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Discussione del disegno di legge: Differimento del termine per l'esercizio della delega di cui all'articolo 4 della legge 1o febbraio 2006, n. 43, recante istituzione degli Ordini delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione (A.C. 1609) (ore 16,04).
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1609)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Grassi.
GERO GRASSI, Relatore. Signor Presidente, vorrei svolgere una brevissima considerazione.
Ritengo che la proroga vada concessa, così come il disegno di legge di iniziativa governativa chiede. Ritengo, altresì, che i tempi previsti siano compatibili con la riforma generale delle professioni e che il tutto sia in linea con il programma di Governo.
Non credo che, così come sostenevano i colleghi della minoranza, si possano comprimere i tempi, perché altrimenti la proroga, di fatto, si esaurirebbe il 4 marzo.
Pertanto, ritengo obbligatorio, considerato che vi è stata la campagna elettorale, prorogare al 4 settembre 2007 il termine di cui all'articolo 4 della legge n. 43 del 2006, invitando il Governo (che mi sembra aver accolto tale invito) ad esercitare al più presto la delega, al fine di evitare ulteriori proroghe.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, svolgerò solo poche e scarne considerazioni di natura prevalentemente politica.
La prima concerne la circostanza che la legge n. 43 del 2006 è stata approvata nella passata legislatura, su proposta del precedente Governo, a larghissima maggioranza. Vi fu un ampio contributo, da parte della allora opposizione, proprio perché tale provvedimento si inseriva nell'ambito di un percorso di valorizzazione delle professioni sanitarie che è stato a lungo condiviso nel paese.
Come è stato già ricordato, la legge n. 43 del 2006 prevedeva solo sei mesi di tempo per l'esercizio della delega da essa conferita, pur sapendo che, in quel periodo, vi sarebbero stati sia lo svolgimento la campagna elettorale, sia la sospensione delle attività nel mese di agosto.
Il Governo precedente, nei tempi che ha avuto a disposizione, non ha elaborato nessun tipo di provvedimento. Invece, l'Esecutivo uscito dalle elezioni, che ha giurato il 18 maggio 2006, nei mesi di giugno e luglio ha dovuto «correre» per predisporre un decreto legislativo che passasse i vari stadi prima di arrivare in Consiglio dei ministri. Tale provvedimento, quindi, è giunto all'esame di quella sede proprio in prossimità dei termini di scadenza dell'esercizio della delega.
Non credo sia corretto, quindi, rivolgere al Governo l'accusa di essere insensibili, perché abbiamo fatto tutto il possibile per attuare tale delega. In quei due mesi, ricordo che abbiamo consultato anche tutte le associazioni rappresentative delle professioni sanitarie, raccogliendo un consenso generale sul provvedimento da noi preparato.
Evidentemente, l'ultimo giorno utile non è stato sufficiente per tenere conto di tutte le osservazioni maturate all'interno del Governo: infatti, avremmo avuto bisogno di qualche settimana in più per perfezionare il provvedimento in oggetto, ma i tempi stabiliti per l'esercizio della citata delega non ce lo hanno consentito.
Vorrei osservare, peraltro, che il nostro Governo non ha rinunciato a riordinare la materia. Abbiamo infatti stabilito, dal momento che bisognava mettere mano al complesso della normativa relativa agli ordini, che occorreva rendere coerente anche l'intervento relativo al comparto delle professioni sanitarie non mediche.
Quindi, vi chiediamo di avere ancora un po' di tempo a disposizione per completare un percorso che, visti i tempi ristretti, non siamo riusciti a concludere; desideriamo approfittare di tale periodo, inoltre, per rendere coerenti i provvedimenti che intervengano sulla materia degli ordini professionali.Pag. 14
Questa è la mia prima considerazione. Pertanto, visto che tutti, anche nella passata legislatura, abbiamo reputato valida una disciplina di questa natura, riterrei coerente mantenere lo stesso tipo di impegno, senza attardarsi sul tentativo di non concedere ulteriore tempo per l'attuazione di un provvedimento che mi sembra quasi tutti (o almeno la maggioranza del Parlamento) hanno valutato positivamente.
In secondo luogo, vorrei rappresentare che non intendiamo intervenire in materia di ordini delle professioni sanitarie non mediche per moltiplicare le corporazioni, o per rafforzare le «nicchie» protette: infatti, abbiamo avviato anche una revisione della programmazione relativa ai fabbisogni delle professioni sanitarie. Segnalo che abbiamo già aperto un confronto con il ministro dell'università e della ricerca proprio per evitare che si verifichino questi «blocchi», i quali potrebbero apparire una tutela impropria a favore di tali professioni.
Quello che ci muove è la tutela non delle professioni sanitarie, ma degli ammalati e dei cittadini. Ciò perché - e concordo con quanto è stato affermato - tali professioni sanitarie, mediche e non, assolvono un compito particolare rispetto alle altre, poiché sono dedite alla cura degli ammalati. In altri termini, esse si occupano di persone particolarmente deboli, che non hanno lo stesso tipo di «potere» rispetto ai professionisti.
Pertanto, le regole che attengono alla disciplina degli ordini delle professioni sanitarie devono essere per forza specifiche.
Nessuno di noi vorrebbe sentire - e questo paese ne ha fatto qualche esperienza - di un medico o di un professionista che millanti, magari in televisione, miracoli dal punto di vista sanitario, creando una domanda impropria.
Eppure abbiamo assistito a episodi di questa natura. Faccio l'esempio della pubblicità per quanto attiene alle professioni sanitarie. Essa non può essere assolutamente la stessa che può fare un ingegnere. Infatti, gli ammalati sono dei particolare cittadini che versano in uno stato di bisogno, che sono portati a credere e a sperare nelle promesse di chiunque garantisca loro la guarigione.
Abbiamo avuto esperienze televisive, anche in campo medico, che hanno esemplificato che cosa significhi il non intervenire su questa materia con regole particolari e specifiche.
Come ultima considerazione, vorrei dire che noi siamo assolutamente d'accordo con gli orientamenti dell'Unione europea la quale ha ritenuto che per quanto attiene ai servizi sanitari, pubblici e privati - quindi non solo pubblici -, questi non dovessero entrare nella direttiva del mercato interno per lo stesse ragioni che ho ricordato prima. Infatti, noi abbiamo a che fare con ammalati, persone che non hanno lo stesso potere delle altre. Non si tratta di semplici utenti o clienti o consumatori: essi hanno una specificità di cui occorre tener conto.
Molto probabilmente hanno ragione coloro che dicono che forse l'Ordine non è lo strumento migliore per garantire l'utente. Però, al momento, questo paese ha elaborato tale tipo di organizzazione ed è in attesa di sostituirlo con strumentazioni di pari efficacia che garantiscano adeguatamente i cittadini.
Io penso che è meglio proseguire nel dare queste garanzie ai cittadini e nel democratizzare queste strutture - come noi prevedevamo nel nostro testo -, al fine di renderle più permeabili anche alla società, e non farne delle caste chiuse, magari gestite da pochi professionisti al loro interno, ma strutture che siano più aperte.
In questo senso, noi vorremmo solo ottemperare a quanto previsto dalla legge n. 43, ma altresì effettuare un intervento di democratizzazione e di apertura in relazione agli ordini. Peraltro, mi pare che questi ultimi temi siano ampiamente ripresi anche nel disegno di legge Mastella.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
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