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Discussione sulle comunicazioni del Governo (ore 10,10).
(Discussione)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Governo.
Il primo iscritto a parlare è il deputato Del Bue, al quale ricordo che ha dodici minuti di tempo a disposizione.
Ricordo, inoltre, a lui e a tutti gli altri deputati iscritti a parlare che, a trenta secondi dalla fine del tempo a disposizione, avvertirò con un suono del campanello.
Prego, deputato Del Bue, ha facoltà di parlare.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente del Consiglio dei ministri, comprendo bene il suo sospiro di sollievo per il voto di ieri al Senato, ma, come del resto sostengono oggi tutti i commentatori politici sugli organi di stampa, non credo che esso sia stato risolutivo.
La crisi della sua maggioranza nasce, infatti, dall'interpretazione stessa del voto dell'aprile scorso. Le elezioni si erano concluse con un risultato di sostanziale parità. La legge elettorale aveva permesso l'acquisizione di un premio di maggioranza alla Camera dei deputati e, col voto degli italiani all'estero - chi è causa del suo mal pianga se stesso! -, l'Unione aveva ottenuto due seggi in più al Senato, dei quali uno sostanzialmente sempre in bilico tra le pampas argentine e il sole «de Roma» e un altro perso per strada dopo l'acquisizione di una presidenza di Commissione con i voti dell'opposizione.
Ciononostante, l'Unione decretò la sua vittoria, la festeggiò a denti stretti dopo ore di incertezze e palpitazioni e continuò Pag. 2ad affermare, anche dopo defezioni e prove di maggioranza stentate, di avere diritto a governare l'Italia anche con il voto determinante di una parte dei senatori a vita. Negò la realtà, come fece quel giornale sportivo nel 1959 che, dopo una prova della nazionale italiana in Inghilterra, titolò a tutta pagina: «Grande successo italiano per due a due».
Credo che questo atteggiamento sia il logico risultato della pervicacia di un gruppo dirigente che aveva scommesso sé stesso su una vittoria che bisognava comunque decretare. Solo Massimo D'Alema, dopo le elezioni, introdusse valutazioni autocritiche e riconoscimenti all'opposizione e al suo leader; valutazioni poi subito rientrate. E l'Unione scartò immediatamente l'idea, che invece aveva già preso piede in Germania, di procedere alla formazione di un Governo di ampie intese, data l'esiguità e la precarietà di una maggioranza numerica: l'orgoglio sostituì il rispetto della verità e la supponenza fece il resto.
Dunque, non è una sorpresa che, nel giro di poche settimane, il Governo sia finito due volte in minoranza al Senato e per di più sui temi della politica estera, quelli oggi più qualificanti e rilevanti in un paese europeo. Prima la commedia su Vicenza e l'ordine del giorno che approvava la relazione del ministro della difesa, votata dall'opposizione, poi la mozione sulla politica estera, pretesa dal Presidente della Repubblica come verifica della tenuta della maggioranza clamorosamente sconfitta.
Ma anche se il Governo avesse una maggioranza numerica leggermente più ampia, signor Presidente, resterebbe la questione della sua eccessiva eterogeneità che lo rende assai debole ed esposto a rischi continui; a rischio cortei, sit-in, occupazioni, manifestazioni, tutto ciò insomma che una sinistra di piazza oppone sempre ad una sinistra di Governo: da Vicenza ai cantieri della TAV, fino ai rigassificatori, ai no global e alle sfilate pacifiste, la sinistra di piazza non può, alla fine, non condividere.
Guardate, non penso affatto che un Governo non debba saper ascoltare, dialogare, e anche, talvolta, cambiare idea alla luce di sollecitazioni e proposte che provengono dal basso, ma un Governo non può, nel suo seno, contare su una componente che sempre ne contesta le decisioni quando esse si contrappongono a quelle della piazza e al suo diritto di veto.
Filippo Turati, il padre del riformismo socialista, ebbe modo di schierarsi apertamente contro il primo sciopero generale proclamato dai sindacalisti rivoluzionari nel settembre del 1904, definendolo un errore e un pericolo. Bettino Craxi seppe sfidare il massimalismo della componente comunista della CGIL nel 1985 sul tema della scala mobile, vincendo un delicato referendum. Il riformismo è anche assunzione di responsabilità e si distingue dal massimalismo, dal populismo e ancor più dal rivoluzionarismo, perché non è mai subalterno agli estremismi e non ha paura di sfidare l'umore che appare prevalente tra le masse, quelle meno silenziose.
Per questo non ho esitazione a sostenere che una parte cospicua del suo Esecutivo, signor Presidente, non ha una cultura riformista e, aggiungo, neppure una cultura occidentale. Non so se il ministro D'Alema abbia davvero pronunciato quelle parole su una sinistra che danneggia il paese; se non lo ha fatto, quelle parole le faccio mie. D'altronde, non per spezzare una lancia a favore dei danneggiatori, la sinistra radicale è sempre stata coerente e chiara. Voi l'avete utilizzata per tentare di vincere le elezioni, ma sapevate benissimo quali erano le idee di Giordano, Diliberto e Pecoraro Scanio. Lo sapevate perché gli stessi le avevano apertamente sostenute in Parlamento e anche perché nel lungo programma dell'Unione, così tanto decantato e che oggi avete avvertito l'esigenza di accorciare, sintetizzare ed anche modificare, la sinistra radicale non aveva consentito di trovare l'accordo proprio sul tema dell'Afghanistan e della TAV, sui quali il «programmone» era così lacunoso e il «programmino» di oggi pare porvi rimedio.Pag. 3
Si dirà: ma il Governo non è andato in minoranza perché la sinistra radicale gli ha votato contro: si è trattato solo di un paio di defezioni. Sì, ma se sommate al paio di defezioni, quelle di due senatori che almeno hanno avuto il coraggio delle loro idee e sono stati così tanto contestati, bistrattati e addirittura minacciati - a loro va la mia umana solidarietà -; se sommate ai «Rossi» e ai «Turigliatto» tutti coloro che votavano con il mal di pancia, coloro che votavano solo per disciplina di partito e di coalizione, coloro che, dopo aver votato, quasi come per emendarsi di un peccato, hanno dichiarato la loro volontà di dimettersi per non compiere il sacrilegio di abiurare la loro «religione»; se sommate anche coloro che, come spesso ricorda il segretario del PDCI, sono in dissenso assoluto sulla missione in Afghanistan ma non vogliono far tornare Berlusconi, allora ditemi se questo Governo può contare su una maggioranza politica!
Un pregiudizio antioccidentale non può sorreggere il cammino di un Governo in Occidente e in Europa. Non accade in nessuna altra nazione. Noi abbiamo indicato al Presidente della Repubblica, come soluzione ideale della crisi numerica e politica del Governo, la strada maestra, che già indicammo subito dopo il voto di primavera, cioè la costituzione di un Governo di ampie intese, allora già esistente nella sola Germania e oggi diffusosi anche in Austria e in Olanda. Oltretutto, in Italia tale soluzione sarebbe assai utile per uscire definitivamente dalla fase aperta con la rivoluzione giudiziaria e per fondare davvero una seconda Repubblica, che non è mai nata. Certo, ha ragione il Presidente della Repubblica, quando sottolinea che il conflitto politico in Italia è il più aspro d'Europa. Da un lato, si considera Berlusconi illegittimo come avversario; dall'altro, si considerano gli ex comunisti iscritti al partito socialista europeo, ma ora però non si sa per quanto, addirittura pericolosi per la democrazia e si considerano le elezioni un colossale imbroglio, un colpo di Stato, come le ha definite in televisione l'onorevole Bondi.
Così non si va da nessuna parte. Questo bipolarismo non è la soluzione della crisi: è la ragione della crisi del nostro sistema politico e di governo. È un bipolarismo multipartitico, che si basa sul potere condizionante degli estremi, che serve solo per vincere e a volte neppure per questo, ma non certo per governare. Da un lato, abbiamo la sinistra radicale, che condiziona quella riformista; dall'altra, Forza Italia e Alleanza nazionale, che devono controllare la Lega e hanno perso per strada l'UDC. Noi indichiamo un modello politico europeo. Siamo per la soluzione dell'anomalia italiana. Siamo il solo paese dove rinasce il terrorismo politico, il solo paese dove si apra un conflitto tra Stato e Chiesa su vicende risolte in tutte le altre democrazie, quali quelle dei diritti delle coppie di fatto, peraltro scomparse dagli impegni del Governo.
Siamo l'unico paese europeo dove si rilanciano slogan, quali «yankee go home», e non certo per problemi urbanistici della città di Vicenza! Siamo l'unico paese dove dovrebbero sorgere due partiti, il partito democratico e il partito delle libertà, assolutamente sconosciuti in Europa. Il caso Italia resta affidato a molteplici anomalie. Il superamento del fattore K si è imbattuto in tangentopoli e la miscela generata è stata la nascita di un sistema politico meno qualificato sul piano delle identità e assai meno portato alla governabilità dell'Italia.
Signor Presidente del Consiglio, ho letto attentamente sia la sua relazione svolta al Senato sia il suo decalogo. Capisco l'esigenza di una riforma elettorale; sappia, però, che se si continua a ritenere che il corpo elettorale dovrebbe scegliere - così come lei ha scritto - delle coalizioni, esso si pone fuori dal modello che, almeno per quanto ci riguarda, risulta il più confacente alle esigenze del paese: quello proporzionale di tipo tedesco.
Se vogliamo superare questo bipolarismo «bastardo», non c'è altra via d'uscita ad un sistema che permetta ad ogni forza politica di presentarsi singolarmente, accentuando la sua identità e accorpando, eventualmente, i suoi simili e, poi, solo Pag. 4dopo le elezioni, la costruzione di coalizioni tra partiti che possano individuare un programma comune. Se, invece, volete rilanciare questo bipolarismo, fondandolo su coalizioni delle quali nemmeno l'eventuale nascita del partito democratico e del partito delle libertà riusciranno a fare a meno, allora tornerete daccapo e la governabilità dell'Italia si farà sempre più difficile. Aggiungo che mettere nel calendario delle cose da fare immediatamente la riforma elettorale è un po' come ammettere di considerare le elezioni già all'ordine del giorno: penso che non debba essere così.
Penso anche che proprio lei, signor Presidente del Consiglio, avrebbe potuto e forse dovuto assumere un'iniziativa senza rinchiudersi nel recinto troppo angusto e accidentato della sua maggioranza. Lo so, lei è persona d'una sola parola e gliene do volentieri merito; però, l'interesse generale del paese è molto più importante del nostro orgoglio personale. Anche Angela Merkel aveva promesso ai suoi elettori un Governo alternativo a quello di Schroeder e così aveva fatto Alfred Gusenbauer in Austria e Jan Peter Balkenende in Olanda. Eppure costoro hanno preferito annunciare un accordo con i loro avversari piuttosto che puntare a nuove elezioni.
Per di più, avevate conclamato la fine delle ostilità, ma non erano passate che poche ore e già venivano sparate nuove cartucce.
I dodici punti sono dodici come gli apostoli, ma le ricordo che neppure loro hanno impedito a Gesù di finire sulla croce. I Dico non ci sono: Pannella e Boselli hanno protestato e io mi unisco alla loro protesta. Ci sono le pensioni, ma il PDCI sostiene che non si deve toccare l'età pensionabile. Si farà la TAV, ma Giordano dice testualmente che bisognerà valutare soluzioni alternative. Pecoraro Scanio esclude tassativamente il rigassificatore di Brindisi, implicitamente incluso nel punto quattro del dodecalogo. Ferrero ribadisce l'intenzione di cancellare i CPT e Rutelli di intestarsi le liberalizzazioni. Mentre Rossi e Turigliatto si inventano la fiducia a distanza: dicono «sì» ma ripetono che, tra qualche giorno, ripeteranno «no» alla missione in Afghanistan.
Lei, Presidente, che ha chiesto pieni poteri, mi ricorda un po' Leon Blum quando disse ai comunisti francesi, da socialista supino: io sono il vostro leader, dunque, vi seguo.
Le faccio ugualmente tanti auguri: glieli ho rivolti dopo le elezioni, in occasione della fiducia; glieli rivolgo anche oggi, a fronte della fiducia-bis che poggia sul programmino dei dodici punti, sulla ritrovata coesione di una maggioranza minima, che però non smette di litigare e che poggia sui nuovi convincimenti, sempre rispettabili, del senatore Follini e sulla decisione sofferta del senatore Pallaro che, come Penelope cambiava la tela fra il giorno e la notte, cambia il suo voto, visto che il Presidente della Repubblica vi aveva chiesto una maggioranza senza i senatori a vita.
PRESIDENTE. La prego, deve concludere.
MAURO DEL BUE. Ricordatevi anche di quell'avverbio «stabilmente», che è così caro al Presidente. Tanti auguri, ma non posso dire a presto. Non credo che ci sarà un'altra volta, lo sapete bene (Applausi dei deputati dei gruppi Democrazia Cristiana-Partito Socialista e Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Nicco, al quale ricordo che ha quattro minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
ROBERTO ROLANDO NICCO. Signor Presidente del Consiglio, colleghi e colleghe, la crisi è avvenuta su uno degli aspetti essenziali della politica di un Governo: la politica estera. Vorremmo quindi, innanzitutto, manifestare accordo sulla strategia delineata: sicurezza comune europea, multilateralismo, rapporto positivo con gli Stati Uniti (aggiungiamo, senza sudditanza o subalternità).
È questa l'occasione anche per ragionare su altri temi.Pag. 5
Nel suo discorso, il Presidente Prodi ha toccato un punto per noi particolarmente importante: le relazioni tra i differenti livelli di governo, tra lo Stato centrale e il sistema delle autonomie. Noi riteniamo che senza federalismo politico non si possa coerentemente parlare di federalismo fiscale. E federalismo politico significa, intanto, come si legge nel programma di Governo dell'Unione, «(...) realizzare un efficace bicameralismo differenziato, attraverso un Senato che sia luogo di effettiva rappresentanza delle autonomie territoriali». Se, come crediamo, a questo si riferisce il Presidente, quando indica la necessità di «portare finalmente ad equilibrio virtuoso il rapporto tra lo Stato, le regioni e le altre articolazioni territoriali che esprimono la ricchezza di un paese pieno di potenzialità e di capacità, anche attraverso una modifica della composizione stessa del Parlamento», non possiamo che essere d'accordo.
Abbiamo poi particolarmente apprezzato l'esplicito impegno del Governo «a dare rapida attuazione alla parte del programma che riguarda le minoranze linguistiche e le autonomie speciali», di cui il passaggio in aula della proposta di legge sulla modificazione degli statuti tramite la procedura dell'intesa è il punto centrale.
In quanto rappresentanti di una specifica realtà territoriale, abbiamo anche colto questo passaggio per una verifica dell'accordo programmatico siglato tra l'Alleanza autonomista-progressista della Valle d'Aosta e l'Unione. In questi primi nove mesi di lavoro comune, abbiamo posto le basi, nell'ambito di un confronto serrato, per la realizzazione di quel programma di cui, nella memoria scritta che abbiamo consegnato in questi giorni al Presidente, sono focalizzati i punti prioritari: dall'edilizia universitaria agli interventi infrastrutturali nel settore ferroviario e stradale, dalla rapida approvazione delle norme di attuazione, già licenziate dalla commissione paritetica, alla difesa delle prerogative statutarie rispetto dell'Unione europea. Si tratta ora di passare rapidamente alla concreta realizzazione di quei punti.
Bene ha fatto il Presidente a sottolineare alcuni significativi dati positivi dell'economia, ma proprio ciò rende tanto più sconcertante ed assurda questa crisi. Non di questo ha bisogno il paese, ma di stabilità politica e di governabilità di lungo periodo.
Il Presidente ha dato atto di un chiarimento politico avvenuto tra le forze della maggioranza. Auspichiamo che sia reale e duraturo, che non si riproducano «le fibrillazioni» che hanno caratterizzato questi mesi e che la maggioranza sappia operare sulla base di un confronto, anche serrato, nel merito delle differenti questioni, ma senza quella «accentuata litigiosità» - per usare le parole del Presidente - che è frutto spesso della pura necessità di effettuare dei distinguo per dimostrare la propria esistenza e che, alimentata da un diluvio di esternazioni, si trasforma poi talvolta in improduttive crociate ideologiche.
Altro si attendeva e si attende chi ha dato il proprio voto a questa coalizione, altro senso di responsabilità. Ci siamo chiesti: perché porre con tanta urgenza e determinazione la questione dell'indulto, sapendo che avrebbe creato divisioni nel paese e nella maggioranza e sospette trasversalità? Perché lacerarsi per mesi su temi quali l'allargamento della base di Vicenza o le unioni civili, per di più, ostinatamente, con iniziativa del Governo e non parlamentare? Temi rispettabili, a cui occorre dare adeguate, magari pragmatiche soluzioni, ma che, certo, non sono al primo posto nelle preoccupazioni dei cittadini.
Ci sono indubbiamente questioni di metodo e di merito da mettere a punto e questa crisi può essere l'occasione per farlo. Da un lato, mai più dovrà esserci un comma 1343, tutt'altro che un refuso tipografico, ma emblema di una politica intesa come furberia, che respingiamo; dall'altro, è essenziale una maggiore sintonia con i cittadini e le categorie. Le riforme per modernizzare il Paese sono necessarie e vanno fatte, ma devono essere costruite sul consenso a partire dal «Bersani-bis». Pag. 6Le scorciatoie venate di giacobinismo sono in genere poco produttive.
È su questa base, di ordine generale e specifico, che rinnoviamo a lei, signor Presidente, e al Governo la nostra fiducia.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fedi, che ha a disposizione cinque minuti. Ne ha facoltà.
MARCO FEDI. Signor Presidente della Camera dei deputati, signor Presidente del Consiglio, componenti del Governo, colleghe deputate e colleghi deputati, esprimiamo un convinto voto di fiducia sulla base dei punti programmatici da lei sinteticamente indicati come prioritari in questa delicata fase politica, e rinnoviamo la piena fiducia al Governo, rispetto al programma politico dell'Unione che continuerà a guidare l'azione del Governo Prodi e che, comunque, nonostante le difficoltà che lei e questa maggioranza non hanno mai nascosto, ha già dato i primi risultati positivi con l'approvazione della finanziaria, importante anche per le comunità italiane nel mondo, con le liberalizzazioni, anch'esse importanti per quelle comunità, e con il programma di riforme, sulle quali tutti insieme stiamo lavorando.
Il dovere di governare, signor Presidente, non nasce unicamente dai voti di fiducia, dalle maggioranze numeriche e dalle capacità di realizzazione del programma, che, come centrosinistra, manteniamo inalterate. Il dovere di governare nasce anche dalla capacità di ascoltare il paese. Abbiamo il dovere di governare perché vogliamo e sappiamo ascoltare.
Le incertezze del momento non possono essere strumentalizzate. Il paese chiede ascolto, chiede governo, chiede riforme: l'ascolto, ad esempio, delle richieste delle parti sociali per quanto attiene alle riforme del mondo del lavoro e delle pensioni; il confronto parlamentare per quanto attiene alla riforma elettorale, al sistema delle regole, alle riforme istituzionali.
Questo dovere, signor Presidente, richiama il Governo all'impegno per un'azione ancora più coerente e determinata. La maggioranza parlamentare che lo sostiene - è vero - si assume una seria responsabilità davanti al paese. Tutte le forze politiche di maggioranza debbono sentirsi impegnate. Dovremo insieme far partire un più incisivo confronto parlamentare, che rappresenta un dovere anche dell'opposizione, un confronto parlamentare che può portare a maggioranze più ampie, anche diverse, sui singoli provvedimenti.
Anche su questo la maggioranza parlamentare che sostiene il Governo Prodi deve impegnarsi. Un confronto parlamentare cui non si sottrarranno gli eletti della Circoscrizione estero che, con coerenza ed impegno, tra le fila della maggioranza e dell'opposizione e tra gli indipendenti, hanno garantito il loro contributo al dibattito ed hanno lavorato alacremente in questi nove mesi per rappresentare al meglio le concrete esigenze delle donne e degli uomini che vivono con grande dignità, e a volte sacrificio, il mondo dell'emigrazione. È una rappresentanza parlamentare che merita autentica attenzione. Gli attacchi indegni rivolti al senatore Luigi Pallaro, che ha sempre coerentemente votato con la maggioranza, dimostrano quanta strada deve essere ancora percorsa per il pieno riconoscimento dell'originalità del nostro contributo. Si tratta di parlamentari che non debbono pagare alcun impegno, che sono parte integrante, legittima e - io credo - essenziale di questo Parlamento, che lavorano con coerenza verso un progetto politico che rafforzi il legame tra l'Italia e le comunità italiane nel mondo: un progetto politico transnazionale che veda nell'integrazione tra i popoli e nel riconoscimento del valore dei migranti il suo momento più alto, ma anche le sfide più complesse.
È in questo contesto che si pone l'impegno del Governo per un'incisiva azione finalizzata al sostegno ed alla valorizzazione del patrimonio rappresentato dalle comunità italiane all'estero. È un impegno di cui, signor Presidente del Consiglio, le siamo grati. Si tratta di un patrimonio di culture, identità, intelligenze che è anche al servizio della politica estera italiana, Pag. 7una politica estera sempre più universale nel suo coerente multilateralismo, nel suo vedersi profondamente ancorata ai valori universali della pace, della democrazia, della libertà e collocata con fermezza nell'ambito degli organismi sovranazionali. È possibile, signor Presidente del Consiglio, guidare un paese occidentale come l'Italia, interrogarsi insieme sul ruolo di questo nostro grande paese nel mondo, sulle iniziative di pace, sui programmi di cooperazione allo sviluppo ed individuare - grazie all'impegno del Governo, grazie alla sua azione - il percorso più giusto, che contribuisca a garantire pace e stabilità in Medio Oriente e nel resto del mondo, confermando in questo modo, con la nostra azione, con le nostre decisioni, con il nostro impegno, la partecipazione piena e responsabile all'unione dei cittadini europei e all'unione delle nazioni.
PRESIDENTE. Deputato Fedi, la prego di concludere.
MARCO FEDI. Signor Presidente, all'unione delle forze politiche di maggioranza spetta l'impegno di cogliere le opportunità di crescita e sviluppo che si stanno aprendo in questa legislatura, l'impegno di dare attenzione alle nuove generazioni, alle fasce sociali più deboli, all'ambiente e ai diritti delle persone in ogni momento della loro vita, anche quando scelgono la libera e stabile convivenza. Grazie e buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Siniscalchi. Ne ha facoltà.
SABINA SINISCALCHI. Signor Presidente della Camera, signore e signori deputati, signor Presidente del Consiglio dei ministri, ho sinceramente apprezzato che nella sua dichiarazione lei abbia voluto ripartire dalla politica estera, una politica estera che abbia come obiettivo prioritario la costruzione della pace. E sono pienamente d'accordo con lei quando afferma che la pace va organizzata. Per organizzare la pace occorre mettere in atto un'azione politica e diplomatica multipolare che si dispieghi proprio nelle aree calde del pianeta, dove i conflitti si stanno combattendo o sono imminenti.
L'Italia, in questi primi nove mesi del suo Governo, ha avuto la capacità, l'intelligenza e la statura per fermare la guerra in Libano, per ritirare il proprio appoggio ad una guerra sbagliata ed unilaterale, come quella dell'Iraq; ha collaborato con l'Organizzazione per l'unità africana per contenere il conflitto in Somalia; sta sostenendo l'azione di mediazione nella crisi iraniana; è diventata portabandiera delle iniziative internazionali per l'abolizione della pena di morte; si è adoperata in tutti i modi per sostenere, legittimare e rafforzare l'ONU.
Basterebbero questi atti a qualificare il suo Governo come fautore di pace. Sicuramente, bastano questi atti a segnare una netta e profonda differenza tra il suo Governo e quello che l'ha preceduto; un Governo, quello guidato dal presidente Berlusconi, che non ha mai osato prendere le distanze né mettere in discussione l'avventurismo bellico del Governo statunitense.
Oggi, è evidente che quelle scelte sconsiderate di guerra non solo non hanno prodotto democrazia e rispetto dei diritti umani, ma non hanno estirpato e neppure frenato il delirio terrorista. Siamo convinti che il suo Governo abbia la capacità e la volontà di fare della pace un obiettivo concreto e realizzabile. Proprio per questo, vorremmo che facesse di più, attuando a pieno e rapidamente le indicazioni e gli impegni contenuti nella mozione con cui questa Camera accompagnò il voto sulle missioni militari il 17 luglio dello scorso anno. Voglio ricordare, in particolare, la conferenza internazionale per promuovere la pacificazione e la democratizzazione dell'Afghanistan (uno dei paesi più poveri del mondo), la necessità di sottoporre le missioni militari dell'Italia alla verifica e al controllo del Parlamento, l'urgenza di una chiara distinzione tra gli interventi militari e quelli di cooperazione.
Vorremmo anche che, sia pure con la gradualità necessaria, si spostassero sempre Pag. 8maggiori risorse dagli interventi militari all'intervento di cooperazione allo sviluppo (oggi, il rapporto è di dieci a uno), perché siamo convinti, e i fatti e le analisi ci confortano, che sia proprio l'investimento per lo sviluppo a garantire la democrazia e la pace.
Vorremmo che il nostro paese contribuisse a modificare l'agenda politica mondiale, stravolta e monopolizzata dall'emergenza terrorismo.
Vorremmo che l'Italia riuscisse a riportare al centro del dibattito internazionale le questioni che sono ormai emergenze globali: la crescita della povertà, la fame, l'analfabetismo, le pandemie, l'acuirsi degli squilibri economici e sociali tra paesi e all'interno dei paesi, i traffici illeciti, a partire dal traffico degli esseri umani, la distruzione delle risorse naturali, l'esodo doloroso di milioni di persone da guerra e povertà.
Si tratta di problemi che affliggono la nostra terra e investono la maggioranza dei suoi abitanti. Ma non sono affrontati o sono affrontati troppo poco nei consessi internazionali. Non è un caso che, nei primi sette anni di questo millennio, l'ONU non abbia promosso nessuna grande conferenza mondiale su questi temi.
Credo che non si vogliano affrontare questi problemi anche per un'altra ragione, cioè perché 25 anni di neoliberismo sfrenato e di globalizzazione senza regole ci hanno fatto credere che la cooperazione non serve, che l'uguaglianza e le pari opportunità tra persone e popoli sono impossibili o addirittura negative, che la solidarietà e il rispetto dell'altro non sono più un valore.
Credo che dobbiamo opporci a questo modo di vedere il mondo. Lo scorso mese, ho avuto il privilegio di rappresentare il mio gruppo al Forum sociale mondiale che quest'anno si è svolto a Nairobi. Al Forum, ma anche fuori, nelle immense baraccopoli di questa capitale africana, ho incontrato una splendida comunità umana, accomunata da ideali e da valori che non hanno confini, un'umanità che incarna la speranza di un mondo nuovo, di un mondo migliore. È a queste persone, ai tanti che, anche nel nostro paese, si impegnano e si mobilitano per la solidarietà e la pace, che il Governo dovrebbe dare ascolto.
Non abbia paura di ascoltare il popolo della solidarietà e della pace, signor Presidente. È lo stesso che 15 giorni fa ha manifestato serenamente a Vicenza; ha una voce limpida, avanza richieste non contaminate da interessi corporativi o da tornaconto personale. Molte associazioni in rappresentanza di questo popolo, subito dopo la crisi aperta al Senato, le hanno chiesto di andare avanti.
Vada avanti, Presidente Prodi, ma li ascolti. C'è ancora molto da fare per rendere il nostro mondo pacifico e giusto. L'azione intrapresa dal suo Governo è ancora insufficiente, ma va nella giusta direzione.
Voglio ricordare che, pur avendo raddoppiato i fondi per la cooperazione rispetto all'ultima finanziaria del Governo Berlusconi, non abbiamo raggiunto, entro il 2006, lo 0,39 per cento del prodotto interno lordo, come promesso alla Conferenza di Monterrey e al Consiglio europeo di Barcellona, al fine di ottenere al più presto il rispetto dell'impegno dello 0,7 per cento per assicurare il nostro contributo al raggiungimento degli obiettivi del millennio.
È vero, abbiamo finalmente pagato il contributo al Fondo globale di lotta all'AIDS dopo l'inadempienza degli ultimi tre anni, ma dobbiamo garantire il finanziamento anche per gli anni futuri.
Inoltre, vorremmo che il nostro paese fosse in prima fila nella campagna per la messa al bando delle bombe a grappolo, come avvenne con alla messa al bando delle mine nel 1997. Si tratta delle orrende cluster bombs disseminate nel sud del Libano da Israele e dagli Stati Uniti in Iraq e in Afghanistan, che causano morte e mutilazioni alla popolazione civile. Oggi, i nostri militari stanno insegnando ai bambini libanesi a riconoscerle e ad evitarle.
Vorremmo anche che il nostro Governo sostenesse attivamente la proposta dell'ONU per un trattato internazionale sul Pag. 9commercio delle armi, il cui iter è stato avviato dall'Assemblea generale dello scorso dicembre. Infatti, siamo d'accordo con Amnesty International e le altre ONG che hanno promosso questa iniziativa ispirata ad una valutazione secondo la quale, se nel mondo circoleranno meno armi, ci saranno anche meno guerre (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, all'indomani delle elezioni politiche dello scorso anno, all'onorevole Prodi - che giustamente aveva ricevuto l'incarico per la formazione del Governo in qualità di leader della coalizione uscita vincente dalle urne - e alla coalizione che egli rappresentava e rappresenta si aprivano due strade politiche: una era quella di leggere l'esito delle elezioni come un risultato di parità sostanziale, che indicava un'opinione pubblica che in un certo senso segnava la stessa strada seguita in Germania dal Cancelliere Merkel e dal partito socialdemocratico verso una stagione di larghe intese per affrontare i problemi del paese; l'altra era quella di scommettere sull'autosufficienza programmatica e politica della coalizione.
La mia impressione fu che la seconda scelta, anche se del tutto legittima, fosse uno sbaglio: la scommessa dell'autosufficienza programmatica ancor prima che numerica è finita con i due voti del Senato delle scorse settimane.
Signor Presidente del Consiglio, lei ha affermato che il programma dell'Unione è sufficiente perché trova un punto di equilibrio e di sintesi tra tutte le posizioni che lo hanno espresso. In realtà, non è così. Infatti lei ha potuto constatare che sulle questioni di politica estera - che non costituiscono di certo un piccolo problema - il programma non era e non è stato sufficiente.
Ciò viene confermato dal fatto che si è dovuto aggiungere un dodicesimo punto, nel quale si afferma che il Presidente del Consiglio è colui che decide in caso di divergenze. Sinceramente, trovo molto difficile pensare che una coalizione, composta da forze politiche ognuna delle quali ha la propria visione e i suoi collegamenti con la società nonché il proprio retroterra politico e culturale, possa ad un certo punto riconoscere, su questioni essenziali, di dover rinunziare alla sua visione in ordine ai problemi dell'ambiente, della politica estera, dell'economia, del sistema previdenziale e così via.
Questa è la ragione per la quale vi è stata la crisi. Non è venuto meno un voto o qualche voto: è venuta meno quell'immagine che vi fosse un programma capace di rendere coesa la coalizione. La prossima crisi, signor Presidente del Consiglio, porterà il paese diritto alle elezioni!
Presidente Prodi, quando lei assunse la decisione su Vicenza, avevo pensato che fosse il Presidente del Consiglio ad aver aperto la strada delle larghe intese; ho anche pensato che se avesse ricevuto - come poi è avvenuto - l'incarico dal Presidente della Repubblica, egli avrebbe potuto aprire l'esplorazione che non era stata aperta l'anno scorso.
È stata scelta nuovamente la strada di chiudere una coalizione che ha già dimostrato di non essere nelle condizioni di reggere l'urto rappresentato dai problemi del paese; quindi, la continuità della legislatura non è più nelle mani del Presidente del Consiglio, ma delle forze politiche che lo sostengono.
È anche nelle mani del senatore Follini, che ieri al Senato ha pronunciato un discorso del tutto contraddittorio; infatti ha sostenuto nella prima parte che i guai del nostro paese, in questi ultimi dieci anni, sono figli di un bipolarismo assurdo e, per così dire, isterico; che, quindi, bisogna chiudere quella stagione; ma poi lo stesso Follini ha aggiunto che avrebbe votato per il Governo. Può darsi che il senatore Follini si riservi di certificare egli stesso la definitiva fine di questo bipolarismo affermando, tra quindici giorni o un mese, di non essere più in grado di concedere la fiducia; di conseguenza lei, signor Presidente del Consiglio, dovrà recarsi Pag. 10di nuovo dal Presidente della Repubblica per ritirarsi definitivamente dalla scena. Oppure la decisione spetterà ad altre forze politiche: alla Margherita o, in particolare, ai DS. Ripeto, infatti, con molta chiarezza che se questa coalizione andasse in crisi vi sarebbero le elezioni, che potrebbero essere impedite al Paese soltanto dalla preparazione di una soluzione diversa in questi giorni e in queste settimane. Il centrodestra, l'opposizione, può indicare - come del resto fa e pensa - una soluzione intermedia per affrontare i problemi economici e le situazioni istituzionali, ma lo può fare solo in presenza di un qualcosa che venga preparato.
Oggi lei, Presidente Prodi, porta la legislatura ad una fine prematura: speriamo che la politica la possa salvare (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, Democrazia Cristiana-Partito Socialista e del deputato Nucara)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cicchitto. Ne ha facoltà.
FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, credo che la situazione attuale sia abbastanza paradossale perché è difficilmente contestabile che si è aperta la seconda fase del Governo Prodi: non si tratta però della fase che avrebbe dovuto segnare un rilancio, ma di una di quelle che in termini clinici e medici potrebbe essere definita terminale: un Governo debolissimo e un Presidente del Consiglio ancora più debole.
La riprova di questa situazione è data dalla risicata conferma numerica della maggioranza di Governo, ma anche dal fatto che la crisi, aperta sulla politica estera e su un'esposizione a 360 gradi del ministro degli esteri, non si è chiusa in maniera convincente su questo e su altri terreni perché la sua relazione introduttiva e le sue conclusioni hanno mostrato il massimo della reticenza e della elusività. Quindi questa crisi, risoltasi grazie ad uno stretto margine numerico, rimane in effetti totalmente aperta dal punto di vista del dato politico, nel senso che non soltanto in tutta la sua introduzione e la sua replica, ma neanche in alcuno dei dodici punti che sembravano rappresentare la nuova piattaforma programmatica su cui la maggioranza avrebbe dovuto ricomporsi, è stata fatta chiarezza. Quindi, noi vi aspettiamo in Parlamento, anche perché alcuni esponenti della maggioranza che hanno votato per la fiducia hanno anche sostenuto che riguardo alle pensioni, a maggior ragione sull'Afghanistan, sull'ampliamento della base di Vicenza e sulla TAV riacquisiranno la loro libertà d'azione quando questi argomenti saranno esaminati dal Parlamento.
Non parliamo poi di quel singolare disegno di legge che va sotto il nome di Dico, che ha avuto ed ha tuttora un percorso tra i più paradossali. Infatti, su di esso vi è stata un'inusitata iniziativa governativa, di cui avreste potuto fare largamente a meno, scoprendo precedentemente l'importanza in proposito della libertà di coscienza su un tema siffatto. Come in un gioco di prestigio, la vostra maggioranza ha evitato di parlare di questo tema e non lo ha inserito all'interno dei dodici punti qualificanti. Tutto ciò è avvenuto mentre si era in sospeso, in attesa del voto parlamentare. Viceversa, dopo tre minuti dal momento in cui il tabellone del Senato ha certificato il fatto che almeno per questa volta il Governo l'aveva scampata, non un personaggio passato per caso e neppure un singolo parlamentare, bensì un ministro della Repubblica come l'onorevole Pollastrini ha immediatamente sconfessato il Presidente del Consiglio.
Il premier, infatti, aveva detto che a quel punto il Governo non si sarebbe più occupato del problema e che lo avrebbe lasciato al libero dibattito parlamentare. Invece, il ministro Pollastrini ha riaffermato il senso dell'iniziativa politica che il Governo deve sviluppare su questo terreno. Quindi, è stato fatto un «gioco delle tre carte» per ingannare pezzi della maggioranza particolarmente sensibili su questo tema. Insomma, è stata trovata una ristretta maggioranza numerica, ma sul piano politico non avete risolto alcun problema: Pag. 11non avete risolto i problemi della politica estera, della TAV, delle pensioni ed avete di fronte in tutta la sua gravità anche il problema dei Dico.
Nell'analisi da voi sviluppata al Senato è contenuta un'altra mistificazione quando affermate che le difficoltà discendono da una cattiva legge elettorale. In proposito, consentitemi di affermare che il discorso va completamente rovesciato. Infatti, a meno che la legge elettorale (questa o un'altra, non importa) non sia una «legge truffa», ovvero manipoli i rapporti di forza reali, siete di fronte a due dati che vanno al di là delle leggi elettorali. Dal voto, come minimo, è emersa una realtà in cui avevate preso 24 mila voti in più alla Camera, mentre il centrodestra ne aveva conseguiti 200 mila in più al Senato. Pertanto, si tratta di una situazione totalmente bilanciata a cui, per soprammercato, si aggiunge il fatto che siete continuamente in crisi non a causa della legge elettorale, ma del tipo di coalizione che avete messo insieme. Siete in crisi perché mettere insieme una coalizione che va dai trotzkisti agli ex-stalinisti - che costituiscono il 40 per cento di Rifondazione Comunista - fino al senatore Dini, all'onorevole Mastella e al senatore Marini è un tipo di operazione che non esiste in natura. La vostra maggioranza può forse mettere insieme il 50 per cento del Paese, ma è culturalmente, programmaticamente ed eticamente divisa nei suoi aspetti fondamentali, non in quelli secondari. Queste differenze rimangono inalterate anche se l'avete scampata bella con qualche voto di maggioranza e utilizzando anche quello dei senatori a vita.
Signor Presidente del Consiglio, lei ha posto un problema, cercando quasi di trasformare il Governo in una sorta di Commissione bicamerale per la revisione della legge elettorale. Non ci sottraiamo a questo tema, anche se valutiamo la profonda negatività del suo Governo in merito agli orientamenti politici e programmatici, contenuti e sanciti nella legge finanziaria rigettata dal grosso della società italiana e la realtà della vostra maggioranza, attraversata da queste profondissime contraddizioni. Tuttavia, non ci sottraiamo - non lo abbiamo fatto finora - al confronto sulla legge elettorale, purché esso non serva ad imbrogliare le carte.
Noi non siamo per le leggi elettorali che facciano saltare il bicameralismo e in questo ambito, quindi, non condividiamo l'ipotesi della legge tedesca.
Per altro verso, riteniamo che la legge elettorale non debba ricomprendere in se stessa riforme costituzionali e pertanto riteniamo che sia ragionevole partire dalla legge attuale ed introdurre dei motivi di razionalizzazione e di trasformazione, come per esempio quelli indicati dal professore D'Alimonte. Non nascondo che alcuni degli aspetti di quella legge elettorale, come il quorum di maggioranza al Senato riferito alle regionali e non al dato nazionale, ci fu imposto con un intervento della precedente Presidenza della Repubblica come condizione per apporre la firma su quella legge elettorale.
Noi già da allora eravamo per un'ipotesi diversa. Dunque, siamo disponibili ad un confronto e abbiamo già espresso al ministro Chiti, che vedo presente, le nostre posizioni, che sono costruttive e che considerano che sulla legge elettorale non si possono effettuare operazioni politiche di ricomposizione delle contraddizioni di carattere politico, situate ad altro livello. Se la legge elettorale sottintendesse questo, noi saremmo assolutamente contrari ad essa.
Ribadisco - e concludo su questo - il nostro impegno a mantenere fermo e saldo il rapporto positivo con gli amici dell'opposizione, come Alleanza Nazionale, la Lega Nord e con la stessa UDC. Infatti vediamo che, quando ci si confronta sui contenuti, in Parlamento gli elementi di unità sono di molto prevalenti su quelli di differenziazione e di confronto politico, peraltro assolutamente legittimi. In ogni caso, tale rapporto non sarà mai nulla di paragonabile alle incolmabili differenze che caratterizzano questa maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Alessandri, al quale ricordo che ha sei minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
ANGELO ALESSANDRI. Presidente, colleghi, signor Presidente del Consiglio, avevo preparato un intervento scritto. Tuttavia, non riuscirei a esporre in sei minuti quello che dovrei dire da reggiano a reggiano al Presidente del Consiglio Prodi. Preferisco dunque intervenire a braccio e aspettare la campanella del Presidente per fermarmi.
In questo momento, mi torna in mente ciò che i reggiani stanno mandando a furia di telefonate, messaggini, e-mail, riguardo a cosa pensano di questo Governo che non sta nell'Italia di Mezzo di Follini, ma forse in un'Italia dimezzata da ieri in poi. I messaggi sono di questo tipo: «Mandateli a casa il prima possibile!». A Reggio Emilia nessuno vuole più Prodi: il popolo delle «partite IVA» è stanco di essere preso a bastonate da lei attraverso i suoi due o, meglio, tre comprimari, i tre spadaccini. Lei non è sicuramente D'Artagnan, ma si potrebbe dire: «Uno per tutti, tutti per uno», dove alla fine le bastonate sono per tutti, mentre tutti i soldi vanno a finire a questo Governo! È un Governo che ha più soldi del previsto, mentre i benzinai sono preoccupati, come lo sono coloro i quali si alzano la mattina alle sei per lavorare a causa delle sessantasette nuove tasse, che ancora neanche i commercialisti sono riusciti a capire in maniera esaustiva e che stanno davvero spaventando la gente. Nel frattempo voi ve ne state qua dentro a giocare a fare il primo ministro o i ministri, pensando che soltanto la vostra sedia sia la cosa più importante al mondo, quando fuori ci sono una provincia, una regione e un territorio in cui vi sono dei lavoratori che vorrebbero ancora credere che, nonostante la politica, sia possibile andare avanti.
Guardi, ho risposto a questa gente dicendo che noi abbiamo già fatto il nostro lavoro, abbiamo già mantenuto il nostro impegno: giovedì scorso abbiamo mandato a casa questo Governo! Il problema è che, come gli zombies che escono fuori dal cimitero, voi, vagando, siete di nuovo qua dentro, siete ritornati. Oggi tornate nuovamente chiedendo la fiducia, quando noi invece vi abbiamo già mandato a casa! Questa è semplicemente una brutta riedizione del Governo. Devo ringraziare il Presidente della Repubblica, Napolitano, perché non ha indicato un Prodi-bis: di solito il bis si chiede a teatro per una performance che è piaciuta, per una replica, ma in questo caso sarebbe stato davvero deprimente. Per fortuna non c'è nessun bis, ma è semplicemente il brutto piatto di prima, che ritorna esattamente con le stesse persone, le stesse modalità, gli stessi numeri e con le stesse incongruenze nel ripresentarsi.
Vi è in effetti qualcosa di diverso. Romano Prodi, sempre più «romano» e sempre meno emiliano, forse è riuscito a soffocare le pretese dei ministri dell'estrema sinistra. C'erano i PACS; lei sa bene che in emiliano un «pac» vuol dire una fregatura e infatti li avete accantonati subito. C'erano i Dico, che però oggi si chiamano «Dicevo», perché sono spariti anche questi. Alla fine, all'interno del vostro programma, per accontentare l'estrema sinistra, non rimane nulla. Però, per la paura di mollare le sedie, oggi i comunisti italiani, quelli russi, quelli cubani, un po' tutti, sono disponibili a far finta di nulla, ad accettare di morire democristiani - una bella fine! - sancita dalla benedizione di monsignor Follini!
Se questo è il gioco che pensate di portare avanti nell'Italia dimezzata, a questo punto credo sia facile anche per noi fare opposizione. Continuerete anche nei mesi successivi a provocare i disastri, che in parte avete già fatto nei mesi precedenti: l'indulto, di cui ancora non provate vergogna è ancora lì a testimoniare quanto sia fallimentare la vostra politica fatta di buonismo e di proclami; vi è poi questa finanziaria che di fatto, come una chela di una grande tenaglia, sta massacrando i lavoratori con partita IVA (molti stanno dicendo che vorranno chiuderla entro pochi mesi). Altro che combattere l'evasione! Abbiamo la forza trainante di questo Pag. 13paese che rischia di chiudere e di andare a casa, perché perde la fiducia di continuare a lavorare.
Vi è poi l'altra chela di questa tenaglia, che è l'immigrazione. Nulla avete detto sull'immigrazione clandestina. Nulla avete detto su come fare per cercare di creare un po' di sicurezza in questo paese, delle regole certe per chi viene a lavorare. Invece voi addirittura, fra Amato, Damiano, Ferrero, facevate a gara con i proclami - vedo che nei dodici punti dell'ultima cena dei dodici convitati c'è anche quello di dire: «Adesso ministri parlate un po' meno, mettiamo un portavoce che se ne assuma la responsabilità!» - a spararla più grossa ogni giorno: «Regaliamo il voto dopo cinque anni non se sono cittadini, ma se solo risiedono qua»; «Diamogli i buoni pasto, i buoni affitto, i buoni sanitari».
Queste sono tutte cose che non si danno ai nostri concittadini. Ieri ho incontrato una signora - è la quinta dall'inizio dell'anno che mi ripete la stessa cosa - che mi ha detto che ha bisogno della casa popolare, ma non può averla, perché alla fine si trova davanti una lista enorme di abdullah. Quando penso che questa donna ha quaranta anni di lavoro in risaia ed i relativi contributi, ma non trova neanche un diritto a cui potersi appellare, bensì solo doveri, mentre a chi arriva a casa nostra dopo pochi giorni vengono concessi con un buonismo imperante soltanto diritti e nessun dovere, c'è qualcosa che non funziona.
E nulla soprattutto - lo dico da cittadino di Reggio Emilia, dell'Emilia, del Nord, della Padania - in questo Governo c'è per il Nord. Prima non c'era, ma non c'è nemmeno adesso, per cui anche questa brutta copia che si ripresenta oggi non ci fa capire cosa si vuole fare per investire: 100 miliardi su 123 per lo sviluppo fino al 2013 investiti quasi completamente al Sud...
PRESIDENTE. La invito a concludere, deputato Alessandri.
ANGELO ALESSANDRI. Non c'è nulla neanche per la navigazione del Po, per le infrastrutture e per cercare di rilanciare una classe imprenditoriale, che è soffocata da cinque anni di crisi e che oggi grazie alla ripresa potrebbe ripartire in modo forte, mentre viene bloccata.
A ghe mia possibil a Prodi tgnir la scragna a tot i cost! Credo che questo sia il vero messaggio che arriva nella lingua reggiana dai reggiani. Se ne faccia carico! Le ricordo peraltro che dieci anni fa io venni a Felina in occasione del suo compleanno a regalarle una camicia verde con un messaggio di Bossi: speravo che potesse servire a risvegliare un po' di padanità, a lei che almeno è nato in Padania. Evidentemente non è servito perché quando uno si chiama Romano e viene da una lunga militanza democristiana e demitiana, forse non c'è da aspettarsi niente di meglio che il peggio (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Ferdinando Benito Pignataro, al quale ricordo che ha sette minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
FERDINANDO BENITO PIGNATARO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, esprimo l'apprezzamento dei Comunisti Italiani per le comunicazioni rese dal Presidente del Consiglio, Romano Prodi, per non aver sottovalutato una crisi politica, per aver proceduto ad un chiarimento schietto nell'ambito della maggioranza e per aver più volte sottolineato che a questa maggioranza uscita dal voto non ci sono alternative. Non vi è alcun dubbio che il voto di ieri al Senato, con la risoluzione positiva della crisi, rilanci la coalizione di Governo, nel metodo e nel merito. Rilancia un Governo che si pone obiettivi alti e ha davanti un duro e lungo lavoro: tante cose da fare previste da un programma ambizioso, che, come il Presidente Prodi ha voluto sottolineare, è il collante politico di una maggioranza con tante diverse sensibilità, accomunate tuttavia dall'obiettivo comune di rilanciare e rinnovare il paese.
Abbiamo più volte affermato, con le dichiarazioni pubbliche del nostro segretario, Pag. 14che vi sarà un confronto serio su posizioni e proposte al cui esame noi non ci sottraiamo, ma crediamo anche convintamente nella capacità di sintesi e di assumere decisioni finali di mediazione soddisfacenti per l'intera maggioranza da parte del Presidente del Consiglio.
Come dicevo, abbiamo apprezzato le comunicazioni del Presidente del Consiglio, soprattutto per la centralità assegnata ad alcune questioni, che noi riteniamo priorità assunte, quali le politiche dello sviluppo, il rilancio dell'economia, il Mezzogiorno, l'ambiente, le politiche sociali e, soprattutto, le politiche del lavoro. Su queste centralità voglio concentrare alcune riflessioni in breve, considerato il tempo che mi è concesso, ma non prima di rimarcare il nostro giudizio positivo sulla politica estera del Governo, cambiata sensibilmente, sul nuovo protagonismo e prestigio internazionale, sul rinnovato europeismo, sulla centralità e sul ruolo forte dell'Europa nelle politiche di pace, sul ritiro dall'Iraq, sulla proposta della conferenza di pace per l'Afghanistan, sulla posizione su Israele e Palestina, nostra e di tutto il Governo - due popoli in due Stati -, sulla rinnovata politica di solidarietà e cooperazione internazionale. Potrei continuare, affermando che, pur permanendo differenze e contrarietà, il giudizio sulla politica estera non può che essere complessivo. Si è passati dalla subalternità all'autonomia: questa è la discontinuità di questo Governo. Ecco perché credo che le accuse di antiamericanismo lascino il tempo che trovano, soprattutto se provengono da chi proclama un filoamericanismo ispirato solo a guerre e manifestazioni di potenza, che rappresentano posizioni di minoranza nello stesso Parlamento degli Stati Uniti d'America, e non un americanismo teso a sostenere il varo di leggi severe per regolare il conflitto di interessi, per combattere l'evasione fiscale, per punire il falso in bilancio (quest'ultimo, guarda caso, in Italia è stato depenalizzato per venire incontro ad interessi di bottega).
Siamo in sintonia, come dicevo, sulle politiche di sviluppo e sul forte legame che si è scelto di stabilire tra crescita, equità e coesione sociale. Così, crediamo che si rilanci l'economia in modo stabile e strutturale. Questa concezione dello sviluppo è antitetica alla concezione liberista della destra. Il paese è tornato a crescere con il centrosinistra, certo non solo per meriti di quest'ultimo; la congiuntura mondiale e quella europea hanno dato un contributo importante in tal senso. Vero è che non tutti i meriti sono di questo Governo, ma altrettanto vero è che il declino del paese è da attribuire interamente al Governo Berlusconi. Non possiamo dimenticare, infatti, la crisi produttiva, con un'industria che, per la prima volta nel dopoguerra, perdeva produzione, ordini e fatturato nel contempo, con un'economia allo sfascio, con un impoverimento di larghe fasce della popolazione che fino a poco tempo prima erano considerate garantite, con il crollo del potere d'acquisto di salari e pensioni. L'Italia è stato l'unico paese europeo che con l'entrata in vigore della moneta unica non ha previsto politiche di contenimento dei prezzi e delle tariffe ed ha assistito ad una notevole precarizzazione dei rapporti di lavoro. Questo è il paese - non dimentichiamolo mai - che ci ha consegnato il centrodestra!
Per affrontare questa crisi, certo, si è resa necessaria una finanziaria rigorosa, in cui, tuttavia, anche grazie alla battaglia che i Comunisti Italiani hanno condotto in Parlamento, vi sono stati segnali importanti per il Mezzogiorno e per la lotta alla precarietà. Governo e maggioranza hanno oggi una grande responsabilità. Per questo motivo occorrono, lo diciamo assumendoci tutte le nostre responsabilità, coesione e senso di responsabilità da parte di tutti, per non vanificare i primi risultati positivi e per mirare a risolvere problemi gravi e dare risposte ai lavoratori, alle famiglie e, soprattutto, ai giovani, lasciati senza speranza e senza prospettive.
Onorevoli colleghi, il Mezzogiorno è stato assente per cinque anni dall'agenda di Governo. Oggi vi sono primi segnali forti positivi, tra cui più finanziamenti per le infrastrutture (123 miliardi nel quadro strategico nazionale). Credo che questo Pag. 15Governo abbia compreso - il Presidente Prodi l'ha detto più volte - che il Mezzogiorno, per le grandi potenzialità che esso presenta, è una grande opportunità e risorsa per l'intero paese: non un problema, ma una opportunità e una risorsa! Allo stesso modo, credo che un'altra opportunità, un'altra risorsa sia l'ambiente. Abbiamo apprezzato al riguardo il «pacchetto» sull'energia, tuttavia le scelte energetiche vanno correlate complessivamente alla qualità della vita, alla competitività ed all'innovazione, tenendo sempre fermo il principio che per noi è irrinunciabile il raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto, da cui siamo distanti; e credo che questo Governo debba porre in essere politiche che ne accelerino l'avvicinamento.
Infine, la questione del lavoro. Da parte di questo Governo c'è una nuova forte centralità: lo hanno dimostrato la lotta alla precarietà e i successi già ottenuti nella pubblica amministrazione. Bisogna andare avanti con una battaglia forte e seria contro il lavoro nero e precario; bisogna ripuntare a rendere centrale, così come fa il programma di Governo, il rafforzamento del lavoro dipendente a tempo indeterminato.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 11,10)
FERDINANDO BENITO PIGNATARO. Così si danno certezze e sicurezze, e le stesse politiche previdenziali non possono che prescindere da questo legame stretto tra più lavoro, più occupazione e maggiore previdenza. Credo che occorrano coesione e diverse sensibilità, che stanno insieme con un rinnovato accordo politico che si basa su un programma e su priorità accettate da tutti. Il paese ci chiede di continuare nell'opera di risanamento e rilancio, i giovani chiedono finalmente certezze per il loro futuro, i cittadini ci chiedono di stare uniti insieme e governare per il bene comune: non deludiamoli (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Urso. Ne ha facoltà.
ADOLFO URSO. Signor Presidente, colleghi deputati, dai banchi dell'opposizione, e non solo da quelli, dobbiamo chiederci innanzitutto se ci siano novità ed elementi di discontinuità rispetto al precedente Esecutivo. In effetti, elementi di novità ce ne sono e occorre chiedersi se possano rendere più stabile e duraturo o più breve e più debole il Governo: noi crediamo che sia valida la seconda tesi. Quali sono gli elementi di novità? Innanzitutto, nel voto che il Governo ha ottenuto al Senato, non tanto per la presenza del senatore Follini, quanto per il voto espresso proprio dai sette senatori a vita, che sono - e lo sappiamo - privi di vincolo per quanto riguarda la coalizione, ma altrettanto vincolati, comunque sensibili, ai Governi e alla fiducia espressa per la loro collocazione istituzionale.
Ebbene, per la prima volta tre senatori a vita su sette, signor Presidente del Consiglio, le hanno rifiutato la fiducia - credo che sia una novità nella storia della Repubblica italiana -, tre senatori che esprimono, per la loro esperienza e per la loro storia, ambienti importanti del paese (come qualcuno ha detto, l'ambiente del mondo cattolico, l'ambiente dell'alleanza occidentale, l'ambiente del mondo produttivo). Essi sono giunti a questa decisione proprio perché senza vincolo di maggioranza, ma sensibili a quello che il paese avverte di questo Governo. Questo sicuramente preannuncia tempesta per il suo Governo, che è più debole di quello della precedente fase. Poi, ovviamente, vi è anche il senatore Follini, con la sua Italia di Mezzo che si è già dimezzata, ma questa è piccola cosa rispetto all'altra nella composizione del voto del Senato.
Il secondo elemento di novità è proprio nel programma, che in qualche misura segna il tentativo disperato di passare da una prima fase caratterizzata dalla ideologia, caratterizzata e dominata dalla sinistra radicale - sarebbe meglio definirla la sinistra neo-comunista -, che le ha imposto passi falsi (pensiamo al fisco e Pag. 16alla sua politica, nonché ai Dico per quanto riguarda la famiglia) e degli errori macroscopici (pensiamo innanzitutto a Vicenza nel campo della politica estera, ma anche alla politica di sicurezza, se ci riferiamo a quanto di sbagliato è stato fatto con l'indulto, con la politica sull'immigrazione, con il disinteresse e il disprezzo nei confronti delle forze dell'ordine). Questo tentativo disperato di avere un secondo tempo diverso dal primo la porta, in qualche misura, a cadere nella malattia infantile della sinistra italiana, cioè il trasformismo. Si passa da un primo tempo dominato dall'ideologia e dalla sinistra radicale, che impone le proprie idee al di là della realtà sociale del paese, ad un secondo tempo che sarà inevitabilmente più breve del primo e che si cercherà di caratterizzare con una politica trasformista: appunto, il vizio d'origine della sinistra italiana.
Si denota ciò nei dodici punti programmatici e nel suo discorso, sia quando si considera l'Afghanistan (e c'è già chi, oggi, afferma che non voterà la fiducia sull'Afghanistan), sia quando si parla di Vicenza (già oggi, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare fa sapere che ha posto un ostacolo insormontabile all'allargamento della base di Vicenza: il ministero del suo Governo!), sia quando si parla dei Dico (e il ministro Pollastrini fa sapere che l'iter del provvedimento proseguirà), sia quando si parla della politica sulla famiglia (addirittura, in questo caso il trasformismo giunge al punto di importare elementi programmatici della nostra coalizione, che lei contestò in campagna elettorale, come la riduzione dell'ICI per le famiglie numerose), sia quando si parla di ambiente (con la parola magica «rigassificatori», contestati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare), sia quando si parla di pensioni (con la sinistra radicale che afferma che non se ne farà nulla).
Anche questi elementi di novità e di trasformismo che porta nell'azione del suo Governo - disperata, appunto, perché tale è stata definita -, sono elementi di una deflagrazione che avverrà a breve. Lo dicono tutti gli osservatori interni, nei commenti di questi giorni, e gli osservatori internazionali.
Questa mattina, Stefano Folli, su Il Sole 24 Ore ha scritto che «il Governo non esce dal voto più saldo e più unito, ma in un certo senso ancora più prigioniero delle sue contraddizioni». Le cito, in aggiunta, i giornali stranieri. Le Monde scrive di un Governo più fragile di quello caduto; il Wall Street Journal scrive di un Governo ancora meno stabile; The Economist e Financial Times mettono in serio dubbio la capacità che il centrosinistra possa mai fare riforme nel nostro paese.
PRESIDENTE. Concluda...
ADOLFO URSO. In conclusione, parlerò dell'ultimo elemento di instabilità: la riforma elettorale che il Capo dello Stato le ha imposto. Non è vero che lei in Senato non ha la maggioranza perché abbiamo modificato la legge elettorale. Se vi fosse stata la vecchia legge elettorale, noi avremmo avuto la maggioranza alla Camera e al Senato. Non è vero che il Senato ha una maggioranza così debole perché abbiamo inserito l'elemento dei premi di maggioranza regionali. Se vi fosse stato un premio di maggioranza nazionale, al Senato avremo avuto una maggioranza chiara di centrodestra.
PRESIDENTE. Deve concludere.
ADOLFO URSO. Quindi, il problema non è il sistema elettorale, ma il sistema istituzionale. Riteniamo che bisogna lavorare in questo campo e, soprattutto, lo devono fare coloro che ancora sperano nel Partito democratico, coloro che sperano in una sinistra riformista, colpita e ferita dal I Governo Prodi e messa a morte con questo programma. Ecco perché lavoreremo in tal senso, guardando anche a ciò che avviene nel paese, cioè alla raccolta delle firme referendarie (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Lenzi. Ne ha facoltà.
Pag. 17
DONATA LENZI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, la crisi di questi giorni ha reso evidenti i limiti dell'attuale legge elettorale e la conseguente necessità della riforma. A volte, le nuove leggi elettorali puniscono i loro creatori, onorevole Urso. Mi permetta: è paradossale che, alternativamente, il voto dei senatori a vita sia legittimo o non legittimo a seconda di come votino.
È dal 1991 che, a cadenza quasi annuale, il tema della riforma elettorale si ripresenta e le modifiche si susseguono per via referendaria o parlamentare. Se vi è un simbolo della transizione senza fine del nostro sistema politico, è questo.
Mentre in altre rilevanti materie per la vita di tutti le riforme si presentano difficili, troppo spesso solo iniziate, raramente concluse e pienamente attuate, le modifiche delle leggi elettorali si susseguono. Mi chiedo i motivi delle difficoltà del processo riformatore ad affermarsi nel nostro paese e quanto ciò dipenda dalla continua incertezza del quadro delle norme chiamato a regolare il sistema. Forse, è la forza inerte delle consuetudini e delle tradizioni in un paese anche anagraficamente vecchio; forse, è la difesa degli interessi corporativi; forse, è la frammentazione di quegli interessi e della loro rappresentanza. Ma sono dell'avviso che la situazione dipenda anche dal fatto che troppo spesso le riforme sono state piegate ad esigenze contingenti, squisitamente di parte, valutate con il peso del sondaggio del giorno, senza cura del futuro e, tanto meno, dell'interesse generale.
Auspico, quindi, che questo Parlamento - perché nostro è il compito! - possa, con senso di responsabilità e con generosità, dar vita ad una riforma elettorale che duri più dello spazio di una legislatura, per dare stabilità al sistema ed ai Governi, e per non costringerci ancora una volta a ricorrere al referendum.
Ma, in tema di riforme, vorrei sottolineare, onorevole Prodi, come sia stato coraggiosamente tentato dal suo Governo l'avvio di un vasto processo riformatore; un passo alla volta, un provvedimento alla volta, il quadro cominciava a delinearsi: in materia di concorrenza (è stato appena presentato il secondo blocco di provvedimenti teso ad aumentare la concorrenza nel commercio, nelle banche, nelle assicurazioni e nelle professioni, a tutela del consumatore, anche con interventi solo apparentemente modesti, quali quello sul costo della ricarica telefonica); in materia di lavoro (voglio ricordare che i provvedimenti approvati nei primi mesi della legislatura hanno permesso l'emersione dal nero, negli ultimi quattro mesi del 2006, di ben 43 mila 300 lavoratori nel solo settore dell'edilizia, e l'allargamento della normativa a tutti i settori previsto dalla finanziaria non potrà che allargare ulteriormente il processo e permettere contemporaneamente un significativo recupero contributivo); in materia di famiglia, con l'aumento degli assegni familiari ed il fondo per gli asili nido; in materia di sistema radiotelevisivo e dei media, con una riforma attesa in maniera particolare dal nostro elettorato; in materia di ambiente e di energia. Riforme che iniziavano ora il cammino parlamentare e che vanno condotte a termine!
Stiamo attraversando un ciclo economico positivo e molte delle nostre imprese dimostrano di riuscire a competere sul mercato globale; non dobbiamo porre ostacoli alla ripresa. Al riguardo, la caduta del Governo e l'incertezza politica costituiscono ostacoli; inoltre, il freno al processo riformatore in materia di liberalizzazioni, di energia e di riforma della pubblica amministrazione è un ulteriore ostacolo. Solo con lo sviluppo vi è la possibilità di creare veri posti di lavoro; il futuro è nel cambiamento e per questo motivo il cammino del Governo deve essere ripreso: signor Presidente del Consiglio, le auguro buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Moffa. Ne ha facoltà.
SILVANO MOFFA. Signor Presidente, ritengo in tutta onestà di poter osservare che la vittoria di ieri dell'onorevole Presidente Pag. 18del Consiglio sia stata una «vittoria di Pirro».
Vede, signor Presidente, qualche acuto osservatore ha sottolineato come il Governo sia non la soluzione, bensì il problema; ebbene, onorevole Presidente del Consiglio, nel suo discorso alla Camera lei ha sottolineato che si è trattato di una crisi politica. Vero, verissimo! Quando un Governo cade perché la sua stessa maggioranza implode e va in frantumi su un tema così delicato e complesso quale quello della politica estera e internazionale, è evidente che ci troviamo di fronte ad una crisi politica, ad una grave crisi politica. Ma lei, nonostante abbia «raccattato» qualche voto in più al Senato, non ha sciolto il coacervo di nodi politici che affliggono una maggioranza assolutamente disomogenea. Proprio stamane, sul Corriere della sera, Alberto Ronchey ha sottolineato che «(...) Nella coalizione i ministri dei partiti maggiori, che si dichiarano riformisti, al di là di ogni compromesso generico o apparente dovranno ancora fronteggiare i massimalisti, che rappresentano solo il 9 per cento dell'elettorato ma pretendono in qualsiasi occasione forzature a sinistra (...). Se con loro lo schieramento governativo è fragile, senza di loro non si regge. (...)».
La verità è che lei, proprio su quei nodi politici, non ha chiarito qual è la rotta che la fase 2 del suo Governo intende imboccare. Basta citare due esempi, mi limiterò a questo: il caso TAV e i Dico, questioni diverse, ma radicali per comprendere quale sarà il grado di durata della sua coalizione.
La TAV tocca il tema delle infrastrutture nel nostro Paese, ossia quelle politiche infrastrutturali che sono connesse ad un'idea di sviluppo, di competitività per il sistema delle imprese italiane e, in generale, al rilancio della nostra economia. La TAV, come lei sa, è uno di quegli argomenti controversi, sui quali la sua maggioranza non è riuscita a dire una parola definitiva.
Dopo diciotto anni dall'annuncio del Consiglio dei ministri dei trasporti della CEE, dopo diciassette anni dalla presentazione del progetto del tunnel in Val di Susa, dopo tredici anni dalla firma dell'accordo tra l'Italia e la Francia, dopo dodici anni dalla promessa che la nuova tratta sarebbe stata pronta entro il 2000 e dopo dieci anni dalla decisione di rasserenare gli ultimi dubbiosi con nuove verifiche, cosa fa l'attuale ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, che vedo presente in aula? Propone uno stop della Conferenza dei servizi sulla Torino-Lione, perché «al momento non dispone degli elementi necessari per prendere decisioni». Bell'esempio di efficienza, bell'esempio di coerenza per il nostro Paese!
Nel frattempo, inglesi e francesi hanno costruito, in sette anni, il tunnel per la Manica. Gli spagnoli ci hanno letteralmente stracciati, salendo a 237 chilometri di autostrade per milione di abitanti, contro i nostri 112. I cinesi - ed è tutto dire! - hanno costruito, in cinque anni, 1.142 chilometri di binari da Pechino al Tibet e persino la Corea del Sud sta ultimando i lavori per un treno veloce, che su 410 chilometri di percorrenza ha 120 ponti e viadotti e 190 passaggi in galleria.
Questo è il Governo Prodi, che continua imperterrito, con una sorta di accanimento terapeutico, a pensare di poter guidare il nostro Paese.
Ma c'è una responsabilità ancora più pesante, che credo gli italiani vi addebiteranno, perché vede, lei ha parlato di crisi politica e non ha sciolto il nodo della crisi politica del suo Governo, in un momento in cui bisognerebbe tornare alla politica alta e nobile, non quella ingessata dai ricatti reciproci o quella che cerca di «raccattare» un voto per sopravvivere.
Le rassegno, signor Presidente del Consiglio, un'analisi molto attenta fatta dal Censis non molto tempo fa, laddove si richiamava l'attenzione sullo sbriciolamento delle forme istituzionali, che si ricompongono sempre meno in un paesaggio complessivo. Siamo di fronte ad una politica accartocciata e ad un ricettacolo di piccoli poteri. Chi ha senso nobile del vivere collettivo è tentato subito di pensare ad un impegno di riarmo Pag. 19istituzionale. Chi ne ha un senso fattuale è tentato da un esodo al di fuori di quel che rimane delle nostre istituzioni.
Questa è la fotografia esatta del suo Governo, che cerca di mettere insieme il diavolo e l'acquasanta, un Governo che non si rende conto del fatto che, se è vero che il consenso oggi è orizzontale, non è facile, però, comporre strati in un asse verticale che abbia una qualche omogeneità.
Paghiamo sia il declino della cultura ideologica, sia la crisi delle cinghie di trasmissione della rappresentanza, sia l'oggettiva impossibilità di blocchi sociali. Ecco perché il suo Governo ha vita breve. Ecco perché ci siamo esposti al ridicolo. Cito un giornale inglese, che, presentando il suo discorso ai lettori anglosassoni, ha titolato: «Italiani, we have a new Pavarotti» (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Armosino. Ne ha facoltà.
MARIA TERESA ARMOSINO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori rappresentanti del Governo, colleghi, ci ritroviamo in questa aula di fronte ad una morte annunciata. Quello che è accaduto al Senato, quando il Governo Prodi è stato battuto su temi di politica estera, non è nient'altro che l'epilogo di un avvio di una campagna elettorale e di una coalizione che hanno tenuto insieme forze fra di loro molto diverse e, fra queste, forze antagoniste al Governo, pur partecipando ad esso.
Anche a chi non è così innamorato della politica è arrivato, da parte di tutti i media, il messaggio chiaro della presenza di rappresentanti dell'Esecutivo proprio nei luoghi in cui si contestava il Governo. Abbiamo assistito alle manifestazioni contro l'allargamento della base militare di Vicenza e alle prese di posizione, discordanti con la politica del Governo posta in essere, ad esempio sull'Afghanistan, da parte di autorevolissimi esponenti della maggioranza.
Signor Presidente del Consiglio dei ministri, il suo è un Governo viziato geneticamente fin dall'inizio. È un Governo che non si è posto lo scopo di realizzare quel preteso programma, che - si comprende oggi - non trovava l'accordo delle forze di coalizione. Un Governo che non si è proposto di governare il Paese, ed una coalizione che si è proposta di vincere e di prendere il potere seguendo logiche diverse da quelle che stanno alla base del perseguimento degli interessi generali del Paese.
È molto facile oggi sostenere che si è conseguito un voto di fiducia al Senato contando su senatori «pallari», dei quali avevamo già avuto una ben nota dimostrazione al momento dell'esame del disegno di legge finanziaria. Ricorderete tutti come si bloccarono i lavori, per tutta una notte, in Commissione bilancio, qui alla Camera, proprio perché il senatore Pallaro - nomen omen - al Senato iniziò a dire che non l'avrebbe votata se non avesse ottenuto alcune cose. Questo è l'esempio di quello che voi siete! Questo è l'esempio di come voi costruite le maggioranze!
Voi poi avete trovato un altro voto, quello di un soggetto che, eletto nelle fila del centrodestra, oggi si proporrebbe di essere pontiere fra una coalizione al Governo ed un'altra che è all'opposizione. Credo che i pontieri, per non essere soggetti che vantano idee senza costrutto, dovrebbero, per conseguire quell'effetto, avere dietro di sé delle forze. E le forze in democrazia sono i numeri dei risultati conseguiti elettoralmente.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 11,30)
MARIA TERESA ARMOSINO. Desidero ora soffermarmi su una seconda questione da voi tanto vituperata che si riconnette a quanto fin qui detto. Faccio riferimento alla legge elettorale.
Signori della sinistra e della controsinistra, voi siete al Governo solo grazie ad una legge elettorale alla quale dovreste essere grati. Non dubito che taluno di voi vada ogni tanto ad accendere un cero - almeno quelli tra voi credenti - per aver Pag. 20trovato sul vostro cammino questa legge elettorale. I numeri - e lo si è già detto in questa sede in modo autorevole - diversamente non vi avrebbero consentito di governare. Ma, a fronte di questa inusitata fortuna, l'atto di arroganza del vostro Governo, che non ha voluto leggere nell'interpretazione che di quel voto hanno inteso dare gli italiani - l'esigenza di fare attenzione perché la differenza fra le due coalizioni al Senato è di soli 24 mila voti - è stato quello della autosufficienza.
Temo fortemente che la vostra arroganza non provenga dalla dignità di voler assolvere ad un ruolo; considerato anche quanto è accaduto o stava per accadere in relazione alla sistemazione di partite economiche, bancarie e finanziarie, si tratta di una vera e propria occupazione di potere della serie «finché dura continuiamo».
Purtroppo ho altri argomenti a conferma di ciò che vorrei fosse un mio errore, sul quale sarei anche disponibile a cambiare opinione, ma non riusciamo a percepire questa sensazione. La vostra divisione, che per me che vengo dal Piemonte, è iniziata in campagna elettorale, quando i deputati che oggi siedono nei banchi di Rifondazione comunista sostenevano che la TAV non si sarebbe mai realizzata.
Vedete, gli italiani sono un popolo maturo e, come tutte le persone mature, valutano i Governi dalle azioni e non certo dai proponimenti. La TAV è un'opera indispensabile per il Piemonte e per il Paese. Questa è la sfida che voi non riuscirete a vincere, sapendo benissimo che dovrete dare indicazioni per la realizzazione della TAV entro la prossima estate, non certo quella del 2008. Non potrete creare ulteriori illusioni, dicendo che forse si farà un ponte sospeso per aria. Queste sono le questioni sulle quali ci si deve confrontare.
Ci sono altri problemi, che avete creato, come i Dico, i quali prevedono la tutela delle coppie eterosessuali ed omosessuali che non intendono contrarre matrimonio, materia che entra ed esce dalla vostra politica di governo. Oggi siete arrivati a dire, dopo la debacle al Senato, che questo è un problema che appartiene alla libertà di coscienza. Subito dopo il voto di fiducia in quel ramo del Parlamento, il ministro Pollastrini ha smentito le affermazioni del Presidente del Consiglio, sostenendo che avrebbe continuato la sua battaglia, con la ricerca di voti in Parlamento.
Ciò che serve al Paese non è un'ulteriore agonia, accompagnata da una crescente pressione fiscale che - ormai è un dato di fatto - ha punito soltanto coloro che già pagano le tasse e non certo gli altri. È la «ridicolaggine» del maggior introito derivante dall'attività di contrasto all'evasione fiscale; ci incontreremo il prossimo anno per vedere quale sarà stato il gettito conseguente alla vostra politica fiscale, punitiva per l'economia di questo Paese.
Sul tema della politica fiscale avrete ulteriori difficoltà. Voi dite che adotterete una politica di sostegno per la famiglia. Non siete nemmeno riusciti a decidere, utilizzando l'extra gettito fiscale, che non è certo merito vostro - in parte nel suo discorso Prodi riconosce che anche il Governo Berlusconi vi ha in parte contributo -, come destinare questi miliardi aggiuntivi.
Avete sostenuto che avreste adottato una politica a favore della casa. Nel vostro programma di Governo era prevista una tassazione degli affitti analoga a quella delle rendite finanziarie. Siamo ancora una volta nell'ambito dell'effetto-annuncio. Tante promesse, pochi risultati concreti, soltanto un incremento di tasse.
Ho già avuto modo di dire in quest'aula che una sola altra volta, molti anni fa, avevo visto nel Paese manifestazioni rilevanti come quella cui ho assistito da quando voi siete al Governo. Era la marcia silenziosa dei «quarantamila» a Torino. Quando, prima di Natale, sottolineai questo fatto fui molto poco considerata, per non dire irrisa. Oggi avete toccato con mano che la vostra politica non ha convinto nessuno. Non potrete certo dire che non avete convinto nessuno perché questo Paese è costituito soltanto da evasori, come lentamente volete far credere.Pag. 21
Se la vostra morte deve avvenire, quindi, che avvenga ad opera dei più coscienziosi, di quelli che dimostreranno, ancora una volta, di avere un po' di cura di questo Paese e non esclusivamente la volontà di occupare posizioni che, viceversa, non vi saranno.
Sui temi concreti, sulla politica fiscale, sulle grandi riforme, su tutto questo potremo parlare, ma non ci sono uomini e donne buoni per tutte le occasioni e per fare proposte bisogna essere in primo luogo credibili.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, cito testualmente le parole dell'onorevole Presidente del Consiglio come estrapolate dai verbali della Commissione Moro: «Era un giorno di pioggia, facevamo il gioco del piattino, termine che conosco poco perché era la prima volta che vedevo cose del genere. Uscirono Bolsena, Viterbo e Gradoli. Nessuno ci ha badato: poi in un atlante abbiamo visto che esiste il paese di Gradoli. Abbiamo chiesto se qualcuno sapeva qualcosa e visto che nessuno ne sapeva niente, ho ritenuto mio dovere, anche a costo di sembrare ridicolo» - qui lo condivido - «come mi sento in questo momento,» - ancora, lo condivido - «di riferire la cosa. Se non ci fosse stato quel nome sulla carta geografica, oppure se fosse stata Mantova» - non Vicenza, ha detto Mantova - «o New York, nessuno avrebbe riferito. Il fatto è che il nome era sconosciuto ed allora ho riferito».
Era il 2 aprile del 1978, signor Presidente del Consiglio, e queste sono le parole da lei pronunciate il 10 giugno del 1981 davanti alla Commissione Moro. Ci risiamo, signor Presidente del Consiglio: oggi lei sta proponendo al paese, nuovamente, il gioco del piattino, cercando di far parlare un defunto, una maggioranza che è trapassata senza fiori né opere di bene agli occhi di tutti gli italiani. Una maggioranza che si è consumata attraverso una cicaleccio continuo e che ancora perdura, con protagonisti interni al suo Governo che, tutti pronti a citare i massimi sistemi comunisti, hanno tuttavia dimenticato la famosa massima dell'apostolo San Paolo, quando ci ricorda che il buon Dio ci ha dato due orecchie e una bocca per ascoltare il doppio e parlare la metà!
Il popolo sta abbandonando in massa la sua cerimonia esoterica, signor Presidente del Consiglio e con il popolo la stanno abbandonando le grandi testate giornalistiche, gli opinion leaders, i Governi europei, il mondo delle imprese, i sindacati, le autorevoli agenzie di rating, gli stessi elettori di un centrosinistra già ampiamente delusi, i senatori Andreotti, Pininfarina e Cossiga.
A nessuno piace e può piacere la risposta ai gravi problemi del paese basata su vaghi oroscopi, scritti su una paginetta, che possono essere interpretati come tutto e il contrario di tutto. Eppure, onorevole Prodi, il signor Presidente della Repubblica, che forse lega poco con lei, ce l'ha messa tutta per metterla in guardia. Era il 25 maggio 2006 quando le suggerì che doveva fare del suo meglio per superare le fragilità e governare. È paziente - diceva il Presidente della Repubblica -, usi questa sua qualità. Invece, nei mesi trascorsi da premier, lei di pazienza né ha avuta pochissima e caparbiamente continuava ad ostentare sicurezza: «la nostra maggioranza al Senato funziona e vota compatta».
Devo dire, per la verità, che, ancora una volta, ci ha pensato il ministro degli esteri Massimo D'Alema a confezionarle la testa del Battista su un piatto d'oro. Quando lei, signor Presidente del Consiglio, è salito al Colle, si è reso conto che il tempo dei suggerimenti presidenziali è irrimediabilmente finito; ora, le chiedo: cosa è cambiato, oggi, in termini di arroganza governativa, da rendere superati i continui avvertimenti che il Presidente della Repubblica ha inteso darle?
Quanto pensa di tirare a campare prima che tutti i suoi ministri inizino l'insostenibile rumor di fondo a cui siamo abituati, prima che ripartano i ricatti massimalisti, prima che sia stoppato dai Pag. 22sindacati e prima di vedere il popolo della pace, coi segretari in testa, percorrere la Val di Susa e le pianure vicentine, prima che i senatori, nudi e puri, dicano «no» alla missione in Afghanistan, prima che il senatore Andreotti riceva nuovi ordini sui Dico dall'oltre Tevere? Quanto crede di potere andare avanti? Tre mesi, sei mesi? Arriverà a mangiare il panettone?
Onorevoli colleghi, ora che il nodo è venuto al pettine, occorre agire con coraggio e lungimiranza. Qui non si tratta né di consentire a Prodi di riprovarci, per poi dover prendere atto, fra qualche settimana o mese, quel che è stato chiaro fin dal primo discorso, nè di tornare alle urne, magari per continuare l'assurdo gioco dell'alternanza tra coalizioni impotenti.
Bisogna, invece, infrangere il tabù del bipolarismo all'italiana e aprire una stagione politica nuova che metta finalmente a confronto il popolo democratico liberale e il popolo riformista, impedendo i condizionamenti di un estremismo massimalista che, come una rottamazione del secolo precedente, sta arrugginendo, con alcuni pericoli, tutto il paese.
Abbiamo bisogno che il mandato venga dato ad una personalità che, per convinzioni politiche, magari, per status istituzionale, tenti la costruzione di un Governo di larghe intese che faccia perno sulle componenti moderate e riformatrici di entrambi gli attuali schieramenti e che, invece, escluda a priori la sinistra massimalista e la destra populista. È tempo di aprire e sostenere un autentico tavolo dei riformatori riformisti cattolici liberali e, soprattutto, socialisti.
E basta sedute spiritiche per un dodecalogo che non dice nulla e, ovviamente, non risolve nulla! L'evocazione dello spirito di La Pira nelle sedute spiritiche dice che lei, signor Presidente del Consiglio, non mangerà il panettone. Signor Presidente del Consiglio dei ministri, noi, socialisti riformisti del nuovo PSI, le diciamo e le auguriamo di non mangiarlo, per il bene dell'Italia e degli italiani. È necessario che questo Parlamento non le dia la fiducia, per trovare, al suo interno, una grande coalizione che risolva i problemi del paese, con una legge elettorale che dia agli italiani la possibilità di scegliere il loro Governo vero e fare in modo che essi non si vergognino più di questi Presidenti del Consiglio che continuano a fare solo sedute spiritiche, con cariche negative per l'Italia e tutti gli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Spini. Ne ha facoltà.
VALDO SPINI. Signor Presidente, colleghi, questa crisi, come è noto, è cominciata con il mancato raggiungimento da parte del Governo della maggioranza al Senato sulla mozione di politica estera e termina, invece, con la fiducia della maggioranza dei senatori al Governo e senza computare i senatori a vita. Ci possiamo dichiarare soddisfatti. Quando ci vuole, ci vuole! Certo, senza trionfalismi e consapevoli delle difficoltà del momento.
Un sincero riconoscimento va tributato all'opera del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che è stato gestore inappuntabile della crisi e che ha stimolato il Governo e le forze politiche a raggiungere l'autosufficienza politica della maggioranza. Questa è stata raggiunta ed oggi si può e si deve partire con quel nuovo slancio di cui ha parlato il Presidente Prodi.
Tuttavia, come non vedere che, nel corso della crisi, sono emerse difficoltà e problemi di collegamento nel rapporto con il paese, che vanno risolti sia con l'azione di Governo sia con quella delle forze politiche?
Al tempo della prima Repubblica si lamentavano instabilità dovute all'atteggiamento di questo o di quel partito che, di volta in volta, usciva dal Governo, faceva mancare la fiducia, cambiava il Presidente del Consiglio, ma, comunque, si trattava di partiti chiamati a rispondere dei loro atti di fronte all'elettorato.
Nel corso di questa crisi, l'attenzione si è dovuta forzatamente polarizzare sull'atteggiamento di questo o di quel senatore: se il senatore x o il senatore y avrebbe Pag. 23partecipato alla votazione o avrebbe cambiato atteggiamento nel corso della giornata. Tutto questo non può, evidentemente, non aver lasciato strascichi o provocato logoramenti ed è nostro compito contrastarli. Proprio a ciò mira il dodecalogo su cui i partiti della maggioranza e dell'Unione hanno rinnovato e rinsaldato la loro collaborazione, ma sono altresì essenziali due aspetti: l'azione dei partiti e l'abolizione della riforma di questa perniciosa legge elettorale vigente.
Riguardo al ruolo dei partiti, noi pensiamo che essi debbano essere capaci, non di abbandonare i grandi riferimenti di ideali e di valori, ma di inverarli nella pratica della loro azione politica programmatica. Ideali e concretezza devono rappresentare punti di riferimento della nostra azione.
Per questo, riteniamo che i partiti debbano rimanere collegati ai loro riferimenti di ideali e di principi e, in questo mese di celebrazione del cinquantesimo anniversario dei Trattati di Roma, per noi, questo riferimento di principio ideale è rappresentato dal socialismo europeo e dal suo partito, un socialismo garanzia di laicità e di democrazia, capace, con Jacques Delors, di proporre, con credibilità, un'Europa sociale che corrisponda alle attese dei suoi cittadini. In questo senso i partiti non vanno destrutturati, ma rinnovati e rinvigoriti e anche - e questo li può aiutare - con decisi tagli di moralizzazione ai costi della politica.
Ma anche la legge elettorale è determinante. Quella fatta approvare nella scorsa legislatura dalla maggioranza di centrodestra non poteva non rappresentare una vera e propria bomba ad orologeria per la stabilità dei governi e delle coalizioni. E non solo. Infatti, tagliando ogni rapporto tra eletti ed elettori, sia che questo si esprimesse con le preferenze sia che si esprimesse invece - come preferiamo - con la rappresentanza di collegi uninominali, ha fortemente concorso all'indebolimento delle istituzioni, in particolare di quella parlamentare che riteniamo fondamentale per la difesa e lo sviluppo della democrazia nel nostro paese.
È ora di scegliere un modello elettorale consolidato. La nostra preferenza va a quello francese: reintroduzione del collegio uninominale e sistema a doppio turno che consente alleanze chiare, limpide, leali, di cui lo stesso elettorato è protagonista. Si tratta di un sistema maggioritario che chi parla ha proposto nella forma di un sistema temperato dalla riserva di un 25 per cento di posti da assegnare con il proporzionale, con lo sbarramento del 5 per cento.
Ma se questo non trovasse i necessari consensi, credo che un sistema accettabile potrebbe essere quello tedesco, naturalmente se basato sui due pilastri del meccanismo della sfiducia costruttiva, che difende la stabilità di governo, e lo sbarramento del 5 per cento, che impedisce la frammentazione esasperata del sistema politico. Riproponiamo questo tema al confronto della maggioranza e delle opposizioni. Prendiamo atto che proprio stamattina, a Radio anch'io, l'onorevole Berlusconi ha difeso l'attuale legge elettorale, ma vogliamo verificare in quest'aula se tale è davvero l'atteggiamento di tutte le forze politiche dell'opposizione, se si fanno risucchiare nella difesa di una legge esistente che è chiaramente indifendibile.
Vogliamo un'Italia che si stabilisca appieno nei sistemi politici e istituzionali europei. Questo significa dare il massimo impulso all'azione di governo. Cosa può allargare la base sociale dell'elettorato di una maggioranza di centrosinistra come la nostra? Solo la capacità di unire gli obiettivi di giustizia sociale ed inclusione degli emarginati a quella di sollecitare le forze più dinamiche dell'economia, sia del lavoro che dell'imprenditoria, in una prospettiva di crescita inquadrata nell'ambito di quella strategia di sviluppo sostenibile che sta diventando un'esigenza planetaria sempre più urgente e sempre più avvertita. Per ridare dinamica e crescita all'economia italiana, per aprire nuove prospettive ai giovani e alle donne, che sono escluse Pag. 24dal lavoro ancora per tanta parte, occorre una dialettica sociale che si consolidi in forme dinamiche, non statiche.
E, allora, due operazioni sono necessarie. Una è espressa nei suoi punti programmatici, signor Presidente del Consiglio: mi riferisco alla promozione della ricerca scientifica e dello sviluppo tecnologico, al ritorno dell'Italia sulla frontiera delle produzioni più innovative e di alto contenuto tecnologico. L'altra è ben descritta nel libro del responsabile dell'ufficio studi della Banca d'Italia, Salvatore Rossi: è quella di creare anche le condizioni per un salto dimensionale dell'impresa italiana, perché possa reggere il confronto con l'innovazione tecnologica. Il libro contiene molte idee giuste: portare almeno mille nuove aziende in borsa, creare le condizioni per una dinamica positiva in quest'ambito. E questo serve per dare risposta non solo all'ansietà ma alla stessa condizione di depressione dei giovani, che non vedono oggi speranze di conseguire gli stessi obiettivi di stabilità, di reddito, di condizioni di vita dei loro genitori. È proprio alle giovani e ai giovani nel nostro paese, in particolare a chi si trova in condizioni di precarietà e di insicurezza, che dobbiamo non solo inviare il nostro saluto ma soprattutto promettere un particolare impegno che dia loro speranza e fiducia.
Ecco allora che il Governo potrà allargare la sua base, se la società civile e produttiva del nostro paese si sentirà indirizzata e stimolata non solo ad approfittare della ripresa della locomotiva tedesca - che ha ricominciato a tirare - ma anche a riportare l'Italia nelle posizioni di testa nel tasso di crescita non solo quantitativo ma anche qualitativo. Se il Governo riesce a dare questa sensazione al paese, riprenderà slancio. E noi lo aiuteremo e lo stimoleremo in questa direzione.
Ci aspettano prove difficili, che sono del resto ineliminabili quando si dispone di una maggioranza ristretta come la nostra, ma che ha l'ambizione - per esempio - di condurre una politica estera innovativa e di grande dignità, che ci qualifica in campo internazionale. E su questo piano mi sia consentito dire che si avvicina la data dell'8, del 9 marzo, in cui si riunirà il Fondo per la lotta all'AIDS, alla malaria e alla tubercolosi. E, se non saremo stati solvibili nei contributi a quel fondo, l'Italia rischierà l'esclusione dal direttivo di un fondo così importante dal punto di vista umanitario e di politica estera.
Ma queste prove difficili, signor Presidente e colleghi, potranno essere superate se la maggioranza potrà essere insieme più responsabile e più audace, più dotata di compattezza e al tempo stesso di spirito di iniziativa; di iniziativa a livello parlamentare anche quando, come sui Dico, il Governo dice di aver esaurito il suo compito. Ma non esaurito è il compito della maggioranza.
È per questo, dunque, che da questi banchi rivolgiamo al Governo l'augurio del gruppo dell'Ulivo e l'invito a ripartire per la sua opera rafforzato e rinvigorito da questa prova.
Ma, certamente, l'invito è anche al rilancio delle istituzioni democratiche, della democrazia nel nostro paese. Vedete, sono andato a rileggere uno scritto di Vittorio Emanuele Orlando, pubblicato a suo tempo su Il Ponte di Piero Calamandrei, intitolato significativamente «Il parlare in Parlamento».
Ebbene, in questo libro si nota, giustamente, che in un popolo, in una comunità territoriale e nazionale il processo individuale di esame e di decisione avviene in Parlamento. «E noi» - afferma Orlando -, «che questo istituto abbiamo servito e serviamo, non possiamo non sentirci inferiori, tutti, alla nobiltà di esso. Tutti dobbiamo sentire che non ne siamo abbastanza degni ma questa inferiorità possiamo in parte riparare con un amore intenso e con una devozione assoluta».
Signori del Governo, anche attraverso un rinnovato rapporto con il Parlamento potrete trovare, credo, la spinta e la forza necessaria. Ed è per questo che noi, oggi, ci accingiamo a votarvi la fiducia.
Ed ecco, allora, signor Presidente e colleghi, che l'augurio che formuliamo, in conclusione, è che da questa prova, da questa crisi ne usciamo tutti più forti, Pag. 25Governo, istituzioni e Parlamento, ed in grado di corrispondere alle attese del paese che vuole avere fiducia, che chiede di poter vedere le iniziative, le promesse elettorali rispondenti allo slancio che ci fu nelle scorse elezioni e, ancor prima, nelle primarie che portarono alla scelta del Presidente del Consiglio.
Trovare questo spirito è vostro e nostro dovere. Ed è su questo piano che va l'incitamento, la fiducia ed il voto del gruppo parlamentare de L'Ulivo (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Elia. Ne ha facoltà.
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi, come il Presidente Prodi sa, ad un rinvio del suo Governo alle Camere noi avremmo preferito un nuovo Governo da lui guidato, in cui risultassero ampliate e rafforzate la politica e le componenti liberali e riformatrici dell'Unione, la libertà di decisione e di azione del Presidente del Consiglio. Il Presidente Napolitano, invece, ha dovuto prendere atto di una volontà politica sua e degli altri partiti dell'Unione diversa dalla nostra e, correttamente, ha deciso il ritorno del Governo alle Camere per il voto di fiducia.
Ciò detto, noi radicali non possiamo non votare la fiducia ad un Governo di cui fa parte Emma Bonino, leader del nostro partito e ministro del Governo che, nel Governo, ha dato prova, forse più unica che rara, di correttezza istituzionale, di impegno nel proporre soluzioni laiche e liberali ai problemi del nostro paese.
Il nostro voto a favore non è solo di fiducia personale nei confronti di Emma Bonino e del ruolo che lei può giocare in questo Governo. Vuol dire anche dare fiducia ad un Governo che ha preso l'impegno di portare all'ONU la proposta di moratoria universale delle esecuzioni capitali.
Diamo atto che, nelle settimane che sono seguite all'iniziativa non violenta di Marco Pannella sull'obiettivo «Nessuno tocchi Saddam», poi convertita sull'obiettivo più generale della moratoria, Prodi personalmente, ma anche il ministro D'Alema e lo staff della Farnesina, hanno operato, insieme a «Nessuno tocchi Caino» ed al partito radicale, perché una risoluzione sia portata al voto dell'Assemblea generale in scorso.
Signori del Governo, Presidente Prodi, questo è un banco di prova della fiducia che noi ci apprestiamo a votare al Governo. La moratoria non sarebbe solo un successo del Governo, sarebbe anche un successo del Parlamento che, su questo, ha sempre registrato una convergenza straordinaria di maggioranza e di opposizione.
La convergenza di maggioranza e di posizione su questioni cruciali è obiettivo da tentare sempre, come metodo, ma diventa una condizione indispensabile ed un fine da perseguire sulla politica estera e di difesa, nella quale non si espone al mondo il solo Governo, ma si rappresenta nel mondo un paese intero.
Così accade in tutte le democrazie, dove, sulla politica estera, non esistono divisioni nette di democratici e repubblicani, di laburisti o conservatori.
Da questo punto di vista - mi rivolgo al Presidente Prodi -, non capisco il principio, oggi considerato sacro, dell'autosufficienza, soprattutto se questo principio sacro viene applicato a corrente alternata, per cui sull'Afghanistan ci vuole la maggioranza politica e l'autosufficienza da blindare militarmente con il voto di fiducia per neutralizzare alcuni obiettori di coscienza, mentre nel caso dei Dico varrebbe il principio della maggioranza parlamentare e il rispetto assoluto della obiezione di coscienza. Nell'uno e nell'altro caso sarebbe invece opportuno e giusto cercare in Parlamento il consenso più ampio, che sulla politica estera e di difesa del nostro paese è largamente superiore a quello che si può registrare nella sola maggioranza.
Ieri, al Senato, il Presidente Prodi ha detto che sui costi della politica, che sarebbe meglio definire i costi dell'antipolitica e dell'antidemocrazia, il Governo ha già deciso alcune cose, ma non ha fatto ancora abbastanza.Pag. 26
Il tema è evocato anche nei famosi dodici punti del programma. Dal tema si tratta ora di passare al suo svolgimento. Alla ripresa dei lavori parlamentari, il Governo troverà depositate proposte di legge, preparate da noi Radicali, sulla riduzione drastica dei costi impropri e indiretti della politica, sulle comunità montane e sui cosiddetti rimborsi elettorali.
La legge del 2006 è l'ultima odiosa versione del finanziamento pubblico ai partiti contro cui i Radicali combattono dal 1977 e, nel 1993, con il 90,3 per cento dei voti degli italiani, hanno vinto un referendum poi tradito con leggi truffa, approvate di notte dal partito unico del finanziamento pubblico che ha sempre unito in Parlamento destra, centro e sinistra.
Ma l'universo dei costi dell'antidemocrazia è assai più vasto. Infatti, se il finanziamento pubblico ai partiti, tramite l'espediente dei rimborsi elettorali, costa all'erario 200 milioni di euro all'anno, l'ammontare dei costi indiretti della politica arriva ai 4 miliardi di euro, pari ad un quarto di una legge finanziaria ordinaria.
Con questi soldi pubblici si pagano gettoni, stipendi, emolumenti ad amministratori locali, manager pubblici, consiglieri e consulenti di istituti, centri, autorità, commissioni, enti, agenzie, comunità, società miste e chi più ne ha più ne metta. Un vero e proprio esercito di impiegati della politica, che vivono di politica, che occupa il territorio per conto dei partiti che, oltre ad incidere pesantemente sulla spesa pubblica, costituisce un fattore decisivo di blocco del sistema Italia, della sua competitività interna e della sua capacità di attrarre investimenti esterni.
L'obiettivo di liberalizzare e modernizzare il paese non può essere perseguito soltanto attraverso i tagli di bilancio, ma occorre sciogliere questo esercito di occupazione che opprime i cittadini, occorre liberare l'Italia dal potere illegale e clientelare dei partiti.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, mi rivolgo comunque al Presidente del Consiglio anche se in questo momento non è presente in aula.
Presidente Prodi, ho letto con molta attenzione le dichiarazioni da lei rese l'altro giorno al Senato, ho anche riletto le dichiarazioni da lei rese a questa Camera quando si presentò nove mesi fa e ho riflettuto su quanto avvenuto in questo scorcio di legislatura.
Come allora, il gruppo dell'Italia dei Valori le rinnova il pieno appoggio, nel tentativo di andare avanti per affrontare i bisogni del paese. Siamo consapevoli che si è trattato di una crisi politica, che potrebbe ripresentarsi se per il futuro non dovesse prevalere il senso di maturità e di responsabilità, che non tutti i componenti della coalizione fin qui hanno sempre dimostrato di avere.
Mi riferisco a quei membri del Governo e a quei parlamentari che hanno ritenuto di scendere in piazza contro il Governo del quale facevano parte o che sostenevano, realizzando così un paradosso unico al mondo nei paesi democratici. È un vero peccato, perché le pillole più amare, necessarie per mettere in carreggiata il paese dopo cinque anni di una politica che ha gravemente deteriorato tutti gli indicatori economici, sono state somministrate ed il quadro economico generale, grazie anche a quegli interventi, sta volgendo verso migliori prospettive.
Tuttavia, vi sono elementi di criticità che lei, signor Presidente del Consiglio, ha ritenuto di individuare nei dodici punti prioritari e non negoziabili per il rilancio dell'azione di Governo. Solo alcuni di essi hanno avuto una sottolineatura nel suo intervento, mentre su altri - che per noi dell'Italia dei Valori rappresentano punti irrinunciabili - non si è detto nulla, salvo qualcosa in sede di replica, mi auguro solo per questioni di brevità.
Mi riferisco in primo luogo ai temi della tutela dei consumatori e delle liberalizzazioni. Tali questioni si riallacciano in realtà a quella più generale della risoluzione del conflitto di interessi, sulla Pag. 27quale siamo fermi. È un vero e proprio tarlo, che «mangia» il sistema ad ogni livello, anche a quello locale. Infatti, è nel conflitto di interessi che alligna la corruzione, la concorrenza sleale, il prevalere dell'interesse particolare su quello generale, della raccomandazione sul merito.
Quasi il 50 per cento delle nostre banche quotate ha imprenditori non finanziari come azionisti di riferimento. Tale fatto è alla base di incroci proprietari tra banche e industria, moltiplica presenze oligarchiche nei consigli di amministrazione, accentua le operazioni bancarie verso parti correlate.
Non possiamo accettare che banchieri con gravi condanne per bancarotta fraudolenta e preferenziale, ancorché non definitive, possano con semplici delibere di assemblea tornare in sella come se niente fosse, alla faccia della tutela dei consumatori.
Non possiamo accettare che non esistano regole per incompatibilità e incandidabilità anche e soprattutto per gli eletti in Parlamento, in particolare per quelli condannati con sentenza passata in giudicato.
Noi dell'Italia dei Valori abbiamo presentato una proposta di legge che dà risposta a qualcuno di questi problemi: ci aspettiamo che lei la faccia sua e l'appoggi.
Anche le liberalizzazioni vanno portate avanti rapidamente in campo energetico e, in generale, nei servizi pubblici; devono comunque essere vere liberalizzazioni, nell'ambito delle quali non si ceda al corporativismo, ai privilegi e alle minacce di azioni di piazza alimentate da ben individuati settori politici.
Infine, a proposito della riduzione dei costi della politica, non possiamo sottacere che non siamo soddisfatti di come le cose siano andate sin qui. Non può esistere equazione tra costi della politica e costi della democrazia. È vero che un tema come questo non può essere affrontato in modo demagogico, ma non possiamo pensare di chiedere sacrifici ai cittadini e nessun sacrificio ai parlamentari.
Italia dei Valori ha presentato una proposta di legge per sospendere fino al 2011 il meccanismo di adeguamento automatico delle nostre indennità: signor Presidente, faccia sua questa proposta e si spenda per l'approvazione.
Non possono essere ascritti ai costi della democrazia i 600 milioni di euro di contributi che lo Stato paga ogni anno alla stampa di partito, compreso il mio: noi siamo pronti a rinunciarvi subito. Non possiamo accettare che gli enti locali moltiplichino le società a partecipazione mista, prive di controllo sul numero dei consiglieri e sulla loro remunerazione; che consiglieri comunali e provinciali abbiano trasformato surrettiziamente i gettoni di presenza in vere e proprie indennità sostitutive di un normale lavoro e che sindaci ed assessori moltiplichino incarichi e relative indennità. Anche su questi temi avevamo trovato un accordo di maggioranza in sede di esame della legge finanziaria, ma non si sa come e perché queste misure non sono state riprodotte nel maxiemendamento del Governo.
Non possiamo accettare che si intervenga sul sistema pensionistico e non sulle pensioni dei parlamentari; recenti inchieste sono state impietose nel rappresentare la situazione, così come è vergognoso che ex parlamentari, condannati in via definitiva o con patteggiamento per reati di corruzione, concussione, appropriazione indebita e reati contro la pubblica amministrazione, percepiscano da più di dieci anni laute pensioni, anziché essere espulsi per indegnità dalla comunità politica.
Sarà anche demagogia ma chi, come me, non vive nel mondo dorato del Palazzo e ha sempre vissuto e continua a vivere in mezzo alla gente sa bene quanto i cittadini siano sensibili anche a semplici misure come queste ed alla reale riduzione di auto blu e scorte.
Signor Presidente del Consiglio, mi auguro che nella replica ella vorrà darci rassicurazioni in merito essendo comunque evidente che con lealtà - la stessa dimostrata in questi mesi - l'Italia dei Valori continuerà a darle un appoggio pieno e convinto, consapevole che in questo momento, al di là di questo Governo, c'è solo il baratro, specie per i soggetti più Pag. 28deboli [Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mazzoni. Ne ha facoltà.
ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, i giornali di oggi ci hanno proposto un Presidente del Consiglio euforico, ottimista ed incauto propugnatore dell'autosufficienza di questa maggioranza; se fossi in lui non sarei altrettanto ottimista. Infatti, con il voto di ieri al Senato il cosiddetto «pasticciaccio italiano» - così definito da The Wall Street Journal - non si è chiuso, ma al contrario trova oggi una sua dolorosa ufficialità.
Siamo chiamati ad esprimere per la seconda volta la nostra posizione sul Governo presieduto dall'onorevole Prodi, che, indifferente alla crisi da egli stesso definita politica, si ripresenta alle Camere incerto più di prima, raccontando peraltro che il suo Governo nei prossimi giorni conterà sul sostegno delle forze sociali, che però non fanno parte di queste aule parlamentari; il Presidente, infatti, sa di non potersi rivolgere alla sua maggioranza, che di fatto non ha.
È quasi pleonastica la dichiarazione di voto contrario che oggi siamo portati ad esprimere. È un voto contrario da parte di chi, come me, in questi nove mesi ha praticato motivatamente una seria e forte opposizione all'azione di Governo.
Tuttavia, il tasso di follia della politica, che ha raggiunto un livello altissimo in questi ultimi giorni, più che l'obbligatorio rituale dei palazzi mi spinge in questa sede a riconfermare ed a riproporre le mie intenzioni.
La caduta del Governo ha proposto e prodotto sicuramente un trauma. Essa non ha determinato - ahimé! - la morte di questo Governo, ma sicuramente avrà conseguenze invalidanti che imporrebbero al sopravvissuto modifiche sostanziali alle sue abitudini di vita. In realtà, il Governo oggi c'è: il suo asse, per le dichiarazioni del Presidente del Consiglio e per l'innaturale artificiosità di qualche consenso acquisito, è a suo modo spostato verso il centro, non di tanto, ma di quanto basta per rendere più sospettosa quella sinistra radicale, che ha già annunciato un fuoco di sbarramento e che oggettivamente è la parte della maggioranza che più esce sconfitta da questa vicenda.
Il cammino sarà più periglioso ed ancora più incerto sarà l'esito di quel poco che, con voluta sommarietà, il Presidente del Consiglio ha promesso di fare. Moody's ha espresso sull'Italia una preoccupazione meramente economica, definendoci il paese d'Europa con il più basso tasso di riformabilità e giudicando il dodecalogo più il prodotto di un'esigenza di sopravvivenza che una chiara piattaforma programmatica. Si tratta di dodici punti di sutura per ricucire 281 pagine di annunci inconciliabili. Il Presidente del Consiglio aveva la necessità di salvare l'anima dei più della sua coalizione e non poteva tralasciare nulla. Con il tutto ed il nulla del suo intervento ha cercato di mettere in condizione la sinistra comunista e quella riformista, i teodem, i cattolici, i liberali e, per giunta, l'ultima parte residuale aggiuntasi negli ultimi giorni di poter dire di sì, raccontandosi di essere stati rispettati.
Credo che gli italiani dovrebbero temere ancor di più la fragilità di questo Governo: alla già variegata composizione di una maggioranza litigiosa e divisa su scelte essenziali per la vita del nostro Paese, si aggiunge oggi anche qualche ulteriore elemento di frammentazione. Si consideri bene il fatto che chi si è aggiunto al coro non è un corista per natura, ma, al contrario, un solista di grande spessore che aspira, per conferire dignità alla propria scelta solitaria, di far sentire la propria voce.
La sfiducia ha determinato le dimissioni di questo Governo, ma è stato solo l'esito prevedibile di un percorso impervio, al quale dobbiamo abbiamo dovuto assistere. Questa crisi ha prodotto un unico risultato, dando un unico momento di unità e compattezza alla maggioranza, mai manifestate chiaramente in precedenza, Pag. 29nel sostenere che il Governo, e con esso il potere che a ciascuno deriva, deve continuare ad esistere, costi quel che costi all'Italia ed ai cittadini italiani, perché alle porte c'è «il barbaro», il centro-destra, Berlusconi ed allora bisogna compattarsi per sconfiggere il «barbaro alle porte».
Le posizioni assunte in questi giorni con dichiarazioni pubbliche di vari e qualificati rappresentanti della maggioranza di questo Governo danno conto che su temi fondamentali vi sono tali e tante contrapposizioni, da lasciare presagire un'insoddisfacente realizzazione delle esigenze del Paese. L'unica nota positiva che avevo colto nella relazione del Presidente del Consiglio era rappresentata dall'appannamento della presunzione di autosufficienza, che aveva caratterizzato i suoi comportamenti negli ultimi nove mesi. Le dichiarazioni di oggi mi portano a dover cancellare anche quest'unica nota positiva.
Per il resto, nelle comunicazioni rese e nella stessa replica data al Senato non sono riuscita ad intravedere elementi da cui trarre certezze su ciò che il Governo vorrà o potrà fare per la genericità e l'indecifrabilità delle espressioni usate. Il problema è sicuramente di chi ha dato e dovrà dare la fiducia a questo Governo, ma penalizza anche chi come noi, nel negare la fiducia, vorremmo confrontarci su questioni e dare apporti costruttivi per realizzare quelle riforme necessarie ad una vera modernizzazione del nostro Paese.
I voti che al Senato hanno ridato fiato (sarebbe inopportuno parlare di fiducia) al Governo sono così pieni di riserve e di contraddizioni da non consentire un dialogo contrappositivo chiaro e finalizzato al raggiungimento di precisi risultati. Il Presidente del Consiglio aveva chiesto in apertura di non essere giudicato per quello che non avrebbe detto, ma è difficile giudicarlo anche per quello che ha detto. È quasi imbarazzante: la spesa pubblica, il Mezzogiorno, la TAV, le riforme istituzionali, le pensioni, le liberalizzazioni sono purtroppo solo titoli di un indice senza testo di riferimento ed anche rappresentanti della maggioranza di questo Governo parlano di temi evocati, di promesse annunciate, di pochezza di questo programma, di speranze per il futuro.
Non credo che il Presidente del Consiglio possa pretendere il silenzio da parte nostra, anche perché, nell'anticipare il nostro voto contrario e la contrarietà al rinnovo di fiducia al Governo Prodi, non possiamo che segnalare quelle gravi minacce, che con questa operazione sono state di nuovo poste di fronte al nostro Paese ed alla sicurezza dei cittadini italiani.
Mi limiterò solo ad alcuni riferimenti, a partire da quello che sicuramente sta più a cuore al mio partito, al gruppo che rappresento, l'UDC. Disconoscere la paternità del Governo sui Dico con un'operazione pilatesca non può certo soddisfare le preoccupazioni di quanti - come noi - si aspettano un altro momento di crisi e un'altra caduta significativa di questa maggioranza. Soprattutto, ciò non può essere acquisito come elemento di valutazione positiva quando fa da contraltare a questo atteggiamento pilatesco un'indicazione nei confronti della famiglia, che è sempre la stessa. Si tratta di un'indicazione di attenzioni non organiche, disarmoniche e disarticolate. Le politiche della famiglia, che noi proponiamo e che continueremo a sostenere, non hanno il carattere assistenziale che si desume dalle vostre anticipazioni, ma universale, perché implicano misure strutturali. Di questo, hanno bisogno le famiglie.
Tacere sul testamento biologico è sicuramente un ulteriore elemento di grave preoccupazione. Infatti, non si può negare quello che stavano facendo nei palazzi del Governo i soggetti indicati dai rappresentanti dello stesso per intervenire su una materia così delicata. Non può, Presidente Prodi, tacere su questi argomenti. Non può dire che la legge n. 40 non verrà toccata, quando invece ci sono già i soliti esperti che stanno lavorando per stravolgere le linee guida di quella legge, contraddicendo anche una volontà popolare espressa nell'appuntamento referendario che tutti conosciamo. Non si può tacere sulla droga, visto l'intervento devastante fatto dal ministro Pag. 30Turco. Non si può tacere sulla legge Fini-Giovanardi e su quello che attenderà i nostri giovani dopo questi annunci ed interventi improvvidi realizzati dal Governo in questi primi nove mesi di attività. Non si può tacere sulla giustizia: è incomprensibile ed inaccettabile che su un tema così cruciale come quello della giustizia non si dica niente e non vi sia attenzione su una materia che ha inevitabili connessioni sociali ed economiche. Si tratta di un tema cruciale!
Credo che il nostro voto di contrarietà a questo Governo sia oggi più convinto di ieri. Sicuramente il mio spirito garantista mi porta sempre a non condannare l'imputato senza prima aver ascoltato le sue difese. Ritengo tuttavia che abbiamo offerto un tempo sufficiente e strumenti adeguati a questo Governo e al Presidente Prodi per rappresentare una linea difensiva credibile. Oggi non possiamo che pronunciarci con una sentenza di condanna votando contro questa fiducia [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]!
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Prestigiacomo. Ne ha facoltà.
STEFANIA PRESTIGIACOMO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, questo dibattito, il cui esito è scontato dati i numeri in questo ramo del Parlamento, siamo tutti consapevoli - e ce lo ha confermato anche l'intervento del Presidente Prodi - che non segni affatto l'inizio di una nuova fase o di un nuovo cammino programmatico. Siamo tutti al capezzale di un Governo moribondo, cui è stato somministrato un palliativo, sapendo comunque che la sua sorte è segnata. Dal «libro dei sogni» del programma, 250 pagine e oltre, siamo passati alla «lista della spesa».
Non c'è speranza, non c'è futuro nei suoi dodici punti che rappresentano di fatto le ceneri del programma. Pure su quelli già si sa che non c'è un intesa, ma soprattutto non c'è chiarezza sulle scelte strategiche per il paese o sulla politica estera, tranne il fatto che Turigliatto ha già annunciato il suo voto contrario sul decreto-legge che rifinanzia la missione in Afghanistan. Inoltre, non c'è chiarezza sulle liberalizzazioni e sulle pensioni; non c'è chiarezza sulle infrastrutture di cui il paese necessita. Per non parlare poi dei Dico, la grande buffonata; di quelli non sono rimaste nemmeno le ceneri, ma solo l'impressione, che tanti avevamo intuito, di una sontuosa presa in giro ai conviventi e di una rapida ritirata strategica.
Signori rappresentanti del Governo, onorevole Presidente Prodi - che nemmeno ci onora della sua presenza qui alla Camera -, l'attuale situazione sapevamo tutti che era inevitabile: è il risultato del vostro travisamento dell'esito elettorale, che - ricalcolo o non ricalcolo dei voti - è stato politicamente e numericamente un pareggio, di cui non avete voluto prendere atto. Un anno fa, invece di percorrere strade di maggiore responsabilità, di maggiore senso delle istituzioni e di maggiore ragionevolezza per il bene del paese, il centrosinistra ha preteso di imporre agli italiani - che per metà non vi avevano votati - il Governo più spostato a sinistra della storia della Repubblica: un Governo che, oltre a non avere i numeri, non ha la coesione politica sui principali temi strategici.
L'unica cosa su cui in un anno siete stati d'accordo, dopo aver moltiplicato poltrone e sgabelli ministeriali, è stata una finanziaria di tasse, immotivata dalla situazione economica che il Governo della Casa delle libertà vi aveva eccezionalmente lasciato in maniera favorevole, e di aumento della spesa pubblica. A proposito di aumento della spesa pubblica, i famosi ministeri senza portafoglio, che dovrebbero essere di indirizzo, sono diventati ministeri erogatori di spesa, ministeri con portafoglio, che non sono in sostituzione bensì in aggiunta agli altri ministeri con portafoglio. Nella finanziaria avete distribuito fondi a ciascuna delle ministre, per non scontentarle, fondi che i cittadini pagano attraverso nuove tasse. Mistificando poi la reale condizione dei conti pubblici, sui quali la verità è finalmente Pag. 31emersa, avete inventato una stangata fiscale in una fase di ripresa economica, quando le imprese e i cittadini di ben altro avevano bisogno. Anche il sostegno ai bassi redditi si è rivelato una presa in giro. Le buste paga dei lavoratori - questi lo hanno capito bene - sono tutt'altro che migliorate. Del cuneo fiscale tagliato - lo ha riconosciuto lo stesso Presidente Prodi -, gli italiani non hanno visto quasi niente, ma hanno capito benissimo che avete scippato loro il TFR.
Gli italiani, anche i vostri elettori, sanno di essere stati beffati. Sanno che dovranno pagare di più l'addizionale IRPEF, che era bloccata da anni, e aspettano l'aumento dell'ICI, che adesso cercate di camuffare con espedienti retorici. Abbiamo letto nei giorni scorsi le imbarazzatissime repliche del viceministro Visco, che ha tentato invano di replicare a Il Sole 24 ore, che ha dimostrato come le tasse locali che la legge finanziaria ha innescato peseranno soprattutto sulle famiglie a reddito medio basso.
È questa, colleghi del centrosinistra, l'Italia che avete in mente? Con una politica demagogica state tentando di affossare una ripresa, che era finalmente arrivata e che l'Italia, dopo avere resistito negli anni di congiuntura negativa, oggi dovrebbe assecondare e non deprimere. Sapete perfettamente che ciò che più nuoce all'economia, alle imprese e ai cittadini è l'instabilità politica, l'incertezza, la mancanza di solide e chiare condizioni per lavorare e per crescere. Ancora pochi giorni fa il presidente di Confindustria, che certo non vi era ostile, ha denunciato i rischi di un black out a causa dell'instabilità politica. E non è un caso che il leader dei giovani imprenditori si sia schierato tra i sostenitori del referendum elettorale, che la sinistra radicale, i cespugli di lotta e di Governo della sua variopinta coalizione, vedono come il fumo negli occhi.
Io sono tra coloro che convintamente si battono per il referendum elettorale, ma naturalmente il Parlamento è la sede primaria che dovrebbe affrontare questo tema. Però si sentono discorsi strani, si sentono discorsi su un sistema alla tedesca, magari saltato alla amatriciana! Di tedesco alla fine rischia di restare solo il proporzionale. Di italiano invece si riaffacciano la mancanza di vincolo di coalizione e le preferenze. Ciò significherebbe la fine del bipolarismo, con il ritorno alle vecchie liturgie governative, che hanno garantito 45 anni di inamovibilità della classe dirigente, e con il ritorno del potenziale di inquinamento politico clientelare, che il sistema delle preferenze porta con sé.
Parlo di ciò da siciliana, da persona che ha conosciuto quale pericolo mortale sia per la politica il meccanismo delle preferenze dove la società è più debole, dove il bisogno è più forte. Reintrodurre le preferenze, magari per ingraziarsi un potenziale alleato di domani, significa restituire la politica ai signori delle tessere, ai signori dei favori, significa eliminare il voto di opinione, significa ripristinare meccanismi di selezione della classe politica legati al mercato dei consensi. Credo che il bipolarismo sia un valore non contrattabile, sia l'assicurazione del ricambio di politiche e classi dirigenti, sia un valore fatto di chiarezza nei confronti degli elettori, che non possono e non vogliono più rilasciare «deleghe in bianco» alla politica, ma vogliono scegliere chi li governerà e vogliono avere la possibilità, con il voto, di cambiare governi e maggioranze. Questa legge elettorale è certamente imperfetta, ma cambiarla non può significare tornare al passato, alla politica che produceva un Governo l'anno, fotocopia del precedente, alla politica che per quasi cinquant'anni, qualunque fosse l'esito scaturito dalle urne, ha dato al paese sempre gli stessi Governi e gli stessi governanti.
Caro Presidente del Consiglio - assente -, cambiare la legge elettorale si deve e si può, ma a spingere nella direzione di questo cambiamento non sarà il suo Governo o la sua pseudo-maggioranza; a spingere nella direzione di questo cambiamento sarà la «pistola puntata» del referendum. Quel referendum è lo scudo contro ogni attacco possibile al bipolarismo, contro ogni possibile intento dilatorio, Pag. 32contro chi vuole fare tornare al passato il nostro sistema, contro chi vuole chiudere le porte al ricambio della classe dirigente. Non credo che questa maggioranza abbia la capacità di avviare una stagione di confronto vero su questi temi. Penso, invece, che vi sia chi punta a compromessi al ribasso.
Mi avvio a concludere, parlando delle politiche femminili; ci tengo molto. Lei, Presidente Prodi, nei suoi discorsi inserisce sempre un riferimento alle politiche femminili, forse come elemento retorico di circostanza.
PRESIDENTE. Onorevole Prestigiacomo...
STEFANIA PRESTIGIACOMO. Ebbene, è stato detto che i livelli di occupazione delle donne italiane sono più simili a quelli dei paesi africani che a quelli dei paesi europei: è vero, ed è anche vero che sono cresciuti significativamente nei cinque anni di Governo Berlusconi, ma molto resta ancora da fare. Abbiamo sempre detto che su provvedimenti di questo tipo avremmo avuto un atteggiamento di attenzione e di impegno serio. Non resta che prendere atto che, in un anno di Governo, non abbiamo visto nulla, non abbiamo assistito ad una sola iniziativa in questo campo, praticamente tabula rasa. Non è un caso che al Senato, una senatrice della maggioranza che stimo molto, ossia la senatrice Franco, abbia concentrato tutto il suo intervento proprio su questi temi. Continuiamo ad ascoltare solo parole sui servizi sociali e sugli asili nido...
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Prestigiacomo.
STEFANIA PRESTIGIACOMO. Concludo, signor Presidente. Onorevoli colleghi della maggioranza, in pratica cercate di rivendere ai vostri elettori le nostre stesse proposte, che avete contrastato nei precedenti cinque anni.
Il tempo a mia disposizione è terminato, ma tengo a dire che, in questo modo, state portando il paese indietro e chiaramente il nostro atteggiamento non può che essere di contrarietà e di decisa opposizione a questo Governo per i pochi mesi di legislatura che ormai rimangono (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Prestigiacomo, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Cassola. Ne ha facoltà.
ARNOLD CASSOLA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, ministri, colleghe e colleghi, ringrazio il Presidente Prodi per le sue comunicazioni rese al Senato, veramente di ampio respiro. Mi soffermo su tre punti.
La bontà della politica estera italiana attuale viene oggi riconosciuta apertamente dalla comunità internazionale e il multilateralismo, come ribadito dal Presidente Prodi, è diventato l'unica vera bussola da cui si fa guidare la politica estera italiana. Inoltre, la saggia politica di equidistanza in Medio Oriente del Governo ha restituito all'Italia il rispetto di tutte le parti belligeranti. La missione dell'ONU e dell'Unione europea in Libano è additata, oggi, dalla comunità internazionale come un esempio da seguire per tutti. Infine, in politica estera l'Italia si è nettamente contraddistinta per la sua politica di dialogo anche nei confronti di Iran e Siria, anziché per una politica di minacce.
Come deputato italiano eletto all'estero, precisamente in Europa, non posso che esprimere una grande soddisfazione nel vedere che il Presidente del Consiglio si impegna a sostenere e valorizzare il ricco patrimonio costituito dalle comunità italiane nel mondo. Sono sicuro che, come me, i molti italiani all'estero - che tanto hanno contribuito allo sviluppo non solo del loro paese di accoglienza, ma anche di quello di origine - sono fieri di essere considerati una priorità per il primo ministro italiano. Questo impegno verso i Pag. 33concittadini all'estero del Governo Prodi è una conferma del fatto che le prime piccole acquisizioni nella legge finanziaria - come, per esempio, il rilascio della carta di identità all'estero e la possibilità di detrarre i familiari a carico - sono solamente l'inizio di un processo che si andrà ampliando nel corso della legislatura, cominciando magari con la riduzione di ICI e TARSU sulla prima casa degli italiani residenti all'estero.
Infine, Presidente Prodi, in quanto deputato Verde, apprezzo moltissimo il suo impegno a difesa dell'ambiente e all'incentivazione per l'innovazione nella questione ambientale. Dare priorità alla lotta all'inquinamento, alle energie rinnovabili, alla riqualificazione degli edifici e alla mobilità sostenibile è un grosso segnale di cambiamento rispetto alla vecchia politica energetica del passato.
Per concludere, mi rivolgo ai colleghi della coalizione di Governo e di maggioranza. La discussione e il confronto fra le varie opinioni della coalizione sono il sale della democrazia e guai a chi cerchi di soffocare tale dibattito; ma, quando alla fine bisogna arrivare ad una decisione di sintesi, è d'obbligo che ognuno di noi tenga ben presente il bene comune del paese, che deve essere sempre al di sopra degli interessi particolari di partito: questo è il mio e il nostro impegno di deputati Verdi (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ciccioli. Ne ha facoltà.
CARLO CICCIOLI. Onorevoli colleghi, il Presidente del Consiglio Prodi nel suo intervento al Senato ha parlato con onestà intellettuale di crisi politica. Oggi possiamo affermare con altrettanta onestà intellettuale che la sua maggioranza ha superato la crisi numerica con i fatidici 158 voti, ma non la crisi politica, che resta tutta intera. Infatti, la sua maggioranza presenta con chiarezza due poli disomogenei tra di loro, uno di centrosinistra e l'altro di sinistra estrema, che stanno insieme solo perché questa è la maggioranza più a sinistra possibile - con no global, autonomi e quant'altri compresi - e la sua caduta determinerebbe un governo, qualunque esso fosse, molto meno a sinistra. Questo è l'unico vero cemento dell'attuale maggioranza, non certo la linea politica, che non è né comune né condivisa, ma divaricata su tutto. Personalmente, sono testimone di quante volte in Commissione pezzi di maggioranza risultino più omogenei con l'opposizione piuttosto che con i loro alleati organici all'interno della loro stessa maggioranza politica.
Quindi, la crisi politica è tutta aperta. Quella numerica, lo hanno già detto in tanti, è temporaneamente risolta, ma quella politica è totalmente aperta. Quella numerica è stata risolta, in primo luogo, con il voto del senatore Follini, la cui coerenza è sicuramente discutibile, anche se ognuno è libero di fare ciò che vuole e di cambiare opinione. Qualcuno a suo tempo aveva detto che solo i paracarri stanno fermi, però chi è stato Vicepresidente del Consiglio e quant'altro di un'altra maggioranza, prima di essere la persona determinante di una maggioranza alternativa, forse dovrebbe riflettere.
Inoltre, l'altra vicenda, quella del senatore Pallaro, è ancora più incredibile. Ho appreso, veramente trasecolando, che il senatore Pallaro è il presidente degli azzurri nel mondo in Argentina - associazione non ufficiale ma collaterale e, comunque, collegata a Forza Italia - e con assoluta nonchalance ritiene di poter conciliare questi due ruoli e questi due aspetti diversi.
GIUSEPPE ASTORE. De Gregorio...?
CARLO CICCIOLI. De Gregorio non ha lo stesso ruolo ed ha fatto una sua scelta, mentre in questo caso si tratta di un organico in una associazione: comunque, ognuno decide quello che ritiene. Forse, presento qualche rigidità, ma rimango perplesso. In politica, tutto è possibile, anche l'impossibile, e ciò può comunque accadere.
In questi mesi, tutti debbono prendere atto, in quanto è nelle cose, che il Governo Prodi ha perso l'apertura di credito, che Pag. 34pure all'inizio era stata molto ampia, di una significativa porzione del mondo cattolico, dell'imprenditoria e dei circoli politici internazionali. Questa apertura di credito è stata tutta consumata. È sufficiente leggere la stampa, sia quella internazionale sia quella nazionale sia quella di aree sensibili.
Nel nostro ambiente (mi riferisco all'ambiente del mio partito, ma anche, più in generale, della nostra area) vi sono due scuole di pensiero. Una ha «sognato» di mandare via Prodi subito, accarezzando il fatidico «sogno» che mancassero i 158 voti al Senato. L'altra scuola di pensiero è quella che, nell'impossibilità di andare ad elezioni anticipate subito e di trovare soluzioni alternative, ritiene preferibile che vi sia ancora Prodi, affinché gli italiani possano assaggiare, fino in fondo, il Governo del centrosinistra organico ed i suoi provvedimenti. Il Palazzo avrà pure i numeri, ma gli italiani non la pensano così.
Tantissimi elettori, in questi mesi, dopo aver votato per i partiti dell'attuale coalizione di maggioranza, ne hanno disconosciuto il consenso. Molti, addirittura, se ne vergognano; non lo confessano. È la prima volta, in assoluto (premetto che sono una persona che gira molto e ascolta la gente comune, quella della strada) che sento cittadini extracomunitari, che non votano non avendo la cittadinanza, ma che sono residenti da tempo nel nostro paese, preoccupati per il futuro dell'Italia. È un fatto che non avevo mai registrato prima.
L'attuale Governo non ha una prospettiva di medio-lungo periodo, ma ha solo l'obiettivo di resistere, tirare avanti, per quanto possibile e in qualunque modo. Ovviamente, vi sono già le scommesse sulla prossima crisi. Alcuni dicono che sarà questione di giorni, quando saranno esaminati i cosiddetti grandi provvedimenti (riguardanti il rifinanziamento della missione in Afghanistan, le pensioni, le scelte infrastrutturali). Altri affermano che avverrà all'indomani del 10 giugno, il giorno del ballottaggio delle prossime elezioni amministrative.
Comunque sia, non è un Governo nato per durare, ma un Governo chiamato soltanto a resistere, giorno per giorno, con danno dell'Italia, essendo esso stesso un problema per il nostro paese. Speriamo di rimuoverlo quanto prima.
PRESIDENTE. Saluto gli studenti del liceo classico Carmine Sylos di Bitonto, in provincia di Bari, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Bocci. Ne ha facoltà.
GIANPIERO BOCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, un dibattito parlamentare su questioni delicate, quali una crisi di Governo, deve essere aperto a molte variabili, ma deve avere alcune costanti. In questo caso due sono le costanti: la prima è che non esistono tante possibili maggioranze, perché ve ne è una sola, quella scelta dagli italiani alle elezioni del 2006; la seconda è che non vi sono tanti possibili premier: ve ne è uno solo, si chiama Romano Prodi, anch'esso scelto dagli italiani e, già prima, indicato con quello straordinario strumento di partecipazione che sono state le primarie.
Ed è con l'obiettivo di restituire pienezza all'attività parlamentare e all'azione di Governo che lo stesso Prodi, con chiarezza e coraggio, ha fedelmente accolto con vero spirito di servizio l'autorevole indicazione del Presidente della Repubblica. Ciò significa avere rispetto delle istituzioni, senso dello Stato e lealtà verso il mandato conferito dagli elettori. Non ricordo che, nella trascorsa legislatura, qualcuno abbia compiuto gesti di pari coraggio e pari dignità.
Innanzitutto, rivolgo un apprezzamento positivo per la scelta compiuta dal Presidente del Consiglio di fissare nei dodici punti la base di riferimento per la prosecuzione di un processo e di un'attività di Governo, con rinnovato slancio e rinnovato vigore.
Non si tratta, come qualcuno maliziosamente ha suggerito, di una sintesi frettolosa del programma dell'Unione, né si tratta di una scelta riduttiva rispetto alla complessità dei problemi e dell'impegno del Governo. Si tratta invece, più semplicemente, Pag. 35di un'indicazione di priorità che, in quanto tale, tende a caratterizzare e rendere più concretamente incisiva e produttiva questa fase dell'azione del Governo. Tale scelta, nella sua semplicità e, persino, ovvietà, riveste a mio giudizio un grande valore politico in quanto può allontanarci dal rischio di concepire e di usare i programmi delle coalizioni di Governo come mera giustapposizione e risultanza dei diversi apporti e dei diversi desiderata di ognuna delle molteplici componenti delle coalizioni stesse.
Al riguardo, basta riflettere brevemente sull'esperienza della legislatura precedente, nella quale tale concezione e gestione del programma ha condannato la maggioranza - che pure disponeva di numeri larghi in entrambi i rami del Parlamento e di un leader certo non privo di forza - ad un sostanziale immobilismo, con rinuncia o rinvio delle scelte, o a varare, come nel caso delle riforme istituzionali e di quelle elettorali, provvedimenti che, volendo accontentare istanze diverse e contraddittorie presenti nella maggioranza, non hanno assicurato il minimo necessario di coerenza e credibilità né, tantomeno, la capacità di rispondere agli interessi generali del paese.
Infatti, le riforme istituzionali sono state sonoramente bocciate dal referendum e la legge elettorale, definita una «porcata» dal suo principale estensore, rappresenta oggi un fattore negativo che tutti siamo impegnati a rimuovere al più presto.
Ancorare, dunque, l'azione del Governo ad alcune priorità non è una scelta riduttiva ma, al contrario, una scelta forte, intesa ad assicurare al Governo, con la condivisione e la responsabilità di tutti, e con il ruolo preminente del Presidente del Consiglio, efficacia e concreta incisività realizzativa.
Un'altra considerazione che vorrei brevemente svolgere riguarda le questioni dell'economia e dello sviluppo; a tale proposito, dobbiamo partire dai dati. Tutti gli indicatori hanno una tendenza positiva; in particolare, la crescita degli ultimi mesi porta al 2 per cento su base annua l'incremento del PIL per il 2006 e indica potenzialità ancora superiori per il 2007. Noi non attribuiamo, certo, tutto il merito della crescita in atto a questo Governo e non lo ha fatto lo stesso Presidente del Consiglio. Sappiamo bene che gli andamenti delle economie nazionali sono legati alle diverse fasi del ciclo economico a livello mondiale e che nella fase attuale stiamo crescendo anche grazie al traino della ripresa europea. Sappiamo anche, vivendo a stretto contatto con l'elettorato - e quindi con la realtà produttiva -, e non avendo mai, mai, militato nella schiera dei cantori del declino, che una larga misura del merito va riconosciuta a quella parte, non piccola, del nostro sistema produttivo e delle nostre imprese che ha saputo operare una ristrutturazione e un riposizionamento competitivo.
Noi non sappiamo ancora se la ripresa in atto abbia carattere ciclico o strutturale; come ha ribadito il Presidente del Consiglio ieri al Senato, è anche per tale ragione che non possiamo rallentare o rinviare il cammino delle riforme e del risanamento della finanza pubblica. Se dunque riconosciamo che la crescita è legata alla ripresa internazionale e ad un recupero di competitività delle imprese e di una parte del sistema produttivo, riteniamo anche che nessuno, che non voglia rinunciare alla propria onestà intellettuale, potrà negare i meriti di questo Governo nell'averla favorita e sostenuta, sia con misure di contesto sia con misure specifiche.
Tra le misure di contesto indichiamo anzitutto proprio quelle rivolte al risanamento della finanza pubblica ed al rientro del debito nei parametri europei. Del trinomio del nostro programma, articolato in rigore, equità e sviluppo, ci sentiamo di dire che il rigore (ovvero il riordino dei conti pubblici e la riduzione del debito) è una delle condizioni per la crescita, mentre la crescita è poi la condizione per l'equità, vale a dire per politiche redistributive e per ridisegnare e rafforzare il nostro welfare in maniera più rispondente alle effettive esigenze ed ai bisogni della Pag. 36società, nonché alle dinamiche sociali ed in termini di sicura sostenibilità di lungo termine.
Quanto alle misure specifiche di incentivo e di sostegno alla crescita, voglio qui ricordare soltanto quelle relative all'alleggerimento del cuneo fiscale e quell'insieme di provvedimenti che caratterizzano la politica economica e industriale di questo Governo.
Proprio la positività di questa fase di crescita ci richiede di accelerare la via delle riforme, confermandone le linee e gli obiettivi di fondo. In particolare, va completato quel complesso di interventi e di riforme che va sotto il nome di liberalizzazione, anzi, il solo riferimento alle liberalizzazioni può risultare riduttivo. Si tratta, infatti, non solo di varare misure che, favorendo la concorrenza, vanno a vantaggio del cittadino-consumatore, risparmiatore e utente, aumentando la trasparenza e abbassando i prezzi, ma anche di aumentare l'efficacia del sistema economico, alleggerendo i vincoli burocratici e, soprattutto, rimuovendo posizioni di rendita monopolistica e corporativa. Si tratta di introdurre nel mondo delle professioni norme e criteri che innalzino la concorrenzialità e abbassino le barriere di ingresso per i giovani. Ecco, allora, che, se saremo capaci di sviluppare questa linea con coerenza e concretezza, di procedere nei campi ancora non toccati e di modernizzare il sistema pubblico, emergerà l'obiettivo unificante dell'azione di Governo.
PRESIDENTE. La prego...
GIANPIERO BOCCI. Una breve considerazione deve essere svolta sulla famiglia. Già nella scelta di nominare un ministro per le politiche per la famiglia, il Governo Prodi disse implicitamente al paese di considerare la famiglia come entità centrale della società.
Questa intenzione si è chiaramente manifestata con misure concrete nella legge finanziaria per il 2007. Mi riferisco all'apertura di una stagione di interventi che integrano una nuova e moderna rete di servizi, con misure fiscali e trasferimenti economici.
PRESIDENTE. Onorevole Bocci, deve concludere.
GIANPIERO BOCCI. L'avere ribadito, come ha fatto il Presidente del Consiglio al Senato, la centralità delle politiche per la famiglia nel programma di Governo è un atto di straordinaria coerenza.
Per queste e per altre ragioni, con questa convinzione e con questo impegno, nell'interesse del paese e solo di esso, ci accingiamo a confermare la fiducia a questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Saluto gli studenti della scuola media Bottarelli Pecci di Poppi (Arezzo), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.
MARIO TASSONE. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, non starò a ripetere ciò che hanno detto i colleghi che mi hanno preceduto.
Certamente siamo in presenza di una situazione anomala. C'è un Governo che ha avuto la fiducia nell'altro ramo del Parlamento, ma, di fatto, si tratta di una fiducia condizionata e limitata nel tempo, così come abbiamo ascoltato da alcune dichiarazioni di voto espresse ieri sera al Senato della Repubblica.
Perciò, è un Governo a termine. Ci troviamo di fronte ad una situazione precaria. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha riconosciuto che questa è una crisi politica, ma è anche una crisi del sistema complessivo sul piano politico. Ci troviamo in presenza, quindi, di un disfacimento non soltanto di una maggioranza, ma anche della politica.
Il tentativo, che nasce dal 1996, proprio del Governo Prodi, di riportare i cattolici-democratici in politica e di un collegamento e di un accordo di Governo con l'estrema sinistra viene oggi riproposto con grande sicumera, ma, soprattutto, con grande affanno.Pag. 37
Credo che bisogna rompere con questo dato, perché non si è riusciti, anche nella storia della sinistra, a mettere insieme i massimalisti e i riformisti della sinistra e, certamente, ritengo che lo sforzo che stanno compiendo Prodi e una certa realtà dei cattolici-democratici, che sono transitati nell'altra area, non possa avere sbocchi e prospettive.
Credo che questa crisi di Governo abbia messo in discussione la politica. Ci troviamo di fronte a un deficit di politica, ad un affievolimento e ad un indebolimento delle istituzioni del nostro paese. È questo il dato più grave e più drammatico. C'è un affievolimento e, soprattutto, vi è una debolezza che si riproduce nel paese in termini drammatici e di grande preoccupazione.
Il Presidente del Consiglio dei ministri ha fatto riferimento ai problemi del Mezzogiorno. In particolare, ha detto che, se nel Mezzogiorno non vi è sicurezza, non vi sarà sviluppo. Personalmente, ritengo che se non vi sono istituzioni forti, se non vi è un Governo forte e se non vi è un Parlamento in grado di esercitare liberamente il suo ruolo, non vi sarà certamente sviluppo né nelle regioni del Mezzogiorno (Calabria, Sicilia, Campania e Puglia), né nel resto del paese. Ecco perché, signori ministri, ritengo siamo ormai giunti al giro di boa. Si pone, dunque, l'opportunità di fare un discorso di rivisitazione del sistema elettorale vigente. Non andava bene nemmeno quello in vigore nel 1994, che è stato il risultato del referendum svoltosi nel 1993. Ricordo che nel 1994 la legislatura si interruppe anticipatamente, e in quella successiva si sono avvicendati ben quattro Governi e quattro Presidenti del Consiglio dei ministri. Soltanto l'ultima legislatura, quella del Governo Berlusconi, si è conclusa nei tempi previsti.
Vi sono altre questioni che ritengo importanti e fondamentali su cui desidero soffermarmi. Tra queste, il programma, articolato in dodici punti, esposto dal Presidente del Consiglio dei ministri. A tale riguardo, approfitto della presenza in aula del ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, per porre all'attenzione dell'Assemblea la questione della TAV. Credo che quello della TAV sia un inganno, in quanto nel programma si parla di alternativa al vecchio tracciato e non si fa riferimento alla realizzazione del tunnel. Ciò significa che la TAV non si farà mai. Osservo, inoltre, uno spegnersi della tensione meridionalista in ordine alle linee ferroviarie transeuropee - penso, soprattutto, all'«espropriazione» del ponte sullo Stretto di Messina -, la cui mancata realizzazione fa venir meno il cosiddetto Corridoio n. 1, Berlino-Palermo.
Vi sono anche altri problemi che chiamano in causa il Ministero dei trasporti, in particolare in ordine alla politica di sicurezza. Personalmente, ritengo che manchi a questo Governo una politica della sicurezza proprio perché si è abbandonata quella tensione che aveva caratterizzato parte della stagione politica del precedente Governo. Penso, ad esempio, a quanto è avvenuto in questa sede in ordine all'adozione di alcune misure di sicurezza - cito il caso delle fasce retroriflettenti -, riguardo alle quali il ministro dei trasporti aveva espresso il proprio assenso alla nostra proposta di non procedere ad alcuna proroga in nome della sicurezza, mentre invece un altro ministro, dopo quindici giorni, ha detto di sì alla proroga. Ciò rappresenta un dato negativo, che offende il Parlamento e mortifica le istituzioni.
Vi sono tutta una serie di problemi che vanno posti in rilievo in questo particolare momento. Faccio riferimento ai problemi del Mezzogiorno. A tale proposito, ritengo che nessuno possa pensare che attraverso le cifre indicate - 120 miliardi - tali problemi si possano risolvere. Questo Governo non sta mettendo in condizione il Mezzogiorno di esprimersi per fare emergere una cultura meridionalista, in termini nazionali ed europei, che si agganci, in prospettiva, ai flussi culturali presenti all'interno del nostro paese e in Europa.
Ma vi è anche, in questo Governo - lo voglio dire con estrema chiarezza -, un ministro guardasigilli (che rispetto: siamo amici e sediamo in Parlamento da tanto tempo) di cui non comprendo alcuni comportamenti. Pag. 38Mi riferisco al suo mancato rispetto delle regole nella decisione di trasferire la scuola superiore della magistratura da Catanzaro - dove la sede era stata fissata - a Benevento. Ciò dimostra una pratica propria dei quartieri di una certa Napoli, dei quartieri «spagnoleschi» di una certa Napoli; un comportamento che fa rivivere anche certi giochi che si fanno a Forcella, noto quartiere napoletano. Ritengo che in tutto ciò non vi sia dignità e decoro!
Signori ministri, il Governo ha avuto la fiducia al Senato, ma come l'ha ottenuta? Attraverso una trattativa «transoceanica» continua con un senatore! Ma ciò non dà dignità, lustro e decoro ad un Governo! E non dà neanche una prospettiva a questo Governo!
Come si può votare una fiducia, signor Presidente, signori ministri, di fronte a posizioni che non condividiamo, che sanno di velleitarismo, di utopismo, a volte manifestato per dare decoro ad una scelta immotivata, che certamente non va giustificata nè accettata.
Siamo qui, ovviamente, per dire che certo siamo a favore di una modifica del sistema elettorale, ma Prodi non creda di poter gestire da solo questo momento. Avevamo già indicato un Governo di responsabilità, di larghe intese, avendo come sfondo una modifica del sistema elettorale che desse più forza alla politica, ai partiti, alla partecipazione, più cittadinanza alle energie che ci sono all'interno del nostro paese.
Nessuno può pensare che l'UDC sia pronta ad essere una ruota di scorta, che possa sostituire qualche altro partito nella gestione del Governo. Noi siamo alternativi alla sinistra e nessuno si faccia illusioni, perché proseguiamo il nostro progetto, quello della costruzione di un centro, di un'area moderata di grande responsabilità all'interno del nostro paese.
Dopo le suggestioni della seconda Repubblica, di cui abbiamo visto i frutti, bisogna ritornare ai grandi valori, che in questo momento devono essere evocati e riaffermati. Ecco, signor Presidente, signor ministro - lei almeno è rimasto in aula! -, ritengo che il Presidente del Consiglio avrebbe dovuto avere la bontà di seguire il dibattito sulla fiducia che ci ha chiesto. È assente da troppo tempo, forse non ha una grande fiducia nel Parlamento.
Al contrario, noi vorremmo che il Parlamento avesse una maggiore centralità e che le riforme elettorali riguardassero anche le regioni, le province e i comuni, abbandonando questo presidenzialismo assorbente ed assoluto. È possibile il voto diretto del sindaco, del presidente della provincia e della regione, contemperandone però il ruolo con l'attività delle assemblee elettive. Bisogna creare una cultura diversa e la risposta data da Prodi, soprattutto attraverso il modo con cui ha ricevuto la fiducia in Senato, certamente non è quella più opportuna per sfidare i nuovi tempi. Questa fase è chiusa sul piano politico ed istituzionale. Bisogna guardare oltre, perché se ci fermassimo a ciò che abbiamo di fronte, certamente non avremmo orizzonti da percorrere né ideali da perseguire [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.
ANDREA GIBELLI. Grazie, signor Presidente. Molti degli interventi che mi hanno preceduto, soprattutto dai banchi dell'opposizione, hanno fatto riferimento ad un sistema anomalo. La storia politica degli ultimi dieci mesi del Governo Prodi ha dimostrato che esiste un sistema assolutamente anomalo, non solo sul piano politico ma anche sul piano sostanziale con un bicameralismo che non è perfetto nei fatti, visto che la Camera dei deputati è quotidianamente sotto ricatto, impossibilitata a modificare qualunque provvedimento blindato proveniente dal Senato.
Signor Presidente, oggi abbiamo avuto un'ulteriore prova di ciò. La Camera dei deputati non è interessante per il Presidente Romano Prodi, che oggi è assente. Incassata la fiducia per pochissimi voti, il dibattito che riguarda il secondo ramo del Parlamento non è più affare suo. Ciò dà la Pag. 39misura della portata politica ed istituzionale di un discorso che abbiamo ascoltato dal Senato, che di fatto è privo di un vero significato e di una vera prospettiva politica.
Dico questo perché, oltre all'assenza fisica del Presidente Romano Prodi, c'è anche l'assenza intellettuale di chi, al Senato, ha tentato di costruire un intervento di natura politica più sulle cose non dette che sui problemi che il Paese sente. Al Senato, abbiamo assistito ad uno scandalo, per cui, per non scontentare il singolo senatore di Rifondazione comunista, della Rosa nel Pugno, dei Comunisti italiani, dei Verdi, sono state omesse tutta una serie di questioni. Ciò insegna ancora una volta che la sua provenienza, di democristiana memoria, ha permesso le fortune sue e le sfortune e le disgrazie del Paese negli ultimi anni. Dico questo perché c'è una sorta di nostalgia della prima repubblica, che continua ad aleggiare nelle stanze e nelle aule parlamentari.
Ricordo a chi presiede oggi l'Assemblea quale era lo spirito di chi, sei anni fa, si presentò agli elettori - mi riferisco al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi - indicando precisamente ciò che avrebbe voluto fare, posizioni politiche sulle quali ci si può confrontare, essendo d'accordo oppure no, ma che certamente non sono state costruite sulle continue omissioni. Questo è il motivo di scandalo vero che ancora oggi pervade il Parlamento: le cose non dette.
Siamo di fronte ad una questione che non riguarda solo i numeri, perché si può essere autosufficienti in termini numerici ma quanto accaduto al Senato è semplice: non si è autosufficienti in termini politici. La crisi, che comunque è stata individuata nella relazione del Presidente del Consiglio Romano Prodi, è tutta all'interno della politica del centrosinistra.
Allora, la soluzione dov'è? La soluzione è non dire! Lo scandalo consiste nel non fare affermazioni, nel non riportare la propria maggioranza all'interno di un rapporto dialettico corretto: lo scandalo consiste nel non fare affermazioni, attraverso una serie di giri di parole!
Sarebbe stato sufficiente sostituire, magari attraverso un artificio di carattere virtuale, attraverso la tecnologia, il volto di Romano Prodi con quello di qualunque individuo, di destra, di centro, di sinistra, del sud o del nord, prendendo le frasi ad effetto buone per i giornali, per dire: forse aveva ragione. Come si fa a non pensare che le pensioni minime rappresentino un problema da affrontare? Ciò che è mancato, in realtà, è la spiegazione delle modalità con le quali si intende intervenire su questo argomento! Come si fa ad affermare che vi è bisogno di infrastrutture, che c'è un programma di infrastrutturazione per il Paese senza dire esattamente, con precisione, con onestà politica che cosa si intende fare rispetto ad una serie questioni aperte? Il Presidente del Consiglio ha ribadito ieri che esiste un rapporto con gli Stati Uniti ma oggi apprendiamo dalla stampa che il ministro Pecoraro Scanio sta cominciando, attraverso gli uffici tecnici del suo Ministero, a minare un accordo che il Presidente del Consiglio in prima persona aveva garantito: siamo di fronte al solito gioco delle tre carte e il Paese lo sa!
Non si trova più nessuno in giro per le strade che ammette di avere votato per Romano Prodi. Con i giochetti lessicali si tenta di tenere insieme una maggioranza e questo è uno scandalo che non ha alcuna giustificazione sul piano politico.
Non è esultando davanti ai numeri del Senato che ci si salva: ci si salva e si fa salva soprattutto la dignità politica quando si danno risposte concrete.
Il Presidente del Consiglio ha richiamato il Mezzogiorno: sono quarant'anni che ne sentiamo parlare.
Si è parlato di infrastrutture ed è scandaloso che siano state proprio le componenti dell'estrema sinistra, culturalmente ambientaliste, le quali più di vent'anni fa avevano detto sì al ferro e no alla gomma, che oggi, per un puro calcolo politico, hanno cambiato posizione: è scandaloso.Pag. 40
Concludo il mio intervento con una battuta: se il Presidente del Consiglio avesse avuto un minimo di dignità e anche di cultura politica rispetto alla sua storia personale, avrebbe dovuto indicare quale tipo di società e cultura di riferimento voleva destinare al suo Paese, viste le leggi che ha proposto.
Non può venire a dirci che sui Dico il Governo ha fatto la sua parte, lavandosene le mani, come fece Pilato: ne risponderà, prima o poi, al Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio (si fa per dire), membri del Governo, onorevoli colleghi, oggi affrontiamo una discussione sulla fiducia a seguito del voto di mercoledì scorso al Senato, voto peraltro prevedibile, che aveva come premessa la manifestazione di Vicenza; una manifestazione in occasione della quale gran parte della maggioranza è scesa in piazza contro una scelta del Governo, una manifestazione che ci ha preoccupato, rendendo palese all'opinione pubblica italiana che nel centrosinistra - o, meglio, nella sinistra del centrosinistra - il sentimento dell'antiamericanismo prevale rispetto a quello dell'antiterrorismo.
In questi nove mesi, la maggioranza e il Governo sono stati gravidi di mistificazioni e contraddizioni: mistificazioni su settori importanti, come le liberalizzazioni.
La parola liberalizzazioni, in bocca a chi ha avuto un passato comunista e antimercato, suona grottesca. Dietro queste liberalizzazioni - in proposito si sono verificate puntualmente le nostre previsioni - si sono nascosti i favori agli amici e alle cooperative, sono state colpite le piccole categorie, si sono realizzati aumenti di pressione fiscale e sono stati costruiti impianti di maggiore invasività del controllo fiscale e tributario; infatti, il «grande fratello» tributario si è nascosto dietro il primo decreto Bersani sulle liberalizzazioni.
Ancora, vi sono state mistificazioni in termini di meritocrazia. Questa maggioranza si è riempita la bocca con questa parola e, poi, si è siglato un memorandum. Si sta dando corpo e vita ad un'operazione di sanatoria dei cosiddetti precari delle pubbliche amministrazioni, inserita nella finanziaria, in cui, al di là di ogni criterio costituzionale, regola e concorso, alla faccia degli idonei, si stanno assumendo i cosiddetti precari portaborse dei politici locali; tutto questo, tra l'altro, con rilevanti profili di incostituzionalità e, quindi, con il rischio di passare dal danno alla beffa, senza rispettare i più elementari criteri di rispetto degli equilibri di finanza pubblica e di gestione della macchina pubblica, anche ad opera di amministrazioni che non hanno rispettato il patto di stabilità interna.
Oltre alle mistificazioni, registriamo anche enormi contraddizioni in tema di lavoro, settore nel quale una parte importante della sinistra ha presentato proposte per la soppressione della flessibilità, della legge Biagi e del pacchetto Treu, mentre l'altra, che si ispira a principi più riformisti, sostiene che la legge Biagi debba essere confermata, mantenuta e, semmai, ampliata e completata.
Contraddizioni emergono ancora in termini di riforma delle pensioni, che è qui alle porte e che il Paese aspetta: una parte della sinistra vuole demagogicamente abbassare l'età pensionabile e fa proposte insostenibili per il sistema; un'altra si ispira ad un maggior rigore. Di fronte all'Europa, il Governo ha detto che si sarebbe ispirato al rigore; oggi apre un tavolo perché non sa che decisioni prendere.
Altre contraddizioni aspettano la maggioranza dietro l'angolo, in tema di Dico o in materia di politica estera (tra l'altro, presto, esamineremo in quest'aula il decreto sull'Afghanistan) e su mille altri argomenti che l'agenda della politica metterà di fronte al Parlamento e al Paese.
Abbiamo sicuramente chiara la situazione di questo Governo e non vi permettiamo di attribuire ad una legge elettorale le vostre chiare e forti difficoltà. Dopo le elezioni con una vittoria risicata, per pochi voti contestati, abbiamo proposto un dialogo. Ci avete risposto con atti di bullismo politico e parlamentare. Ci avete risposto a colpi di fiducia che, in questo Parlamento, abbiamo visto essere apposti per far passare provvedimenti che l'opposizione non ha condiviso.
Avete tentato di additare alla pubblica opinione coloro che in piena coscienza hanno rispettato il loro mandato parlamentare ed hanno votato contro la politica estera di questo Governo, perché eletti orgogliosamente nelle fila di partiti che, ancora oggi, si richiamano ad una tradizione comunista e antiamericana e siete riusciti a dipingerli come dissidenti, nemici del popolo e ribelli. Avete poi accolto a braccia aperte l'ex Vicepresidente del Consiglio del Governo Berlusconi. Questa è la vostra cifra politica.
Ad un uomo particolarmente affabile si può perdonare qualche incapacità; ad un uomo particolarmente capace, si può perdonare anche qualche gesto di arroganza. Il Presidente Prodi si è comportato, in questi mesi, da uomo arrogante ed incapace. Questa è stata la vostra cifra politica e per questo avete confermato i peggiori timori di chi non vi ha votato e avete deluso chi lo ha fatto. Per questo, il «no» di Forza Italia, per questo la nostra opposizione convinta e duratura (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Turco. Ne ha facoltà.
MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi, la nostra lealtà nei confronti del Presidente Prodi deriva dalla lucida analisi della situazione complessiva del nostro Paese. Sappiamo, come lo sanno il Presidente del Consiglio e soprattutto i cittadini, delle difficoltà strutturali del nostro sistema. Anche la persona meno informata potrebbe fare un lungo elenco di quello che non va, di quello che sarebbe necessario fare e, già che si trova, magari potrebbe anche chiedere al Presidente Prodi di mollare.
Avremmo voluto che il Presidente del Consiglio prendesse le redini del Governo con più forza e più vigore. Tuttavia, anche se questo non è stato possibile, noi siamo determinati a sostenerlo, non perché rappresenti un'alternativa ma per una necessaria alternanza.
Certamente abbiamo bisogno anche di fatti. Senza dubbio il nostro Paese si trova ad un punto in cui l'attuazione di una serie di riforme appare non più rinviabile: da quelle legate strettamente alla vita quotidiana degli individui, dei singoli cittadini - il nuovo diritto di famiglia, le questioni relative alla libertà di cura e di ricerca scientifica, la normativa in materia di sostanze stupefacenti - a quelle economiche, dalla liberalizzazione del mercato del lavoro agli ammortizzatori sociali, alla proposta avanzata dal ministro Bonino di equiparare l'età pensionabile tra uomini e donne.
Non abbiamo difficoltà ad immaginare che ciascun partito della coalizione abbia chiesto al Presidente Prodi, chieda e continuerà a chiedere qualcosa che possa ripagare il proprio elettorato. I deputati della Rosa nel Pugno continueranno a lottare nella convinzione che nessuna riforma, ancor meno quella elettorale, possa essere efficacemente attuata in un contesto di illegalità.
Felix Frankfurter, giudice della Corte suprema degli Stati Uniti, già nel 1943 sosteneva che la storia della libertà è stata, in gran parte, la storia del rispetto delle garanzie procedurali. Chissà cosa avrebbe detto del nostro Paese, se avesse potuto leggere la risoluzione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 14 febbraio scorso, una risoluzione in cui si afferma che, sin dai primi anni Ottanta, l'Italia va accumulando sentenze di condanna da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo in ragione dei problemi strutturali legati all'eccessiva durata delle procedure giudiziarie civili, penali ed amministrative, sottolineando inoltre come ciò rappresenti un importante pericolo per la vita dello Stato di diritto nel nostro Paese. Eppure, a fronte di un così grave richiamo, non abbiamo letto nemmeno un trafiletto sulla cosiddetta libera stampa italiana, né abbiamo udito al riguardo una Pag. 42parola dalle cosiddette libere televisioni e neppure dal cosiddetto servizio pubblico radiotelevisivo. Ciò va a riprova del fatto che, là dove lo Stato di diritto è inficiato, è cosa facile negare al cittadino il diritto a conoscere per deliberare, diritto che nel nostro Paese è - a dir poco - difficilmente esercibile.
Nel votare favorevolmente sulla questione di fiducia, noi continueremo a lottare affinché questo stato di illegalità cessi. E vorremmo che, su questo, ci fosse da parte del Presidente Prodi un surplus di sforzo e di lavoro comune. Lo chiediamo personalmente al Presidente Prodi, che abbiamo contribuito in modo determinante a far eleggere. Il Presidente Prodi sa che non facciamo parte della schiera dei delusi, perché siamo tra i pochissimi che in questo Paese non si sono mai illusi. Ma sappiamo - e il Presidente Prodi non può non saperlo - che oggi, anche cambiando squadra, sarebbe pressoché impossibile fare le necessarie riforme. E così sarà fino a quando non saranno rimossi tutti gli ostacoli e non saranno realizzate le riforme di fondo per ripristinare il principio di legalità che nel gioco democratico è regola fondamentale (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Biancofiore. Ne ha facoltà.
MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, componenti del Governo, il leader di Forza Italia, presidente del Consiglio in pectore per la maggioranza dei cittadini italiani - da un sondaggio effettuato anche tra molti elettori del centrosinistra che vorrebbero, peraltro, un ritorno immediato alle urne -, ha definito il Presidente Prodi «povera anima». E devo dire che, sebbene fino ad oggi non mi abbia mai suscitato pena alcuna, poiché lo ritengo disinteressato all'interesse generale dei cittadini, ma scaltro e comprovato tessitore innanzitutto di reti inossidabili di potere, con il discorso di martedì al Senato un minimo di commozione me l'ha ingenerata. Sì perché, sebbene egli sia l'esempio più fulgido dell'esercizio scientifico del voto clientelare, al Senato si è evinto chiaramente (e come mai nella storia della Repubblica) tutto il limite ed il condizionamento in toto del suo mandato e come egli sia vittima di se stesso, ossia della sua pervicace caparbietà nel mantenimento del potere ad ogni costo.
Egli considera il potere, secondo la classica definizione sociologica che darebbe Max Weber, la possibilità che un individuo, agendo nell'ambito di una relazione sociale, faccia valere la propria volontà anche di fronte ad un'opposizione; paradossalmente, però, un'opposizione non parlamentare, bensì intracoalizione, ossia la sua variegata coalizione. E se anche egli ha avuto ieri la fiducia al Senato, credo sia conscio che è ad orologeria, come non ha mancato di sottolineare il senatore Turigliatto, e soprattutto di non avere quella del paese.
Ma nel suo slalom gigante tra Dico, Afghanistan, TAV, basi americane, pensioni (e chi più ne ha più ne metta), il Presidente raggiunge l'apice del castello di carte da gioco del do ut des quando, ancora una volta, come nel primo voto di fiducia di insediamento del suo Governo, è costretto dalla Südtirol Volkspartei, forte dei suoi tre voti al Senato, ad un passaggio ad una non ben specificata rapida attuazione da parte del Governo del punto del programma che riguarda le minoranze linguistiche e le autonomie speciali. E mi dispiace che sia uscita la ministra Lanzillotta, perché avrebbe potuto apprendere che differenza c'è, in Italia, tra autonomie territoriali e autonomie etniche. Peccato che questa maggioranza, la vostra maggioranza, è determinata dalla autonomia etnica portata avanti dalla Südtirol Volkspartei!
Il Presidente, peraltro, oltre a quanto si è attuato, grazie ai suoi Governi, per le minoranze linguistiche, che sono maggioranze in alcune realtà locali, e le cosiddette autonomie speciali, in particolare, dovrebbe sapere, per la provincia autonoma di Bolzano, ovvero per il partito SVP, che è il «convitato di pietra», che, oltre a questo tipo di autonomia, vi è solo Pag. 43la secessione. E lei e la sua maggioranza avete avuto il coraggio di tacciare la Lega di voler dividere il paese con la nostra riforma costituzionale che era, viceversa, una vera compensazione tra doveroso interesse nazionale e compensazione con le autonomie locali.
Il Presidente Prodi (mi è stato chiaro come lo è stato ai cittadini dell'Alto Adige in particolar modo, fin dal suo primo accenno a Bolzano nel corso del faccia a faccia televisivo con il presidente Berlusconi, nel corso del quale ha detto che Bolzano era più cara di Innsbruck), purtroppo, ignora totalmente la realtà di certi autonomie e soprattutto di alcune minoranze che sono maggioranze determinanti in loco e, guarda caso, per il suo Governo e che chiamano gli italiani dell'Alto Adige, del quale egli è Presidente, del quale voi siete ministri del Governo e dello Stato, «Fantozzi» e che stanno operando una progressiva e costante pulizia linguistica della quale il Governo italiano - perché egli questo rappresenta e non se lo dovrebbe scordare mai, anche davanti alle difficoltà delle sua maggioranza - ha dovere di farsi carico.
È di ieri la notizia che la SVP, che si sovrappone alla provincia autonoma (sono la stessa cosa), che fa credere a tutto il Parlamento di essere la minoranza, ha cacciato da una casa ex Ferrovie dello Stato - ministro dei trasporti - un capostazione italiano, con tre figli a carico, e ha, viceversa, confermato la locazione ad uno di lingua tedesca, che si trovava in una situazione totalmente analoga.
Come reagisce Prodi a ciò? Come reagite voi? Mi rivolgo al Presidente e al Governo, che dovrebbero farsi carico di tutti gli italiani, spero anche quelli dell'Alto Adige, e che dicono sempre che tutti gli italiani devono essere sereni: è questo il modo in cui tutti gli italiani possono stare bene?
PRESIDENTE. Onorevole Biancofiore...
MICHAELA BIANCOFIORE. Viceversa, ci si appresta ad approvare un disegno di legge che pone lo Stato in subordine rispetto alle autonomie speciali, dando loro la clausola di garanzia che impedisce matematicamente al Parlamento italiano di modificare gli statuti, ma che, nel caso dell'Alto Adige, taglia fuori, ancora una volta, le vere minoranze in quella terra, gli italiani ladini, dalla possibilità di partecipare alle modifiche dello statuto e quindi di cogovernare l'Alto Adige.
Ebbene, anche di fronte a questo ennesimo smacco, a questa ennesima compravendita di voti al Senato, rispetto a quella che dovrebbe essere una minoranza locale - perché voi siete italiani dello Stato italiano, così come noi siamo italiani dell'Alto Adige -, il Presidente Prodi dovrebbe prendere coscienza di non avere una maggioranza nel paese, dovrebbe tirarsi indietro e dovrebbe capire che non si può essere tirati dalla giacca in tutti i sensi e in tutti i modi. Se facesse ciò, avrebbe molto di più il nostro rispetto e anche quello dei cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ronconi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO RONCONI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, il Presidente Prodi, nel chiedere nuovamente la fiducia al Parlamento, ha presentato una sintesi di programma che ci fa grazia delle 281 pagine del programma dell'Unione, alle quali si è richiamato incessantemente nei primi mesi di Governo. Una sintesi che, più di ogni altro atto, ha dimostrato quanto gli orizzonti dell'impegno del suo Governo si siano ristretti.
Prodi non si propone più di governare per la legislatura, ma di tirare a governare e, soprattutto, di cercare di superare l'attuale momento di straordinaria impopolarità. La caduta del Governo Prodi è stata salutata nelle città italiane come se fosse la vittoria della nazionale di calcio. Prodi ha il merito di aver fatto riscoprire alla gente la passione per la politica, ma quale argomento per celebrare la sua sconfitta.
Il vero problema, oggi, è che si tenta di mascherare una incapacità politica, una Pag. 44reale inconciliabilità tra i partiti che compongono la coalizione, tra una sinistra radicale e quella tradizionale, tra ambientalisti e moderati, tra radicali e cattolici, con una insufficienza della legge elettorale. In realtà, non è così, in quanto solo le inconciliabilità tra i partiti della coalizione impediscono di governare e non questa legge elettorale!
Il problema politico è costituito unicamente dal tentativo di mettere in piedi una coalizione solo per vincere e non da un impegno dei partiti e degli uomini su un progetto omogeneo per il governo del paese. Noi dell'UDC, invece, siamo impegnati proprio su questo, al fine di far avanzare una nuova stagione di responsabilità che abbia ragione su quella attuale, che è solo «muscolare» nonché inutile e dannosa.
Oggi ci chiediamo che significato possa aver posto, nel programma Bignami del Prodi 2, come priorità assoluta la nuova legge elettorale. Oltre ad agitare il batocchio della campana dell'ultimo giro della legislatura, ci si dica cosa viene proposto. Una legge maggioritaria o proporzionale? Una legge mista con un premio di maggioranza o senza un premio di maggioranza? Alla tedesca, alla francese o basata sul modello spagnolo? Con le primarie o senza primarie? Ce lo dica, perché una soluzione è diametralmente opposta all'altra, in quanto sottendono modelli di governo diversi!
La verità è che annunciare la priorità di una nuova legge elettorale corrisponde ad altre esigenze molto più pratiche e forse anche ciniche. Prodi sa bene che il suo Governo, incerto e debolissimo, sorretto dal voto di un senatore argentino e da quello a dir poco problematico di Marco Follini, non avrà la possibilità di condurre il Parlamento verso una nuova legge elettorale condivisa.
Prodi in questo modo scaraventa il pallone in tribuna, prende tempo, rinvia ogni decisione ai disaccordi dei partiti, delle coalizioni e all'interno di queste ultime, intende creare ancora confusione nella sola speranza che il polverone continui a proteggere il suo incerto Esecutivo.
Ma la speranza di Prodi è anche quella che l'impegno sulla nuova legge elettorale divida ancora di più il centrodestra rispetto al centrosinistra che, secondo Prodi, dovrebbe invece contare sul minimo comune denominatore della difesa dell'Esecutivo. Questo calcolo, anche un po' cinico, rischia di fallire.
L'UDC è impegnata verso un sistema elettorale sul tipo di quello tedesco, essendo convinta che ciò aiuterebbe a superare un bipolarismo bastardo in cui le coalizioni si attrezzano per vincere, ma non per governare.
Sono convinto che un impegno serio, per aprire dopo questa infinita transizione una nuova fase per il nostro paese, richiederebbe anche una revisione costituzionale della forma di Governo, inserendo la sfiducia costruttiva e una revisione del bicameralismo perfetto, anche introducendo il Senato federale.
Tutto questo è possibile solo con un Governo diverso, di tregua, e non con la riproposizione di un Governo Prodi composto da parti rissose, divise e incapaci di trovare qualsiasi soluzione, da una sinistra radicale esclusa, nel resto d'Europa, da ogni Esecutivo.
Prodi tenta di sterilizzare la vicenda politica italiana, di pietrificarla solo per continuare a gestire un potere fine a se stesso.
L'UDC non è d'accordo, non vota la fiducia al Governo Prodi. Ciò che ci preoccupa, però, è la sensazione che questa crisi di Governo, in realtà, puntelli l'esperienza di governo della sinistra. La sinistra ha capito che le elezioni anticipate la spazzerebbero via definitivamente, che è meglio arroccarsi nel fortino che scendere nel mare aperto del vero confronto e che lo scambio al mercato della politica tra i senatori De Gregorio e Follini determinerà, probabilmente, un dato politico di apparente vantaggio.
Noi dell'UDC rimaniamo quelli che siamo sempre stati, leali e coerenti con i nostri elettori: noi siamo e restiamo alternativi alla sinistra. L'UDC, dunque, voterà contro la fiducia e, soprattutto, da domani lavorerà con grande determinazione per Pag. 45far cadere definitivamente questo Governo che alimenta il male oscuro del paese, e lavorerà per aprire un nuovo tempo della politica, meno rissoso, meno «muscolare» e più intelligente [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Francescato. Ne ha facoltà.
GRAZIA FRANCESCATO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, i Verdi hanno vissuto questa crisi - crisi politica, come ha detto chiaro e tondo il Presidente Prodi nel suo messaggio - con grande preoccupazione (come tutti, del resto), ma anche con grande equilibrio e senso di responsabilità. «Responsabilità» è una parola chiave, una parola d'ordine cui ci ha giustamente richiamato il Presidente e che noi Verdi vogliamo interpretare nel senso profondo del termine. Nel fare questo ci richiamiamo a quel principio di responsabilità di cui parla il filosofo tedesco Hans Jonas, definito come dovere morale e civile non solo nei confronti di tutti gli essere viventi del pianeta, ma nel rispetto dei diritti delle future generazioni, con cui è tempo di stabilire un patto vincolante e non più eludibile; su questo tornerò dopo quando parlerò di ambiente, come ci si può aspettare da un'ambientalista storica quale è la sottoscritta.
In ogni caso, non voglio ora sottrarmi, avendo ricoperto anche un ruolo di leader nell'ambito della federazione dei Verdi, ad un impegno politico più ampio, alla necessità di trarre fino in fondo gli insegnamenti conseguenti a questa crisi politica; si tratta di insegnamenti di metodo e di merito, come ha detto il Presidente del Consiglio Prodi.
In primis, per un insieme di forze chiamate a governare il paese e a costruire una repubblica governante e governabile, la piena assunzione del principio di responsabilità. Il che vuol dire che ogni gruppo parlamentare, ogni partito, ogni singolo membro dei gruppi parlamentari e dei partiti deve aderire alla necessità di un'autodisciplina rigorosa che discende dal succitato principio di responsabilità. Per cui, certo, gli spazi di confronto ed anche di dissenso vanno fatti salvi poiché si tratta di una delle gioie della democrazia a cui non vogliamo rinunciare; ad ogni modo, una volta giunti ad una sintesi, ad un'intesa, tutti debbono fare appello all'autodisciplina, talvolta trangugiando qualche boccone amaro, che il processo di mediazione inevitabilmente comporta, per venire a patti con le esigenze superiori dell'unità della coalizione e del bene del paese. Ciò non vuol dire, automaticamente, rinunciare alla propria diversità, al proprio codice genetico, alla ragione d'essere del proprio agire politico, ma vuol dire che bisogna tentare, ogni giorno, ogni ora, di trovare la quadratura del cerchio, che è mission difficile, ma non mission impossibile.
In questi giorni sono stati tantissimi i nostri elettori - sarà capitata sicuramente la stessa cosa agli altri partiti della maggioranza - che ci hanno telefonato, inviato e-mail e fermato per strada per chiederci di arginare la litigiosità militante e permanente che troppo spesso segna la nostra coalizione, e di fare uno sforzo per l'unità e per impedire il disastro che il popolo dell'Unione teme più di ogni altro: il ritorno del centrodestra.
Noi abbiamo il dovere, in nome del principio di responsabilità, di dare ascolto a questo appello; tutto ciò, lo ripeto, senza rinunciare alle nostre diversità, ma facendole strumento di ricchezza e non di separazione.
Non dobbiamo nasconderci gli elementi di divisione legittimi e le legittime diversità di posizione, ma agganciamoci a quella volontà comune che ha ispirato la stesura del nostro programma, quelle 281 pagine - tante quante sono i giorni in cui finora abbiamo governato - che richiederanno molti più giorni per essere tradotte in realtà. Lì dentro c'è l'idem sentire della nostra coalizione, il nostro riferimento cardine.
Facciamo l'esempio a me più caro, ovvero quello dell'ambiente. Per una che Pag. 46da 35 anni predica il matrimonio tra ecologia ed economia e la necessità di integrare le politiche economiche, ambientali e sociali per far fronte alle sfide epocali del cambiamento climatico e del degrado del pianeta, ovviamente è musica leggere nel messaggio del Presidente Prodi che la questione ambientale è centrale per l'Italia ed è una grande opportunità per la qualità della vita, per la competitività e per l'innovazione, con tutto quello che ne consegue in termini di politiche di promozione dell'efficienza energetica, delle fonti rinnovabili, della mobilità sostenibile, della bioedilizia, dell'occupazione verde. Questa è la radicalità autentica che noi ambientalisti e Verdi abbiamo scelto e che porteremo avanti con determinazione nella seconda fase di questo Governo. Già abbiamo cominciato con le strategie promosse dal ministero dell'ambiente e dal nostro gruppo parlamentare nell'esame della legge finanziaria.
Lasciatemi anche dire, a proposito di radicalità, che sarebbe ora di smetterla di collocare sbrigativamente e superficialmente i Verdi nell'ambito della sinistra cosiddetta radicale. Abbiamo grande rispetto e considerazione per i partiti della sinistra radicale e spesso siamo in sintonia con loro su vari temi. In proposito, si soffermeranno la mia collega Luana Zanella ed il nostro capogruppo, Angelo Bonelli. Tuttavia, siamo sostanzialmente altro: siamo una forza politica giovane, nata una ventina d'anni fa, che non deve reggere quindi sulle proprie spalle il patrimonio, ma anche l'onere, di posizioni politiche che hanno origine nel secolo scorso.
Siamo una forza politica europea, perché facciamo parte, non a caso, di una coalizione di 32 partiti verdi europei: dalla Russia alla Spagna, dalla Francia all'Ucraina, dalla Germania alla Turchia. Si tratta di partiti che, non a caso, hanno siglato nel 2004, proprio qui a Roma, un'unione non di facciata, bensì all'insegna di ideali comuni e di un comune agire politico. Ad esempio, da tre anni stiamo portando avanti insieme, non a caso, una campagna comune sul cambiamento climatico. Insomma, facciamo parte di una famiglia verde europea, che è la quarta forza politica nel Parlamento di Bruxelles, ben conosciuto da Prodi. Si tratta di una galassia a sé stante, che per prima ha affrontato e messo al top dell'agenda politica mondiale la centralità della questione ambientale.
Questo avviene mentre molte altre forze politiche, che per decenni non sono state in grado o non hanno voluto riconoscere tale centralità, lo fanno oggi, sia pure con enorme ritardo, costrette a farlo dalla forza degli eventi. Sono reduce da un viaggio a Washington dove mi sono recata insieme al collega Mereu a nome del Parlamento italiano, su invito del Senato statunitense. In quel Paese, anche il governo Bush, in maniera bipartisan, sta finalmente riconoscendo non solo che il cambiamento climatico esiste, ma che è arrivata l'ora di fare qualcosa, anche se in ritardo. Tuttavia, meglio tardi che mai.
Noi siamo ed in fondo ci consideriamo i veri ed autentici riformisti della coalizione. Certamente siamo radicali nei contenuti e pragmatici nel metodo. Lo dimostreremo negli anni a venire, restando come forza - magari piccola, stimolante e a volte anche scomoda, ma sicuramente matura e responsabile - all'interno della coalizione e del Governo. Lo dimostreremo e lo abbiamo già ampiamente dimostrato confermando la nostra lealtà al Governo e rinnovando con il nostro voto convinto, nonostante le difficoltà, i mal di pancia vari ed eventuali, i momenti a volte abrasivi di confronto, la nostra fiducia al Governo Prodi (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Provera. Ne ha facoltà.
MARILDE PROVERA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, ho ascoltato le sue parole che in un passaggio ribadivano il patto di attenzione e di reciprocità di ascolto stipulato con la popolazione e con il suo elettorato. Questo suo impegno è tanto più importante in quanto quelle persone, in carne ed ossa, Pag. 47che hanno voluto indicarla con le primarie come rappresentante della coalizione e che hanno affermato poi con il voto l'elezione della maggioranza, della sua e della nostra coalizione alla guida del paese, attendono da lei e da noi tutte e tutti la realizzazione di quanto affermato sulle piazze e nel programma dell'Unione. Vi è attesa nel paese che non vengano affermati soltanto gli impegni sollecitati dalla comunità internazionale, ma anche le misure concrete, tese a far vivere effettivamente quei provvedimenti che rendano reali gli innalzamenti delle pensioni e dei salari.
Questi ultimi, oggi, faticano a raggiungere la copertura delle spese individuali e familiari per arrivare alla fine del mese. Si attende ancora, perché le promesse fatte non sono state realizzate. Quelle persone, ancora, ripongono fiduciosa attesa perché il destino lavorativo proprio e dei propri figli non sia legato a prospettive incerte di un lavoro precario ed instabile nelle sue possibilità di guadagno di qualità. Attendono fiduciosamente un piano per la casa che garantisca a quelle stesse persone la speranza di poter ambire ad una abitazione almeno decorosa, nella quale vivere e far crescere i propri figli. Esse attendono fiduciose di poter godere del frutto del loro lavoro quando, stanchi di una vita lavorativa non sempre gratificante come per molti di voi e di noi, potranno porsi in pensionamento; attendono fiduciose che un Governo che si è rivolto al popolo tutto consideri il proprio territorio non come terreno di conquiste, di affari e di investimenti, ma come luogo salutare di pace e di crescita, nel quale vivere e prosperare.
Questi sono i parametri che ci compiacciono e danno senso alla ripresa economica. È questo un popolo che non si sottrae ai propri doveri e alle proprie responsabilità, lavorando quando gli è dato di poterlo fare e pagando le tasse fino all'ultimo centesimo. Non si sottrae, tutte le volte che lo si vuole ascoltare, a partecipare alla discussione e alla proposta, per risolvere problemi che vanno al di là dei propri interessi individuali. Se lo si vuole ascoltare, è un popolo da ascoltare.
Così accade che sul terreno della contrattazione dei salari e degli stipendi, campo in cui in tutti questi anni si sono fatti pesanti sacrifici: non solo quei salari e quegli stipendi si sono contenuti in rapporto alle possibilità d'impresa e del paese, ma sono rimasti fermi - loro soltanto! - al valore diretto lira-euro, mentre attorno ad essi tutti i costi si sono raddoppiati in virtù del valore doppio dell'euro sulla lira. È questo il popolo che, versando puntualmente i propri contributi pensionistici, ha costruito un sistema sano che copre ampiamente le pensioni in essere e quelle future e contribuisce con i propri fondi a sanare l'assistenza necessaria e dovuta che, solo parzialmente, lo Stato finanzia con una propria parte di contribuzione ai fondi INPS.
Esso è dunque il popolo che si attende quell'affermazione del programma dell'Unione che faccia giustizia di tutte le ambiguità che inquinano la discussione sulle pensioni: vanno separati i costi delle pensioni da quelli dell'assistenza e si deve lasciare andare in pensione tranquilli gli ultimi pensionandi per anzianità. Essi finiranno nel 2010: ma di cosa parliamo?
È invece necessario concentrarsi sul vero dramma pensionistico che dovrà affrontare il paese: quello delle pensioni dei giovani che, se anche le casse INPS dovessero traboccare d'oro, sarebbero comunque poverissime, a causa del sistema di conteggio in vigore. Le ultime esternazioni e polemiche personali di vari esponenti, anche della maggioranza, hanno avuto solo il pessimo risultato di accelerare le richieste di andata in pensione per timore di un «peggio» che può arrivare.
Ebbene, per non avere sempre il timore di un «peggio», si concretizzi un assetto pensionistico che non faccia più fibrillare per questi ultimi cinque anni i pensionati ancora consegnati al vecchio sistema. Si operi una scelta che consenta di affrontare le pensioni future dei nostri ragazzi, rivedendone l'entità e le modalità di calcolo, affinchè le loro sorti non debbano essere fra breve affidate all'assistenza pubblica. Il popolo che l'ha sostenuta e quello che non si sottrae al lavoro, lo vuole e in modo Pag. 48determinato, anche per far vivere quegli investimenti di studio e formazione che la precarietà, invece, annulla e ottunde. È quel popolo che vuole stabilità nel proprio lavoro, per valorizzare al meglio la propria vita per sé e per la propria famiglia. Allora, ci vuole una riforma del lavoro stabile che faccia perno qualitativo e quantitativo sulle capacità e sulle intelligenze della nostra gente. È quel popolo che, mentre si è battuto e si batte per non vedere deturpato ulteriormente il proprio territorio da un progetto come quello della TAV, si è anche speso per non sottovalutare e sottostimare le esigenze del paese sulle reali - non quelle fittizie - necessità di mantenere e migliorare i nostri collegamenti internazionali.
Perciò ha proposto e continua ad affermare un progetto con il quale non chiede altro che di interloquire, sia su come affrontare e migliorare in modo specifico e diffuso il trasporto merci internazionali sia per affermare al meglio i nostri trasporti locali e nazionali, senza i quali nessun treno ad alta velocità in ogni caso sarebbe utile. Si può fare, se si smette ogni giorno di avere le perentorie certezze di questo o quel ministro o esponente politico, che ha fatto di una sola affermazione, senza saperla mai tecnicamente sostenere, il proprio Moloch, continuando ad avallare costi che si sono più che triplicati rispetto a quelli dei paesi vicini, costi che si sono raddoppiati rispetto alle soluzioni prospettate dalla popolazione locale, per opere che possono essere realizzate in metà dei tempi annunciati.
Perché lo fanno, signor Presidente? Quali interessi, quale prosopopea conduce a tutto ciò? Quella prosopopea sconcerta la popolazione, come quella della Val di Susa, che sente vanificato ogni sforzo propositivo e di elaborazione offerto all'insieme della comunità. Si tacciano gli incompetenti soloni, signor Presidente! Si lascino lavorare gli strumenti della democrazia, per porsi in ascolto attento e consapevole. Gli strumenti ci sono, sono in corso d'opera, sono operativi: l'osservatorio tecnico, la procedura di VIA, la conferenza dei servizi ed altro. Si ascolti e si operi, signor Presidente, come lei afferma nel suo discorso. Si ascolti e si operi in sintonia con quelle persone di buona volontà, che tanta fiducia hanno riposto nella sua persona e nella nostra coalizione.
Quella fiducia che noi oggi rinnoviamo, per corrispondere non tanto agli equilibri economici, che ci richiedono internazionalmente, ma soprattutto per corrispondere a quella nostra popolazione, che ancora da noi attende sconcertata un atto concreto di risposta al voto espresso con tante speranze (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Ulizia. Ne ha facoltà.
LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la natura della crisi che stiamo rapidamente superando consiste in due questioni: nella vecchia legge elettorale, che era sbagliata, e nei contenuti del programma, che hanno un forte condizionamento in relazione a ciò che abbiamo ricevuto, ciò che abbiamo ereditato. Noi del centrosinistra, signori ministri, onorevoli colleghi, ci dimentichiamo troppo spesso da dove siamo partiti. Siamo partiti da una legge elettorale volutamente sbagliata e da una finanza pubblica totalmente disastrata. Occorre ribadire questi concetti, per far capire le difficoltà che noi affrontiamo e che stiamo superando. Era stato detto - cito le testuali parole - che con un solo voto in più si governa il paese: Silvio Berlusconi! La legge ha tradito il principio. Il voto in più è stato preso. Per il senso dello Stato di un senatore, il senatore Follini, che non lo ha fatto, come qualcun altro che non cito nemmeno, per convenienza personale, per avere presidenze di Commissioni, ma lo ha fatto appunto per senso dello Stato, perché sa che il paese ha bisogno di un Governo; ebbene, solo per il senso dello Stato da parte del senatore Follini abbiamo avuto una maggioranza politica. Questo bisogna dirlo.
Come bisogna dire che di errori ne abbiamo fatti, ma che il «decalogo» di Pag. 49dodici punti del Presidente Prodi intende riconoscere, ma anche riparare. È qui la diversità della cultura politica che ci ispira, che ispira l'Italia dei Valori, che ispira il centrosinistra. Noi riconosciamo i nostri errori, li vogliamo riparare. Qualcun altro non fa mai errori; è il verbo consacrato e, quindi, non ha bisogno di riparare!
Dobbiamo, cari colleghi, signori ministri, riparare perché «Sagunto combatte, Roma discute». Agli operai, che hanno visto falcidiato, ancora una volta, il proprio salario, ai piccoli impiegati che devono far quadrare i conti, noi non abbiamo fatto un buon servizio. Diciamo: ci siamo sbagliati! I parlamentari, questi parlamentari della maggioranza avevano dato la garanzia che i redditi sotto i 40 mila euro sarebbero stati sollevati leggermente dall'imposizione fiscale. Non è avvenuto. Abbiamo sbagliato. Dobbiamo riparare. «Sagunto combatte», per far quadrare i conti, per dare una risposta ai propri figli, per credere ancora nella cultura della sinistra, però «Roma deve discutere» concretamente e trovare le soluzioni. Quindi, il punto è attuare i dodici punti del «decalogo» Prodi. Ho ascoltato in quest'aula - non voglio difendere alcuno , e tanto meno è lungi da me l'idea di fare una «sviolinata» - descrivere Prodi, il nostro Presidente del Consiglio, come un'opportunista, come una persona...
PRESIDENTE. Onorevole D'Ulizia...
LUCIANO D'ULIZIA. ...attaccata al potere. Non c'è nulla di più falso di tutto ciò! Il nostro Presidente del Consiglio è una persona seria, impegnata e che vuole risolvere i problemi del paese. L'Italia dei Valori lo sosterrà in tutti i modi, riparando agli errori che pure ci sono stati.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cacciari. Ne ha facoltà.
PAOLO CACCIARI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, sono tra coloro che hanno apprezzato il tono e le disponibilità al dialogo contenute nelle comunicazioni del Presidente Prodi. Ho capito che il vostro Governo vuole evitare semplificazioni riduttive e tentazioni dirigistiche e che, invece, preferisce mettersi in ascolto e in sintonia con i corpi sociali intermedi diffusi, finanche con quelli meno organizzati, meno protetti, meno rappresentati, ma che concorrono a costituire il tessuto delle relazioni umane, familiari, professionali e comunitarie su cui si poggia la democrazia politica.
Rubo una bella frase al collega Caldarola: «L'aspirazione a governare non può tralasciare il fondamento della rappresentanza». Tra le opere che il vostro Governo deve mettere in cantiere credo che la più importante sia quella di elevare il tasso di democrazia della nostra società. Dobbiamo, tutti insieme, tentare di smentire coloro che danno per «persa» la politica, chiusa in stanze separate ed impenetrabili dalle istanze popolari di partecipazione dell'impegno civile e disinteressato dei cittadini a difesa dei loro diritti, a partire da quello di voler vivere in pace. Al contrario, mi auguro che il vostro Governo possa sapersi giovare delle forze e delle spinte dei cittadini e, così facendo, darà una risposta alla crisi di autorevolezza e di credibilità della politica.
Con questo spirito voglio segnalare due personali - ma spero non in contrasto con quelle del mio gruppo -, sofferenze. Anzitutto, sulla missione militare in Afghanistan, condivido l'affermazione secondo cui serve una soluzione politica, ma mi chiedo se, dopo cinque anni, 82 miliardi di dollari di spese militari, 200 mila profughi, per non dire dei 50 mila civili periti, non si debba fare un altro passo logico, razionale e riconoscere che l'opzione della piena vittoria militare è di ostacolo alle iniziative di riconciliazione delle parti in lotta, di ricostruzione pacifica di quel paese.
In secondo luogo, il cosiddetto piano delle grandi opere, così come quello energetico e dei trasporti, non esiste: è al massimo un elenco di interventi eterogenei, scombinati, diseconomici, poco e male finanziati che le popolazioni si vedono Pag. 50calare sui loro territori già devastati dall'abbandono delle politiche urbanistiche, unico caso in Europa. L'aria, l'acqua ma anche il suolo sono beni scarsi, anzi rari. Sui nostri territori si consuma ogni giorno uno scontro improbo, asimmetrico tra le comunità degli abitanti residenti ed enormi interessi speculativi finanziari ed immobiliari.
Chiedo al vostro e al nostro Governo, in nome di quell'idea di democrazia aperta e inclusiva di cui parlavo prima, di scegliere da che parte stare (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.
BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, Prodi otterrà qui la fiducia come ieri l'ha ottenuta al Senato, ma ha ormai perso la partita politica. Ha tentato l'impossibile: unire sotto la sua leadership forze politiche unite dall'anti-berlusconismo, ma portatrici di visioni della società, dell'economia e, probabilmente, perfino del mondo non solo diverse ma opposte. La sua crisi di oggi non è una sorpresa ma era prevedibile e prevista. Non è una crisi di numeri ma politica, iscritta nel DNA dell'Unione. Politica internazionale e di difesa, politica economica e fiscale, politica della giustizia: non si governa con forze politiche che su questo propongono soluzioni antitetiche. Lo ha detto bene nell'intervista di oggi su la Repubblica il Vicepresidente del Consiglio Rutelli - che, peraltro, nel 2001 guidò uno schieramento in cui non c'era Rifondazione Comunista -, affermando che l'Italia è l'unico paese dove la sinistra massimalista è al Governo.
Per questo, ritengo che Prodi non possa governare, non ha governato e non governerà. Di legge elettorale è bene che si discuta, ma non centra nulla la legge elettorale con quello che sta accadendo in questi giorni. Anzi, grazie a quella legge elettorale, Prodi ha una maggioranza blindata alla Camera, a fronte di una manciata di voti di scarto, ed una risicata maggioranza al Senato, in presenza di un esito elettorale in cui la coalizione dell'Unione ha preso meno voti della Casa della libertà. Nessuno, mi rivolgo ai colleghi della maggioranza, può legittimamente dire che le estreme sono un problema simmetrico ai due schieramenti. Ho molte ragioni per essere stato decisamente insoddisfatto dell'attività del Governo precedente, deluso per le tante cose che potevano essere fatte e non sono state fatte, ma non mi sfugge e non può sfuggire a nessuno, signor Presidente, che, seppure con un Esecutivo di coalizione, il Governo Berlusconi ha retto per cinque anni, gli anni più difficili dal dopoguerra, una politica estera univoca, leale con gli alleati, coraggiosa e coerente; tra le altre cose, ha fatto la riforma delle pensioni e dei fondi pensione, quella della Banca d'Italia, ha ridotto le tasse - anche se meno di quanto fosse necessario - ed ha consegnato a questo Governo un paese in grado di agganciare la ripresa europea con un gettito fiscale in costante e strutturale aumento, tanto da avere nel 2006 - sono i dati dell'ISTAT resi noti oggi - un deficit praticamente in linea con Maastricht, ovviamente al netto degli oneri straordinari.
Credo che il centrodestra debba sfruttare questi mesi per darsi una nuova missione, scrivere un nuovo patto con gli italiani che sia di modernizzazione economica ed istituzionale, nel segno della libertà e non della conservazione, meno che mai della reazione sul piano sociale. Un centrodestra moderato, popolare e liberale come quello degli altri grandi paesi europei, ma so che quello del Governo precedente è un buon punto di partenza e lo sanno gli italiani. Come eletto di Forza Italia e come presidente dei Riformatori liberali non voterò la fiducia a questo Governo per tantissime ragioni, però ne voglio citare due.
L'Italia ha oggi una buona legge sulle pensioni, che prevede i 60 anni come requisito minimo per l'accesso alle pensioni di anzianità per chi non abbia ancora raggiunto i 40 anni di contributi. Questo Governo la vuole cancellare, ripristinando Pag. 51lo status quo precedente, magari condito con qualche fumisteria sugli incentivi per rimanere al lavoro più a lungo. Se toccherete lo «scalone», signori del Governo, come vi apprestate a fare, sarà una vittoria del sindacato dei pensionati e pensionandi privilegiati, ma sarà una sconfitta di tutti giovani lavoratori e dei giovani disoccupati. Oltre la retorica, signori del Governo, non vi è che questo: una nuova penalizzazione per le giovani generazioni.
Infine, aggiungo due parole sulle unioni civili. Sono tra coloro che, nel centrodestra, erano fortemente interessati a partecipare ad una discussione parlamentare, aperta e leale, affinché si arrivasse ad una normativa non reticente sul riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali (perché il riconoscimento giuridico è un fatto di civiltà che, di per sé, non implica né le adozioni né la reversibilità della pensione) e sulla tutela dei diritti delle persone eterosessuali conviventi.
Prodi, su ciò, ha compiuto un vero capolavoro: ha voluto avocare al suo Governo l'onere e l'onore di preparare un disegno di legge, giungendo ad un brutto compromesso tutto interno alla maggioranza e all'Esecutivo. Il «mostriciattolo» giuridico dei Dico, inaccettabilmente fragile e giuridicamente ambiguo, è arrivato in Parlamento con la strada pregiudicata dalla discussione maggioranza-opposizione. Ora Prodi se ne lava le mani e abbandona la sua creatura con la formula ipocrita che il Governo ha svolto il suo compito e ora tocca al Parlamento. Chi crede di prendere in giro? Chi credete di prendere in giro?
Sui provvedimenti Bersani o Lanzillotta il Governo considera forse esaurito il compito e si rimette, con indifferenza, alla libertà di coscienza dei parlamentari? Suvvia, Presidente Prodi: il suo Governo, anzi il suo comportamento ha affossato la possibilità - temo - che in questa legislatura sia varata una legge riguardante le coppie di fatto.
Per questo e per tante altre ragioni non voterò la fiducia al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà.
FRANCO ADDOLORATO GIACINTO NARDUCCI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, voterò a favore della mozione di fiducia al Governo presieduto dall'onorevole Prodi, coerentemente con il voto da me espresso all'atto della sua costituzione. Voterò a favore per convinzione e per senso di responsabilità verso gli italiani residenti all'estero che mi hanno eletto e che hanno condiviso un programma fondato sul rilancio e la valorizzazione della nostra rete strategica di presenza nel mondo.
I dodici punti prioritari e non negoziabili indicati dal Presidente Prodi e dall'intera coalizione, dopo che il Governo è stato messo in minoranza sulla politica estera, indicano una linea realistica di continuità con gli obiettivi contenuti nel DPEF, che rappresentano in pari tempo il caposaldo e il percorso obbligato per una prospettiva corrispondente alle esigenze del paese. Il Governo ha dimostrato la capacità occorrente per risanare l'economia del paese e avviare i processi di riforma delle liberalizzazioni che il nostro sistema economico e sociale esige, ma le priorità presentate da Prodi indicano anche l'azione che il Governo intende perseguire in politica estera, che tante tensioni ha generato.
Onorevoli colleghi, credo che sulla politica estera del Governo siamo troppo presi dai giudizi della stampa e dalle «beghe» di «casa nostra» e poco attenti ai giudizi provenienti dall'estero, che da mesi valutano positivamente la linea impostata dal ministro D'Alema, una linea che ha ridato una politica estera dignitosa all'Italia e ha recuperato prestigio nel contesto internazionale. Abbiamo abbandonato il corso della politica estera unilaterale e abbiamo ricondotto la nostra politica estera sotto lo scudo del multilateralismo, nel rispetto degli obblighi determinati dalle nostre alleanze in Europa e nel mondo, nel rispetto della nostra Pag. 52vocazione alla pace sancita dalla Costituzione e nel rispetto delle decisioni stabilite in ambito ONU.
Voto la fiducia al Governo perché ciò è in continuità con la scelta fatta dagli elettori, che hanno avuto fiducia in noi consapevoli che la coalizione raggruppava partiti, idee e persone diversi tra loro; componenti che però trovano in Prodi il punto di sintesi, sancito dalle primarie. Non ci sono maggioranze alternative; lo hanno decretato gli elettori, anche se nell'ambito di una legge elettorale che per giudizio unanime va cambiata in fretta. E in tale direzione lavoreremo insieme ed io la ringrazio, signor Presidente Prodi, per avere indicato la riforma del sistema elettorale tra le priorità da affrontare con urgenza, perché governabilità, stabilità e rappresentanza democraticamente scelta sono esigenze vere di questo paese che non hanno raffronti nei nostri partner europei.
Al Governo chiediamo più attenzione per le politiche verso i giovani, che hanno bisogno di prospettive e certezze nel futuro; manca un sistema di orientamento professionale vero, svolto dalle istituzioni, così come avviene nella maggior parte dei paesi europei industrializzati, ed è preoccupante constatare come tanti giovani laureati non rientrino in Italia dopo le esperienze fatte all'estero nel campo della ricerca scientifica e scelgano altre destinazioni dove mettere a frutto il nuovo sapere acquisito.
La rapida attuazione dei corridoi europei merita una sottolineatura particolare, che del resto coincide con le affermazioni del Presidente Prodi; se oltre un secolo fa non avessimo realizzato la galleria del San Gottardo e del Sempione, i rapporti tra i paesi europei non si sarebbero sviluppati con rapidità e tanto meno si sarebbe affermata un'economia di pace tra nord e sud Europa. Oggi, abbiamo le tecnologie e le conoscenze necessarie per affrontare le sfide delle infrastrutture; la Svizzera lo sta dimostrando con la costruzione contemporanea di due nuove trasversali alpine.
Onorevoli colleghi, il Presidente Prodi ha trasformato l'episodio della crisi di Governo in un momento di rilancio ed anche in una necessaria riflessione sulla strada da percorrere per la crescita dell'intero sistema paese.
PRESIDENTE. Deve concludere...
FRANCO ADDOLORATO GIACINTO NARDUCCI. Con questa fiducia, vogliamo rilanciare un Governo più forte, capace di rendere l'Italia sempre più europea, con un'assunzione di ruoli più impegnativi, che trovano già espressione nella presenza del nostro paese nel Consiglio di sicurezza dell'ONU, nella cooperazione atlantica e in quella allo sviluppo, nella presenza delle nostre forze di pace e sicurezza dal Kosovo fino al Libano ed all'Afghanistan. Testimoniamo che la linea di questo Governo è di grande dignità agli occhi del mondo, contrariamente alla sicumera che caratterizza la competizione politica; come italiani nel mondo, siamo orgogliosi di questo Governo, portatore di una presenza dell'Italia sia nelle istituzioni internazionali sia nei punti di crisi e di sofferenza secondo i valori della dignità della persona. Per questo, signor Presidente, confermo la mia fiducia al Governo (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15 con ulteriori interventi sulle comunicazioni del Governo.
La seduta, sospesa alle 14, è ripresa alle 15,10.