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Si riprende la discussione.
(Dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulle risoluzioni presentate.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capotosti. Ne ha facoltà.
GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, signor ministro, facendo seguito all'intervento da me svolto stamani nella discussione sulle comunicazione del ministro di giustizia, il gruppo dei Popolari-Udeur dichiara il voto favorevole sulla risoluzione della maggioranza. Vale però la pena approfondire due o tre argomenti che stamani non è stato possibile affrontare, per via del contingentamento dei tempi. In particolare, vorrei riferirmi al tema del livello di garanzia.
Come ho già rilevato questa mattina, c'è una tendenza nella giurisdizione italiana ad aumentare e ad intendere il livello delle garanzie sempre (e sempre di più) al punto massimo. Questa tendenza, che ha una radice costituzionale ed un senso evidentemente di rilievo assoluto in materia di giustizia penale, non può essere intesa allo stesso modo, laddove ci troviamo dinanzi a fenomeni di tecnica squisitamente processualista, seppur in materia penale; tale tendenza deve infatti essere intesa in un'accezione diversa evidentemente in sede civile, o quanto meno nei processi civili, dove si tratta di questioni squisitamente patrimoniali. Vale dunque la pena sottolineare che le proposte di modifica al rito civile, ad esempio l'introduzione di procedimenti sommari che siano anche definitivi (quindi non più sommari), a rito differenziato, che possano dare una risposta semplificata e più immediata nel tempo, possono contribuire grandemente a risolvere le questioni controverse in tempi più accettabili.
In tema di processo telematico, è da svariati anni che si parla di notifiche e di comunicazioni inter partes - sempre, almeno, nel processo civile - mediante lo strumento elettronico. Poiché questa procedura ha avuto una sperimentazione nel rito societario, è opportuno e giusto che il tipo di procedura possa essere estesa all'intero procedimento civile. Per concepire un procedimento civile della durata di due anni in primo grado e di altri due anni in secondo grado è possibile immaginare tutta la parte introduttiva del rito come affidata esclusivamente alle parti e semplificata nei tempi e nelle modalità di comunicazione. L'esempio di Milano ci fa ben sperare. Auspichiamo che tutti i tribunali Pag. 40d'Italia, quanto prima, possano essere messi in condizione di operare con le stesse modalità.
Allo stesso tempo vale la pena affrontare il tema dell'ammodernamento possibile, della revisione in chiave di modernità per quanto attiene l'ordinamento giudiziario. Mi riferisco alle modalità di accesso alla carriera di magistrato, alla separazione delle funzioni e alla previsione di incompatibilità distrettuale. Questi sono elementi possibili e sostenibili che, nella fase storica che ci troviamo a vivere, realizzano un principio di ammodernamento su un tema sentito, quello della non coincidenza fisica del magistrato giudicante rispetto alla controparte processuale. Sono le uniche possibilità, attuali e concrete, che abbiamo per dare una risposta ai cittadini, che aspettano da lunghi anni di poter svolgere una lite con le stesse tempistiche che esistono negli altri paesi europei. Si può fare anche un'analisi politica dei diritti presenti a tutt'oggi (nell'ambito civile contiamo qualcosa come trentaquattro procedimenti). È vero che, inevitabilmente, la diversa provvista di disponibilità finanziaria incide sulla qualità della difesa, sulla possibilità di accedere a riti diversi, più celeri, che vanno a tutelare beni patrimoniali di rilievo tradizionale (ad esempio, mi riferisco all'aver concepito riti più celeri a garanzia della proprietà, alla possibilità di accedere ad una giustizia privata, che mi vede favorevole per alcune materie, rivolgendosi ad un collegio arbitrale). Sono tratti che possono essere interpretati male dal cittadino comune, il quale può pensare che esistano dei riti più veloci, per tutelare i beni patrimoniali di rilievo, riservati a coloro che hanno una provvista finanziaria di livello, rispetto alla situazione normale.
Allora, credo che su questo si possa raggiungere l'obiettivo di ottenere un'uniformità nella tempistica e nelle garanzie, tagliando - come ha detto il ministro stamane - pesantemente le indebite presenze di garanzia in tecnicismi strettamente processuali, che ormai segnano una datazione temporale e risultano assolutamente incomprensibili alla maggioranza. Inoltre, spesso mettono gli stessi avvocati - categoria alla quale mi pregio e mi onoro di appartenere - in condizioni difficili, quando devono spiegare ai propri clienti quali sono le tempistiche, le modalità, le problematiche che fanno sì che, per avere giustizia, bisogna attendere tre, cinque, nove anni e spesso è necessario arrivare ad una transazione di compromesso che non soddisfa nessuno, ma che, di fatto, è l'unico modo possibile per chiudere una lite in modo definitivo.
Mi avvio alla conclusione del mio breve intervento giacché abbiamo svolto un'ampia discussione, che tiene conto dei possibili elementi positivi presenti all'interno del progetto ed anche dei rilievi critici. Questo non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza che, comunque, fa seguito a procedimenti a cui abbiamo dato corso tutti insieme (mi riferisco all'indulto, alla sospensione e modifica dell'ordinamento giudiziario). Quindi, a breve avremo sicuramente un testo normativo esaustivo, che interviene sull'ordinamento giudiziario, sulla giustizia minorile, sul problema della celerità dei processi, sulla revisione del procedimento civile e penale, sulla revisione dell'intero impianto della pena, oggi che, oggettivamente, è possibile avviare un percorso di rieducazione e di recupero all'interno della struttura carceraria.
In conclusione, ringrazio ancora il ministro per l'ampio contributo dato questa mattina alla discussione, ringrazio i colleghi che sono intervenuti perché hanno fornito tutti un prezioso contributo di opinioni e ribadisco l'espressione di un voto favorevole da parte del gruppo dei Popolari-Udeur.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Crapolicchio. Ne ha facoltà.
SILVIO CRAPOLICCHIO. Signor Presidente, onorevoli deputati, richiamando quanto già esposto questa mattina in sede di discussione, il sottoscritto, intervenendo in rappresentanza del gruppo parlamentare dei Comunisti italiani, non può che Pag. 41ribadire come le linee programmatiche esposte dal ministro della giustizia siano ampiamente condivisibili.
Concordiamo sulla necessità di approvare nei tempi prestabiliti la riforma dell'ordinamento giudiziario, per renderlo organico ed efficiente a fronte del ruolo che lo stesso deve necessariamente rivestire. In tal senso, in ossequio alle menzionate finalità di riforma, auspichiamo dunque che a tale fondamentale ambito vengano destinate adeguate risorse e che, in ogni caso, si proceda con interventi di ampio respiro, come osservato in occasione della discussione sulle comunicazioni del ministro.
In ordine alla riforma del processo civile, riteniamo che la stessa sia assai opportuna, senza tuttavia dimenticare anche quella concernente le controversie del lavoro. È chiaro che le misure di semplificazione ed accelerazione, come l'udienza di programma oppure l'eliminazione di mere udienze di rinvio, potranno consentire in tempi ragionevoli un giusto processo, impedendo altresì le odiose condanne della Corte di giustizia che sono la vergogna di un paese civile.
Temiamo che sarà tuttavia necessario fare molta attenzione alle procedure di stralcio per non rischiare di perdere di vista la certezza del diritto e di vanificare le aspettative di coloro che hanno intrapreso, loro malgrado, la strada giudiziaria.
Per quanto concerne la riforma del processo penale, valutiamo positivamente taluni interventi innovativi già commentati stamani in sede di discussione. Consideriamo pertanto favorevolmente misure di semplificazione ed accelerazione del processo, quali la rivisitazione del regime delle nullità, così come quelle della disciplina della competenza mediante la previsione di rigide preclusioni temporali e dell'immediata ricorribilità in Cassazione.
Appare del tutto opportuna, in modo da scoraggiare impugnazioni meramente dilatorie, la riforma dell'istituto della prescrizione, ancorché debba evidenziare alcune perplessità di natura costituzionale.
Infine, riteniamo opportune le procedure di patteggiamento per i reati coperti dall'indulto, nonché dell'amnistia nei limiti già più volte espressi. È indubbio che tali misure saranno utili nell'immediato, ma temo che non risolveranno il problema dell'arretrato che nasce anche da una legislazione sbagliata ed inadeguata che ha mirato esclusivamente all'inasprimento delle pene, come ad esempio la legge Bossi Fini e la cosiddetta ex Cirielli. In tali ambiti, senza ovviamente dimenticare la vergogna delle leggi ad personam, sarà dunque necessario un intervento volto a modificare radicalmente il diritto sostanziale.
Per tutte le ragioni sopra richiamate, il gruppo parlamentare dei Comunisti italiani esprimerà voto favorevole sulla risoluzione Maran n. 6-00011
(Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, il gruppo della Rosa nel Pugno esprime il proprio sostegno alle comunicazioni e alle iniziative del Governo in materia di giustizia, espresse questa mattina dal ministro Mastella. Nel dare tale giudizio tuttavia vogliamo mantenere ferma l'esigenza di una visione più avanzata del nostro sistema ordinamentale.
Abbiamo appreso che è intenzione del ministro varare quanto prima la proposta di modifica dell'ordinamento per quanto riguarda le parti bloccate in precedenza. Riteniamo utile l'evoluzione del problema della separazione delle carriere e delle funzioni anticipata dal ministro. Come punto di approdo finale, consideriamo la separazione delle carriere come piena realizzazione del giusto processo, accanto alla necessità di fissare termini ragionevoli per quanto riguarda il completamento dell'iter processuale in tutte le sue istanze.
Il principio costituzionale del giusto processo non può avere completa attuazione se non si dà la certezza della terzietà del giudice, che passa attraverso la separazione piena della sua carriera rispetto a quella del pubblico ministero, e se non si Pag. 42dà piena applicazione al principio di parità tra le parti, accusa e difesa. Tale principio non può essere realizzato se il pubblico ministero, cioè l'accusa, è inserito all'interno dell'organizzazione e della carriera del giudice.
Accanto a questi principi fondamentali, quello della ragionevole durata, certamente, è un fondamento irrinunciabile. Non vi è giustizia giusta, se essa non arriva in tempi ragionevoli e se non consente che il processo sia un effettivo strumento di soluzione dei contenziosi.
In questo senso, già nell'intervento di questa mattina, abbiamo richiamato l'attenzione del ministro non soltanto sugli aspetti normativi ed ordinamentali, ma anche sull'esigenza di destinare risorse aggiuntive, affinché il nostro sistema giudiziario affronti, in maniera seria, i problemi della sua organizzazione.
Occorre destinare risorse per potenziare l'organico non solo dei magistrati, ma anche del personale amministrativo (cancellieri, ufficiali giudiziari, addetti ai sistemi informatici), che è quello che, materialmente, fa «camminare» la giustizia. La giustizia non è soltanto decisione e indicazione di contenuti, ma anche realizzazione formale di queste decisioni e di questi contenuti. Sappiamo perfettamente che, in questo caso, è indispensabile l'apporto del personale amministrativo ed è indispensabile avere una logistica (quindi sedi giudiziarie) che consenta un normale funzionamento della giustizia. Oggi, invece, in molte sedi, accade che il processo, sospeso per una mancata notifica o quant'altro, deve essere rinviato per mesi e mesi, perché non vi sono le condizioni per inserirlo nel programma di utilizzo delle aule dei tribunali. Sono problematiche apparentemente superabili, ma, nella sostanza, incidono nella tempistica e nell'azione della giustizia che deve essere condotta.
Emergono inoltre problemi riguardanti le forme. Sappiamo che i magistrati onorari svolgono una grande funzione di supplenza. Non è più possibile procrastinare questa situazione di incertezza che vede l'utilizzo di magistrati che non provengono dalla carriera ordinaria, in una situazione di emergenza che, ormai, continua da troppo tempo, senza avere le caratteristiche qualitative né le garanzie dal punto di vista del trattamento previdenziale dovute a quelle funzioni.
Credo sia necessario affrontare seriamente quest'argomento e fornire una risposta, perché quella della reiterazione delle proroghe, certamente, è una soluzione non adeguata ad un serio problema. Peraltro, occorre tener conto del fatto che, spesso, a questo tipo di magistratura sono affidati compiti importanti che, a mio avviso, devono essere assicurati in maniera più certa e in condizioni generali di garanzia che spesso mancano.
Vorrei aggiungere un'ultima considerazione rispetto al sistema carcerario. Abbiamo approvato (e lei, signor ministro, in questo senso ne è stato protagonista) un provvedimento sicuramente di grande portata, anche doloroso dal punto di vista del rapporto con l'opinione pubblica, spesso malamente informata, ossia quello dell'indulto. Tale provvedimento, almeno dal punto di vista numerico, ha reso la situazione delle carceri italiane accettabile, ma rimane ferma l'esigenza di impegnarsi per un'effettiva realizzazione del nostro sistema detentivo, e non solo; mi riferisco alla finalità rieducativa della pena.
Da questo punto di vista, la situazione è molto carente. Sappiamo che il lavoro ha una grande funzione rieducativa ed il lavoro in carcere è un assoluto privilegio di una minoranza dei detenuti. Il 15 per cento circa della popolazione detenuta può lavorare in carcere. Sappiamo che ciò è un limite sia dal punto di vista rieducativo - lo ribadisco - sia dal punto di vista sociale, perché spesso coloro che sono in carcere hanno alle spalle famiglie che vivono del solo sostentamento del capofamiglia.
Il lavoro non è soltanto rieducazione, ma anche un modo per sottrarre al rischio di un coinvolgimento criminale altri componenti della famiglia o il detenuto stesso che, spesso, si vede offerto da parte della criminalità organizzata un sostegno che la collettività non è in grado di fornire.Pag. 43
Sono questioni su cui sappiamo che lei, signor ministro, è molto sensibile e su cui chiediamo un impegno straordinario, come l'approvazione rapida della proposta di legge a mia firma riguardante le detenute madri. Si tratta di affrontare la capacità dello Stato di rimuovere un'ingiustizia di principio e di sostanza, cioè mantenere in carcere cittadini minori che non abbiano commesso alcun reato ma che, avendo bisogno del genitore, sono legati al destino del genitore detenuto in carcere. La soluzione che abbiamo proposto con il provvedimento sintetizza in maniera adeguata l'esigenza di presenza della madre nella formazione del minore e, allo stesso tempo, esigenze di sicurezza e di tutela della collettività. Manca lo stimolo ad un iter che procede, ormai, stancamente, e verso il quale richiamo la sua personale attenzione.
Con questi auspici e con la speranza che anche la questione di cui ho parlato all'inizio, la separazione delle carriere, trovi un'attenzione maggiore in Parlamento, il gruppo La Rosa nel Pugno, i socialisti ed i radicali, esprimono il loro sostegno alla sua azione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, signor ministro, limiterò il mio intervento ad alcune considerazioni, iniziando da una che mi sembra sia di sfondo, ineludibile, perché non attiene tanto a problemi di funzionalità quanto alla questione dell'assetto costituzionale della magistratura. Dobbiamo capire quale riteniamo che sia e che debba essere l'assetto costituzionale della magistratura. Esso, oggi, è contrassegnato con nettezza dal principio dell'unitarietà della giurisdizione. Ciò si desume con chiarezza dagli articoli 102, 104 e 108 della Costituzione, che estendono anche al pubblico ministero la stessa prerogativa di indipendenza e di autonomia, cioè di inserimento nel governo autonomo, propria del giudice.
Dico ciò perché vi sono disegni, di cui abbiamo sentito qualche eco anche in Assemblea, che tenderebbero ad ottenere la separazione delle carriere dei giudici e dei magistrati. È una questione che desta straordinaria preoccupazione, signor ministro. Si vorrebbe il pubblico ministero separato dal giudice, ma esso lo è già funzionalmente, perché adempiono, all'interno del processo, funzioni diverse. Il giudice è imparziale e terzo; il pubblico ministero è parte nel processo, ma non è parte rispetto ai valori di legalità e di cultura della giurisdizione che devono improntare anche la sua azione. L'unità della giurisdizione è l'attuale assetto costituzionale.
Per sostenere la necessità della separazione, taluni lamentano un'eccessiva predisposizione di alcuni pubblici ministeri a mantenere o ad esibire l'aspetto più direttamente accusatorio. Noi pensiamo una cosa molto semplice, ovvero che, se la carriera del pubblico ministero è separata da quella del giudice, se quindi la carriera requirente è separata da quella giudicante, il problema non si semplificherebbe, ma si aggraverebbe, perché il pubblico ministero verrebbe inesorabilmente schiacciato in una dimensione soltanto accusatoria, che potrebbe esaltare la sua funzione di parte, ma che, certamente, costituirebbe uno svantaggio complessivo per la cultura della legalità. Esso si sentirebbe o verrebbe costretto esclusivamente ad esercitare la funzione dell'accusa all'interno del processo.
Ora, mi pongo una semplice domanda ed è quella domanda che anche lei, signor ministro, si è posto, rispondendo, sabato scorso a Milano, al convegno dell'unione delle camere penali, così importante per la rilevanza che ha avuto e la partecipazione con cui è stato seguito. È interesse degli avvocati, ma, prima ancora, dei cittadini, avere o meno anche un pubblico ministero legato alla legalità e alla cultura della giurisdizione, che è diretta conseguenza dell'attuale impianto costituzionale? Se avessimo un pubblico ministero separato, anche come carriera, dal giudice, temiamo che vi sarebbe una grave riduzione e limitazione dell'applicazione dell'articolo 358 del codice di procedura penale che, Pag. 44tra le funzioni del pubblico ministero, impone anche quella di ricercare le prove a favore dell'imputato e dell'indagato. Se il pubblico ministero deve diventare soltanto un accusatore, che interesse ha a cercare e ad esibire le prove a favore dell'indagato o dell'imputato? La realtà è un'altra, signor ministro, ed è quella che, esattamente, lei ha percepito ed alla quale ha risposto con nettezza di posizione, di cui noi, il gruppo dell'Italia dei Valori, si compiace, anche in questa sede. A parte il fatto che ogni ipotesi di questo genere non è all'ordine del giorno o nell'agenda, perché non è nel programma dell'Unione, c'è un punto più rilevante e delicato: la separazione delle carriere viene utilizzata come «cavallo di Troia» per scardinare l'assetto costituzionale e non è un caso che chi sostiene l'esigenza della separazione delle carriere presenti un disegno organico di revisione costituzionale al cui primo punto è inserita la derubricazione della magistratura da potere a ordine. Questo viene ottenuto con un semplicissimo accorgimento normativo, ovvero l'eliminazione di un piccolo aggettivo: «altro». Oggi, all'articolo 104 della Costituzione, la magistratura è definita un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere dello Stato. Questo significa che la magistratura è anch'essa un potere, nella migliore tradizione costituzionalista e filosofica della tripartizione dei poteri dello Stato. Se togliamo il termine «altro», riduciamo o derubrichiamo la magistratura semplicemente ad un ordine, come quello degli ingegneri, dei medici, dei veterinari, degli avvocati e, o peggio ancora, al rango di semplici funzionari dello Stato, con tutto il rispetto per questa benemerita categoria.
C'è un altro punto, in cui la separazione delle carriere viene utilizzata come «cavallo di Troia», ovvero la modifica della composizione del Consiglio superiore della magistratura, nel quale si prevede la prevalenza dei componenti non togati, attraverso una pari proporzione tra componenti togati e non togati eletti dal Parlamento, ma con l'inserimento di due altre componenti, un avvocato e un professore di diritto.
Anche questo, signor ministro, contribuisce a scardinare l'assetto costituzionale facendo cadere completamente il principio dell'autonomia ovvero del governo autonomo della magistratura, che non sarebbe più riservato allo stesso ordine giudiziario, ma sarebbe per la gran parte affidato a componenti esterni ad esso. Ecco, signor ministro, il punto da lei esattamente percepito: vi deve essere - e spero vi sia (lei stesso ha dichiarato che c'è) - una forte e radicale contrapposizione, un radicale contrasto, una netta opposizione del Governo rispetto a questo disegno.
Sento asserire, francamente con qualche preoccupazione, oltre che con qualche sorpresa, che anche taluni partiti dell'Unione vorrebbero ottenere, attraverso la separazione delle carriere, un risultato più generale e più complessivo di scardinamento dell'attuale assetto costituzionale. Alcuni esponenti di partito hanno dichiarato esplicitamente che questo è il loro obiettivo; altri si sono manifestati possibilisti. Noi dichiariamo che questo è un punto dirimente, è il punto fondamentale di qualunque azione di Governo sulla magistratura; se non siamo in condizione di presidiare, preservare e mantenere l'assetto costituzionale che prevede che la magistratura resti un potere e non sia derubricata ad un ordine, allora qualsiasi altro discorso si faccia, sia esso di efficienza, importante e prezioso, diminuirebbe radicalmente le garanzie per i cittadini. Questi ultimi, invero, sono garantiti da magistrati effettivamente autonomi ed indipendenti e dal fatto che, sia in fase di proposizione sia nella successiva attività giurisdizionale, l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero è improntato al valore della cultura della giurisdizione e non, invece, alla cultura soltanto dell'accusa.
Ecco perché tali punti appaiono uno scardinamento complessivo di un sistema posto a garanzia dei cittadini; ed ecco allora anche la ragione per la quale, ministro, ci permettiamo di richiamare gli Pag. 45altri partiti della coalizione alla rigorosa osservanza dei principi contenuti nel programma dell'Unione.
PRESIDENTE. Deve concludere...
FEDERICO PALOMBA. Mi permetto di osservare - e andrebbe detto con franchezza - che non vi è alcuno spazio per un disegno di riforma costituzionale teso ad incidere fortemente, drasticamente e negativamente sull'impianto costituzionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.
CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, signor ministro, riprendiamo il dialogo avviato stamattina; ho già avuto modo di ricordare come l'aprire un confronto tra Governo e Parlamento sull'importante tema della Giustizia in un'aula praticamente deserta (non che adesso vi siano molti colleghi in più!) abbia veramente costituito una pagina brutta per quest'aula parlamentare.
Però, è importante riprendere alcune questioni ed anche talune riflessioni. Stamattina, signor ministro, abbiamo sentito come lei abbia esposto le linee ed i progetti futuri volti a migliorare il nostro sistema giudiziario, un sistema che lei - ma lo sapevamo già - ha definito ampiamente malato. Ha ben rappresentato l'indice di alta insoddisfazione che i cittadini nutrono nei confronti della giustizia ed anche degli operatori della stessa che, per l'appunto, destano sempre più sconcerto, tante volte con decisioni assai discutibili. Però, abbiamo anche sentito come lei si sia posto nella prospettiva di una cosiddetta serietà; si è infatti richiamato più volte alla serietà, forse facendo riferimento all'assenza di serietà di coloro che hanno presieduto il dicastero prima di lei. Non so cosa intendesse dire quando parlava di serietà; però, un uomo serio è, per me, un uomo che mantiene quello che dichiara. Allora, lei è venuto questa mattina a riferire in Assemblea tenendo un atteggiamento di apertura anche verso l'opposizione; ha auspicato la condivisione dello spirito di collaborazione e la collaborazione dell'opposizione nell'approvazione di determinate riforme importanti per il nostro sistema giustizia. Constato però che ha espresso parere contrario su una risoluzione presentata dai colleghi di Forza Italia con la quale essi chiedono di potere essere coinvolti per l'appunto in questo processo di ampia riforma che lei intende attuare.
Addirittura, lei ha parlato di «grande...» - ministro, cito le sue parole - «intento del suo dicastero...», ma purtroppo non ritrovo più il passaggio esatto. Lei ha parlato di un grande intento riformatore, un piano straordinario della giustizia. Ebbene, francamente, su questo piano straordinario nutriamo molti dubbi. Conosco un detto popolare, signor ministro - che conoscerà bene anche lei -, che dice che è difficile fare le nozze con i fichi secchi. Mi sembra che, finora, per quanto riguarda il settore giustizia, ben poche siano state le risorse destinate dalla legge finanziaria e che, anzi, ne siano state tolte ad opera del decreto Bersani. Dunque, questo piano straordinario non ha proprio le fondamenta che gli consentano di stare in piedi.
In ogni caso, signor ministro, lei faceva appello alla condivisione, ma poi ha bocciato la mozione dei colleghi di Forza Italia che chiedono di poter essere coinvolti. Boccia inoltre la mozione presentata dalla Lega Nord che, fra l'altro, seguendo alcune enunciazioni del programma fatte da lei stamattina, voleva essere propositiva. Allora, è chiaro che ci vengono dei dubbi circa la serietà della volontà di portare avanti ciò che si dice.
Mi sembra che ancora una volta abbiamo assistito all'enunciazione di grandi programmi, che poi, nel merito, non verranno ancora una volta realizzati, bensì disattesi. Ciò ci fa pensare che forse, signor ministro, lei non preferisce la collaborazione e la possibile condivisione delle forze politiche, anche di opposizione, che siedono in questo Parlamento e che rappresentano i cittadini, in quanto preferisce avere altri interlocutori.Pag. 46
Lei dice di non essere servo di nessuno e di essere piuttosto un uomo libero. Però, mi sembra che, nelle sue enunciazioni di programma - e in modo particolare di quanto abbiamo parlato stamattina -, vale a dire ciò che intende fare sulla separazione delle funzioni, compie una retromarcia rispetto alla riforma Castelli. In questo modo, lei è sicuramente servo delle lobby che ci sono fuori da questo Parlamento e che sono rappresentate per la gran parte dall'Associazione nazionale magistrati.
Si tratta di una retromarcia che sicuramente non è gradita ai cittadini, agli utenti, alle persone che lei ha a cuore e ha come stella polare della sua azione governativa. I cittadini - lo abbiamo detto stamattina - vorrebbero un giudice terzo. Pertanto, bisognava avere il coraggio di andare avanti nella separazione delle funzioni e, allo stesso modo, iniziare a mettere in discussione il principio dell'autoreferenzialità della magistratura.
Non si possono fare i controlli severi sull'operato dei magistrati se tali controlli vengono operati dai magistrati stessi. Perché non affidarli ad un organo esterno? Però, signor ministro, lei da questo orecchio non ci vuole assolutamente sentire.
Ma veniamo anche ad altri aspetti che noi presentiamo in questa proposta. Lei stamattina con coraggio, signor ministro - lo stesso che non dimostra nella volontà riformatrice -, ha ancora una volta definito l'indulto la «grande svolta» per quanto riguarda le politiche penitenziarie nel nostro paese. Ebbene, signor ministro, se lei va in giro per il paese e ne chiede conto ai cittadini che - torno a dire - sono la stella polare della sua azione governativa, penso che le risponderanno che non vedono l'indulto come la grande svolta nelle politiche penitenziarie del nostro paese.
Certo, è stato un bell'atto voluto dal Governo, sebbene l'iniziativa sia stata parlamentare cioè sia stata attivata da parte di forze politiche, anche di opposizione, che siedono in questo Parlamento. Tuttavia, esso ha scaricato il problema del sovraffollamento carcerario sui cittadini onesti e sulle vittime dei reati. Quelle stesse vittime che sono, purtroppo, sempre più dimenticate, signor ministro.
Lei si fa bello, dicendo che avete svuotato le carceri e le avete rese più umane. Ebbene, se fa un giro nei nostri penitenziari, signor ministro, vedrà che è vero che abbiamo carceri meno affollate, ma necessitano ancora di risorse, molto di più di quanto lei ne abbia individuate.
Sì, lei ha parlato di 1.500 nuovi posti, ma, anche se abbiamo ancora un certo margine per arrivare alla capienza massima delle carceri, non ho sentito parlare, per esempio, di circuiti differenziati della pena, magari in base all'età o alla tipologia di reato. Tutto questo dovrebbe fare uno Stato moderno, uno Stato di giustizia.
Non vi è nulla di tutto questo. Fatto l'indulto, ce ne siamo lavati le mani e abbiamo scaricato il problema sui cittadini onesti.
Poi, però, si vorrebbe anche farci credere che l'indulto non ha prodotto conseguenze negative sulla società. Tutto bello! Non c'è stata una recrudescenza dei reati! No, tutto a posto! Ho citato questa mattina i dati di Napoli: 25 mila denunce di reati nel 2005 e, da agosto ad ottobre del 2006, i reati sono diventati 45 mila. Non c'entra nulla l'indulto? Non lo so, signor ministro; lei lo esclude. Invece, mi sembra che il grido di allarme che viene dalle forze di polizia e dai rappresentanti degli enti locali vada in ben altra direzione.
Ormai, però, siete rimasti solo lei e Prodi a difendere questa misura. Mi sembra che lei stia imitando sempre di più il Presidente del Consiglio anche nel voler raccontare menzogne ai cittadini: bei proclami, da un lato, e, dall'altro lato, si fa tutto il contrario.
Nella nostra risoluzione abbiamo parlato di vittime dei reati e, anche a questo proposito, mi deve dire come ha fatto a non esprimere un parere positivo e a non avallare una risoluzione che chiede un impegno preciso, a livello internazionale, per ratificare una convenzione europea - forse, lei, signor ministro, non la conosce Pag. 47-, che obbliga gli Stati sottoscrittori a prevedere una legislazione che risarcisca le vittime dei reati violenti.
I colleghi di Alleanza Nazionale presenteranno una proposta relativa all'indulto, ma c'è anche questa convenzione europea. Il mio partito, la Lega Nord, ha presentato una proposta di legge affinché veramente il nostro Stato, che finora non lo ha fatto, sottoscriva quella convenzione e si faccia carico di risarcire le vittime dei reati violenti. Non ci sono solo le vittime dell'usura e della mafia, ma ci sono anche le vittime dei reati violenti, che, ancora oggi, restano silenti.
Vede, ministro, dalla scarsa attenzione che sta prestando, anche adesso, al fatto che le sto ricordando questa convenzione europea, mi sembra proprio che lei dimostri di essere sempre più dalla parte di Caino e mai della parte di Abele e dei cittadini onesti, però sbandiera il fatto che difende le persone.
Vorrei capire, quindi, come mai dice di no a questa proposta seria. Abbiamo anche cercato di seguirla in altri tipi di aperture che lei ha compiuto, come sulla ragionevole durata del processo. Abbiamo presentato una risoluzione con cui le chiediamo di avviare quelle riforme affinché finalmente ci possa essere questa ragionevole durata del processo. Anche qui ci dice di no.
PRESIDENTE. La prego...
CAROLINA LUSSANA. Concludo sulla giustizia minorile: cosa le abbiamo chiesto, signor ministro? Semplicemente quello che lei ha detto questa mattina, ossia di avere finalmente un giudice unico che si occupi delle questioni dei minori e della famiglia, quella famiglia che oggi è sempre più in crisi, aggredita dai pacs e da una mentalità che viene portata avanti da alcune forze politiche che siedono nella sua maggioranza, che, purtroppo, la vogliono minare alle radici.
Anche su questo, signor ministro, lei dice di no e non vuole aprire un confronto concreto. Allora, non venga a chiedere la nostra collaborazione (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!