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Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
(Attuazione della normativa sul collocamento obbligatorio dei disabili - n. 3-00605)
PRESIDENTE. L'onorevole D'Ulizia ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00605
(vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12).
Ricordo all'onorevole D'Ulizia che ha un minuto di tempo a disposizione.
LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, signor ministro, colleghi, la mia interrogazione si riferisce a due atti legislativi, cioè alla legge n. 68 del 1999, recante norme sul collocamento dei disabili e delle persone svantaggiate, e al decreto legislativo n. 276 del 2003, recante norme di attuazione della cosiddetta legge Biagi, che prevede convenzioni quadro validate per inserire nel mondo del lavoro chi sia stato meno fortunato di noi, cioè disabile e svantaggiato.
Ho la sensazione che molte di queste persone che, se me lo consentite, definirei nostri fratelli meno fortunati, non possano esplicare la loro iniziativa e la loro volontà lavorativa, perché queste due leggi sono largamente disattese.
Noi abbiamo la possibilità di dare una risposta ai disabili e alle persone svantaggiate attraverso la cooperazione sociale.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LUCIANO D'ULIZIA. Concludo, chiedendo al ministro a che punto siamo per venire incontro a questi nostri lavoratori-non lavoratori, al fine di dare una risposta concreta in senso evolutivo.
PRESIDENTE. Il ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha facoltà di rispondere.
PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Signor Presidente, intanto ringrazio l'interrogante per il problema sollevato, che è di grande rilevanza.
Nello specifico, ci troviamo davanti ad una doppia normativa. L'articolo 14 del decreto legislativo n. 276 del 2003 ha un carattere sperimentale ed è rimessa al Ministero del lavoro, con i soggetti individuati dallo stesso articolo, la verifica degli effetti prodotti dalla norma.
Dal punto di vista degli effetti di questa norma prevista nel decreto legislativo n. 276 del 2003, la situazione è la seguente. Risultano essere state sottoscritte venti convenzioni quadro provinciali concentrate al nord, soprattutto in Lombardia e in Veneto. Evidentemente ci troviamo davanti ad una limitata, per certi versi limitatissima, diffusione di questa stipula. Si valuta che uno degli elementi che ha Pag. 45funzionato poco è che la procedura concertativa territoriale abbia reso determinante il giudizio politico degli attori sul dispositivo stesso e, quindi, ne abbia reso assai difficile l'estensione.
Per quanto riguarda il numero di persone coinvolte, risultano essere circa 130 i disabili inseriti all'interno di queste convenzioni, rispetto ai quali i percorsi sono risultati positivi. Però, certamente la quantità è assolutamente irrisoria.
Questi sono i dati che emergono da un lavoro svolto da «Italia lavoro», incaricata dal precedente ministro del welfare di monitorare questa sperimentazione. Da questa stessa analisi emerge come, invece, l'articolo 12 della legge n. 68 del 1999 determini sostanzialmente circa 30 mila avviamenti annuali di persone con handicap o svantaggiate.
Quindi, dovendo riassumere, direi che la normativa derivante dal decreto attuativo della legge n. 30 del 2003 ha sostanzialmente evidenziato una grande inefficacia, mentre l'attuazione dell'articolo 12 della legge n. 68 del 1999 ha una sua importanza.
Concludo affermando che il Ministero del lavoro e della previdenza sociale (che è quello più direttamente interessato a questo tema rispetto al Ministero della solidarietà sociale) ha attivato un tavolo con le parti sociali, che sta tentando di verificare sia gli elementi che emergono da questa indagine, sia come occorra modificare la normativa al fine di renderla più efficace.
PRESIDENTE. L'onorevole D'Ulizia ha facoltà di replicare.
LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, signor ministro, mi dichiaro soddisfatto della risposta fornita dal ministro Ferrero. Vorrei solo osservare che dai dati emersi è evidente che la mancata attuazione delle convenzioni quadro ha frenato la capacità di impiegare i disabili e gli svantaggiati.
La questione è duplice. Quando un disabile, uno svantaggiato si impegna in un lavoro, lo fa con una passione ed un'intensità talmente importanti, che riesce a dare una maggiore produttività. Questo si può desumere dall'esperienza delle cooperative sociali. Lo Stato, quindi la nostra economia non possono e non debbono rinunciare al valore del lavoro dei disabili e delle persone svantaggiate. Tuttavia, abbiamo ancora una platea vastissima di persone svantaggiate e disabili che vorrebbero offrire il loro contributo alla società, ma non lo possono fare, perché le imprese profit preferiscono pagare una sorta di multa per il mancato utilizzo di tali soggetti. L'interesse dello Stato e dell'economia è, invece, quello di produrre lavoro qualificato ed ottenere anche un risultato di tipo sociale, che veda i disabili inseriti in attività produttive e socialmente valide.
Sono soddisfatto, pertanto, di quanto affermato dal ministro Ferrero. Ovviamente, il Parlamento dovrà tornare su tale tematica per dare un ulteriore impulso e sviluppo a queste iniziative.