allora, se dovessimo portare alle conseguenze del teatro dell'assurdo ciò che sta accadendo, dovremmo dire che, domani mattina, bisognerebbe predisporre un decreto-legge per correggere il provvedimento in discussione, visto che siamo tutti d'accordo che quest'ultimo è sbagliato.
Come dicevo, la prima vittima di questo provvedimento è la stampa. Infatti, tra i documenti di cui è prevista la distruzione - e da ciò derivano una serie di altre conseguenze - vi sono quelli formati attraverso la raccolta illegale di informazioni.
Peraltro - non voglio farne una questione linguistica -, si tratta della raccolta illegale di informazioni o della raccolta di informazioni illegali? È molto diverso. Infatti, se ricevo anonimamente un documento, si configura una raccolta di informazioni illegali; se me le procuro, si configura una raccolta illegale di informazioni. Il che, sul piano delle conseguenze giuridiche, cambia molto. Ciò nonostante, introduciamo nel nostro ordinamento una legge che lascia dubbi di questa natura.
Ma quali sono i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni? Spesso sono i dossier giornalistici, che possono essere formati attraverso notizie raccolte da un inquirente o documenti che qualcuno mostra al giornalista. Attenzione: il problema non è la pubblicazione, ma semplicemente la formazione del dossier.Pag. 93
Comincio, allora, a pormi delle domande, su cui il rappresentante del Governo magari saprà darmi delle risposte. Ad esempio, saranno sequestrati gli articoli e, quindi, i giornali che contengono informazioni raccolte illegalmente? Infatti, se dobbiamo distruggerli, dobbiamo anche sequestrarli. Sarebbe la prima volta che, nel nostro paese, si introduce una disposizione che consente il sequestro e la distruzione della stampa.
La seconda domanda è la seguente: se i documenti formati attraverso notizie acquisite illegalmente devono essere distrutti, davvero arriviamo al paradosso che 500 mila copie di un giornale devono essere bruciate in piazza, come si usava fare in regimi assai meno democratici del nostro?
In tal modo, recidiamo alle radici l'attività dell'editore, del giornalista e della stampa. Infatti, come già ricordava correttamente il relatore Gambescia, la pubblicazione di un documento e, quindi, di un giornale contenente notizie raccolte illegalmente, comporta, oltre al risarcimento del danno, una forma di indennizzo di 50 centesimi di euro a copia stampata. Questo significa che la stampa di 500 mila copie e la vendita di 5 mila copie ha, come effetto, il pagamento di 50 centesimi di euro per ciascuna delle copie stampate e non vendute.
Così anche per la televisione: per una televisione che diffonde una notizia che si ritiene frutto di una confidenza - e che, dunque, di per sé, supera il limite dell'acquisizione della notizia che si può comunicare - vi è una forma di riparazione di un milione di euro per ogni notizia data. Se in una trasmissione si diffondono cinque notizie dubbie - e a decidere se sono dubbie è il magistrato, il quale, ovviamente, avrà pure le sue preferenze sui giornali o sulle televisioni, da garantire in misura maggiore o minore - tale trasmissione costerà 5 milioni di euro. Se vogliamo radere al suolo la stampa e le televisioni, ci stiamo riuscendo.
Come ricordava, ancora, il relatore Gambescia, il giornalista che detiene il documento - documento che può avere formato egli stesso e, quindi, il suo dossier - risponde con quattro anni di carcere. Il che porta ad uno straordinario paradosso: egli risponde di quattro anni di carcere se qualcuno, all'interno dei nostri tribunali, ne ha deciso la distruzione. Finché non ne è stata decisa la distruzione, il detenerlo è lecito. Quando, a Vibo Valentia, un pubblico ministero chiederà la distruzione di un documento e la stessa verrà disposta, il giornalista di Torino, ovviamente all'oscuro di tutto, risponderà della detenzione dello stesso con quattro anni di carcere. Se l'interpretazione fosse diversa, ossia se si stabilisse che, in realtà, egli deve esserne a conoscenza, allora questa norma sarebbe assolutamente inutile, a meno che le procure della Repubblica pubblichino dei bandi, stabilendo quali sono i documenti andati distrutti.
Ma vi è, ancora, un altro elemento singolarissimo: se ci si procura un'intercettazione agganciandosi al filo del telefono, si risponde solo a querela di parte. Se, però, si conserva l'intercettazione che è stata in questo modo acquisita, si risponde d'ufficio.
Di fronte a questo quadro (non credo neanche di avere calcato particolarmente la mano) ad un giurista vengono i brividi! Anzi, non ad un giurista, bensì ad una persona di buon senso.
Credo che non possiamo richiamarci al principio pacta sunt servanda, per cui se in Senato c'è stato un accordo, quest'ultimo deve essere osservato necessariamente anche in questo ramo del Parlamento. Ciò per il semplice motivo che il principio costituzionale del bicameralismo non è pacta sunt servanda; altrimenti, questa Camera diventerebbe inutile.
Allora, vi è un'alternativa su cui poi deciderà il gruppo che rappresento al momento del voto: conviene non intervenire oppure approvare un provvedimento sbagliato? Al momento del voto, lo vedremo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cesario. Ne ha facoltà.
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BRUNO CESARIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa discussione, anche se si svolge in tarda serata e dopo una giornata faticosa per tutti quanti in quest'aula, è necessaria ed importante per il nostro paese. Non dobbiamo dimenticare il clima arroventato di qualche mese fa: sembrava che ogni articolo di giornale e ogni televisione parlasse solo di questi accadimenti. Anche tutta l'opinione pubblica chiedeva a gran voce una soluzione che portasse finalmente chiarezza e desse una tranquillità ai cittadini, perché un paese non poteva essere soggiogato da chi deteneva illegalmente certe informazioni e vigilava su tutti i cittadini italiani.
Dal caso Telecom siamo arrivati a questo provvedimento - elaborato anche sulla spinta dell'opinione pubblica - nel quale sicuramente ci sono delle cose che non vanno. Il relatore, che ringrazio per il lavoro svolto, le ha indicate anche in maniera molto sincera, ma l'accordo politico raggiunto al Senato, sottoscritto da tutte le forze politiche, metterebbe in grande difficoltà una discussione in quest'aula. Già è stato detto: noi sappiamo che l'argomento trattato è importante e non bisogna più aspettare; occorre approvare il provvedimento per colmare quel vuoto normativo ormai sotto gli occhi di tutti.
Questo è un provvedimento composto solo da quattro articoli, ma ben sviluppato. Vengono tutelati in maniera forte nel nostro ordinamento la libertà e la segretezza di ogni forma di comunicazione, come previsto dall'articolo 15, primo comma, della Costituzione, per il quale la libertà e la segretezza sono, per ogni forma di corrispondenza e di comunicazione, principi inviolabili. Dobbiamo partire da questo e tenere conto che anche nel testo modificato al Senato, dove sono emerse delle criticità, gli elementi fondamentali sono volti a sanzionare gli atti detenuti illegalmente. La sanzione, anche se pesante, come diceva il relatore - da quattro mesi a quattro anni, come prevede l'articolo 3; poi l'articolo 4 prevede una forma di riparazione onerosa -, era l'unica possibilità, l'unico strumento, per far capire che non si scherza più e che la tutela della libertà e della dignità delle persone deve essere garantita dal nostro Stato.
Quindi, noi vogliamo dare subito una risposta. Ringrazio il ministro Mastella, il presidente della Commissione, onorevole Pisicchio, e l'onorevole Maran, che è il nostro capogruppo, per la tempestività e anche per la volontà decisa di approvare questo decreto. Abbiamo bisogno che in quest'aula, anche se siamo tutti stanchi, si svolga nei prossimi giorni una discussione - già esiste una calendarizzazione in base alla quale si lavorerà - che porti all'approvazione rapida di questo decreto, perché, al di là delle imperfezioni che ci sono, la risoluzione delle gravi questioni affrontate dal provvedimento non può più aspettare.
In Commissione sono stati ritirati emendamenti da più forze politiche, non da Forza Italia, ma penso che, considerati la preparazione e il buonsenso dell'onorevole Pecorella, nel corso del dibattito vi sarà il ritiro anche degli emendamenti di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Consolo.
GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghi, gli interventi che ho ascoltato finora si sono svolti in un clima che non tiene conto che sono le 22 e passa di sera e abbiamo sulle spalle una lunga giornata. I colleghi, che avevano assicurato di parlare in modo assai sintetico, in realtà si sono dilungati per dire qualcosa che nelle aule parlamentari si è sentito poco: nessuno è d'accordo sul contenuto di questo decreto, ma tutti lo votiamo. Bene, Alleanza Nazionale è d'accordo sul contenuto del decreto. Può essere migliorato? Certo che può essere migliorato; tutto è perfettibile - in questo caso, c'è qualcosa forse ancora più di perfettibile, ci sono delle lacune -, ma ci rendiamo conto che stiamo parlando di intercettazioni illegali? Ci rendiamo conto che stiamo parlando di un frutto avvelenato, Pag. 95in relazione al quale invocare l'articolo 21 della Costituzione mi sembra veramente sacrilego? Votiamo questo decreto non solo perché c'è un patto politico (anche perché il patto politico è stato raggiunto dopo avere esaminato il decreto). Se il decreto fosse stato così ignobile, come poi tutti, ad iniziare dal relatore, ci hanno spiegato, noi non avremmo sottoscritto il patto (ancorché di scritto non ci sia nulla).
Quindi, Alleanza Nazionale voterà con convinzione il decreto. Questo non significa che Alleanza Nazionale sia sorda, cieca e insensibile, come poi ben dirà l'onorevole Bongiorno quando svolgerà la sua dichiarazione di voto sul provvedimento (quando sarà calendarizzato, esame del disegno di legge finanziaria permettendo).
A questo punto, confermo - sono realmente sintetico - il voto favorevole del mio gruppo, anche a livello personale. Forse sarò poco giurista, probabilmente è così, ma forse ho la sensibilità di comprendere che un testo abbastanza buono è molto meglio di un vuoto normativo. L'ho già detto in Commissione e lo ripeto qui: il meglio è nemico del bene. Con la scusa di avere un testo sempre migliore buttiamo alle ortiche quello che rappresenta comunque un primo passo? Non è questo il modo di procedere!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Crapolicchio. Ne ha facoltà.
SILVIO CRAPOLICCHIO. Signor Presidente, onorevoli deputati, come noto, il Senato della Repubblica, in data 18 ottobre 2006, ha approvato, apportando talune modificazioni al decreto-legge, il disegno di legge presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto col ministro dell'interno e con il ministro della giustizia, per la conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche. Preliminarmente, intervenendo in questa discussione, non si può fare a meno di evidenziare come il gruppo parlamentare rappresentato in questo momento dal sottoscritto ritenga opportuno che sulla complessa e assai delicata materia in questione si intervenga in modo sistematico, regolamentandone tutti gli aspetti sostanziali e processuali, prescindendo dall'iniziativa parlamentare della successiva disciplina giuridica e dalla considerazione di casi concreti e specifici, per fornire finalmente il paese di una normazione organica sul punto.
Sulla base di tale premessa, è dunque evidente che il disegno di legge di conversione oggetto della presente discussione parlamentare debba chiaramente rappresentare un punto di partenza per un più attento, ponderato e approfondito intervento legislativo sulla materia delle intercettazioni telefoniche, divenuta nell'ultimo periodo questione di assoluta attualità e pertanto di prioritario interesse per il Parlamento italiano. Ciò considerato, vi è comunque da osservare come la conversione in legge del decreto-legge n. 259 del 2006 rappresenti un fatto positivo per la civiltà giuridica del nostro paese, che il gruppo parlamentare dei Comunisti italiani, pur con le riserve di cui sopra, sente pertanto di condividere negli aspetti di sostanziale e maggiore rilevanza.
In particolare, è infatti evidente che, con l'approvazione del disegno di legge oggetto di questo dibattito parlamentare, che deve rimanere - si ripete - scevro da influenze derivanti dai noti casi di attualità, si vogliono tutelare i valori costituzionalmente garantiti alla persona in quanto tale, in ogni suo aspetto e in tutte le sue variegate sfaccettature, quali i diritti alla riservatezza, alla dignità e al decoro, che debbono essere riconosciuti ad ogni individuo.
Si vuole altresì tutelare il diritto ad un'effettiva presunzione di innocenza del soggetto eventualmente coinvolto in indagini derivanti da un procedimento penale. Ancorché di fatto il pieno rispetto di tali diritti possa in qualche caso potenzialmente confliggere con altri diritti di rilievo costituzionale, quale il diritto di cronaca con qualsiasi mezzo all'uopo disponibile, è tuttavia indubbio che i diritti fondamentali Pag. 96della persona debbano essere preminenti nella disciplina che il legislatore si accinge a fornire alla complessa materia delle intercettazioni telefoniche. Allora, è senz'altro da condividere l'astratta finalità perseguita dal legislatore di impedire che documenti anonimi e i dati relativi ad intercettazioni illegali possano essere acquisiti od utilizzati nel contesto di un procedimento penale o comunque arbitrariamente diffusi da organi di stampa, radiotelevisivi e telematici.
Rappresenta infatti un fine assoluto per il nostro ordinamento che dichiarazioni o elementi di prova eventualmente ottenuti in modo illegale, ovvero attraverso intercettazioni illegali, non possano essere utilizzati in danno dei soggetti a carico dei quali da tali intercettazioni emergano presunte responsabilità penali. Diversamente, ovvero non impedendo quanto sopra, sarebbe come consentire di utilizzare le dichiarazioni rese con costrizione da un soggetto sottoposto a tortura, fino a giungere di pensare che qualsiasi mezzo inquisitorio, anche illecito e violativo dei nostri cardini costituzionali, possa essere utilizzato per ottenere un adeguato sostegno all'imputazione mossa nel corso di un procedimento penale.
Va allora da sé che, di fronte alla necessità di perseguire un fine di assoluto rilievo, quale quello che si intende conseguire con la conversione in legge del decreto-legge n. 259 del 2006, non si possa che essere favorevoli all'approvazione del relativo disegno di legge di conversione. Tra l'altro, al di là delle finalità di ordine generale, sembra opportuno soffermarsi brevemente sull'innovazione apportata dal Senato della Repubblica, rispetto all'originario decreto-legge presentato dal Governo, nella parte in cui è stato previsto che il procedimento di distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni e comunicazioni relative a traffico telefonico e telematico illegalmente formati o acquisiti si sostanzi in una fase giurisdizionale, che preveda l'intervento, su sollecitazione del pubblico ministero, del giudice per le indagini preliminari e di tutte le parti interessate, queste ultime eventualmente assistite da un proprio difensore di fiducia.
Detta innovazione appare senza dubbio positiva, proprio perché volta a vincolare il procedimento di distruzione di atti illeciti ad un controllo giurisdizionale caratterizzato dalla sussistenza di tutte le garanzie all'uopo previste dall'ordinamento e da svolgersi comunque nel pieno contraddittorio delle parti. Su tale procedimento sarà comunque opportuno apportare alcune modificazioni, al fine di renderlo più coerente.
Invece, tralasciando in questa sede le nuove figure di reato introdotte dal decreto-legge in questione, che tuttavia appaiono assai rilevanti, appare da rivedere la previsione di un sistema di quantificazione della riparazione pecuniaria spettante al danneggiato, eventualmente in concorso con l'azione risarcitoria, in caso di illecita pubblicazione con il mezzo della stampa, della radio, della televisione o col mezzo telematico, degli atti o dei documenti illegalmente acquisiti e utilizzati. Inoltre, sembrano di scarso rilievo talune altre modificazioni meramente formali e prive di reale fondamento, apportate dal Senato della Repubblica al decreto-legge presentato dal Governo. Si veda, a tale proposito, l'aggiunta della parola «consapevolmente» al testo dell'articolo 3 del decreto-legge, che pur non apportando alcun elemento di sostanziale rilevanza alla fattispecie di reato prevista, pare tuttavia rendere davvero gravosa la prova giudiziale dell'elemento soggettivo, sotteso alla fattispecie della stessa.
Tirando le fila del discorso, pur con le riserve mosse in sede di valutazioni preliminari, sembra allora di potersi concludere nel senso che il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 259 del 2006, oggetto del presente dibattito parlamentare, nella propria rilevante finalità generale, consistente cioè nella necessità di arginare un fenomeno illecito, disdicevole e gravemente lesivo della complessiva civiltà giuridica espressa dal nostro ordinamento giuridico, in attesa di una riforma Pag. 97organica e ponderata della materia, possa essere condiviso (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Balducci. Ne ha facoltà.
PAOLA BALDUCCI. Nel formulare il giudizio positivo, che esprimiamo con molta sofferenza, per quanto riguarda la conversione in legge di questo decreto-legge, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche, voglio anch'io rappresentare, anche personalmente, il disagio che tutti quanti abbiamo avuto in sede di Commissione, dove si è aperta quella crisi, che spesso vi è tra il discorso della politica e il discorso degli addetti ai lavori - come siamo noi, come è il professor Pecorella e come lo sono gli amici che si occupano in senso stretto di diritto -, che è quello della formulazione tecnica delle disposizioni normative.
La ricerca della soluzione ci ha portato tutti ad una decisione molto sofferta, e ritengo non sia il caso, anche vista l'ora tarda, di ripetere le osservazioni che, devo dire con il cuore, con tanta sofferenza e con tanta chiarezza ha espresso il nostro relatore e che noi veramente facciamo nostre. Ciò che voglio resti agli atti di questa discussione, che si svolge in un'ora tarda, dopo questi giorni che abbiamo passato a parlare di finanziaria, è che, nonostante il titolo del provvedimento rechi «disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche», per la prima volta si è avuto il coraggio di affrontare il tema. Io ho fatto parte anni fa della commissione di riforma del codice di procedura penale e della commissione presieduta da Giovanni Conso per l'attuazione delle norme del codice di procedura penale, ma anche all'epoca nessuno ha mai avuto il coraggio di affrontare il tema delle intercettazioni. Come se questo rapporto tra autorità e libertà, come se questo articolo 15 della Costituzione - che ricordo a tutti noi prevede una riserva rafforzata, perché non è soltanto una riserva di legge, ma è anche una riserva di giurisdizione; è una riserva maggiore addirittura di quella che riguarda la libertà personale - e l'articolo 14 della Costituzione non si dovessero trattare, come se fossero un tabù.
L'elemento positivo che risulta da questo dibattito anche sofferto nella nostra Commissione è che si è avuto finalmente il coraggio - quindi dobbiamo darne anche atto al ministro Mastella - di affrontare un tema che va oltre le intercettazioni telefoniche illegittimamente acquisite; peraltro, quando parliamo di illegittimo parliamo dell'illegittimità che concerne il codice di procedura penale e del principio di tassatività che concerne i casi in cui è possibile l'intercettazione. Qui dunque siamo andati oltre. Qui parliamo di attività di interferenza nella vita privata, compiuta in modo criminale, da non intendere nel senso che usiamo noi giuristi, ma in senso di illecito, cioè al di fuori non solo delle regole del codice di procedura penale, ma anche al di fuori dei divieti assoluti in tema di prova previsti dal legislatore.
Le osservazioni, che abbiamo fatto tutti, le conosciamo. Noi Verdi sollevammo all'inizio un problema: ci pareva un po' troppo riduttivo il fatto che fosse il pubblico ministero a valutare se i dossier fossero illeciti o meno e ritenevamo che ci volesse invece la presenza e l'intervento del giudice per le indagini preliminari, come organo terzo ed imparziale garante. Siamo assolutamente scontenti del fatto che il procedimento camerale interviene immediatamente dopo l'acquisizione dell'atto o del materiale supposto illecito. Credo sarebbe stato più opportuno individuare una fase di incidente probatorio possibilmente alla fine delle indagini.
Un'altra osservazione, che io reputo importante, oltre a quelle egregiamente svolte dall'onorevole Pecorella e dall'onorevole Gambescia in tema di tutela del giornalista, che poi diventa l'elemento più debole di tutto questo complesso meccanismo, è il seguente. Noi parliamo di intercettazioni illecite e illegittime, ma in realtà delle intercettazioni ambientali, quelle che normalmente vengono usate da chi si occupa in maniera abusiva della vita Pag. 98privata altrui, non c'è traccia né nel decreto originario, né nella conversione operata dal Senato.
Credo che questo vuoto normativo sia assolutamente da colmare, perché quando noi parliamo di dossier illeciti e quant'altro non sono sicuramente le intercettazioni telefoniche che vengono in considerazione, ma l'uso e l'abuso dell'intercettazione ambientale, specialmente quando questa intercettazione viene utilizzata da soggetti estranei al pianeta giustizia, per fini specifici, economici e particolari.
Arrivo alle conclusioni. Il tema delle intercettazioni è proprio una cartina di tornasole, perché riguarda il rapporto tra autorità e libertà. Lo abbiamo vissuto da sempre: più l'intercettazione viene tutelata, più il principio d'autorità prevale.
Ricordo che la mia tesi di laurea fu incentrata su un libro che Giuliano Amato scrisse in materia di rapporto tra autorità e libertà, di cui, purtroppo, molti di noi si sono dimenticati. Si tratta di temi importanti e urgenti. Tutti noi abbiamo espresso critiche tecniche, senza diversità di opinione, sui vari punti che riguardano il testo del decreto-legge che deve essere convertito. Alla fine, però, la scelta politica grazie alla quale, finalmente, per la prima volta nella storia, si pone mano al problema e si cerca di chiudere quest'epoca di veleni, in cui i dossier distruggono le vite umane dei diretti interessati ed anche delle loro famiglie, oltre al diritto al lavoro e a quant'altro, credo che costituisca un passo importante.
Aggiungo un'ultima considerazione riguardo a una esigenza che già abbiamo evidenziato al presidente Pisicchio. Non è la prima volta - credo sia la seconda o la terza volta - che, a seguito di un'urgenza determinatasi a causa dello scarso tempismo con cui il Senato ha trasmesso alla Camera i testi riformulati, questo ramo del Parlamento si trova costretto ad adottare decisioni che non sono assolutamente coerenti con quello che si vorrebbe fare. Rivolgo un invito al presidente della Commissione Giustizia e al Presidente della Camera affinché si cerchi, per il futuro, di creare un migliore coordinamento tra Camera e Senato. In tal modo, si potrà superare un periodo di veleni e si potrà procedere, finalmente, alle vere riforme del pianeta giustizia che il cittadino attende da tanto tempo. Il cittadino aspetta una giustizia che sia uguale per tutti e non una giustizia di serie A e di serie B.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Capotosti. Ne ha facoltà.
GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, voglio ringraziare, innanzitutto, il relatore, il presidente della Commissione giustizia e tutti i componenti della medesima Commissione per il lavoro svolto. Questa sera ci troviamo ad affrontare un dibattito che richiederebbe un tempo più ampio, probabilmente, rispetto a quello che ci siamo concessi perché investe tematiche di primaria importanza.
È necessario, tuttavia, svolgere una premessa; è necessario partire - come bene ha detto il collega che mi ha preceduto - dal male originario. Fino a poco tempo fa, non sapevamo che quasi 20 milioni di italiani - quindi, un terzo della nazione - è stato illegittimamente spiato, intercettato, visto, seguito, tracciato: scegliete pure il verbo che preferite. Rimane un aspetto sconcertante. Infatti, ci troviamo dinanzi a un fenomeno che è non solo di «guardonismo» - e questo potrebbe suscitare una certa ilarità - ma che fa pensare a una vera e propria attività eversiva. Allora, esiste un male originario, quello consistente nel non sapere ancora chi, come e perché, cioè chi siano stati effettivamente i mandanti, come siano potuti accadere i fatti su cui dibattiamo e quali ne siano state le finalità, se avessero, cioè, uno scopo di ricatto o di controllo o se si sia trattato di un tentativo di indebita invasione della vita politica e delle scelte degli organi supremi. A tutto ciò si sposa una sensibilità diffusa, cioè la paura, il timore che ha allignato nella classe politica per oltre un quindicennio. Effettuare intercettazioni vuol dire invadere sfere di altri poteri, ledere prerogative della giurisdizione? Questi credo siano i due aspetti principali della vicenda: da un lato, una indebita Pag. 99e illegittima invasione della sfera privata, quindi una lesione di diritti, costituzionalmente garantiti, di primaria importanza, come il diritto alla riservatezza, il diritto alla privacy e il diritto, in assoluto, alla vita privata; dall'altro lato, l'incapacità, per lungo tempo, della classe politica di dare una risposta a questo fenomeno, fino ad arrivare ad una situazione di emergenza, decisamente avvertita come tale dalla stragrande maggioranza degli attori istituzionali e, direi della popolazione.
Desidero ringraziare anche il ministro Mastella e il Governo per aver concepito un decreto-legge fondato su due aspetti essenziali. Il primo è quello dell'estensione del trattamento previsto per i documenti anonimi (articolo 240 del codice di procedura penale) a quelli relativi alle intercettazioni dei dati ricavati dal traffico telefonico illecitamente acquisiti. Si tratta della applicazione di un principio penalistico di antichissima memoria secondo cui, laddove non vi è paternità, tutto ciò che viene detto non può essere usato né come notitia criminis, né a fini investigativi, neanche latamente. Il secondo aspetto, conseguenzialmente, è quello consistente nella opportuna previsione dell'obbligo di distruzione, da parte dell'autorità giudiziaria, di tutte le informazioni illecitamente acquisite o illegalmente detenute.
Presso il Senato è avvenuto un passaggio di perfezionamento, come è stato ricordato, ed è stata disegnata una disciplina più ampia e, forse, più invasiva, in alcune previsioni. In verità, è difficile formulare un giudizio. Io credo che un testo del genere, che prevede l'introduzione nell'ordinamento di una nuova fattispecie di reato consistente nella illecita detenzione di atti e di documenti, l'individuazione di una nuova forma di indennizzo, l'immediata distruzione, la possibilità di una tutela anticipatoria in sede cautelare e la non invasività delle prerogative del garante della privacy, sia piuttosto ampio, piuttosto corposo. Certamente non è il testo perfetto ed è anche difficile dire quale sia il testo perfetto. Sono un modesto giurista, però non ho mai studiato, non ho mai incontrato nel mio percorso accademico la definizione di testo perfetto, di legge meravigliosa o indiscutibile. Anzi, ricordo che le lezioni tenute da giuristi che ho incontrato di nuovo in queste aule erano sistematicamente critiche verso talune o talaltre interpretazioni.
Ritengo opportuno fare riferimento al parere del Consiglio superiore della magistratura in materia, secondo cui è opportuno non consentire dell'intercettazione illegale alcun uso né come notitia criminis, né ai fini latu senso investigativi. D'altro canto, questo uso non è opportuno in quanto sono di mera rilevanza costituzionale la tutela della libertà e della segretezza delle comunicazioni, il diritto alla riservatezza e anche la effettività del ruolo della giurisdizione. Il Consiglio superiore della magistratura, quindi, richiamandosi all'effettività del ruolo della giurisdizione, in qualche modo evidenzia un fenomeno definito di vuoto normativo. Lo stesso Consiglio superiore della magistratura parla della necessità, manifestatasi in modo forte ed eccezionale, di adottare misure a tutela della legalità nelle specifico settore. Quindi, mettiamo insieme gli elementi della decretazione d'urgenza, una disciplina che, quanto meno, fa sistema intorno alle situazioni base e una serie di previsioni di sviluppo e di modifica che si sono articolate al Senato.
Al riguardo, si potrebbe aprire un altro tema, quello del bicameralismo perfetto o imperfetto. Io penso che sarebbe opportuno parlare di bicameralismo intelligente. Personalmente, non condivido la necessità che il ministro della giustizia si rechi, un giorno, al Senato, per riferire sulle risultanze dell'indulto e, il giorno seguente, alla Camera per riferire un numero corretto, solo perché un soggetto ha sbagliato la lettura di quel numero, scritto su un foglio. Non ritengo condivisibile definire tutto questo come una applicazione del bicameralismo perfetto.
Penso che oggi si fornisca una risposta ad una situazione di emergenza che è tale Pag. 100perché la classe politica non è stata capace negli anni passati di rispondere a questa situazione, che è degenerata.
Ringrazio tutti coloro che si sono assunti la responsabilità di una scelta così difficile. Certamente, sarò tra i primi ad impegnarmi, già dalla prossima settimana, nella definizione di una disciplina più organica, più compiuta, più precisa. Ritengo che questo possa essere il modo migliore di assolvere al mandato parlamentare (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Daniele Farina. Ne ha facoltà.
DANIELE FARINA. Signor Presidente, ringrazio tutti i colleghi - a cominciare dal relatore e dal presidente della Commissione - che ci hanno accompagnato in questo percorso.
Non ho le certezze granitiche dell'onorevole Consolo e non sono neanche affetto da un certo feticismo della parola; pertanto, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Daniele Farina, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Laurini. Ne ha facoltà.
Per caso, anche lei, onorevole Laurini, ha un testo scritto da consegnarci...?
GIANCARLO LAURINI. Purtroppo, Presidente, non ho un testo scritto, ma sarò assolutamente telegrafico; d'altro canto, a quest'ora e in un'aula vuota, non si può che esserlo!
Vorrei svolgere due osservazioni. Una di carattere generale in ordine al fatto che è veramente e profondamente triste, dopo aver discusso a lungo in Commissione di una problematica che doveva essere risolta con assoluta urgenza, altrimenti ulteriori danni sarebbero derivati, trovarsi qui a discutere di un provvedimento per il quale nessuno di noi ha particolare entusiasmo; infatti, tutti ne riconosciamo l'insufficienza per risolvere il problema in oggetto.
L'altra osservazione, che ha carattere di merito, riguarda l'articolo 4, che rappresenta un esempio di come, a mio avviso, si dimostri sempre estremamente attuale il problema del cosiddetto drafting legislativo, la necessità cioè di predisporre le leggi in modo tale che siano chiare, intellegibili e inequivocabili dal punto di vista interpretativo.
Nel comma 1 dell'articolo 4 si introduce il principio della possibilità della riparazione, vale a dire di una liquidazione forfettaria dell'offesa, che è cosa diversa dal risarcimento del danno previsto nell'ultimo comma. Tuttavia, poi, non si comprende perché al soggetto cui venga riconosciuto il danno si debba imputare quello che ha ricevuto già a titolo di riparazione. Se le causali sono diverse, se la ratio della riparazione forfettaria non è quella di risarcire il danno, non vedo perché quest'ultimo debba essere imputato al risarcimento stesso. Questa è una delle perle che ho voluto sottolineare. Purtroppo siamo qui senza entusiasmo, a fine giornata, ad esaminare un provvedimento un po' pasticciato la cui sorte conosceremo presto.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1838)
PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore rinuncia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, che penso voglia approfittare dell'ampio dibattito che si svolgerà nel prosieguo dei lavori...
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Sì, Presidente, rinunzio alla replica.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
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