Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Informativa urgente del Governo sull'allargamento della base militare statunitense di Vicenza nel quadro dei rapporti del nostro paese con gli Stati Uniti d'America (ore 9,05).
(Interventi)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Pinotti. Ne ha facoltà.
ROBERTA PINOTTI. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli parlamentari, abbiamo ascoltato le parole del ministro che ricostruiscono i passaggi che hanno portato alla decisione di rispondere positivamente alla richiesta avanzata dagli Stati Uniti di ampliare in modo significativo la base del Dal Molin, per rimodulare - come lei, signor ministro, ha ricordato - la collocazione della 173a Brigata aviotrasportata, ricongiungendo, nell'ambito dell'aeroporto Dal Molin, parte della brigata fino ad oggi schierata in Germania.
L'intesa per questa ridislocazione - va ricordato è stata avviata con il Governo precedente, che ha manifestato una disponibilità di massima formalizzata ai comandi americani dallo Stato maggiore italiano. Non mi risulta che il Governo precedente si fosse preoccupato di interloquire, almeno non formalmente, con le amministrazioni locali interessate dal progetto, che risulta essere di notevole impatto sulla città di Vicenza.
Di questa preoccupazione lei, signor ministro, si è fatto carico, chiedendo formalmente con una lettera al comune di Vicenza, sul cui suolo insistono il Dal Molin e il progetto di ampliamento, di esprimere un parere, perché, se è pur vero, come ribadisce il sindaco di Vicenza nell'ordine del giorno approvato dal suo consiglio, che la materia degli accordi di alleanza tra gli Stati Uniti e l'Italia non sono di competenza comunale, sulle ricadute (si è parlato di ricadute urbanistiche, ma sono anche ambientali, sociali e di qualità della vita complessiva) è giusto e necessario che la comunità locale si esprima. Per tale motivo, c'è al riguardo una coerenza in tutti gli atti parlamentari, tutti quelli che lei ha ricordato e che precedono l'atto odierno: da un lato, la disponibilità, ovviamente nell'ambito degli accordi che regolano l'alleanza con gli Stati Uniti, a valutare le esigenze di riorganizzazione dello strumento militare statunitense, ma, dall'altro, la volontà di coinvolgere gli enti locali, perché la popolazione locale ne sia informata e si possa arrivare ad una soluzione condivisa del progetto; già nella risposta del 31 maggio troviamo questa indicazione. Tutte le risposte alle interrogazioni ribadiscono che dalle autorità locali non sono stati sollevati elementi ostativi, ma il Governo ha sempre ribadito l'importanza del coinvolgimento delle amministrazioni locali.
Il consiglio comunale di Vicenza, come il ministro ha ricordato, si esprime finalmente il 26 ottobre 2006 con un parere favorevole all'accoglimento del progetto per la ricollocazione della 173a Brigata, ponendo alcune condizioni che lei ha ricordato. Era chiaro, a questo punto, a seguito della decisione presa dalla rappresentanza istituzionale competente (con 21 voti a favore, 17 contrari ed alcuni astenuti, precisamente 3), che il Governo non poteva che rispondere positivamente alla richiesta di allargamento della base, sulla base dell'alleanza, degli accordi internazionali e delle linee di politica estera e di difesa di questo Governo. Qui, mi permetto di dire che trovo, però, un po' speciose le critiche di chi dice che questo Governo, perché rispetta l'alleanza o l'amicizia degli Stati Uniti, mostra un carattere subalterno. Credo che, negli ultimi mesi, abbiamo dimostrato, in politica estera, che essere amici non significa essere subalterni. Stiamo dimostrando che ci può e ci deve essere un'alleanza con gli Stati Uniti accompagnata dalla la capacità di avere posizioni autonome; così è stato per l'Iraq, da cui ci siamo ritirati, come in coerenza abbiamo sempre detto, ed è stato per la Somalia, dove abbiamo sottolineato la nostra contrarietà ai bombardamenti.
Detto ciò, tuttavia, signor ministro, fatti salvi i motivi dell'alleanza, comprendendo perché il Governo non poteva dire no a fronte di una posizione favorevole dell'amministrazione Pag. 6locale, compresi anche i motivi dell'accelerazione che lei ci ha esposto, sulla base delle sollecitazioni venute dall'ambasciatore americano, non possiamo non preoccuparci del malessere della protesta che sale dalla comunità di Vicenza. Quelli della popolazione non sono sentimenti antiamericani. La base USA a Vicenza è presente dagli anni Cinquanta. Ci sono donne, famiglie, bambini che ci stanno dicendo che sono preoccupati, molto preoccupati, per come può cambiare la qualità della vita nella loro città, a seguito di un progetto che loro giudicano molto impattante, troppo impattante, nel cuore della città. Molti nostri parlamentari vicentini dell'Ulivo e dell'Unione si sono fatti interpreti di questo malessere, che è reale, non è provocato e non è ideologico. Sto parlando, ovviamente, di quello che esprime la città di Vicenza, non di quello che può essere manifestato all'esterno da parte di altri. Alcuni mesi fa, ho incontrato il comitato che nasceva per il no al Dal Molin, ho sentito che esprimeva preoccupazioni vere, comprensibili, legate davvero alla qualità della vita, alla vita di Vicenza. Non ho sentito furori ideologici.
Allora, mi chiedo, signor ministro, poiché lei ha dato una disponibilità ad ascoltare queste preoccupazioni, è l'unico progetto possibile? Il ministro D'Alema, incontrando Condoleezza Rice, le ha chiesto di farsi carico delle preoccupazioni dei cittadini di Vicenza. È gesto molto apprezzabile.
Io chiedo a lei e al nostro Governo di ascoltare la comunità di Vicenza, di valutare le sue richieste, di farsi interprete delle esigenze che manifesta. Credo che si debba dare ascolto a quelle preoccupazioni e farsene carico rispetto alle proprie competenze. Lei ha assicurato di potersi fare interprete delle esigenze e delle preoccupazioni dei cittadini: credo che sia importante per questo Governo e per tutti noi riaprire un dialogo con questa città, che ci sta mostrando davvero una forte preoccupazione per il suo futuro (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Martino. Ne ha facoltà.
ANTONIO MARTINO. Onorevole ministro, mi è gradito cogliere questa occasione per rinnovarle la mia considerazione e la mia simpatia, e questo sia perché la sua esposizione dei fatti è stata puntuale, precisa e inequivocabile, sia perché, a proposito dell'esposizione dei fatti, onorevole ministro, non sarebbe male che lei trasmettesse il testo del suo discorso a un suo sottosegretario, professionista della menzogna, che ha dichiarato che la decisione è stata presa perché esistevano accordi sottoscritti dal precedente Governo e che egli quegli accordi li avrebbe visti.
Le dicevo che le sono grato per la qualità dell'esposizione e per essere lei qui presente a fornire questa informativa, perché non lei avrebbe dovuto essere incaricato di questa incombenza, in quanto, essendo la questione di politica estera, la politica estera è una competenza del Governo nella sua collegialità e del ministro degli affari esteri in particolare; ma lei ha voluto sobbarcarsi di un onere che non le spettava. Perciò, vi è un doppio motivo di simpatia e di considerazione.
Onorevole ministro, se davvero, come lei e la presidente Pinotti avete detto, la politica estera di questo Governo fosse chiara, inequivoca e lineare, il problema non sarebbe nato. Il fatto è che, quando è stato chiesto al suo Presidente del Consiglio di dire che cosa avrebbe deciso in merito alla costruzione della base americana a Vicenza, la sua prima risposta è stata: «È che, sono il sindaco di Vicenza, io...? Aveva cioè dato l'impressione che la politica estera e i rapporti internazionali dell'Italia fossero di competenza del sindaco di Vicenza. Del resto, nell'annunziare la decisione, il Presidente Prodi ha dichiarato che il Governo italiano non si oppone alla decisione presa dal Governo precedente e dal comune di Vicenza, con un voto del consiglio comunale, di ampliare la base americana.
Ora, che non vi fosse un impegno del Governo precedente, con grande onestà, lei lo ha confermato in questa occasione. Pag. 7Piuttosto, che la decisione dovesse essere presa dal comune di Vicenza mi sembra davvero bizzarro! In realtà, la dichiarazione di Romano Prodi ricorda quella scritta che c'era sulle camicie da notte delle nostre nonne: «Non lo fo per piacer mio, ma per dare figli a Dio».
Dunque, egli prende la decisione, ma ne scarica la responsabilità sul comune di Vicenza e sul Governo precedente: non è bello!
Lei aveva già detto la verità qui alla Camera, e per questo era stato accusato di mentire dal deputato Galante. Lei aveva detto che non erano «stati sottoscritti impegni di alcun genere» e che «la disponibilità di massima manifestata dal precedente Governo non si è tradotta in alcun accordo scritto», cosa che lei qui ha confermato. Quindi, lei ha detto la verità e il deputato Galante sbaglia ad accusarla di dire il falso (dovrebbe accusare semmai il presidente Prodi di dire il falso). Il problema non è locale, ma è di politica estera.
A me sembra che un grande Governo debba tenere separare le divergenze di opinioni dal mantenimento degli impegni connessi ad un'alleanza. Per fare un esempio, il comportamento esemplare del Governo di un grande del paese al riguardo è stato offerto dal Governo della Germania federale, quando questa aveva come cancelliere Gerhard Schroeder e la maggioranza era socialdemocratica e verde.
Come tutti sappiamo, Schroeder era fortemente, radicalmente, assolutamente contrario all'intervento militare americano in Iraq. Tuttavia, quando i militari americani lasciarono le basi in Germania per andare in Iraq, il Governo tedesco offrì tutto il supporto logistico e la cooperazione necessaria affinché questo accadesse. Ciò non significava affatto che il Governo tedesco approvasse l'intervento americano in Iraq. Significava soltanto che il Governo tedesco, Governo degno di un grande paese, manteneva gli impegni assunti in base ad un'alleanza.
Purtroppo, presidente Pinotti, il nostro Governo non è in grado di agire in questo modo o non è in grado di farlo in modo chiaro, perché, come lei sa, all'interno di questa maggioranza di politiche estere ve ne sono almeno due; il che significa che non ve ne è nessuna. Avere due politiche estere significa ambiguità, scarsa trasparenza, inventarsi neologismi perfettamente inutili, come quello della equivicinanza, parola che non esiste nel vocabolario italiano e di cui non si sentiva il bisogno.
Ieri sera, presidente Pinotti, ho rivisto Schindler's list: davvero un capolavoro! L'orrore provocato dal vedere le scene di matta bestialità e di barbarie inaudita dei nazisti ai danni degli ebrei, che provocano in chiunque veda quel film orrore e sgomento, mi ha reso ancora più incomprensibile l'affermazione del ministro degli esteri di questo Governo, il quale, appena insediato, si è recato a Teheran e ha affermato che il diritto dell'Iran al nucleare era inalienabile!
In presenza di un pazzo criminale che sostiene che la fine dei giorni si avrà quando l'ultimo ebreo sarà stato ucciso, di un folle che si vuole dotare dell'atomica per il dichiarato proposito di distruggere lo Stato di Israele, andare a Teheran a dire che il diritto dell'Iran al nucleare è inalienabile equivale a qualcuno che, durante il nazismo, fosse andato in Germania a dichiarare inalienabili i campi di sterminio!
Questa non è una politica estera lineare! Questa non è la politica estera di un grande paese! Questo non è il Governo di un grande paese (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Zacchera. Ne ha facoltà.
MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, colleghi, penso che si debba anzitutto ringraziare il ministro Parisi per la sua relazione molto precisa, e direi anche abbastanza inequivocabile, molto diversa anche dalle dichiarazioni rese dal premier nei giorni della crisi, chiamiamola così, del Dal Molin di Vicenza, quando disse: Che sono io il sindaco di Vicenza?
Un'estrema e solita dichiarazione del nostro premier che sottolinea la leggerezza Pag. 8- secondo me - con cui, certe volte, si assumono determinate responsabilità.
Di sicuro comunque, alla fine della sua relazione, signor ministro, di tutto si potrà dire, salvo che il Governo e le autorità militari non ne fossero al corrente, che, quindi, in pratica, tutte la questione non era nascosta dal Governo né tanto meno era imputabile alla responsabilità del comune di Vicenza, il quale, peraltro, all'interno delle proprie strutture democratiche e democraticamente elette, con decisione giusta, paletti e cautele giusti, ha detto di «sì» all'ampliamento di una base, mentre, invece, il Governo, una volta di più questa mattina, non ha coraggio di esprimersi con chiarezza.
Ci si può arrampicare sugli specchi in ogni maniera quando si deve accontentare comunque e in qualsiasi modo una parte della propria maggioranza, ma questo non deve andare a discapito della chiarezza. «Sì» è «sì»! Invece sono state espresse frasi del tipo: «Abbiamo una disponibilità a corrispondere nel senso richiesto dalle autorità d'uso». Abbiamo detto di «sì» perché dovevamo dire di «sì»! Punto! Perché questa mancanza di chiarezza? Questo è il primo aspetto.
Secondo aspetto: la volontà del Governo di ingarbugliare le cose per non assumersi le proprie responsabilità è grave!
Facciamo parte di un'alleanza, ma non dobbiamo essere subalterni ad alcuno (ha ragione la presidente Pinotti); trattiamo e discutiamo con gli Stati Uniti, teniamo una posizione chiara, però, quando diciamo «sì», dobbiamo mantenere il nostro «sì», senza cambiare le carte in tavola. Dobbiamo avere il coraggio di esprimere chiaramente la nostra posizione. Il Governo, questo coraggio, non ce l'ha! Infatti, se parlasse chiaramente, lei, ministro, dovrebbe chiedere le dimissioni del suo sottosegretario, come opportunamente ha richiesto, in precedenza, il collega Martino. Non si può andare in giro a raccontare certe cose! Forse, anche altri sottosegretari dovrebbero essere allontanati da questo Ministero. La sottosegretaria del Ministero degli affari esteri, che si occupa soprattutto di Africa e di cooperazione internazionale, ha delle posizioni e fa delle dichiarazioni tali da essere in antitesi con quelle programmatiche del Governo. Cerchiamo di decidere quale posizione vuole mantenere l'Esecutivo.
Un altro aspetto che vorrei porre in luce, prima di concludere il mio intervento, è il seguente: chi vi ha detto che la popolazione di Vicenza sia contraria a questa base? Nel momento in cui l'organo democratico di Vicenza pone alcuni limiti, nel momento in cui centinaia di persone vengono davanti a Montecitorio a dire «sì» alla base (ovviamente, non siamo pazzi; vogliamo avere chiare garanzie, ma sui giornali queste cose non compaiono), nel momento in cui, nonostante intervengano ministri, sottosegretari e deputati della maggioranza davanti a Montecitorio, ritrovandosi meno di quattro gatti (tanti erano!), chi vi ha detto che Vicenza sia contro questa base, con le opportune garanzie?
LALLA TRUPIA. Vieni il 17 febbraio!
MARCO ZACCHERA. Queste cose dovrebbero essere dette! Certo, le solite persone che sono dietro i soliti comitati, che sono dietro i soliti slogan, i soliti pacifisti che non hanno il coraggio di prendere certe posizioni, non fanno maggioranza democratica in questo paese!
FRANCESCO GIORDANO. C'è il referendum!
MARCO ZACCHERA. Perché, fino a prova contraria, a Vicenza, una grande parte della popolazione è favorevole, risolti i problemi che sono stati elencati! Questa verità fa male a chi non ha il coraggio di prendere certe posizioni (Commenti)!
LALLA TRUPIA. Ma vieni a Vicenza il 17 febbraio!
MARCO ZACCHERA. Io vengo dalle parti di Novara dove, improvvisamente, è scattato il caso dell'F35 (Commenti)...
Pag. 9PRESIDENTE. Per favore...
MARCO ZACCHERA. Perché l'F35, adesso, non si deve più costruire, nonostante da anni abbiamo detto di sì (Commenti)... Tuttavia, dopo occorre trovare i posti di lavoro, anche a Vicenza!
Dov'erano gli ambientalisti, quando la pianura di Vicenza è stata coperta di capannoni industriali? Non erano mica più grandi della base che si vuole costruire!
LALLA TRUPIA. Non sono stati gli americani! Sono stati i vicentini!
MARCO ZACCHERA. Io non sono servo degli americani! Qualcun altro è servo della propria incoerenza, perché non resta nell'Esecutivo, che fa queste cose, se ne sostiene altre! Ed il Governo non tiene certe posizioni di maggioranza se, al proprio interno, c'è chi non la pensa così! Abbiamo visto, non più tardi della settimana scorsa, alcuni ministri defilarsi.
Signori della maggioranza, vorrei dire grazie al ministro di essere venuto a dirci queste cose: conferma che c'è un equivoco di fondo nel vostro Esecutivo. L'Italia vuol capire chiaramente. Noi non dobbiamo essere subalterni degli Stati Uniti. Dovremmo essere chiari, quando vengono espresse le parole. Altrimenti, noi siamo coerenti a Vicenza, non siamo coerenti, temo, in tante, in troppe altre occasioni!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Elettra Deiana. Ne ha facoltà.
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, signor ministro, non si può che esprimere un giudizio nettamente negativo sulla scelta che il suo Governo, il nostro Governo, ha fatto per Vicenza. L'abbiamo già espresso ripetutamente in molte sedi e lo confermo in quest'aula anche alla luce dell'informazione che lei ha voluto fare a nome del Governo.
È del tutto inadeguata la sua informazione, sia sul piano della trasparenza rispetto a come siano andati effettivamente i fatti e su quali vincoli reali vi siano in questa decisione, sia sul piano della responsabilità politica. Infatti, non si possono liquidare i dissensi e le manifestazioni di Vicenza come qualcosa a latere, qualcosa su cui si può esprimere un giudizio paternalistico.
Vorrei anche dire, con molta nettezza (e mi riferisco alle considerazioni che ha espresso la presidente Pinotti) che non si tratta di un ampliamento della base già esistente, ma di un'altra base, signor ministro (lei lo sa benissimo), allocata a cinque chilometri da Ederle, che entrerà in malefica sinergia con la prima, nelle imprese di guerra degli Stati Uniti d'America. Voglio ricordarle che a Ederle e da Ederle vanno e vengono i ragazzi americani impegnati nella guerra in Iraq, da cui noi ci siamo magnificamente sottratti.
La scelta, signor ministro, doveva e poteva essere diversa, a meno che non vi siano rinegoziazioni segrete nel trattato di bilateralizzazione degli accordi tra Stati Uniti ed Italia, protetti dal segreto militare. A meno che non vi sia questo. Tuttavia, questo passaggio non si evince dalla sua informativa.
Per molte ragioni la scelta sarebbe dovuta essere diversa, per due in maniera stringente: la prima riguarda il rapporto tra il Governo dell'Unione (il nostro Governo) e le popolazioni di quel territorio; la seconda riguarda la negativa valenza strategica globale che il nuovo insediamento statunitense a Vicenza assumerà nella più generale ricollocazione delle forze militari del Pentagono in Europa. Di che parliamo, altrimenti?
Il Presidente del Consiglio dei ministri, ad esempio, poteva risparmiarci l'infelicissima battuta sulla questione urbanistica, così come il ministro Rutelli, recatosi a parlare a settembre con il sindaco di Vicenza, Hullweck, poteva evitare di dichiarare che si tratterebbe soltanto di quattro palazzine in più rispetto a quelle che oggi sorgono nell'attuale area di Ederle e che lui (il ministro Rutelli, Vicepresidente del Consiglio) non vede proprio il pericolo che a Vicenza venga edificata la più grande base statunitense in Europa. Peccato che la pensi assai diversamente il Pag. 10generale James L. Jones, comandante della forza statunitense in Europa nel 2005, che davanti al Senato americano ebbe modo di spiegare in termini assai diversi la valenza strategica che le autorità militari statunitensi lucidamente attribuiscono all'aeroporto Dal Molin.
Le battute infelici e superficiali non sono casuali, signor ministro, né significano che il Presidente del Consiglio e gli altri ministri competenti non sappiano come stanno evidentemente le cose. Queste battute rimandano alla prima questione cui ho fatto riferimento, ovvero al rapporto tra il Governo e le popolazioni locali, innanzitutto, e a quello tra il Governo, il suo elettorato e la sua maggioranza, rapporto - duole dirlo, signor ministro - segnato dall'indifferenza e dalla poca attenzione, talvolta anche dall'inganno. Voglio dirlo con molta chiarezza: un vulnus, con la vostra decisione, è stato inferto al rapporto tra governanti e governati, rapporto che nel programma dell'Unione (ci facciamo spesso riferimento perché per noi si tratta di un punto importante per la tenuta di questo Governo e di questa maggioranza) avrebbe dovuto ispirarsi - e si deve ispirare - a criteri, modalità e pratiche di relazione tutto affatto differenti. Noi pensiamo che un punto dirimente e vincolante del programma sia proprio quello che stabilisce chiaramente un nuovo modo di pensare e costruire le relazioni con i territori, che è un modo anche per avviare - e su questo troppo poco si insiste e si dialoga - una nuova idea ed una nuova pratica della politica, capace di farci uscire dall'autoreferenzialità separata ed autistica, dall'amministrativismo senz'anima, che così gravemente segnano la politica prevalente oggi in questo Paese da tutte le parti, purtroppo anche dalla nostra.
Si tratta dunque di un punto del programma che noi riteniamo dirimente, ovvero dell'obbligo per il Governo di non scontrarsi con le popolazioni locali quando si tratta di fare scelte che hanno un impatto rilevante su un'area e che vengono percepite negativamente da chi in quel territorio vive, lavora e costruisce un futuro per i propri figli. La sovranità territoriale è un grande apporto dei processi di liberazione ed emancipazione umana che noi rivendichiamo come punto alto e qualificante per una nuova politica della trasformazione, come le molte e straordinarie signore di Vicenza che hanno animato ed animano i comitati per il «No alla base», perché non vogliono che la propria città - città d'arte dell'UNESCO, ricca di inestimabili ricchezze artistiche ed architettoniche, già assediata a pochi chilometri dall'altra base di Ederle - muoia soffocata da una nuova colata di cemento militare quasi nel cuore pulsante della città.
Un gioco di rimpallo delle responsabilità tra sindaco e Governo di Roma è stata la risposta data alla crescente mobilitazione della città, ognuno nascondendosi dietro l'autorizzazione a procedere dell'altro e entrambi accomunati, Governo nazionale e sindaco locale, dalla prevalente preoccupazione di non scontentare l'alleato americano.
Anche lei ha dato prova di questa «sovradeterminazione». E così, avete proceduto ignorando l'obbligo di ascoltare la gente, confrontarsi, trovare modi incisivi di verifica della opinione di molti (come potrebbe essere e dovrà essere un vero referendum), invece di fare un passo indietro, quando più del 60 per cento della cittadinanza dichiara senza ombra di equivoci che non vuole la base, e quasi l'80 per cento ritiene che sarebbe utile comunque promuovere un referendum consultivo per assumere una decisione.
Noi chiediamo un passo indietro, signor ministro, chiediamo che una vera consultazione popolare venga attivata, e comunque dichiariamo che siamo a fianco della mobilitazione della città di Vicenza e, per tutto quello che ci compete, che è nelle nostre possibilità, continueremo a chiedere che il Governo receda dalla infausta decisione di dare l'autorizzazione alle forze militari americane (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Verdi).
MARCO ZACCHERA. Uscite dalla maggioranza con coerenza!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Bosi. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BOSI. Credo che la vicenda di cui stiamo discutendo, vale a dire la necessità di ampliare la base di Vicenza, per evidenti esigenze di tipo strategico, connesse agli accordi, al patto, alle alleanze liberamente stipulate dal nostro paese, chiama in causa questioni di natura varia, ma di grande rilevanza politica, sulle quali noi dobbiamo intrattenerci.
Condivido e apprezzo la correttezza con la quale il ministro ha riferito le questioni che porteranno alla realizzazione di questo ampliamento. Dietro questa ricostruzione emerge anche, come dire, un tipo di automatismo che si realizza nell'ambito della appartenenza ad una alleanza con pattuizioni che valgono da sempre e che rendono questi atti sostanzialmente automatici, senza che ciò debba o possa far scaturire reazioni del tipo di quelle che noi abbiamo ascoltato.
Ora, con tutto il rispetto e tutta la considerazione nei confronti della collega Deiana e della posizione che ella porta avanti, credo che ci sia, collega, una grossa confusione nel modo di porsi da parte vostra nei confronti di questo problema. Sembra vi sia cioè un invocare un rapporto con le popolazioni, che è un rapporto legittimamente espresso dalle autonomie locali, da chi viene eletto ed investito per fare quelle scelte di natura urbanistica: il comune, la regione, eccetera. È vero che il problema non è urbanistico, però è altrettanto vero che si invocano questioni di tipo urbanistico nel ragionamento testé svolto. Vi è, da un lato, un mescolare le questioni urbanistiche, richiamando il potere di compiere queste scelte, e, dall'altro, un invocare una sorta di mobilitazione del popolo della pace.
Ora, noi riteniamo che la questione vada posta con grande chiarezza anche nell'aula parlamentare: il rapporto dell'Italia con la NATO, alla quale aderiamo a tutti gli effetti (è compreso anche un rapporto particolare con gli Stati Uniti), minaccia la pace o, invece, serve a consolidare la pace, la stabilità, la difesa dei diritti delle persone, soprattutto dei più deboli? Se non chiariamo questo punto, non capiamo più niente.
Sembra quasi che, in qualche parte della maggioranza, alberghi un sentimento di ostilità nei confronti della NATO, un sentimento antiatlantico diretto a mettere in discussione la nostra appartenenza all'alleanza o, quanto meno, a ridurla ad una partecipazione, per così dire, a scartamento ridotto, con un piede dentro e l'altro fuori.
Poiché l'indicata questione ha una grande valenza, credo che si dovrebbe fare finalmente chiarezza all'interno della maggioranza che esprime il Governo; in caso contrario, non sapremmo più chi siamo, dove andiamo, cosa vogliamo fare. Non a caso, la problematica si intreccia con la missione in Afghanistan. Allora, voglio sapere se la missione italiana in Afghanistan sia - come in effetti è - una missione che ha realizzato e realizza portentosi interventi di tipo umanitario e di ricostruzione. Voglio sapere, inoltre, se gli amici della pace siano i nostri militari, i quali stanno ricostruendo il paese e stanno difendendo le parti più deboli della popolazione ovvero le bande dei talebani, ai quali chiedono di dare legittimazione quelle stesse posizioni che, oggi, stanno contestando la base di Vicenza! C'è un filo rosso che collega queste posizioni.
In tutta sincerità, mi pongo la seguente domanda: un Governo di un paese importante come l'Italia, con la sua storia, di un paese che ha dato un contributo fondamentale alla politica estera dell'Alleanza atlantica, anche con il sacrificio di tanti nostri militari, può mantenere queste contraddizioni, può mantenere queste ambiguità?
Signor ministro, ho apprezzato il suo intervento e non ho alcunché da eccepire al riguardo, ma debbo dire che le questioni evidenziate stanno rimbalzando. Come qualcuno saprà, sono vicepresidente della Commissione difesa e sicurezza dell'Assemblea parlamentare della NATO e Pag. 12sono da poco tornato da un viaggio negli Stati Uniti nel corso del quale abbiamo incontrato molte autorità. Ebbene, credete che queste ambiguità, queste posizioni, questi tentennamenti non pesino nella valutazione del rapporto con l'Italia in campo internazionale? Credete che tutto ciò non abbia effetti? Pensiamo che, di fronte alle grandi questioni del pianeta, non siano doveri precisi di un Governo quelli di compiere alcune scelte di fondo, di enunciarle e di chiarirle?
Se le posizioni della collega Deiana non sono conciliabili con l'essere del Governo nazionale, così come espresso dal Presidente del Consiglio, dal ministro della difesa e dal ministro degli esteri, ritengo che si abbia il dovere di fare chiarezza, che si debba mettere l'Italia al riparo dei tradizionali rapporti di Alleanza. Il nostro paese non deve essere costretto quasi a vergognarsi ogni volta che si debbono assumere decisioni simili...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
FRANCESCO BOSI. ...ed a fare chissà quali «capitomboli» per trovare un'intesa. Si tratta di questioni troppo grandi e troppo importanti, di vitale importanza, riguardo alle quali credo, signor Presidente, signor ministro, che non si possa davvero scherzare! Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei.
Ha chiesto di parlare il deputato Bricolo. Ne ha facoltà.
FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, signor ministro Parisi, lei esce molto male da questa vicenda: lo dico molto chiaramente. Lei, di fatto, è un ministro delegittimato dalla sua stessa maggioranza. Abbiamo ascoltato gli interventi in aula dei rappresentanti di Rifondazione Comunista; poi, assisteremo anche a quelli dei rappresentanti dei Verdi, dei Comunisti Italiani e via dicendo, che di fatto attaccano la linea che lei porta avanti come ministro della difesa.
Lei non ha più una maggioranza che la sostiene sull'allargamento della base militare di Vicenza, sulle missioni di pace (mi riferisco, soprattutto, a quella in Afghanistan), sulla base di Sigonella. Le faccio notare che, da più di un mese, viene attaccato e offeso quotidianamente da membri della sua maggioranza, anche da ministri di questo Governo.
Il ministro Parisi è un bugiardo, un falso, un traditore: questo dicono anche molti colleghi che oggi sono qui in aula ad ascoltarla, poiché non hanno la possibilità di intervenire.
Evidentemente, finora, avete tenuto un atteggiamento pilatesco; mi limito a dire questo. Di fatto, fino ad adesso, non avete avuto il coraggio di fare chiarezza sull'argomento.
È chiaro a tutti che è nelle facoltà di questo Governo dire «no» all'ampliamento della base di Vicenza: lo potete fare quando volete! Non vi potete rifugiare dietro l'alibi di accordi siglati precedentemente dal Governo che vi ha preceduto o dalla Casa delle libertà. Lo dimostra il fatto che, sulla questione dell'Iraq, il primo atto compiuto da questo Governo è stato disconoscere gli accordi presi, cambiare completamente linea e disporre il rientro delle truppe presenti in quel territorio, riportandole a casa.
Dunque, non c'è una continuità in politica estera che dovete difendere a tutti i costi. Lei, però, non ha il coraggio di dirlo al Parlamento e, più volte, è venuto in aula mentendo. Ha mentito all'Assemblea, ha mentito al Senato ed ha mentito anche di fronte ai Presidenti di Camera e Senato, nonché al Presidente della Repubblica.
Vivete di contraddizioni che, purtroppo, non trovano soluzione nel dibattito parlamentare. Vi dovete nascondere dietro a bugie; bugie che, però, si riflettono negativamente sulla credibilità di questo Governo da parte dell'opinione pubblica non solo di questo paese, ma anche internazionale.
Lei, ministro Parisi, con il suo intervento in aula ha dimostrato di non avere coraggio. Ha dimostrato di essere un ignavo: lo dico molto chiaramente. Ha dimostrato di essere un ignavo, perché non Pag. 13ha il coraggio di perseguire la politica che, evidentemente, vuole portare avanti il Governo: mi riferisco ad una politica di difesa atlantica, che questo paese ha sempre attuato negli anni.
Un ministro che non ha coraggio è un ministro che, però, di fatto si deve confrontare anche con ciò che rappresenta, ossia con un esercito - il nostro - impegnato in missioni di pace e, soprattutto, che vede il dispiegamento di uomini in Kosovo, in Libano e in Afghanistan; uomini che, in questo momento, il coraggio dimostrano di averlo, visto che rischiano la vita ogni giorno. Noi, come Lega Nord, ci siamo espressi più volte sull'argomento e riteniamo che, comunque, la scelta dell'allargamento della base vada portata avanti.
È chiaro, però, che tale scelta deve essere attuata nel rispetto delle esigenze del territorio. È evidente che il Governo deve aprire un tavolo con gli americani, con i rappresentanti degli enti locali del territorio, con la provincia e il comune di Vicenza, con il comune di Caldogno, con tutti gli enti locali interessati, per far sì che questa base possa essere estesa senza violentare il territorio, ed affinché da questa vicenda si possano trarre i maggiori profitti anche per l'economia locale, che sicuramente sono importanti.
Come Lega Nord - e concludo - possiamo dirci assolutamente delusi dall'ennesima manifestazione di incapacità di questo Governo. Assisteremo agli interventi degli altri colleghi di questa maggioranza che la attaccheranno ancora una volta.
Signor ministro, lei siede nei banchi del Governo bene attaccato alla sua sedia ed ai suoi posti di potere, sapendo benissimo, però, che, in questo momento, non ha una maggioranza che la sostiene. È qui in Parlamento a parlare a nome del Governo, senza avere un supporto politico da parte dei gruppi parlamentari presenti in questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Donadi. Ne ha facoltà.
MASSIMO DONADI. Signor ministro, abbiamo ascoltato con molta attenzione la sua relazione, precisa e puntuale, che sicuramente ha fornito un contributo importante per una piena conoscenza di fatti che - lo abbiamo appreso oggi con puntualità - iniziano addirittura dall'ottobre del 2004. Da lì si è messo in moto un procedimento che, sebbene non sia stato mai formalizzato, nel senso che non è stata apposta la firma ad alcuna convenzione o trattato e non vi sono stati atti che hanno impegnato il Governo, tuttavia sicuramente ha determinato quella vincolatività legata anche ai rapporti tra governi e tra paesi amici, che devono essere caratterizzati da lealtà, sicurezza e trasparenza.
Impegni di questo tipo non erano casuali, ma coinvolgevano i massimi livelli delle autorità militari italiane e statunitensi, e alle spalle di queste, per espresso riconoscimento anche di chi, avendo avuto allora ruoli di Governo, ci conferma aver dato pieno sostegno a questa iniziativa. Quest'ultima ha seguito un percorso tutto interno alle istituzioni e di stampo meramente formale.
La ricerca del consenso dei cittadini non è stata neppure minimamente perseguita da parte della precedente amministrazione, anche con le deliberazioni comunali di Vicenza e tramite il parere reso dalla commissione paritetica della regione Veneto, in presenza del sindaco Hullweck.
Credo che l'amministrazione che vi ha preceduto e gli enti locali interessati, si siano assunti responsabilità gestite in modo sicuramente non positivo nei confronti dei cittadini, verso i quali le scelte andavano poi indirizzate. Essi non sono stati consultati, nè si è attivato alcun meccanismo di verifica. Io vorrei ricordare all'amico leghista, che frettolosamente ha pensato bene di lasciare l'aula, che proprio loro, che tanto parlano e ci ricordano da quest'Assemblea l'importanza del federalismo, dell'autonomia dei cittadini e dei popoli, si sono ben guardati di sostenere e, anzi, hanno votato contro nel consiglio comunale di Vicenza la richiesta - pure avanzata dalle opposizioni - di indire a Pag. 14Vicenza un referendum. Quest'ultimo poteva conseguire il risultato di sentire il parere - prima di dover prendere decisioni irrevocabili - dei cittadini di Vicenza in merito alla vicenda. E se ne sono guardati bene sia la Lega Nord, sia il sindaco Hullweck ed il Governo di centrodestra!
È evidente - ne sono convinto e convengo con lei - che questo Governo si è ritrovato con impegno morale che in politica vale quanto, o forse anche di più, di un impegno scritto. Credo che abbia fatto bene questo Governo ad assumersene fino in fondo la responsabilità e a dare un parere positivo.
Signor ministro, mi permetto soltanto fare una piccola osservazione critica, alla luce di tutte le considerazioni che ho appena fatto. Ciò perché si tratta di fatti che nascono non ieri, ma due anni e mezzo fa. Si tratta di fatti che erano ormai noti in ogni loro aspetto. Allo stesso modo, anche nella sessione del bilancio statunitense, essi non sono stati una scoperta dell'ultimo momento, ma qualcosa di ampiamente noto a tutti e programmato.
Credo che la volontà che lei ha manifestato - e con orgoglio ha rivendicato il suo Governo -, di dare tempo, modo e spazio ai cittadini di Vicenza per esprimere la propria opinione su un tema così delicato, sia importante e positiva. Si badi bene, come ha giustamente osservato anche la presidente Pinotti, che qui non stiamo parlando di chiedere o cedere alla comunità vicentina il potere solo ed esclusivo del Governo - questo sì - di stabilire le linee di politica estera, di politica della difesa e di rapporti fra Stati alleati, ma di dire come la pensa su qualcosa che andrà ad incidere in modo pesante su tanti aspetti della vita quotidiana. Ho considerato in modo approfondito questo aspetto e vorrei ribadirlo in modo totalmente non ideologico: questa scelta, in qualche misura, condiziona la viabilità, l'urbanistica e le possibili scelte di crescita e di sviluppo della città, consentendone alcune, ma impedendone altre.
Credo che questa via andasse veramente perseguita, anche se ritengo che dal nostro Governo ci saremmo potuti aspettare iniziative chiare che avrebbero sicuramente consentito ai cittadini di Vicenza, al fronte ampio che coinvolgeva tutte le opposizioni presenti nel consiglio comunale di Vicenza e nella società vicentina, di essere consapevoli che la strada si andava accorciando e che vi sarebbe stato un momento, non lontano, di non ritorno.
Ciò, purtroppo, non è stato fatto e credo che proprio da questo oggi debba derivare una presa d'atto, ma soprattutto, un impegno del Governo molto più forte. L'impegno, nella fase di attuazione di questa decisione - che, ribadisco, condividiamo e rispettiamo -, deve essere quello di fare in modo che quelle istanze, quelle preoccupazioni, quelle paure, possano essere fugate attraverso l'azione dell'Esecutivo, attraverso ciò che, nei patti che verranno siglati, il Governo, insieme alle comunità locali che fino ad oggi si sono sottratte alla loro responsabilità di confronto verso i cittadini, potrà fare imponendo scelte, soluzioni e condizioni per la realizzazione della base militare.
Mi auguro che l'iniziativa del Governo possa riguardare anche l'ubicazione di tale base, visto che questo compendio è composto di due parti, una civile e una militare, dove l'uso dell'una piuttosto che dell'altra non sarebbe neppure irrilevante sotto il profilo urbanistico e della viabilità.
Pertanto, spero che l'Esecutivo si adoperi per fare in modo che i cittadini vicentini abbiano chiara la cognizione che vi è un Governo che pensa non soltanto alla politica internazionale, ma anche all'interesse di ogni singolo cittadino italiano (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato D'Elia. Ne ha facoltà.
SERGIO D'ELIA. Signor ministro, se dovessi esprimermi nei termini in cui solitamente ci si esprime in sede di replica ad una interpellanza, ascoltata la sua informativa sull'allargamento della base statunitense di Vicenza, potrei dire di ritenermi soddisfatto.Pag. 15
Tanto più sono soddisfatto ora della sua esposizione, quanto più considero che nei giorni scorsi dal Governo sono giunte voci discordanti, se non opposte, su una vicenda che riguarda molto semplicemente l'attualità della politica estera e del sistema di alleanze del nostro paese. Qui è in discussione l'attualità, la continuità o la discontinuità dei nostri rapporti con gli Stati Uniti e non l'eredità di decisioni che sarebbero state assunte dal Governo precedente, meno che mai un principio di sussidiarietà con riferimento a decisioni che spetterebbero al sindaco o al consiglio comunale di Vicenza.
Ho molti motivi di critica verso Bush e la sua politica estera. Bush è responsabile di avere impedito, nel 2003, con l'accelerazione data all'intervento militare in Iraq, una soluzione politica, un'alternativa alla guerra che era sul punto di realizzarsi. Ricordo la proposta di Marco Pannella dell'esilio per Saddam e di un'amministrazione di transizione controllata dalle Nazioni Unite. Una soluzione che forse avrebbe evitato l'attuale situazione in Iraq, rendendo più netta - sia nel senso di più pulita, sia nel senso di più decisa - la fine di una dittatura che, in quarant'anni, ha prodotto il massacro di migliaia di iracheni oppositori del regime e di centinaia di migliaia di curdi e di sciiti, nonché almeno due milioni di morti sul fronte della guerra con l'Iran.
L'esecuzione di Saddam di alcune settimane fa è stata poi la logica conseguenza della guerra e, anche in questo caso, vi è stata un'accelerazione dei tempi decisa proprio nel momento in cui la campagna «Nessuno tocchi Saddam» aveva aperto delle crepe anche nel mondo arabo tra i fautori della pena di morte.
Certo, sarebbe stato uno scandalo la non esecuzione di un dittatore, ma sarebbe stato anche lo scandalo della non violenza, un seme di civiltà, di diritto, di tolleranza e di pace che sarebbe stato seminato su un terreno apparentemente arido di civiltà, di umanità, di diritto di tolleranza.
Non ho quindi particolari ragioni di simpatia per un Presidente americano che è arrivato alla Casa Bianca sulla scia di morti ammazzati e giustiziati, nel suo Texas, quando era governatore, e che non ha mosso un dito - credo che una qualche influenza sul Governo al Maliki lui l'avesse - per impedire un'altra esecuzione, quella di Saddam Hussein, che ora ha regalato al terrorismo islamico un mito ed una bandiera da sventolare nel mondo arabo e non solo.
Questo non è antiamericanismo, è l'americanismo di quegli americani che vogliono liberarsi di questo presidente, perché tornino a vivere pienamente, in America e nel mondo, i principi di libertà di quella che rimane la democrazia più forte e solida che esista sul pianeta. È invece antiamericanismo, vecchio e ideologico, quello di chi ritiene, dicendo «no» all'ampliamento di una base militare americana in Italia, di risolvere i problemi della guerra in Iraq, voluta da Bush, o addirittura di trattare la questione della base militare di Vicenza insieme e magari anche contro la missione in Afghanistan.
La missione in Afghanistan è stata decisa dalle Nazioni Unite, condotta dalla Nato e condivisa da tutta l'Unione europea. La base di Vicenza è una base americana, non è la residenza privata di George Bush, è una base degli Stati Uniti d'America, non una dépendance del ranch texano del suo Presidente!
Agli Stati Uniti ci legano ragioni storiche di alleanza politica. Come l'Italia, gli Stati Uniti fanno parte della NATO. Le ragioni di una alleanza politica, di un patto militare, non possono essere superate allegramente nel passaggio da un Governo all'altro, o essere affidate alle decisioni del sindaco di Vicenza, del suo consiglio comunale, neanche all'esito di un referendum popolare, né tantomeno ai soli cittadini di Vicenza.
Su questo si stanno svolgendo discorsi un po' «da campanile», se non«da cortile». Mi pare sia la solita storia: la discarica, l'inceneritore, il rigassificatore, la centrale elettrica, sono considerati utili, ma nessuno li vuole vicini a casa sua. Oggi stiamo parlando della politica estera dell'Italia, non dell'impatto urbanistico e ambientale Pag. 16di una discarica o di una base militare, argomento serio questo, da tenere in considerazione, ma che non mi pare sia quello dominante, sentendo i discorsi svolti in quest'aula o che si rinvengono sui giornali e nel paese.
Si è arrivati addirittura a promuovere, sulla base di Vicenza, una manifestazione nazionale a Roma.
PAOLO CACCIARI. Non a Roma, ma a Vicenza!
SERGIO D'ELIA. Non mi pare che tale manifestazione sia stata indetta nello spirito e nel segno della difesa dell'ambiente e dell'urbanistica. Se ne stiamo parlando oggi, qui, alla Camera dei deputati, e non al consiglio comunale di Vicenza - c'è addirittura chi ritiene che il Parlamento, così come ho letto, debba esprimersi sull'argomento con un voto su precisi atti di indirizzo - tutto ciò vuol dire che non stiamo discutendo di un fatto locale, ma di politica internazionale. Allora ben venga questa discussione, anche in aula e magari attraverso l'esame di appositi atti di indirizzo, in maniera tale da poter discutere della politica di difesa e di sicurezza dell'Italia, ma non solo.
Potremmo cominciare a discutere seriamente delle minacce che incombono sulla nostra società e di come affrontarle con più efficacia: come difendersi dal terrorismo, dal fondamentalismo. Magari scopriremmo che occorre ben altro, qualcosa di diverso, rispetto agli strumenti militari tradizionali; che occorre cominciare a convertire la spesa per la difesa e a riconvertire, almeno parzialmente, l'apparato militare ed industriale, nel senso di una politica di difesa non violenta; che occorre prevedere apposite e più consistenti voci nei bilanci delle difese nazionali; che occorre rivedere profondamente, ovunque, il rapporto tra i fondi destinati alla spesa militare tradizionale e le risorse messe a disposizione di un sempre più necessario interventismo democratico.
Non si tratta di...
PRESIDENTE. Deve concludere...
SERGIO D'ELIA. Mi avvio alla conclusione, Presidente.
Ebbene, non si tratta di esportare la democrazia o alcunché, meno che mai di esportare valori occidentali; si tratta, al contrario, di un'azione di conoscenza dal carattere colossale, di informazione e di controinformazione, a sostegno di chiunque si opponga, nel mondo, a regimi totalitari e illiberali. Si tratta di rimuovere in tutto il mondo gli ostacoli che si frappongono alla possibilità, per ogni donna e per ogni uomo, di vedere effettivamente realizzato il proprio diritto individuale alla libertà ed alla democrazia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Venier. Ne ha facoltà.
IACOPO VENIER. Signor Presidente, il ministro Parisi ed il Presidente Prodi conoscono la lealtà con cui i Comunisti Italiani sostengono questo Governo.
Lealtà significa, però, anche segnalare, al nostro Governo ed al nostro ministro della difesa, l'errore, quando venga commesso. Ebbene, a Vicenza stiamo commettendo un grave, gravissimo errore, che non dobbiamo sottovalutare e che può lasciare una ferita nella relazione con quel territorio, ma anche con il nostro popolo; con quell'elettorato che ci ha conferito un mandato e ci ha portato a governare il nostro paese in nome di un programma elettorale chiaro, che deve essere realizzato in tutte le sue componenti.
La sua relazione, signor ministro, deve essere letta con attenzione, ma parte da un presupposto di comunicazione ancora una volta sbagliato: non stiamo trattando di un allargamento, ovvero del rafforzamento di una presenza; stiamo invece discutendo di una nuova, enorme base statunitense in un territorio già violentemente militarizzato, sul quale insistono delle presenze storiche le quali verrebbero così moltiplicate.
È una base degli Stati Uniti d'America, non della NATO; è una base che, sotto i profili dell'impatto urbanistico e, appunto, della politica estera e di difesa, porterà una grande modificazione per quel territorio Pag. 17e per il nostro paese. Siamo in questa Assemblea per dialogare, in quanto noi portiamo la responsabilità di questo Governo, delle sue scelte e della necessità di sostenerle o di correggerle; voglio pertanto chiederle quale coerenza vi sia, in tal caso, con le politiche estera e di difesa del nostro paese.
Gli Stati Uniti ci chiedono di realizzare un'installazione che serve a collocare e razionalizzare le loro brigate da assalto per la guerra unilaterale, per quella guerra che noi, come paese e come Governo, abbiamo criticato e dalla quale ci siamo dissociati. Non scorgiamo, dunque, alcuna coerenza con la politica estera che stiamo perseguendo e che cerchiamo di realizzare, in attuazione del programma elettorale dell'Unione.
Inoltre, signor ministro della difesa, ci spieghi lei quale coerenza si rinvenga con le politiche di difesa: quale difesa porterà la presenza della 173a Brigata? Quella di Falluja, quella che ha operato in Iraq nelle forme della guerra preventiva e permanente che vuole George Bush! Porterà ulteriori pericoli per la zona e un'ulteriore militarizzazione di un territorio già pesantissimamente condizionato dalla presenza statunitense.
Quindi, noi chiediamo che a tale riguardo si continui a riflettere, proprio in ragione della coerenza programmatica che ci lega al nostro elettorato e che ci lega altresì alla città di Vicenza, la quale ci chiede rispetto.
Lei, signor ministro, si è riferito alle comunità locali, e non agli enti locali: ha quindi evocato la comunità, la relazione con il territorio. Ebbene, noi dobbiamo chiarire ai cittadini di Vicenza che le preoccupazioni della loro larghissima maggioranza sono affidate non al ministro di un altro Stato - in ipotesi, degli Stati Uniti d'America - ma al nostro Governo; è il nostro Governo che deve farsene carico fino in fondo, anzitutto garantendo ai cittadini di Vicenza di poter esprimere la loro opinione.
Vede, signor ministro, ancora ieri sera migliaia di cittadini, a Vicenza, si sono riuniti per chiedere, presenti i parlamentari dell'Unione - di tutte le componenti, non della sinistra radicale o di quant'altro! -, di essere ascoltati e di poter parlare! Ciò, perché, signor ministro, la posizione del consiglio comunale è ambigua - e peraltro non rappresenta tutto il territorio coinvolto in quanto un altro comune si è pronunciato in senso contrario - ed è tecnicamente infondata.
La commissione tecnica comunale, infatti, ha dichiarato quel progetto incompatibile con il piano regolatore generale di Vicenza. I cittadini di quella città ci chiedono di poter parlare, ma il consiglio comunale e il sindaco non vogliono dar loro la parola. Tutte le indagini demoscopiche dimostrano, insieme alle manifestazioni che si sono svolte e a quelle che si svolgeranno, che la stragrande maggioranza della popolazione di quel territorio è contraria. Perciò, come Parlamento e come Governo, noi abbiamo il dovere di intervenire per assicurare questo diritto, il diritto di parlare, anche attraverso atti formali come il referendum.
Signor ministro, in Italia esistono un vincolo programmatico ed una Conferenza nazionale sulle servitù e sulle basi militari. Non sarebbe stato più opportuno decidere una moratoria - ancora oggi, lo possiamo fare - sui nuovi insediamenti, che ci vengono richiesti «a spizzico magnifico», uno qui e uno là, senza una coerenza, per capire che cosa stiamo costruendo nel nostro territorio, per capire quale impatto avrà tutto questo sul nostro territorio e per ragionarci insieme? Una moratoria costituirebbe non una aggressione o una differenziazione nella nostra alleanza con gli Stati Uniti, ma una decisione motivata da esigenze di dignità nazionale, che rifletterebbe la necessità di non consegnare territori come quello di Vicenza.
Ci chiedono questo i cittadini di Vicenza, certamente, ma anche l'UNESCO evidenzia l'impatto urbanistico di questa base in una zona delicatissima e di grandissimo valore ambientale e architettonico e la comunità scientifica e gli stessi militari lo confermano.
È vero, signor ministro, che tali decisioni sono state assunte dal nostro Governo? Pag. 18È vero che si realizzerà - si tratta di notizie che devono essere confermate - un nuovo oleodotto, o si rafforzerà quello esistente, per trasportare cherosene all'aeroporto Dal Molin?
PRESIDENTE. Onorevole Venier...
IACOPO VENIER. È vero che gli Stati Uniti hanno garantito che quella base non sarà mai utilizzata per i voli? Si tratta di un aeroporto non distante dalla città, anzi, situato al centro dell'urbanistica vicentina. Perciò, deve essere garantito che quella base non sarà mai operativa e, comunque, che le scelte sono state compiute in coerenza con la sovranità del nostro paese.
Le dico tutto questo, signor ministro, affinché si possa riflettere insieme e si possa evitare di commettere, insieme, un gravissimo errore. Questo paese ha preso una distanza definitiva da un certo modo di intendere le relazioni con gli Stati Uniti. Dobbiamo andare a testa alta. Noi non chiediamo altro se non l'applicazione del programma elettorale e il dialogo con il nostro popolo, con la nostra gente, che deve potersi esprimere, che si esprimerà, e il nostro Governo - ne sono sicuro - saprà ascoltarla (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA. Signor Presidente, signor ministro, un sistema istituzionale e democratico deve garantire insieme la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica e l'effettiva rappresentatività delle istituzioni che prendono le decisioni fondamentali per la vita associata. Il centrodestra non è riuscito in questo e la partecipazione dei cittadini è stata ridotta negli spazi e nei modi. Crediamo, invece, che partecipazione, rappresentanza e governabilità siano valori fondamentali da preservare e garantire. Questo si afferma nel nostro programma, questo si afferma nel programma dell'Unione. Egregio ministro, a lei sembra, in tutta onestà, che la lettera e lo spirito del programma siano stati rispettati in tutta la vicenda di Dal Molin? Moltiplicheremo le occasioni di consultazione, favorendo una opinione pubblica informata, incentiveremo e diffonderemo l'esperienza di democrazia partecipata a livello locale, favorendo il dialogo tra le istituzioni e i soggetti della società civile.
Anche questo, ministro, c'è scritto. A lei, in tutta onestà, sembra giusto che per una decisione di questa portata sia sufficiente un ordine del giorno contorto e ambiguo di un consiglio comunale di uno dei comuni interessati? Certo, quello di Vicenza è il più importante, ma non l'unico. Una trasformazione così radicale dell'urbanistica e del territorio si può assumere con un ordine del giorno, quando anche per l'inserimento di un centro commerciale è necessaria una deliberazione, un'istruttoria, con le commissioni competenti e con la partecipazione della gente attraverso i consigli di quartiere?
Allora, signor ministro, cos'è successo che ha spinto il Governo e il nostro premier a tradire la lettera e lo spirito del nostro programma, che abbiamo sottoscritto e su cui abbiamo chiesto il voto anche ai cittadini e alle cittadine di Vicenza? Sono troppo pochi quei voti, contano di meno i voti del centrosinistra in una città del profondo e laborioso Nord? Contiamo meno noi che lì siamo stati eletti e che contribuiamo, non solo con il nostro lavoro istituzionale e il nostro voto, a sostenere il Governo e cerchiamo di rappresentare le istanze della popolazione che ci ha eletti? In Parlamento cerchiamo di dar voce alle ragioni che da mesi e mesi spingono un'intera comunità a ribellarsi contro questa nuova base statunitense - come hanno spiegato i colleghi Venier e Deiana -, un insediamento a ridosso del centro cittadino, a meno di due chilometri dalla Basilica Palladiana.
Le ragioni sono molteplici e fondatissime, basterebbe guardare questa foto aerea (La deputata Zanella mostra una fotografia). Guardate colleghi, rappresentanti del Governo e Presidente, a meno di due chilometri dalla Basilica Palladiana proponete di inserire una grandissima base Pag. 19militare, un simile insediamento in un'area che è rimasta libera, in piena città, il cui utilizzo è strategico per il futuro della città stessa! I cittadini abbandonati, ignorati e traditi dal proprio sindaco - che per mesi ha tenuto nascosto, complice il Governo del centrodestra, il progetto - si sono attivati, organizzati, hanno cominciato una ricerca indefessa di carte, di elementi e di informazioni (ecco l'opinione pubblica informata di cui parliamo nel programma), si sono rivolti a noi e noi li abbiamo aiutati come abbiamo potuto. A nostra volta, ci siamo rivolti al Governo, abbiamo rappresentato il problema, l'impatto ambientale, lo sfacelo urbanistico, lo sfruttamento bestiale di beni comuni (terra, acqua, energia), l'impatto sociale, perfino quello economico e, signor ministro, quello simbolico. Vicenza è una città patrimonio dell'umanità tutelata dall'Unesco. È stata consultata questa importante istituzione? Sono stati effettuati gli studi di impatto ambientale secondo le normative comunitarie, visto che questa iniziativa non è classificata come opera di difesa nazionale e, quindi, si applica la direttiva comunitaria sulla valutazione di impatto ambientale?
Noi Verdi - con i colleghi qui presenti, il presidente Bonelli e la collega De Zulueta - abbiamo presentato un'interpellanza su tale questione. La scelta di Dal Molin è stata inserita nel ragionamento complessivo della revisione delle servitù militari, impegno anche questo programmatico? Quando convochiamo la conferenza prevista sul tema? Dopo il raddoppio e a cose fatte? Inoltre, questa scelta come si rapporta con la nuova politica estera del Governo che ha fatto tanto sperare?
Come si coniuga la funzione di questa base con l'articolo 11 della Costituzione, che prevede il ripudio della guerra mentre quella sarà una base inserita all'interno di una strategia di guerra?
Queste, signor ministro, sono le domande che ci rivolgono i cittadini, le donne, gli uomini, le giovani, i giovani di Vicenza e dei comuni limitrofi. Il Governo, come abbiamo ormai ripetuto a iosa, ha tratto in inganno i cittadini. Questa è la realtà. Li ha illusi, promettendo che avrebbero potuto esprimersi. Di fatto, c'è stato garantito un metodo che non è stato assolutamente rispettato, quanto meno, il metodo, se non la scelta finale. Noi ci siamo fatti garanti, perché ci abbiamo creduto, e siamo stati sbugiardati, signor ministro, siamo stati delegittimati. Il Presidente Prodi, dalla Romania, ha fatto un errore enorme, ha tagliato corto, senza prendersi la briga di spiegare alla città e a noi parlamentari, che la rappresentiamo, le ragioni dell'improvvisa assunzione di decisioni. Oggi abbiamo sentito queste ragioni, ma non può il ritmo del bilancio statunitense essere ciò che determina una scelta così importante.
PRESIDENTE. Deputato Zanella, deve concludere.
LUANA ZANELLA. Ma è realismo politico questo? È realismo politico distruggere il rapporto di fiducia? È un servizio all'alleanza USA - Italia questo che, gioco forza, fa nascere un sentimento antiamericano in una comunità che, da cinquant'anni, ospita - non lo dimentichiamo - la caserma Ederle, il villaggio americano, due basi sotterranee, un centro autoveicoli, un centro logistico per la gestione delle strutture militari, circa 1 milione 326 mila metri quadrati, che, se si realizza il nuovo intervento, diventerebbero 3 milioni 49 mila metri quadrati? È realismo politico? Noi crediamo di no ed invitiamo il Governo ad avere il coraggio di ritornare sui propri passi. Dalle sue parole, noi abbiamo colto uno spiraglio. Lo ripeto: abbiamo colto uno spiraglio.
Ministro, mi appello a lei: cerchiamo di mantenere integra la fiducia della gente e dei nostri elettori e, soprattutto, di essere conformi, aderenti e fedeli al nostro programma. Ringrazio il Presidente anche per la sua pazienza (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi, L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fabris. Ne ha facoltà.
Pag. 20
MAURO FABRIS. Signor Presidente, desidero innanzitutto ringraziare il signor ministro, anche da vicentino, per le parole di verità, fondate e precise, che, finalmente, sono state dette in quest'aula. Si tratta di un'iniziativa che nasce nell'ottobre del 2004 nonché della necessità di giudicare i fatti per come si sono svolti. Devo dire che anche le attestazioni di gratitudine espresse al ministro Parisi dall'ex ministro Martino e dal rappresentante di Alleanza Nazionale, al di là degli aspetti «pelosi» che avevano in sé, nel tentativo di edulcorare o limitare le responsabilità che il precedente Governo si è assunto in questa vicenda, fanno giustizia di chi diceva che l'attuale Governo ha agito con insufficiente approfondimento dei fatti, senza tener conto di quanto, in verità, bisognasse fare, quasi che questo Esecutivo fosse libero da vincoli o da impegni precedentemente assunti. Così non è e così non è mai stato e, questa mattina, il ministro Parisi, con quel coraggio, che qualcuno ha detto, invece, essergli mancato, ha avuto modo di chiarire questi aspetti. Quindi, è chiaro che, se il progetto è andato avanti ed è stato presentato solo nel maggio dell'anno scorso in consiglio comunale, è perché il Governo degli Stati Uniti aveva aspettative consolidate e c'era una disponibilità chiarissima, avvalorata dai documenti che il ministro ha citato, del precedente Governo.
Devo dire, inoltre, al ministro Parisi che è stato chiaro sul punto, anche all'inizio di questa vicenda, quando, in un colloquio con me ed altri rappresentanti dell'Unione, disse, in maniera molto chiara: se Vicenza dirà «sì», noi diremo «sì»; se Vicenza dirà «no», noi diremo «no». Questo era un modo chiaro, come è stato ripetuto questa mattina, per affermare che noi avevamo degli impegni, non solo le alleanze internazionali sottoscritte, ma anche gli impegni del Governo precedente e che, al tempo stesso, noi e il nostro Governo eravamo pronti a dire di no a questo nuovo insediamento americano a Vicenza solo nel caso in cui, a livello locale, come è giusto che sia, ci fosse stato un diniego o un indisponibilità ad ospitare l'allargamento dell'aeroporto di Dal Molin.
È insomma finita questa mattina - e io spero una volta per tutte - la commedia degli inganni, messa in atto prima dal Governo del Polo, poi dal sindaco di Vicenza, che per quattro anni silente, anzi, con atteggiamento «tartufesco», ha tenuto nascosto alla città ciò che stava accadendo.
Il ministro ha citato date, documenti, lettere, laddove si dimostra che la città, nelle sue istituzioni locali, non può dire di essere stata tenuta all'oscuro. Il sindaco ha fatto la parte del silente per quattro anni e poi ha tentato di assumere un protagonismo per mettere in difficoltà il Governo centrale, un Governo di Roma non più amico. In questo vi è un atteggiamento irresponsabile da parte del sindaco della città e della maggioranza che lo sostiene: si è giocato sulla pelle della città e questo oggi è fuori discussione proprio per i dati che abbiamo ascoltato.
Se un giorno si farà la storia precisa, come stamattina abbiamo iniziato a fare, di ciò che rischia la nostra città, in quella storia occorrerà scrivere delle responsabilità incontrovertibili che vi sono (ma si tratta di polemiche che ormai non servono più!) È stato un errore, secondo me, insistere, da parte anche di alcuni della nostra maggioranza, su un «no» privo di realismo e di prospettive, privo dell'aggancio con la realtà che lei ha invece qui riassunto questa mattina.
Non so che cosa altro potesse fare il nostro Governo, se non muoversi nella stretta strada delineata dagli accordi internazionali sottoscritti dall'Italia, con quella compatibilità dunque che il progetto ha con la politica estera e militare che il nostro paese ha sempre sostenuto e con le responsabilità che competevano a livello locale.
Noi paghiamo, dunque, tutto questo in termini di immagine e anche di scontro con una città, che, giustamente, si sente presa in giro, che, giustamente, si sente impotente di fronte a qualcosa che le sta accadendo sopra la testa. Che c'entra dunque parlare di altre cose? Vorrei dirlo agli Pag. 21esponenti del centrodestra che in questo momento non sono in aula; anzi, se i cittadini di Vicenza potessero vedere quest'aula stamattina, capirebbero come stanno le cose: una destra che ha scaricato sulla città questo problema, che oggi irresponsabilmente se ne lava ulteriormente le mani, che addirittura non viene in aula e manda deputati non vicentini a parlare di vicende che toccano da vicino questo nostro territorio! Questa è la destra che ha governato l'Italia per cinque anni! Questa è la destra che oggi tenta ancora una volta, giocando sulla pelle della città, di mettere in difficoltà chi oggi al governo assume con grande responsabilità ciò che compete ad un Esecutivo che ha una politica estera! A tale proposito, vorrei dire al ministro Martino - che ora non è più in aula - che abbiamo una politica estera e che il ministro della difesa è venuto qui questa mattina a ribadirlo.
Allora, lasciamo perdere le polemiche. A noi interessa dire una cosa, signor ministro. Qui vi è una città piccola, meno di un quartiere di Roma, di 110 mila abitanti, fragile, patrimonio dell'Unesco, che rischia oggi di pagare un conto altissimo per queste irresponsabilità che vi sono state nel Governo precedente e nell'amministrazione che, purtroppo, ancora governa la città di Vicenza. Dobbiamo stare attenti a quello che andremo a fare!
Lei, ministro, ha promesso che il Governo vigilerà nell'attuazione e nella fase di transizione. Ebbene, io le chiedo, come hanno fatto anche i colleghi che mi hanno preceduto, di parlare di questo adesso, di mettere da parte le polemiche, i tentativi che qualcuno, purtroppo anche nella nostra maggioranza, continua a fare per tentare di cavalcare la polemica e il sentimento locale esistenti. Vorrei dire a destra come a sinistra: lasciate perdere, perché i cittadini di Vicenza, che sono contro questa base, non stanno facendo un ragionamento politico, ma stanno facendo un ragionamento che riguarda la loro vita, il nostro futuro, il futuro di una comunità che si sente veramente violentata dal tipo di situazione che si sta delineando.
Noi rischiamo anni e anni di tensioni, anni e anni di invivibilità, non solo di una parte della città, ma dell'intera comunità locale. Dunque, è di questo che dobbiamo parlare, signor ministro, e dobbiamo far sì che il nostro Governo, assumendosi le responsabilità che altri non si sono assunti, dichiari che una soluzione c'è, prendendo atto - lo dico anche a chi discute di Vicenza senza conoscerla - che quell'aeroporto è sempre stato militare, aperto al traffico civile e sede del comando della Quinta ATAF fino al 2002, cioè il comando - lo voglio dire anche a qualcuno che oggi in maggioranza strepita - che ha governato, per intenderci, la guerra nei Balcani: lì c'era il comando della Quinta ATAF, lì vi sono sempre stati i reparti dell'aeronautica militare (e ancora oggi ve ne sono due); quindi un aeroporto che poteva tranquillamente sopportare...
LALLA TRUPIA. Dall'altra parte...!
MAURO FABRIS. ...dalla parte militare, ovviamente su via Ferrari - se qualcuno sa dov'è - anche questo nuovo insediamento, e potrebbe sopportarlo se noi fossimo in grado di spiegare anche agli alleati americani che così quel progetto a Vicenza non si può fare!
Penso, signor ministro, che vi saranno tensioni talmente alte che anche la tradizionale bonomia ed amicizia che i vicentini hanno sempre dimostrato agli alleati americani sarà messa in discussione. Voglio ribadire che in questo si gioca la nostra credibilità come maggioranza di Governo e come Governo che vuole ascoltare il territorio.
Dobbiamo fare tutto, con gli strumenti di cui disponiamo, per cambiare quel progetto. «Sì» alle alleanze poste in essere, «sì» agli impegni che abbiamo sottoscritto, ma dobbiamo avere anche la forza di migliorare un progetto che sicuramente per la città non va bene (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Reina. Ne ha facoltà.
Pag. 22
GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, signor ministro, anche noi abbiamo apprezzato la compiutezza della sua relazione.
Certamente, non sono tra coloro che vuole giocare sulle contraddizioni che in questo momento attraversano la maggioranza che sostiene il Governo.
La tematica in discussione è molto complessa e può esser affrontata in tanti modi, ma certamente dobbiamo evitare che venga fatto in quello peggiore: stiamo parlando della linea di politica estera dello Stato, non del Governo dell'unione, non di una parte del paese!
Per intenderci, potremmo anche rileggerci le pagine della storia per capire come la politica estera dell'Unione sovietica non fu molto diversa, dal punto di vista dell'espansionismo, dalla politica estera degli zar. Ciò significa che le politiche estere non subiscono cambiamenti sostanziali e radicali nel breve volgere dei governi che si succedono all'interno degli Stati.
La nostra politica estera nasce dalla consapevolezza del dopoguerra di dare sicurezza e pace al nostro paese, al Mediterraneo, all'area alla quale apparteniamo.
Non è in gioco il rapporto tra il nostro popolo, il nostro Governo ed il Governo ed il popolo degli Stati Uniti. È in gioco la nostra credibilità rispetto ad accordi internazionali che sono stati siglati nel 1954, come ci ha ricordato Francesco Cossiga in una nota pubblicata sulle pagine di un autorevole quotidiano.
L'articolo 3 del Trattato istitutivo della Nato ha consentito nel 1954 l'accordo politico militare tra noi e gli Stati Uniti. Quindi, questo ragionamento andrebbe inquadrato in una logica molto più complessa del semplice rapporto tra noi e gli Stati Uniti o addirittura tra questo Governo e l'attuale amministrazione Bush, come faceva bene a ricordare un collega della maggioranza che mi ha preceduto poco fa.
Il vero problema non è questo, ma un altro: la Nato venne concepita con uno spirito di mantenimento della pace, di garanzia e di sicurezza per i popoli nel 1954, ma in uno scenario internazionale completamente diverso da quello attuale. Il problema è: quanto pesa oggi il nostro paese con la sua politica dentro la Nato? In che modo il nostro paese articola la propria funzione, il proprio peso all'interno di questo strategico strumento della pace?
Semmai questo è il vero problema, perché, ponendoci lungo questa strada, allora possiamo essere certi che il Governo troverà modo di far rispettare quelle condizioni che garantiscono alla popolazione di Vicenza quella tranquillità e quella prospettiva che essa giustamente pretende di avere!
Anch'io sono convinto che, probabilmente, una consultazione informale della popolazione poteva essere utile, ma ricordiamo tutti che, in tema di politica internazionale, non sempre è opportuno e possibile fare ciò. Sappiamo inoltre (ed è stato ricordato per i gassificatori) che quando si tratta di insediamenti militari vi è una certa riluttanza della popolazione ad accettarli, in qualunque parte del territorio nazionale.
PRESIDENTE. Deve concludere...
GIUSEPPE MARIA REINA. Mi avvio a conclusione, ricordando il collega che citava gli strumenti urbanistici: sfido lo strumento urbanistico di qualunque comune d'Italia a prevedere un insediamento militare di qualunque dimensione.
PRESIDENTE. Ho ricevuto una richiesta di intervento, a titolo personale, del deputato La Malfa.
Ricordo che, per prassi, nel corso di un'informativa urgente del Governo, trattandosi di discussione limitata in cui è consentito l'intervento di un deputato per gruppo, non sono previsti interventi a titolo personale.
Tuttavia, in qualche occasione si è fatta un'eccezione e a tale precedente ricorro per dare la parola, per un minuto, al deputato La Malfa.
Ha facoltà di parlare il deputato La Malfa.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, la ringrazio molto di questa decisione. Naturalmente, pongo un problema che la prego di trasmettere al Presidente della Camera. È intollerabile che si preveda una situazione nella quale, in un qualsiasi dibattito, non sia consentito a qualunque dei 630 membri della Camera di intervenire.
I gruppi non possono espropriare il tempo della Camera. Se per un dibattito vi è un tempo limitato, ad esempio mezz'ora, ciascun deputato che voglia parlare deve poterlo fare per un seicentotrentesimo di quella mezz'ora. È inaccettabile l'idea che esistano regole per il funzionamento della nostra Camera che attribuiscono solo ai gruppi parlamentari il tempo disponibile per i dibattiti.
Nel ringraziarla di questa sua cortesia, chiedo che il problema sia posto una volta per tutte e che l'Ufficio di Presidenza esamini tale questione. La Camera dei deputati è un insieme di parlamentari che possono e si devono riunire in gruppi, ma se un parlamentare ritiene di avere qualche cosa da dire, non può esservi alcuna condizione che gli impedisca di farlo, perché sarebbe una violazione della libertà costituzionale del parlamentare.
Si può solo stabilire che il tempo che il singolo parlamentare può utilizzare nel corso dei lavori della Camera non possa superare il limite del tempo necessario per attività non ostruzionistiche (quindi, 30, 40 secondi, un minuto).
Spero, dunque, di rimanere nel minuto che mi ha concesso, al di là di questa brevissima premessa, ma la prego di riferire al Presidente della Camera che si tratta di una questione che attiene ai diritti di libertà del Parlamento.
Sono membro del gruppo Misto, perché non ritengo di appartenere e di potermi iscrivere ad alcun gruppo di questa Camera. Questo non mi può impedire di esprimere sulle grandi questioni nazionali (e questa è certamente una grande questione nazionale), in tempi limitatissimi, la mia opinione. Sarò brevissimo, Presidente, per non abusare del tempo che mi è stato dato.
Il ministro della difesa ha illustrato la procedura attraverso la quale il Governo Prodi ha deciso di istruire la questione Vicenza ed ha indicato la decisione finale alla quale è giunto il suo Governo.
La posizione, a mio avviso, è chiara. Si può discutere se il Governo abbia fatto bene o male a parlare di questioni urbanistiche, ad assegnare all'ente locale la decisione e così via, ma la posizione illustrata dal Governo, dal Presidente Prodi in Romania e oggi dal ministro della difesa, è molto chiara.
Siamo favorevoli, per ragioni di carattere generale che attengono ai rapporti tra l'Italia e gli Stati Uniti, a questa scelta e prendiamo atto dell'orientamento. Chiedo soltanto se terrà questa posizione, signor ministro. Terrà il Governo questa posizione? La terrà di fronte ai dubbi - che capisco - di parte importante della sua maggioranza? C'è uno spiraglio, come ha detto l'onorevole Zanella, per una revisione di questa decisione?
Mi auguro di no, ma questa è la domanda che le debbo fare e mi auguro che la posizione da lei espressa con chiarezza possa essere mantenuta.
Grazie, signor Presidente, anche per la sua cortesia.
PRESIDENTE. Naturalmente, la Presidenza prende atto delle sue osservazioni ed affronterà la questione da lei sollevata.
È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15.
La seduta, sospesa alle 10,55, è ripresa alle 15.