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Discussione del testo unificato delle proposte di legge Ascierto; Zanotti ed altri; Naccarato; Mattarella ed altri; Ascierto; Galante ed altri; Deiana; Fiano; Gasparri ed altri; Mascia; Boato; Boato; Boato; Scajola ed altri; D'Alia; Maronied altri; Cossiga; Cossiga: Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto (445-982-1401-1566-1822-1974-1976-1991-1996-2016-2038-2039-2040-2070-2087-2105-2124-2125-A) (ore 15,05).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge d'iniziativa dei deputati Ascierto; Zanotti ed altri; Naccarato; Mattarella ed altri; Ascierto; Galante ed altri; Deiana; Fiano; Gasparri ed altri; Mascia; Boato; Boato; Boato; Scajola ed altri; D'Alia; Maroni ed altri; Cossiga; Cossiga: Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 445-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare de L'Ulivo ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, presidente Violante, ha facoltà di svolgere la relazione.
LUCIANO VIOLANTE, Relatore. Signor Presidente, i servizi di sicurezza sono regolati, attualmente, da una legge che risale al 1977, che fu la prima in materia di servizi di sicurezza e di segreto di Stato. Quella legge nacque in seguito all'accoglimento di un'eccezione di costituzionalità relativa alla normativa sul segreto di Stato e dall'esigenza politica di impedire che esigenze di carattere internazionale, connesse alla guerra fredda e al bipolarismo, interferissero con la politica interna.
Le principali novità, allora, furono tre: invece di un solo servizio, che si chiamava SID (Servizio informazione difesa), ne furono istituiti due: uno prese il nome di SISMI (Servizio sicurezza militare), l'altro prese il nome di SISDE (Servizio sicurezza democratica), individuando una ripartizione di compiti per materia, non per territorio. Al SISMI andò la sicurezza militare e il controspionaggio, al SISDE il terrorismo.
Furono istituiti un Comitato parlamentare di controllo, quello attualmente funzionante, con compiti abbastanza affievoliti, dal punto di vista del controllo, e un Comitato esecutivo presso la Presidenza del Consiglio (CESIS), composto da funzionari, con compiti non di coordinamento dei servizi, ma di supporto all'attività del Presidente del Consiglio.
Ci fu, poi, una nuova disciplina del segreto di Stato, che prevedeva la possibilità per l'autorità giudiziaria di chiedere conferma del segreto al Presidente del Consiglio dei ministri; se quest'ultimo non lo avesse confermato entro 60 giorni, il segreto si riteneva superato.
Oggi, questa legge, che trent'anni fa, quando fu approvata, certamente rappresentava un passo avanti, è superata, innanzitutto perché è cambiata la geografia politica del mondo. Eravamo, allora, nell'epoca del bipolarismo internazionale, della guerra fredda e dello scontro tra blocchi e i servizi di sicurezza del mondo occidentale rispondevano ad una certa logica, naturalmente.
Anche per queste ragioni, quella legge era abbastanza generica, per cui oggi ci troviamo di fronte ad un vuoto di regole, di garanzie e di controlli, con due tipi di rischi: che gli operatori dei servizi di sicurezza siano privi delle sufficienti garanzie per poter operare; che, all'interno degli stessi, così come si è verificato non una sola volta, vi siano deviazioni gravi, da parte non solo di singoli, ma anche di interi uffici.
Un ulteriore elemento di novità è dato dal fatto che la sicurezza della Repubblica è oggi esposta a nuovi pericoli (nuovoPag. 3terrorismo, proliferazione di armi nucleari), che esigono differenti professionalità.
In questo contesto, pertanto, un'efficace politica della sicurezza e un'ambiziosa politica estera, indipendentemente dal Governo e dal suo colore politico, hanno bisogno di un sistema di sicurezza adeguato a tali esigenze.
La mancata determinazione, inoltre, di confini precisi tra le competenze dei due servizi ha creato inevitabilmente sovrapposizioni ed interferenze. Come è noto, sulla base di tali competenze esistono uffici del SISMI in Italia ed uffici del SISDE al di fuori dei confini nazionali.
Indicherò sinteticamente le dieci principali innovazioni introdotte dal testo unificato al nostro esame.
La prima è che i servizi rimangono due, ma con una netta distinzione di competenze per aree geografiche. Uno dei servizi si occuperà dell'interno (è stato chiamato SIN, Servizio informazioni interne), compreso il controspionaggio, e l'altro si occuperà dell'estero, compresa la controproliferazione concernente i materiali strategici. Ciò non significa che il servizio interno non possa operare all'estero e viceversa. Quando ciò avverrà, esso dovrà informare l'altro servizio ed operare insieme con un coordinamento del Dipartimento. Infatti, al posto del CESIS, l'attuale Comitato esecutivo, viene istituito un Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, che prende la sigla DIS. Esso, a differenza del CESIS, ha effettive funzioni di controllo, di legalità e di coordinamento. Il controllo è effettuato attraverso un nuovo ufficio, l'ufficio ispettorato che ha particolari garanzie. Agli ispettori, infatti, viene garantita autonomia ed obiettività di giudizio nello svolgimento delle proprie funzioni. Questo ufficio può controllare i conti e le attività effettive dei servizi senza interferire, naturalmente, con le operazioni in corso.
I due servizi non rispondono più al ministro dell'interno ed a quello della difesa, come in passato, ma dipendono direttamente dal Presidente del Consiglio dei ministri.
La quarta novità è che il Presidente del Consiglio dei ministri può gestire direttamente o delegare alcune di queste funzioni - non tutte in quanto alcune gli spettano specificamente - ad un sottosegretario o ad un ministro senza portafoglio. Mi soffermo su questo dato. Si è ritenuto di dare la facoltà al Presidente del Consiglio di istituire anche un ministro senza portafoglio, per un problema di parità di rapporto tra questa autorità politica ed i ministri degli esteri, della difesa e dell'interno che sono gli interlocutori naturali di questo tipo di attività.
La quinta novità è che sono previste garanzie funzionali per il personale dei servizi.
La sesta innovazione è che il Comitato parlamentare di controllo ha nuovi forti poteri di controllo anche sulle spese e, conseguentemente, i suoi componenti diventano dieci: essendo aumentati i poteri di controllo, è evidente che si pone il problema di evitare che forze significativamente rappresentative del paese non siano presenti all'interno dell'organo. Questa è la ragione per cui si è passati da otto a dieci membri.
Il segreto di Stato non è più eterno, ma diventa temporaneo: 15 anni prorogabili, in alcuni casi eccezionali, per un massimo di altri 15 anni. Ho letto, anche oggi, che un nostro autorevole collega, un importante storico del paese, ha lamentato che tale termine sarebbe troppo elevato rispetto a quanto accade in altri paesi. Grazie agli uffici della Camera ho compiuto una rapida verifica e non mi pare che la valutazione sia fondata. La Francia prevede 60 anni per il segreto di Stato; la Repubblica federale tedesca 30; in Spagna si decide volta per volta, e quindi senza alcuna garanzia. Negli Stati Uniti vi sono varie discipline; una stabilisce un minimo di 25 anni mentre il tempo per i segreti che riguardano la gestione della Presidenza degli Stati Uniti è stabilito di volta in volta dallo stesso Presidente alla scadenza del mandato. Mi sembra, quindi, che il tempo indicato sia adeguato. Naturalmente discuteremo di ciò, come di altro, durante l'esame del provvedimento.Pag. 4
Il segreto di Stato (è un'importante novità) non può più essere opposto alla Corte costituzionale. Abbiamo stabilito forti poteri parlamentari di controllo ed una norma di chiusura posta in capo alla Corte costituzionale e non all'autorità giudiziaria ordinaria perché, come dirò tra un momento, Governo ed autorità giudiziaria sono poteri costituzionalmente equiordinati e, quindi, non è corretto che nessuno dei due prevarichi l'altro.
Vi è rigore per le assunzioni. Una delle critiche mosse agli attuali servizi (non so quanto fondate, ma molto diffuse) riguarda proprio le modalità di accesso molto discrezionali. Il provvedimento prevede che si acceda di regola per concorso; gli incarichi per chiamata saranno temporanei e non a tempo indeterminato. Vi sarà incompatibilità per ragioni di parentela per le chiamate nominative ed incompatibilità assoluta per i rapporti di parentela e di affinità con i vertici dei servizi.
È prevista la decadenza dal Comitato parlamentare di controllo del parlamentare che abbia violato il segreto, previo accertamento da parte di una Commissione pariteticamente composta da parlamentari della maggioranza e dell'opposizione nominata dai Presidenti delle Camere.
Su questo aspetto è stata sollevata una critica in ambito giornalistico, secondo la quale avremmo stabilito una sorta di «giro di vite» nei confronti dei giornalisti che violassero il segreto. Mi pare sia facile replicare, anche grazie all'intervento di molti colleghi in Commissione, che abbiamo riportato la fattispecie della violazione del segreto da parte di soggetti esterni al Comitato alla norma recata dall'articolo 326 del codice penale sulla violazione del segreto d'ufficio. Tale disposizione si applica quindi per la violazione del segreto di tutte le Commissioni di inchiesta; ne abbiamo tutti votata l'applicazione, anche recentemente, per la Commissione antimafia e per la Commissione rifiuti e francamente, signor Presidente, mi riesce difficile immaginare che debba essere punito il giornalista che viola il segreto della Commissione rifiuti e debba essere invece garantito il giornalista che viola il segreto della Commissione parlamentare di controllo sui servizi di sicurezza.
Queste sono le dieci novità.
Per quanto riguarda le garanzie funzionali, esse consistono in una speciale causa di giustificazione per gli operatori dei servizi che tengono comportamenti astrattamente configurabili come reato; si tratta di una causa di giustificazione come ve ne sono tante negli articoli dal 51 a seguire del codice penale. Naturalmente, sono indicati molti limiti. Anzitutto, non possono in alcun caso essere autorizzate condotte che mettano in pericolo o ledano «la vita, l'integrità fisica, la personalità individuale, la libertà personale, la libertà morale, la salute o l'incolumità» delle persone, o che integrino i reati di attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali, attentati contro i diritti politici del cittadino o i delitti contro l'amministrazione della giustizia, salvo il favoreggiamento, purché non si tratti di «false dichiarazioni all'autorità giudiziaria e non cagionino (...) uno sviamento degli accertamenti da questa disposti». Non possono in alcun caso essere autorizzate condotte contro sedi di partiti, sedi di sindacati, giornalisti professionisti. Per i parlamentari valgono naturalmente le garanzie costituzionali ex articolo 68 della Costituzione.
La causa di giustificazione si applica - e l'autorizzazione può darla solo il Presidente del consiglio dei ministri - in questi casi: quando le condotte siano «poste in essere nell'esercizio o a causa di compiti istituzionali (...), in attuazione di un'operazione autorizzata e documentata (...) e secondo le norme organizzative del Sistema di informazione (...)»; quando le condotte «sono indispensabili e proporzionate per il conseguimento degli obiettivi dell'operazione non altrimenti perseguibili»; quando «sono frutto di una obiettiva e compiuta comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti»; quando, infine, «sono effettuate in modo tale da comportare il minor danno possibile per gli interessi lesi».Pag. 5
Il Presidente del Consiglio dei ministri autorizza con provvedimento motivato e può in ogni caso modificare o revocare l'autorizzazione. La preordinazione illegittima di circostanze idonee a far scattare l'autorizzazione è punita con la reclusione da tre a dieci anni; la documentazione con le spese è conservata presso il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza e l'ufficio ispettivo di cui ho parlato poc'anzi effettua un controllo sulla rendicontazione delle spese. Inoltre, entro trenta giorni dalla conclusione dell'operazione, il Presidente del Consiglio dei ministri deve informare il Comitato parlamentare di controllo.
La causa di giustificazione può essere opposta all'autorità giudiziaria che, se ritiene la apposizione non fondata, può rivolgersi alla Corte costituzionale; quest'ultima ha pieno accesso a tutta la documentazione e, come poc'anzi ho accennato, dinanzi ad essa non si può opporre il segreto di Stato. Naturalmente, la Corte stabilisce proprie normative a tutela della riservatezza delle informazioni acquisite.
Venendo ai controlli, ne sono previsti tre tipi: amministrativi, parlamentari e giurisdizionali. I controlli amministrativi «passano» in particolare attraverso due uffici. L'ufficio ispettivo, cui ho accennato varie volte nel corso del mio intervento, è istituito presso il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, esercita il controllo sui due servizi e sullo stesso DIS, verificando la conformità delle attività alle leggi, ai regolamenti, alle direttive, alle disposizioni del Presidente del Consiglio dei ministri. Può controllare tutti gli atti dei servizi e gli ispettori godono di autonomia e di indipendenza di giudizio; è previsto che gli ispettori non possano passare alle dipendenze dei servizi di sicurezza: ciò per evitare che vi possano essere scambi impropri tra i due uffici.
Il secondo ufficio per il controllo amministrativo è l'ufficio centrale degli archivi; l'archivio è naturalmente uno strumento molto importante per i servizi, anche al fine di controllare la legalità delle operazioni condotte. Disposizioni specifiche per gli archivi vengono impartite dal Presidente del Consiglio dei ministri ed il controllo e la vigilanza sull'attuazione di tali disposizioni è effettuata da questo ufficio centrale degli archivi. Quest'ultimo gestisce l'archivio centrale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza e conserva la documentazione relativa ai bilanci ed alle condotte autorizzate.
Il secondo tipo di controllo è quello parlamentare; al riguardo, è fortemente potenziato il ruolo del Comitato di controllo parlamentare, che svolge funzioni di controllo effettivo, e non formale, e funzioni consultive sugli schemi dei decreti e dei regolamenti relativi ai servizi.
Inoltre il Presidente del Consiglio dei ministri trasmette ogni sei mesi al Comitato parlamentare una relazione sull'attività dei servizi di sicurezza. Sono comunicati al Comitato tutti i regolamenti e le disposizioni emanate dal Presidente del Consiglio dei ministri; così anche debbono fare il ministro dell'interno, della difesa e degli affari esteri.
Il Presidente del Consiglio dei ministri informa il Comitato circa le operazioni condotte dai servizi di sicurezza - quelle autorizzate in base al principio delle garanzie funzionali -, comunica anche le richieste che provengono dall'autorità giudiziaria, comunica l'istituzione degli archivi dei servizi di sicurezza e del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Inoltre, è fissato un principio molto importante, anche in relazione a recenti vicende giudiziarie, secondo cui non possono essere istituiti archivi diversi da quelli comunicati al Comitato parlamentare.
Nell'informativa che il Presidente del Consiglio presenta al Comitato sono riepilogate in forma aggregata le previsioni iscritte nel bilancio del Dipartimento, dei due servizi ed i relativi stati d'utilizzo. Vengono redatte due relazioni all'anno (una ogni semestre); tra l'altro il Presidente del Consiglio nella relazione informa il Comitato dei criteri di acquisizione dei dati personali raccolti dai servizi di sicurezza per il perseguimento dei loro fini.
Il terzo tipo di controllo è quello giurisdizionale; come ho già detto, la novitàPag. 6principale è il divieto di opporre qualsiasi tipo di segreto alla Corte costituzionale. Questo principio costituisce la norma di chiusura del sistema. Lo ripeto: non si è ritenuto utile far prevalere né l'esecutivo sul giudiziario né il giudiziario sull'esecutivo trattandosi di poteri equiordinati. L'importante è che ciascuno possa far valere le proprie funzioni costituzionali e che, nel caso di conflitti, vi sia un organo - la Corte costituzionale - che li dirima deliberando.
Nella discussione in atto in questi giorni si è trattato più volte del rapporto che passa tra obbligo di conservare e tenere il segreto e diritto di difesa. Il testo non affronta questo problema: ne spiego subito il perché. Esso presuppone la soluzione della seguente questione: se l'imputato sia tenuto al segreto o possa violarlo nell'esercizio del diritto di difesa. Si tratta di un delicatissimo bilanciamento tra interessi che non può essere stabilito per legge, perché dipende anche dal tipo di segreto e dal tipo di reato di cui si è imputati; quindi, sarebbe francamente sbagliato stabilire con una legge un criterio fisso. Questo è un problema che riguarda la difesa, il difensore dell'imputato, mentre nel provvedimento è stabilita un'altra cosa. Nel momento in cui un soggetto diverso dal testimone oppone un segreto - tra l'altro, tale soggetto può essere imputato, indagato, parte civile, parte privata, consulente, perito e così via - il magistrato, se ritiene che quella notizia gli serva per andare avanti, chiede conferma al Presidente del Consiglio; se invece ritiene che per lui la notizia sia ininfluente, naturalmente non l'acquisisce e procede.
Infine, elencherò brevemente i rapporti con l'autorità giudiziaria. Il Presidente del Consiglio dei ministri può chiedere all'autorità giudiziaria copie di atti o informazioni e l'autorità giudiziaria può rifiutare con decreto motivato. Sono previste specifiche modalità per le perquisizioni presso le sedi dei servizi di sicurezza. Nel caso di richiesta di conferma del segreto di Stato è fissato al Presidente del Consiglio dei ministri un termine, scaduto il quale lo stesso s'intende rimosso e non può essere più opposto. In caso d'opposizione della causa di giustificazione relativa alle garanzie funzionali, il Presidente del Consiglio dei ministri ha dieci giorni di tempo - e non più trenta - per rispondere, scaduti i quali la causa s'intende non opponibile. Il personale dei servizi è sentito nei processi a porte chiuse o mediante teleconferenza. Quando l'autorità giudiziaria abbia acquisito notizie, comunicazioni e informazioni di servizio da parte degli appartenenti ai servizi di sicurezza tramite intercettazione, terminata l'intercettazione, se ritiene che debba avvalersi di quel tipo di informazioni, chiede al Presidente del Consiglio dei ministri se per caso quell'informazione è coperta da segreto. Se non lo è può utilizzarla, altrimenti no o si può procedere secondo le indicazioni che ho prima esposto, cioè si può ricorrere alla Corte costituzionale, la quale decide se vi sia segreto o meno. Tutto questo, a meno che non vi sia pericolo di inquinamento delle prove, pericolo di fuga, necessità di interrompere o di prevenire la commissione di un delitto.
Il Comitato parlamentare può chiedere copia di atti all'autorità giudiziaria - la quale, naturalmente, può rifiutare per ragioni istruttorie - e la disciplina del segreto di Stato è stata integrata sulla base di alcune pronunce della Corte costituzionale. In particolare, è stabilito che l'autorità giudiziaria - e il caso emerse per uno scontro tra il Governo e l'autorità giudiziaria di Bologna - non può acquisire per altra via la notizia coperta dal segreto di Stato (quando c'è un segreto è segreto per tutti), ma alla stessa autorità non viene preclusa la possibilità di procedere in base ad elementi autonomi e indipendenti sugli atti coperti da segreto. Questi sono principi stabiliti in tre distinte sentenze della Corte costituzionale che abbiamo ritenuto opportuno fissare in questo modo.
Infine, signor Presidente e colleghi, credo sia necessario ringraziare il Presidente del Comitato parlamentare di controllo e coloro che ne fanno parte, perché il testo base che ci ha consentito diPag. 7lavorare proviene proprio dalla loro attività, avendo essi, colleghi di maggioranza e di opposizione, lavorato a tal fine.
La seconda indicazione che voglio dare - so che vi sono numerosi iscritti a parlare in discussione generale - è che su questo testo la Commissione e il Comitato dei nove attendono comunque suggerimenti e proposte di correzione. Si tratta, infatti, di una materia molto complessa; sono in gioco interessi di varia natura in bilanciamento. Pertanto, credo che spetti a tutti valutare con attenzione ogni tipo di suggerimento che proviene dall'esterno.
Signor Presidente, intendo ancora ringraziare, in particolare, i colleghi relatori delle Commissioni bilancio, giustizia e difesa, per le loro competenze - le altre Commissioni hanno partecipato, ma con minori responsabilità -, per l'accuratezza con la quale hanno trattato questo tema e per i suggerimenti che ci hanno offerto. La ringrazio.
PRESIDENTE. Grazie, presidente Violante.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
ENRICO LUIGI MICHELI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Lo stesso Governo, al momento in cui è entrato in carica, si è reso perfettamente conto - dopo poco tempo - come fosse necessario, di fronte al cambiamento dello scenario mondiale di politica estera e militare di difesa e così via, arrivare ad un adeguamento della legge del 1977, oramai molto datata.
Anche sul piano della criminalità organizzata, interna e internazionale, vi era il bisogno di creare delle formule nuove e di affinare quello strumento importante e decisivo che, per la sicurezza dello Stato, sono i servizi e l'intelligence.
Pertanto, in un'audizione al Copaco, il Governo annunciò - poco prima del cambio dei vertici - che avrebbe provveduto presto con un proprio disegno di legge. Subito dopo, abbiamo notato con grande piacere e attenzione politica il fatto che il Copaco con un suo progetto di legge, da un lato, e la Commissione affari costituzionali della Camera, contribuendo con un altro testo, d'altro, hanno fuso i loro prodotti, creando un testo base. Ciò è avvenuto a cominciare da un'interessante, lunga e responsabile discussione, nel corso della quale il Governo - che a quel punto aveva ritirato il suo disegno di legge, rinunciando alla presentazione e tenendolo nel cassetto - contribuì con numerosi emendamenti che sono stati discussi ed in parte accolti.
Il giudizio complessivo sul disegno di legge è il seguente: credo che esso sia buono e in grado di adeguarsi ai tempi che dobbiamo affrontare, siano essi - lo ripeto - relativi alla politica estera, sia in relazione alla politica della difesa e alla politica della sicurezza dei cittadini all'interno. Non ripeto il resoconto e le considerazioni - che faccio mie - dell'onorevole Violante, ma aggiungo e sottolineo soltanto alcuni punti fondamentali di questo progetto di legge e in primo luogo il passaggio dei poteri al Presidente del Consiglio e alla diretta responsabilità di quest'ultimo.
Nel momento attuale, vi è una situazione dove gerarchicamente i due servizi, SISMI e SISDE dipendono dal ministro dell'interno e dal ministro della difesa, mentre la Presidenza del Consiglio ha una competenza di tipo strategico in merito a questi servizi.
Domani, dopo l'approvazione della legge, vi sarà la competenza diretta del Presidente del Consiglio, nonché un collegamento costante con i Ministeri più coinvolti, vale a dire il Ministero degli affari esteri, il Ministero dell'interno ed il Ministero della difesa.
Il Presidente del Consiglio può, se lo ritiene opportuno, delegare; può farlo, delegando ad un ministro senza portafoglio - nominato direttamente da lui - o ad un sottosegretario alla Presidenza; può anche a revocare la delega, qualora, malauguratamente, ritenga di doverlo fare nei confronti del ministro.
Un'altra misura importante riguarda la maggiore manovrabilità dal punto di vista operativo dell'organo che oggi si chiama CIS e che verrà successivamente denominatoPag. 8CISR, il quale sarà composto dal Presidente del Consiglio, dall'eventuale autorità delegata (abbiamo usato un termine un po' pomposo), dal ministro degli affari esteri, dal ministro dell'interno e dal ministro della difesa. Non sono esclusi gli altri, a cominciare dal ministro dell'economia che ha, tra l'altro, alle sue dipendenze un corpo molto importante, quello della Guardia di finanza, che potrà essere chiamato dal Presidente del Consiglio di fronte a problematiche che coinvolgono il sistema dell'economia nel suo complesso (la Guardia di finanza intesa come corpo militare).
Dal punto di vista dei controlli, l'onorevole Violante ha spiegato benissimo la situazione. Sottolineo la creazione dell'ispettorato, posto alle dipendenze del dipartimento che sostituirà il CESIS, dipartimento della Presidenza. Il CESIS acquista autorevolezza, capacità di coordinamento, possibilità di fare analisi strategica e, nello stesso tempo, attraverso l'istituto dell'ispettorato che risiederà all'interno del dipartimento, potrà controllare l'attività dei servizi.
Altra questione importante di cui sente veramente il bisogno chi, per volere della sorte, si è trovato e si trova (e si trovasse) a passare dalla parte dei servizi, è la necessità di eliminare le famose sovrapposizioni che sono veramente un fatto negativo, perché costringono a limitare l'operatività dell'uno o dell'altro, oltre a comportare un eccesso anche dei costi. Con il disegno di legge si è fatto in modo che vi fosse una demarcazione netta tra il SISMI, il SISDE ed il CESIS.
Altra cosa sulla quale ci impegnammo in sede di Copaco (lo abbiamo confermato durante tutta la discussione) riguarda il rafforzamento dei poteri del Comitato di controllo parlamentare che crescerà di numero, perché sarà composto da dieci parlamentari, i quali, ovviamente, saranno tenuti ad un rigido segreto. Oltre a svolgere varie funzioni - non vi elenco quelle segnalate dall'onorevole Violante - il Copaco viene informato in via preventiva circa le nomine dei direttori dei servizi.
Nella materia delle garanzie funzionali, è stata operata una riscrittura di quel poco che era previsto. Si è fatto uno sforzo notevole per venire incontro alle necessità degli operatori, i quali, molto spesso, rischiano di trovarsi in difficoltà. Pertanto, è stata introdotta una procedura ben precisa, perché, rispetto ad ogni comportamento, vi sia una causa di giustificazione sulla quale ricade la responsabilità della Presidenza del Consiglio.
Con riferimento al segreto di Stato, l'attività dei servizi di intelligence nel nostro paese purtroppo non ha acquisito il valore e la fama degli analoghi organismi di altri paesi. Ciò deriva probabilmente anche da comportamenti malsani che vi sono stati nel passato (conosciamo le tante storie avvenute dall'inizio della storia della nostra Repubblica). Ad ogni modo, si tratta di un'attività fondamentale per il paese. Qui ci vuole il cambiamento e credo che questo, che già in parte è avvenuto nella precedente legislatura, con un'azione dei servizi particolarmente forte, possa consolidarsi in questa legislatura, perché un paese che ha la giusta pretesa di fare una politica estera di avanguardia - e credo che questa sia l'ambizione del nostro paese - ha bisogno del supporto di un intelligence forte.
È stato introdotto il limite temporale. Il Governo ha detto subito che era una cosa giusta. Certamente, 15 anni possono essere pochi o possono essere tanti, però egualmente sembra giusto seguire questa strada e quindi penso che la Camera dei deputati farebbe cosa giusta se rapidamente potesse discutere ed approvare questo provvedimento.
PRESIDENTE. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà.
MAURIZIO GASPARRI. Nel quadro di un dibattito politico sempre acceso, com'è normale del resto in una moderna democrazia bipolare, su una questione di grande delicatezza, qual è la riforma dei servizi di sicurezza nel nostro paese, c'è la possibilità che si realizzi - e lo verificheremo proprio a partire da questo dibattito,Pag. 9ma soprattutto nel corso delle votazioni e nel prosieguo dell'iter parlamentare - una convergenza, vale a dire la possibilità che si vari una riforma, che almeno in un caso in questa difficoltosa legislatura potrebbe far registrare una condivisione di scelte, tanto più che si tratta di un tema che può a ragion veduta evocare questo atteggiamento di convergenza del Parlamento.
Non è un caso che a questa riforma si arrivi dopo alcune proposte di diversi gruppi parlamentari e dopo anche un confronto - che non poteva essere di natura legislativa, bensì parlamentare, politica ed istituzionale - nell'ambito del Comitato parlamentare di controllo sui servizi, che ha discusso di questi orientamenti ed ha contribuito ad una decisione, che ci accingiamo ora ad esaminare. D'altronde le proposte parlamentari sono diventate appunto tali attraverso anche il contributo dei parlamentari dei vari gruppi presenti nel Copaco e in questo caso di coloro che in rappresentanza della Camera dei deputati sono presenti in quell'organismo.
Lo spirito di collaborazione si evince da alcune constatazioni. Vorrei partire proprio da ciò che ci ha forse divisi e che potrebbe, sul piano della riflessione politica ed istituzionale, ancora vederci con sensibilità diverse.
Chi vi parla ha presentato una proposta di legge in materia, così come hanno fatto anche altri colleghi (in particolare, il senatore Mantovano a Palazzo Madama), che punta ad una unificazione dei servizi segreti. Allo stato attuale, vi è una struttura articolata: è una scelta operata da alcuni decenni, ma non ha carattere permanente, tanto più che nella storia repubblicana si sono succedute anche varie fasi di servizio unificato. Nella nostra proposta di legge abbiamo optato per l'ipotesi di un servizio unificato. Nell'esperienza concreta, molte volte è stato difficile occuparsi di terrorismo internazionale, che si insinua e si infiltra nel nostro paese e richiede una unità di contrasto, di intelligence. A volte, invece, si sono verificate sovrapposizioni di competenze.
Allo stesso modo, per quanto riguarda la presenza dei nostri servizi segreti all'estero, è notorio che il SISDE, che dovrebbe avere una competenza prettamente interna, ha rappresentanti dislocati in varie capitali del mondo, in luoghi diversi. Ciò avviene perché, probabilmente, un'attività di carattere interno può svolgersi anche all'esterno dei nostri confini. Pensiamo al terrorismo nazionale, indigeno, autoctono, che può avere diramazioni all'estero, anche presso comunità di presunti esuli. Insomma, nella storia si sono verificati tanti casi.
Tuttavia, mentre, da una parte, l'ipotesi di una unificazione dei servizi era vista in maniera positiva sotto il profilo funzionale, dall'altra sono emerse molteplici preoccupazioni, a mio avviso non tutte fondate, sull'eccessivo rafforzamento di una struttura unica, una sorta di moloc potentissimo, che potrebbe influire, non si sa in quale modo, sugli equilibri democratici.
Le deviazioni e le illegalità si possono verificare con servizi sia unificati, sia separati: la storia ce lo dimostra. Quindi, francamente rimango convinto che l'argomento concernente l'equilibrio dei poteri, eccepito sia nel centrodestra sia nel centrosinistra, sia confutabile. È la qualità delle persone che determina il rispetto delle regole. Non abbiamo alcuna certezza che determinate strutture articolate possano essere naturaliter, per la loro struttura ordinamentale, al di là delle persone, più rispondenti ai principi di legalità, di rispetto della Costituzione e della democrazia, nei confronti delle strutture unificate, che lo sarebbero in misura minore.
Abbiamo riproposto in Assemblea emendamenti che richiamano quella impostazione per ragioni non solo di carattere storico, ma anche perché questo punto di vista resti presente nel dibattito non certo per creare una sorta di luogo di poteri sottratti al controllo democratico: peraltro, gli aspetti relativi al Copaco, al rafforzamento dei controlli parlamentari, al Comitato nelle denominazioni che assumerà, sono chiari nella nostra mente e anche nella nostra proposta di legge. LaPag. 10necessità di garanzie politiche, il ruolo del Presidente del Consiglio sull'apposizione del segreto sono tutti argomenti che abbiamo proposto di affrontare e che condividiamo.
Comunque, vi è uno spirito costruttivo e si è svolto un ampio dibattito su questa materia, cui ho fatto riferimento, prima nell'ambito del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato, quindi presso la Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati, nella sede propria del processo legislativo, dopo che era stata superata una fase importante di confronto tra le parti. Non dobbiamo essere ipocriti: tutti sappiamo quali sono i luoghi della discussione. La politica, nel senso più nobile del termine, è quella che viene prima delle valutazioni delle Commissioni e dell'Assemblea nell'ambito dell'assunzione delle responsabilità politiche.
Riteniamo dunque legittimo, applicabile e perfino più funzionale un impianto che preveda una struttura unica, alla quale facciano capo agenzie le cui competenze siano ripartite in base alle tematiche, cioè tenendo conto dei fenomeni esterni che si ripercuotono nel nostro paese e dividendo l'azione dei servizi per materia e non per strutture apposite. Oggi, ci troviamo di fronte ad una proposta che abbiamo giudicato positivamente fino a questo momento: vedremo, poi, le decisioni finali, che si assumeranno alla luce del dibattito in Assemblea. Credo che ciò valga per tutti, anche per noi.
Entriamo in quest'aula privi di pregiudizi. Anzi, ho voluto citare questa nostra proposta proprio per dire che abbiamo convenuto - dando mandato favorevole al relatore - su una volontà di intesa per un servizio che mantenga una propria articolazione duplice, del SIN e del SIE (un servizio per le informazioni interne e un servizio per le informazioni esterne) e che cerchi di potenziare il momento di coordinamento.
Ciò avverrà attraverso questa struttura, il DIS (l'ex CESIS), che dovrà avere (e il provvedimento all'esame dell'aula, almeno sulla carta, questo prevede) poteri maggiori rispetto allo stesso CESIS, la cui azione - credo - è stata ed è tuttora positiva. Lo affermo perché parliamo ancora a legislazione vigente, quindi non dobbiamo dare per scontato che ciò che noi oggi stiamo cominciando a discutere diventerà legge dello Stato.
Noi siamo favorevoli all'adozione di questa innovazione legislativa, che potrà diventare legge dello Stato. Allo stato, tuttavia, considero favorevolmente il lavoro attualmente svolto dal CESIS, che compie un'attività di raccordo e di intelligence; anzi, lo riteniamo talmente positivo che vogliamo potenziarlo.
Quindi, proponiamo di rafforzare una struttura che è «terza» e, in qualche modo, sovraordinata, anche se non lo è abbastanza. Osservo che, anche se il progetto di legge attualmente al nostro esame lascia chiaramente alcune competenze esclusive al SIN e al SIE (che prenderanno il posto del SISMI e del SISDE), vi è comunque il potenziamento di una struttura di coordinamento. Essa dovrà essere interlocutrice dell'autorità politica e avere la possibilità di svolgere azioni più produttive, proprio perché si è ravvisato che il lavoro svolto dal CESIS è stato positivo.
Noi riteniamo che vi siano alcuni punti importanti in questa innovazione legislativa, che voglio ricordare io stesso dopo l'intervento svolto dal relatore, presidente Violante.
Vi è una maggiore organicità complessiva della disciplina legislativa; inoltre, vi è il rafforzamento e la responsabilizzazione della direzione politica. Infatti, ricordo che il procedimento legislativo (fermo restando che esso deve passare per le Commissioni competenti per giungere successivamente all'esame dell'Assemblea) è stato preceduto da una riflessione politica che è durata alcuni anni, perché non è la prima volta che si affrontano tali temi.
Mi sembra di ricordare che, nella scorsa legislatura, si arrivò anche all'approvazione di testi in una Camera: cito tale episodio anche per «esorcizzare» il pericolo che si ripeta l'esperienza di una falsa partenza riformatrice. Nel progetto di legge in oggetto, però, è contenuta unaPag. 11definizione più chiara delle alte responsabilità politiche, in considerazione dei tempi che corriamo (argomento sul quale tornerò successivamente). È il caso del Presidente del Consiglio, al quale, in alcuni casi, è attribuita una responsabilità esclusiva (quindi, senza coinvolgere l'autorità delegata).
Vorrei subito dire che ritengo personalmente che la figura di un ministro per i servizi sia utile, opportuna, necessaria e certamente non conflittuale con le funzioni del ministro dell'interno e del ministro della difesa. Attualmente, un sottosegretario di Stato è delegato ad occuparsi di questi compiti; così è stato nella precedente legislatura e mi pare di poter affermare che sia allora, sia adesso chi ha svolto tale funzione lo abbia fatto con equilibrio e con senso delle istituzioni.
Quindi, prevedere un ministro competente in tale ambito è come proporre il potenziamento dell'ex CESIS. Probabilmente, ciò nasce da un mio giudizio positivo nei confronti di chi, nelle varie temperie politiche ed internazionali, ha assolto a tale compito. Un ministro, inoltre, può essere anche interlocutore, in sede di Consiglio dei ministri, su tematiche, che spesso si intrecciano con la politica della difesa, con quella per la sicurezza complessiva del paese, con la politica energetica e con quella estera: ciò conferirebbe il giusto rango alla materia.
Il progetto di legge attualmente in esame lascia aperta questa possibilità e permette ai Governi che si succederanno di affidare ad un sottosegretario o ad uno ministro tale ruolo. Ritengo che la previsione della figura di un ministro sia ampiamente giustificabile dalla valenza dei problemi e dall'esperienza che abbiamo maturato.
Non dobbiamo valutare il provvedimento in esame con gli occhi del momento. Ho visto i colleghi esprimere, talvolta, valutazioni condizionate dai ruoli pro tempore. Infatti, chi è al Governo pensa di approvare una legge che rafforzi il ruolo dell'Esecutivo a scapito del controllo parlamentare, mentre chi si trova all'opposizione (esistendo la giusta prassi che affida ad un membro della stessa opposizione la presidenza Comitato parlamentare di controllo), pensando di rimanere sempre in minoranza, vuole rafforzare tale attività di controllo.
Io, che oggi mi trovo all'opposizione, sono ottimista e quindi guardo a questa riforma con un'ottica «di Governo», non facendo dunque riferimento soltanto alla cronaca di questi giorni, perché provvedimenti del genere vanno varati immaginando che, nell'alternanza dei ruoli, ciascuno schieramento potrà avere l'interesse, nei momenti di opposizione, a che vi sia una forte azione di verifica e di controllo nelle sedi parlamentari e, nei casi in cui sarà al Governo, a far sì che l'autorità politica possa garantire la sicurezza interna ed esterna del paese, rispondendo ai giusti controlli, ma senza mille «lacci e lacciuoli» che impediscano di perseguire l'obiettivo finale, vale a dire difendere la sicurezza della nostra nazione.
A nostro avviso, pertanto, è importante il rafforzamento della direzione politica, anche in ordine alle competenze che non riguardino il ministro o sottosegretario delegato a tale materia, perché occorre mettere il Presidente del Consiglio nelle condizioni di ottenere informazioni tempestive, nonché di assumersi responsabilità chiare di fronte al paese.
Occorre ricordare (lo ricordo alla magistratura) che la politica, quella con la «P» maiuscola, risponde al paese con le elezioni, con le regole della democrazia. Se un'autorità politica si avvale di questi poteri in maniera inopportuna (non voglio dire scorretta o illegittima, perché, in quel caso nessuno è legibus solutus, tutti rispondiamo alla legge; mi riferisco, invece, ai profili di opportunità: prendere una decisione a garanzia del paese, autorizzare un'operazione che, per un normale cittadino, sarebbe illegale e per un appartenente ai servizi, con le norme che questo provvedimento definisce, diventerebbe possibile, rientra in un'altissima valutazione di opportunità) può essere giudicato dalla pubblica opinione; se lo facesse in maniera illecita, risponderebbe nelle sediPag. 12giudiziarie, ma se lo facesse in una maniera poco opportuna, vi sarebbe sempre una verifica nella democrazia.
I temi che spesso portano in primo piano l'attività dei servizi (pensiamo ai sequestri che vi sono stati in questi anni, alle operazioni militari internazionali) diventano di pubblico dominio; quindi, la gente, anche se non entra nelle «segrete cose», coperte giustamente dal segreto, sa giudicare i comportamenti.
Si rafforzano la direzione politica ed il coordinamento, attraverso una struttura terza, il DIS, potenziata rispetto all'egregio lavoro che attualmente svolge il CESIS. Alcuni aspetti di natura tecnica riguardano i controlli interni che sono importanti, che devono essere rafforzati, per evitare che qualsiasi problematica diventi un caso giudiziario. Bisogna verificare la corretta operatività, ma non tutto può diventare oggetto di un processo, spesso pubblico, anche laddove le stesse procedure dell'azione della magistratura, non coperte dal segreto di Stato, prevedono una - ahimè, spesso violata - riservatezza nell'iter giudiziario che riguarda qualsiasi cittadino, ma che, nei casi di appartenenti ai servizi di sicurezza, diventa l'esigenza non solo dei potenziali indagati, ma anche della comunità nazionale. Infatti, la loro azione, condotta in condizioni di sicurezza e di riservatezza, è premessa per la nostra libertà e la nostra stessa vita.
Sono previsti un rafforzamento dei controlli contabili ed una razionalizzazione di alcune funzioni: l'unificazione non si raggiunge con questo testo di legge, ma vi sono alcune procedure di semplificazione e di coordinamento anche ai fini contabili. È previsto il rafforzamento del controllo parlamentare (ne abbiamo discusso) nonché il capitolo del rapporto con la magistratura e con altri apparati dello Stato; c'è, inoltre, la ridefinizione del segreto di Stato, la scansione temporale, la possibilità di apporlo e le relative modalità.
Tutto questo nasce dal confronto che si è volto nell'ambito del Comitato parlamentare competente e che abbiamo recepito nel dibattito di queste settimane in Commissione Affari costituzionali.
Il testo è stato presentato in questi giorni in maniera diversificata. Alcuni giornali e giornalisti legittimamente svolgono non soltanto una funzione di cronisti, di persone che informano, ma anche il ruolo di protagonisti: un giorno si sentono legislatori, un altro vittime dei servizi segreti, un altro ancora autori delle regole comportamentali.
In questi giorni, ho letto titoli che annunciavano: «Norma salva Pollari!» oppure «Scompare la norma salva Pollari»! Non so se il presidente Violante con la sua esperienza di politico, di parlamentare, di magistrato, di legislatore autorevole e di Presidente della Camera abbia avuto la sapienza di nascondere, nelle pieghe delle norme, qualche aspetto che possa sfuggire a noi umili legislatori: a me pare che il testo, anche su alcuni aspetti, ponga chiare garanzie a tutela del segreto di Stato, non consenta abusi, riconduca a responsabilità dell'autorità politica.
La legge non va pensata in funzione di chi oggi è al Governo o all'opposizione o di chi, domani o dopodomani, a ruoli invertiti potrà utilizzarla. Ci si augura che la legge possa durare un po' di tempo; del resto, non sono materie alle quali è opportuno mettere mano in continuità, sebbene la stessa Costituzione sia stata riformata a seconda degli esiti elettorali in un senso o nell'altro. Tuttavia, in queste materie, sarebbe buona cosa compiere le scelte e verificarle in un arco di tempo adeguato.
Non so se siano giusti titoli di un tipo o di un altro; credo che questo testo (lo vedremo nel corso del dibattito) ponga delle giuste garanzie. Veniamo ora alle valutazioni anche di natura politica.
Si discute di missioni internazionali anche in questi giorni: dobbiamo restare in Afghanistan o ce ne dobbiamo andare? Giorni fa, nell'inserto Lo Specchio, pubblicato dal quotidiano La Stampa, c'era un reportage sull'Afghanistan. Le immagini pubblicate volevano far capire che in alcuni villaggi le donne vanno in giro con ilPag. 13burqa, proprio come accadeva quando c'era il regime dei talebani. Inoltre, alcune foto (non essendo un'intelligence, non abbiamo potuto verificare, ma per la credibilità della testata è da presumere che siano attuali) ritraggono bambini di otto dieci anni che nelle madrasse islamiche vengono educati non alla religione, cosa che avviene dappertutto (anche da noi i bambini frequentano il catechismo), ma a quel tipo di lettura, estremista e fondamentalista, che prepara, spesso, ahimè, generazioni di terroristi. Un conto è l'Islam, un conto sono queste letture aberranti, che creano problemi.
Alla luce di ciò, consiglio quanti hanno perplessità in merito alla presenza italiana in Afghanistan di leggere quel servizio: capiranno che il cammino verso la democrazia, verso la libertà, verso i diritti della donna e dei minori, verso una religione che sia quello che è in tutti i paesi del mondo - un aspetto importante della vita delle persone, non momento di indottrinamento fanatico e fanatizzante - richiede, come io ritengo, una presenza militare in Afghanistan.
Il cammino dell'Afghanistan verso la democrazia è difficile, ma lo è altrettanto quello dell'Iraq. Noi ci siamo allontanati dall'Iraq, ma non mi pare che la vita irachena sia migliorata. Forse, nemmeno la nostra presenza l'aveva migliorata in toto, ma continua una sorta di guerra civile ed è acceso un dibattito, a livello internazionale, riguardo al tipo di situazione che si sta verificando in Iraq. Sappiamo che c'è una democrazia che tenta - come dire? - di venire alla luce: si è votato e sono stati compiuti importanti riti della democrazia, ma la situazione resta drammatica.
Perché questa digressione? Taluni affermano che bisogna aiutare queste popolazioni, ma non con le guerre o l'attività militare. Non so come! Con le organizzazioni no profit, i cui esponenti spesso vengono rapiti, e quando ciò accade, bisogna mandare i servizi o i militari, perché non è che i volontari vengano salvati da altri volontari...? Per portare avanti la democrazia e la libertà o per prevenire il terrorismo dobbiamo non agire con gli strumenti militari, quando forse in quelle madrasse afghane si stanno preparando nuove generazioni di kamikaze?
Comunque, abbiamo visto che non bisogna spostarsi in Afghanistan per trovare i kamikaze. Quelli di Londra dell'estate del 2005 erano cittadini britannici, erano nati in Gran Bretagna e, ad un certo punto della loro vita, erano stati «catturati» dal fanatismo fondamentalista, quindi erano entrati nella metropolitana con uno zainetto sulle spalle e si erano fatti saltare in aria! Un appartenente al gruppo riuscì a fuggire fino alla periferia di Roma e fu catturato poche settimane dopo dalle nostre forze dell'ordine, dalla nostra polizia.
L'episodio dimostra che ci siamo difesi dal terrorismo per l'efficienza delle nostre forze dell'ordine e dei nostri servizi di sicurezza. Lo sottolineo perché molto si è discusso. Dopo l'11 settembre 2001 e per l'intera precedente legislatura, per merito dell'azione del Governo del quale ho avuto l'onore di far parte - e la condizione di adeguata difesa dell'Italia prosegue - noi non abbiamo vissuto, sin qui, le pagine, i momenti drammatici che hanno vissuto Londra, Madrid, Washington e New York. Si è detto, dopo l'11 settembre (e lo si ripete ogni qual volta si verificano attentati drammatici) che occorre rafforzare l'intelligence. È un po' come l'emotività che coglie tutti in questo momento, in cui appunto tutti parlano della violenza negli stadi, vogliono chiudere gli stadi e sospendere i campionati (forse, è giusto, ma ne discuteremo in altra sede); poi, tra quindici giorni o un mese, passata l'emozione (la cerimonia funebre di oggi ha colpito la sensibilità di tutti, come sa chi ha avuto modo di parteciparvi), se, come tutti ci auguriamo, non accadranno altri fatti drammatici, si tornerà alla normalità. Lo stesso accade per il terrorismo: quando si verifica un attentato, tutti sono pronti a votare i pieni poteri a chiunque. È bene che non si decida sull'onda dell'emozione, ma non vorrei che ci si dimenticasse di tutto quando l'emozione non vi sarà più!
Allora, poiché si è detto che ci vogliono meno guerre e più intelligence, rafforziamoPag. 14pure l'intelligence! Tuttavia, questo vuol dire che, ferme restando le regole che devono esservi - ed il provvedimento in esame le stabilisce - non è che i servizi segreti possano agire con lo spirito di Tutto il calcio minuto per minuto, la nota trasmissione radiofonica, e fare una sorta di cronaca in diretta del seguente tenore: «Adesso il generale Pollari (o il prefetto tal dei tali) si stanno recando in Libano e, attraverso il tale agente, stanno prendendo contatto con Tizio per liberare l'ostaggio. Il Parlamento trasmette permanentemente e anche in questo momento i suoi lavori sui canali satellitari. Informiamo dunque il mondo - ed anche i terroristi, ovviamente - di quanto stiamo facendo!». L'intelligence comporta riservatezza, garanzie funzionali; un uso severo, anche nella cautela, del segreto di Stato; fiducia nei servizi di sicurezza e assunzioni di responsabilità politiche da parte dei massimi vertici del Governo.
Di questo si tratta, tant'è che a proposito delle garanzie funzionali nella proposta di legge in esame prevediamo anche, regolandola più chiaramente di quanto non sia avvenuto fino ad oggi, la possibilità che, a fin di bene, si commettano talune illegalità. È questo ciò che stiamo ribadendo.
Abbiamo escluso alcune ipotesi: ovviamente non vi è la licenza di uccidere, rimanendo essa confinata nei film di 007. Alcuni comportamenti sono esclusi dalle garanzie funzionali: ve ne sono alcune che riguardano la democrazia, i partiti, i sindacati, il giornalismo. Se ne è discusso recentemente, dopo il verificarsi di alcuni casi. Quindi, non è prevista un'«autorizzabilità» di qualsiasi comportamento, alcune condotte restano vietate a chiunque! Tuttavia, si amplia il novero delle possibilità di azioni, anche di carattere legale, e si affida la possibilità al direttore del servizio, non potendo informare la massima autorità politica rispetto ad alcune decisioni che devono essere preventivamente autorizzate, per circostanze che possono venirsi a verificare e in flagranza di fatti, di assumersi la responsabilità di autorizzare, quindi di riferire nel più breve tempo possibile; sarà poi l'autorità politica, la quale si presuppone abbia nominato quella stessa persona, a confermarne o a confortarne il comportamento, oppure, se ci si trovasse di fronte ad un «impazzimento», non solo ad agire attraverso le procedure di revoca degli incarichi, ma anche ad assecondare le iniziative giudiziarie che potrebbero in questi casi punire chi si avvalesse in maniera impropria di talune prerogative.
Dico questo a tutti coloro i quali ritengono sbagliati gli interventi militari, che io ritengo invece essere qualche volta necessari: se in Afghanistan dopo quella fase drammatica non ci fossimo andati con le forze militari (alcuni paesi hanno affrontato un vero e proprio conflitto) per tentare di avviare una democrazia, forse vi sarebbero ancora i talebani, che da quel reportage sembrano ancora dettare legge in qualche parte del paese (forse si è trattata di un'azione addirittura insufficiente). Dopodiché, se non va bene quella, benissimo, non la facciamo, ma rafforziamo l'intelligence: questo è quanto si sostiene all'indomani dei drammi, ma quando poi questi - per fortuna - non si ripetono e, anzi, si allontanano dal ricordo, non serve più neanche l'intelligence! Cosa dobbiamo fare?
Dobbiamo, come legislatori, avere invece il coraggio civile di dare garanzie a chi opera in quegli ambiti, nella massima trasparenza. Infatti, mentre l'azione dei servizi deve essere coperta da segreto, quella legislativa deve avvenire in una trasparenza, che deve essere totale perfino nelle pieghe interpretative: questa è la ragione per la quale facevo riferimento ad alcuni titoli di giornali, che, a mio avviso, sono sbagliati, perché la lettura dell'articolo 39 non consente di affermare che non è stata presentata la norma per salvare Tizio o Caio. Qui non si tratta di salvare qualcuno, ma la sicurezza del nostro paese, contribuendo a salvare la sicurezza della comunità internazionale.
Fare le intercettazioni e sbatterle sui giornali mette a repentaglio e in grande difficoltà la credibilità del nostro paese. Non sono d'accordo con le interferenzePag. 15svolte dal dottor Spataro e da altri magistrati - faccio nomi e cognomi - i quali devono svolgere in piena autonomia la propria funzione, ma facendosi carico, per la loro parte, dei problemi della sicurezza del nostro paese, dei rapporti dei nostri servizi con la comunità internazionale.
A tale proposito il provvedimento in esame consentirà agli Spataro del futuro - mi auguro più responsabili - di andare dall'autorità politica a comunicare di stare effettuando una determinata indagine, di esporre cosa sta accadendo e di chiedere se vi sia o meno un segreto di Stato o comunque qualche circostanza di cui la massima autorità politica è a conoscenza nelle sue responsabilità, nei contatti superiore che essa può avere. Questo è il problema! Si è qui parlato se inserire o non inserire il RIS nella struttura militare in questione: abbiamo deciso di no e ribadito - ed è un punto su cui richiamo l'attenzione dei colleghi - la competenza esclusiva di quelle strutture (DIS, SIME e SIE) che fanno parte dell'intellingence su alcune materie: auguriamoci che ciò avvenga, perché talvolta anch'io non ho avuto ben chiari i confini e non vorrei che le esclusioni servano a creare fuori degli spazi, nel rispetto di chi si occupa di quella struttura: si tratta di una riflessione legislativa e, come ho detto prima, non parlo pensando a ruoli o a singole persone.
Ritengo che dobbiamo evitare che si creino situazioni di confusione, in cui qualcuno affermi che si vuole salvare Tizio e qualcun altro che si vuole affossare Caio. Vogliamo fare una legge che con chiarezza, senza ambiguità, dia taluni spazi.
A proposito delle intercettazioni il testo, soprattutto in alcuni punti, consente di evitare casi come quelli che si sono verificati. Abbiamo tenuto fuori il RIS, poi però la DIGOS, che rispetto come istituzione, soprattutto in giorni di grandi problemi nella gestione della sicurezza delle città, effettua intercettazioni perché glielo dice il magistrato e alla fine non si sa se un reato è stato sventato o se abbiamo riportato soltanto delle notizie sui giornali, che quando poi le hanno, ovviamente le pubblicano. Su questo punto ritorna la questione delle sanzioni: io sono anche giornalista professionista e quindi rientro nelle categorie non contattabili dai servizi. Sono anche parlamentare e, da questo punto di vista, non mi posso proporre per alcuna azione...
EMANUELE FIANO. Doppia... Anche parlamentare!
FABIO EVANGELISTI. La norma non è retroattiva!
MAURIZIO GASPARRI. Potrei dimettermi; comunque vediamo...
Voglio dire che il problema consiste nel fatto che non si può mettere alla berlina una serie di vicende. Oggi forse abbiamo un problema di credibilità relativo ad alcune notizie, che erano state fornite e che qualcuno potrebbe non fornire più. Infatti, questo qualcuno potrebbe dire: «Se in Italia la DIGOS intercetta i servizi mentre noi, dal nostro paese, forniamo alcune informazioni per la vostra e per la nostra sicurezza, le ritroviamo sui giornali perché il giornalista che ne è in possesso ovviamente le pubblica». Semmai, si può ricordare che esiste un confine tra l'informazione e la partecipazione alla difesa della nazione. In merito anche la categoria cui appartengo dovrebbe fare una riflessione. Infatti, nel momento del dramma, all'indomani delle bombe di Londra o dell'11 settembre, tutti sarebbero pronti anche ad autocensurarsi. Se in quei frangenti si chiedesse ad un giornalista di non pubblicare una notizia per evitare la morte di tremila persone, forse egli stesso, in base ad una sua autonoma valutazione e di fronte all'alternativa della vita delle persone, potrebbe decidere di non pubblicare quella certa informazione. Tuttavia, da questo punto di vista dobbiamo rivolgere un appello al senso di responsabilità ed alla deontologia professionale, ovvero a qualcosa che va al di là delle norme.
Oggi scriviamo questo provvedimento dopo una vicenda che reputo scandalosa per il modo con cui, irresponsabilmente, sono state messe a repentaglio azioni voltePag. 16alla tutela della sicurezza nazionale. Faccio quest'affermazione in base ad un'esperienza specifica: due Governi, guidati da due Presidenti del Consiglio di orientamento notoriamente agli antipodi, hanno infatti ritenuto di richiamare il segreto di Stato su alcune vicende. Ma allora ci troviamo di fronte ad un complotto bipartisan? È il «complotto dei complotti»? È il «supercomplotto»? È la «deviazione delle deviazioni»? La «superdeviazione»? Vi è bisogno di maggiore cautela e su questo la legge fa chiarezza. Chi ha scritto certi titoli ha fatto male perché nessuno vuole salvare singole persone, ma neppure redigere «norme colabrodo». Queste norme stabiliscono limiti all'uso delle intercettazioni con procedure che non impediscono le indagini, ma che le regolamentano. Ci si arresta e ci si rivolge all'autorità politica. Il testo consente l'uso del segreto e le possibilità di avvalersene con norme chiare.
Giungendo rapidamente alla conclusione, anche per queste ragioni abbiamo la volontà di contribuire all'iter positivo di questa riforma, attesa al varco da mille ostacoli. Mi prefiguro il dibattito al Senato, dove vi sono noti esperti di intelligence anche tra i membri più autorevoli ed anziani (intesi per appartenenza alla comunità della politica e non per l'età anagrafica): essi non perderanno l'occasione per far pesare la loro esperienza e la loro sapienza, che tutti abbiamo avuto modo di apprezzare nel corso degli anni e nei vari ruoli ricoperti, parlamentari o di Governo.
Credo che dobbiamo dare al paese questa risposta, puntando ad un sistema più efficiente: struttura binaria con un forte coordinamento? Siamo disponibili e si tratta già di una mediazione. Tuttavia, nel corso del dibattito non vorremmo essere costretti ad accettare «mediazioni sulle mediazioni», «riduzioni sulle riduzioni», un'intelligence «meno intelligente», una sfiducia preventiva verso apparati, che sono necessari.
Cari amici - lo dico soprattutto a quelli che hanno l'«orticaria» -, tutti noi abbiamo letto le storie sui servizi e sappiamo che vi sono stati atti di eroismo ed anche deviazioni, così come accade ovunque, anche nel mondo della politica perché neppure la categoria cui apparteniamo è stata immune da pagine gloriose (parlando ovviamente in generale, senza riferirmi a me stesso) e da altre assai meno nobili. Tuttavia, non dobbiamo partire dalla presunzione di diffidenza perché queste strutture sono preziose, hanno operato bene anche nel corso degli anni recenti, come voglio ribadire a conclusione dell'intervento, ed abbiamo il massimo rispetto per chi oggi le guida. Le procedure di informazione presso il Comitato parlamentare, previsto anche in questa legge, danno un ulteriore tocco di trasparenza nelle decisioni su questo tipo di nomine, lasciando al Governo le sue responsabilità, ma con quel livello di trasparenza che può consentire, qualora insorgano problemi, di farli emergere nelle forme dovute, riservate e responsabili e nelle sedi autorevoli piuttosto che in quelle iperassembleari.
Per questi motivi, signor Presidente ed onorevoli colleghi, ci accingiamo a guardare con spirito positivo al provvedimento e ci auguriamo che al termine delle votazioni siano mantenute alcune prerogative che per noi sono centrali, come le intercettazioni, l'uso del segreto ed il rispetto della garanzia funzionale dei nostri servizi, che devono poter agire per il nostro bene e per la nostra sicurezza contro il terrorismo interno ed esterno, contro la criminalità organizzata e contro altri fenomeni. Ebbene, ci auguriamo di poter mantenere al termine dell'iter in quest'aula lo stesso voto favorevole espresso in Commissione (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, io scelgo invece di nominare le diffidenze di cui parlava prima il collega e scelgo di farlo perché siamo tutti convinti che sia necessaria una riforma dei sistemi di sicurezza del nostro paese. Tuttavia, occorre fare i conti con la storia.Pag. 17
Noi parliamo alla gente che vive fuori di qui e, quindi, dobbiamo riuscire ad intercettare ogni sentimento e ogni diffidenza. Credo che in Commissione si sia ragionato in modo trasparente e lineare e che si debba continuare a farlo anche in quest'aula. Infatti, le notizie di questi giorni relative alle indagini della procura di Milano per quanto riguarda i falsi allarmi terroristici, con riferimento alle bombe alla stazione centrale di Milano e ai kamikaze alle Olimpiadi di Torino, confermati in un'audizione al Copaco (almeno così dicevano i giornali), gettano ulteriori ombre sull'utilizzo del sistema informativo per la sicurezza nel nostro paese.
Tra l'altro, l'Italia ha già vissuto una stagione di stragi, di terrorismo, di tentativi di colpi di Stato e di altri fatti eversivi di fronte ai quali le strutture dello Stato, deputate alla tutela della sicurezza dei cittadini e delle istituzioni democratiche, o non hanno funzionato oppure hanno funzionato al contrario, tutelando l'illegittimità e alimentando l'insicurezza.
Per questa ragione, parlare di servizi segreti nel nostro paese evoca normalmente qualcosa di diverso dagli 007 alla James Bond delle televisioni. Per molti anni, la dizione «servizi segreti» ci ha rimandato, infatti, ai tanti misteri italiani: alle inchieste su piazza Fontana, all'Italicus, alla stazione di Bologna, a Gladio, alla P2, a piazza Della Loggia e a Gioia Tauro. Si tratta di questioni molte delle quali sono ancora aperte e che, anche se archiviate, non hanno visto risolti i problemi di fondo in ordine alle responsabilità o alle connivenze dei nostri apparati. Qualche giudice, nel corso di queste inchieste, ha scritto che sarebbe riduttiva, e perciò inaccettabile, la tesi secondo la quale si sarebbero determinate deviazioni riconducibili a mele marce all'interno dei servizi segreti e che, invece, per un lungo periodo - dagli anni Sessanta alla fine degli anni Ottanta - protezioni e inquinamenti probatori, riscontrati nelle indagini in materia di stragi e di fenomeni eversivi, si sarebbero tradotti in vere e proprie funzioni istituzionali.
E non basta certo la riforma del 1977 per cancellare queste storie dall'immaginario collettivo, anche se tale riforma si inseriva nell'onda di quel processo riformatore che, nel corso degli anni '70, portò ad un'espansione della democrazia e dei diritti civili, estendendosi con maggiori limiti e difficoltà ai processi di democratizzazione nei meccanismi dello Stato in applicazione del dettato costituzionale. Tuttavia, proprio perché lavoriamo per restituire credibilità alle istituzioni nate dalla Repubblica e ai suoi apparati, vogliamo anche ricordare un uomo come Nicola Calipari che, negli anni recenti, non ha esitato a sacrificare la propria vita per salvare quella di Giuliana Sgrena. Lo ricordiamo per partire da lì e per dire che le controverse storie del nostro paese devono essere comunque riformabili; per questo ci siamo impegnati!
La nostra tenacia nel denunciare le deviazioni, gli errori o le connivenze di singole persone o di intere strutture che hanno infangato la nostra democrazia intende corrispondere ad un impegno rigoroso nel far luce su tutto quello che non va, vuole approfondire gli elementi che già nella legislazione hanno denunciato carenze di percorso, per distinguere queste dalle responsabilità individuali, al fine di introdurre innovazioni profonde soprattutto sul piano del controllo democratico.
In questo senso ci siamo mossi e per queste finalità abbiamo lavorato come Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e, insieme agli altri colleghi, abbiamo voluto dimostrare il nostro impegno in sede di I Commissione. Ringrazio per questo il presidente Violante, che si è personalmente impegnato nel trovare le soluzioni legislative suggerite da tale confronto, dimostrandosi attento ad ogni suggerimento proveniente anche dai singoli deputati. Un confronto che naturalmente continuerà in aula e che vuole avere l'ambizione di produrre un testo condiviso da maggioranza e opposizione, come necessario per riforme di questo tipo.
È bene, però, dirci che le difficoltà che abbiamo spesso incontrato e che, non a caso, sono emerse immediatamente inPag. 18quest'aula - mi riferisco all'intervento del collega Gasparri - derivano da una questione di fondo di cultura politica, e cioè se il nuovo contesto internazionale e, in particolare, il pericolo del terrorismo internazionale, debba far prevalere l'obiettivo della sicurezza rispetto a quello delle garanzie, o meglio, se, in nome della sicurezza, sia necessario sacrificare libertà e diritti fondamentali individuali e collettivi. Per noi questo punto è pregiudiziale, perché attiene proprio all'idea di fondo della democrazia, del suo sistema di garanzie, ai pesi e contrappesi che le sono propri.
Contrastiamo qualsiasi logica emergenziale, che già tanti danni ha prodotto nel nostro paese e nella nostra legislazione, senza produrre, peraltro, i risultati che la giustificavano. D'altra parte, in nome della sicurezza, si sono consumati, in questi ultimi anni e mesi, drammatiche violazioni della legalità internazionale, non solo le guerre o le guerre dichiarate su false prove, ma anche torture, rapimenti, carceri, come Guantanamo, che privano centinaia di persone delle più elementari garanzie di difesa.
Potremmo, forse, dire che la vera emergenza internazionale riguarda oggi lo Stato di diritto, che è stato violato illegalmente o profondamente messo in discussione, attraverso un sistema legislativo che ha scardinato le regole fondamentali delle libertà individuali; parliamo di dati biometrici nei passaporti e nei visti, di sistemi di controllo dei dati personali, di banche dati delle comunicazioni telefoniche e della posta elettronica, di sistemi di immagazzinamento delle impronte digitali, fino a teorizzare, perfino, la privatizzazione della sicurezza planetaria. Ecco, la nostra attenzione, dunque, è quella di non superare un limite anche in questo campo. L'attenzione è quella di garantire l'equilibrio tra i beni primari, come la sicurezza e la libertà e le garanzie individuali e collettive.
Aggiungo che la riforma del sistema informativo per la sicurezza del segreto di Stato che vorremmo produrre oggi, mentre siamo al Governo, è la stessa per cui ci batteremmo, domani, se ci trovassimo all'opposizione, e credo che tutti, soprattutto i partiti che hanno più consolidate esperienze governative, dovrebbero ragionare con questa impostazione, perché così possiamo più liberamente e rigorosamente individuare quegli elementi di garanzia che stanno a fondamento di uno Stato democratico.
Sottolineo, ancora, che il nostro paese non è estraneo ad uno scandalo internazionale di estrema gravità, quello degli oltre mille voli segreti di aerei della CIA che, dopo l'11 settembre, hanno attraversato i cieli l'Europa, con a bordo prigionieri e sospetti integralisti islamici sequestrati dallo spionaggio statunitense, nell'ambito dell'extraordinary rendition, senza che i governi alleati ne fossero a conoscenza. Si è aperta un'inchiesta a livello del Parlamento europeo ed è aperta, a Milano, un'indagine della magistratura per il rapimento di Abu Omar. Si chiariranno le responsabilità politiche e personali, ma, certo, non si può tacere sul fatto che determinati abusi giuridici sono praticabili esclusivamente in un rapporto di collaborazione tra servizi di sicurezza.
Tuttavia, vorrei aggiungere che abbiamo cercato di definire un'ipotesi di riforme, prescindendo anche dai processi in corso, ragionando su un sistema di responsabilità e controlli, che possano rispondere a determinati criteri. Sottolineo, perciò, che, pur registrando e verificando, con interesse e cura, ogni critica o suggerimento che sia venuto o dovesse venire dal dibattito politico sulla stampa, ci assumeremo, fino in fondo, la responsabilità di decidere su questioni controverse, prescindendo da pressioni esterne, con l'autonomia che è propria della funzione legislativa.
Il primo assunto da cui siamo partiti è quello secondo il quale, per un buon funzionamento dei servizi di intelligence nel nostro paese, il problema dell'efficienza e della capacità operativa non può essere separato da quello dell'affidabilità democratica del controllo politico parlamentare e della responsabilità politica delle operazioni degli apparati di sicurezza.Pag. 19A tale proposito, ricordo che, già la riforma del '77 si poneva determinati problemi, ma le soluzioni proposte si sono dimostrate insufficienti, inattuabili e, a volte, velleitarie. Basti pensare alla norma-manifesto di cui all'articolo 8, che richiedeva l'affidabilità democratica dei membri dei servizi e che non ha impedito la vicenda Gladio, emersa solo nell'agosto-ottobre del 1990.
Sono state opportunamente ricordate, nel corso del dibattito in Commissione, le circostanze che condizionarono la riforma del '77, e il contesto geopolitico nel quale essa si muoveva. All'epoca esisteva un servizio unico, il SID, erede del SIFAR, erede a sua volta del SIM, tutti con un carattere prettamente militare, il cui capo rappresentava anche l'autorità nazionale per la sicurezza.
Il coinvolgimento di taluni ufficiali in attività di copertura o di sostegno ad attività terroristiche o eversive, insieme alla sentenza della Corte costituzionale che accoglieva una eccezione di incostituzionalità sulla disciplina del segreto di stato, sono le ragioni fondamentali che hanno portato ad una riforma in cui si sono poste in capo al Presidente del Consiglio le responsabilità politiche del sistema.
I limiti di quella legge, in cui i due servizi, il SISMI e il SISDE, dipendenti dai Ministeri della difesa e dell'interno, hanno lavorato non solo separatamente, ma spesso in competizione, si sono presto rivelati. Lo stesso ruolo del CESIS, con poteri di coordinamento solo nominali, si è dimostrato inconsistente.
La commissione di studio presieduta dal generale Iucci nella XIII legislatura, scrisse un testo che teneva conto del nuovo contesto internazionale, con il crollo del regime sovietico, la fine del bipolarismo, rafforzava il Comitato parlamentare di controllo e predisponeva una nuova disciplina del segreto di stato. Il testo predisposto da quella Commissione, tuttavia, non ha mai superato le prove del confronto parlamentare.
Dunque, il lavoro che presentiamo in quest'aula tiene conto anche di questa storia e delle numerose difficoltà che una simile riforma comporta. Fin qui siamo arrivati, io credo che si sia fatto un lavoro produttivo, e tra gli elementi positivi del testo in esame vi è certamente quello di assegnare la piena responsabilità del sistema all'autorità politica, cioè il Presidente del Consiglio, che può delegare determinate responsabilità ad una autorità delegata, appunto: un ministro, o un sottosegretario. Anch'io personalmente avrei preferito una scelta più netta, quella per un ministro, perché, per quanto delegato senza portafoglio, questi potesse autorevolmente partecipare al Consiglio dei ministri. Mi pare tuttavia che si siano determinati comunque elementi di chiarezza che consentiranno di superare confusioni o sovrapposizioni.
Si eliminano perciò le dipendenze dirette o funzionali da singoli ministeri, si assegnano invece ad un organo collegiale, il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, funzioni di indirizzo e di strategia della politica di informazione per la sicurezza. Finalmente, il Dipartimento dell'informazione per la sicurezza assume veri poteri di conoscenza e di coordinamento dei due servizi, quello interno e quello estero, seppure senza che gli stessi abbiano una dipendenza gerarchica dal dipartimento stesso, ciò che a mio avviso avrebbe forse delineato maggiormente compiti e responsabilità. Si chiarisce che il Presidente del Consiglio, cioè l'autorità politica, risponde direttamente dei direttori dei servizi, considerato che a lui compete la loro nomina.
Tra gli aspetti di innovazione sottolineo l'istituzione di una scuola di formazione che dovrà garantire una formazione permanente agli addetti del sistema informativo per la sicurezza, in relazione alle esigenze operative dei servizi nel quadro dei mutamenti che si determinassero nello scenario internazionale. Della direzione di tale scuola fanno parte, oltre ai rappresentanti dei ministeri interessati, esponenti di centri universitari di eccellenza. Penso che questo rapporto con le istituzioniPag. 20esterne al sistema operativo possa essere un fattore di innovazione particolarmente importante.
L'elemento fondamentale, in una struttura in cui - ci si augura - nessuno potrà più dire che non sapeva, o demandare ad altri responsabilità e decisioni, è il sistema di controllo parlamentare. Ferma restando la responsabilità politica del Presidente del Consiglio, cui competono anche decreti e regolamenti relativamente a determinate strutture organizzative, per la prima volta si dettano criteri di selezione del personale, si indicano compiti e modalità di attuazione relativamente alla gestione degli archivi, alla tutela amministrativa del segreto, al nullaosta di segretezza, a caratteristiche istitutive di un organo ispettivo. In tal modo l'organismo di controllo parlamentare potrà esercitare un controllo attraverso la conoscenza o l'espressione di un parere su ogni attività del sistema informativo e struttura che lo riguardi: regolamenti, organici, bilanci, spese riservate, opposizione del segreto di stato, attività simulate, garanzie funzionali.
Per questa ragione, per tale rafforzamento dei poteri di controllo parlamentare, sono previste sanzioni rigorose per chi viola le notizie riservate o segrete di cui si viene a conoscenza. A questo proposito, avevamo espresso delle riserve circa l'entità delle pene previste per parlamentari e non, ma, certamente, condividiamo la responsabilità piena che deve corrispondere a scelte innovative, che assegnano un ruolo così importante al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.
La proposta in esame affronta il problema delle cosiddette garanzie funzionali per gli operatori dei servizi, lasciato irrisolto dalla legge n. 801 del 1977, ossia le cause di non punibilità per il personale che commetta dei fatti astrattamente previsti come reati nell'ambito dell'attività di servizio.
Si tratta di una questione molto delicata, che non può essere ignorata proprio in ordine alle recenti attività illegali, ultima quella del rapimento di Abu Omar e dei voli segreti della CIA in Europa. È quanto mai opportuno ed urgente stabilire delle regole chiare. È indispensabile che nessuno possa declinare le proprie responsabilità e che nessuno possa dire nel futuro: «io non sapevo».
È vero che in altri paesi con sistemi giuridici analoghi al nostro non esistono disposizioni normative che autorizzano gli operatori dei servizi di intelligence a compiere attività altrimenti illecite. Ciò non vuol dire, però, che in quei luoghi essi rispettino rigorosamente la legge, così come penso già non avvenga da noi. A questo punto, pensiamo che introdurre una disciplina in materia possa rappresentare una forma di garantismo, sempre che si tratti di una disciplina rigorosa e coerente.
La scelta compiuta non è stata quella di individuare, in modo tassativo, le condotte autorizzate, cioè di descrivere le singole fattispecie astrattamente illecite da considerare ammissibili per ragioni di servizio, ma di indicare, in modo positivo, i beni giuridici assolutamente non aggredibili. Perciò, come è stato ricordato, sono escluse dalla non punibilità quelle condotte che configurino delitti diretti a ledere o a mettere in pericolo la vita, l'integrità fisica e la personalità individuale, la libertà personale, la libertà morale, la salute o l'incolumità delle persone. Si salvaguardano, altresì, da quella speciale causa di giustificazione gli organi costituzionali, le assemblee regionali e i diritti politici del cittadino e, in particolare, si esclude che, tali condotte possano essere effettuate nelle sedi di partito e di organizzazioni sindacali e nei confronti di giornalisti.
Si pone, dunque, una particolare attenzione ai diritti fondamentali tutelati dalla nostra Costituzione. Il testo detta criteri di indispensabilità, di eccezionalità e di proporzionalità per simili condotte, fissando chiaramente un percorso autorizzativo di controllo che dovrebbe rendere più facile, per l'autorità politica, il controllo parlamentare e, in ultima analisi, per la magistratura, l'individuazione di violazioni e false dichiarazioni.Pag. 21
Tuttavia, vorremmo ancora tentare di migliorare ulteriormente il testo in quest'aula, nella preoccupazione di tutelare al meglio la vita politica democratica del nostro paese, considerato che la stessa non si esaurisce nelle organizzazioni politiche e sindacali, ma si è arricchita di una miriade di soggetti.
In un sistema che funzioni, vogliamo immaginare che non si possano più determinare violazioni significative della legge e, tuttavia, un dubbio ci rimane sulle piccole cose, come la violazione di domicilio o quant'altro, rispetto, in particolare, ai soggetti più deboli, questioni apparentemente minori, che, comunque, possono turbare un sistema democratico garantito.
La nostra sensibilità è altrettanto particolarmente alta rispetto ad un altro capitolo che ha segnato la storia del nostro paese: il segreto di Stato. Lo sforzo è quello di determinare una disciplina organica del segreto di Stato e della classificazione dei documenti coerente con l'impianto complessivo della riforma.
Al riguardo, è prevista l'istituzione di un Ufficio centrale per la segretezza (UCS), istituito presso il DIS, che risponde direttamente al Presidente del Consiglio, con il compito di verificare le condizioni per il rilascio dei nulla osta e di vigilare sulla corretta applicazione delle disposizioni in materia di tutela amministrativa del segreto.
Viene messo a fuoco il concetto di segreto di Stato e se ne precisano i fondamenti, i limiti e le finalità. In tal senso, riteniamo opportuna un'ulteriore verifica tesa a normare, in modo ancor più rigoroso e circoscritto, determinate fattispecie di reato da escludere dalla apposizione del segreto e al fine di rendere tale ipotesi a casi effettivamente eccezionali. La scelta innovativa riguarda l'introduzione del principio di temporaneità della decretazione assoggettando i documenti secretati a meccanismi automatici di declassifica con il passare del tempo.
Per quanto riguarda la disciplina processuale dell'opposizione del segreto di Stato si stabilisce che il segreto debba essere confermato dal Presidente del Consiglio entro sessanta giorni dalla richiesta dell'autorità giudiziaria procedente. Nella conferma del sistema attuale, dunque, che prevedeva il divieto per il testimone di rivelare notizie coperte dal segreto di Stato, si introduce una procedura non sancita dall'attuale codice, ma che tiene conto dell'importante sentenza della Corte di cassazione volta a stabilire la prevalenza del diritto di difesa sul segreto di Stato stesso.
Poiché, comunque, rimane aperto il problema del bilanciamento rispetto ai due interessi, come è stato sottolineato dal presidente Violante, il provvedimento si occupa di tutti i soggetti eventualmente coinvolti e stabilisce, in ultima analisi, che il Presidente del Consiglio non possa opporre il segreto di Stato alla Corte costituzionale, quando il magistrato, non condividendo l'opposizione del segreto, abbia sollevato il conflitto di attribuzione dinanzi alla Consulta.
Questa è, a mio avviso, una delle innovazioni più significative del progetto di riforma che ha, tra le sue finalità inderogabili, non solo quella di definire compiti, funzioni e responsabilità precise tra i diversi soggetti in causa (aspetto che considero molto importante), ma soprattutto quella di sancire in modo netto ruoli e poteri degli organi istituzionalmente e costituzionalmente preposti.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.
JOLE SANTELLI. Signor Presidente, signor relatore, signor rappresentante del Governo, colleghi, ci apprestiamo a discutere, anche in questa legislatura, una proposta di riforma per i servizi segreti, proprio per sottolineare la necessità, avvertita da diverse maggioranze e diverse opposizioni, di riformare la materia, con l'auspicio che questa volta si riesca a trasformare in legge la proposta oggi in esame.
Occorre sottolineare l'importanza che lo schema di cui si discute ricalca l'accordo già raggiunto, all'unanimità, in sede di Copaco, in quanto è giusto che le regolePag. 22sul funzionamento dei servizi di sicurezza siano ampiamente condivise dalle forze politiche parlamentari. L'attività svolta nella I Commissione, e quella in particolare svolta dal presidente Violante nella qualità di relatore, ha consentito l'approfondimento dei singoli punti e lo scambio di opinioni sulla linea di coerenza della riforma.
La proposta di riforma presenta importanti novità: la responsabilità politica dei servizi è posta sotto la diretta competenza del Presidente del Consiglio, superando l'attuale dipendenza dei due servizi, quello civile e quello militare, rispettivamente dal Ministero dell'interno e da quello della difesa; le competenze dei due servizi sono ripartite territorialmente, per cui uno si muove all'interno e l'altro all'estero, e quest'ultimo ha anche competenza in materia di controspionaggio; il coordinamento e l'organizzazione amministrativa sono affidati al nuovo Dipartimento presso la Presidenza del Consiglio, organo rafforzato che sostituisce l'attuale CESIS; l'istituzione delle cosiddette garanzie funzionali, cioè le cause speciali di giustificazione per gli operatori o per azioni «particolari» devono essere autorizzate direttamente dal Presidente del Consiglio che ne assume la responsabilità politica; infine, viene rafforzato il controllo parlamentare sulle attività dei servizi e sulla direzione del Governo. Inoltre, è modificata la disciplina dell'applicazione del segreto di Stato e del cosiddetto NOS, il nulla osta di sicurezza.
La riforma risponde a due specifiche esigenze: la necessità di superare le difficoltà, le sovrapposizioni ed i conflitti che l'attuale configurazione dei servizi ha causato negli ultimi anni e l'adeguamento delle modalità di organizzazione dei servizi di sicurezza italiani al nuovo quadro politico internazionale e alle sfide politiche del nostro tempo.
Occorre sottolineare che la vigente legislazione trova origine in un quadro internazionale ancora caratterizzato dal sistema dei blocchi contrapposti; è, pertanto, urgente una riforma dei servizi che ridisegni anche la missione degli stessi, con particolare riguardo al reclutamento del personale ed alle regole amministrative e gestionali.
Altrettanto evidente appare l'importanza, e quindi l'urgenza, di una riforma del settore; tuttavia, tale riforma deve essere necessariamente accompagnata da un profondo mutamento della cultura istituzionale. I servizi di sicurezza presiedono alla tutela della sicurezza nazionale e sono apparati necessari ed importanti per qualsiasi Stato. In Italia, anche la considerazione dei servizi di sicurezza è stata influenzata dal clima di spaccatura del paese che ha caratterizzato il primo cinquantennio della Repubblica. Il mondo rigidamente separato in blocchi contrapposti, l'Italia quale paese cerniera tra mondo occidentale e mondo comunista, l'esistenza, nel nostro paese, del più grande partito comunista dell'Europa occidentale difficilmente potevano consentire una reale considerazione ed un appoggio unificante verso l'opera dei servizi di sicurezza. L'ombra dello scandalo, la feroce contrapposizione, il pregiudizio complottista hanno sempre più aumentato la diffidenza nei confronti di questi apparati. Ancora, non va sottaciuta la collocazione geografica e la funzione politica dell'Italia nel bacino del Mediterraneo, frontiera verso il Nord Africa ed il mondo arabo.
Accanto a qualsiasi riforma amministrativa ed organizzativa, deve perciò costruirsi una nuova cultura istituzionale sui servizi, una cultura che si basi sul riconoscimento unanime dell'interesse nazionale e sull'esigenza di salvaguardarlo. È da tale esigenza che derivano, infatti, la necessaria esistenza di servizi che svolgano tale funzione e, altresì, il riconoscimento dell'importanza di tale funzione per la sicurezza dello Stato.
Questa riforma, inoltre, postula necessariamente una cultura che finalmente superi quella del pregiudizio; dinanzi alla scelta tra i modelli europei che legano l'operato dei servizi all'autorità giudiziaria oppure privilegiano il rapporto con la politica e la sua responsabilità, l'attuale proposta si attesta su questa seconda opzione. Quindi, prevede specifiche cause diPag. 23giustificazione per gli operatori dei servizi richiamando, però, una precisa responsabilità della massima autorità di Governo, il Presidente del Consiglio dei ministri, per l'appunto.
La riforma necessita di una condivisione tra le forze politiche poiché disegna regole istituzionali che devono valere nell'alternanza tra Governo ed opposizione. Il provvedimento ha quindi un significato politico che va anche oltre la specifica situazione contingente; nella storia di questo paese, il partito comunista, spesso forza egemone della sinistra italiana di opposizione, sui temi della sicurezza aveva tradizionalmente impostato la sua politica su una sorta di pregiudizio verso i cosiddetti poteri speciali attribuiti al Governo. Intanto tali poteri speciali potevano essere attribuiti in quanto fossero in realtà riconosciuti alla magistratura. Nel corso degli anni, peraltro, ciò ha provocato la sovraesposizione politica della magistratura e la giurisdizionalizzazione progressiva del campo della sicurezza, tradizionalmente compito e responsabilità politica dell'esecutivo.
Con questa proposta di legge, si sancisce la conversione anche di quell'anima politica alla definitiva cultura di governo, riconducendo l'Italia nell'alveo delle dinamiche dell'alternanza democratica.
Tale svolta politica, ovviamente, può trovare ancora delle sacche di resistenza tanto in alcune forze politiche quanto negli spazi più politicizzati della magistratura, estremamente restii a cedere spazi di potere politico.
Accanto a ciò, in termini politici si registra finalmente la legittimazione reciproca tra gli schieramenti. Il giusto equilibrio democratico tra pesi e contrappesi, le funzioni dell'esecutivo ed il controllo parlamentare segnano la costruzione di un nuovo sistema in cui cessa di esistere il mito della diversità politica (quella di cui, spesso, una parte si è tradizionalmente ammantata) e si impongono invece la fiducia istituzionale nella legittimità democratica di chi governa e, altresì, la fiducia nei limiti della verifica del controllo parlamentare. Di questo equilibrio ricercato e di tale fiducia istituzionale ritengo siano simbolo due specifiche norme contenute nel testo proprio con riferimento al Comitato parlamentare di controllo: quella che prevede per legge che la sua presidenza sia affidata ad un esponente dell'opposizione e quella che specifica che le nomine dei vertici vengano preventivamente e tempestivamente comunicate dal Presidente del Consiglio al presidente dell'organo parlamentare di controllo.
In questo credo si segni, anche simbolicamente, quella che deve essere - al di là della responsabilità specifica del Governo sui servizi - la fiducia istituzionale di tutte le forze politiche in chi opera.
Ovviamente, come tutte le riforme che tentano la strada della condivisione politica anche questa si basa sulla necessaria rinuncia, da parte di ogni componente politica, dei suoi completi desiderata. Alcune norme ed istituti possono non costituire l'optimum per tutti, ma manifestano lo spirito di mediazione. A titolo d'esempio, vi è chi avrebbe preferito chiarire la responsabilità politica del Presidente del Consiglio: è chiara la scelta politica rispetto alla possibile nomina di un'autorità delegata. Quindi, vi è chi avrebbe preferito che la scelta tra sottosegretario e ministro senza portafoglio fosse prevista direttamente per legge come politica legislativa e non lasciata sostanzialmente alla politica del singolo governo; è evidente però che anche questo tipo di norma è frutto di una mediazione politica.
Altrettanto - la questione forse è ancor più delicata a causa della discussione in aula - ci pare, invece, la soppressione per effetto di un emendamento governativo della possibilità da parte del DIS di promuovere riunioni e scambi d'informazioni tra i servizi e le forze di polizia. Uno dei punti più delicati di questa riforma sarà, infatti, l'interlocuzione necessaria tra servizi e forze dell'ordine, soprattutto relativamente all'attività di analisi e prevenzione svolta da queste ultime. La cosiddetta separatezza tra i sistemi voluta dal Governo rischia di essere motivata, più che da esigenze generali di sistema, daPag. 24specifiche ritrosie - anche abbastanza comprensibili - a cedere spazi di sovranità politica. Eppure, questo è un punto su cui, credo, il dibattito in Assemblea potrà in qualche modo esplicitare meglio l'indirizzo politico-parlamentare in materia e, forse, chiarire anche la filosofia generale su cui si basa la riforma.
Invece, in questo contesto mi sembra estremamente importante la scelta effettuata con il testo licenziato dalla Commissione sulla composizione del comitato interministeriale che ora, in quanto organismo non pletorico ma riservato alla partecipazione dei dicasteri istituzionalmente interessati all'attività dei servizi, può costituire un organo politico di reale ausilio all'attività del Presidente del Consiglio dei ministri e di sintesi dei settori dello Stato, con compiti rilevanti nella materia della sicurezza interna ed estera.
Ovviamente, il dibattito dinnanzi all'Assemblea metterà alla prova il testo licenziato dalla Commissione, soprattutto riguardo alla verifica della sua coerenza sistematica. La cosa più importante è far sì che lo sforzo necessario di mediazione non risulti un compromesso che sacrifichi le esigenze di univocità dell'impostazione complessiva ma che, al contrario, permetta al testo stesso di evidenziare con chiarezza la linea di opzione politica scelta dal Parlamento.
In tale contesto, seppur con possibili o dovuti aggiustamenti, mi auguro che la riforma superi il vaglio dell'Assemblea senza cedimenti a pressioni particolaristiche o ad esigenze politiche di visibilità che potrebbero snaturarla.
L'approvazione della proposta da parte di questo ramo del Parlamento, a mio parere, costituirà un'importante prova di maturità politica per tutte le componenti parlamentari e, soprattutto, un passaggio verso una piena maturità istituzionale del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO. Signor Presidente, anche con riferimento ai numerosi interventi dei colleghi che ho ascoltato attentamente, penso che la filosofia emergente dal testo di riforma che l'Assemblea della Camera inizia oggi a discutere sia quella secondo cui la democrazia si difende meglio aumentando la trasparenza, il controllo e l'efficienza dei sistemi di informazione. Mi pare sia questo lo spirito che emerge dal testo esaminato dalle competenti Commissioni ed approdato oggi all'esame dell'Assemblea.
Non si deve certo aumentare l'opacità dei sistemi di sicurezza, ma controllarli dal punto di vista dell'efficienza e della trasparenza.
Per questo io penso che il dibattito che si apre oggi in aula non sia solo di carattere tecnico, ma riguardi nel profondo la qualità della democrazia del nostro paese. Infatti, credo che la riforma in materia di servizi di informazione riguardi la qualità della democrazia nel nostro paese.
Non appartengo certo - e devo dire che questa idea non mi pare diffusa, ma ne ho sentito qualche traccia in alcuni interventi - al partito di chi pensa che con l'aumentare, per esempio, dell'emergenza terroristica nel mondo (comunemente si dice dopo l'11 settembre, anche se non è così), si debba diminuire la controllabilità dei servizi che contrastano appunto tale emergenza.
I cittadini italiani devono avere la sensazione di essere difesi bene. Ciò non solo - com'è vero per il nostro paese - perché la stragrande maggioranza degli operatori dell'intelligence sono dotati di una notevole professionalità nel loro campo, in quanto operano bene personalmente, ma anche perché il solco tracciato dal legislatore garantisce e permette di controllare il loro comportamento, nel rispetto della legge e di ciò che il Parlamento legifera.
Spero che la riforma che noi discutiamo stia a monte non solo della nuova natura organizzativa e istituzionale del sistema, ma anche di un maggior tasso di democrazia nel nostro paese. C'è un dato politico che emerge a fronte della presentazionePag. 25che mi pare comune a tutti gli interventi che ho sentito e cioè che dopo esattamente trent'anni, una maggioranza vasta - la più vasta che potrebbe registrarsi in questo Parlamento -, ha licenziato il testo in esame all'unanimità.
Prima della Commissione affari costituzionali, ha operato sulla materia un altro organismo parlamentare, il Copaco, come è già stato riferito dal presidente Violante, che ringrazio anche per le parole che ha avuto per i membri di tale Comitato. Quest'ultimo altro merito non ha se non quello di aver sin dall'inizio lavorato su un testo unitario.
Poteva non essere un fatto scontato; molti colleghi hanno ricordato la vicenda relativa ad Abu Omar e gli altri casi di cui si è occupato. Negli stessi mesi, negli stessi giorni in cui il Copaco si occupava di queste vicende, con un dibattito a volte difficile tra noi - come sono sempre difficili i dibattiti politici quando è in corso anche la vicenda giudiziaria -, siamo stati capaci di licenziare un testo unitario, largamente condiviso - anzi, unanimemente condiviso - che poi è quello offerto alla discussione della Commissione affari costituzionali.
Quindi, il dato politico - quello che emerge dal largo consenso che si è registrato intorno a tale testo - è un dato che fa riflettere. Io ho l'impressione che in questi giorni a vario titolo - anche oggi su alcuni quotidiani - autorevoli colleghi abbiano voluto vedere nel testo di questa riforma favori per l'una o per l'altra parte Questi stessi evidenziano aspetti particolari che, secondo me, sono di importanza secondaria rispetto al disegno generale della riforma, ancorché la Commissione affari costituzionali abbia mostrato di saper recepire in tempo reale - laddove possibile - proposte di miglioramento del testo.
Nell'intervento iniziale del dibattito odierno, il presidente Violante ha illustrato l'insieme delle caratteristiche fondamentali e innovative di questo testo di riforma. Io, in particolar modo, sono interessato all'ampliamento dei poteri di controllo parlamentari, forse anche per l'esperienza, pur limitata, di questi mesi, che tuttavia i membri del Copaco hanno comunque fatto circa gli effettivi poteri di controllo dell'attività dei servizi che è stato possibile espletare. Proprio dalla sensazione di limitatezza e marginalità del proprio ruolo, viene il contributo che abbiamo cercato di dare a questo punto fondamentale della riforma.
Mi scuso se, per i postumi dell'influenza, non sarò molto eloquente a causa della voce. Partirò, quindi, da questo punto che, peraltro, è già stato affrontato da molti colleghi.
Il Comitato parlamentare per la sicurezza nazionale risulterà di numero più largo rispetto a quello attuale: cinque deputati e cinque senatori, nell'ottica di comprendere il più possibile tutte le rappresentanze politiche del paese che vi sono rappresentate. Verrà presieduto da un rappresentante dell'opposizione parlamentare, tema, assai caro a tutti, già citato negli interventi che mi hanno preceduto, in particolare dalla collega Santelli. Ciò implica un desiderio di controllo che coinvolga insieme maggioranza e minoranza, attribuendo, tuttavia, alla minoranza la possibilità fondamentale di presiedere questo comitato parlamentare.
Il Comitato disporrà, diversamente da quanto accade oggi, di poteri assimilabili a quello delle Commissioni parlamentari di inchiesta: potrà procedere ad audizioni, effettuare ispezioni e sopralluoghi, acquisire documentazione, elementi informativi ritenuti di interesse. Non potrà essere opposto al Comitato, nell'ambito del potere ispettivo, né il segreto istruttorio né quello d'ufficio né quello bancario o professionale. Verranno pertanto innestate tutte le procedure, per cui, in caso di opposizione del segreto di Stato, il Comitato ne verificherà la fondatezza e potrà riferire alla Camera.
Analoga procedura si osserverà nel caso in cui al Comitato si segnali che la comunicazione di informazione e la trasmissione di copia di un atto o di un documento possono pregiudicare la sicurezza della Repubblica.Pag. 26
Il Comitato è destinatario di molteplici comunicazioni obbligatorie, di relazioni periodiche da parte del Governo e degli organi di intelligence e viene posto nella condizione di esercitare le funzioni di controllo anche sulla gestione contabile e del personale.
Mentre lavoravamo su questo testo, con riferimento a tutti gli accadimenti riscontrati in questi mesi, oggetto di indagine della magistratura milanese, mi sono chiesto se un aumentato potere di controllo del Copaco, quindi, del Parlamento, avrebbe potuto evitare alcune delle evenienze di cui noi del Copaco abbiamo notizia (e di cui l'opinione pubblica ha notizia attraverso i giornali). Si potevano evitare alcuni dei fatti che sono oggetto di inchiesta della magistratura? Io penso di sì! Penso che con il testo che oggi inizia il suo percorso di esame si sarebbero potute evitare alcune delle cose che tutti noi avremmo voluto non fossero accadute!
Certo, non tutto è possibile evitare. Il comportamento personale delle persone (siano essi operatori di sistemi di intelligence o meno) che contravviene alla legge, alla norma, alla prassi, all'ordine superiore, il comportamento illegittimo non è evitabile. Bisogna però evitare che il Parlamento e, quindi, la nazione, lo Stato siano estromessi dalla capacità di verificare ciò che sta accadendo.
Al Comitato sono affidate anche funzioni consultive sulle proposte di legge riguardanti le materie di competenza: esprime un parere obbligatorio non vincolante su tutti gli schemi di decreto e di regolamento in materia di intelligence, nonché riceve, nella figura del presidente, comunicazioni sulla nomina dei direttori generali dei servizi, del direttore generale del DIS, del capo dell'ispettorato e dei dirigenti preposti.
Con riferimento alla tematica del ruolo di un comitato parlamentare nel campo delle nomine di coloro che devono dirigere i servizi che poi devono essere controllati, è stata formulata, nell'esame conclusivo da parte della Commissione affari costituzionali, una dicitura nel testo che rappresenta un compromesso utile rispetto alle proposte provenienti dal Copaco e ad alcune esigenze riscontrate in Parlamento per non frapporre, con un parere vincolante, il Copaco tra il Governo e le nomine.
L'esito degli accertamenti condotti e l'attività svolta dal Copaco sono riferiti alle Camere. Come è stato detto viene reso ancora più rigoroso il regime di segretezza degli atti del Comitato e, nel quadro di un più ampio rafforzamento della struttura organizzativa, si disciplina con grande attenzione e con la doverosa cautela l'impiego di collaboratori esterni. Sulla disciplina della segretezza degli atti del Comitato hanno già detto diversi colleghi. Si instaura, con questo progetto di legge, una disciplina di tutela del segreto degli atti del Copaco tesa a punire i parlamentari che violano tale segreto. A questo proposito si è opposto, in fase di discussione anche in Commissione Affari costituzionali, un criterio circa la giudicabilità dei parlamentari anche in ordine a questo problema. Personalmente ritengo che, per garantire l'alto ruolo di controllo che deve svolgere il Copaco - peraltro non si chiamerà più così, bensì Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica -, sia stato giusto inserire una disciplina che punisce in un dato modo i parlamentari che violino l'obbligo del segreto dei lavori. È bene infatti che il Comitato parlamentare di controllo sia una sede dove coloro che devono venire a testimoniare del loro lavoro e a raccontare ai parlamentari di ciò che accade in relazione all'espletamento delle loro funzioni abbiano la possibilità di sentirsi in un luogo protetto e riparato rispetto al resto del lavoro parlamentare.
Molti colleghi hanno citato il tema, che nel testo di legge è articolato, della disciplina dei rapporti con la magistratura ed altri apparati dello Stato. A questo proposito penso, così come dicevo all'inizio del mio intervento, che lavorare sulla riforma dei servizi di sicurezza sia un contributo a migliorare la qualità della democrazia nel nostro paese. Il fatto che su questo testo di riforma noi abbiamo ascoltato nei giorni scorsi opinioni provenientiPag. 27dalla magistratura su alcuni punti singoli della riforma ed il fatto che nel corso della discussione in Commissione affari costituzionali abbiamo più volte assistito ad opinioni diverse tra rappresentanti del Governo e parlamentari su alcuni punti dirimenti della riforma medesima, significa proprio che questa riforma si pone nel luogo di confine dell'equilibrio dei poteri del nostro paese; e secondo me è un elemento positivo quello rappresentato dall'equilibrio tra potere esecutivo, potere giudicante della magistratura e potere legislativo del Parlamento. Proprio per questo penso sia positivo che il testo al nostro esame sia frutto - e forse non poteva che essere così - di un equilibrio fra le opinioni di tutti i rappresentanti dei partiti.
Attribuisco molta importanza, anche rispetto alla disciplina che avevamo incardinato con il testo di riforma del 1977 - dove questo aspetto è oggi considerato un limite -, al fatto che il SIN e il SIE (ex SISDE ed ex SISMI) risponderanno, se questa riforma verrà così approvata, direttamente al Presidente del Consiglio dei ministri o, tramite sua delega, alla cosiddetta Autorità delegata. Penso che questo rappresenti uno degli elementi centrali della riforma dei principi di controllo dell'attività dei servizi. Questo nuovo riferimento apicale nella Presidenza del Consiglio dei ministri o nell'autorità delegata è un elemento cardine di cambiamento e di trasformazione netta rispetto alla precedente modalità operativa, che vedeva il SISDE riferire al ministro dell'interno e il SISMI riferire al ministro della difesa. Penso che questo sia un ulteriore elemento di semplificazione ed al tempo stesso di aumento della possibilità di controllo. Mi riferisco al rafforzamento del coordinamento politico dell'azione dei servizi, al fatto cioè che il Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, l'autorità delegata - che può essere scelta nella figura di un sottosegretario o di un ministro senza portafoglio -, assicurano, per il tramite del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (il DIS), il coordinamento dell'operato dei diversi organismi di intelligence. L'intero sistema di informazione e sicurezza nazionale è posto sotto l'alta direzione e responsabilità generale del Presidente del Consiglio dei ministri - a ciò faceva riferimento anche il sottosegretario Micheli - il quale esercita le proprie funzioni nell'interesse e per la difesa della Repubblica. Questo è il tema del rafforzamento delle funzioni di coordinamento politico.
Vi è anche il tema del rafforzamento delle funzioni di coordinamento tecnico, perché in luogo del CESIS è istituito il DIS (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza). Con questa riforma, al DIS sono affidati incisivi poteri di coordinamento, di vigilanza, di analisi strategica e proposta. Il direttore generale del DIS è espressione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri che lo nomina: è suo collaboratore stretto e, ove istituita, dell'Autorità delegata.
L'istituzione di una struttura tecnico-amministrativa permanente e dotata di adeguate risorse è diretta a consentire al Presidente del Consiglio dei ministri e all'autorità delegata di essere costantemente informati sull'attività del sistema di informazione e sicurezza nazionale e di intraprendere tempestivamente tutte le misure necessarie.
Segnalo, inoltre, che nell'ambito del DIS è istituito l'ufficio centrale degli archivi, al quale sono demandate rilevanti competenze in materia di gestione degli archivi e di vigilanza sul rispetto della normativa di settore.
Ritornando a quanto dicevo prima sulla questione della struttura binaria dei servizi (elemento che, a mio avviso, fa parte del capitolo concernente il miglioramento delle funzioni di controllo), si conferma l'assetto binario della struttura dei servizi, che fornisce, secondo la Commissione, maggiori garanzie rispetto alla concentrazione in un unico soggetto di tutte le competenze in materia di intelligence.
Il SISMI diventa ISE, il SISDE diventa ISI: il primo è competente per le operazioni all'estero; il secondo per le operazioni sul territorio nazionale. Tale ripartizionePag. 28geografica è univoca ed è destinata a superare i conflitti e le sovrapposizioni attualmente riscontrabili. Come abbiamo visto, in ogni caso, sono previste opportune forme di coordinamento e, inoltre, sono previste opportune forme di coordinamento per le operazioni che presentino carattere misto.
Vi è un potenziamento dei controlli interni. Viene istituito, presso il DIS, un ispettorato - cui molti colleghi hanno fatto riferimento - diretto da un dirigente nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri con il compito di esercitare il controllo di legittimità ed efficienza su tutti gli uffici del sistema di informazione e sicurezza nazionale, verificando il rispetto di leggi, regolamenti, direttive e disposizioni dell'autorità, con riferimento, tra l'altro, alla tutela del segreto, all'impiego di risorse e personale, e alla gestione dei fondi riservati.
Ho voluto citare questi punti che sono significativi di un cambiamento; un cambiamento orientato verso una maggiore possibilità di controllo sia sul versante parlamentare sia su quello del funzionamento diretto e dell'organizzazione dei servizi in rapporto alla Presidenza del Consiglio.
Infine, e concludo signor Presidente, penso che, anche nel campo della disciplina del segreto di Stato (sebbene il testo, forse, sia ancora migliorabile), siano state inserite particolari attenzioni affinché la disciplina del segreto di Stato divenga fortemente attenta ai principi di democrazia nel nostro paese.
Così come ha già detto all'inizio di questa discussione il presidente Violante, anche rispetto ad alcune critiche apparse oggi sui quotidiani, ritengo che il nostro paese, con la nuova riforma sulla disciplina del segreto di Stato, faccia un passo in avanti verso gli altri paesi europei.
Penso che le future generazioni, se tale riforma verrà approvata, potranno esserci grate. Ritengo, in altri termini, che esse ci ringrazieranno del fatto che, nei primi anni del nuovo millennio, anche l'Italia avrà adeguato la propria disciplina in materia di segreto di Stato alle esigenze delle moderne democrazie.
Attendo fiducioso, quindi, l'esame delle proposte emendative che si svolgerà in Assemblea. Spero proprio che il Parlamento, in breve tempo, riuscirà a partorire una riforma così importante per il paese e per tutti i cittadini.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.
STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'esigenza di riformare i servizi di informazione e di sicurezza si è più volte affacciata sulla scena politica italiana. Malgrado i numerosi tentativi compiuti nelle ultime tre legislature, tuttavia, la disciplina che regola l'organizzazione e l'attività dell'intelligence community italiana è ancora quella contenuta nella legge n. 801 del 1977, voluta dall'allora ministro dell'interno Cossiga.
In quella circostanza, prevalse l'idea di organizzare l'intelligence italiana su due servizi: uno per l'estero e per il controspionaggio, dipendente dal ministro della difesa (l'attuale SISMI, erede del SID, del SIFAR e del SIM), ed uno interno, il SISDE, sottoposto al ministero dell'interno e derivato dall'ufficio affari riservati del Viminale. Il SISMI ed il SISDE sarebbero stati coordinati, in sede politica, dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal CIIS (Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza), nonché, tecnicamente, dalla Segreteria generale del CESIS.
Al di sotto di tali strutture, hanno a lungo operato anche i servizi dell'intelligence tecnico-militare, i SIOS. Si tratta di stati maggiori di forza armata creati nel 1947, ma esistenti già in epoca monarchica. Ricordo che, per effetto della recente riforma dei vertici militari (la legge n. 25 del 1997), questi tre SIOS sono stati tuttavia ridotti alla dimensione di strutture-quadro, cedendo competenze e personale al RIS, il nuovo servizio di informazione delle Forze armate direttamente dipendente dal Capo di stato maggiore della difesa.Pag. 29
In questo momento, la struttura italiana somiglia notevolmente a quella francese, di cui ricalca organigramma e ripartizione di competenze. L'insoddisfazione dei politici nei confronti dell'intelligence nazionale storicamente nasce, in Italia, dal frequente coinvolgimento dei servizi nella dialettica politica interna, conseguenza diretta della concezione della minaccia esterna alla sicurezza nazionale - il pericolo sovietico - a favore di eversioni interne, identificate con l'azione antinazionale delle frange dell'estrema sinistra extraparlamentare.
Non stupisce, pertanto, che siano numerosi i parlamentari che abbiano mostrato, nel corso degli anni, di voler recidere ogni legame con il passato e con questo genere di deviazioni. La riforma, così, è stata invocata soprattutto per accrescere i controlli politici sui servizi, rafforzare i poteri ispettivi del Parlamento nei confronti dell'intelligence e provocare un massiccio ricambio dei quadri di SISMI e SISDE.
Ricordo che era nato da tali presupposti, nel 1997, un documento che avrebbe dovuto costituire la proposta del primo Governo Prodi per i servizi. Esso venne prima accantonato e poi rielaborato, ma senza convinzione, dopo l'arrivo di D'Alema a Palazzo Chigi, per essere poi completamente abbandonato durante gli anni di governo della Casa delle libertà. L'elemento probabilmente più significativo contenuto nella proposta elaborata dalla commissione di studio allora costituita era rappresentato dall'unificazione degli attuali servizi in un'unica agenzia, sottoposta alla direzione di un ministero ad hoc per la sicurezza nazionale.
Con il Governo Berlusconi, peraltro, venne compiuto un ulteriore tentativo di riforma, basato, questa volta, su presupposti differenti. Si intendeva soprattutto, infatti, adeguare l'intelligence italiana alle sfide emerse successivamente agli attacchi dell'11 settembre, potenziandone le capacità operative, di supporto informatico e di sicurezza a profitto del vertice decisionale nazionale.
Nemmeno quella volta, tuttavia, se ne fece qualcosa, perché, dopo l'approvazione del disegno di legge governativo al Senato, l'emergere di una contrapposizione netta tra il ministro dell'interno e quello della difesa provocò una impasse in questo ramo del Parlamento.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 17,07)
STEFANO ALLASIA. Alle spalle del contrasto tra interno e difesa vi era, naturalmente, la rivalità tra SISDE e SISMI, nonché quella tra i vertici della Polizia di Stato e quelli del SISMI.
Di quella sfortunata vicenda legislativa, peraltro, non tutto è andato perduto. Il sistema di garanzie funzionali, previsto all'interno del testo al nostro esame, ad esempio, ricalca quasi integralmente quello del vecchio disegno della legge Frattini della passata legislatura.
Le inchieste condotte dalla magistratura sulla supposta partecipazione delle intelligence italiane alle extraordinary renditions condotte dai servizi di sicurezza americani dopo gli attacchi alle Torri gemelle di New York hanno dato un'ulteriore spinta nella direzione della riforma. Alla luce di questi fatti, si spiega il clima di straordinaria collaborazione tra le forze politiche della maggioranza e dell'opposizione che hanno contraddistinto tutta la fase dell'iter del provvedimento svoltosi nella I Commissione.
Il testo sul quale l'Assemblea della Camera inizia oggi a confrontarsi deriva, in massima parte, dalla proposta elaborata dal Comitato parlamentare di controllo sui servizi di informazione e di sicurezza. Tuttavia, come Lega Nord, desideriamo evidenziare anche lo specifico apporto dato dal nostro movimento all'elaborazione della proposta unitaria ora all'attenzione dell'Assemblea. Il nostro gruppo, infatti, è stato l'unico ad astenersi sul testo presentato dal presidente Scajola, al momento cui venne assunto in Commissione come testo base, rilevando una serie di elementi di difficoltà sui quali sarebbePag. 30stato opportuno promuovere una riflessione.
Come Lega, non abbiamo mai condiviso, ad esempio, l'idea di introdurre nel nostro ordinamento la figura del ministro dell'informazione per la sicurezza, la cui apparizione, secondo noi, avrebbe inesorabilmente condotto al ridimensionamento del ruolo svolto nel sistema informativo e di sicurezza nazionale dal Presidente del Consiglio, dal ministro dell'interno e dal ministro della difesa. Né ritenevamo accettabile che, a fronte di un potenziamento delle competenze e dei poteri del servizio di intelligence, il Comitato parlamentare di controllo potesse continuare ad essere l'organismo attuale in cui siedono soltanto otto parlamentari e nel quale sono rappresentati ancor meno gruppi politici.
Allo scopo di sottolineare la nostra posizione come gruppo Lega Nord, abbiamo ritenuto opportuno, pertanto, predisporre una nostra proposta con tre obiettivi fondamentali. Primo: allargare la composizione del Comitato parlamentare di controllo a 14 membri, onde consentire a tutti i gruppi parlamentari, costituiti alla Camera e al Senato, di esservi in qualche modo rappresentati; secondo: formalizzare il modello di concertazione maggioranza-opposizione, affermatosi durante la XIV legislatura, quando il sottosegretario Gianni Letta informò in tempo reale il centrosinistra di ciò che il Governo stava facendo per liberare le due Simone e Giuliana Sgrena, sequestrate in Iraq; terzo: introdurre quegli obblighi informativi a carico del Governo nei confronti non solo del Comitato parlamentare di controllo, ma, altresì, dei presidenti delle regioni interessate dalla minaccia imminente rilevata dai servizi.
Ognuno di questi obiettivi è stato in seguito tradotto in emendamenti, alcuni dei quali sono stati, in parte, accolti. Il testo che oggi giunge all'Assemblea di Montecitorio è, quindi, a nostro avviso, significativamente migliore rispetto alla originaria proposta Scajola.
Un Comitato parlamentare più rappresentativo permette all'intelligence italiana di essere più incisiva ed efficace nella lotta al terrorismo internazionale, non taglia fuori i ministri dell'interno e della difesa dal circuito informativo, anzi, per la prima volta, inserisce al suo interno anche il ministro degli esteri.
Questo risultato si deve anche all'iniziativa politica assunta dal gruppo della Lega Nord. Per questo motivo, anche noi ci esprimeremo a favore del provvedimento, pur riservandoci di produrre ulteriori migliorie durante il dibattito in aula.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Licandro. Ne ha facoltà.
ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, questa riforma cade in un momento particolare; cade non soltanto in un quadro politico mondiale che ha visto formidabili mutamenti dei suoi equilibri, ma anche in un momento in cui drammatiche cronache giudiziarie consegnano all'opinione pubblica la notizia e la percezione di scandali immensi, dell'assoluta mancanza di trasparenza dei nostri servizi; tutto ciò fa capire quanto sia importante questa riforma.
Si tratta di una riforma organica che vede la luce dopo parecchi decenni da quella del 1977. Ebbene, non esitiamo ad affermare che, riguardo al lavoro svolto, che è stato lungo e faticoso e che ha prodotto modifiche anche sostanziali rispetto alle proposte iniziali, manifestiamo il nostro apprezzamento, anche personale, nei confronti del presidente e relatore Violante.
Non c'è dubbio che la riforma rechi in sé aspetti positivi. Essa muove da esigenze oggettive, che definirei quasi insopprimibili: unificazione dei servizi, esigenza che il relatore ha sinteticamente esposto nel suo intervento; razionalizzazione e modernizzazione (termine che, in questi giorni, il relatore ha usato più volte nel corso dei lavori); trasparenza e maggiore democratizzazione degli apparati dei nostri servizi.
Noi abbiamo apprezzato l'impianto, ma non siamo ancora certi che l'obiettivo sia assicurato fino in fondo dall'attuale formulazione del testo. Ad ogni modo, credo che vi siano tutti i margini per migliorarePag. 31ulteriormente il provvedimento di riforma. L'indicazione è quella di creare un centro di responsabilità politica, precisa e chiara, in capo al Presidente del Consiglio, il che implica la definizione, abbastanza precisa e dettagliata, del ruolo e delle funzioni del Presidente del Consiglio in questa delicata materia.
Per quanto concerne il ruolo, i poteri e la stessa composizione del Comitato parlamentare di controllo, signor sottosegretario, credo che l'osservazione dell'onorevole Allasia, della Lega Nord, sia assolutamente condivisibile. Se l'approccio muta radicalmente, come pare debba mutare, è chiaro che, accanto alla responsabilità politica del Presidente del Consiglio, vi deve essere un più forte margine di intervento del Parlamento, ovviamente attraverso le sue articolazioni e, nella fattispecie, attraverso il Comitato parlamentare. Pertanto, credo che, nonostante vi sia stato già un ampliamento, il Governo e la Commissione debbano prendere in considerazione, per riflettere seriamente al riguardo sul suggerimento di aumentare il numero dei componenti. Analogamente, riteniamo importante (tornerò su questo aspetto in seguito) il ruolo del DIS.
I Comunisti Italiani vogliono rafforzare l'impronta del provvedimento, soprattutto per quanto concerne il Presidente del Consiglio, le sue prerogative, che vogliamo irrobustire ancora di più, ed i margini entro i quali egli assume le sue determinazioni con nettezza. Per ciò che riguarda invece il DIS, organo le cui funzioni ci appaiono, nella formulazione di parecchie disposizioni, tuttora nebulose (in particolare, si lasciano spazi così ampi da far temere che tutto cambia perché nulla debba cambiare...), abbiamo svolto un lavoro molto serio che sarà vagliato innanzitutto dalla Commissione, perché vogliamo aiutare la riforma ad essere ancora più netta e a perdere quegli elementi di ambiguità che ancora mantiene.
Tuttavia, ciò non ci fa velo nell'indicare i limiti che tale riforma presenta, ad iniziare da uno dei punti, a nostro giudizio, più dolenti e pericolosi, che riguarda le garanzie funzionali - ho avuto modo di dirlo più volte, sia in Commissione sia in altre sedi -, perché ciò che temiamo è che, in merito alla dimensione e all'ambito dei servizi segreti nel nostro paese, il principio di legalità rischi la dissoluzione: si rischia cioè di creare un'altra dimensione, alternativa, rispetto alla quale il principio di legalità non vale più. Cercherò poi di dire le ragioni della nostra preoccupazione; saranno poi quest'Assemblea, ancora la Commissione ed il Governo a valutarne e a tentare di comprenderne sino in fondo la fondatezza.
Certo, vi sono stati dei miglioramenti, è indubbio - ne ho dato atto prima, all'inizio del mio intervento -, ma li reputiamo insufficienti, perché consentire che determinate condotte sfocino in reati, in reati anche molto gravi, che hanno visto nel passato l'opera deviata di alcuni settori dei nostri servizi, non ci conforti affatto e non sia questione su cui siamo disposti a chiudere un occhio, figuriamoci due!
Ciò che su questo punto mi colpisce è il fatto di aver sentito in passato, su precedenti provvedimenti, approcci radicalmente garantisti, anche laddove il garantismo non c'entrava nulla. Invece, in queste materie, così particolarmente delicate, che riguardano proprio la qualità della democrazia di uno Stato, anche strumentalmente sul piano dialettico, si fa prevalere il motivo della sicurezza su quello dei diritti, delle libertà, anche quelle costituzionali, garantite dalla Costituzione del 1948.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 17,20)
ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Un altro punto su cui manifestiamo ancora forti perplessità e preoccupazione riguarda, nonostante gli indubbi miglioramenti rispetto al punto di partenza, il segreto di Stato. È vero: il relatore poco fa ricordava all'onorevole professor Tranfaglia come in altri paesi la durata del segreto di Stato sia addirittura superiore rispetto a quella che finora vi è stata o che la riforma in discussione intende prevedere e sancire.Pag. 32
Tuttavia, quando si discute su discipline di questo genere non si può non tenere conto della storia del nostro paese e di quella dei suoi servizi segreti, nonché del fatto che in Italia sostanzialmente non sia mai stato rimosso il segreto di Stato, da Portella della Ginestra sino ad oggi. Senza l'impegno e lo sforzo personale degli storici, e nella fattispecie anche del professor Tranfaglia, nulla avremmo continuato a sapere, né cominciato a squarciare il velo della copertura, se non recandoci presso gli archivi statunitensi: dunque, troppo esteso. Non in astratto, signor sottosegretario, ma per la storia di questo martoriato paese e di questa martoriata Repubblica e per la storia dei nostri servizi segreti.
Ci colpisce peraltro - ma credo che su questo punto troveremo facilmente convergenza ed accordo - il fatto che da un lato si introducano punizioni severe per chi diffonde notizie, atti o documenti coperti dal segreto di Stato, mentre misure in qualche modo blande sono previste per chi costruisce falsi presupposti volti al compimento di azioni sfocianti in reato. Inoltre, registriamo la singolare assenza di punizioni per chi opera la distruzione della documentazione ormai «liberalizzata», su cui cioè è cessato ogni vincolo di copertura. Se dobbiamo varare una riforma valida per i prossimi cinquant'anni, è chiaro che abbiamo il dovere di prendere in considerazione anche questi aspetti che nel testo ancora mancano.
Vi sono poi altri punti, signor sottosegretario, che ci spingono ad una riflessione (e mi rivolgo a tutte le forze politiche) costruttiva, positiva perché la qualità della democrazia dipende da come i servizi segreti svolgono il proprio ruolo e sono attaccati alle istituzioni democratiche. Non si tratta di una faccenda di destra, di centro o di sinistra, bensì di una garanzia per tutti.
Ad esempio, la norma relativa al contingente speciale ci inquieta in quanto rimette tutto alle disposizioni regolamentari. E ancora, mi chiedo se questo contingente speciale del personale non sia nient'altro che una modificazione lessicale di quei famigerati reparti speciali che hanno rivestito un certo ruolo su vicende ancora oscure, come la Gladio all'estero. Ritengo assai pericoloso uniformare la fisionomia dei nostri servizi e quella dei servizi segreti di altri paesi, in particolare - per essere esplicito su questo punto - degli Stati Uniti, cioè la CIA. Le ragioni della mia preoccupazione risiedono nella diversa - profondamente diversa - realtà politica, istituzionale e dei contrappesi esistente negli Stati Uniti rispetto a quella presente in Italia. Se non cambia la formulazione di alcune disposizioni, non credo che renderemo un buon servizio a questo paese per il futuro. Infatti, non potranno escludersi casi come quello, purtroppo noto, di Pio Pompa, peraltro con ottima copertura legislativa.
Inoltre, non ci convince il ritorno del segreto di Stato per quanto riguarda gli accordi internazionali, che - se ricordo bene - era saltato grazie ad un nostro emendamento in sede di I Commissione affari costituzionali. Vogliamo capire bene cosa si intende con il riferimento agli accordi internazionali, cioè se si intendono quelli in forma esecutiva che non vengono resi noti al Parlamento e quelli intrattenuti tra servizi segreti e rispetto ai quali, dunque, manca quel controllo parlamentare che rappresenta uno dei contrappesi e dei cardini previsti da questa riforma.
Infine, per quanto riguarda l'intelligence, che ritengo il vero punto di modernizzazione, abbiamo una concezione opposta rispetto a quella espressa dall'onorevole Gasparri, che molto probabilmente confonde un po' le cose.
L'intelligence è una cosa seria, che tuttavia in questo paese non è stata mai interpretata per quello che è e che dovrebbe essere.
Questo dibattito così ovattato, in un'aula vuota, mi inquieta personalmente, prima che come parlamentare e come dirigente politico, come democratico.
Finora l'intelligence è stata nelle mani delle Forze di polizia e delle Forze armate - soprattutto di queste ultime - che, com'è ovvio, hanno altri compiti, altre funzioni, altre predisposizioni, altra natura.Pag. 33Oggi, al contrario, l'intelligence, partendo da quei presupposti, è in primo luogo analisi, conoscenza, competenza, elaborazione, dunque ha bisogno di altro, di una diversa interpretazione, di un diverso approccio, che non può essere quello sostanzialmente operativo delle Forze armate.
Da alcuni ho sentito parlare spesso - non solo durante i lavori parlamentari, ma anche leggendo i giornali e ascoltando i telegiornali - di pregiudizio verso i nostri servizi. Si tratta di un'affermazione che singolarmente riecheggia in un brano dell'intervista del generale Pollari, rilasciata il 31 gennaio scorso al quotidiano La Stampa. Il generale afferma: «Da noi, quando va bene, i servizi sono inquietanti. Quando va male, sono deviati. Con il risultato che lavorare è impossibile. Allora, o decidiamo che non servono e li appaltiamo agli americani, agli inglesi, ai francesi, oppure riconosciamo loro il rispetto che meritano dei servitori dello Stato e non li costringiamo più ad andare in giro con il cartello 'Non sono disonesto!' appeso al collo».
Questa è un'affermazione che sottoscriverei totalmente e incondizionatamente, se alle nostre spalle non vi fosse una pesantissima storia, anche recente, come il caso Abu Omar, il caso Calipari, il caso Telecom. A questo proposito, in realtà, di esistenza di intercettazioni telefoniche l'opinione pubblica ha saputo fin dal 1973, quando vi furono circa duemila linee illegalmente intercettate.
Sottoscriverei quelle dichiarazioni se non risultasse ancora insoluto un formidabile elenco di fatti che hanno ammorbato la vita di questa giovane Repubblica: piazza Fontana, Freccia del sud, Golpe Borghese, «Golpe bianco» di Sogno, Trento, Italicus, piazza della Loggia e così via.
Allora, con la lealtà che ci ha sempre contraddistinto, apertamente e senza infingimenti, lavoreremo per migliorare la proposta; lo faremo innanzitutto con la nostra maggioranza per comprendere quale direzione assumere. Lavoreremo non per snaturare tale proposta, in quanto riteniamo di averne compreso l'impianto, ma per coniugare l'efficienza dei servizi con la garanzia dei diritti. Perché nel nome della sicurezza i diritti non vengano cancellati.
Allora, se, su queste materie così delicate, che attengono appunto ai gangli vitali di uno Stato democratico, le previsioni di legge devono essere chiare, puntuali e non ambigue, per non lasciare ampio margine ad un'interpretazione eccessivamente libera, credo di poter concludere con l'insegnamento di un nostro insigne noto giurista, Pietro Calamandrei: i giuristi - e noi oggi siamo qui in veste di legislatore - non possono permettersi il lusso della fantasia.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Capotosti. Ne ha facoltà.
GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi e colleghe, innanzitutto vorrei ringraziare il presidente della Commissione affari costituzionali e tutti i suoi membri per il lavoro davvero importante esperito in questi mesi, così come ringrazio il delegato del Governo in materia. Dagli interventi di chi mi ha preceduto, con i richiami fatti al caso Pollari, a quello di Abu Omar, all'Italicus, ad Ustica e a Scalzone, pur nel diverso approccio alla tematica, è emerso, oltre ad una nota di criticità in ordine al bisogno di una riforma così rilevante, un dato comune: la necessità di ammodernare l'apparato di sicurezza interna, in modo da dare una risposta più attuale e più pronta al difficile momento che stiamo vivendo e, di certo, migliore di quella data in passato di fronte ad emergenze nazionali.
Tengo a rivolgere questo ringraziamento, perché si è disegnata una proposta di riforma tutta imperniata sull'assetto costituzionale della Repubblica. In essa, sono contemplati i tre poteri costitutivi, esecutivo, legislativo e giudiziario, tra i quali vi è un rapporto di collaborazione, in modo che ci sia una più ampia condivisione delle tematiche.
È doveroso sottolineare che, in questa riforma, rispetto ai testi precedenti, siPag. 34delinea un processo di democrazia più compiuta; infatti, alcune responsabilità vengono trasferite da autorità burocratiche, ovvero da funzionari che, per quanto capaci, competenti e seri, non hanno mandato popolare, ai corpi costituenti dello Stato, i quali invece trovano fondamento nel mandato popolare. Ravviso, inoltre, un ulteriore motivo di lode nel fatto che il testo non contempla leggi speciali.
Va segnalato che questa Repubblica è stata in grado di affrontare percorsi difficili (si pensi alla lotta al terrorismo, a vicende come quelle delle Brigate rosse o, addirittura, al sequestro Moro), senza mai fare ricorso a leggi speciali, cioè senza mai mettere in discussione le garanzie costituzionali primigenie della persona, riuscendo, allo stesso tempo, a dare una risposta di democrazia, di sicurezza e di collegialità.
Questo è un dato che va sottolineato, perché in molti paesi del mondo, ancorché democratici, non si è tenuto lo stesso atteggiamento; e tengo, in modo particolare, a mettere in luce questa nota di coraggio e di onestà intellettuale.
Devo ammettere che, da membro della II Commissione (Giustizia), avrei gradito che ci fosse stata una più ampia condivisione dell'esame del testo di riforma, cosa che, per motivi tecnici e formali, non è stato possibile realizzare; sarò quindi costretto a presentare qualche emendamento per proporre alcune mie soluzioni.
Più che avventurarmi nell'analisi degli elementi tecnici, già esposti da chi mi ha preceduto, mi pare opportuno sottolineare, nel merito, alcuni punti di eccellenza: ad esempio, l'istituzione di un dipartimento che, finalmente, fa riferimento al Presidente del Consiglio dei ministri, una struttura binaria con competenze definite, una interna e una esterna, responsabilità, anche penali, precise, individuate in maniera indefettibile dalla normativa. In sintesi, ci troviamo di fronte ad un testo che svolge un processo di razionalizzazione degli elementi stesi sul campo, che non imputa responsabilità, ma che semplicemente prende spunto dall'esperienza per costruire un disegno che, alla prova dei fatti, vedremo se darà una risposta più efficiente.
Quindi, entrando nel merito, credo possano essere formulate diverse osservazioni.
La prima a cui ho pensato leggendo il testo è che non vi è nessun coinvolgimento del Presidente della Repubblica.
Ora, questo non è un fatto necessario. Nell'equilibrio dei poteri che è stato disegnato dalla normativa penso però che avrebbe potuto trovare spazio una qualche funzione di garanzia, di cautela attribuita al Presidente della Repubblica, visto che nella nostra democrazia, di tipo parlamentare, egli rappresenta lo snodo di raccordo terminale, lo snodo di raccordo principale, perché egli è in capo, come è noto, a tutti poteri.
Questo è un elemento che mi permetterò di sottolineare ulteriormente durante il dibattito, magari attraverso un emendamento, perché penso che potrebbe essere, come dire, opportuno coinvolgere anche il Presidente, seppure con un ruolo semplicemente consultivo.
In ordine alla Commissione di controllo, ho preso nota, leggendo l'articolo 1, che l'autorità delegata ha facoltà di stabilire i fondi. Ecco, ricordando l'esperienza del Congresso degli Stati Uniti, faccio presente che la Commissione di controllo, nel Congresso degli Stati Uniti, esprime un parere vincolante sui fondi. Effettivamente, questo è patrimonio comune della coscienza giuridica del nostro tempo: forse il controllo più stringente che può essere esperito, alla fine, è quello sui fondi. Ciò che sto dicendo, ovviamente, non è vangelo; invito però anche su questo punto la Commissione a prendere in esame una proposta di parere vincolante, o di parere successivo di ratifica riguardante eventuali situazioni di emergenza, che penso rappresentino l'elemento più pregnante.
Non è infatti la gestione ordinaria l'attività più importante (che alla fine, nei fatti, è burocraticamente delimitata), ma le responsabilità di gestione dinnanzi ad unaPag. 35situazione straordinaria (quella per la quale il servizio, in buona sostanza, è concepito).
Ancora, credo che sarebbe opportuno ridisegnare una maggiore collegialità all'interno del Comitato interministeriale. In questo senso, ha detto bene chi mi ha preceduto, parlando dell'articolo 17, secondo comma, quando delimitava una serie di condotte che non possono essere poste in essere neanche con autorizzazione, perché comunque corrispondono a un reato.
Fermo restando che su questo punto ho delle difficoltà a capire quale sia il bene giuridico tutelato da questa normativa (perché vi sono diverse condotte non tutte commettibili), tuttavia ritengo che, per esempio, la presenza all'interno del Comitato interministeriale del ministro della giustizia (che è il ministro che in qualche modo garantisce l'interesse alla legalità e che quindi bilancia l'interesse alla sicurezza che invece esprime l'autorità delegata dal Presidente del Consiglio), potrebbe essere, sotto questo profilo, più pregnante, più esaustiva, o comunque di maggiore garanzia dinnanzi alla coscienza pubblica, all'opinione pubblica.
Da ultimo, ho preso nota che esistono anche una serie di nuovi reati, o meglio di reati propri, previsti per i parlamentari all'interno del Comitato di controllo.
Non ho trovato una disposizione corrispondente, ad esempio, per i giudici della Corte costituzionale. Immagino che si tratti di una mia pecca, oppure che ci sia comunque una qualche misura di salvaguardia, e ciò non per essere sanzionatori o repressivi; ma, tornando al discorso iniziale sul Presidente della Repubblica, che è anche il Presidente del Consiglio superiore della magistratura (quindi è anche in qualche modo l'autorità suprema davanti alla quale deve rispondere il potere giudicante), si potrebbe prevedere una norma di raccordo in modo da garantire la presenza del potere giudicante, ma anche la totalità dei poteri in senso armonico.
Effettivamente, se c'è un elemento tutto comune alle tante situazioni (secondo alcuni, eversive, secondo altri, di deviazione, secondo altri ancora, puramente accidentali) che si sono verificate nel passato, è la distonia di un singolo pezzo di un potere rispetto all'equilibrio costituzionale.
Questo è un elemento presente, è un elemento di cui dobbiamo prendere coscienza, è un elemento su cui il testo dà una risposta precisa. Credo che essa possa essere ulteriormente affinata e quindi, ripeto, presenterò degli appositi emendamenti al testo, ma sono sicuro che l'autorità, prima che politica, giuridica, del Presidente Violante e la sapienza del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio onorevole Micheli, delegato del Governo in tema, saprà trovare un «incastro», una proposta legislativa tale da dare una risposta esaustiva a tutte le coscienze, anche a quelle più critiche, in modo da tentare una risposta che sia la più ampia possibile dinanzi all'opinione pubblica.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, a scanso di equivoci, siamo fermamente convinti che la sicurezza del paese e delle istituzioni democratiche e dei cittadini dipenda spesso, non solo in guerra, ma anche in pace, dall'efficienza dei servizi di informazione e sicurezza. È necessario, quindi, che il nostro paese abbia efficienti servizi di informazione e sicurezza e ne sia accresciuta la loro capacità operativa.
Dobbiamo dare atto, in questo contesto, al lavoro svolto in questi anni, nei quali il nostro paese ha attraversato le vicende del mondo sotto una tutela che si è dimostrata abbastanza efficace. Ciò non toglie che vi sia la necessità di dare nuovi strumenti alle nostre organizzazioni preposte a questo delicatissimo settore e, in particolare, di accrescere la loro capacità di adeguamento alle nuove esigenze, che sono quelle di un contrasto forte nei confronti del terrorismo internazionale e dei pericoli più generali della comunità.
La storia del nostro paese, tuttavia, richiama alla memoria alterne vicendePag. 36verso le quali, come diceva prima qualche collega, non vi sono state risposte convincenti. È quindi necessario ancorare l'attività di organismi così delicati a capisaldi di sicura garanzia, affinché efficacia ed efficienza non vadano a discapito del sistema democratico, delle sue istituzioni e dei diritti individuali dei cittadini.
I servizi, però, devono sapersi tener fuori dalle cronache e dagli scandali. I migliori servizi sono quelli che non si sentono mai, che non fanno rilevare la loro presenza, ma il loro buon lavoro, nella effettiva tutela della collettività.
Detto questo, svolgerò alcune considerazioni sul metodo di approvazione del provvedimento. Lo faccio senza spirito di polemica verso i colleghi della I Commissione. Emerge con chiarezza, anche esaminando l'articolato del testo unificato, che vi erano competenze esplicite ed evidenti della Commissione giustizia; modifiche al codice penale e al codice di procedura penale richiamano in maniera diretta questa competenza e sarebbe pertanto stato opportuno coinvolgere la Commissione giustizia in un esame congiunto del provvedimento (Commenti del deputato Boato).
Premesso questo, occorre dire che il testo arrivato alla nostra attenzione, anche per la convergenza della maggioranza e dell'opposizione, rappresenta un punto di approdo importante. In questo senso, voglio ringraziare i colleghi e il presidente della I Commissione, che hanno svolto un lavoro di sicura qualità.
Rimangono aperte alcune questioni sulle quali vorrei richiamare l'attenzione. Dico ciò senza l'intenzione di esprimere, da parte nostra, un giudizio, che peraltro rimane positivo, ma ritenendo che vi sia bisogno di qualche correzione.
Siamo convinti - in questo senso la scelta del testo è convincente - che la responsabilità politica massima debba essere assegnata in capo al Presidente del Consiglio. È una scelta che condividiamo, perché non vi può essere ombra di dubbio rispetto alle responsabilità. Arriviamo da una storia, purtroppo, che non ci ha consentito di accertare in maniera puntuale questa responsabilità oggettiva. Allo stesso tempo, però, devo dire che cogliamo una certa contraddittorietà laddove è prevista l'eventuale istituzione di un ministro senza portafoglio con responsabilità sul settore.
Il ministro, proprio per la sua configurazione giuridica, rappresenta un punto di responsabilità politica. Riteniamo, perciò, che debba essere mantenuta l'attuale configurazione dell'affidamento della responsabilità di autorità delegata ad un sottosegretario, proprio perché si vuole mantenere forte la responsabilità del Presidente del Consiglio.
Consideriamo importante che il personale preposto ai servizi d'informazione e sicurezza non debba svolgere attività d'ispezione in una fase successiva. Sappiamo che, spesso, vi è continuità in apparati di questo genere tra le funzioni precedenti e quelle successive, ma chi esercita una funzione di controllo interno deve dare la sensazione di formulare un giudizio estremamente autonomo e, quindi, non influenzabile da precedenti appartenenze.
Per quanto riguarda il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, condividiamo l'inserimento del ministro degli esteri, mentre non comprendiamo l'esclusione del ministro della giustizia e del ministro dell'economia. Sappiamo che nella società moderna il ruolo dell'economia è fondamentale anche per quanto riguarda la tutela degli interessi generali del paese. L'economia non è soltanto un fatto privato, ma anche un fatto pubblico e, quindi, il coinvolgimento del ministro dell'economia sarebbe giusto e necessario, anche perché (colgo un'ulteriore contraddizione) è prevista la competenza dei servizi in materia di informazione sulle vicende finanziarie ed economiche del paese, in senso lato. È, quindi, ancora più precipua la necessità della presenza del ministro dell'economia. Aggiungo, anticipando una considerazione successiva, che trovo discutibile un'estensione così ampia delle competenze dei servizi.Pag. 37
Sono importanti i nuovi criteri in materia di reclutamento e selezione del personale. È necessario nei servizi d'informazione e sicurezza moderni accrescere fortemente la capacità di analisi. Sono importanti le attività operative, ma vi è bisogno di contributi professionali e scientifici di altissimo livello e, in questo senso, i criteri previsti rassicurano anche perché, in passato, siamo stati in presenza di alcuni fenomeni clientelari e degenerativi che non hanno giocato a favore di un efficace sistema dell'organizzazione dei nostri servizi.
Per quanto riguarda le modifiche del codice di procedura penale, riteniamo che coloro che sono impegnati in attività così delicate, che a volte comportano anche la messa a repentaglio della propria vita, debbano essere tutelati in maniera adeguata dal nostro sistema. Allo stesso tempo, però, vi è la necessità di garantire la capacità delle istituzioni di intervenire nel momento in cui si effettuassero attività difformi dai mandati.
È un fatto positivo l'introduzione di maggiori responsabilità in materia di segreto di Stato, anche se è da chiarire un elemento critico, che non vedo in chiave polemica nei confronti di vicende giudiziarie attuali. Non condividiamo l'idea che le leggi, si debbano varare a favore o contro qualcuno. Quindi, si tratta di valutare, con estrema serenità, se, in una sede giudiziaria che lo veda coinvolto, l'imputato, ancorché appartenente ai servizi, possa appellarsi lui stesso al segreto di Stato.
È certamente materia delicata, che deve, però, essere trattata da noi nel pieno rispetto dei diritti che debbono essere garantiti a tutti i cittadini. L'appartenente ai servizi di informazione e sicurezza non è un cittadino diverso; è un cittadino al quale, in aggiunta a quanto richiesto a tutti gli altri, si chiede un impegno particolare: devono però essergli garantiti gli stessi diritti che ai cittadini normali vengono garantiti.
Per quanto riguarda la risposta del Presidente del Consiglio sull'acquisizione di documenti sottoposti a segreto di Stato richiesta dall'autorità giudiziaria, in particolare dal giudice, ritengo che i termini debbano essere ridotti dagli attuali sessanta giorni a trenta. Infatti, è comprensibile - e lo affermo senza volere in alcun modo manifestare sfiducia nei nostri servizi - che in sessanta giorni si modifichino molte situazioni; quindi, se ve ne è l'esigenza, il segreto deve essere apposto tempestivamente e trenta giorni sono più che sufficienti. Se, invece, non si ravvisa l'esigenza di far valere una tale riserva, non è giusto che rimangano tempi così lunghi.
Per quanto concerne la disciplina della causa di giustificazione, una previsione così estesa solleva a mio avviso qualche elemento di riflessione. È, infatti, ovvio come essa non si debba applicare agli attentati contro organi costituzionali e assemblee regionali; ritengo, però, si debba sopprimere la parte della disposizione che, con riferimento all'esclusione della causa di giustificazione per i delitti contro l'amministrazione della giustizia, reca una previsione del seguente tenore: «salvo che si tratti di condotte di favoreggiamento personale o reale indispensabili alle finalità istituzionali dei servizi (...)». Infatti, in tale ambito «grigio», si possono annidare moltissime situazioni e in questa materia è necessario avere estremo rigore.
Mi rendo peraltro conto che ciò potrebbe essere interpretato come il tentativo di introdurre elementi di inefficacia nell'azione dei servizi; però, il perseguimento di determinati particolari obiettivi spesso spinge a travalicare gli ambiti fissati dalla normativa. È quanto accade anche con riferimento ad altre istituzioni, ma evidentemente, in un settore con oggettive difficoltà di controllo - caratterizzato da attività certamente non palesi -, l'esigenza della forzatura spesso diventa prassi. Quindi, vorrei quanto meno indurre i colleghi della Commissione competente a considerare tale elemento di riflessione.
L'attività dei servizi non può essere svolta nei confronti delle istituzioni e delle forze politiche presenti in Parlamento; così almeno prevede il testo. Al riguardo, ritengo che la previsione debba esserePag. 38estesa a quelle forze politiche che si sono presentate alle elezioni sottoponendosi al giudizio degli elettori. Infatti, un'attività di contrasto deve essere rivolta contro coloro che si muovono occultamente, nei riguardi di quanti possono, con la loro attività, mettere in discussione i principi democratici; ritengo che chiunque, invece, con le proprie idee, si sottoponga al giudizio degli elettori meriti la tutela.
Un problema delicato è quello del trattenimento delle persone arrestate in flagranza o su mandato presso gli uffici della polizia giudiziaria oltre le ventiquattro più ventiquattro ore. Credo che non si debbano travalicare i limiti già previsti dalla Costituzione per quanto riguarda materia analoga - diciamo così -, quindi con il limite delle ulteriori quarantott'ore.
Ho visto che la Commissione ha già corretto le sanzioni penali in materia di azione degli appartenenti ai servizi di sicurezza per il preordino illegittimo di condizioni per il rilascio dell'autorizzazione. Avevo predisposto un emendamento in questo senso; osservo comunque che la Commissione mi ha anticipato, quindi colgo la sensibilità manifestata rispetto a questa delicatissima questione.
Sono queste le problematiche su cui, credo, si deve maggiormente attivare la nostra attenzione, anche con riferimento al dibattito in aula. Un richiamo sulla composizione del Comitato di controllo parlamentare: se quest'ultimo non è rappresentativo di un'esigenza di controllo democratico generalizzato, non si giustifica la sua composizione di cinque deputati e cinque senatori. Un contenimento della rappresentanza è garanzia di sicurezza riguardo al controllo del segreto e consente anche di non attivare quella dialettica che in un organismo di questo genere non è necessaria. Stiamo, infatti, parlando di un organismo che non deve tutelare una parte, ma l'insieme del paese, delle sue istituzioni e rappresentanze politiche.
Invece, se si sta parlando di uno strumento di controllo generalizzato, democratico in senso lato - il richiamo alla proporzionalità in qualche modo giustifica tutto questo -, credo vi debba essere una composizione che consente la presenza di tutti i gruppi parlamentari.
In conclusione, è stato fatto un buon lavoro che può sicuramente essere migliorato in aula; mi auguro che attraverso il nostro sforzo si riesca a dotare il paese di organismi sicuramente indispensabili per quanto riguarda l'azione di tutela degli interessi. Nello stesso tempo, debbono essere precisi anche gli ambiti di operatività di questi organismi. Quindi ritengo, signor Presidente, signor sottosegretario e colleghi della Commissione I che, riguardo alla mission dei servizi, la tutela degli interessi economici, finanziari e strategici per la collettività rappresenti una denominazione piuttosto generica; di conseguenza, è necessario specificare meglio oppure «spulciare» completamente la denominazione
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.
GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che il dibattito su un tema così importante e delicato per il paese meriti qualche brevissima considerazione di carattere politico.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 18,04)
GIANPIERO D'ALIA. Il gruppo dell'UDC ha lavorato al Copaco, in Commissione affari costituzionali e lavorerà in Assemblea, alla Camera ed al Senato, per sostenere e far approvare la riforma dei servizi d'intelligence.
Infatti, a distanza di trent'anni da quando il Parlamento è stato chiamato a decidere su una riforma in questo campo, occorre affrontare senza reticenze, senza falsi ideologismi e con grande senso di responsabilità un tema importante che, nelle ultime due legislature, si è tentato di discutere con grande successo. Le ragioni di quest'ultima mia affermazione sono da ricercarsi nella resistenza di strutture particolarmente consolidate, sotto il profilo operativo nel nostro Stato e che tendonoPag. 39sempre - per definizione - ad una loro autoconservazione. Inoltre, concorre il fatto che è evidente, dati i precedenti che storicamente hanno visto i servizi o una loro parte o alcune singole persone protagoniste in questo, l'esistenza di sempre più forti elementi di diffidenza nei confronti di questa attività. Molto opportunamente, nel testo licenziato dalla Commissione, essa viene definita, in senso non solo tecnico, attività d'informazione aperta «per la pubblica sicurezza», concetto diverso dal sistema nazionale «della pubblica sicurezza».
Infatti, questa è una materia molto delicata; si tratta di un'attività fondamentale non solo per la tutela della sicurezza nazionale, ma anche per far giocare al nostro paese un ruolo strategico nello scenario europeo ed internazionale. Poiché una struttura d'intelligence deve essere nelle condizioni di prevedere e prevenire fatti che succedono nel mondo e supportare in questo modo il Governo e il Parlamento nella sua attività legislativa, più latamente intesa anche come esecutiva, nel caso in cui essa non fosse in grado in questo suo ruolo non solo in relazione alla tradizionale politica estera, ma anche nel contesto di crescita globale, sarebbe lo stesso sistema paese a non essere messo nelle condizioni di funzionare bene.
Ora, io credo che per le suddette ragioni, abbiamo sempre sostenuto la necessità di un metodo diverso e nuovo nell'affrontare questi temi estremamente delicati. Questi ultimi, infatti, vanno svincolati dalla cosiddetta logica bipolare di maggioranza e di opposizione, in quanto i servizi di sicurezza sono un patrimonio sia del paese sia dello Stato; non sono patrimonio né di questo né di quel Governo, a maggior ragione da quando siamo entrati in un sistema bipolare; non sono patrimonio né di questa né di quella maggioranza politica.
Dunque, vi è anche la necessità che gli apparati d'intelligence non solo siano indipendenti ed imparziali, ma che appaiano tali anche all'esterno, nel rapporto con l'opinione pubblica e con i cittadini.
Dal nostro punto di vista, questa impostazione è l'elemento fondamentale sul piano politico. Infatti, è stato dato un contributo rilevante da tutti i gruppi parlamentari alla definizione di un testo che il presidente Violante, quale relatore, molto bene ed opportunamente ha sintetizzato e ha aggiornato in ragione dei contributi resi nel corso della discussione. Questo metodo rappresenta forse il primo elemento di novità in questa legislatura ed in questa attività parlamentare. Probabilmente, se per il futuro del paese su questioni particolarmente delicate ed importanti, noi ci avventurassimo in questo cammino guardando più alle questioni di merito, che non a ciò che ciascuno di noi ha come manifesto di campagna elettorale, riusciremmo a concludere cose più concrete, saremmo più produttivi e probabilmente saremmo altresì nelle condizioni di correggere una serie di deficienze che il nostro sistema paese presenta e che certamente nella logica del conflitto politico non troveranno mai soluzione e rimedio.
Venendo ora alle questioni che sono più squisitamente al nostro esame, vorrei fare una considerazione preliminare. Ho ascoltato con particolare attenzione l'intervento del collega Licandro. Apprezzo e rispetto le opinioni di tutti, soprattutto quando non le condivido. Mi auguro che sia stato un lapsus il suo, perché ho ascoltato una sua affermazione, secondo la quale il gruppo parlamentare da lui rappresentato, i Comunisti Italiani, offrirà - ed è corretto - un contributo per migliorare il testo della riforma, ma ha usato un inciso che, sicuramente, non attiene al metodo che fino ad oggi abbiamo seguito. Ha detto: «lavoreremo insieme alla nostra maggioranza» per modificare il testo. Il cenno mi fa conferma che si è trattato di un lapsus. Noi lavoriamo insieme in Parlamento con il contributo di tutti! I colleghi Copotosti e Buemi, ad esempio, sono intervenuti su alcune questioni specifiche che riguardano il delicato rapporto fra la politica, gli operatori di intelligence e la magistratura. È un rapporto delicato che ha bisogno sempre di un equilibrio, di pesi e contrappesi, ed è giusto che venganoPag. 40effettuati tutti gli approfondimenti, partendo però da un presupposto chiaro: la riforma che proponiamo insieme all'Assemblea si fonda su una serie di capisaldi che non possono essere erosi, perché, altrimenti, rischierebbe di saltare il sistema che, con difficoltà, si è cercato di mantenere in equilibrio.
Già la legge n. 801 del 1977 prevedeva la responsabilità - guai se non fosse stato così! - del Presidente del Consiglio, quale titolare ed autorità politica della conduzione dei servizi di intelligence, ma, in realtà, al di là della perfetta enunciazione del principio ai sensi dell'articolo 1 della citata legge n. 801 del 1977, il resto si è andato formando sia con alcune previsioni normative sia attraverso la pratica e l'applicazione quotidiana di quel sistema. Il che ha comportato di fatto, attraverso il meccanismo della dipendenza funzionale dei singoli servizi dai ministri della difesa e dell'interno, una forma di «diluizione» della responsabilità politica della conoscenza e della capacità operativa e strategica del Presidente del Consiglio in un tema così delicato.
Noi oggi riportiamo tutto questo in capo al Presidente del Consiglio. È corretta la soluzione che anche il Governo ha proposto, cioè che i servizi, comunque, per le parti di competenza, informino costantemente i ministri della difesa e degli esteri per quanto riguarda l'attività del SIE ed il ministro dell'interno per quanto riguarda l'attività del SIN, ma il rapporto di dipendenza funzionale ed il rapporto organico si inquadrano all'interno della Presidenza del Consiglio e, quindi, si realizza appieno quel principio che già nel 1977 era stato fissato dal legislatore.
Cosa abbiamo fatto in più? Abbiamo sempre mantenuto un sistema binario. Personalmente, il nostro gruppo (abbiamo presentato una proposta la riguardo) preferiva un sistema binario diverso, in cui la ripartizione delle competenze non fosse territoriale, ma per materie e che, quindi, vi fosse ancora oggi un servizio di sicurezza militare, ma con compiti strettamente connessi alla funzione militare del nostro paese, che comprendesse anche il ruolo del RIS, del secondo reparto del Ministero della difesa, dello Stato maggiore delle Forze armate, ed un servizio che si occupasse di tutto il resto, ivi compresa, in via esclusiva, l'attività di controspionaggio.
Si è sempre detto, nel corso del dibattito che si è articolato in questi anni, che abbandonare il sistema binario fosse pericoloso per la garanzia dei sistemi democratici. Come emerge dalle vicende che hanno interessato i servizi anche negli ultimi mesi e negli ultimi anni, ci rendiamo conto che, in pieno sistema binario, quelle garanzie non sono state fino in fondo tutelate. Pertanto, al di là delle interpretazioni, è evidente che, forse, oggi i tempi sarebbero stati maturi per un ulteriore salto in avanti.
Nonostante ciò, la soluzione individuata sia all'interno del Copaco sia nel testo proposto dal presidente Violante, la condividiamo, perché, comunque, evita uno dei problemi fondamentali, vale a dire quello della sovrapposizione delle funzioni da parte dei diversi servizi, con spreco di risorse, di uomini e, soprattutto, con assenza di controllo sulle attività che ciascun servizio esplica, anche se, forse, sarebbe opportuno cogliere - abbiamo presentato una proposta emendativa al riguardo - un suggerimento della Commissione affari esteri, volto a precisare ancor meglio i poteri di coordinamento del DIS.
Ciò almeno nel caso in cui permanesse il contrasto fra il servizio interno e quello esterno sulle attività che devono essere svolte; qualora questo contrasto non fosse risolto in via funzionale ed amministrativa dal DIS, abbiamo previsto un potere più forte del DIS, proponendo al Presidente del Consiglio o all'autorità delegata, ove istituita, una soluzione di cui poi si assume la responsabilità ovviamente sempre e comunque l'autorità politica.
Ed ancora, credo che, ad esempio, la soluzione che abbiamo trovato sulla vicenda del ministro per le informazioni sulla sicurezza sia una soluzione ottimale. Riteniamo che aver paura dell'istituzione di un ministro dell'intelligence sia un problema che appartiene più alla superficie ePag. 41ai vecchi dibattiti che su questa materia si sono svolti, soprattutto in considerazione del fatto che questo testo, che ovviamente va migliorato, separa le funzioni dell'intelligence da quelle del ministro dell'interno. Pertanto, l'idea che si fosse di fronte ad un nuovo ministro dell'interno o ad un conflitto di competenza o a quant'altro, in realtà, se esaminiamo il testo che abbiamo approvato in Commissione, è un elemento superato. Ciò nondimeno, proprio per evitare di creare inutili problemi alla prosecuzione dell'esame della riforma, abbiamo trovato una soluzione che rende facoltativa questa istituzione, perché credo che se rafforziamo il controllo parlamentare dobbiamo avere un ministro che abbia la possibilità di rispondere anche politicamente al Parlamento e quindi di essere sfiduciato nel caso in cui eserciti in maniera infedele le funzioni che gli vengono delegate.
Un risultato che considero positivo nel testo della norma che riguarda segnatamente tale questione è quello di aver eliminato la circostanza che la delega sui servizi potesse andare ad una figura diversa, con altre competenze, perché chi si occupa di questo settore - sia che si tratti di un sottosegretario sia che si tratti di un ministro - deve fare solo questo, trattandosi di compiti importanti, delicati ed accresciuti sotto ogni profilo; dunque, deve rispondere direttamente al Presidente del Consiglio, anche in deroga alla norma della legge n. 400 del 1988, che prevede l'attribuzione collegiale delle deleghe con la deliberazione del Consiglio dei ministri.
Vi sono inoltre una serie di pilastri in questa riforma che sono estremamente importanti. Per la prima volta discipliniamo esattamente le competenze, sia quelle esclusive, non delegabili, del Presidente del Consiglio, sia quelle che vengono delegate al sottosegretario o al ministro senza portafoglio. Tutto questo comporta il rafforzamento di una responsabilità, che non è solo politica ma che è anche operativa e strategica, perché non basta più, dopo l'11 settembre, dopo la caduta del muro di Berlino, un'idea romantica da un lato o deteriore dall'altro dei servizi. Abbiamo bisogno invece di strutture operative, di gente che sia formata, che sia nelle condizioni di saper fare il suo mestiere, che cresce in questa logica, perché ciò che manca nel nostro paese è una cultura dell'intelligence, una formazione preliminare che consenta agli operatori dei servizi di sapere quali sono le regole esatte dell'ingaggio, se così lo vogliamo impropriamente definire, di sapere cosa possono fare e cosa invece non possono e non debbono fare e quali sono le sanzioni.
Ricordo qui, tra gli altri, un elemento fondamentale che riguarda gli archivi. Quante volte - anche nella vicenda che ha riguardato di recente il cosiddetto ufficio di via Nazionale - è stato rimproverato genericamente agli apparati di intelligence di fare le schedature? E quante volte tutto questo non è stato possibile accertarlo, se non in via giudiziaria? Oggi noi introduciamo una norma che disciplina esattamente la classificazione degli atti e gli archivi. Introduciamo il divieto di istituire archivi che non siano trasmessi al Parlamento, per il tramite del Copaco, ed introduciamo una serie di norme che sono il presupposto per l'applicazione delle sanzioni nel caso delle schedature.
Noi, a volte, ci facciamo fin troppo condizionare dal processo di Milano, che ha tutto il nostro rispetto: la magistratura dovrà accertare se vi sono ipotesi di reato, e via dicendo. Però, ci dimentichiamo (e, forse, ci avvitiamo sempre in dibattiti un po' datati) che la scommessa del futuro, su cui si gioca la democrazia di questo paese, non è più legata solo alla questione dei cosiddetti servizi deviati, rispetto ai quali introduciamo una serie di norme puntuali che traggono spunto dall'esperienza drammaticamente maturata negli ultimi anni. Dimentichiamo che, con il caso Telecom, si è verificata una vicenda di straordinaria pericolosità per la democrazia di questo paese. Parliamo della possibilità che soggetti estranei all'amministrazione e fuori controllo, per fini certamente illeciti, possano interferire nella vita politica, istituzionale, economica ed imprenditoriale di un paese, e lo possano fare violando sistematicamente, con strumenti che sonoPag. 42nella disponibilità collettiva (ossia, quelli della comunicazione), la privacy più intima delle persone.
Quando mai, prima d'ora, abbiamo letto sui giornali ed abbiamo avuto la certezza di segretari di partito schedati, spiati e «dossierati»? Di esponenti politici e parlamentari spiati, seguiti e schedati, nonché di imprenditori e di giocatori di calcio? Su questo tema, oggi, aleggia un assordante silenzio, che un po' ripugna. Credo che tutti dovremmo svolgere una riflessione al riguardo, prendendo anche spunto dal contenuto di questo testo che, anche rispetto alle indebite interferenze delle istituzioni nella privacy dei singoli cittadini, pone un argine, un muro molto definito, robusto e forte.
Come dicevo, il sistema si regge su una serie di capisaldi, e mi avvio alla conclusione. Un altro di questi capisaldi è il controllo parlamentare. Non può esistere un sistema che codifica le garanzie funzionali, che disciplina per la prima volta dopo trent'anni in maniera compiuta e anche perfettibile (ne sono assolutamente convinto) il segreto di Stato, il regime di opponibilità, nonché la sua durata con un termine certo e predeterminato, che non preveda anche un forte controllo parlamentare. Mi riferisco, in particolare, a servizi che prevedono strumenti come le garanzie funzionali, anch'essi perfettibili sotto alcuni aspetti, non vi è alcun dubbio. Ad esempio, con riferimento all'emendamento introdotto in Commissione, riguardante il divieto dell'esercizio di queste garanzie nei confronti dei partiti, dei sindacati e dei giornalisti professionisti, segnalo al presidente della Commissione una perplessità, ossia che l'indicazione specifica di alcuni soggetti possa escluderne degli altri che hanno, nel nostro sistema e nel nostro ordinamento, pari dignità. Potrei citare i magistrati, ma ve ne possono essere degli altri, come i ministri di culto, e via dicendo.
Allora, l'elencazione di soggetti che possono essere astrattamente destinatari di condotte illecite giustificate, può portare al rischio inverso, ossia che le garanzie valgano solo per alcuni, e che l'esclusione di altri legittimi l'attività di tali soggetti nei confronti di quelli non espressamente previsti dalla norma. Tant'è vero che, forse, sarebbe più opportuno verificare se il limite di carattere generale già introdotto, riguardante l'esercizio delle garanzie funzionali con riferimento ai reati di attentato contro i diritti politici, non possa ricomprendere tutte quelle categorie di soggetti rispetto alle quali l'attività dei servizi, ancorché garantita ma illecita, debba essere esclusa.
Capisco lo spirito e il senso di quell'emendamento proposto dai colleghi di Rifondazione Comunista, che personalmente ho condiviso e condivido; ma sul piano tecnico credo sia opportuno svolgere una riflessione, proprio per evitare la cosiddetta eterogenesi dei fini.
Credo che vi sia un sistema di controlli che non si è mai visto: infatti, se esaminassimo il modo in cui è stato posto in equilibrio il sistema, vorrei rilevare come venga sostanzialmente rafforzato il controllo parlamentare, che ritengo fondamentale.
Personalmente, resto dell'idea che la nomina dei responsabili dei vertici dei servizi e del sistema di informazione debba prevedere un parere obbligatorio, anche se non vincolante, del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica; tuttavia, ritengo che ciò non debba avvenire in base ad una logica di condivisione di una scelta politica, perché non è questo il punto.
Infatti, proprio per il fatto che il Comitato è un organo paritetico - essendo slegato dalla logica della maggioranza e dell'opposizione e rappresentando il Parlamento -, se siamo dell'idea che i servizi di informazione appartengono a tutto il paese, all'intero Parlamento e a tutto l'apparato statale (e non a questa o quella maggioranza), non dobbiamo avere paura di sottoporre ad una verifica parlamentare la qualità dei soggetti designati per ricoprire tali incarichi.
Peraltro, ricordo che abbiamo presentato una proposta emendativa che integra i requisiti di accesso anche per i direttori di SIE e SIN, prevedendo lo stesso tipo diPag. 43qualità richieste per il direttore del DIS, per un'esigenza di equità nella individuazione di questi soggetti.
Si tratta di un tema di riflessione sul quale ci siamo confrontati molto in sede sia di I Commissione, sia di Copaco. Anche se non è una questione dirimente, desideriamo sottoporla alla vostra attenzione per ragionarci sopra. Ciò perché si tratta di un modo equilibrato di concepire il rapporto tra Parlamento e Governo in questa materia specifica, la quale, dal nostro punto di vista, deve essere assolutamente sottratta alle logiche del cosiddetto spoils system.
Da tale esigenza è derivata l'introduzione della norma sulla durata degli incarichi citati e sul loro rinnovo. Essa assolve proprio a tale logica, perché il direttore del DIS, così come i direttori dei singoli servizi, sono non dirigenti della pubblica amministrazione come tutti gli altri, ma persone che devono garantire la sicurezza democratica e l'integrità dello Stato in tutte le sue componenti e in tutte le sue dinamiche, indipendentemente dal fatto che queste siedano sui banchi del Governo o su quelli dell'opposizione.
È in tal senso che avevamo proposto l'espressione del parere sulle nomine da parte del citato Comitato parlamentare. Peraltro, vorrei segnalare che, su questo punto, non troverete una proposta emendativa del nostro gruppo parlamentare, proprio perché si tratta di uno spunto di riflessione e non vogliamo assumere un'iniziativa maggiormente incisiva rispetto al dibattito che abbiamo già svolto.
Vorrei aggiungere altre due considerazioni: la prima riguarda la questione delle garanzie funzionali, mentre l'altra concerne il tema del segreto di Stato. Credo che questo sia il tema su cui oggi, storicamente, si misuri maggiormente la maturità del Parlamento e di tutte le forze politiche. Guai, infatti, a fare di tale questione l'ennesimo «rodeo» nel teatro (non lo chiamo «teatrino» per ovvie ragioni) della politica e delle classiche, storiche posizioni all'interno degli schieramenti di centrodestra e di centrosinistra rispetto alla magistratura. Ciò sarebbe sbagliato, perché non è questo il problema.
In questa sede, infatti, stiamo esaminando non la riforma dell'ordinamento giudiziario, ma una questione molto più delicata e complessa, rispetto alla quale abbiamo introdotto, con il testo in oggetto, una serie di garanzie che riguardano la tutela non di singole persone, ma della funzione di intelligence.
La circostanza che, quando si processano gli agenti segreti, si debbano adottare maggiori cautele non costituisce una disparità di trattamento poiché riteniamo che il signor Tizio o il signor Caio siano soggetti «privilegiati» anche sotto il profilo del processo penale. Tali accortezze derivano, invece, dal fatto che intendiamo tutelare la funzione che tali soggetti esercitano, la quale rischia di essere compromessa se non dovesse essere controllata attraverso le opportune cautele.
Ciò riguarda il sistema delle intercettazioni e le modalità più o meno riservate di celebrazione dei processi. A maggior ragione, esso concerne il controllo giudiziario, il quale deve esservi, ma non può essere esclusivo rispetto ad una attività che, comunque, è assorbita anche nell'ambito di una funzione che sotto il profilo giurisdizionale, secondo la Costituzione, è insindacabile.
Mi riferisco alla funzione di alta direzione politica del Presidente del Consiglio dei ministri, la quale implica il controllo da parte sia del Parlamento, sia della Corte costituzionale. Osservo che il coinvolgimento di quest'ultima è una delle novità contenute nel provvedimento in esame, anche se è stata criticata superficialmente - e me ne dispiace - da qualche autorevole costituzionalista. Infatti, sostenere oggi che abbiamo dato quest'impostazione perché abbiamo sfiducia nei confronti della magistratura, significa non affermare la verità. Noi abbiamo posto in equilibrio le varie funzioni (quella della magistratura, indispensabile, quella dell'Esecutivo e quella del Parlamento), offrendo l'unico elemento costituzionalmente di garanzia e di coordinamento delPag. 44corretto esercizio di questa funzione della Corte costituzionale. Quindi, credo sia un atto di fiducia e non di sfiducia.
Ciò è sintomatico di un modo culturale (ancora oggi presente in questo paese) di affrontare alcuni temi. E bene ha fatto il presidente Violante a precisare sugli organi di informazione, con perizia di particolari, il lavoro che abbiamo svolto (non ve ne sarebbe stato bisogno, se vi fosse stata una lettura più attenta e costante dei lavori parlamentari da parte di alcuni soggetti); bene ha fatto, perché, per la prima volta in questo paese, da parecchi anni - e mi fa piacere che l'abbia fatto il presidente Violante -, si comincia a ragionare, avendo un'idea della nostra Costituzione repubblicana e del nostro sistema democratico equilibrata (volevo usare un termine forse un po' troppo di moda, vale a dire «moderata»), ma, certamente, efficace rispetto agli scopi che ci proponiamo.
Queste sono le ragioni che ci hanno indotto in Commissione a votare a favore, senza «se» e senza «ma», sul provvedimento e che, con gli opportuni correttivi, ci indurranno a confermare questo voto favorevole in aula e che ci porteranno a lavorare per dare al paese una riforma da tanto tempo attesa, che migliorerà non solo la qualità dei sistemi di informazione e di intelligence, ma anche la qualità della politica e della cultura politica.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.
ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, a questo punto del dibattito, posso limitare le mie considerazioni soltanto ad alcune questioni, rilevando che la Commissione ha lavorato rapidamente, ma anche in maniera approfondita, tenendo conto del lavoro e del percorso parlamentare delle scorse legislature.
In sostanza, è dalla X legislatura che si riflette su questi argomenti e ad ogni legislatura vi è stato un approfondimento considerevole. Quindi, oggi, in qualche modo, facciamo una sintesi di questi lavori.
Mi riconosco nei problemi che ha sottolineato il relatore. Vorrei aggiungere le mie considerazioni a quelle dell'onorevole Fiano sulla struttura generale di questo provvedimento, soffermandomi, in particolare, su tre questioni che sono state già al centro di questo dibattito in ripetuti interventi, sia di appoggio sia di critica.
Mi riferisco all'introduzione di questa causa di giustificazione, la cosiddetta garanzia funzionale, che, dal punto di vista dei principi costituzionali, è la vera novità: il problema del segreto di Stato, la modifica apportata all'articolo 202 del codice di procedura penale, con riferimento ai profili processuali costituiscono novità meno rilevanti.
È stato detto - mi pare correttamente - che, in questi istituti della causa e giustificazione e del segreto di Stato, vi sono elementi delicati di bilanciamento tra il ruolo dell'esecutivo, al quale appartengono anche i servizi, ed il ruolo dell'autorità giurisdizionale.
Da questo punto di vista, quando sostenevo che la vera novità è collegata alla causa di giustificazione, volevo sottolineare che l'impalcatura del segreto di Stato, quindi la dinamica che accompagna l'opposizione del segreto di Stato, sostanzialmente, è riconducibile ad istituti precedenti. Vengono introdotti alcuni perfezionamenti, alcune significative garanzie, ma la vera novità è costituita dalla predetta garanzia funzionale.
Qualcuno (se non erro, il collega Licandro) ha quasi giudicato dirompente l'idea di prevedere una causa speciale di giustificazione, che rivela l'ingresso del valore della sicurezza in funzione di limite alla tutela penale. La considerazione è stata ripresa da altri colleghi con diversi accenti. In questa sede, vorrei proporre una notazione di carattere generale: alla base di tutto l'impianto del provvedimento c'è proprio il valore della sicurezza. Vorrei ricordare (lo ha già fatto il relatore, ma voglio ribadirlo) che il valore della sicurezza è considerato dalla Corte costituzionale (il riferimento è alle sentenze n. 86 della 1977 e n. 82 del 1976) un interesse essenziale ed insopprimibile della collettivitàPag. 45«con palese carattere di assoluta preminenza su ogni altro» - così si esprime la Corte nella sentenza n. 86 del 1977 - in quanto tocca l' esistenza stessa dello Stato. Sebbene la sentenza da ultimo citata sia stato oggetto di qualche considerazione critica da parte della dottrina, le parole della Corte, riprese in numerose sentenze successive, rimangono in qualche modo lapidarie.
Con riferimento a quanto è stato affermato, vorrei dire che la Corte ha rintracciato il fondamento del predetto valore in diverse norme della Costituzione: negli articoli 1, 5, 52 (che riguarda la difesa dello Stato), nell'articolo 87 (laddove prevede il Consiglio supremo di difesa) e nell'articolo 126. Da questo punto di vista, anche l'osservazione del collega Capotosti relativa al ruolo del Capo dello Stato può essere indirettamente collegata al Consiglio supremo di difesa, presieduto dal Presidente della Repubblica, nel quale siedono ministri che sono al centro dell'impalcatura anche del testo unificato in esame. Quindi, non mi pare che il Presidente della Repubblica sia assolutamente escluso da questo meccanismo complessivo di equilibri.
Rispetto al valore preminente della sicurezza, il vero punto di equilibrio, che si ritrova nel provvedimento, è proprio quello che riguarda il rapporto tra esecutivo ed autorità giurisdizionale. A tale riguardo, credo che le soluzioni adottate siano appropriate: una consiste nel rafforzamento del ruolo del Parlamento attraverso il Comitato parlamentare di controllo (evidentemente, questo elemento non può essere sottaciuto); un'altra si basa sull'inserimento sistematico della Corte costituzionale, la quale ha un ruolo decisivo sia nel controllo sulla stessa esistenza della causa di giustificazione, della scriminante prevista dagli articoli 17 e 18, sia per quanto riguarda l'apposizione del segreto di Stato. Quindi, sostanzialmente, il testo prevede questo tipo di garanzie.
Con riferimento proprio alla garanzia funzionale, analizzando l'andamento dei lavori parlamentari, si può constatare che la Commissione ha costantemente lavorato per perfezionare i meccanismi e le cautele che circondano l'esercizio di questa fattispecie e che, in qualche modo, circoscrivono la causa di giustificazione. Del resto, si potrebbe dire che la nuova disciplina può certamente essere più garantista della scriminante generale dell'ordine superiore, di cui all'articolo 51, ultimo comma, del codice penale, essendo quest'ultima ancorata a presupposti di legittimità piuttosto evanescenti (se non addirittura operativa in presenza di un ordine anche illegittimo, purché insindacabile). Da questo punto di vista forse dovremmo raccordare le due disposizioni, perché oggi chi utilizza la scriminante di cui all'articolo 51, ultimo comma, in realtà si trova in una situazione e in un perimetro molto più indefinito di quanto non appaia quello circoscritto dalla disposizione in esame.
Credo che su questo punto sia difficile pensare che esista una rottura, come ha detto ancora una volta il collega Licandro, del principio di legalità. Se guardiamo al codice penale e alle scriminanti contenute negli articoli 51 e seguenti (dall'esercizio di un diritto alla legittima difesa, fino allo stato di necessità e all'uso legittimo delle armi), vi sono comunque una serie di clausole generali che hanno una ampiezza piuttosto significativa. Certo, si potrebbe obiettare che in quei casi è la magistratura che misura la proporzione e l'operatività della clausola, avendo in questo caso la magistratura invece soltanto una funzione di verifica in limine, perché, qualora conservasse dei dubbi, potrebbe fare quello che spesso la magistratura fa quando si tratta di problemi di legittimità costituzionale, e cioè aprire la porta della Corte costituzionale e consentire ad essa, a cui non è opponibile il segreto, di intervenire e di giudicare nel caso concreto.
Con riferimento al segreto di Stato, vorrei dire solo poche cose, poiché mi ritrovo nelle considerazioni che sono state svolte. Mi pare comunque importante sottolineare il lavoro effettuato presso la Commissione affari costituzionali su tale argomento.
Siamo partiti da una nozione, contenuta nei testi base che avevamo all'esamePag. 46della Commissione, assai più ampia di «segreto» - ricordo, tanto per citare un esempio, che si parlava addirittura di interessi di carattere economico-finanziario dello Stato - e abbiamo lavorato circoscrivendo tale nozione, e ritornando infine a quella del 1977, nozione che aveva sostanzialmente avuto solo qualche critica in dottrina su aspetti marginali. Mi pare che l'idea di base perseguita dalla Commissione fosse quella di circoscrivere al massimo grado possibile l'ampiezza del segreto di Stato, proprio perché il bilanciamento tra i valori in gioco potesse essere tale da non sacrificare troppo le esigenze della giustizia, dell'autorità giudiziaria, ma costituisse un punto di equilibrio plausibile e giustificato.
Infine, occorre considerare anche, negli articoli 39 e 40, la modifica al codice di procedura penale e l'introduzione di una regola di carattere generale. Da questo punto di vista, occorre sottolineare come, nella riforma del codice del 1988, non vi fosse una giustificazione esplicita del fatto che si considerasse solo la figura del testimone (ve n'era una implicita abbastanza chiara secondo la quale il testimone aveva ed ha l'obbligo di dire la verità nel processo) e, attraverso la norma inserita allora nel codice, si voleva chiaramente precisare che tale obbligo, se fosse venuto in conflitto con un segreto di Stato, avrebbe dovuto soccombere: quella norma, dunque, era stata posta in termini specifici.
La formulazione attuale, però, in sostanza estende a tutti i soggetti la «doverosità» che scaturisce dal segreto di Stato, come individuato e circoscritto in una nozione ormai consolidata (quella della legge del 1977), rendendo il principio di carattere generale. Ancora una volta, questo incide nei rapporti tra autorità giudiziaria e potere esecutivo, con un controllo che viene affidato alla Corte costituzionale che interviene in questa materia, osservando, come ricordava il presidente Violante, regole di riservatezza e di segretezza, che vanno a caratterizzarla in maniera ancora più specifica. L'onorevole Capotosti ha affermato di non essere riuscito bene a cogliere la distinzione tra il reato cui sono assoggettati i parlamentari, membri del Comitato, in caso di violazione del segreto e la non analoga disposizione nei confronti dei giudici della Corte costituzionale. Vorrei specificare che vi è una spiegazione per questa diversità. Da un lato, consistendo l'attività parlamentare spesso in manifestazioni del pensiero, il mancato sanzionamento di quest'obbligo può in qualche modo rientrare in tale fattispecie più generale, visto che l'attività dei parlamentari è caratterizzata da una normale pubblicità dei loro comportamenti e delle loro opinioni e dalla manifestazione del loro pensiero. Diversa è invece la posizione della Corte costituzionale, improntata strutturalmente a caratteristiche di riservatezza che in questo caso la legge richiama e sottolinea in maniera particolare.
Non mi pare neppure che la soluzione adottata in merito al rapporto dell'estensione dell'obbligo di segretezza, e quindi del mantenimento del segreto a tutti soggetti del processo, vada ad incidere in qualche modo sul principio costituzionale che l'imputato possa difendersi, scegliendo se avvalersi del segreto di Stato o se far prevalere il diritto di difesa. Comunque, come legislatori, su questo punto non saremmo potuti intervenire perché il diritto di difesa discende direttamente dalla Costituzione. Pertanto, non credo che avremmo potuto modulare tale diritto.
Se invece avessimo voluto fare un bilanciamento tra l'avvalersi del diritto di difesa ed il rispetto del segreto di Stato, avremmo comunque scritto una norma incongrua o rozza, come mi pare dicesse il presidente Violante all'inizio della seduta. Infatti, si tratta evidentemente di un bilanciamento difficilmente configurabile a priori. In questo caso credo che la norma, pur nella sua estensione e nella sua formulazione più generale (e ripeto che essa integra una lacuna contenuta nella riforma del 1988), abbia il vantaggio di lasciare il bilanciamento agli stessi soggetti del processo e quindi anche all'imputato, che certamente potrà valutare se esercitare un proprio diritto costituzionale. InPag. 47tal caso il giudice, nel momento in cui dovesse perseguirlo per violazione del segreto di Stato, dovrà valutare se tale diritto costituzionale configuri gli estremi dell'articolo 51 del codice penale.
Come si vede, la Camera ha affrontato fino a questo momento una serie di profili molto delicati. Credo che vada dato atto al presidente della Commissione, onorevole Violante, di aver mantenuto un'impostazione molto aperta su questi temi così delicati, che ha consentito alla Commissione di trovare alla conclusione dei lavori una soluzione soddisfacente.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Belisario. Ne ha facoltà.
FELICE BELISARIO. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, un nuovo sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica ed una nuova disciplina del segreto di Stato sono un'esigenza da tempo avvertita sia negli ambienti politici, sia in quelli dell'intelligence ed oggi anche all'interno della pubblica opinione, magari di quella più accorta, specialmente in materia di terrorismo. A dire la verità, il Parlamento avverte con molta attenzione il problema della disciplina dei servizi, in misura forse inversamente proporzionale alla presenza oggi garantita in aula. Tuttavia, così tante erano le proposte che la Commissione ha dovuto lavorare su di esse per poterle ricondurre a sintesi.
I servizi segreti - userò questa espressione, che poi è quella di più facile impatto - hanno avuto nel nostro paese vicende alterne, non sempre positive. Tuttavia, negli ultimi anni, un gruppo di nostri agenti sono stati interpreti spesso e volentieri di una fedeltà piena verso lo Stato, fino a pagarne con la vita l'impegno.
Non dimentichiamo quanto già emerso nel corso di questo dibattito in ordine a servizi segreti deviati, che tuttavia vorrei lasciarmi alle spalle come un incidente ormai superato. Probabilmente, vi è ancora qualche spione di troppo, qualche spione superficiale guidato o teleguidato.
Questa riforma, dunque, si propone di omogeneizzare una sistematicità all'interno dei servizi. Il testo unificato in esame ha impegnato la I Commissione, sotto la regia e la sintesi del presidente, nonché relatore, onorevole Violante. I lavori sono stati fortemente compressi e mi auguro che l'esame in Assemblea consenta di approfondire, di limare, di integrare e di modificare, al fine di ottenere un testo il più condiviso possibile.
Certo, si tratta di una riforma che riguarda la sicurezza dello Stato, pertanto non può essere una riforma della sola maggioranza, ma deve trattarsi di un provvedimento legislativo condiviso. Noi dell'Italia dei Valori avremmo preferito che la maggioranza avesse ragionato su tale testo e siamo desiderosi che ciò avvenga, affinché si possa giungere ad un confronto proficuo con l'opposizione.
Condivido la posizione del collega Licandro, quando affermava che una sintesi della maggioranza prima del confronto con l'opposizione sarebbe stata certamente proficua. Siamo convinti che si tratti di un provvedimento che deve essere scritto a quattro mani, ma vorremmo che nella mano del centrosinistra tutte le dita partecipassero con pienezza anche ai processi predecisionali.
In un momento come questo dobbiamo spiegare al paese che stiamo predisponendo la riforma dei servizi non per un orpello giuridico-legislativo, ma perché vi è la necessità di evitare che vi siano incongruenze o spiragli con riferimento ai quali possano aprirsi polemiche, come avvenuto nell'ultimo periodo.
Noi dell'Italia dei Valori riteniamo che più che una riforma strutturale con forti innovazioni, vi sia una razionalizzazione dell'esistente attraverso correzioni e soprattutto tanti acronimi: il DIS, l'ANS, il NOS, il CISR, il SIE, il SIN, l'UCSE. Si tratta di un labirinto all'interno del quale dobbiamo cercare di fare emergere con certezza la ratio del legislatore, che non è quella del divide et impera, ma è tesa a dare a tutto questo complesso di segmenti un'unitarietà di intenti ed una sintesi complessiva. Non mi cimenterò, pur rimanendone affascinato, nei temi trattati dal collega onorevole professor Zaccaria e cercheròPag. 48di limitarmi a qualche valutazione di ordine politico attinente ai ruoli del Presidente del Consiglio, dei servizi e del Parlamento.
La riforma è incentrata sulla figura del Presidente del Consiglio, il perno attorno a cui tutto ruota, individuando, nella sua persona, in modo certo, la direzione e la responsabilità politica dell'intelligence. È una scelta che l'Italia dei Valori condivide, riconoscendo peraltro che, a Costituzione invariata, si tratta di una piccola forzatura. Non abbiamo un premier all'inglese, un primo ministro, ma un primus inter pares, con le ovvie difficoltà di gestire la nomina e, in modo particolare, la revoca dei ministri; il tutto reso complicato, come è emerso anche in Commissione, da un sistema partiti che porta ad un Governo degli stessi, piuttosto che ad un Governo del Presidente del Consiglio.
Per queste ragioni, l'Italia dei Valori ritiene di non condividere fino in fondo l'impostazione contenuta nel testo unificato: pensare ad un'autorità delegata costituita, a discrezione del Presidente del Consiglio, da un ministro senza portafoglio oppure, in alternativa, da un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Vorrei ricordare che, anche dalla lettura del testo, la figura del Presidente del Consiglio è quella di responsabile della gestione politica dell'intelligence, per cui ritengo che più organica a questa responsabilità sia la figura del sottosegretario. Come abbiamo già avuto modo di precisare in Commissione affari costituzionali, parafrasando Calvino, si tratterebbe di un ministro «dimezzato», al quale il Presidente del Consiglio non potrebbe conferire una delega piena, anzi delegherebbe poco o niente, sotto il profilo delle responsabilità. Si tratterebbe, piuttosto, di un super direttore generale del dipartimento dell'informazione per la sicurezza. Ma è questo quello che vogliamo? È questo quello che, come legislatori, siamo chiamati ad affermare? Noi ci auguriamo che il dibattito in aula possa convincerci a modificare una posizione, anche nella considerazione degli emendamenti che abbiamo presentato.
Il ruolo del Parlamento ne esce sicuramente rafforzato, e al riguardo concordo perfettamente sul testo che ha escluso la possibilità di pareri preventivi rispetto alla nomina dei vertici dei servizi; è un'attività del Governo e, su questo, il comitato di controllo dovrà pronunciarsi nel corso del mandato che i servizi espleteranno.
È proprio per questo, per questo compito rafforzato, che non si comprendono le ragioni che tendono ad aumentare il numero dei componenti del Comitato da otto a dieci. A meno che non ci siano motivi di bilanci e bilancini, non troviamo nessuna valida ragione per giustificare l'aumento dei componenti. Allora, perché 10 e non 12? E perché non 14? Meglio lasciare invariato il numero.
Ritengo opportuna qualche considerazione per la tutela dei responsabili e degli agenti dei servizi. Non vogliamo una norma né «salva Tizio» né «salva Caio», ma un paese civile e democratico deve prevedere una norma che, senza compromettere la sicurezza della Repubblica, tuteli i diritti dei singoli agenti o dei responsabili dinanzi all'autorità giudiziaria, specie in sede penale. È principio generale del nostro ordinamento che ogni cittadino è uguale davanti alla legge e che quindi possa difendersi senza che questo diritto ne venga limitato, pena l'incostituzionalità di una disposizione contraria. All'Assemblea il compito di valutare anche questo.
Infine, perché non continui e si allarghi la frattura fra cittadini e istituzioni, non possiamo assegnare una tutela rafforzata alle sedi dei partiti politici rappresentati in Parlamento o in consiglio regionale, alle sedi sindacali ovvero ai giornalisti iscritti all'albo. Sacche di privilegio sarebbero odiose! Ci rendiamo conto della delicatezza dei casi disciplinati, ma normative diversificate sarebbero, a nostro parere, controproducenti e persino dannose per la sicurezza dello Stato. In passato, ma anche di recente, si è scoperto che esponenti del giornalismo erano agenti di servizi segreti di altri paesi, ma questo potrebbe avvenire anche per esponenti di partiti politici, presenti o meno in Parlamento, o per i sindacati. Se proprio devono esserciPag. 49delle deroghe, esse devono essere previste per tutti oppure per nessuno; niente discipline rafforzate! Niente sacche di privilegio!
Attendiamo un dibattito puntuale e saremo pronti a contribuire in modo dialettico e positivo al miglioramento della norma.
Sottolineiamo con interesse - l'hanno fatto anche i colleghi dell'opposizione - il lavoro serio, sereno e articolato che è stato svolto, al di là delle componenti politiche e al di là degli schieramenti di maggioranza e di minoranza. Siamo davvero pieni di speranza che il dibattito che nei prossimi giorni e nelle prossime settimane andremo ad affrontare in quest'aula sia frutto di un convincimento volto a mettere in campo non solo una riforma buona, ma, se possibile, la migliore che il nostro periodo storico ci impone.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, sottosegretario Micheli, signor presidente e relatore della I Commissione, colleghi, dopo trent'anni dalla legge n. 801 del 24 ottobre 1977, credo che sia evidente a tutti, a tutte le parti politiche ed anche all'opinione pubblica, la necessità di una nuova legge di riforma sul sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica. Infatti, su questo punto - anche su molti altri, ma su questo in particolare - , mi sembra ci sia una convergenza unanime in questo Parlamento.
Giustamente, il presidente Violante, che è anche relatore del provvedimento, ha fatto riferimento in primo luogo al profondo cambiamento del contesto geopolitico internazionale, che giustifica e rende urgente l'iniziativa legislativa. Vi è stata la fine della guerra fredda, da una parte, dopo il 1989, e, dall'altro lato, si è sviluppata, anziché una situazione di maggiore tranquillità e di equilibrio sul piano internazionale, una condizione di grande instabilità; si è rafforzata, assumendo nuove dimensioni, una serie di minacce internazionali e di conflitti, in particolare, il terrorismo di carattere internazionale e, per altri profili, sono cresciuti i rischi di proliferazione atomica, per citare solo gli aspetti più evidenti. Tutto ciò giustifica il giudizio sul fatto che il cambiamento del contesto geopolitico sia una delle ragioni fondamentali, se non l'unica, a rendere necessaria la riforma.
Le vicende dei servizi di informazione e sicurezza, i cosiddetti servizi segreti, hanno segnato profondamente, e talora - purtroppo - anche negativamente, varie fasi della storia politica italiana del dopoguerra. I passaggi dal SIM al Sifar, da questo al SID, dal SID al SISMI, e analogamente per quanto riguarda le strutture che hanno fatto riferimento al Ministero dell'interno, dalla Divisione affari riservati in poi, sono stati spesso segnati dalla necessità di «girare pagina», di superare momenti di crisi e di difficoltà di funzionamento dei servizi stessi e, spesso, anche di vere e proprie «deviazioni».
La storia italiana, come è stato ricordato, è stata purtroppo costellata da molti eventi gravi e talora tragici (come manovre di carattere eversivo e la cosiddetta strategia della tensione delle stragi), in cui troppo spesso hanno svolto, in passato, un ruolo negativo, in termini di omertà, di coperture, di depistaggio, quando non di esplicita complicità, anche appartenenti ai servizi segreti. Esiste ormai una letteratura al riguardo, interi scaffali di biblioteca di libri di saggistica e di storia che fanno il paio con innumerevoli indagini giudiziarie, nell'ambito delle quali sono emersi gli aspetti critici. Indagini che hanno affrontato sistematicamente la materia, riuscendo difficilmente però a raggiungere risultati definitivi, a parte le vicende riguardanti la strage di Peteano del 31 maggio 1972.
Neppure la riforma, pure importante per quell'epoca, del 1977 è, purtroppo, riuscita a porre termine alla situazione evidenziata. Basti pensare alle vicende del depistaggio organizzato da ufficiali del SISMI in relazione alla strage di Bologna del 2 agosto 1980. Due alti ufficiali dei servizi segreti di allora, che avrebberoPag. 50dovuto contribuire con la magistratura e la polizia giudiziaria ad individuare i responsabili della strage, misero in atto vere e proprie operazioni di depistaggio, per le quali sono stati perseguiti e condannati.
Ovviamente, un giudizio più equilibrato per la fase storica più recente deve anche portarci a valutare i risultati positivi raggiunti, come la soluzione, ad esempio, negli ultimi anni, di alcuni casi drammatici di sequestro di persona in situazioni di conflitto, evitando altresì, sinora (e mi auguro che non sia soltanto sinora) che l'Italia sia oggetto di attentati terribili, come quelli che hanno caratterizzato, in particolare ma non solo, gli Stati Uniti d'America, la Spagna ed il Regno Unito.
La constatazione di questo aspetto positivo, che ha riguardato sinora il nostro paese, è anche un riconoscimento all'attività che i servizi di informazione e sicurezza hanno svolto al riguardo e di cui è giusto dare atto nel momento stesso in cui si ricordano altre vicende assai negative.
Da circa un decennio si è cominciato a discutere della riforma dei servizi. È stata richiamata, in questa Assemblea, l'attività della cosiddetta Commissione Iucci del 1997; ebbene, sono esattamente trascorsi dieci anni da quando si è cominciato a discutere in modo più stringente della necessaria riforma dei servizi di sicurezza e delle norme riguardanti la disciplina del segreto in generale e del segreto di Stato in particolare. Però, nell'arco di questo decennio, non si è ancora mai riusciti a raggiungere questo obiettivo, pur sempre più ampiamente riconosciuto.
Nella scorsa legislatura, un disegno di legge del Governo allora in carica, per la verità alquanto confuso e contraddittorio, era stato approvato in prima lettura dal Senato della Repubblica; ma, trasmesso poi alla Camera dei deputati e assegnato in sede referente all'esame della I Commissione affari costituzionali, all'epoca presieduta dal collega Donato Bruno, si arenò dinanzi alla sconcertante e profonda divaricazione di posizioni all'interno dello stesso Governo e degli stessi responsabili dei servizi. Ricordo le molte audizioni, approfondite ed importanti, svolte nella scorsa legislatura presso la I Commissione affari costituzionali di questo ramo del Parlamento al termine delle quali soltanto un grande senso di responsabilità indusse anche noi deputati dell'allora opposizione a non dare eccessiva pubblicità alla vicenda: una divaricazione ed un contrasto di posizioni che venivano emergendo, audizione dopo audizione, tra gli stessi responsabili di allora del Governo e dei servizi.
In questa legislatura, invece, ci si è mossi tanto più tempestivamente quanto più le vicende parlamentari sono state e sono tuttora accompagnate dall'eco di gravi vicende giudiziarie; vicende che non voglio eccessivamente enfatizzare, ma che hanno riempito le pagine dei giornali. Mi riferisco ai casi di Abu Omar e Telecom; devo aggiungere che non condivido minimamente i giudizi critici espressi nei confronti dei magistrati requirenti dal collega Gasparri nel suo intervento di qualche ora fa. Preciso, per inciso, che noi dobbiamo evitare processi sommari e processi a mezzo stampa; non dobbiamo dare giudizi definitivi, tanto più in un'aula del Parlamento, in quanto vale anche in queste vicende giudiziarie il principio costituzionale di non colpevolezza fino ad eventuale accertamento definitivo della responsabilità.
Ma è ben diverso sostenere tale principio garantista - principio che il collega Gasparri invoca in genere a corrente alternata, a seconda nel proprio interesse - e rivolgere invece un attacco frontale nei confronti della magistratura requirente, come ha fatto nel suo intervento il collega. Quindi, ribadisco che in questa legislatura, specie considerando le parallele vicende giudiziarie tuttora in svolgimento, si è partiti con grande tempestività; vorrei aggiungere, usando un termine atecnico, che si è partiti con il piede giusto. Si è partiti con una pluralità di iniziative parlamentari e con uno straordinario sforzo compiuto dal nostro relatore per presentare un testo unificato il più ampiamente condiviso.
Si è registrato, questa volta, un dialogo costruttivo con il Governo, che ha parlatoPag. 51sempre con una voce sola, anche quando erano presenti a seguire i lavori della nostra Commissione diversi suoi rappresentanti. Opportunamente, una considerazione privilegiata, anche se non esclusiva - molte altre sono state infatti le proposte di legge esaminate; tre ne ho presentate io stesso -, hanno ricevuto le proposte provenienti dai componenti del Copaco. Ciò, non solo perché si tratta dell'organismo parlamentare che ha una maggiore competenza al riguardo, ma anche perché la rappresentanza politica plurale ha consentito di garantire fin dall'inizio una larga convergenza. Del resto, anche in sede referente in Commissione affari costituzionali devo riconoscere che si è registrata una grande capacità di dialogo e di confronto tra i diversi schieramenti e gruppi parlamentari. Vorrei solo lamentare, eventualmente, il fatto che qualche gruppo parlamentare o qualche singolo appartenente alla Commissione non abbia osservato una presenza così assidua; tuttavia, chi ha partecipato attivamente ai lavori non può non riscontrare - ne abbiamo avuto anche un'eco positiva in questa Assemblea - come vi sia stato uno sforzo di dialogo, di confronto, di ricerca di punti di equilibrio, nonché degli opportuni e necessari compromessi parlamentari. Quando sono coinvolte forze politiche così diverse è giusto e necessario infatti individuare tali compromessi.
Quindi, la Commissione affari costituzionali, sotto la responsabilità del presidente e relatore, onorevole Violante, ha svolto - credo di poterlo dire a nome del mio gruppo - un buon lavoro, con spirito costruttivo e con una vera e propria cultura di governo da parte di tutti - o di quasi tutti noi -, appartenenti alla maggioranza o meno. Ciò, proprio perché ognuno ha riconosciuto che un'adeguata riforma dei servizi d'informazione e sicurezza e della disciplina del segreto rappresenta un interesse che non deve riguardare le maggioranze politiche pro tempore ma tutte le forze politiche, le istituzioni e, aggiungo, tutti i cittadini del nostro paese.
È stata così superata positivamente la vecchia diatriba, che aveva paralizzato il Governo precedente - e di cui, forse, abbiamo avuto qualche eco anche in quest'aula, anche se molto sfumata -, tra la concezione duale e quella monocratica in riferimento ai servizi.
Si è superata la dicotomia tra servizio dipendente dal Ministero della difesa e servizio dipendente dal Ministero dell'interno, che aveva reso difficile, spesso impotente, il CESIS e, obbiettivamente, aveva anche reso assai debole la responsabilità politica dello stesso Presidente del Consiglio, inteso come istituzione e non come singola persona.
In questo caso, si è quindi scelta la strada maestra relativa al rafforzamento della responsabilità politica in capo prima di tutto al Presidente del Consiglio dei ministri - che in questo non è primus inter pares -, al potenziamento del ruolo di DIS (Dipartimento informazioni per la sicurezza) che succede al CESIS, alla dipendenza di entrambi i servizi, interno ed esterno, dall'unica autorità politica rappresentata dal Presidente del Consiglio, esercitata direttamente in molti casi (mi riferisco alle competenze esclusive indicate tassativamente all'articolo 1 della proposta di legge in esame) o, in altri casi, attraverso l'autorità delegata, ove istituita, del ministro o del sottosegretario; tra l'altro, francamente, rispetto ma non condivido le critiche sul punto sollevate da qualche collega.
All'interno del DIS si collocano - rafforzandone il ruolo e dando ordinarietà dal punto di vista ordinamentale alle varie strutture - anche l'ufficio ispettivo (avrà un compito assai delicato, ma se funzionerà adeguatamente, forse, per il futuro, eviterà gli aspetti di degenerazione o di devianza che abbiamo conosciuto in passato), l'ufficio centrale degli archivi (che si occuperà di materia straordinariamente delicata) e l'ufficio centrale per la segretezza, il cosiddetto UCSe, che nel disegno di legge risalente alla scorsa legislatura aveva ancora una caratterizzazione francamente anomala.
Da ultimo, all'interno del DIS si colloca, opportunamente, la scuola di formazione, che contribuisce a dare a queste strutturePag. 52un'articolazione operativa e un'unitarietà ordinamentale, di direzione e di organizzazione.
Inoltre - ciò, rappresenta un dato di novità rispetto alla preesistente situazione del SISMI e del SISDE -, questa proposta di legge prevede - bisognerà poi realizzarlo in pratica - un assoluto parallelismo tra le funzioni, i poteri del SIE (Servizio di informazione per la sicurezza esterna), che succede al SISMI, e le funzioni del SIN (Servizio di informazione per la sicurezza interna), che succede al SISDE. Quindi, lo ripeto, vi è un assoluto parallelismo fra i due servizi, che evita gli squilibri e le disparità che finora si erano verificati.
In ogni caso, non dovrebbe trattarsi di un mero cambio di denominazioni, bisognerà quindi superare squilibri da una parte, sovrapposizioni e possibili interferenze dall'altra.
Sul piano della responsabilità politica - l'ho già ricordato - emerge il ruolo centrale del Presidente del Consiglio, prima di tutto, e direttamente, in rapporto a lui, dell'autorità delegata (nella figura di un ministro senza portafoglio o un sottosegretario).
Emerge altresì l'importanza, al posto del più ampio CIIS (Comitato interministeriale per l'informazione e la sicurezza) del nuovo CISR (Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica). Siamo in presenza di molte sigle, ma altrettante ve ne erano nella precedente normativa.
Nella proposta di legge il CISR è previsto in una composizione più ristretta, ma con la possibilità istituzionalmente prevista e definita di allargarsi di volta in volta, a seconda delle necessità istituzionali e di sicurezza. L'allargamento - se necessario - è previsto per gli stessi dirigenti dei Ministeri dell' interno e degli esteri, ma oltre ad essi anche a quelli della difesa, della giustizia e ad altri che sono stati evocati in quest'Assemblea.
Il profilo del rapporto tra Governo, Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica - definito puntualmente al primo comma, del articolo 2, mentre l'articolo 1 riguarda il Presidente del Consiglio - e Parlamento è stato messo in evidenza da tutti i colleghi che mi hanno preceduto e per tale ragione non insisto troppo a lungo sul punto, seppure rilevante, del rafforzato ruolo del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Quest'ultimo, avendo cambiato denominazione, non potrà più essere definito con la sigla Copaco (avremo una sigla in meno). Questo Comitato sarà preposto ad un più stringente controllo parlamentare, previsto dagli articoli 30 e seguenti, che ne fa un organo assai più incisivo e penetrante di quanto non sia nell'attuale normativa.
Tuttavia, non insisto molto su questo aspetto. Condivido che sia stato ampliato fino a dieci il numero dei suoi componenti. Forse, tale numero avrebbe potuto essere esteso ulteriormente, ma credo che su questo aspetto occorra trovare punti di convergenza, di equilibrio e di responsabilità da parte di tutti.
Temi di particolare delicatezza emersi nel corso dei nostri lavori relativamente al testo della proposta di legge nel dibattito anche qui in Assemblea, sono le due questioni specifiche - come tutti sanno - su cui si è soffermato poca fa il collega Zaccaria. Si tratta delle cosiddette garanzie funzionali, con la previsione di una speciale causa di giustificazione, prevista all'articolo 17 e seguenti.
È la questione del segreto di Stato, della sua tutela, della sua apponibilità ed opponibilità nonché del suo superamento e della sua non opponibilità in tutti quei casi che riguardano fenomeni di terrorismo o di eversione, di criminalità mafiosa e così via.
Le cosiddette garanzie funzionali sono ovviamente uno degli aspetti che possono suscitare maggiori preoccupazioni presso l'opinione pubblica. Ne abbiamo sentito anche qualche eco in quest'aula. Debbo dire che, obiettivamente, queste sono state introdotte sulla base di una forte responsabilità politica e quindi, politicamente, si risponderà anche di questo, al di là degliPag. 53aspetti giudiziari, in relazione altresì a criteri molto rigorosi nel definire e delimitare tali garanzie funzionali.
Si tratta di criteri molto rigorosi - lo ribadisco - tali da escludere o meglio, più prudentemente, da rendere assai improbabili violazioni o deviazioni troppo facili, che comunque sarebbero sanzionate severamente in base alle norme che abbiamo introdotto.
Analogamente delicate e importanti sono le norme riguardanti il segreto di Stato, sulle quali, in caso di conflitto di attribuzione tra potere politico e autorità giudiziaria, sarà chiamata a giudicare, alla fine, la Corte costituzionale.
Su questa riforma, il ricorso innanzi alla Corte costituzionale diventa effettivamente - lo ha detto bene il presidente Violante all'inizio - la norma di chiusura del sistema ed è per tutti noi, credo, la massima garanzia all'interno di un sistema che può prevedere, non patologicamente ma fisiologicamente, conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato.
Ovviamente, come ho già ricordato, dal segreto di Stato - lo dico perché vi è una mia proposta di legge al riguardo, ma anche altre - sono in ogni caso esclusi notizie, documenti o atti relativi a fatti di terrorismo o eversivi dell'ordine costituzionale o fatti riguardanti le stragi, l'attività criminale mafiosa. Questa norma riprende un principio già contenuto nell'ordinamento, rendendolo però più incisivo ed anche più esteso.
Con questa proposta di legge, dunque, si possono rafforzare le garanzie (non mi riferisco solo alle garanzie funzionali, ma, in generale, alle garanzie del sistema), l'efficacia e l'efficienza degli apparati preposti alla sicurezza della Repubblica; tuttavia - voglio dirlo, proprio perché ho richiamato la storia, con cautela e pacatezza - soltanto il futuro ci dirà se queste norme saranno o saranno state sufficienti ad evitare il riprodursi di errori e di deviazioni del passato e se saranno o saranno state sufficienti a garantire un miglior funzionamento del nostro sistema e dei nostri servizi di informazione e sicurezza. Tutti francamente ce lo auguriamo! Abbiamo lavorato tutti con questo spirito, con questa finalità e con questo obiettivo.
Mi resta un forte dubbio su un tema specifico, ma non irrilevante, riguardante non tanto gli aspetti di riservatezza e segretezza che in questo provvedimento sono tutelati in modo assolutamente rigoroso anche per quanto riguarda l'attività del Comitato parlamentare, ma riguardante, invece, all'opposto, la pubblicità e l'informazione al Parlamento e all'opinione pubblica sui problemi, di volta in volta emergenti, attinenti alla sicurezza interna ed internazionale.
Signor rappresentante del Governo e colleghi, vi è certo un problema di garanzia della riservatezza, di tutela del segreto, di capacità di avere un controllo parlamentare penetrante proprio perché ovviamente non ne venga fatto un uso strumentale all'esterno, ma vi è anche un problema, sotto il profilo dell'importanza degli eventi che, mese dopo mese o anno dopo anno, si presentano nel nostro paese nel contesto internazionale, di informare il Parlamento, non solo il Comitato parlamentare, e, tramite lo stesso, l'opinione pubblica.
Purtroppo (è un tema che ho segnalato anche al presidente relatore su cui forse dovremmo intervenire con qualche adeguamento o correzione), scompare definitivamente la relazione semestrale del Governo al Parlamento, prevista dall'articolo 11 della legge n. 801 del 1977 che, in genere, i giornali ricevono prima dei parlamentari; tuttavia, quando qualche parlamentare, non molti per la verità (io sono uno di quelli che lo fa) ha interesse e a leggerla, si accorge che vi è un patrimonio di informazione e di conoscenza, senza la rivelazione di alcun segreto di Stato, che è assai utile per l'orientamento dell'azione politica interna ed internazionale e anche per rendere edotta l'opinione pubblica dei principali problemi sotto il profilo della sicurezza che si prospettano di semestre in semestre.
Ebbene, questa relazione prevista dalla legge del 1977 è un atto pubblico ed èPag. 54destinato oltre che al Parlamento, tramite il Parlamento, alla più vasta opinione pubblica. Al suo posto l'articolo 33, primo comma di questa proposta di legge, prevede, invece, una relazione semestrale del Governo al Comitato parlamentare, relazione, anche per i suoi contenuti che riguardano aspetti anche delicati istituzionalmente, destinata a rimanere riservata.
Pertanto, a mio parere, bisogna affrontare tale problematica, mantenendo l'aspetto di riservatezza per quanto riguarda ciò che il Governo riferirà al Comitato parlamentare, che deve essere patrimonio conoscitivo solo del Comitato parlamentare, ma ripristinando in qualche modo questa relazione di carattere più generale che va rivolta al Parlamento nel suo insieme e tramite il Parlamento all'opinione pubblica più vasta.
Nell'articolo 4, comma 3, lettera m), a proposito del DIS, Dipartimento dell'informazione per la sicurezza, si parla di cultura della sicurezza. A mio parere è necessario, proprio in rapporto alla cultura della sicurezza, che tutto il Parlamento e tutta l'opinione pubblica abbiano un momento di periodico coinvolgimento ed informazione da parte del Governo sui temi di volta in volta emergenti all'interno e sul piano internazionale della sicurezza. Quindi, su questo punto credo che dovremmo fare lo sforzo di recuperare un aspetto comunque positivo della legge che abrogheremo (quella cioè del 1977).
Gran parte del lavoro che è stato fatto positivamente ha avuto come riferimento non solo le posizioni dei diversi gruppi, che si sono confrontate, cercando punti di convergenza e di equilibrio, ma anche l'accoglimento da ultimo, giovedì scorso - lo dico al collega Buemi, che ha espresso alcune considerazioni al riguardo, forse non più tempestive rispetto al testo ora al nostro esame -, di tutte le osservazioni, nessuna esclusa, opportunamente prospettate dalla Commissione giustizia della Camera. Ed è stata anche recepita la stessa condizione posta dalla Commissione difesa, che riguarda l'esclusione del RIS delle Forze armate dal Sistema di informazione per la sicurezza, condizione che in realtà era già compresa nel testo, all'articolo 2, comma 1, ma che comunque abbiamo voluto rendere ancora più esplicita, recependola anche all'interno dell'articolo 8, comma 2.
Per concludere, ringrazio per il positivo lavoro svolto - devo dire in una situazione non facile dal punto di vista della complessità degli argomenti sul piano tecnico-giuridico e della complessità del contesto politico -, il presidente Violante. Ringrazio anche il Governo per l'atteggiamento al tempo stesso costruttivo e prudente, che ha avuto nel rapporto con la Commissione affari costituzionali: costruttivo, perché molte volte ci ha dato delle indicazioni positive che sono state recepite; prudente, perché quando si è trovato di fronte ad una diversità di valutazione della Commissione parlamentare ha preferito recedere dalle proprie posizioni, contribuendo ad un clima di convergenza e di dialogo. Dialogo che ha caratterizzato, come ho già detto, anche il confronto fra tutti i gruppi parlamentari.
Continueremo questo lavoro in modo abbastanza serrato, affinché questa proposta di legge possa arrivare rapidamente al Senato, ma con tutto l'approfondimento necessario anche in questa Assemblea. Oggi abbiamo cominciato la discussione sulle linee generali, fra qualche giorno inizieremo (e concluderemo) l'esame degli articoli, recependo anche qualche proposta emendativa che si riterrà opportuno accogliere. Dunque continueremo e concluderemo, per questo ramo del Parlamento, il nostro lavoro con lo stesso spirito costruttivo - lo voglio dire per parte mia, ma penso che riguardi tutti o quasi tutti -, - con lo stesso senso di responsabilità, vorrei dire con la stessa cultura di governo, a cui ci siamo ispirati finora.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
Pag. 55(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 445-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Violante.
LUCIANO VIOLANTE, Relatore. La ringrazio, Presidente. Porterò via pochi minuti al tempo dei colleghi.
Innanzitutto vorrei ringraziare anch'io il sottosegretario Micheli per il lavoro svolto e per aver sottolineato le ragioni del cambiamento, cioè della riforma.
L'onorevole Gasparri ha riferito sulla posizione del suo gruppo, in ordine all'opportunità di una struttura unica, però ha anche acceduto alla soluzione che abbiamo varato in Commissione, così manifestando concretamente la volontà di contribuire ad un testo approvato da una larga maggioranza.
L'onorevole Mascia, l'onorevole Licandro, l'onorevole Buemi, hanno fatto riferimento nei loro interventi a quello che hanno chiamato il «peso della storia». Sono del tutto d'accordo su questo riferimento, anche se la storia è la storia delle cose terribili che sono accadute e la storia anche di atti di eroismo; il più noto è quello del dottor Calipari, ma non è il solo in questa materia.
Devo dire che abbiamo cercato di lavorare tenendo presente proprio questo «peso della storia», nel senso che quello che è stato scritto in ordine alle garanzie funzionali, e ad altro tipo di interventi di questo genere, tiene conto, per un verso, dell'esigenza dei servizi di operare in modo da garantire effettivamente la sicurezza; per altro verso, abbiamo tenuto conto dell'opportunità di garantire il massimo di legalità possibile. Non tutto è possibile fare in nome della sicurezza, ma ciò che è necessario fare va fatto, nei limiti della legalità. Varando - se riusciremo a farlo, e mi auguro che sia così - una legge di questo genere, il Parlamento si assume la responsabilità di determinare quali sono le linee entro le quali i servizi si possono muovere.
L'onorevole Santelli ha fatto riferimento opportunamente alla necessità di mantenere la univocità del testo, pur con le correzioni che saranno necessarie.
L'onorevole Fiano ha sottolineato il senso politico di questo dibattito, che riguarda la qualità della democrazia.
Ed è vero anche quello che diceva l'onorevole Allasia, quando faceva riferimento ad un dato di fondo del nostro provvedimento, cioè l'aver molto puntato sull'aumento dei controlli parlamentari.
Vengo, ora, alle questioni di fondo poste dal collega Licandro, che ringrazio per la sua presenza in aula. Il collega Licandro ha sottolineato la questione di fondo delle garanzie funzionali, temendo la dissoluzione - come l'ha definita - del principio di legalità.
Vorrei dire che abbiamo previsto tali garanzie, che oggi non esistono. Oggi, sostanzialmente, sulla base del principio dell'adempimento del dovere, è consentito molto di più, senza nessun controllo e nessuna verifica. Le garanzie le studieremo insieme - per carità! - e vedremo ciò che è possibile fare per correggere e migliorare il testo. Tuttavia, è previsto un intervento del Comitato parlamentare, della Corte costituzionale, dell'ispettorato interno e della magistratura ordinaria: c'è un sistema di garanzie talmente ferreo, che francamente è difficile dire che venga liquidato il principio di legalità. Però, onorevole Licandro, staremo a vedere: il suo gruppo, attraverso la sua autorevole presenza in Commissione, presenterà degli emendamenti e noi li esamineremo con tutta l'attenzione necessaria.
Quanto alla durata del segreto di Stato, lei stesso ha fatto riferimento al fatto che la nostra proposta sia la più contenuta nell'ambito dei sistemi omologhi al nostro. È importante, però, ciò che lei ha detto: mancano sanzioni penali per chi distrugge la documentazione in ordine a questo tipo di operazioni. È giusto, e vi provvederemo.
Per quanto riguarda il contingente speciale, non si tratta di un reparto speciale. L'abbiamo definito contingente speciale - ma potremmo definirlo in altro modo - con riferimento al fatto che vengono reclutati soltanto coloro che lavorano nei servizi di sicurezza; non possono esserePag. 56introdotti soggetti diversi: questo è il senso. Peraltro, le previsioni dell'articolo 21 del provvedimento sono anche abbastanza limitatrici in ordine al potere del Presidente del Consiglio dei ministri di emanare regolamenti disciplinanti questa materia. Se vogliamo specificare ulteriormente tale aspetto, ascolteremo le proposte che giungeranno in tal senso. Anche in questo caso, è previsto il parere del Comitato parlamentare, che in qualche modo dovrebbe contemperare le diverse esigenze formulate. Lo ripeto: aspettiamo gli emendamenti e li valuteremo con tutta l'attenzione del caso.
Il collega Capotosti ha fatto riferimento al Presidente della Repubblica: ho l'impressione che sia bene tenere fuori il Presidente della Repubblica, che è privo di responsabilità politica per questo tipo di vicende, anche perché egli presiede il Consiglio supremo di difesa, dove alcune materie arrivano attraverso i ministri competenti e il Presidente del Consiglio dei ministri.
L'onorevole Buemi ha fatto riferimento all'opportunità che il ministro della giustizia faccia parte del Comitato interministeriale. Anche questa modifica del testo potrà essere valutata dalla Commissione, tenendo presente che, eventualmente, il ministro della giustizia entrerebbe a far parte di questo organo sia per il ruolo che riveste nell'ambito del Consiglio superiore della magistratura sia perché titolare dell'azione disciplinare nei confronti dei magistrati. Poiché l'equilibrio tra sicurezza e legalità è una delle linee che abbiamo costantemente seguito nel lavoro svolto, forse - il Governo ci darà la sua opinione al riguardo - potremo valutare positivamente questo suggerimento. Ascolteremo, quindi, le osservazioni che emergeranno al riguardo.
Allo stesso modo, mi pare opportuna la riduzione da sessanta a trenta giorni dei termini per la risposta da parte del Presidente del Consiglio.
Quanto alle questioni relative al favoreggiamento, qui entrano in gioco il Presidente del Consiglio dei ministri, l'autorità giudiziaria e la Corte costituzionale. Dobbiamo, quindi, valutare bene questa materia. Ho l'impressione che la disciplina che abbiamo definito sia sufficientemente equilibrata. Tuttavia, anche a questo riguardo, se giungeranno suggerimenti, li valuteremo con attenzione.
Per ciò che concerne i partiti, l'onorevole Buemi suggeriva di escludere dalla possibilità di controllo tutti i partiti presenti in Parlamento. È evidente che sarebbe sufficiente che una formazione di tipo terroristico si presentasse in Parlamento per guadagnare, con un voto soltanto, questa forma di scudo. Ho l'impressione che dovremmo essere più prudenti rispetto a questa materia.
Il collega D'Alia ha fatto giustamente riferimento ai servizi di sicurezza come patrimonio complessivo del Parlamento. Ma ha avanzato una proposta sulla quale non sono d'accordo, quella cioè che il parere sulle nomine dei capi dei servizi spetti al Comitato e sia obbligatorio. Mi sembra che lo dicesse prima anche il collega Buemi: se il Comitato deve controllare, non può partecipare alla nomina. Non si possono ricoprire questi due ruoli: o si fa l'una o si fa l'altra cosa. Siccome il Comitato svolge un controllo, è giusto che il presidente del Comitato stesso sia informato. Così si formalizza un rapporto tra maggioranza e opposizione, visto che il presidente del Comitato è di opposizione. Ma è bene fermarsi lì, per evitare commistioni di funzioni diverse.
Ringrazio l'onorevole Zaccaria per aver posto il problema della nozione di segreto di Stato - che abbiamo ristretto, come giustamente ha detto, tornando alla definizione del 1977 - ed anche per come ha sottolineato l'equilibrio tra il dovere di non rivelare il segreto ed il diritto alla difesa, già esistente nel nostro ordinamento.
L'onorevole Belisario non ha potuto, a causa dei suoi impegni, partecipare ai lavori della Commissione su questo tema, ma ha formulato alcune osservazioni di rilievo, alle quali cercherò di replicare brevemente. Il collega Belisario non condivide l'Autorità delegata. Vorrei evidenziare che, finora, queste competenze sonoPag. 57state attribuite - come ha ricordato, in un'altra occasione, il sottosegretario Micheli - a sottosegretari di Stato, a Vicepresidenti del Consiglio dei ministri ed a ministri con altre responsabilità. In altri termini, la formula attuale - sottosegretario di Stato - non ha escluso che ci potessero essere tante altre formule. A questo punto, ci è sembrato più corretto identificare due sole possibilità, prevedendo o un ministro senza portafoglio o un sottosegretario con esclusività di funzioni, vista la specificità della materia: mi pare sia questo il senso delle cose che abbiamo detto.
Mi sembra, infine, che anche l'onorevole Belisario sia contrario a prevedere il parere preventivo da parte del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica sulle nomine dei vertici dei servizi.
Vorrei rilevare che il numero dei componenti di detto Comitato parlamentare è passato da otto a dieci perché abbiamo ritenuto che fosse una misura che potesse consentire una maggiore rappresentatività. Se vi sono altre soluzioni, le esamineremo; tuttavia, bisogna evitare di ampliarne di molto la consistenza, poiché ciò «diluirebbe» il senso del controllo.
Ci è stato chiesto, inoltre, il motivo per cui abbiamo ritenuto di escludere partiti politici, sindacati e giornalisti dalle condotte di cui al comma 1 dell'articolo 17 del provvedimento in esame. Anche in questo caso, vorrei rilevare che non si tratta di un privilegio. Il problema di fondo è che un grande paese democratico si basa sui partiti politici, sui sindacati e sulla libertà di informazione. Credo che la circostanza che il Presidente del Consiglio debba valutare se il suo partito avversario, ad esempio, debba essere oggetto o meno di questo tipo di attenzioni (lo stesso vale per i sindacati e per i giornalisti) possa creare una serie di problemi. Abbiamo ritenuto utile, quindi - ma valuteremo anche questo aspetto -, escludere queste tre situazioni perché ci sembrava che partiti, sindacati e libertà di informazione fossero da considerare, anche se non in via esclusiva, elementi cardine di una democrazia moderna.
L'onorevole Boato poneva, come gli capita sempre di fare, una questione molto puntuale e giusta: infatti, manca sostanzialmente la possibilità che il Governo riferisca direttamente al Parlamento. Credo che, se l'onorevole Boato è d'accordo, si possa compiere un'operazione di questo genere: ripristinare la presentazione della relazione al Parlamento e destinare quegli aspetti di relazione maggiormente riservati ad un altro tipo di atto, che intercorra soltanto tra il Presidente del Consiglio ed il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Così, forse potremmo sia far guadagnare al Parlamento un rapporto diretto con il Governo, sia evitare che tale rapporto contenga elementi che debbono essere tenuti riservati.
Signor Presidente, colleghi, onorevole sottosegretario, la linea che stiamo seguendo è quella di ascoltare tutti i suggerimenti. Ciò non per una forma di ecumenismo politico, ma perché vogliamo far in modo che questa riforma - se, come io spero, riusciremo ad approvarla - segni davvero la legittimazione politica dei servizi con il consenso più vasto possibile del Parlamento. Se fosse possibile, vorrei si trattasse di un consenso unanime; in caso contrario, vorrei comunque che fosse il più vasto e solo perché qualcuno si autoesclude, non per la ragione che qualcuno viene escluso. Questo ci impone di guardare con grande attenzione a tutte le proposte che verranno formulate.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
ENRICO LUIGI MICHELI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, rinunzio alla replica.
PRESIDENTE. Sta bene.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.