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Informativa urgente del Governo sulle recenti operazioni antiterrorismo e sullo stato della lotta al terrorismo.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sulle recenti operazioni antiterrorismo e sullo stato della lotta al terrorismo.
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per otto minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.
(Intervento del ministro dell'interno)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il ministro dell'interno, Giuliano Amato.
GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, colleghi, l'inizio di questa mia informativa coincide necessariamente con notizie ed informazioni che sono già in loro possesso. D'altra parte, è giusto che rimangano agli atti della Camera nella loro completezza le informazioni del Governo. Peraltro mi scuso per la voce che fa concorrenza a quella del Presidente in tono di raffreddore.
Nella mattinata di lunedì scorso, 12 febbraio, furono le questure di Milano, Padova, Torino e Trieste, coordinate dalla direzione centrale della polizia di prevenzione, ad arrestare - come tutti sappiamo - 15 persone, accusate dei reati di associazione sovversiva e banda armata ed altri delitti connessi. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere erano state emesse dall'autorità giudiziaria di Milano, a conclusione di un'indagine avviata dalla Digos nel capoluogo lombardo nell'agosto del 2004. È un'indagine che ha avuto una lunghissima evoluzione - che io, da ministro dell'interno, ho potuto seguire, in quanto è iniziata proprio come indagine di polizia e dei servizi informativi e non come indagine di polizia giudiziaria - che è stata volta non tanto alla raccolta di indizi quanto, progressivamente, all'accantonamento di prove vere e proprie di organizzazione di attività sovversiva, in modo da mettere l'autorità giudiziaria (quando tutto è stato travasato sulla procura di Milano) già in condizioni di poter agire sulla base di fatti largamente accertati, tanto è vero che - come emerge dalla mia informativa - in almeno un'occasione si è formalmente utilizzata la norma che consente il differimento dell'arresto allo scopo di acquisire ulteriori elementi probatori, altrimenti per i pubblici ufficiali sarebbe scattato già in precedenza l'obbligo dell'arresto.Pag. 18
Gli arrestati sono militanti di una organizzazione terroristica, il Partito comunista politico-militare, attestata ideologicamente sulle posizioni della cosiddetta Seconda posizione delle Brigate rosse - tornerò dopo su questo -, strutturata tra Milano, Padova e Torino, principalmente: nuclei attivi non solo a Torino, Milano e Padova ma anche a Roma; doppio livello occulto e palese; attitudini - già illustrate dalla stampa in questi due giorni - a comportamenti tipici di eversori segreti; programmazione con largo anticipo degli incontri sia in Italia che all'estero; orari e giorni prefissati; comunicazione attraverso Internet piuttosto che attraverso altri mezzi di comunicazione.
Sulle origini di questa fazione delle Brigate rosse, Seconda posizione, si esprime, mi pare in modo perspicuo, il dottor Salvini, nell'ordinanza di custodia cautelare da lui firmata: «Nel 1984, nelle vecchie Brigate rosse, in fase di sconfitta e di ritirata dopo la neutralizzazione negli anni precedenti di intere colonne, si erano manifestate, nel corso del dibattito appunto sulla ritirata strategica, due posizioni: la cosiddetta Prima posizione, di impianto prettamente militarista, che ribadiva la validità dell'attacco al cuore dello Stato, e la cosiddetta Seconda posizione, che criticava le derive militariste e soggettiviste e sceglieva la linea di una guerra rivoluzionaria di più lunga durata» e di più vasta apertura verso la società e verso l'impegno anche politico e sociale.
Questo secondo spezzone delle vecchie Brigate rosse dette origine, inizialmente, all'Unione dei comunisti combattenti che, negli anni 1986-1987, si rese responsabile del ferimento di Antonio Da Empoli, prima, e dell'uccisione del generale Giorgeri, dopo. Successivamente, essa venne smembrata, ma, anche grazie alla latitanza in Francia di alcuni dei suoi militanti, continuò ad operare sotterraneamente sino ad oltre la metà degli anni Novanta, dando vita, a quel punto, alla cellula per la costituzione del Partito comunista combattente, che pubblicava l'opuscolo Per il Partito che, in qualche modo, è il progenitore de L'Aurora, di cui parlerò tra poco, una pubblicazione alla quale gli apparati che fanno capo al Ministero dell'interno hanno dedicato, in questi anni, una particolare ed accentuata attenzione, proprio perché quanto lì pubblicato era espressivo dell'orientamento che caratterizza la Seconda posizione e che la spinge, non solo a distinguersi dalla Prima, ma anche a criticarla.
Di questa area, particolarmente insediata a Parigi, faceva parte Alfredo Davanzo, il leader ideologico del gruppo sgominato con gli arresti dell'altro ieri. Davanzo oggi ha circa cinquant'anni. Dopo gli anni di latitanza in Francia, una volta divenuta non più eseguibile la condanna inflittagli dalla corte d'assise di Torino (sotto questa frase, sta un gioco di prescrizioni, che è intervenuto, in ragione del quale ci si è accorti che aveva scontato la pena e quindi è stato liberato), nel 2005, ha iniziato ad operare in semiclandestinità, prima in Svizzera e poi in Italia. Sapete tutti che, all'atto dell'arresto, è lui che si è dichiarato «militante rivoluzionario».
Durante la latitanza, Davanzo aveva continuato a mantenere i contatti con i suoi compagni residenti a Torino. Nel 1989 venne rinvenuta, in un frigo portatile sotterrato in un boschetto vicino a Torino, documentazione ideologica riguardante la strategia della cellula per la costituzione del Partito comunista combattente. Si tratta di materiale in parte manoscritto e l'analisi grafologica consente di attribuirlo, per l'appunto, al Davanzo. Quei documenti contengono le tesi che poi troviamo sviluppate nel giornale L'Aurora. Ciò, quindi, sottolinea il ruolo che aveva Davanzo in questo raggruppamento, Seconda posizione delle Brigate rosse. Il bollettino L'Aurora è circolato clandestinamente dal febbraio 2003. Si dichiarava esplicitamente erede della Seconda posizione. Era, quindi, una posizione diversa sia da quella del Partito comunista combattente sia da quella di chi, insieme agli altri gruppi, veniva accusato di aver abbandonato ogni prospettiva realmente rivoluzionaria.
Bisogna stare attenti, perché le posizioni sostenute da l'Aurora, ripetute - mi Pag. 19scrivono - in modo quasi pedissequo nelle decine di ore di conversazioni intercettate tra alcuni dei personaggi arrestati ieri l'altro (Latino, Gaeta, Sisi, Ghirardi e Bortolato) hanno in comune come assunto di fondo l'affiancamento dell'azione armata con un lavoro politico di inserimento nelle lotte sociali in fabbrica, nelle contestazioni contro la TAV, nelle proteste di periferia.
Quindi c'è un'azione positiva volta ad innestarsi nei movimenti sociali, in qualche modo infiltrarli e quindi farne il retroterra necessario, in termini di consenso politico, per la propria azione militare, diversamente da quanto era stato fatto dall'ala militarista, responsabile delle uccisioni di D'Antona e Biagi, nei confronti della quale, infatti, va la critica de l'Aurora, che accusa appunto questa ala di essersi isolata in un'azione militare senza retroterra politico e sociale. Nel n. 3 de l'Aurora, della primavera del 2006, sono illustrati alcuni esempi di mobilitazioni considerate positivamente dalla redazione: le proteste degli autoferrotranvieri, gli operai in lotta a Melfi, il rinnovo dei contratti dei metalmeccanici, la mobilitazione di Pomigliano d'Arco, le proteste in Val di Susa, genericamente le banlieu francesi.
In questo contesto, è chiaro che diventa di lettura ambivalente e difficile, in assenza di elementi precisi da classificare in modo univoco, l'iscrizione di diversi di questi ad un sindacato come la CGIL. Perché, onestamente, può trattarsi tanto di adesione di questi iscritti alla CGIL a quel gruppo, quanto di infiltrazione della CGIL da parte di quel gruppo. Io non sono in grado di avvalorare l'una o l'altra di queste tesi, ma tenendo conto delle tesi de L'Aurora e di Seconda Posizione, entrambe vanno tenute presenti come possibili spiegazioni.
Per quanto concerne i profili di questi militanti - dei quali i giornali hanno ampiamente parlato - i capi, salvo Gaeta, che ha 31 anni, sono persone sui cinquant'anni: da Latino che ha 49 anni a D'Avanzo che ne ha 50. Diversi di loro - come ho già detto - sono iscritti alla CGIL; molti fanno capo più che ai centri sociali in senso ampio e indefinito, ad un centro sociale ben preciso che è il Gramigna di Padova. Latino, in particolare, è del centro proletario Ilic, una sorta di struttura di coordinamento, ma poi vi sono Amarilli Caprio, Alfredo Mazzamauro, Massimiliano ed Alessandro Toschi, Andrea Scantamburlo, Davide Rotondi, arrestato a Trieste. Tutti questi, in un modo o nell'altro, hanno legami con il centro sociale Gramigna di Padova che poi è il centro - di cui mi parlava il collega Maroni - dal quale erano venute fuori delle turbolenze a dir poco violente nei confronti del collega Borghezio.
ROBERTO MARONI. Pestaggi!
GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Le perquisizioni effettuate hanno riguardato, oltre agli arrestati, altre 33 persone, e le sedi di diverse organizzazioni: il centro Gramigna, ovviamente, il centro Ilic che ho già menzionato, il centro la Fucina di Sesto San Giovanni.
A seguito di queste perquisizioni, sono stati sequestrati: un kalashnikov completo di munizionamento, sotterrato nell'orto dell'abitazione del Sisi (questi fatti ricordano episodi di moltissimi anni fa: tenere sotterrato un kalashnikov nel proprio orto); nell'abitazione del Rossin un revolver 38, una divisa della Guardia di Finanza, proiettili per kalashnikov, documentazione varia all'esame degli inquirenti e numerosi CD e supporti informatici (molto materiale dovrà essere esaminato).
Nel corso dell'indagine è emerso che gli appartenenti al movimento eversivo avevano individuato un'ampia gamma di obiettivi. Gli obiettivi sono stati indicati ad una dimensione, in una prima lista, che ha allarmato diverse persone e che ci ha portato giustamente ad esprimere la solidarietà nei confronti di tutti e di ciascuno. Del resto, basta essere in una lista del genere per meritarlo.
Esaminando le informazioni acquisite con maggiore ponderazione, emerge, per la verità, che alcuni erano bersagli puramente ipotetici nei confronti dei quali non erano state fatte né preispezioni né controlli Pag. 20di orari e di situazioni (in sostanza, non erano stati compiuti atti preparatori di un possibile attentato), mentre nei confronti di altri questo era accaduto. Quindi, ai primi continua ad andare la mia solidarietà, ma anche la mia tranquillità d'animo che ho cercato di comunicare loro, dicendo che, in fondo, si è trattato soltanto di questo.
I bersagli nei confronti dei quali sono stati compiuti effettivi atti preparatori, propedeutici ad un possibile attentato, erano: il «Punto Marco Biagi», centro di informazioni sulle tematiche del lavoro gestito dal comune di Milano; l'abitazione del professor Ichino; due dirigenti della Breda, uno dei quali risultava imputato per la morte di alcuni operai per avvelenamento da amianto; un manager che, in passato, ha ricoperto diverse cariche in Breda, in Ansaldo e in Finmeccanica; un passaggio verso un'ipotesi Sky e verso un'ipotesi Mediaset è stato fatto, andando in gommone sul fiume Lambro, però, nel corso di successive intercettazioni, i due che avevano fatto questo percorso, hanno detto che era una cosa da non fare, perché presentava difficoltà eccessive; la redazione del quotidiano Libero era stata presa in seria considerazione e giustamente il quotidiano Libero si ritiene un bersaglio che era stato scelto, perché c'era l'intenzione di compiere, entro il prossimo aprile, un attentato incendiario con benzina ed acido, da versare all'interno della sede, probabilmente dopo aver tranciato la saracinesca, in un giorno di chiusura (quindi, un atto dimostrativo, non finalizzato ad uccidere, ma un attentato); la palestra Doria di Pasquale Guaglianone, detto Lino, residente a Basiglio, noto per essere militante della destra radicale.
I luoghi presi in considerazione, ma non valutati effettivamente con attività preparatorie, sono: una sede ENI a San Donato Milanese (si era pensato ad una autobomba, ma l'idea è stata subito scartata, per la presenza di telecamere e di vie chiuse da sbarre); la residenza milanese del presidente Berlusconi (e tutti avete letto sui giornali la frase che fa riferimento a queste ipotesi: «scendere da quella rampa con un bel furgone e ti levi una bella soddisfazione...»), la sede de Il Foglio e obiettivi israeliani.
Un episodio che mi colpì, a suo tempo, fu quello nel corso del quale il gruppo terroristico si adoperò per autofinanziarsi ai danni di uno sportello bancomat dell'istituto di credito Antonveneta in prossimità di Padova. Il fatto che i membri del gruppo fossero seguiti e controllati passo passo permise alla Digos di inserire in quel bancomat un apposito e straordinario allarme: quando arrivarono per scardinarlo, l'allarme scattò, loro fecero marcia indietro e vennero filmati. Fu in questa occasione che venne applicato l'articolo 9 della legge n. 146 del 2006, che autorizza a differire l'arresto: si trattava, infatti, di un classico episodio da arresto.
Posso aggiungere che, nel corso delle indagini, sono emersi contatti e collegamenti anche con la criminalità organizzata tenuti da due degli arrestati, Scivoli e Ghirardi, a scopo di approvvigionamento logistico del gruppo terroristico. In occasione di un incontro, Scivoli aveva fatto cenno alla possibilità, appena avessero recuperato un po' di soldi (l'episodio del bancomat aveva impedito loro di farlo), «di recarsi in Croazia, dove avrebbe avuto la possibilità di acquistare uzi piccoli, kalashnikov, bazooka ed esplosivo, pagando qualcuno per farseli portare in Italia». Nell'occasione lo Scivoli ha fatto cenno ad un suo contatto, verosimilmente da sfruttare per questo progetto, con il fratello di Mimmo Belfiore, esponente di spicco di una cosca di Gioiosa Ionica.
Avrete saputo, nel frattempo, che un inquietante episodio è avvenuto questa notte a Padova: ignoti hanno versato liquido infiammabile nei pressi del portone esterno dello stabile in cui abita il dottor Lucio Pifferi, dirigente della Digos di Padova. Nelle vicinanze è stata rinvenuta una tanica di plastica da 5 litri dalla quale fuoriusciva uno straccio imbevuto. Si può ritenere che gli attentatori, mentre miravano alla porta, siano stati scoperti e, disturbati, abbiano abbandonato lì la tanica e se ne siano andati.Pag. 21
Sempre questa notte, a Milano, personale della polizia di Stato ha tratto in arresto quattro persone per propaganda ed apologia sovversiva. Di queste quattro persone, una è la convivente di Massimiliano Gaeta, uno dei quindici arrestati; gli altri sono persone che si conoscono tra di loro, ma che non hanno legami specifici. Avevano affisso manifesti redatti con pennarello riportanti le frasi: «Sfruttamento: la lotta non si arresta»; «Non ci mettete paura, la lotta continua»; «Ustica Piazza Fontana: lo Stato si assolve il carcere a chi lotta».
Poco distante, inoltre, è stato rinvenuto uno striscione, redatto con lo stesso pennarello, recante la scritta «Governo di guerra e sfruttamento. La lotta non si arresta».
Nella vettura sono stati trovati volantini con frasi del tipo: «Terrorista è chi ci affama e fa le guerre non chi lotta a fianco dei popoli»; «Compagni: in piedi o morti ma mai in ginocchio».
Questi episodi - e mi avvio alla conclusione - sottolineano due fenomeni dei quali vorrei rendere partecipe la Camera e che mi sembrano importanti.
Il primo: effettivamente, l'impostazione di Seconda posizione, riflessa negli articoli e negli scritti apparsi su L'Aurora non è rimasta sterile.
Siamo ben lontani da quella rete indefinita di nascosti consensi e di nascoste complicità di cui le brigate rosse usufruirono prima dell'assassinio di Aldo Moro, che rappresentò la fine delle solidarietà attorno a loro, ma di sicuro c'è qualcosa di più dell'isolamento nell'azione militare dell'ala militarista della Lioce (quella degli assassini di D'Antona e di Biagi).
Quindi, qui c'è una rete, non particolarmente estesa, della quale noi dobbiamo tenere conto. Questo è il momento di esprimere la nostra gratitudine, insieme, alla magistratura ed alle Forze dell'ordine, ma è anche il momento di contare su di loro, affinché l'azione svolta con successo in questa occasione non si fermi, perché c'è ancora qualcosa che si agita attorno a coloro che si volevano rendere responsabili delle azioni militari; per non parlare degli anarco-insurrezionali, che scorrono in parallelo - per ora, non vi è stato alcun fenomeno di unione operativa tra i due -, ma che rappresentano essi stessi una fonte di problemi ai quali io sono sicuro siamo in grado, con l'efficienza dimostrata in questa occasione, di fare fronte.
Il secondo fenomeno che ho colto, in particolare nell'episodio accaduto a Padova, è l'emergere di «spunti» di ostilità nei confronti delle Forze di polizia. Sono spunti totalmente diversi tra di loro - sarebbe arbitrario vedere fra essi un collegamento razionale o consapevole -, ma non c'è dubbio che la malavita organizzata si predispone a considerare le Forze dell'ordine un bersaglio, ed è ovvio che sia così.
Ci sono gli ultras, legati o non legati che siano - a volte, forse lo sono - alla criminalità organizzata, che esprimono ostilità nei confronti delle Forze dell'ordine. Per piccolo che fosse, l'episodio accaduto nello stadio romano, domenica scorsa, è un episodio che non mi è sfuggito, e che mi torna in mente quando vedo un funzionario della Digos essere potenziale vittima di un attentato da parte di gruppi eversivi a Padova.
Allora, queste cose finiscono per connettersi nella mia mente, anche se non sono razionalmente connesse tra di loro. In relazione a queste, sento mio dovere, nei confronti del paese e del ruolo che in esso esercitano le Forze dell'ordine, chiedere a tutto il Parlamento ed a tutte le forze politiche che in esso vi sono di essere solidali con le Forze dell'ordine in qualunque circostanza, dimostrando questa solidarietà anche (Applausi)...
Un'occasione per farlo, se non per tutti, per alcuni - e io sono certo che sarà così -, è la manifestazione che tutti sappiamo avrà luogo in una città del nord sabato prossimo, che potrebbe essere l'occasione cercata da altri per saldare gli spezzoni di ostilità nei confronti delle Forze dell'ordine. Sono certo che, in quella occasione, tutti coloro che siedono in questo Parlamento esprimeranno, invece, l'atteggiamento opposto. Vi ringrazio (Applausi).
PRESIDENTE. La ringrazio, signor ministro.
(Interventi)
PRESIDENTE. Avranno luogo ora gli interventi dei rappresentanti dei gruppi i quali, come ho ricordato, avranno a disposizione otto minuti di tempo ciascuno. Prego ognuno di rimanere nei tempi. A trenta secondi dal termine segnalerò la necessità di concludere l'intervento.
Ha chiesto di parlare il deputato Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, il gruppo de L'Ulivo desidera esprimere piena soddisfazione e un ringraziamento al ministro dell'interno, Giuliano Amato, e alle forze di polizia per l'efficacia della loro azione di indagine. Ci associamo alle espressioni di solidarietà per quanto stanno facendo per la sicurezza dei cittadini. Un ringraziamento va anche alla magistratura.
Se noi oggi siamo in questa sede non per commemorare morti dovuti a tragici fatti di sangue, ma per riflettere su un insensato rigurgito del terrorismo lo si deve all'eccezionale operazione di prevenzione che magistratura e forze di polizia sono state capaci di attuare. Questo è importante e positivo. Un pensiero di solidarietà incondizionata va a tutti coloro i quali erano nel mirino dei terroristi, dal presidente Berlusconi al professor Ichino, da Libero alle imprese schedate. I fatti di queste ore e le parole del ministro Amato ci devono far riflettere seriamente su alcune questioni.
La prima è forse la più urgente: di fronte al terrorismo, le forze politiche devono restare unite e ogni divisione apre spazi al terrorismo. Dobbiamo saper costruire un muro comune contro questa follia, senza divisioni o indulgenze propagandistiche. Teniamo a mente la magistrale lezione di Simone Weil secondo la quale, laddove le opinioni irragionevoli prendono il posto delle idee, la forza può tutto. Noi dobbiamo avere la capacità della forza delle idee, di un pensiero forte, per garantire la fermezza e l'unità delle azioni. Proprio di una cosa possiamo essere certi: non si tratta di un fenomeno spuntato dal nulla. C'è un filo che lega uomini che vent'anni fa erano già sulla linea del fuoco e ventenni che, quando i primi venivano arrestati, ancora non erano nati. C'è il filo conduttore di «Seconda Posizione», dell'ala cosiddetta movimentista del terrorismo, che teorizza che bisogna inserirsi nelle lotte sociali e nelle contese sindacali con l'obiettivo di accendere il conflitto, per uccidere e distruggere gli uomini e le cose del rinnovamento. Questo, soprattutto, ci deve far riflettere: il fronte sul quale il terrorismo ha deciso di combattere è quello del lavoro, della precarietà, della crisi del nord del paese.
Domandiamoci, ad esempio, le ragioni per le quali molti degli arrestati e degli indagati provengono da una città, Padova, che ha fatto della cultura della fermezza la propria ragione politica: al nord c'è la crisi più profonda della fabbrica, il lavoro è precariato e la questione settentrionale non è solo l'inquietudine di un ceto medio impoverito, arrabbiato e antipolitico, ma è anche il disagio profondo dei giovani per un futuro che non si riesce a vedere. Allora si capisce il perché delle infiltrazioni nel mondo sindacale: il mondo del lavoro e il sindacato tornano ad essere il luogo della frontiera. Per questo è sbagliato attaccare il sindacato nel momento in cui è il punto di maggiore debolezza del sistema, mentre tutti dobbiamo fare muro per ricostruire un argine democratico contro il rigurgito terrorista.
Non dimentichiamo che si è aperta la sfida delle riforme, del nuovo patto sociale per la produttività. Se non c'è coesione sociale e politica le riforme non si possono fare. I terroristi lo sanno e attaccano, colpiscono proprio per questo, per ricacciare nel buio il paese.
L'ultima osservazione, la più importante: una stagione di riforme è il momento in cui il confronto tra le parti deve essere garantito al massimo livello. Il confronto, va da sé, significa anche la possibilità di polemizzare, di esprimere e manifestare Pag. 23il proprio dissenso. Pensare di rinunciare a questo significherebbe darla vinta ai terroristi, che non fanno politica, sono dei criminali. Il nostro paese ha più che mai bisogno di partecipazione e anche di dissenso, vero, civile e democratico, se vuole vincere la sfida delle riforme. Per questo le libertà e i diritti costituzionali non possono essere messi in gioco da alcuno.
Il prezzo della democrazia è proprio l'equilibrio, delicato e razionale, tra diritti umani e sicurezza. Aharon Barak, presidente della Corte suprema israeliana, in una sentenza ha scritto:«È un prezzo molto alto, ma vale la pena di perseguirlo perché rafforza lo Stato e fornisce un motivo alla sua lotta». Noi sappiamo quanto abbiamo bisogno, oggi, di uno Stato forte e credibile e sappiamo che il prezzo della democrazia è esattamente quello che il terrorismo esige per essere vincente. Noi non lo dobbiamo consentire e non lo consentiremo (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Bondi. Ne ha facoltà.
SANDRO BONDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la dettagliata relazione del ministro Amato ha confermato che le nostre forze dell'ordine, carabinieri e polizia, e i nostri servizi, a cominciare dal SISDE, sono in grado di garantire la sicurezza dello Stato e dei cittadini da una minaccia eversiva che, a trent'anni dalla stagione delle P38, resta purtroppo concreta e attuale, come se il tempo non fosse passato. Agli apparati dello Stato, che vigilano sulla nostra vita democratica e ai quali non abbiamo mai fatto mancare il nostro leale sostegno, va dunque il ringraziamento forte e convinto di Forza Italia e del suo gruppo parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
La domanda che dobbiamo subito porci, cari colleghi - e che nella relazione del ministro è assente - è se, a fronte dello strenuo impegno delle forze dell'ordine, la politica abbia fatto interamente la sua parte nel recidere ogni legame con i gruppi eversivi e nel togliere ogni spazio di sopravvivenza a chi propugna ancora la rivoluzione armata. Io sono convinto che oggi dal Parlamento debba uscire una risposta forte, chiara ed unitaria da parte di tutte le forze democratiche al rinascente terrorismo rosso. Ritengo tuttavia che davanti ad un pericolo eversivo, che si ripresenta con una impressionante carica di pericolosità, non sia utile rifugiarsi nelle solite, scontate invocazioni all'unità, perché questa non è un valore se non è fondata sulla verità e sulla coerenza.
Una verità si è affermata in questi anni - sento il dovere di dirlo non per aprire una sterile polemica, ma per scongiurare che si ripetano gli atteggiamenti ambigui e le rischiose contiguità che hanno caratterizzato l'atteggiamento di una parte della sinistra nei confronti dei reduci degli anni di piombo: sembra quasi che si sia voluto calare un velo di oblìo sulle responsabilità di tanti uomini e donne, che avevano scelto di dedicare la propria vita all'idea e alla pratica dell'insurrezione rivoluzionaria e alla lotta armata per il comunismo. Si è voluto dare per morto il mostro brigatista mentre questo dimostrava con gli omicidi di due servitori dello Stato - D'Antona e Biagi - di essere ancora perfettamente vivo, se non vitale come trent'anni fa. E si è fatto purtroppo di più e di peggio, dando l'impressione molto spesso di tenere in considerazione più i responsabili degli anni di piombo, che la memoria e la concreta solidarietà nei confronti dei familiari delle vittime [Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
È uscito recentemente un libro che raccoglie le testimonianze di padri, madri, mogli e figli degli uomini morti sotto il fuoco delle Brigate rosse. La invito a leggerlo, signor ministro, perché contiene storie di umiliazioni gratuite e di disinteresse da parte dello Stato verso persone, che hanno pagato con la distruzione della loro famiglia il conto di una stagione di follia ideologica e sanguinaria. Questa gente chiede ancora giustizia e attende un Pag. 24segnale di serietà da parte dello Stato e della politica. Ci vuole un soprassalto di responsabilità per ristabilire la verità sul passato e per costruire un futuro, in cui non occorra più spargere il sangue per difendere la nostra democrazia.
Un primo segnale forte potrebbe arrivare proprio da lei, ministro Amato: sfratti subito dal suo ufficio, al Ministero dell'interno, l'ex brigatista Roberto Del Bello, segretario particolare del suo sottosegretario Bonato, di Rifondazione Comunista (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania)! È intollerabile che un ex terrorista, condannato a quattro anni, con sentenza passata in giudicato, abbia un ufficio ed una scrivania al Viminale (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania), laddove si muovono le fila delle più delicate inchieste dell'eversione! Vi rendete conto, amici della sinistra, l'enormità morale di questa vicenda?
Devo anche ricordare - solo per fare un altro triste esempio - che a Giovanni Senzani, ideologo delle Brigate rosse negli anni Ottanta, che mai si è pentito, è stato commissionato in Toscana un progetto pubblico di cultura della legalità (Una voce dai banchi del gruppo Forza Italia: Vergognatevi!).
La sinistra dunque ha il dovere di aprire una seria riflessione sul fatto che, a trent'anni dal 1977, l'anno più tragico della stagione del terrore, nel nostro paese c'è ancora chi è pronto ad uccidere in nome del comunismo. C'è ancora una tolleranza troppo ambigua nei confronti di centri sociali, che rischiano di trasformarsi in santuari eversivi e troppi cattivi maestri si sentono, ancora oggi, autorizzati e incoraggiati a salire in cattedra, in politica e persino nelle istituzioni.
Dalla relazione del ministro dell'interno emerge poi un'altra terribile verità, cioè che il nucleo brigatista smantellato mentre era in procinto di agire è composto da vecchi arnesi dell'eversione e da nuove leve del terrorismo, giovani nati negli anni Ottanta, che erano pronti a compiere il tragico salto dal movimentismo alla lotta armata.
C'è un filo rosso dell'eversione, dunque, che non è mai stato reciso. Deve fare riflettere che quasi la metà degli arrestati appartenessero alla CGIL. Questo dimostra che l'eversione ha ancora radici perfino nel sindacato, che pure negli anni Settanta seppe diventare un baluardo della legalità democratica. È giunto, quindi, da parte di tutti il momento di alzare definitivamente una diga a sinistra, isolando tutte quelle zone grigie in cui l'estremismo politico rischia di degenerare in terrorismo.
Devo rilevare con amarezza, purtroppo, che una parte della sinistra radicale sembra ancora oggi più preoccupata della buona riuscita della manifestazione antiamericana di Vicenza, che del riapparire della minaccia terroristica. Non ha, evidentemente, insegnato nulla che uno dei brigatisti arrestati si era già distinto, in prima fila, nella protesta anti-TAV in Val di Susa.
Soltanto in Italia, fra tutti i paesi che lo hanno conosciuto, il terrorismo rosso è ancora attuale, ha ucciso e minaccia di uccidere. Quando affermiamo - quando affermo - che vi è ancora in Italia una matrice rivoluzionaria che fa del nostro paese un'eccezione in Europa non cadiamo - non cado - in un eccesso di anticomunismo, ma descriviamo e descrivo e semplicemente la realtà: una terribile realtà.
Le condanne rituali, dunque, non bastano più. Bisogna dare segnali concreti alle nuove generazioni...
PRESIDENTE. La prego (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)...
SANDRO BONDI. Bisogna dare segnali concreti alle nuove generazioni, che educhino alla legalità e alla difesa dell'ordine e della democrazia.
Concludo, signor Presidente, con un'altra nota sconfortante. In queste ore da Pag. 25parte di qualcuno si è ancora una volta cercato di imputare al leader dell'opposizione, primo obiettivo del nuovo terrorismo, un linguaggio che avrebbe incitato all'odio. Questo ribaltamento della verità rientra perfettamente nella vostra tradizione e nella vecchia lezione leninista, che vi porta continuamente a mistificare la realtà. Che cosa è se non questa mentalità...
PRESIDENTE. Mi scusi, deve concludere!
SANDRO BONDI. Che cos'è, se non questa mentalità, che vi autorizza ad attaccare il leader dell'opposizione nel giorno stesso in cui si scopre che è il primo bersaglio del terrorismo, senza che nessuno fra di voi, salvo rare eccezioni, abbia sentito il dovere di esprimergli la propria solidarietà - a Berlusconi e al suo partito - come noi avremmo fatto?
Ancora una volta...
PRESIDENTE. La prego, deve davvero concludere!
SANDRO BONDI. Ho concluso. Ancora una volta, in un momento che più di sempre richiederebbe spirito unitario e senso di responsabilità, si è cercato di ribaltare la verità, quella verità storica...
PRESIDENTE. La prego, deve concludere come tutti gli altri!
SANDRO BONDI. ...quella verità storica e politica, signor Presidente, senza la quale - mi rivolgo anche a lei - non sarà mai possibile far diventare l'Italia un paese normale (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Lega Nord Padania, Alleanza Nazionale - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gasparri. Ne ha facoltà.
MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, signor ministro dell'interno, riteniamo che sottovalutare questo ritorno di terrorismo sarebbe da irresponsabili, che recidere ogni tipo di legame sia urgente e che porre fine ad ogni ambiguità sia una scelta da compiere da parte di ciascuno con immediatezza.
Sui fatti specifici il ministro Amato ci ha fornito notizie utili, ma intendiamo intervenire affermando la nostra solidarietà alle forze dell'ordine e agli investigatori. Infatti, l'attività del giudice Salvini e di altri magistrati è stata tempestiva, saggia e certamente preziosa. Vogliamo solidarizzare con le forze dell'ordine, come ha fatto quest'Assemblea, ricordando che non sempre si è espressa la solidarietà alle forze dell'ordine; ad esempio, ciò non è avvenuto con riferimento alle giornate di Genova del 2001 e a quelle di Napoli del 2000, quando in tanti quegli applausi non li hanno fatti. Noi la solidarietà la rinnoviamo oggi ricordando, ministro Amato, che nel programma del Governo vi è anche una Commissione di inchiesta - per fortuna fin qui mai varata - sui fatti del G8.
LUCIANO PETTINARI. Cosa c'entra?
MAURIZIO GASPARRI. Ci auguriamo che quella inchiesta resti negli archivi e che non sia questa la solidarietà della cosiddetta Unione con le forze dell'ordine (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
Ministro Amato, le voglio anche dire che i fatti di oggi arrivano dopo una serie di episodi di intolleranza. Sappiamo distinguere il terrorismo da quello che un tempo si chiamava il «brodo di coltura» o da quello che l'altra sera l'onorevole La Russa, durante un dibattito televisivo, ha definito «l'acqua nella quale nuotano i pesci».
Tuttavia, nell'acqua ci sono tanti episodi. Un giornalista di sinistra, come Panza, se pubblica un libro scomodo per alcuni, viene contestato e poi si scopre che i contestatori erano militanti di un partito di Governo. Se a Bologna si decide di intitolare una sala del comune alla memoria del professor Biagi, non tutti votano Pag. 26in maniera compatta; e tutti sappiamo quali gruppi politici hanno dovuto poi indirizzare lettere di scuse alla vedova Biagi dopo quell'imperdonabile errore [Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
Nei giorni scorsi, non noi, dai banchi della destra, forse prevenuti verso questi giovani creativi, ma una collega, l'onorevole Di Serio D'Antona, ha avuto - a mio avviso, giustamente - da ridire nel vedere Adriano Sofri erigersi a maestro di buona politica nelle file della sinistra (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale). Lo ha detto Olga D'Antona, colleghi della sinistra, non Gasparri o altri che, certamente, non hanno particolare stima per Sofri, il suo passato e le sue responsabilità.
Inoltre, Oreste Scalzone si aggira per l'Italia inneggiando alle sassaiole o recandosi sotto le carceri a salutare questo o quel terrorista detenuto.
Ministro Amato, come da lei ricordato, anche questa notte, a Padova, ci sono stati episodi di minaccia nei confronti di un dirigente della Digos padovana. Leggo su Il Foglio un'intervista ad un dirigente della CGIL, che esprime preoccupazioni per le infiltrazioni esistenti in quel sindacato.
A Padova, caro ministro Amato, nel 1974, furono uccisi, nella sede del Movimento sociale, Mazzola e Giralucci e, tra gli assassini di quei due militanti di destra, vi era Susanna Ronconi, che oggi è consulente del vostro Governo in materia di tossicodipendenza [Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]! Questa è la storia d'Italia! Saranno passati trent'anni, saranno state scontate alcune pene, ma ritengo che diventare consulente di un Governo sia un riconoscimento che si poteva evitare.
Inoltre, si registrano diverse infiltrazioni nelle manifestazioni «no TAV» e ci sono stati cortei durante i quali si è urlato: «dieci, cento, mille Nassiriya». Sappiamo che quelle frasi sono state condannate dagli organizzatori di tali cortei, tuttavia vi dovreste interrogare sul perché ai vostri cortei partecipa gente che fa l'apologia del terrorismo, che offende la memoria delle forze dell'ordine, di quei caduti dell'Arma dei carabinieri e delle nostre Forze armate (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!
SALVATORE CANNAVÒ. Hai visto cosa avviene ai vostri cortei?
MAURIZIO GASPARRI. Ieri, in un'intervista, Epifani ha avuto da ridire su Lucia Annunziata, affermando che, nel suo recente libro sul 1977, vi è troppa indulgenza verso il lancio di cubetti di porfido. Il trentennale della cacciata di Lama dall'Università di Roma viene quasi celebrato come se fosse stata una pagina risorgimentale.
Siamo abbastanza cresciuti per ricordarci il 1977 e il 1978: eravamo militanti politici anche allora. Le sottovalutazioni dell'epoca portarono ad una stagione tragica di lotta armata e le autocelebrazioni di oggi, se non piacciono ad Epifani, che le ha giustamente criticate, ancor meno piacciono a noi.
Inoltre, vi sono state le contestazioni al professor Ichino, proprio qui fuori Montecitorio, Presidente Bertinotti, pochi giorni fa, con urla per la strada contro la presentazione di un libro di un riformista che appartiene culturalmente alla sinistra. E poi, abbiamo avuto i casi della Baraldini e di Ochalan, accolti in Italia come se fossero eroi.
Per passare a fatti più recenti, caro ministro Amato, ci risulta che anche oggi il centro sociale Vittoria di Milano abbia espresso solidarietà agli arrestati appartenenti alle Brigate rosse, alcuni dei quali si sono definiti «prigionieri politici». Comprendo che gli avvocati in televisione facciano il loro mestiere, ma molti arrestati assumono su di sé le proprie responsabilità. Il centro sociale Vittoria - ripeto - ha solidarizzato con queste persone. Il centro sociale Panetteria occupata di Milano è quello, insieme al centro sociale Vittoria, che l'11 marzo scorso diede luogo a violenze ed aggressioni presso le sedi elettorali Pag. 27di Alleanza Nazionale. Perché questa mattina stanno solidarizzando? Quali direttive ha impartito? Quali azioni devono essere assunte nei confronti di queste persone?
A Padova si parla di centri sociali e di infiltrazioni. Qualche settimana fa (ne abbiamo discusso anche in Assemblea), un parlamentare del nostro gruppo, l'onorevole Ascierto, insieme al signor Vanzan, padre di un caduto di Nassiriya, sono stati aggrediti nel centro della città da militanti di quei centri sociali. Chi ci dice che qualcuna di queste persone non possa essere la manovalanza, non possa nuotare in quell'acqua che prepara nuove stagioni di terrorismo?
Questa mattina, Sergio Segio, esponente storico del brigatismo delle prime ondate (vedete, cito Epifani, Sergio Segio, Olga D'Antona), in alcune interviste pubblicate sui giornali ha affermato: «C'è una saldatura tra vecchia e nuova generazione e si tratta di un dato nuovo rispetto al passato. Questo mi fa pensare che c'è una sopravvivenza del mito della lotta armata e della rivoluzione violenta». Il tour di Scalzone, in effetti, offre quasi una spettacolarità a questa considerazione. «Credo», aggiunge Sergio Segio nell'intervista pubblicata su Il Messaggero di oggi «che la sinistra dovrebbe avere più coraggio e rileggere il Novecento e le culture che lo hanno attraversato. Le BR» - si interroga e afferma questo autorevole esponente del terrorismo, questo ex terrorista - «saranno pure figlie di qualcuno».
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MAURIZIO GASPARRI. Mi avvio a concludere.
Ancora Sergio Segio, su Il Corriere della Sera, afferma che negli anni Settanta «si parlava di brigate sedicenti rosse, di fascisti rossi. Adesso si parla di quattro cretini fuori dal mondo». Chi lo sa, speriamo che siano quattro cretini fuori dal mondo. Ma se non lo fossero? Non vorremo ripetere l'errore degli anni settanta, quando si impiegarono anni ad affermare che il terrorismo era tale? Segio dice di essere diventato traditore quando affermò che le BR erano dentro il movimento e avevano infiltrato il sindacalismo di base. «Ammettere» conclude Sergio Segio «che la violenza politica viene proprio dall'album di famiglia della sinistra» è un dovere. «Quando noi scegliemmo la lotta armata era per riprendere la rivoluzione che il PCI aveva abbandonato nel 1945».
PRESIDENTE. Deve concludere. Ha terminato il tempo a sua disposizione.
MAURIZIO GASPARRI. Allora, non chiudiamo gli occhi. Chi deve recidere i legami lo faccia. Non intendiamo criminalizzare la CGIL; ricordiamo la storia di Guido Rossa e di tanti lavoratori che hanno combattuto il terrorismo e le disuguaglianze, anche se non sono state le nostre lotte. Ma, quando in un'organizzazione vi sono decine di iscritti che si trovano in un'area di collusione, non è sufficiente l'intervista del giorno dopo; serve un impegno permanente.
La lotta al terrorismo, caro Presidente, è un dovere di tutti, ma chi ha album di famiglia, contiguità di questa natura, prosciughi quell'acqua in cui troppi pesci pericolosi stanno navigando (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Migliore. Ne ha facoltà.
GENNARO MIGLIORE. Signor Presidente, signor ministro, signori del Governo, colleghi, penso innanzitutto che per recidere ogni forma di polemica pretestuosa e surrettizia sia bene ricordare che il nostro gruppo, il nostro partito ha espresso immediatamente una solidarietà (come è stato richiamato dal ministro dell'interno) indistinta a tutte le potenziali vittime e obiettivi di quella che era, e che è, una strategia e un disegno criminale inaccettabile, che deve essere contrastato.
Ma, oggi, siamo qui innanzitutto per registrare un successo dell'attività inquirente, Pag. 28della prevenzione, della capacità di intercettare prima che operassero queste nuove forme risorgenti di un terrorismo che, giustamente, viene considerato come una minaccia per la nostra democrazia.
A tale scopo, anche noi vogliamo unirci al ringraziamento alle forze di polizia e a quegli inquirenti - Salvini, Spataro e Boccassini -, autorevoli rappresentanti delle istituzioni, oggi come ieri, in ogni attività della loro espressione di magistrati. Ed è per questo che io ritengo che non servano gli atteggiamenti, che qui sono stati espressi dalle principali forze di opposizione, che tendono a confondere e a non separare, a individuare indistinti brodi di coltura e non ad individuare il nemico preciso, contro il quale un'unità di popolo larga e democratica deve essere attuata.
Non serve mischiare tutto a fini propagandistici. Penso invece che dovrebbero essere richiamate anche quelle intercettazioni, che sono state oggi pubblicate da alcuni giornali e che individuano alcuni centri sociali come elementi che possono distogliere dall'attività di infiltrazione e proselitismo, in particolare a Milano. Vorrei ricordare anche al ministro che quei centri che lei ha citato, a partire dal Gramigna, mai si sono definiti centri sociali. Perché i centri sociali in questo paese sono parte della costruzione democratica e partecipativa, che nel corso di questi anni ha costituito oggettivamente un argine ad ogni fenomeno di deviazione terroristica [Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]. Sono spazi democratici ed io penso che ogni organizzazione che nel corso di questi anni ha dimostrato con i fatti e con la capacità di intervento sul campo un'azione aggregativa e democratica debba essere comunemente difesa.
Penso che da questo punto di vista la maggiore organizzazione sociale del paese, la CGIL, rappresenti un fondamento della democrazia del nostro paese. Così come lo sono le istituzioni democratiche, così come lo sono le forze di polizia, così come lo sono tutte quelle forze democratiche che, all'interno e all'esterno dello Stato, contribuiscono ad una vera democratizzazione di ogni forma di rappresentazione delle istituzioni stesse. Per questo noi non abbiamo timore di indagare lì dove avviene un'infiltrazione - questo è, non è una contaminazione - che oggi peraltro non ha quel retroterra di consenso, che pure aveva registrato nel corso degli anni settanta.
Il pericolo non ci sfugge, ma il rischio dell'infiltrazione è quel terreno scelto del tradimento della fiducia, della buona fede, dell'utilizzo della dissimulazione, della doppiezza. Queste sono le caratteristiche che hanno animato, anche nel corso della sua ricostruzione, signor ministro, questi soggetti, queste persone, che si sono in questo momento autoaccusate e accusate di attività eversive e sovversive. Sono nascosti nell'ombra ed è per questo, signor ministro, che lei non può avere dubbi sul fatto che vi sia una sostanziale e formale distinzione da quei terreni di costruzione di partecipazione che consentono anche al conflitto sociale di esprimersi.
Noi siamo intenzionati, nella manifestazione che ci sarà a Vicenza, ad avere la massima e più larga espressione popolare. Ed io penso che ogni associazione impropria di ciò che è rappresentato da una volontà soggettivista di infiltrazione di ogni forma di partecipazione democratica debba essere respinta collegialmente ed unitariamente dalle forze che riconoscono nel valore della democrazia l'elemento fondante della nostra Costituzione e del nostro vivere civile.
Per questo non può avere dubbi, signor ministro. Non li può avere, come noi non li abbiamo e non li abbiamo avuti in tanti anni nei quali la costruzione di un'opposizione sociale in questo paese si è determinata come forma non violenta di opposizione a quelle che erano strategie politiche e la nostra solidarietà umana e politica a tutti coloro i quali oggi sono vittime-obiettivo di questa strategia criminale non ha nulla a che vedere con la nostra idea politica e la nostra costruzione di un'alternativa che noi crediamo possa essere praticata anche attraverso la nostra partecipazione al Governo.Pag. 29
È, quindi, un disegno che va sconfitto, che va circoscritto, che va costruito, così come hanno fatto gli inquirenti milanesi, all'interno di un consenso comune. Quelli che vogliono il «tanto peggio tanto meglio», i terroristi, sono quelli che vogliono costruire un clima di intimidazione nei confronti di ogni lotta sociale. Certo, questo è un obiettivo secondario, ma, nel momento in cui si verifica, si indebolisce anche la stessa democrazia.
La CGIL è stata nel corso degli anni, insieme a tante altre forze sociali, protagonista di un'azione attiva di contrasto ed io penso che chi parla di contiguità, continuità e relazione con album di famiglia è figlio ed erede di una cultura che proprio è stata sconfitta negli anni settanta di contrapposizione e di odio politico, mentre le forze che, democraticamente, sapranno opporsi a questi disegni non confonderanno gli atteggiamenti che vanno ricondotti all'interno della dialettica democratica e quelli che, invece, appartengono ad una cultura estranea, contraria e sovversiva rispetto all'ordine democratico.
Sono stati sconfitti ieri da questa forza e da questa aggregazione e saranno sconfitti oggi. Non saranno le polemiche a sconfiggerli, ma l'attività preventiva investigativa e la capacità di rafforzare la nostra democrazia (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, L'Ulivo e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Casini. Ne ha facoltà.
PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, anzitutto vorrei associarmi ai colleghi che hanno espresso i propri complimenti alla magistratura, alle forze dell'ordine e la propria solidarietà alle potenziali vittime di questa azione, a partire dal quotidiano Libero, al professor Ichino, a Silvio Berlusconi a cui va tutto il nostro affetto in questa circostanza.
Nessuno, onorevole Migliore, vuole dividere lo Stato; nessuno può volere la strumentalizzazione di questi arresti a fini di parte. Solo dei dilettanti allo sbaraglio possono pensare - perché sarebbe pura irresponsabilità - che in questo Parlamento una parte conduce la lotta contro il terrorismo ed un'altra parte del terrorismo è complice.
L'unità del popolo, l'unità delle forze politiche, l'unità delle istituzioni contro il terrorismo è ciò che ci ha lasciato la terribile stagione degli anni di piombo.
Tutti noi, anche noi dell'opposizione che non siamo degli uomini primitivi, sappiamo bene il ruolo fondamentale che il sindacato e la sinistra hanno svolto nell'isolare i terroristi ed il terrorismo. Se pensassimo che un grande sindacato, come la CGIL, è complice e non vittima, vorrebbe dire che, nel nostro paese, vi è qualcuno che compie in modo scientifico un capovolgimento della realtà.
Ma noi abbiamo un dovere in questa circostanza: segnalare al ministro ed al Governo tutto ciò che non ci convince, perché non stiamo facendo della sociologia politica, non siamo dei predicatori. Allora, bisogna dire che qualcosa non funziona e che vi sono dei segnali pessimi!
Questi segnali rischiano di creare un humus all'interno del quale una nuova generazione si affaccia al terrorismo ed alla lotta armata. È vero che questi signori sono cinquantenni, ma è altrettanto vero che noi non sappiamo né possiamo ancora sapere quali implicazioni e quali pesci vi siano nelle reti che hanno gettato.
Segnali pessimi: lo dico con chiarezza, perché si tratta di segnali pessimi che vengono dalle istituzioni. Segnali pessimi: la richiesta della Commissione di inchiesta sul G8 di Genova. Segnali pessimi: le polemiche che ogni anno si fanno a Bologna, comprese le decisioni del suo partito, in ordine alla vicenda Biagi (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia e Alleanza Nazionale). La chiamo in causa direttamente perché il suo partito è stato autore di polemiche dissennate anche in questa circostanza.
Segnali pessimi: per carità, nessuno vuole impedire la redenzione; tuttavia, vi sono molti lavori che si possono svolgere e non si vede perché una ex terrorista Pag. 30debba trovarsi nelle stanze del ministero dell'interno, anche per un elementare fatto di rispetto verso gli altri (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia e Alleanza Nazionale).
Segnali pessimi anche da parte dei mass media. La nostra è una società che nega la parola alle vittime del terrorismo e mette sul palcoscenico i carnefici di ieri. Si tratta di un doppiopesismo inaccettabile (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania). Esso dà un esempio sbagliato ed indica una strada sbagliata.
Segnali pessimi: le manifestazioni in cui si offendono sistematicamente le forze dell'ordine.
Segnali pessimi, onorevole Caruso, come certe sue dichiarazioni ed il fatto che i lavori della TAV vengano bloccati con la violenza. Rispetto il fatto che qualcuno ritenga che la TAV non debba realizzarsi, anche se magari lo contrasto politicamente. Tuttavia, credo sia un pessimo segnale, che non si può accettare, il fatto che si ritenga di dover bloccare le strade con la violenza o i lavori con la violenza.
Segnali pessimi, onorevole Migliore, come quello che viene dato all'interno di tanti centri sociali dove è presente il culto verso atti violenti e vengono distribuiti volantini inneggianti alle occupazioni proletarie ed alla confisca di alcune proprietà. Si potrà dire che non si tratta di terroristi. Certo, speriamo bene che la maggior parte di queste persone non siano terroristi, tuttavia è in questo humus che si crea un clima di tolleranza eccessiva, mentre la nostra risposta deve essere di «tolleranza zero».
Non è possibile abituarci ad una legalità violata; non è possibile che alcune manifestazioni degenerino in modo patologico nella lotta violenta da parte non di piccoli gruppi, ma da parte di fasce sempre maggiori di manifestanti.
Caro ministro Amato, ho un timore e voglio esprimerlo con franchezza perché ritengo che lei sia un uomo di Stato, ed in questo caso intendo la «esse» maiuscola. Infatti, lei ha molta esperienza all'interno delle istituzioni e sicuramente anche l'opposizione sa che lei è una persona perbene. Tuttavia, non siamo predicatori. Nei giorni scorsi lei ha fatto una denuncia terribile sull'impotenza delle forze dell'ordine nel contrasto al fenomeno della droga e della cocaina. Resta il fatto che il segnale dato dal Governo in ordine al tema della tossicodipendenza è stato quello di aumentare la dose per alcune fasce.
Noi dobbiamo essere coerenti: se l'analisi è quella da lei fatta, se la fotografia è quella che noi facciamo, ebbene, allora vi deve essere una pratica di «tolleranza zero» anche da parte delle forze dell'ordine. Non ci si può rassegnare al male minore, all'occupazione di case che fa meno danni, alla violenza che in fondo non degenera. Così è accaduto anche negli stadi dove, di settimana in settimana, ci siamo abituati agli striscioni violenti - tollerati -, ai cori violenti - tollerati - ai piccoli disordini - tollerati - (in questo grande responsabilità hanno avuto anche le società sportive, ma non è questo il momento per approfondire)...
PIETRO FOLENA. E Forza Nuova?
PIER FERDINANDO CASINI. Certamente, onorevole Folena, atti da parte della destra fascista ricevono da parte mia eguale condanna rispetto a quelli dell'estrema sinistra. Se lei pensa di mettermi in imbarazzo evocando la destra fascista, francamente mi fa una cortesia, perché mi dà la possibilità di spiegare che l'estremismo va combattuto senza quartiere e senza guardare in faccia nessuno (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia e Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Maroni. Ne ha facoltà.
ROBERTO MARONI. Signor Presidente, signor ministro, vorrei esprimere il ringraziamento del gruppo della Lega Nord per la sua relazione, dettagliata e Pag. 31completa e per l'impegno del Ministero dell'interno, delle forze di polizia, in particolare del prefetto De Gennaro, per contrastare un fenomeno che, dalle sue parole, risulta essere un rischio vero per tante persone e per la democrazia.
Voglio esprimere di nuovo la solidarietà della Lega Nord alle forze dell'ordine e alle persone che sono nel mirino dei nuovi terroristi. Non intendo, come hanno fatto alcuni colleghi, polemizzare in quest'aula, anche se ci sarebbero molti elementi per farlo. Desidero semplicemente esprimere, se i colleghi me lo consentono, signor Presidente, visto anche l'argomento...
PRESIDENTE. Lei ha assolutamente ragione. Ne approfitto per invitare i colleghi a limitare i movimenti in aula, affinché il deputato Maroni possa svolgere il suo intervento senza essere così vistosamente disturbato (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Alleanza Nazionale).
ROBERTO MARONI. La ringrazio, signor Presidente, ma credo che tutti dobbiamo ascoltare, non per me, ma per l'argomento di cui stiamo parlando. Vorrei esprimere alcune forti preoccupazioni che rassegno al ministro e al Governo, indotte non solo dalla sua relazione, ma anche da ciò che abbiamo letto sui giornali in questi giorni.
La prima preoccupazione riguarda il fatto che questa nuova struttura delle Brigate rosse terroriste è diffusa soprattutto nell'area del nord, da Torino a Trieste, passando per Milano e Padova; soprattutto allarma la circostanza che, come lei ha detto, non si tratta di un'ala militarista, ma di una realtà che tenta di infiltrarsi nel tessuto sociale, coinvolgendo i giovani e il mondo della scuola.
Si tratta quindi di un pericolo più grave di quello rappresentato dalle Brigate rosse, che hanno colpito così duramente negli anni passati, un pericolo che riguarda il mondo del lavoro, il mondo produttivo, le piccole e le grandi imprese e le aree dismesse. Questa preoccupazione è così forte che noi crediamo che lei e il Governo dobbiate compiere uno sforzo elevatissimo, per evitare che si ritorni all'esperienza di molti anni fa, con quella saldatura tra il «brigatismo rosso» ed esponenti della cultura che ha generato la stagione di sangue che tutti noi conosciamo.
La seconda preoccupazione attiene alla sottovalutazione del fenomeno compiuta da una certa stampa di sinistra, in passato e in questi giorni. Un importante giornale della sinistra ha relegato gli articoli sul blitz in nona pagina, facendole precedere da una serie di notizie di cronaca di nessuna importanza o certamente di minore rilevanza rispetto a quel gravissimo fatto.
Si tratta di una sottovalutazione che non è solo di oggi, ma rappresenta una costante nella stampa della sinistra. Nel 2002, sullo stesso giornale, pochi giorni dopo l'omicidio di Marco Biagi, parlando delle Brigate rosse, si diceva: «(...) È lecito supporre che quelle che si presentavano come le nuove Brigate rosse, eredi dei leader dell'ultima leva, non siano che un gruppo molto ridotto, senza legami sociali, in grado solo di compiere omicidi isolati» (sottolineo l'espressione «omicidi isolati»).
Non vorremmo che questa sottovalutazione continuasse oggi e portasse a negare un fenomeno che invece esiste, in tutta la sua gravità.
Il terzo motivo di preoccupazione è l'infiltrazione nel sindacato. Il sindacato è certamente estraneo al terrorismo, e ne è stato spesso vittima. Sono stati ricordati alcuni esponenti sindacali trucidati dalle Brigate rosse, come Guido Rossa. Ma non c'è dubbio che in tutti questi anni - e non solo oggi - anche qui c'è stata una mancanza di controllo, c'è stata su una strizzatina d'occhio, qualche volta, nei confronti di questi esponenti.
Mi rifaccio sempre a notizie di stampa di qualche anno fa per dimostrare che non è un fenomeno di oggi: era brigatista e segretario della CGIL, condannato per banda armata, ora guida il sindacato rosso del Friuli, 26 marzo 2002. Sappiamo tutti che è facile infiltrarsi nel sindacato e farne una copertura per i propri scopi. È dunque Pag. 32altrettanto importante che il sindacato sappia erigere barriere, mettere filtri così forti da impedire le contaminazioni, per evitare che questi pericolosi criminali possano farsi bandiera del sindacato.
Infine, la preoccupazione maggiore è la continuità di questi episodi e di questa concezione della lotta contro tutto e contro tutti, se è vero - com'è vero - che, nonostante l'intervento della polizia e della magistratura, continuano ancora oggi le scritte inneggianti a questi pericolosi criminali.
Signor ministro, penso all'episodio da lei citato, relativo al tentativo di incendiare la casa del dirigente della Digos a Padova. Penso - lo ripeto - alle scritte sui muri. Questo significa che non sono criminali isolati. Significa invece che c'è un contesto, un ambiente che favorisce, protegge ed alimenta questa ala brigatista. Sono fuori luogo, quindi, le espressioni di giubilo di alcuni esponenti politici, del sindaco di Padova e persino del ministro Prodi.
Ci vuole più coraggio, signor ministro. Lei ha esposto i fatti, non ha detto cosa intende fare il Governo. La magistratura farà quello che deve fare. Ci vuole più coraggio da parte sua, ministro, da parte del Governo, da parte delle strutture periferiche. Occorre intervenire là dove si formano questi terroristi. Intervenire, chiudendo una volta per tutte quei centri sociali che sono vere e proprie centrali di formazione al terrorismo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Alleanza Nazionale) e che hanno dato e danno copertura a molti criminali assassini. Sono quei centri sociali che - come lei ricordava, ministro - si sono resi responsabili di episodi di violenza e di aggressione negli anni passati nei confronti di esponenti politici, tra cui anche molti esponenti politici della Lega.
Occorre finirla con l'indulgenza e con la doppia morale. Questi cosiddetti giovani spesso sono tutt'altro che giovani e tutt'altro che innocui. Vanno fermati, signor ministro. Le chiediamo di farlo con fermezza, prima che la loro mano assassina colpisca ancora altre vittime innocenti (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Evangelisti. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intendo in primo luogo esprimere apprezzamento per l'esposizione del ministro Amato, perché questa mattina non ci ha fornito il solito mattinale di polizia a cui talvolta siamo abituati o a cui qualche volta è obbligato lo stesso rappresentante del Governo perché le notizie sono coperte ancora da dovere di riservatezza.
Inoltre, il ministro non soltanto ha elencato i fatti di cui abbiamo avuto modo di leggere sulle agenzie e sui giornali, ma ha anche proposto un tentativo di analisi di ciò che è successo, di quello che stava succedendo e che sarebbe potuto succedere. Sono tante i passaggi che hanno colpito in questa sua ricostruzione, una ricostruzione che, probabilmente, finirà per l'essere un po' soffocata da alcune condivisibili valutazioni che sono venute dall'opposizione, ma anche da una certa rozza propaganda che, qualche volta, è emersa a compensare un qualche impaccio levatosi dalle fila della sinistra.
Dei due punti che il ministro ha ricordato e sottolineato, quello delle tesi del bollettino L'Aurora che hanno riscontrato una certa fertilità e del possibile ambito di fertilizzazione insieme alla denuncia degli spunti di ostilità nei confronti degli operatori di polizia, vorrei aggiungerne uno, forse, personale (anche se, probabilmente, non è soltanto personale, essendo, in qualche modo, già riecheggiato nel dibattito di questa mattina): l'aspetto che più ha colpito è stata la saldatura teorizzata e, in parte, realizzata tra vecchie e nuove generazioni. Leggendo di questi reduci del brigatismo, persino un po' poveri di idee e, fortunatamente, di mezzi, addirittura un po' imbranati e folkloristici in alcune loro escursioni sul fiume Lambro, quello che colpisce è che, comunque, sono riusciti a creare una rete di consenso, piccola, ridotta, ma, comunque, una rete di consenso, che c'è stata.Pag. 33
Proprio in questo collegamento fra i cinquantenni, gli epigoni dei vecchi brigatisti, e i ragazzi che hanno venti o trent'anni, vedo tutta la pericolosità della cellula individuata, nella quale si mescolano la propaganda e il reclutamento, la teorizzazione della lotta armata insieme all'impegno politico e sociale.
Mi hanno anche colpito molto - è stato giusto e sarà giusto riflettere - le dinamiche interne ai gruppi eversivi, fra le ali più propriamente militariste e quelle movimentiste. Tuttavia, pongo una domanda e la rivolgo prima di tutto a me stesso: ma, davvero, c'è una profonda diversità rispetto alle prime Brigate rosse? Non c'era anche allora il tentativo di affiancare alla lotta armata l'azione dei movimenti sociali? Non c'era anche allora il tentativo di infiltrazione nelle organizzazioni democratiche e nel sindacato? E non puntavano anche esse alla sollevazione delle masse, insieme o spinte e sprigionatesi dalla geometrica potenza che abbiamo conosciuto? Ecco, su questo vorrei che tutti discutessimo.
Come ho già detto, ci sono state valutazioni condivisibili che si sono levate anche dai banchi del centrodestra, però, dobbiamo sapere che l'obiettivo non è soltanto quello dichiarato dai cosiddetti prigionieri politici. Va certamente a Libero, certamente a Berlusconi, certamente al professor Ichino la nostra solidarietà, che estendiamo anche al dottor Pifferi e a tutti coloro che sono minacciati ma, se andiamo a leggere dentro l'obiettivo, ci sono anche Prodi e la stessa Rifondazione Comunista. Allora, dobbiamo ricordare che l'obiettivo vero dei brigatisti è la democrazia, la nostra democrazia! Siamo tutti noi obiettivo! Non possiamo, quindi, che lavorare insieme per togliere l'acqua ai pesci rossi del terrorismo. Per tale obiettivo, serve un'iniziativa che, prima di tutto, sia politica e culturale e che sia assunta dai partiti, dalle forze dell'associazionismo, ma anche dal sindacato stesso. Guai ad immaginare un sindacato in qualche modo coinvolto! Dieci iscritti su oltre cinque milioni di aderenti alla CGIL: sarebbe fare offesa alla nostra intelligenza! Il sindacato stesso, però, deve interrogarsi e capire perché ci sono questi tentativi di infiltrazione e perché ci possono essere queste attenzioni verso il movimento.
Dico questo rispondendo in qualche modo anche all'amico Sandro Bondi. Non sono espressioni scontate quelle che abbiamo ascoltato in quest'aula, il tentativo di una risposta che sia unitaria contro la minaccia terroristica, sia quando viene da sinistra, sia quando viene da destra, dall'interno o dall'esterno del nostro paese.
Anche qui davvero metto da parte la polemica sull'album di famiglia. Infatti, se andiamo a polemizzare su questo, anche nella stessa vicenda del professor Marco Biagi, sappiamo che ci sono state polemiche oggi e certo ve ne sono state anche ieri, in particolare su chi rifiutò di fornirgli la scorta. Si tratta di responsabilità che una democrazia talvolta ha nel non sapersi difendere.
Vado a concludere con il ringraziamento alle forze dell'ordine e alla magistratura che fanno il loro dovere sempre, onorevole Bondi. Visto che stiamo parlando di terrorismo, verrebbe da chiedere se sono stati mandati i fiori alla dottoressa Ilda Boccassini per l'azione intrapresa contro il terrorismo che ha impedito qualsiasi azione nei confronti dell'onorevole dottor Berlusconi...
Allora, gratitudine verso le forze dell'ordine e verso la magistratura, però vi deve essere anche la convinzione che sulla cosiddetta «pacificazione» sugli anni di piombo si debba mettere una pietra tombale.
Infatti, purtroppo, non siamo ancora fuori dalla nostra storia, in quanto ci sono ancora questi epigoni. Dunque, non ci può essere pacificazione né con il terrorismo rosso o nero, né con le organizzazioni criminali e le mafie che infestano ancora il nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Angelo Piazza. Ne ha facoltà.
ANGELO PIAZZA. Presidente, anch'io intendo, da un lato, esprimere il plauso al Pag. 34ministro dell'interno per la brillante operazione delle forze dell'ordine e, dall'altro, rilevare ancora la presenza nel nostro paese di frange terroristiche, pronte a recare morte e dolore per ragioni folli e per criminali ideologie. Quando poco fa il ministro Amato ha enunciato le forze dell'ordine, avremmo voluto un applauso unanime da parte di tutti i gruppi che compongono questa Assemblea.
Le nostre forze di polizia hanno operato - come osservato da molti - in via preventiva e hanno colpito prima che nuovo sangue innocente venisse sparso. Ad esse va quindi il nostro ringraziamento ed il compiacimento per la capacità e la prontezza dimostrate.
La scoperta di frange terroristiche attive può evitare un duplice errore di valutazione: da un lato, l'errore di valorizzare la presunta limitatezza della loro potenza di fuoco; magari non saranno le Brigate rosse che recarono terrore e misero a rischio, anni fa, le istituzioni democratiche. Tuttavia, si tratta comunque di frange terroristiche, pronte ad uccidere vittime innocenti. E neppure si deve sottovalutare il pericolo che i criminali arrestati in questi giorni e le organizzazioni sgominate siano viste come persone fuori dal tempo, per gli slogan datati o per le denominazioni che oggi appaiono quasi ridicole delle loro bande armate o per le motivazioni deliranti, quasi ripetitive, rispetto al passato.
La realtà è che si tratti di una questione più grave. Ancora, nel nostro paese, vi è chi intende la lotta alla politica come violenza e non fissa l'avversario come interlocutore, ma come nemico da annientare nel sangue. Inoltre, vi sono ambienti che tali criminali appoggiano e sostengono.
Vi è poi un elemento inquietante per tutti, ma in particolare per il nostro gruppo, la Rosa nel Pugno, che ha tra le proprie ragioni fondative un impegno per la modernizzazione del nostro sistema economico, la sua evoluzione in senso liberale e la difesa della concezione del mercato del lavoro che assicuri un superamento delle rigidità del passato, a favore dello sviluppo e della tutela dei non garantiti.
Questo elemento è la presenza del professor Ichino tra gli obiettivi dei terroristi criminali e di altri esponenti di quel mondo che dedica a questi temi il proprio impegno di studio, di proposta e di stimolo per le istituzioni.
Proprio del professore Inchino è l'idea da cui è nata la proposta, sottoscritta da noi e da tanti altri parlamentari della maggioranza e dell'opposizione, della modernizzazione del pubblico impiego verso l'obiettivo di una sua maggiore efficienza.
A quello stesso mondo scientifico appartenevano Marco Biagi, Massimo D'Antona e altri eroi massacrati dai terroristi, eroi ai quali va il nostro commosso ricordo, eroi che, in tanti casi (lo ricordo ai colleghi, in particolare al collega Bondi), appartenevano proprio al sindacato e alla sinistra.
Al ringraziamento alle Forze dell'ordine, alla solidarietà per tutte le vittime di allora e per gli obiettivi di oggi, aggiungiamo l'impegno, per loro e per tutti noi, di vigilare e contrastare ogni forma di violenza, di eccesso, ma anche di demonizzazione nei rapporti tra le forze politiche e le istituzioni democratiche del nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Tranfaglia.
NICOLA TRANFAGLIA. Signor Presidente, signor ministro, cari colleghi, sulla base di quanto abbiamo appreso dalla relazione, ma anche da altre notizie trapelate dai mezzi di comunicazione, sono convinto che ci troveremo in una situazione da guardare con attenzione, ma non paragonabile, per molti aspetti, alla storia del terrorismo negli anni settanta, giacché, effettivamente, il modo in cui si muovono coloro che si autodefiniscono «partito comunista militare combattente» ed il modo in cui hanno reagito alle perquisizioni e alle indicazioni non possono essere in alcun modo paragonati a ciò che è successo Pag. 35negli anni settanta. D'altra parte, il consenso che dimostrano di cercare nelle fabbriche ed in altri luoghi di lavoro, né per le dimensioni né per la forma, è paragonabile a quello che è successo trent'anni fa.
Tuttavia, ciò non può indurci a non tener conto dei pericoli che questa azione può determinare, perché, come ha notato il ministro Amato, esiste, da parte loro, una strategia su due piani che può essere pericolosa: non la lotta armata in quanto tale, ma un'azione di infiltrazione, sia nel sindacato sia nelle altre organizzazioni, e di convincimento presso una parte di giovani.
Qui interviene il secondo aspetto che dobbiamo sottolineare e che, a mio parere, è stato poco rimarcato negli interventi precedenti, vale a dire che la condizione di incertezza, derivante dalla precarietà e dalla difficoltà nell'immaginare il proprio futuro, determina un effetto su una parte dei giovani e può indurli ad intraprendere un'avventura, senza alcuna prospettiva di successo (per nostra fortuna!), come la lotta armata.
Da questo punto di vista, mi pare che i cinque anni trascorsi abbiano influito sulla condizione sociale del mondo del lavoro. Inoltre, mi sembra piuttosto comodo l'atteggiamento di chi non tiene conto della crisi economica che abbiamo trovato alla fine delle ultime elezioni e del tentativo del Governo di centrosinistra di modificare la situazione del mondo del lavoro e dell'economia, sia del nord sia del sud. Questo tema dovrebbe essere richiamato, se si vuole reagire con una strategia efficace nei confronti di questi episodi.
L'altro aspetto che mi ha molto colpito e che, a mio avviso, va richiamato, è il fatto che si sia parlato di cultura del terrorismo o di avvicinamento al terrorismo, come se in Italia tale fenomeno avesse riguardato soltanto la sinistra.
Invece, chiunque abbia studiato il periodo precedente, sia dal punto di vista della documentazione sia delle ricerche storiche, sa benissimo come in Italia tutto è nato da una strategia della tensione posta in essere da forze di destra, spesso d'accordo con una parte dei Governi centristi che si sono succeduti negli anni cinquanta e sessanta.
Non si può parlare, quindi, della sinistra come imputata dei fenomeni di terrorismo. Bisogna rimettere a posto le cose e sapere che tutto è iniziato da parte di una destra che non ha accettato la democrazia repubblicana.
Ricordo sempre che l'onorevole Paolo Emilio Taviani, un uomo dei Governi centristi, in uno dei suoi ultimi interventi, ha detto con chiarezza che i pericoli per lo Stato democratico in Italia non sono mai giunti dalla sinistra, ma sono arrivati sempre prima da tentativi di colpo di Stato o, comunque, da azioni terroristiche da parte della destra.
Ciò deve essere chiarito, perché altrimenti si ricostruisce una storia d'Italia che non corrisponde in nessun modo a quanto abbiamo accertato sulla stessa storia d'Italia.
Nello stesso tempo, devo dire che proprio ciò che è successo dovrebbe indurci a concentrare l'azione del Governo di centrosinistra per dare risposte al mondo del lavoro e soprattutto alle nuove generazioni, che possono vivere elementi di incertezza o, addirittura, di disperazione.
L'ultimo aspetto che vorrei richiamare è questo: negli ultimi cinque anni la politica della scuola e dell'università non ha in nessun modo favorito nei giovani l'idea di una società poggiata sul merito e sul lavoro dei giovani stessi. Sono stati introdotti elementi di disuguaglianza rispetto alla società, elementi assai contrari alla meritocrazia. Ciò, di nuovo, favorisce l'incertezza e la difficoltà dei giovani di accettare prospettive per il loro futuro.
Allora, o si interviene, sia dal punto di vista delle istituzioni educative sia dal punto di vista del mercato del lavoro, oppure pericoli come quelli che abbiamo avvertito nella relazione del ministro Amato li troveremo anche nei prossimi anni (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, il gruppo dei Verdi condivide pienamente la relazione che ha svolto in quest'aula il ministro dell'interno Amato. Ne condivide, in particolare, la ricostruzione storica accurata e aderente alla realtà, che quindi non ripercorro per ragioni di brevità.
Condividiamo anche la solidarietà espressa alle forze di polizia e di intelligence, alla magistratura e, ovviamente, in modo particolare alle potenziali vittime delle attività eversive. È già un grande risultato che in quest'aula tutti noi oggi possiamo usare l'espressione «potenziali vittime».
Signor Presidente, è completamente cambiato il contesto politico, sociale e culturale rispetto agli anni settanta e ottanta. Non esiste più quell'area di simpatia o di omertà, di falsa neutralità che negli anni settanta, purtroppo, in parte esisteva realmente, e che cominciò a incrinarsi sempre più a seguito delle reazioni popolari e delle prese di coscienza per gli omicidi Moro, Rossa, Bachelet, Galli, Alessandrini, fino all'omicidio di Giuseppe Taliercio e del povero Roberto Peci.
Esiste un terribile filo conduttore, inoltre, che lega l'attentato a Gino Giugni nel 1983, l'omicidio di Ezio Tarantelli nel 1985, l'attentato ad Antonio Da Empoli nel 1986, l'omicidio di Roberto Ruffilli nel 1988 (di cui, in quella legislatura, ero collega al Senato), l'omicidio di Massimo D'Antona nel 1999 e l'omicidio di Marco Biagi nel 2002.
Questo terribile filo conduttore porta fino ai progetti di attentato di questi giorni, per fortuna sventati, contro il professor Pietro Ichino (ricordo che egli, oltretutto, è stato mio e nostro collega, in questa Camera, nell'VIII legislatura), il quale si è comportato con grande intelligenza, forza morale e dignità politica.
Per chi si è ubriacato di ideologia, il nemico principale è chi opera per le riforme democratiche, per l'innovazione istituzionale e per la trasformazione sociale: questo è il filo conduttore delle vicende che ho testè ricordato. Dagli atti giudiziari e dalle cronache giornalistiche emerge, al tempo stesso, la pericolosità - negli obiettivi che il ministro ha puntualmente indicato -, ma anche, fortunatamente, la penosa fragilità di questo tentativo di riorganizzazione di un terrorismo di impronta movimentista, fuori dallo spazio e dal tempo.
Non esiste, oggi, più alcuna possibilità di attuare un progetto di lotta armata, nonché di realizzare un collegamento con le lotte sociali ed i movimenti collettivi. Forse in quest'aula qualcuno se lo è dimenticato, ma il conflitto, per una concezione liberaldemocratica dello Stato, è l'anima della democrazia politica, mentre la lotta armata ed il terrorismo, se mai prevalessero - ma non prevarranno! -, ne costituirebbero la morte.
Una cosa sono i collegamenti politici e sociali - che non ci sono, o sono del tutto marginali -, un'altra sono i possibili fenomeni di infiltrazione nelle fabbriche, in qualche università o in qualche realtà periferica. A tale proposito, voglio ricordare al ministro Amato (che penso condivida questo mio pensiero) che il miglior antidoto contro le eventuali infiltrazioni non è soltanto la necessaria vigilanza. Mi riferisco alla vigilanza da parte non solo degli organi dello Stato, ma anche delle forze politiche e dei movimenti collettivi, la quale è sempre necessaria, soprattutto per chi è socialmente più esposto.
Il miglior antidoto contro le eventuali infiltrazioni eversive, infatti, è soprattutto il rigore della linea politica, che anche nei conflitti sociali, pienamente legittimi, deve saper rifiutare ogni forma di avventurismo e di degenerazione. Ciò vale anche per la grande manifestazione popolare e democratica di sabato prossimo a Vicenza, la quale, per l'appunto, non dovrà dare il benché minimo spazio a preoccupazioni del genere (e di questo ne siamo certi).
In questa Assemblea, sfortunatamente, da parte di qualche esponente del centrodestra e dell'estrema destra non si è persa, purtroppo, l'occasione di strumentalizzare questo dibattito come occasione di divisione Pag. 37politica, di attacchi ideologici, di contrapposizioni francamente volgari e non degne del Parlamento della Repubblica. Usare il terrorismo e l'eversione come occasione di lotta tra i partiti e di divisione politica ed ideologica, infatti, è il più grande regalo che questi esponenti della destra possano fare a chi punta all'indebolimento della democrazia politica ed alla lacerazione del tessuto democratico.
Tale regalo al terrorismo e all'eversione alcuni esponenti della destra lo hanno fatto anche oggi, perfino in occasione di questo dibattito. Pensate se insistessimo più di tanto nel ricordare che un ministro dell'interno definì Marco Biagi, dopo avergli negato la scorta e dopo la sua morte, «un rompicoglioni» e dovette dimettersi! Pensate se volessimo insistere un po' di più su aspetti di questo genere!
Noi, tuttavia, non vogliamo scendere su tale terreno. Noi stigmatizziamo questo grave errore di divisione politica, che qualcuno ha introdotto in quest'aula, nel momento stesso in cui confermiamo la nostra solidarietà per l'attività delle Forze di polizia, dell'intelligence e della magistratura. Rinnovo, altresì, la nostra solidarietà non solo a tutte le vittime del terrorismo di ieri, ma anche a quelle fortunatamente solo potenziali di oggi. Mi sembra, tuttavia, che tale solidarietà non possa condurre, come qualcuno ha fatto in questa Assemblea, a coprire episodi di degenerazione che sono avvenuti nel passato, perché ciò rappresenta un'altra volta una strumentalizzazione di questo dibattito politico, che meriterebbe maggiore dignità.
Per una volta comunque, signor Presidente, signor ministro e colleghi, possiamo, con soddisfazione, non trovarci in quest'aula a piangere le vittime, i morti o i feriti. Per una volta, possiamo registrare, con soddisfazione, che le armi democratiche dello Stato di diritto si sono dimostrate più forti delle armi dell'eversione e dell'antidemocrazia.
Ciò, per noi Verdi, è un segno importante della forza della democrazia politica, che noi vogliamo non limitare, ma difendere e rafforzare sempre di più (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e L'Ulivo - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fabris. Ne ha facoltà.
MAURO FABRIS. Signor Presidente, signor ministro, colleghi e colleghe, italiane e italiani che ci ascoltate da casa, desidero innanzitutto ringraziare il ministro dell'interno per la relazione che ha svolto questa mattina, perché ci ha dimostrato come ci sia una straordinaria capacità da parte delle forze di polizia, della magistratura e dei nostri servizi di portare avanti nel tempo, con grande intelligenza e capacità, un'indagine così complessa, che è riuscita a portare alla cattura di alcuni pericolosissimi soggetti, che stavano riorganizzando la lotta armata e l'iniziativa delle Brigate rosse nel nostro paese. Perciò, desidero ringraziare sentitamente, attraverso il ministro Amato, le forze di polizia, la magistratura e, in particolare, la dottoressa Boccassini, nonché quanti hanno lavorato in questa direzione per dare risposte importanti, forti, che dimostrano che il nostro Stato c'è; che non è né inerme, né impaurito, né impreparato; che, anzi, ha recuperato una grande capacità di intervento e di prevenzione su un fronte così pericoloso come quello del terrorismo.
A volte quando discutiamo in quest'Assemblea sulle risorse, sempre sufficienti, che riguardano le nostra forze dell'ordine, evidentemente non teniamo nel debito conto quali prove queste ultime, insieme alla magistratura, siano costrette ad affrontare. Con le parole pronunciate quest'oggi dal ministro Amato in quest'Assemblea si dimostra che le nostre forze dell'ordine sono formate da persone assolutamente capaci e in grado di vincere le sfide gravi, che investono la tenuta della democrazia nel nostro paese e il regime democratico nel suo complesso. Ancora una volta, quindi, ringrazio e ribadisco davvero i complimenti per il lavoro che è stato svolto.
La relazione del ministro, inoltre, dimostra che la lotta al terrorismo non è Pag. 38vinta una volta e per sempre. Già altri colleghi, in quest'Assemblea, hanno ricordato i tempi duri trascorsi, che hanno visto lo Stato messo in difficoltà e all'angolo da forze terroristiche ed estremistiche. Forse ci eravamo illusi che, ormai, questo fenomeno in qualche maniera fosse stato posto sotto controllo, anche se omicidi più recenti hanno dimostrato che così non era. Ci eravamo illusi, forse, che ambienti di un certo tipo, se non contigui, fossero riusciti a isolare e ad estirpare definitivamente la mala pianta del terrorismo e di chi voleva e vuole minare la democrazia. Così non è.
Devo ricordare, però, signor ministro, che in quest'Assemblea nei mesi scorsi avevamo indicato come ci fossero pericolosi segnali di rinascita di un certo tipo di strategia e di attività politica strettamente collegate con la violenza politica. Avevamo denunciato episodi quali gli assalti compiuti, soprattutto nel nord Italia, ai danni di sedi istituzionali; le gravi contestazioni nei confronti dei ministri, le infiltrazioni nei comitati «No-TAV» e in quelli che occupano le case; le iniziative violente contro le attività intraprese dalle amministrazioni locali per mettere sotto controllo il fenomeno dell'immigrazione. A quest'ultimo riguardo mi riferisco in particolare, a quanto è accaduto a Padova con la costruzione del famoso muro - così è stato definito - con il quale si intendeva mettere in sicurezza un quartiere, in cui è presente una numerosa colonia di immigrati, che creano problemi di non poco conto all'ordine pubblico, soprattutto a causa dello spaccio della droga e della prostituzione.
Vorrei ricordare, ancora, quanto è accaduto in occasione di alcune manifestazioni cosiddette pacifiste, nel corso delle quali abbiamo assistito a segnali pericolosissimi in questa direzione, nonché altri episodi tra i quali l'assalto al ministro Damiano, a Venezia, durante un convegno sulla riforma del mercato del lavoro; l'assalto al Consiglio regionale del Veneto e le vicende accadute al nostro collega Ascierto e al padre di Matteo Vanzan, militare caduto a Nassiriya. Sono fenomeni che non avevamo sottovalutato e che, proprio in quest'Assemblea, erano stati oggetto di intervento e di comunicazioni da parte del Governo.
Da questo punto di vista, dunque, bisogna fare i conti una volta ancora con una sorta di brodo culturale, con una realtà culturale e politica, che deve sapersi misurare con questi nuovi problemi.
Qualche collega prima e anche il professor Tranfaglia, con una ricostruzione che condivido poco, hanno indicato come i germi di questo fenomeno si nascondano nel ripetersi di situazioni di disagio operaio, giovanile, abitativo ed altro. Questo può essere sicuramente vero, ma non significa che si debba avere alcun tipo di atteggiamento giustificazionista nei confronti di questa situazione. Credo che non si debba indulgere in questo senso, come abbiamo ascoltato ieri, ad esempio, da parte di qualcuno in occasione di analisi sulla vicenda tremenda, che ha descritto il ministro Amato oggi. Nel corso di tali analisi si è sostenuto che, tutto sommato, potrebbe trattarsi di una «bolla di sapone» che fa ridere - come ha detto questa mattina l'onorevole Caruso -, che non sono terroristi e che si tratta di vedere che cosa sono: insomma, che sono situazioni da sottovalutare.
Contestiamo in maniera molto pesante quello che questa mattina in un'altra intervista una persona non certamente di secondo piano del sindacato, come il segretario generale della FIOM, ha dichiarato sulla vicenda che interessa gli arrestati, come descritta dal ministro. Il segretario della FIOM è arrivato a sostenere che adesso il problema più importante sembra quello di essere garantisti con tali arrestati, così come lo si è stati con Berlusconi; ed ha aggiunto che, a lato della solitudine operaia, di fronte all'ingiustizia e ai malesseri sociali, quello che è capitato in qualche maniera si può comprendere.
Noi crediamo che il segretario generale della FIOM abbia veramente perso un'occasione importante per essere vicino a quello che ha detto anche il segretario generale della CGIL, Epifani, che invece con molta lealtà ha affermato che bisogna Pag. 39interrogarsi sulla presa che le vecchie parole d'ordine riescono ad avere ancora oggi sulle nuove generazioni di attivisti sindacali. Mentre il segretario generale Epifani si interroga, il segretario generale della FIOM in qualche maniera non fa questo tipo di analisi, non si chiede perché tutto questo sia capitato, perché all'interno della CGIL sia stato possibile che alcuni addirittura arrivassero ad essere eletti nel consiglio generale della FIOM, come appunto è capitato per uno degli arrestati in quel di Padova.
Il segretario generale della FIOM, Cremaschi, si pone il problema che ai terroristi arrestati oggi siano assicurate le stesse garanzie concesse a Berlusconi e a Dell'Utri. Allora, al segretario generale della FIOM, così come a tutti noi, ricordiamo ancora una volta che se il nostro Stato ha vinto più volte la battaglia contro il terrorismo, questo è avvenuto perché in questo paese abbiamo una saldezza democratica, un sistema di garanzie, un sistema giudiziario e democratico che, nel dare garanzie e certezze a tutti, ha saputo al tempo stesso sconfiggere e combattere il terrorismo con la durezza e fermezza che erano necessarie. Da questo punto di vista, vorrei fare due osservazioni finali.
Evidentemente, quello che capita è anche il frutto di un asprirsi del clima in questo paese.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MAURO FABRIS. Allora, signor Presidente, vogliamo invitare tutti in qualche maniera ad abbassare i toni, a mettere da parte la delegittimazione continua nei confronti dell'avversario politico: avversari sì, nemici mai! Da questo punto di vista, dobbiamo recuperare una notevole capacità e unità di intenti perché, se siamo stati capaci di sconfiggere una volta il terrorismo, credo che dovremmo essere di nuovo tutti insieme capaci di quest'azione (Applausi dei deputati dei gruppi Popolari-Udeur e L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, onorevole ministro degli interni, a nome del gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista Nuovo PSI, le voglio ricordare la famosa teoria dei pesci rossi, pensata proprio per le Brigate rosse. Secondo tale teoria togliendo l'acqua dalla vaschetta i pesci muoiono, anche se rossi. Naturalmente per acqua si intendono tutte quelle ideologie, dottrine, comportamenti, azioni, cattivi maestri, strutture e luoghi che possano costituire per la loro peculiarità il terreno di coltura del virus brigatista, pericoloso né più né meno come l'influenza aviaria. Credo in questa teoria e, anzi, sostengo che è proprio questo l'unico elemento politico di cui si possa discutere in Parlamento. Siamo infatti a ringraziare lei, le forze dell'ordine e i nostri servizi per quanto hanno fatto con la brillante operazione «Tramonto», che ha assicurato alla giustizia quindici criminali politicizzati e cgiellini, che avrebbero dato ulteriori lutti al paese. Queste nuove Brigate rosse non sono, signor ministro, di seconda linea. Al di là di questo grande riconoscimento, il Parlamento prende atto di una efficace operazione di polizia, ma deve porsi un'altra domanda: cosa non funziona o è oscuro alla nostra società? Come mai l'Italia è rimasto l'unico paese al mondo dove si uccide ancora in nome del comunismo?
Forse al Governo del paese ci sono ancora i comunisti? Forse alla guida del maggior sindacato italiano ci sono dei dilettanti allo sbaraglio? Tra i tanti immemori di questo passato rosso, anche di sangue, che ritorna a sinistra, i sindacati di questa pseudo-sinistra hanno spesso maneggiato il passato terrorista come una storia finita per sempre, tanto da aver dichiarato, di fatto, una loro unilaterale pacificazione storica tra eversione e italiani, portando a responsabilità politiche di primo piano numerosi ex brigatisti, che erano stati coinvolti negli anni di piombo.
Qualche esempio in proposito bisogna farlo, a sinistra come a destra: capita di scoprire, tra agli ospiti di riguardo di qualche festival rosso, anche ex brigatisti mai pentiti, Renato Curcio per primo; allo Pag. 40stesso modo, il meeting di Comunione e liberazione a Rimini ha dedicato una mattinata al faccia a faccia tra Francesca Mambro dei NAR, condannata all'ergastolo per la strage di Bologna, e Nadia Mantovani, una dei fondatori delle Brigate rosse. Le famiglie delle loro vittime si sono indignate, ma il dibattito c'è stato, applausi compresi.
Sono errori gravi, prima di tutto perché inducono ad una sensazione raggelante che il pentimento, il perdono e il trascorrere del tempo siano detersivi capaci di sbiancare o sbianchettare anche il sangue; poi, perché ingenerano nelle bande in attività la certezza di avere davanti un nemico snervato, senza convinzioni forti, impotente a tenere alta la guardia.
Come ha brillantemente scritto il giornalista Pansa, esiste anche un'altra breccia pericolosa nella difesa della legalità repubblicana, che riguarda una parte della sinistra italiana, sempre affetta da «struzzismo», perché mette la testa sotto la sabbia per non vedere ciò che non gli fa comodo. Trent'anni fa gli struzzi di sinistra fingevano di non capire che cos'erano le Brigate rosse e strillavano che erano nere, fascisti travestiti, agenti pagati dalla CIA e dai servizi israeliani: fu un auto-inganno tragico e grottesco, che ritardò la nascita di un'alleanza generale contro le bande.
Ho l'impressione che la malattia stia riemergendo, come il pacifismo «senza se e senza ma», l'antagonismo radicale, l'avversione totale per Silvio Berlusconi, la ripulsa del revisionismo e del riformismo, ritenuti peccati mortali, l'odio contro Bettino Craxi e i socialisti riformisti, la tolleranza nei confronti del ribellismo giovanile, quando addirittura si eleggono, si sostengono e si portano al Governo un movimento antagonista, che è impresentabile al buonsenso degli italiani, o familiari di violenti.
Infine vi è l'illusione che il comunismo possa rivivere mondato, spogliato di tutti i suoi errori, e di nuovo considerato come l'unico sistema in grado di creare un mondo di liberi e di giusti. Questo è il catalogo, onorevoli colleghi.
Ecco dunque dov'è il problema politico: questa sinistra massimalista e antagonista ha sempre in bocca un astratto pacifismo, ma allo sesso tempo considera i furti nei negozi come espropri proletari, l'occupazione come un diritto, mentre slogans come «Una cento, mille Nassiriya!» echeggiano in cortei dove sfilano sottosegretari, ministri e segretari di partiti, che hanno sempre pronta la famosa dichiarazione sui quattro imbecilli; allontana da un corteo della memoria il padre del sindaco di Milano, Letizia Moratti, deportato in un campo di concentramento; presenta come parlamentari persone, che sarebbero moralmente impresentabili anche in un'assemblea di condominio; pensa che l'occupazione antibrigatista del nord Italia sia stata fatta apposta per intimidire la manifestazione di Vicenza; che i centri sociali siano luoghi di scambio artistico e culturale, mentre i centri di accoglienza per clandestini sono delle Guantanamo italiane; che Hezbollah ed Hamas siano organizzazioni patriottiche; che i negozi distrutti a Genova e a Milano siano la giusta conseguenza del fatto che anche i ricchi devono piangere per salvare il mondo; che al leader massimo Fidel Castro si possano fare in piena coscienza gli auguri di buon compleanno; che i lavoratori debbano essere sempre in lotta con qualcuno; che gli americani, in fondo, si sono meritati l'11 settembre!
Potrei andare avanti ancora per molto. Allora chiedo a lei, signor ministro, che ha avuto un glorioso passato di socialista, un segnale con cui misurarsi: chiuda i centri sociali, dia un chiaro segnale di cambiamento al paese, chiuda con coraggio i luoghi dove è messa in pericolo la sicurezza del paese e dei cittadini! Stabilito che, secondo il rapporto del Ministero dell'interno, questi centri sociali per il 50 per cento sono stati giudicati ampiamente pericolosi ed eversivi, mi chiedo come la sua autorità possa ancora permettere la loro esistenza nel paese! E poco vale, a mio giudizio, il fatto che tali centri servano per controllare meglio i brigatisti.
Signor ministro, chiuda certe cellule della CGIL e non chiuda solo gli stadi! Pag. 41L'Italia non può permettersi riserve speciali di illegalità, tenute in vita dallo Stato per attuare meglio brillanti operazioni di intelligence.
In conclusione, signor ministro, si confronti apertamente su questo tema con questa sinistra massimalista e pacifista e metta alla prova la loro responsabilità: chiuda i centri sociali e non gli stadi e il paese capirà che nel suo Governo lei, signor ministro, in qualità di ex socialista riformista, inizia a fare sul serio; chiuda i centri sociali e non gli stadi e sarà una atto di giustizia postuma alle tante vittime del terrorismo rosso dimenticate dallo Stato; chiuda i centri sociali e non gli stadi e inizieremo a fare chiarezza sulla rotta democratica della nostra Repubblica e intervenga duramente e puntualmente contro i cortei «anti-TAV» e «anti-Vicenza», se violenti, e allora dimostrerà di avere le «palle»! Pensi a Bettino, a cosa avrebbe fatto in queste occasioni, lui che le «palle» le aveva veramente! Faccia ciò perché è socialista riformista come il sottoscritto e l'onorevole Del Bue, che è qui al mio fianco (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista)!
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, almeno il linguaggio!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Neri. Ne ha facoltà.
SEBASTIANO NERI. Signor Presidente, chiedo al ministro dell'interno un minimo di attenzione, visto che il regolamento mi impedirà di annoiarlo per più di quattro minuti. Infatti, abbiamo notato l'insofferenza con la quale ha guardato l'orologio durante gli ultimi interventi! Tuttavia, riteniamo di poter avere la legittima pretesa di esercitare, analogamente ai colleghi che ci hanno preceduto, le nostre prerogative di parlamentari.
Occorre considerare le ragioni per le quali riemerge un fenomeno terrorista e perché lo stesso non deve essere sottovalutato. Infatti, questo fenomeno, come in tutte le altre occasioni in cui è riaffiorato, fa riferimento ad un momento di debolezza istituzionale che si appalesa come tale - e probabilmente è tale - e che, da un lato, concede spazio all'illusione dell'eversione e, dall'altro, incoraggia spesso quelle devianze interne che sempre hanno accompagnato la capacità di organizzarsi delle cellule terroristiche.
Probabilmente, non è un caso che riaffiorino in questo momento perché, al di là dei programmi e dei tentativi di compattamento, questo Governo non è più assistito dal consenso del paese e non ha una maggioranza coesa che sappia rappresentare ai cittadini le ragioni della politica e della progettualità.
Ci troviamo nella stessa situazione che ha caratterizzato la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta e che poi ha determinato svolte politiche importanti dalle quali non siamo ancora usciti in termini di stabilità. Una cosa è stata vera e va sottoscritta: il terrorismo non deve essere usato quale argomento dialettico di contrapposizione contro quelli che possono essere gli avversari politici di oggi. Infatti, la spaccatura del mondo politico e la contrapposizione su questo tema è esattamente ciò che intendono determinare queste bande armate.
Il terrorismo è fenomeno da condannare unanimemente, rispetto al quale tutti abbiamo il dovere politico, morale e sociale di fare la nostra parte. Questo è ciò che noi, oggi, dobbiamo far emergere dal dibattito.
Tuttavia, al di là di alcune enfatizzazioni che non mi hanno entusiasmato perché deve essere ricercata una convergenza generale di impegno istituzionale contro il terrorismo, è affiorato in altri interventi della contrapposta parte politica che sostiene l'attuale maggioranza di Governo, signor ministro, un atteggiamento giustificazionista che ha rivalutato i centri sociali.
Certamente, non debbo dire a lei di guardare con attenzione le relazioni degli organi di polizia e quelle dei nostri servizi per sapere come stanno esattamente le cose. È un giustificazionismo storico-sociale retorico che rappresenta l'anticamera Pag. 42dei «compagni che sbagliano», e cioè è l'anticamera della necessità di trovare, comunque, una giustificazione di disagio sociale o di contrapposizione politica all'atteggiamento di chi non fa politica nel momento in cui fa il terrorista, ma è soltanto un pericoloso delinquente e come tale va trattato.
PRESIDENTE. Deve concludere.
SEBASTIANO NERI. Ho finito il tempo, signor Presidente?
PRESIDENTE. Mancano pochi secondi.
SEBASTIANO NERI. Ciascuno assuma con chiarezza davanti al paese le proprie responsabilità. Aver portato gli epigoni del terrorismo di ieri nelle istituzioni e, financo, dentro i ministeri non è un segnale incoraggiante per il paese. Si riconosca, oggettivamente, che in tutta quell'area...
PRESIDENTE. La prego, deve concludere.
SEBASTIANO NERI. Concludo subito, signor Presidente. Dicevo che in tutta quell'area che oggi fa riferimento ad un estremismo che sembra verbale ma non lo è vi è il terreno di coltura.
Le chiedo, signor ministro: se, sabato, andassi a Vicenza, imbardato con una bandiera americana, ritiene che sarei oggetto soltanto di civilissimi fischi di contestazione o dovrei temere, come l'ambasciata americana ha ripetuto ai suoi concittadini...
PRESIDENTE. Deve concludere.
SEBASTIANO NERI. ... per la mia incolumità fisica?
Allora non è possibile condannare le ragioni dell'azione e condivide l'azione. Bisogna avere una coerenza di fondo. Se unità vi dev'essere...
PRESIDENTE. Deve veramente concludere. Ha terminato nettamente il tempo a sua disposizione.
SEBASTIANO NERI. ...contro il terrorismo, questa unità deve partire dal Governo ed arrivare ai singoli parlamentari ed ai singoli cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15 con lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
La seduta, sospesa alle 13,45, è ripresa alle 15.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI