Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 15,07).
(Utilizzo del methotrexate, dell'Ru486 e del misotropol a scopi abortivi - n. 2-00350)
PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di illustrare l'interpellanza Volontè n. 2-00350 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5) di cui è cofirmataria.
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, la magistratura milanese, come è noto, aveva condotto un'inchiesta relativa a 53 interventi di interruzione di gravidanza con il methotrexate (tali interventi erano stati eseguiti dal professor Umberto Nicolini presso l'ospedale Buzzi di Milano). Avviata tale inchiesta, il pubblico ministero, Marco Ghezzi, ne ha chiesto l'archiviazione.
Egli, nella richiesta di archiviazione, ha fatto riferimento a generiche delibere regionali ed avrebbe sostenuto, secondo quanto pubblicato dall'agenzia ANSA, che l'aborto farmacologico con questa sostanza chimica (il methotrexate) ricalca la prassiPag. 57vigente in alcune regioni, come l'Emilia-Romagna e la Toscana - in quest'ultimo caso, si tratta non del methotrexate, ma della RU486; tuttavia, è sempre un aborto chimico -, dove la pratica è autorizzata dalla stessa autorità regionale.
Ora, come è risaputo, non esiste alcun protocollo autorizzato da un ente di controllo, in nessun paese, sull'uso abortivo del methotrexate, ed addirittura l'Organizzazione mondiale della sanità ne sconsiglia l'uso: si tratta di dati ufficiali.
Il Consiglio superiore della sanità, interpellato in proposito, si è espresso con estrema chiarezza sul problema del ricovero per l'intervento abortivo effettuato attraverso un sistema chimico. Dal verbale relativo alla seduta del 18 marzo 2004, infatti, risulta che lo stesso Consiglio avrebbe sostenuto che: «(...) alla luce delle conoscenze disponibili, i rischi dell'interruzione farmacologia della gravidanza si possono considerare equivalenti ai rischi dell'interruzione chirurgica solo se l'interruzione avviene in ambiente ospedaliero (...)»; quindi, con tutte le tutele previste in tale ambito.
Sulla base di tale parere, il direttore generale del Ministero della salute, dottor Nello Martini, nel 2004, ha stabilito - ovviamente, in base al citato verbale del Consiglio superiore della sanità - che la sperimentazione della RU486 ( a quei tempi, come è noto, era in uso nell'ospedale Sant'Anna di Torino, con il dottor Viale, e fu oggetto di molte polemiche) doveva essere conforme alla legge n. 194 del 1978. Dunque, gli aborti dovevano avere luogo in ambiente ospedaliero, e quindi bisognava completarli in tale ambito. Si tratta della ragione per cui è stata disposta la sospensione della sperimentazione al Sant'Anna, dal momento che gli aborti - che, come sia sa, si svolgono in due fasi - avvenivano fuori dall'ambiente ospedaliero.
Chiediamo al sottosegretario Patta ed al ministro della salute, pertanto, se esistano delibere regionali in tale materia e quali siano quelle cui ha fatto riferimento il pubblico ministero Ghezzi.
In conseguenza di tutto quanto ho detto in premessa, chiedo se il Ministero della salute non ritenga veramente grave che si faccia uso di abortivi chimici non approvati da un ente farmacologico italiano, peraltro utilizzati senza avvertire il comitato di bioetica dell'ospedale.
Inoltre, chiedo di sapere se si ritenga ancora valido il parere del Consiglio superiore della sanità - non ci risulta, infatti, che esso sia stato in qualche modo smentito - e, ove sia tuttora valido, per quale ragione non venga rispettato e sia abitualmente disatteso là dove è adoperata la RU486 (come in Emilia-Romagna, regione nella quale le donne, rischiando molto, completano l'aborto fuori dalle strutture ospedaliere). Chiediamo di sapere, altresì, perché il citato parere non sia stato rispettato nemmeno dal professor Nicolini dell'ospedale Buzzi. Il fatto è grave, per noi - ed insisto - dal punto di vista della tutela della salute delle donne.
Infine, chiediamo di sapere quali interventi intenda adottare il ministero per impedire che le pillole abortive (sappiamo che l'aborto indotto con sostanze chimiche avviene in un tempo prolungato) che la RU486, methotrexate e misoprostolo (tutti farmaci abortivi) siano usati senza la garanzia di un protocollo autorizzato dall'Associazione italiana per il farmaco e dall'EMEA per il nostro paese, soprattutto con riferimento alle recenti norme sull'utilizzo off label dei farmaci (che, com'è noto, sono stati regolamentati nell'ultima legge finanziaria).
Tutto ciò ci preoccupa perché vi è cattiva informazione sull'uso della RU406. Com'è noto, nel corso di un'indagine informale sull'uso della RU406, che stiamo conducendo in XII Commissione, siamo venuti a conoscenza di dati allarmanti sotto il profilo dei danni che possono essere arrecati alle donne. Insomma, non è vero che l'aborto chimico è più sicuro, più tranquillo e non invasivo, come pure si continua ad affermare anche in quest'aula.
La situazione richiederebbe grande attenzione. Al contrario, la richiesta di archiviazione del predetto pubblico ministero non depone a favore di una grandePag. 58attenzione delle istituzioni nei confronti di un uso disinvolto (adopero un eufemismo) delle suddette sostanze abortive.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Gian Paolo Patta, ha facoltà di rispondere.
GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, in relazione ai primi due quesiti posti dagli interpellanti, dalla documentazione trasmessa dal competente Ministero della giustizia non risultano gli estremi di delibere regionali alle quali avrebbe fatto riferimento il pubblico ministero né quale sia la documentazione scientifica prodotta dal consulente del magistrato, in quanto appartenente alla competente sede processuale.
Relativamente a quanto di competenza di questo Ministero, si conferma quanto già precisato nelle risposte a numerosi precedenti atti parlamentari di analogo contenuto, ulteriormente ribadito dal ministro Livia Turco in occasione del question time che ha avuto luogo nella seduta della Camera del 28 giugno 2006. La posizione attuale del Ministero della salute è quella di confermare le decisioni precedentemente assunte, nel corso del 2005, in merito a due pareri di contenuto medico-scientifico del Consiglio superiore di sanità del 18 marzo 2004 e del 20 dicembre 2005. Ciò in quanto, alla luce delle conoscenze disponibili, i rischi dell'interruzione farmacologica della gravidanza si possono considerare equivalenti ai rischi dell'interruzione chirurgica solo se l'interruzione della gravidanza avviene in ambiente ospedaliero. Il parere del 20 dicembre 2005 riporta, testualmente, che l'associazione di mifespristone e misoprostolo debba essere somministrata in ospedale pubblico o in altra struttura prevista dalla legge 22 maggio 1978, n. 194, e che la donna debba essere trattenuta in ambiente ospedaliero fino ad aborto avvenuto.
Va ricordato che, nell'ambito del protocollo di intesa siglato tra Governo e regioni per il patto nazionale per la salute, la legge finanziaria per il 2007, come peraltro segnalato dagli stessi interpellanti, ha stabilito che la disposizione dell'articolo 3, comma 2, del decreto-legge del 17 febbraio di 1998, n. 23 (nota come legge Di Bella), che consente al medico di prescrivere un medicinale per indicazioni non autorizzate, in mancanza di una valida alternativa terapeutica, non può essere applicata in caso di ricorso a terapie farmacologiche a carattere diffuso e sistematico a carico del servizio sanitario nazionale quale alternativa terapeutica per pazienti portatori di patologie per le quali esistono farmaci autorizzati e specificamente indicati.
L'unica deroga prevista dalla recente legge finanziaria è quella dell'impiego del medicinale off label solo nell'ambito delle sperimentazioni cliniche. La norma ha voluto anche definire un percorso di individuazione dei responsabili dei relativi procedimenti applicativi nell'ambito delle strutture sanitarie pubbliche rimandando alle regioni l'adozione, entro il 28 febbraio 2007, di disposizioni in tal senso. Fino alla data di entrata in vigore delle norme regionali la responsabilità anche di natura amministrativa per eventuale danno erariale è del direttore sanitario.
Si ritiene, pertanto, che tale nuova disposizione, che legittima l'utilizzo di tali farmaci esclusivamente nell'ambito circoscritto dei protocolli sperimentali, fornisca una soluzione adeguata e concreta a quanto auspicato dagli onorevoli interpellanti.
PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di replicare.
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, non direi che possiamo ritenerci soddisfatti. Rispetto ai primi due quesiti il Governo dichiara di non sapere rispondere. Si tratta di quesiti seri, perché sono volti a tentare di capire cosa ha portato a pronunciare una sentenza che, francamente, ci lascia molto perplessi. È stata, infatti, archiviata un'inchiesta relativa a 53 interventi di interruzione di gravidanza con una sostanza chimica.
Non sapere esattamente a cosa si è riferito quel magistrato, non sapere qualiPag. 59siano stati i dati prodotti (se sono stati prodotti o se, probabilmente, ciò non è stato fatto), dovrebbe in qualche modo allarmare il Ministero della salute, che dovrebbe occuparsi della salute di tutti i cittadini e della corretta informazione degli stessi.
Lo ripeto: sulla pillola RU486, in particolare, perché è la più famosa, e sull'aborto chimico si sta facendo una drammatica disinformazione, di cui saranno vittime le giovani donne, che pensano di fare una passeggiata prendendo quella pillola, quando sappiamo da dati scientifici obiettivi che ciò non è vero.
Per essere benevoli, c'è stata una sottovalutazione di quanto avvenuto a Milano, una sottovalutazione rispetto ad un evento che potrebbe avere conseguenze molto serie, perché apre un varco a interpretazioni di tutti i tipi nei confronti di quei medici che usano queste donne; alla fine, infatti, si tratta di un uso del corpo femminile veramente drammatico.
Sono soddisfatta che il verbale del Consiglio superiore della sanità sia ancora valido: non possiamo che essere soddisfatti del fatto che l'aborto chimico debba avvenire in ospedale, fino a completamento dello stesso; quindi, le donne non possono essere dimesse. Ciò, però, andrebbe detto. Invece, ci risulta che in Emilia Romagna e in Toscana le donne che prendono la pillola abortiva vengono subito dimesse.
Nessuno fornisce loro un'informazione corretta; nessuno dice: guarda che devi rimanere qui due, tre, quattro o cinque giorni, a seconda di ciò che il tuo corpo richiederà, perché le reazioni sono individuali e, quindi, non sarà possibile che tu torni a casa prima che l'aborto sia completato. Sono convinta che se le donne avessero questa informazione corretta da parte degli ospedali non tutte - anzi, molto poche - ricorderebbero a questi sistemi, perché, tra l'altro, vi è proprio problema organizzativo della vita, con dolori, pericoli, emorragie ed altro, che la letteratura descrive (non lo stiamo dicendo noi).
Se, dunque il parere dell'Istituto superiore di sanità è vero, bisognerebbe mettere in campo, anche da parte del Ministero, una corretta informazione di ciò che sta avvenendo, ma mi sembra - lo ripeto - che ciò non stia succedendo ed anche in quest'aula si ascoltano continuamente slogan che, in qualche modo, nobilitano questo sistema per abortire, quando si tratta di un sistema di sperimentazione sul corpo delle donne e contro le donne. Non ci pare possibile che vengano utilizzate queste sostanze - lo ripeto -, ed anche se il Ministero ritiene legittimo l'uso di queste sostanze nei protocolli sperimentali, noi riteniamo che, non essendoci assolutamente un protocollo autorizzato dall'Aifa (associazione italiana farmaci) e dall'Emea - perché non vi è - e, quindi, non esistendo un protocollo per un uso corretto di questi farmaci, sia veramente una forzatura l'uso, ancora in essere, di queste sostanze. Pertanto noi continueremo a presentare interpellanze sul tema, signor sottosegretario, continueremo a domandarci perché vi è questa pessima informazione e questo uso disinvolto di tali sostanze chimiche e, quindi, fino alla prossima volta, cercheremo di capire meglio cosa è successo a Milano e cercheremo anche di fare in modo che il Ministero sia anch'esso informato su ciò che succede nel nostro paese.