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Si riprende la discussione.
(Ripresa discussione)
PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione sulle comunicazioni del Governo.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta sono iniziati gli interventi.
È iscritto a parlare l'onorevole Leone, al quale ricordo che ha dieci minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, vorrei stigmatizzare il comportamento del Presidente del Consiglio, che ha ritenuto - forse perché ne aveva più la necessità, come è sotto gli occhi di tutti - di essere presente ininterrottamente al dibattito al Senato: qui invece se ne è infischiato, grazie a qualche voto in più che raccoglie in quest'aula. Tant'è... Evidentemente è disinteressato anch'egli: dopo aver perso tutto quel tempo a stilare i dodici comandamenti, non gli interessa ciò che viene fuori da quest'Assemblea.
E sì, perché c'è un nuovo programma. Ci troviamo di fronte ad un nuovo programma, che non è quello delle 281 pagine e neanche quello dei dodici punti. È sotto gli occhi di tutti che il nuovo programma - come ormai gli stessi cittadini italiani lo denominano - è proprio quello di Oggi le comiche. Stiamo parlando, infatti, di questo modo di fare da parte del Governo. Cosa significa - si chiedono i cittadini - andare al Senato, farsi bocciare un'azione politica - parliamo di politica estera - e poi ritornare davanti agli stessi uomini che non l'hanno approvata per farsi dare la fiducia anche su un aspetto, che non è sicuro possa cambiare. Nel frattempo non solo le cose non sono cambiate, ma si è addirittura insicuri sull'esito di quell'azione politica. Oltretutto, da un punto di vista tecnico, vorrei comprendere che fine faccia la mancata approvazione della risoluzione, in presenza di una apposizione di fiducia che scaturisce proprio da quell'atto venuto fuori con il voto contrario da parte del Senato. Chissà cosa pensa - questo dovrebbe interessare il Governo, anche per la sua propensione alla comunicazione - la «signora Maria» di ciò che sta accadendo ed è accaduto. Bando alle battute, forse l'azione politica di questo Governo merita di ottenere la fiducia. Facciamo un brevissimo excursus di ciò che questa maggioranza ha fatto in dieci mesi di governo, in maniera molto, molto, incisiva.
Ha compromesso quasi del tutto il programma delle grandi opere, che è stato sempre auspicato dalle imprese, dai cittadini e dall'Europa stessa. In quest'ottica, ha cancellato il ponte sullo stretto di Messina, ha messo nell'incertezza il Mose, ha messo sotto ricatto la realizzazione del Corridoio 5 Torino-Lione. Ricordo che entro pochi mesi perderemo i finanziamenti europei. Il tratto Lisbona-Kiev, secondo le aspettative di alcuni membri del Governo e di alcuni componenti della maggioranza, dovrà passare al di sopra della catena alpina, tagliando fuori l'Italia. E, sempre in materia di TAV, il decreto Bersani ha revocato - lo ripeto: ha revocato - le concessioni già rilasciate per le tratte Milano-Verona-Padova e Milano-Genova.
Questo Governo sta demolendo la riforma dell'istruzione targata Moratti, anteponendo l'odio ideologico ed iconoclasta del centrosinistra alla cura degli interessi dei nostri giovani e, quindi, del nostro paese. Ha lasciato inattuata una riforma che era stata fatta con tanta fatica - parlo della riforma della giustizia - per dare sostanzialmente conto alla pressione virulenta di una parte della magistratura, quella più politicizzata.
Ha messo sotto attacco - e continua a farlo per le divisioni interne a questa maggioranza - la riforma Biagi, che ha contribuito non solo a creare occupazione, ma anche a metterci in linea con le esigenze europee e degli gli altri paesi.
Il Governo ha raggiunto il top con la legge finanziaria, nella quale ha dato il peggio di sé, con una torchiatura fiscale di 50 miliardi di euro (tutti ricorderanno che ne sarebbero bastati 15) in primis per la sete di vendetta - lo ripeto: vendetta - nei Pag. 54confronti di tutte quelle categorie, che il Governo stesso pensava non avessero dato il consenso a questa maggioranza, mettendo da parte il contenimento della dinamica delle spese correnti, che era tra l'altro nel programma della maggioranza stessa.
Tutte quelle risorse che - guarda caso - sono entrate in più - ciò induce a stigmatizzare oltremodo l'atteggiamento del Governo - per l'azione della politica economica del Governo Berlusconi, sono così destinate ad essere distribuite agli amici degli amici.
Vedete, da ultimo, le nefandezze messe in atto con il decreto «mille proroghe» approvato lunedì scorso in quest'aula. Si tratta di una serie di regali e regalini ad una moltitudine di amici violando i regolamenti, poiché si è dato mandato al Governo per l'attuazione di una delega che lo stesso si era impegnato a non attuare e perché sono state adottate le leggi ad personam (qualcuna, grazie a Dio, cancellata proprio dal Parlamento successivamente all'approvazione) e si è omesso di inserire nella finanziaria una norma, che riguardava la confisca dei beni relativi ai reati conseguenti all'azione di alcuni pubblici amministratori.
Insomma, tutta l'efficacia della politica economica del Governo Berlusconi, che ha portato alla manna costituita dall'enorme mole di denaro regalata a questo Governo, non viene messa da parte per diminuire le tasse e per aumentare lo sviluppo e le buste paga dei cittadini - si è visto cosa è accaduto con la busta paga dello scorso gennaio - ma soltanto per accontentare tutta una serie di esigenze di amici degli amici e di cooperative rosse e rosa. Ciò è sotto gli occhi di tutti, sia nei primissimi provvedimenti che hanno portato all'attuazione di alcuni punti della finanziaria, sia in quelli che saranno messi in cantiere nei prossimi giorni e nei prossimi mesi, ove mai questo Governo durasse. Non voglio parlare, poi, del cinema e di tutto quello che è stato messo a disposizione di un settore, che nulla ha mai dato ai cittadini, ma solo ad alcuni soggetti.
Veniamo per un momento anche all'esame di qualcuno dei dodici punti del programma, perché, naturalmente, il rovescio della medaglia va visto rispetto al programma e a ciò che non è stato approvato dalla maggioranza o presunta tale. Ci dovrebbe essere una differenza tra i dodici punti e il programma di 281 pagine per far sì che la maggioranza, che sostanzialmente ha dato la sfiducia al Governo, adesso possa votare la fiducia. Altrimenti, di che cosa parliamo? Non riusciamo a renderci conto del motivo per cui oggi siamo in quest'aula a discutere di una fiducia che non dovrebbe essere cambiata, ove mai i dodici punti non fossero cambiati rispetto al programma originario.
Il primo punto è proprio quello della politica estera. Che cosa è cambiato - si chiede la famosa «signora Maria» - per quanto riguarda gli impegni internazionali? È cambiato qualcosa? È cambiato qualcosa rispetto al «no» dato alla risoluzione sulla politica estera dal Senato? È cambiato qualcosa nel Rossi o nel Turigliatto di turno o di quanti altri non hanno inteso votare quella risoluzione, a parte i nuovi acquisti e qualche piccolo numero, nefandezze che ha fatto solo e soltanto il centrodestra, perché il centrosinistra mai si sporcherebbe le mani con l'acquisto di senatori e i passaggi da uno schieramento all'altro? «Dio ci liberi da una politica di questo tipo», dicevano quelli del centrosinistra. Adesso la perseguono.
La Torino-Lione farà o no parte del Corridoio 5? Udiremo ancora gli esponenti di questo Governo manifestare tutta la gamma delle loro - come dire? - propensioni personali? Li sentiremo ancora dire «sì», «no», «non so», «forse, senza tunnel», «forse»? Li ascolteremo ancora dire tutto ed il contrario di tutto riguardo ad una vicenda che è il cuore...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ANTONIO LEONE. Ho già esaurito il tempo a mia disposizione, signor Presidente? In tal caso, le chiedo di concedermi ancora qualche minuto perché, come sa, abbiamo rinunciato ad un intervento di Pag. 55cinque minuti. Ad ogni modo, mi accingo a concludere.
Per quanto riguarda il settore dell'energia, ai rigassificatori si dirà «sì» o «no»? Quale fine farà il rigassificatore di Brindisi? E le pensioni, amici cari? Andremo avanti, come previsto dal «punto 8», con Follini e Pallaro? E come la mettiamo con i sindacati, dopo le immediate dichiarazioni dei loro rappresentanti, del ministro Damiano, dei Comunisti italiani e di Rifondazione Comunista? Siete qui a chiedere la fiducia e noi a discutere sulle comunicazioni del Governo, quando sappiamo che tante cose non sono assolutamente cambiate!
Dimenticavo la cosa più importante, signor Presidente. Tra i «dodici punti» proposti dal premier Prodi ve n'è uno che sembra essere il più importante, perché dalla realizzazione di esso dipenderanno il futuro del Governo e quello del nostro paese, anche sul piano delle relazioni internazionali: riuscirà Sircana ad essere, come previsto dal «punto 11», il portavoce di tutti? Questa è la domanda che ci assilla di più, signor Presidente!
Tiriamo le somme: gli italiani si sono divertiti abbastanza! Adesso, questo Governo deve smetterla di fare ridere e deve fare una cosa seria: deve andare a casa! Grazie, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Leone.
È iscritta a parlare l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, alcune considerazioni, che sono il frutto del confronto svoltosi in questi giorni all'interno dei Verdi, sono già state rappresentate dalla collega Francescato, assieme alla soddisfazione di veder ribadite, nell'intervento del premier, le ragioni dell'ambiente e la centralità della questione ambientale in quest'epoca di stravolgimenti climatici e di assalto irrazionale e squilibrato alle risorse irriproducibili del pianeta. Aggiungerò alcune note di riflessione, che porgo all'attenzione sua e di chi mi ascolta.
Il discorso che ha accompagnato il rinnovo della richiesta di fiducia comincia, con molta onestà e realismo, analizzando la crisi politico-istituzionale, che trascende l'attualità, ma che nell'attualità si è manifestata in tutta la sua gravità ed intensità. Seppur annunciata, seppur prevedibile, la crisi ha colpito tutti con violenza: ciascuno o ciascuna ha provato sgomento ed ha avvertito la consapevolezza che lo scossone, il terremoto da noi vissuto rischiava non soltanto di colpire al cuore un progetto, una speranza - quelli dell'Unione - ma anche di consegnare al paese uno spettacolo indegno ed inaccettabile della politica e delle istituzioni ed ottime ragioni per aumentare la diffidenza e la lontananza dei cittadini.
Com'è stato sottolineato, la crisi presente si iscrive nell'incompiuta, lunga transizione che ha logorato il sistema novecentesco della rappresentanza, le sue istituzioni, i suoi linguaggi e, forse, i suoi protagonisti. Ben venga, quindi, l'invito a far diminuire i protagonismi, gli esibizionismi e i narcisismi - le virili lotte per il primato, aggiungo io - e ad una più umile dedizione al proprio dovere, come avvio di cambiamenti soggettivi pure indispensabili per modificare il mondo.
Seppure necessaria, nemmeno una nuova riforma della legge elettorale può, da sola, rappresentare il rimedio al male, neppure tanto oscuro, del sistema partitico e politico, che dovrebbe reggere le sorti del paese e contribuire a reggere ed a correggere quelle del mondo.
Nel corso della passata legislatura non c'è stato spazio alcuno per affrontare efficacemente i nodi della questione istituzionale: la riforma costituzionale - non posso purtroppo entrare nei dettagli - del centrodestra, approvata a colpi di maggioranza, frutto di bassi compromessi tra le anime distanti e irriducibili di quella maggioranza, è stata fortunatamente bocciata dal popolo. Né va dimenticato che è stato il centrodestra a regalarci una legge elettorale, Pag. 56il cui mutamento è ora invocato da tutti, a partire dal Presidente della Repubblica.
Onestamente, però, va anche ricordato che la modifica del Titolo V della Costituzione, operata dal centrosinistra in dirittura d'arrivo della XIII legislatura senza il voto dell'opposizione, seppur confermata dal successivo referendum, nei rapporti tra forze di maggioranza e minoranza aveva rappresentato uno strappo che abbiamo in seguito pagato; così come la grande spinta verso un federalismo compiuto e coerente con il tessuto sociale, produttivo e culturale, che soprattutto, ma non esclusivamente, le aree maggiormente sviluppate e ricche esprimevano ed esprimono è stata smorzata, quasi inibita. È stata persa l'occasione di una possibile saldatura tra dinamiche sociali ed economiche e processo di autoriforma del sistema politico-istituzionale, nonostante i generosi tentativi rappresentati, tra l'altro, dai movimenti dei sindaci e delle autonomie locali. Il rischio di consegnare alle forze politiche di destra, reazionarie, xenofobe, razziste, la domanda di autogoverno, di vera autonomia non è affatto scongiurato nemmeno ora, se non procediamo - celermente - almeno alla concretizzazione del federalismo fiscale.
È evidente che governare sapendo stare alla durezza e alla complessità della realtà e delle sfide epocali, cui anche il suo discorso, Presidente, fa riferimento, è tutt'altro che semplice e richiede uno sforzo enorme, una condivisione programmatica solida, un rinnovato patto tra le forze che compongono l'Unione, ma non credo che questo sia sufficiente, per quanto necessario, affinché si esplichi pienamente ed efficacemente l'azione del Governo, la cessione di sovranità che lei chiede ai ministri e ai diversi partiti della nostra coalizione.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 15,30)
LUANA ZANELLA. Sono fiduciosa, siamo fiduciosi nella sua capacità di sintesi, di mediazione alta nei possibili dissensi che si possono manifestare anche nel nuovo percorso che ci apprestiamo a inaugurare, ma il Governo, il buon Governo, deve confrontarsi con il paese reale, le forze sociali, i movimenti, le comunità locali che intendono e pretendono di contare, di rappresentarsi, spesso senza mediazione nella scena pubblica.
Questo è avvenuto a Vicenza e il peso che tale questione ha avuto sulle vicende successive ha a che fare sicuramente con un problema e un nodo di fondo: non la sinistra radicale, non ambientalisti e pacifisti scalmanati hanno rifiutato la decisione di costruire una nuova base militare a ridosso del centro storico cittadino, ma un'intera comunità, mal rappresentata, composta di donne, di uomini, giovani, anziani, di sinistra, di destra, di centro, che affermavano e affermano ragioni di buonsenso, largamente condivise e con cui noi, ceto politico, che abbiamo chiesto e ottenuto il loro voto, abbiamo il dovere di confrontarci e agire di conseguenza nelle nostre scelte.
Noi pensiamo che l'ascolto, l'interlocuzione seria e convinta con i territori e le forze sociali del paese siano indispensabili all'azione stessa del Governo, al senso profondo della rappresentanza.
Non dimentichiamo che la grande reazione al berlusconismo e la spinta alla nascita dell'Unione molto devono ai movimenti, che si sono espressi per la difesa dello Statuto dei lavoratori e della legalità, per la pace contro la guerra. Non dimentichiamo il popolo delle primarie, unito, ma orgoglioso e ricco delle proprie differenze e differenti ragioni.
Il lavoro di sintesi, cui il premier si impegna con coraggio e determinazione non può quindi prescindere dal dialogo, dal confronto duro e faticoso, ma, appunto, ineludibile con il paese reale con le sue contraddizioni, conflitti, aspettative e speranze.
Buon lavoro, quindi, Presidente, a lei, al Governo e a tutti noi (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Monaco. Ne ha facoltà.
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FRANCESCO MONACO. Grazie, Presidente. È nostro dovere riflettere criticamente e, perché no, autocriticamente sulla crisi politica che si è aperta. Se elaboreremo il fattore all'origine di questa crisi, ne sono convinto, essa si risolverà in un chiarimento politico provvidenziale. Tuttavia, prima di passare alla parte critica e, ripeto, autocritica vorrei declinare le ragioni che ci hanno guidato nella conduzione della crisi per contribuire ad un suo esito, mi auguro, positivo.
La prima ragione è la seguente: ancorché di misura e sulla base di regole elettorali concepite per limitarne la portata, l'Unione le elezioni le ha vinte! Non condivido la tesi secondo la quale avremmo da subito dovuto prendere atto di un pareggio e acconciarci ad una sorta di Governo assembleare. Sarebbe stata una soluzione in contrasto con il modello di democrazia competitiva che ci siamo dati, con i programmi nitidamente alternativi tra i due schieramenti, con i sentimenti e gli orientamenti degli elettori e con il tenore stesso della campagna elettorale. Quella di governare sulla base di un limpido mandato non è attaccamento al potere, ma una precisa responsabilità.
In secondo luogo, ci eravamo dati un programma concepito sul tempo di una legislatura. Nei nove mesi alle nostre spalle, rimontando una situazione pesantemente critica abbiamo fatto cose che rivendichiamo come buone sul fronte della politica estera, nel risanamento finanziario e nell'impulso alla crescita economica, di cui si vedono i primi risultati, nel processo delle liberalizzazioni. Tuttavia, un disegno riformatore, per sua natura, si distende lungo un arco di tempo che non può essere di mesi. Ripeto, la nostra è una legittima e onesta rivendicazione dei risultati conseguiti nonostante la risicata maggioranza, ma si tratta soltanto del primo stadio di un programma e di un disegno riformatore. Abbiamo, credo, il diritto ed il dovere di dare seguito ad essi affinché gli elettori possano poi giudicare.
In terzo luogo, come si è palesemente dimostrato nel corso delle consultazioni, in questa legislatura una maggioranza alternativa a quella, pur esile, espressa dalle urne non c'è. Le nostre tensioni sono sotto i riflettori come è giusto che sia, avendo noi responsabilità di governo, ma a dispetto delle apparenze l'opposizione è di gran lunga più divisa di noi, non solo sulle soluzioni a breve, ma, ciò che più conta, sulle prospettive strategiche. Berlusconi agita sondaggi che darebbero la Casa delle libertà in siderale vantaggio, ma finge di ignorare che la Casa delle libertà non esiste più e che nel corso della crisi gli amici dell'UDC, magari esagerando un po', hanno parlato addirittura di quattro opposizioni.
Infine, quarto elemento, come ha fatto autorevolmente intendere il Capo dello Stato e come ha efficacemente argomentato, cifre alla mano, forse il più autorevole studioso di sistemi elettorali, intendo il professor D'Alimonte, con questa legge elettorale anche un'eventuale vittoria netta del centrodestra sortirebbe una risicatissima maggioranza al Senato.
Dunque, sulla base di questi elementi, va apprezzato lo scatto di responsabilità, lo spirito di unità di cui ha dato prova l'Unione nella gestione della crisi, confermando unanimemente il patto politico siglato non solo e non tanto tra le forze che la compongono, quanto con i cittadini, resistendo alle lusinghe e alle sollecitazioni tese a dare vita a soluzioni confuse e pasticciate.
Dopo avere declinato le buone ragioni che ci hanno condotto si qui, merita tuttavia scavare alle radici di una crisi genuinamente politica, che lo stesso premier non ha esitato a denominare come tale, regolandosi di conseguenza, dando cioè dimissioni costituzionalmente non richieste, così da produrre un chiarimento politico sotto l'alta equanime regia istituzionale del Presidente della Repubblica.
Se si va alle radici della crisi si deve convenire che il problema non riguarda solo il nostro campo di alleanze, ma il sistema politico nel suo complesso, la sua cultura, le sue regole, i suoi attori. Innanzitutto le regole, quelle elettorali e quelle istituzionali; ora conveniamo tutti sull'esigenza di sbarazzarci della sciagurata legge Pag. 58elettorale vigente, ma essa non è senza padri, qualcuno deve risponderne. Fu voluta da una parte contro l'altra con il preciso obiettivo di produrre frammentazioni ed instabilità e di gettare sabbia nel motore delle più alte istituzioni.
In secondo luogo, la questione delle regole è strettamente connessa con quella degli attori politici, partiti e coalizioni. Abbiamo tutti - e rilevo tutti - il problema di passare da coalizioni elettorali a coalizioni in senso proprio di Governo e di contrastare l'esasperata frammentazione politica. È il tema aperto - e, soprattutto, tra noi già ad uno stadio avanzato - di dare vita a partiti a vocazione maggioritaria.
In terzo luogo, la democrazia governante che abbiamo inaugurato, una conquista dalla quale non dobbiamo recedere, presuppone anche un cambio di cultura politica: da una cultura della mera rappresentanza ad una cultura di Governo. A ben riflettere si possono leggere così anche le defezioni dei due senatori, che sono state causa prossima della crisi e che, anzi, sono stati bersaglio di giustificatissime critiche, ma anche di espressioni di solidarietà da parte del proprio bacino circoscritto di riferimento. Ma ecco l'elemento: ciascuno di noi deve sentirsi vincolato ad un programma e ad una coalizione di Governo, sottolineo di Governo, cui corrisponde la metà e più del paese. Ancora, tale cultura di Governo non è completamente snaturata.
Se questi sono i problemi alla radice della crisi, essi interpellano non solo la maggioranza ma anche l'opposizione. Nelle sue comunicazioni alle Camere, Prodi ha avanzato tre linee di risposta a queste questioni. La prima circa le regole è quella di un luogo parlamentare in cui maggioranza e opposizione possano mettere a punto non solo una nuova legge elettorale, ma, se possibile, anche gli adeguamenti istituzionali e costituzionali ad essa connessi. Una proposta aperta ma ispirata all'obiettivo di non tornare indietro rispetto a due preziosi guadagni: quello di un limpido bipolarismo, di una sana competizione democratica tra proposte di Governo, tra loro alternative, e, secondo, il potere di scegliere i Governi e la loro guida in capo ai cittadini, attraverso il loro voto, anziché rimettere i Governi medesimi alle transazioni tra i vertici di partito a urne chiuse.
La seconda linea di risposta sta nell'anticipazione dell'esigenza di rafforzare l'Esecutivo e il premier attraverso un'affermazione di leadership da parte del Presidente del Consiglio. Per via politica, con il celebre punto 12, Prodi si mostra determinato ad anticipare ciò che in futuro dovrà essere sanzionato per via costituzionale, ovvero un potere reale in capo al premier di dirimere le controversie che insorgono dentro la compagine governativa. Perfino nella scorsa legislatura, un premier incline all'idealismo come Berlusconi, che pure vantava straordinari mezzi e poteri extra politici ed istituzionali, sostenuto da una larghissima maggioranza parlamentare, ha misurato la sua debolezza come ruolo istituzionale, tanto che, ancora oggi, gli viene utile attribuire i vistosi limiti del suo Governo a tale debolezza.
Infine, i 12 punti di Prodi, tra i quali, non a caso, figurano priorità programmatiche e qualificanti ed insieme controverse (penso all'Afghanistan, alla TAV, ai rigassificatori e alla previdenza), rappresentano non già una svolta al centro - mi permetto di osservare - ma un'accentuazione del profilo riformatore di Governo e di un Esecutivo deciso ad accompagnare la modernizzazione del paese.
A ben vedere, le tre linee di risposta avanzate da Prodi mirano a corrispondere esattamente ai tre problemi sopra evocati, quello delle regole istituzionali incompiute, quello di forze politiche dotate di cultura di Governo, quello, infine, di una cultura che non sia di mera rappresentanza ma orientata alla decisione di Governo.
Il chiarimento politico che abbiamo avviato a valle della crisi dovrà declinarsi, poi, in più direzioni e questo riguarda soprattutto noi, l'Unione. Penso alla politica estera con la consapevolezza che l'altra faccia della politica estera è la politica Pag. 59della difesa (base di Vicenza compresa), che le responsabilità internazionali dell'Italia sono prescritte dal nostro multilateralismo e che la pace da mantenere o da ripristinare, talvolta dolorosamente, prescrive il ricorso proporzionato alla forza nel quadro della legalità internazionale. Penso alla politica economica e sociale, dove l'attenzione all'uguaglianza fa tutt'uno con le misure per la crescita e dove le liberalizzazioni rappresentano un potenziale fattore di equità e di giustizia specie verso le giovani generazioni, dentro un paese ingessato che ha disperato bisogno di ripristinare la mobilità sociale. Penso alle politiche di sostegno alla famiglia, che non hanno bisogno tanto di un sovraccarico nelle dispute ideologiche, ma di misure concrete e possibilmente convergenti. Penso, infine, alla politica istituzionale e alla stessa legge elettorale, rispetto alla quale, anziché astrologare su modelli stranieri, che mal si attagliano al caso italiano, dovremmo prima metterci d'accordo sui fini politici del mezzo, che è appunto la legge.
Le leggi elettorali sono mezzi, buoni o cattivi a seconda del fine che ci si propone. Per quel che mi riguarda, il fine era è e resta quello di stabilizzare il bipolarismo, di non recedere rispetto alla conquista del potere di scelta dei Governi da parte degli elettori, di favorire Governi di legislatura, di ripristinare il rapporto tra elettori ed eletti reciso dall'attuale legge elettorale. Ma questo è un problema sul quale torneremo nelle prossime settimane, nei prossimi mesi (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Angelino Alfano. Ne ha facoltà.
ANGELINO ALFANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Governo Prodi non poteva non cadere. Infatti, è caduto. È un Governo che è nato male, che ha vissuto peggio e che, infine, è morto, sebbene oggi si tenti di dare una rappresentazione di vita; in realtà, è tenuto in piedi solo da una maggioranza artificiale, retta dal vicepresidente del Consiglio del Governo che, per anni, avete avversato, ossia dal senatore Follini.
Nonostante, sia tenuta in vita dal senatore Follini, crediamo che, prima o poi, qualcuno staccherà la spina. Del resto, in questa vostra maggioranza sono in tanti ad essere a favore dell'eutanasia quando si tratta della vita di un uomo. Evidentemente, quando si tratta della vita del Governo, si scoprono le virtù dell'accanimento terapeutico. Ma a questo punto, vi chiediamo almeno un sussulto di pudore: non prendetevela con la legge elettorale!
Ho ascoltato un dibattito accademico su cosa sarebbe accaduto a questo Governo se fosse stato eletto con un'altra legge elettorale e non ho sentito nessuno della sinistra ricordare che, nella legislatura 1996-2001, questa stessa sinistra diede vita a 4 Governi impersonati da tre Presidenti del Consiglio, salvo poi individuare un quarto soggetto, per sfidare Silvio Berlusconi, ancora una volta leader dell'aria moderata del nostro paese.
Allora, se la legge elettorale non è la causa di questa crisi di Governo, cosa ha prodotto la caduta del Governo Prodi? Se non è la legge elettorale, a nostro avviso, è la vostra cronica incapacità di governare un paese complesso come l'Italia, è il vostro vizio inguaribile di dare un Governo dirigista ad un paese a forte impronta individualista, dove l'intraprendenza dell'italiano è vista da voi come un male da combattere e non come una virtù da coltivare, è la vostra presunzione di poter guidare l'Italia, senza sapere dove andare, senza darsi un compito, senza avere una missione.
Dunque, come unica missione, vi siete dati quella di sopravvivere, quella di tirarla per le lunghe, tentando di governare il paese il più possibile. Ovviamente, tutto ciò presuppone una condizione, ossia quella di non decidere su nulla, quella di non assumere alcuna decisione che possa far scappare al Senato uno dei 158 eroi moderni che reggono un Governo che di eroico non ha nulla, uno di quei 158 che vi può scappare al di là degli ordini di partito e a cui è necessario dire che le cose Pag. 60si fanno se il senatore le desidera e che, se non si fanno, è perché il senatore non le desidera.
Dunque, non una parola chiara sull'alta velocità, non una parola chiara sulla TAV, non una parola chiara su tutto ciò che avrebbe potuto produrre contrasti!
E poi c'è una cosa che, francamente, è quasi comica: come si fa ad affermare, nell'ambito dei 12 punti, che, in caso di contrasti, decide il Presidente Prodi? Mi sa tanto di quelle istruzioni per l'uso nei medicinali, laddove vi è scritto: nel caso in cui il sintomo si protragga - nella fattispecie, la lite - rivolgersi al medico. Qui il problema è il medico, che è Prodi! Se non si comprende che proprio colui al quale viene affidata la decisione finale rappresenta il problema di questa coalizione, non si è colta l'origine della malattia!
Aggiungo, peraltro, che anche qualora i partiti agli ordini di Prodi fossero d'accordo, resterebbe comunque il fatto che i partiti stessi si sono dimostrati inidonei a controllare i propri gruppi parlamentari: ne viene fuori un quadro di ingovernabilità assoluta e vera!
Allora, la domanda che in piena coscienza ciascuno di noi dovrebbe porsi, a cominciare dal Presidente del Consiglio, è se sia responsabile e corretto, nei confronti dell'opinione pubblica internazionale e del nostro stesso paese, affidare la guida della sesta potenza industriale del mondo all'influenza malcurata di un senatore oppure al noleggio di un altro senatore, che ci sta sul voto di fiducia ma non ci sta sui Dico, che ci sta sul voto di fiducia ma non ci sta sull'Afghanistan, che ci sta sul voto di fiducia ma non ci sta sulla TAV!
Il vero punto di questa crisi è che si è instaurato un clamoroso contrasto e conflitto di interessi tra il Presidente Prodi e l'Italia. Ciò che va bene a Prodi, vale a dire galleggiare e non decidere, non va bene all'Italia! Questo è il punto di snodo di questa crisi e questo sarà il punto sul quale, ancora una volta, cadrà Prodi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bocchino. Ne ha facoltà.
ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, tra oggi e domani si concluderà, con il voto di fiducia qui alla Camera dei deputati, l'iter di una crisi per certi versi paradossale, ma anche anomala, che per la prima volta ci ha posto una serie di questioni istituzionali rispetto alle quali non possiamo far finta che nulla sia accaduto.
Da questa crisi emerge che domani, una volta ricevuta la fiducia da questo ramo del Parlamento - dove, grazie ad una legge elettorale troppo velocemente criticata, con soli 20 mila voti di scarto, si ha un numero considerevole di deputati in più rispetto all'opposizione -, tornerà nella pienezza delle sue funzioni il Governo di Romano Prodi.
Ma qual è il mandato che ottiene il Governo di Romano Prodi dalla sua maggioranza risicata e dal Parlamento? È un mandato chiaro, preciso e netto: un mandato a non governare. È la prima volta nella storia repubblicana e forse nella storia del parlamentarismo occidentale che il Presidente del Consiglio ottiene dalla sua maggioranza non il mandato a governare, ma il mandato a non governare. Infatti, sulla base di quanto emerso in questi giorni durante i lavori del Senato, è evidente che i partiti della maggioranza hanno detto a Romano Prodi di stare attento perché, nel caso in cui intendesse procedere con le riforme, immediatamente verrebbe a mancare la maggioranza.
La pseudomaggioranza ha detto a Prodi di non occuparsi di politica estera, altrimenti mancheranno i numeri di alcuni senatori e quindi non ci sarà più né la maggioranza né il Governo. La pseudomaggioranza ha detto a Prodi di non occuparsi delle missioni internazionali, dei temi etici, delle pensioni e del mercato del lavoro. Dunque, è emerso un invito a non far nulla, un invito alla stagnazione, perché senza la stagnazione qualcuno deve dare sfogo ai propri rimorsi di coscienza facendo mancare quel voto decisivo che tiene in piedi il Governo.Pag. 61
Ecco perché il Presidente del Consiglio somiglia tanto a quei presidenti di società che hanno ricoperto un ruolo importante e che poi, al momento della pensione, vengono nominati presidenti onorari; si dà loro la macchina, l'autista e l'ufficio. Ecco chi è oggi Romano Prodi: una sorta di Presidente onorario del Consiglio, con macchina, autista ed ufficio, ma impossibilitato a procedere a riforme o a scelte chiare e nette rispetto alle esigenze del paese.
Il vostro Governo al Senato ha ottenuto 162 voti - appena due in più di quelli richiesti dal regolamento -, utilizzando i quattro voti dei senatori a vita. Non voglio contestare il diritto di votare dei senatori a vita ma, quando si costituisce una maggioranza sul voto di chi, per natura istituzionale, non può essere inserito all'interno di questa o quella coalizione, significa che esiste un problema. Non si tratta di un problema regolamentare, ma politico. Il Governo ha ottenuto una maggioranza cosiddetta politica che, richiesta in 158 voti, non è stata tale.
Il vostro Governo ha avuto soltanto 157 voti, più l'appoggio esterno del senatore Turigliatto che ha detto: «Oggi do la fiducia, ma sappiate che domani voterò contro i provvedimenti sottoposti all'esame di quest'Assemblea». Quindi, avete certamente ottenuto i 162 voti che servivano, ma grazie a quattro senatori a vita. Avete certamente i 158 voti che costituiscono una risicatissima maggioranza politica, ma grazie ad un senatore che vi ha garantito solo un appoggio esterno.
Ecco come salta il nostro bicameralismo e il principio fondamentale sul quale si basano le Assemblee, le quali a che cosa servono? Le Assemblee servono a formare delle maggioranze e a non permettere ad una sola persona di decidere. Voi avete messo in piedi un sistema tale di fiducia al vostro Governo per cui una persona sola decide: su ogni provvedimento basta una sola persona a far sì che lo stesso venga approvato o meno e che il Governo possa andare avanti o meno. Anche se dal punto di vista numerico e regolamentare la maggioranza teoricamente sussiste, in questo modo si nega il principio fondamentale su cui si basa l'Assemblea, così come è stata pensata dai padri costituenti.
Quindi, con la paralisi del Parlamento vengono meno tutti gli intenti riformatori, che pure ci sono all'interno della compagine di Governo, ma che vengono soffocati dall'incapacità della sinistra di governare. Qual è la lezione impartitaci a causa di questa crisi, pochi mesi dopo l'inizio della legislatura? Voi, grazie all'utilizzo di tanti artifizi, potete anche vincere le elezioni, ma non riuscite a governare, a garantire stabilità al paese. Questo accade perché l'Italia è un paese con un'ampia maggioranza moderata, mentre voi costruite la vostra maggioranza alternativa basandovi sull'odio e non sulla volontà di miglioramento del paese.
Ormai, a nostro giudizio, il Presidente del Consiglio Prodi ha la sindrome di Stoccolma: dopo essere stato prigioniero di quella sinistra massimalista che lo fece cadere durante la sua prima esperienza, egli si è innamorato del carceriere, ha spostato l'asse troppo a sinistra e non ha fatto proprio un insegnamento di Nenni, il quale diceva che a sinistra trovi sempre qualcuno più puro che ti epura: ecco che cosa è accaduto. È accaduto che la sinistra massimalista, di fatto, ha epurato Prodi, ha epurato quel riformismo che pure presentava dei germi all'interno del centrosinistra e ha lasciato il Presidente del Consiglio a Palazzo Chigi a giocare a Risiko; egli sta giocando con dei soldatini, con dei carri armati di plastica e tra poco questo gioco finirà (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Picano. Ne ha facoltà.
ANGELO PICANO. Signor Presidente, colleghi deputati, gli incidenti di percorso del Governo al Senato hanno messo a nudo una crisi politica conseguente al venir meno della preminenza dello spirito di coalizione rispetto agli interessi particolari di alcune sue componenti. Eppure, in pochi mesi l'Esecutivo, presieduto dall'onorevole Prodi, è riuscito a centrare gli Pag. 62obbiettivi che si era prefisso approvando una legge finanziaria che, avendo rimesso a posto i conti pubblici, ha inviato dei chiari segnali di affidabilità all'Europa e ai mercati internazionali. Il Governo ha proceduto ad un'accentuazione delle politiche di pace nelle relazioni con gli altri paesi, ha rimesso in moto i cantieri nel campo delle infrastrutture, ha liberalizzato alcuni servizi, avviato una redistribuzione del reddito e previsto ingenti finanziamenti per il Mezzogiorno.
Questi atti, però, sono stati costantemente segnati da un'intensa litigiosità tra i partner della coalizione, appannando così i risultati conseguiti e ponendo delle serie perplessità sulla tenuta del Governo.
La litigiosità ha messo a nudo una cultura che ha esaltato i diritti individuali rispetto a quelli della comunità, come nel caso dei Dico che hanno dato l'impressione di eludere i veri problemi della famiglia (fisco, assegni familiari, scuola, case), lo strumento primario per mantenere una vera coesione sociale. L'iniziativa sulle unioni di fatto, così come proposta, ha provocato il rigetto nel mondo cattolico e in molta parte di quell'elettorato che formava una delle componenti essenziali del blocco sociale che aveva portato l'Unione alla vittoria elettorale.
Constatiamo con piacere che tra i dodici punti del programma esposto dal Presidente del Consiglio un posto di rilievo abbia il rilancio delle politiche a sostegno della famiglia attraverso l'estensione universale di assegni familiari più corposi ed un piano per la costruzione di case a costi accessibili nonché un numero di asili nido sufficiente.
Siamo del parere che si possano trovare strade alternativo ai Dico per tutelare i bisogni dei singoli conviventi, senza tuttavia ricorrere ad un riconoscimento di rilievo pubblicistico. La famiglia ha un ruolo pubblico che significa, in sostanza, non solo luogo di conferimento di status giuridici, ma anche luogo di riproduzione della vita. Essa può avvenire anche al di fuori, tuttavia la famiglia è il luogo depositato alla riproduzione della vita e sopratutto quello nel quale per definizione vi è solidarietà orizzontale e verticale.
Il particolare statuto giuridico di cui gode la famiglia comporta non solo diritti, ma, forse in primo luogo, dei doveri. La famiglia svolge una funzione pubblica nell'educazione, nella crescita dei piccoli e nella cura dei malati e degli anziani; laddove non esiste, essa viene lasciata alla collettività generale con conseguente aggravio del bilancio dello Stato.
Vicina alla crisi della coesione sociale vi è quella ambientale, che pure è di rilievo mondiale e rappresenta una vera e propria emergenza. Le preoccupazioni sull'inquinamento atmosferico sono universali e richiedono grande collaborazione tra gli Stati ed i popoli. Le grandi crisi di inquinamento e climatiche riguardano tutti gli Stati perché tali fenomeni non si fermano alle frontiere. Siamo d'accordo nel rispettare gli impegni di Kyoto e nel costruire una cultura di rispetto dell'ambiente, a cominciare dalla scuola, ed un'economia sempre più rispettosa delle esigenze di avere aria e terra pulite. Sarà necessaria una riconversione produttiva e consumistica, ma in questo modo salvaguarderemo la nostra salute ed il futuro del pianeta. Le misure della legge finanziaria si muovono su questa linea ed è urgente tradurre le previsioni in provvedimenti legislativi ed attuativi.
Anche in politica estera sono emersi desideri di disimpegno, con venature di antiamericanismo che risentono di una cultura che ritenevamo appartenesse al passato. L'alleanza con gli Stati Uniti è stato uno dei pilastri della politica dell'Italia nel dopoguerra, assieme a quella per la costruzione dell'Europa. Queste costanti debbono rimanere nella consapevolezza che i problemi della sicurezza e quelli dell'approvvigionamento energetico sono tali che possono essere risolti solo con un approccio multilaterale e di intesa con le grandi democrazie occidentali, che hanno fatto del rispetto dei diritti umani il fondamento dei loro Stati.
Per questo riteniamo non eludibile la nostra permanenza in Afghanistan, per Pag. 63difendere la nostra e l'altrui sicurezza, anche se siamo d'accordo con il Governo sul fatto che un'azione militare non sia sufficiente se non è accompagnata da una proposta politica che crei equilibri stabili nella zona, coinvolgendo tutti i paesi confinanti. Il terrorismo può essere sconfitto se esiste coesione tra gli Stati, se si lavora per sradicare le radici dell'odio e se si porta avanti una politica di sviluppo e di cooperazione tra i popoli.
Il voto di fiducia di ieri al Senato, ottenuto con appena un voto in più rispetto alla maggioranza politica, e le esperienze di un Governo battuto in precedenti sedute ci obbligano a riflettere sulla necessità di riforme per garantire il corretto funzionamento delle istituzioni attraverso una legge elettorale che permetta di avere una maggioranza stabile e definita. Il Presidente del Consiglio ha riconosciuto che la legge elettorale ha assoluta priorità rispetto a qualsiasi progetto di riforma costituzionale. Egli ha giustamente lasciato al Parlamento il compito di trovare su questi temi il più ampio consenso possibile, poiché le leggi elettorali, come le modifiche alle Costituzione, non devono essere decise solo dalla maggioranza. Il Presidente del Consiglio ha continuato auspicando una legge che garantisca ai cittadini di poter scegliere non solo il partito, ma anche un programma, una coalizione, una proposta di governo, un Primo ministro. I princìpi enunciati ci trovano perfettamente d'accordo, anche per evitare un referendum che sarebbe dirompente per un paese come l'Italia.
Si parla di vari modelli elettorali, ma in molti è viva la tentazione di semplificare con forza il sistema politico, eliminando i partiti minori come se fossero loro la causa della crisi ed essa non fosse, come il Presidente del Consiglio ha riconosciuto, di natura politica. Nell'ordinamento italiano vi sono già sistemi elettorali, come quello comunale e regionale, che garantiscono la stabilità, pur non prevedendo una soglia di sbarramento.
I giornali hanno dato rilievo nei giorni scorsi alle indicazioni di riforma elettorale del professor D'Alimonte. La proposta introduce una serie di correzioni alla legge attualmente in vigore, con la previsione della preferenza, il voto ai diciottenni al Senato, l'impossibilità di candidarsi in più collegi, l'inclusione dei voti della Valle d'Aosta nel calcolo del premio di maggioranza alla Camera, il mancato conteggio dei voti di lista sotto la soglia ai fini dell'assegnazione del premio di maggioranza alla Camera e al Senato.
Queste proposte possono esser una buona base di discussione in vista di una riforma che salvaguardi le esigenze di stabilità del sistema, assieme a quella di garantire una rappresentanza a tutte le voci di una certa consistenza che sono presenti nel paese.
Alcuni anni fa l'onorevole Ruffilli, di fronte allo strapotere della partitocrazia, aveva chiesto di restituire lo scettro agli elettori: egli non proponeva in questo modo un sistema autoritario, bensì il ritorno alla democrazia dei partiti nel contesto della modernizzazione di uno Stato democratico che deve essere caratterizzato da una distinzione dei poteri e dalla centralità del Parlamento e quindi dalla democrazia dei partiti. Una pluralità di partiti che esprimono tutte le correnti culturali e politiche presenti nel paese ha permesso all'Italia una crescita prodigiosa nel dopoguerra. Le tante crisi di Governo che si sono succedute nell'era repubblicana erano dovute o alla difficoltà dei problemi da affrontare ovvero alla crisi scoppiata all'intero dei grandi partiti. Perciò, nella riforma elettorale, vanno tutelate le forze minori in grado di dare voce ai gruppi sociali che non vedono nei grandi partiti uno strumento idoneo per la tutela dei loro interessi.
In questo spirito, onorevoli colleghi, noi popolari-UDEUR garantiamo tutto il nostro convinto appoggio al Governo Prodi. Grazie.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Laurini. Ne ha facoltà.
GIANCARLO LAURINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Presidente del Consiglio nelle sue comunicazioni, tra le Pag. 64altre cose, ha toccato, per così dire, a volo d'uccello - con una superficialità che caratterizza i suoi dodici punti -, il problema del Mezzogiorno, affermando che il suo sviluppo mantiene un'importanza centrale nel programma di Governo. Tuttavia, se devo giudicare da quanto Governo e maggioranza hanno fatto con la legge finanziaria per il 2007 e dalla politica condotta in questi mesi, avverto - con ennesima e profonda delusione - una grande preoccupazione: il Governo, purtroppo, ci promette solennemente di mantenere lo stesso, sostanziale disinteresse sin qui avuto per il Mezzogiorno. Ne è prova inoppugnabile il fatto che esso si limiti a richiamare ancora una volta - evidentemente per i non addetti ai lavori, cioè la stragrande maggioranza degli italiani - il quadro strategico nazionale 2007-2013 per l'allocazione dei fondi comunitari nelle aree sottosviluppate, quasi che, pur nella loro esigua ricaduta sul Mezzogiorno, si tratti di stanziamenti di questo Governo e non di somme già previste.
Il Presidente del Consiglio, inoltre, afferma che senza sicurezza non vi sarà sviluppo, così come in passato - cito testualmente - non vi è stato sviluppo nelle aree in cui l'illegalità ha agito da padrona. Un Governo serio e che realmente abbia a cuore l'esigenza di considerare responsabilmente il problema del Mezzogiorno come problema nazionale - cosa su cui ormai tutti convengono -, se è dotato di capacità progettuale e di una visione chiara dei problemi, non può limitarsi a fotografare la realtà, ma deve proporre coraggiosamente soluzioni. Un Governo non può limitarsi a promesse vaghe e facilmente eludibili, come voi fate. Oltre tutto, non è la prima volta che Romano Prodi non mantiene le promesse fatte solennemente al Mezzogiorno. Già nella campagna elettorale del 1996 egli promise sulle piazze di Napoli e di tutto il Sud, nel caso in cui la coalizione di centrosinistra da lui guidata avesse vinto, che avrebbe magicamente trasformato il Mezzogiorno in una nuova e felice California - cito ancora una volta testualmente -, «sostenendone lo sviluppo, facendo leva, da una parte, sul turismo e sui beni culturali che hanno nel centro storico di Napoli la punta dell'iceberg» (noi per quel centro abbiamo chiesto invano una particolare attenzione nella legge finanziaria!) e assicurando altresì all'intero territorio quella sicurezza necessaria alle imprese per insediarvisi e produrre lavoro ed occupazione.
Ciò, è bene ricordarlo, dopo che l'IRI, sotto la sua presidenza, aveva sprecato per Bagnoli 1200 miliardi delle allora vecchie lire per potenziare e ammodernare uno stabilimento siderurgico che andava invece dimesso, come studiosi ed economisti e come la stessa Comunità europea allora autorevolmente sollecitavano e raccomandavano al nostro paese.
Il Mezzogiorno, Presidente Prodi, non si governa con promesse vaghe ed inevase o con inutili sprechi a tutti i livelli. Non basta chiedersi se mandare o meno l'esercito a Napoli, decisione sicuramente positiva se inquadrata nell'ambito di un più ampio ed articolato intervento straordinario per la città e per il Sud. Bisogna cercare di capire - e dubito che questo Governo ne abbia seria volontà e capacità - che cosa c'è dietro l'illegalità diffusa e perché si è creato nel Mezzogiorno una sorta di anti-Stato che, come Prodi riconosce, la fa da padrone. Bisogna rendersi conto che qui non si tratta di invogliare imprenditori e turisti a venire al sud con agevolazioni fiscali, sconti speciali e quant'altro, per indurli a vivere, operare e fare turismo in aree irrimediabilmente a rischio. Occorre rimuoverne le cause, investire con idee e progetti nuovi, con uomini e mezzi eccezionali, per ricondurre lo Stato là dove non c'è più, in quei territori dove imperano camorra, n'drangheta, mafia e Nuova Corona, che hanno costruito una sorta di ordine extrastatuale e metagiuridico, in un intreccio perverso di connivenze ed omertà, che ha fatto dell'illegalità un sistema di vita e, ahimè, occasione di lavoro e strumento abnorme e incivile di sopravvivenza e paradossalmente di tutela dei più deboli.
PRESIDENTE. La invito a concludere, deputato Laurini.
GIANCARLO LAURINI. Si tratta di una sfida che va molto al di là delle capacità e delle possibilità di questo Governo, che ha ormai perduto ogni credibilità nella stessa maggioranza, alla quale continua pervicacemente a chiedere di essere sostenuto.
PRESIDENTE. Deve proprio concludere.
GIANCARLO LAURINI. Agli italiani del Centro e del Sud non resta che sperare che non ci sia molto tempo per provocare ulteriori ed irreparabili danni al paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Venier. Ne ha facoltà.
IACOPO VENIER. Il Governo Prodi torna in quest'aula a chiedere la fiducia del Parlamento, per poter continuare il suo lavoro nell'interesse dell'Italia. Noi Comunisti Italiani non faremo mancare il nostro voto. Ribadiamo la fiducia al Presidente Prodi, come abbiamo fatto dal lontano 1996, quando per la prima volta le forze democratiche e progressiste conquistarono tutte insieme il Governo del paese. Sono passati più di dieci anni da quel momento e l'Italia ha dovuto conoscere il disastro e l'umiliazione del Governo delle destre, prima di potersi rialzare.
La vittoria elettorale dell'Unione ha rappresentato per noi, che siamo nati proprio per difendere il Governo Prodi, lo sbocco di una lunga azione, tesa a ricostruire una grande alleanza tra le forze che ancora oggi si riconoscono nei valori della Costituzione italiana antifascista. Noi Comunisti Italiani, quindi, sappiamo bene quale sia il valore di questa coalizione, che rappresenta insieme un argine alla destra e la migliore possibilità di portare gli interessi dei più deboli al centro dell'azione di Governo. La nostra lealtà quindi, signor Presidente, è fuori discussione. La coalizione dell'Unione però non è solo un fatto parlamentare. La nostra coalizione vive nel suo popolo, che è fatto di donne e di uomini che ogni giorno devono affrontare le difficoltà del lavoro, della scuola, della salute, della pensione, della disabilità. Se la politica, se i partiti non sanno ascoltare le domande di fondo che salgono dalla società, il rischio è che la democrazia vada in corto circuito e dentro questa sua crisi cresca l'antipolitica e la destra.
Ognuno di noi, in quest'aula, rappresenta una parte della società. Noi Comunisti Italiani dobbiamo, proviamo, vogliamo rappresentare chi più ha bisogno, chi lotta, chi sperimenta sulla propria pelle, ogni giorno, quanto falso sia il mito del mercato come soluzione ad ogni male. Per questo, signor Presidente del Consiglio, le diciamo che per essere leali, fino in fondo leali, con il suo Governo noi saremo determinati, molto determinati, nel batterci affinché queste persone, queste classi sociali trovino risposte concrete alle loro aspettative. I diritti sociali e civili, l'allargamento della democrazia partecipativa, l'impegno per la pace vanno insieme.
Si è detto che questa maggioranza è caduta sulla politica estera. Mi permetto di dissentire. Sulle scelte di fondo - l'Europa, il multilateralismo, la vocazione mediterranea, l'Africa come priorità - l'Unione ha marciato compatta ed ha portato l'Italia a riprendere il suo ruolo nel mondo. Vi sono stati momenti di dibattito tra noi, quando tale dibattito è divenuto aspro, come nel caso di Vicenza; ciò è accaduto perché è mancata la collegialità e la stessa informazione all'interno della coalizione e nella relazione con le popolazioni coinvolte. Noi, tutti noi, dobbiamo cercare sempre soluzioni condivise, che allarghino il consenso attorno al Governo. Ovviamente, come lei ha ben detto, signor Presidente del Consiglio, esistono e rimarranno sensibilità diverse. Noi vorremmo un percorso più rapido, più sicuro verso la piena sovranità dell'Europa e dell'Italia, verso un rapporto più adulto con gli USA, come quello che pratica la Francia. Le pressioni degli ambasciatori sull'Afghanistan, Pag. 66la chiusura degli Stati Uniti su Vicenza, il «no» preventivo all'estradizione degli agenti della CIA ci testimoniano che è aperto un problema nelle relazioni bilaterali con gli Stati Uniti, che non è compito dei Comunisti Italiani, ma dell'intera maggioranza, risolvere, ribadendo il quadro delle nostre alleanze, ma anche difendendo la piena sovranità e la dignità dell'Italia.
La crisi, però, non è nata a sinistra. Chi ha giocato contro il Presidente Prodi è chi, fuori e dentro i confini del nostro paese, rimpiange il Governo Berlusconi, con la sua totale subalternità agli Stati Uniti, al Vaticano e alla Confindustria. Se i nemici di questo Governo sono così potenti non significa, tuttavia, che bisogna accettarne i ricatti; sulla laicità, sui diritti sociali, sulla pace l'azione dei Comunisti Italiani è stata, e sarà, nell'interesse del Governo. Noi portiamo nella coalizione opinioni e speranze di milioni di nostri elettori. Noi agiamo per tenere aperta un'interlocuzione anche con settori critici che, tuttavia, compongono, e comporranno, il nostro popolo, il nostro elettorato. Mai dobbiamo dimenticarci che la vittoria dell'Unione deriva dalle grandi mobilitazioni popolari per la pace, per la democrazia, per i diritti dei lavoratori, che hanno contrastato e bloccato, nelle piazze e nell'opinione pubblica, il berlusconismo nel suo farsi regime. Da lì proveniamo e se c'è qualcuno, anche nella maggioranza, che pensa che sia possibile rilanciare l'azione del Governo abbandonando la vocazione alla pace, alla solidarietà ed alla giustizia si sbaglia di grosso. Non è chiudendoci in un fortino assediato che risolviamo i nostri problemi, ma la maggioranza non si rafforza nemmeno spostando al centro l'asse politico. Serve uno scatto in avanti, che rilanci lo spirito della coalizione, che rimetta in moto forze e speranze. Il nostro popolo ci chiede unità, ma anche più coraggio, più determinazione, persino più fantasia per cambiare davvero l'Italia.
Il programma dell'Unione, integrato dai dodici punti prioritari, resta il punto fermo da cui partire. Quel programma rappresenta il punto di incontro tra la sinistra ed il centro di questa maggioranza. Per mantenere questo importante punto di equilibrio serve, tanto più oggi, una sinistra sempre più unita e, quindi, capace di avere quella «massa critica» necessaria per essere efficace nel determinare le politiche del nostro paese. Abbiamo scritto un nuovo patto. Questo patto vale per tutti. L'elemento fondamentale del patto è la collegialità, che consentirà, poi, al Presidente Prodi di svolgere la sua funzione di sintesi e di rappresentanza generale di tutti noi...
PRESIDENTE. Onorevole Venier...
IACOPO VENIER. La disciplina di coalizione non è una gabbia se tale disciplina è basata sul dibattito vero, sul confronto rispettoso delle opinioni, sulla ricerca del consenso. Noi Comunisti Italiani siamo pronti a questa nuova fase e rinnoviamo la nostra fiducia perché convinti che gli impegni che ci siamo assunti sono seri ed utili e che dietro questa maggioranza vi è un popolo pronto a sostenerla (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, colleghi, ministri, ovviamente l'intervento sarà rivolto al Governo e al Presidente del Consiglio, che oggi non è in aula. Presidente Prodi, signori del Governo, oggi vi presentate alla Camera per ottenere la fiducia e sappiamo che la otterrete perché il problema non è la Camera, lo è stato ieri al Senato. Dico ciò ma sicuramente del doman non vi è certezza, perché questa maggioranza, invece di rafforzarsi, si indebolisce. Anche alla Camera vi è un segnale importante in questo senso, un segnale di disgregazione, cioè la presa di posizione del presidente della Commissione Attività produttive, ex segretario del Partito Radicale, che ha dichiarato di astenersi nella votazione sulla fiducia.
Capisco che vogliate derubricare tutto a questioni personali oppure a contrasti facilmente Pag. 67risolvibili, ma questo è un ulteriore segnale politico di crisi all'interno della maggioranza anche alla Camera. Domani otterrete la fiducia anche in virtù di una legge elettorale da voi tanto vituperata, ma che alla Camera vi consente di avere una maggioranza, grazie al premio di maggioranza, malgrado il paese sia spaccato a metà, con riferimento anche ai risultati della Camera e non soltanto a quelli del Senato. Voi otterrete una fiducia che non dovreste ottenere perché questo Governo, per il bene di tutti, non dovrebbe governare. Anzi, non avrebbe dovuto ottenerla neppure al primo passaggio al Senato, perché siamo in un sistema bicamerale perfetto ed allora, quando vi sono due Camere che hanno le stesse funzioni e le stesse competenze dal punto di vista legislativo, se alla Camera vince una coalizione e al Senato prevale l'altra, questo è un caso di scuola in cui si deve immediatamente mandare il paese alle elezioni. Non so quale altro caso possa essere citato per chiedere ed ottenere, anche giustamente, nuove elezioni per poter dare al paese un Governo stabile.
Oggi discutiamo della fiducia al Governo dopo che lo stesso è stato sconfessato in Parlamento su un aspetto molto importante, cioè sull'intera politica estera, e non su un singolo atto. Il Governo è stato sconfessato sulla politica estera dopo che era stato rimandato in Parlamento dallo stesso Presidente della Repubblica, che evidenziava una crisi politica e istituzionale all'interno della stessa maggioranza. Questa sconfessione dell'Esecutivo in sede di dibattito parlamentare al Senato è stata pesante, perché in dubbio c'era la stessa appartenenza ad un blocco occidentale, non soltanto l'accordo o meno su un singolo atto. Era in discussione questo tipo di appartenenza a fronte del fatto che una parte cospicua della vostra maggioranza in campagna elettorale aveva detto cose precise ai propri elettori, cose che sono state sconfessate dalla politica estera del Governo, che voi sostenete come azionisti anche importanti, come pretendete di essere: quindi, non si tratta assolutamente di una questione da poco.
In un paese normale un Governo di questo tipo, che non ha i numeri in Parlamento e che viene sconfessato su un aspetto così importante, avrebbe dovuto andare a casa. In un paese normale avrebbero dovuto svolgersi le elezioni dopo pochi mesi, perché l'esigenza primaria, l'obiettivo primario avrebbe dovuto essere dare al paese un Governo stabile. Invece, non è stato così.
Su questo punto vi è anche una responsabilità all'interno dell'opposizione, perché ci saremmo aspettati che tutte le forze di opposizione, in maniera compatta, chiedessero lo svolgimento di elezioni immediate, dopo la sfiducia ottenuta dal Governo sulla politica estera. Non capiamo l'atteggiamento titubante di qualcuno.
Signor Presidente, signori ministri, non crediamo che la prosecuzione della legislatura possa portare alcunché di positivo per il paese, soprattutto per il nord, che rappresentiamo, un nord che, fino ad oggi, non ha visto la realizzazione del federalismo e che, invece, ha visto una politica economica fortemente penalizzante, indirizzata soprattutto all'inasprimento della pressione fiscale ed a colpire, in particolar modo, i ceti produttivi.
Anche per questi motivi, il gruppo della Lega Nord Padania, per difendere gli interessi della sua gente, del suo elettorato e del suo territorio che oggi rappresenta, voterà contro la fiducia al Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritta parlare la deputata Craxi. Ne ha facoltà.
STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI. Signor Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, lei non è presente; ciò nondimeno, le dirò ciò che penso. Lei, che ancora una volta ha scelto di sottomettere l'interesse del paese ai suoi interessi personali, sappia che, fiducia o no, è arrivato a «fine corsa». Con lei si chiude un'epoca. Questa non è una crisi qualsiasi: è la fine del grande imbroglio italiano che dura da ben quindici anni.
È stato un imbroglio il golpe mediatico-giudiziario che ha portato al Governo del Pag. 68paese, con la forza e la violenza, chi dopo il crollo del muro di Berlino è stato sconfitto dalla storia.
È stato un grande imbroglio la conquista del potere pubblico da parte di poteri finanziari privati, che hanno trasformato i monopoli pubblici in monopoli privati, con conseguente impoverimento del paese a favore dell'arricchimento della sinistra dorotea.
È stato un imbroglio la nascita della Seconda Repubblica, risultato non di una seria riforma delle istituzioni e della Costituzione, ma di marchingegni elettorali che hanno messo ai margini del sistema democratico la politica, il confronto programmatico, qualsiasi tensione progettuale e posto al centro delle piazze mediatiche e fisiche del Parlamento trasformismo, moralismo, persecuzioni razziste degli avversari, che sono diventati nemici, demoni e che, in qualche caso drammatico, qualcuno si è incaricato di abbattere.
Con il fallimento del suo Governo, oggi o tra qualche mese, finisce un'epoca tra le più buie del paese. Lei, con la sua arrogante autosufficienza, con la sua voracità di potere, con la sua miopia politica, sta accompagnando le sue «truppe» verso la fase crepuscolare del tramonto. Lei, esperto di sedute spiritiche e di magia come il «pifferaio magico», sta accompagnando i reduci del compromesso storico che fu verso il «mare morto» del Partito democratico, dove regnano dispersione delle idee e ibridazione delle culture, le cose si confondono e si sovrappongono in un vagare frenetico e a zig zag: i Dico, che sono rimasti nascosti nel non detto del suo «Bignami programmatico», le pensioni, dove gli «scaloni» e gli «scalini» compaiono e scompaiono come nel gioco delle tre carte, la TAV, che si farà in accordo con le comunità locali che sono in disaccordo, la riforma della legge elettorale, parola magica dietro la quale si nasconde l'incapacità di effettuare scelte politiche di isolamento delle posizioni estreme, che tutte le sinistre democratiche, in Europa, hanno compiuto. Si tratta di scelte politiche che una sinistra in «salsa romana», dei Rutelli e dei Veltroni, o in «salsa emiliana», dei Bersani, o in «salsa bancaria», dei Prodi o dei D'Alema, non è in grado di fare.
Noi stiamo assistendo al tramonto di quanto non è mai nato: una sinistra riformista che in verità non potrebbe mai nascere dalla pancia di una sinistra dorotea, che continua ad avere nelle sue viscere istinti stalinisti.
Noi stiamo assistendo al vostro tramonto. Vi rivolgo una preghiera: fate presto, perché il paese avverte la necessità che si riaccenda la luce di una nuova alba (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Palomba. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente del Consiglio, la piena fiducia politica accordata dal Senato consente all'Unione di guardare con maggiore serenità al futuro e le dà il tempo per riguadagnare i consensi allontanatisi a cagione dell'amara cura, che è stato necessario praticare per sanare il disastro lasciato in eredità dal centrodestra.
Entro subito nel vivo dei temi che intendo trattare: una questione riguarda un punto non affrontato; l'altra ha invece assunto un rilievo centrale nel suo intervento. Entrambe, però, sono funzionali al mantenimento di una lunga vita a questo Governo, essendo volte ad evitare rischi di involuzione e di difficoltà.
Tratto il primo tema a titolo strettamente personale perché la mia posizione taglia trasversalmente il mio gruppo, come ritengo accada per analoghe posizioni assunte in altri gruppi. Si tratta del problema dei diritti dei conviventi: non ho alcuna difficoltà, signor Presidente, a riconoscere che avevo considerato un rischio per il Governo presentare un proprio disegno di legge che avrebbe esposto il Governo stesso al pericolo di non ottenere la fiducia nell'eventualità di plurime obiezioni di coscienza su un tema eticamente tanto sensibile. Allo stesso modo, però, ritengo oggi quanto mai saggia l'espunzione di quel tema dal novero delle misure Pag. 69che il Gabinetto che ella presiede deve approntare.
Auspico e ritengo necessario che il Governo si mantenga realmente equidistante tra le diverse posizioni, che pure nell'Unione sono presenti, lasciando la decisione sulla questione in esame alla libera dinamica parlamentare. Se realmente il Governo non eserciterà un'influenza sulle scelte parlamentari, eviterà che molti ricorrano all'obiezione di coscienza ed eviterà a se stesso dei pericoli.
Il secondo aspetto centrale nelle sue comunicazioni riguarda la riforma della legge elettorale; certamente non le sfugge, signor Presidente del Consiglio, che si tratta di un tema cruciale, anzi di sopravvivenza per molti, tra i quali Italia dei Valori. La scelta che sarà operata non sarà irrilevante. Se si vorrà semplicemente restituire agli elettori la possibilità di scelta con l'introduzione della preferenza o limitare le candidature plurime in tutte le circoscrizioni, lei ci troverà d'accordo (non abbiamo paura della competizione), ma se si volesse d'imperio operare lo sterminio delle identità, magari con l'introduzione di sbarramenti astrali, porteremmo avanti la nostra opposizione anche scendendo nelle piazze, dove sosterremmo il forte sospetto che si voglia eliminare chi è scomodo.
Noi vogliamo credere che l'Unione stia riflettendo su come valorizzare le ricchezze ideali e non mirando invece ad una soluzione finale attraverso una riforma elettorale micidiale; noi vogliamo che siano gli elettori a dire chi debba scomparire o invece essere rafforzato in virtù, ad esempio, di battaglie per la legalità e per la moralità quali quelle condotte dall'Italia dei Valori, senza che chi dovrà sedere in Parlamento o nelle altre istituzioni e chi no sia, invece, deciso da fredde alchimie politiche.
Comprendiamo l'esigenza di allargamento della maggioranza e quella di trovare intese al di fuori dello stretto ambito dell'Unione; anzi, Presidente, esortiamo la maggioranza stessa a cercarle.
A tale proposito, esprimiamo apprezzamento per la capacità di attrazione che il centrosinistra ha saputo esercitare nei confronti di persone limpide e coraggiose come il senatore Follini, la cui scelta responsabile dettata da ragioni ideali è lontana mille miglia da quella di chi ha venduto la propria originaria appartenenza per un piatto di lenticchie, fosse anche rappresentato da una presidenza che non vale la dignità persa.
Siamo anche consapevoli che il sistema politico si gioverebbe di semplificazioni cui non siamo certo insensibili; ma queste devono passare per una conventio ad includendum e non ad excludendum. In questo secondo caso, l'operazione sarebbe di corto respiro e volta esclusivamente a ridurre freddamente la sfera di chi deve gestire il potere pubblico ad iniziativa ed a vantaggio esclusivo delle attuali oligarchie politiche. Contro tale eventualità Italia dei Valori combatterebbe.
Noi siamo convinti che questa legislatura debba continuare affinché il centrosinistra possa esprimere compiutamente e al meglio tutte le proprie potenzialità. Perciò, le chiediamo che il prezzo ed il terreno delle intese siano non una legge elettorale, che fatalmente escluderebbe delle forze, con sbarramenti a priori irraggiungibili per molti, ma un obiettivo di inclusione di tutte le identità in identità più ampie.
Le chiediamo da subito, Presidente, di essere il garante delle diversità, che sono anche ricchezze, e di una libera dinamica elettorale, che consenta alle diverse identità di portare il proprio contributo.
PRESIDENTE. Deve concludere...
FEDERICO PALOMBA. Si tratta di riferimenti alle tecniche elettorali cui anche noi siamo favorevoli.
Per conseguire tale obiettivo non mancano neanche in Italia gli strumenti, a cominciare dalle leggi per l'elezione dei sindaci o da quelle per le regioni, che consentono di coniugare governabilità e rappresentanza delle forze politiche, a seconda dei consensi che esse conseguono.
Ci aspettiamo, dunque, adeguate risposte, possibilmente nella replica.
Presidente, certa della sua rassicurazione, che andrà a registrare, l'Italia dei Pag. 70Valori si accinge con nuovo slancio a rinnovarle la fiducia (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tranfaglia. Ne ha facoltà.
NICOLA TRANFAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, intervengo nella discussione confermando la convinzione propria dell'intero gruppo dei Comunisti italiani che il rilancio programmatico del Governo Prodi sia in questo momento la strada migliore per l'Italia per attuare il programma dell'Unione nei suoi tratti essenziali e urgenti, adatti a superare la crisi politica ed economica maturata negli ultimi dieci anni e a riportare il nostro paese nella pattuglia di testa dell'Unione europea, da cui si era allontanata in questi anni.
Condividiamo le comunicazioni del Presidente Prodi sulla politica estera condotta fino ad oggi, sull'importanza centrale attribuita alla rinascita del Mezzogiorno, sulla politica dell'energia e dell'ambiente, sull'attenzione particolare alle questioni che interessano da vicino i lavoratori, i giovani, gli anziani, cioè i soggetti deboli dell'imponente trasformazione sociale e economica nei decenni che ci attendono.
Nelle sintetiche ma significative comunicazioni dell'onorevole Prodi abbiamo apprezzato l'intenzione del Governo di consolidare e razionalizzare la forma di Governo, di rendere più equilibrata la forma di Stato e di dare al nostro ordinamento di Governo un assetto coerente con i grandi valori della Costituzione, ma anche con le sfide del nostro tempo. In affermazioni come queste abbiamo colto, credo non a torto, il fermo proposito di dare attuazione ad una serie di misure, che da una parte intendono portare a termine una transazione istituzionale, che dura ormai da quindici anni e si avvia a diventare infinita, dall'altra sono volte a realizzare una democrazia compiuta, fedele ai principi fondamentali di un moderno Stato di diritto.
Per raggiungere questi obiettivi, che non possiamo rinviare ancora ad una successiva legislatura, una legge sul conflitto di interessi rappresenta non soltanto una bandiera dell'Unione, ma anche un debito che abbiamo contratto da molti anni con i nostri elettori, che l'avrebbero voluta già nella seconda metà degli anni Novanta, dopo la discesa in campo dell'attuale leader dell'opposizione.
Si tratta, da una parte, di mantenere il calendario già fissato perché il dibattito possa svolgersi in quest'aula prima dell'estate; dall'altra, di perfezionare il disegno di legge in maniera tale che non ci siano clausole che consentano a maggioranze future di rivedere con particolare facilità il dettato legislativo su un tema di così grande importanza.
Di altrettanto rilievo appare l'impostazione di una nuova legge elettorale che raggiunga la massima convergenza delle forze rappresentate in Parlamento e tenga adeguatamente conto delle esperienze maturate in Italia nelle assemblee regionali, piuttosto che rifarsi ad astratti sistemi adottati in altri paesi e spesso inadatti alle peculiarità proprie del nostro.
L'altro grande capitolo a cui dobbiamo accennare riguarda l'informazione, quella giornalistica e soprattutto quella radiotelevisiva; sull'una come sull'altra esistono e si stanno perfezionando già in Parlamento iniziative di Governo e parlamentari, che prevedono il passaggio della televisione al sistema digitale e una riforma adeguata della RAI, provvedimenti che riguardano il mercato pubblicitario e il diritto degli italiani ad una informazione più libera e priva di monopoli o dell'attuale duopolio televisivo.
Si tratta di misure di importanza centrale, non solo per l'attuazione dell'articolo 21 della Costituzione, ma anche per garantire ad ogni cittadino il diritto effettivo ad una informazione libera e completa.
Infine, mi limito ad accennare al problema della ricerca scientifica e dell'istruzione a tutti i livelli. Ho visto con piacere che lei lo ha citato tra i primi punti del dodecalogo, ma è necessario ribadire con grande chiarezza che alla fine di quest'anno attraverso la legge finanziaria sarà Pag. 71necessario provvedere allo stato di sofferenza di quei settori, che attendono con ansia un'ancora più netta differenza di attenzione rispetto all'ultimo quinquennio in termini di risorse e di progetti.
Occorre realizzare, nel campo dell'istruzione e della ricerca, una forte assunzione di responsabilità, che riporti l'Italia in testa e non in coda agli investimenti europei ed occidentali, che applichi metodi meritocratici, favorevoli alle nuove generazioni, che attui sistemi obiettivi di valutazione dei risultati in tutti i campi e che, insomma, modifichi profondamente il panorama attuale.
È proprio in questo campo che dobbiamo compiere il salto di qualità che gli italiani attendono e che l'Europa ci chiede da tempo (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Filippeschi. Ne ha facoltà.
MARCO FILIPPESCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la crisi politica che si è aperta a seguito delle votazioni avvenute al Senato non è stata solo l'effetto di una difficoltà della maggioranza. Essa ha reso più visibile la crisi della politica, diventata così grave anche per l'inadeguatezza delle regole che dovrebbero garantire al nostro paese una guida democratica ed efficace.
La crisi della politica si manifesta chiaramente agli occhi dei cittadini per come la politica appare. Il Capo dello Stato ha consultato diciannove partiti, rappresentanti di almeno ventitrè componenti parlamentari. L'Italia è il paese europeo con il maggior numero di partiti e con i partiti di più piccole dimensioni.
Per la legge elettorale voluta dalla destra, congegnata, come si è confessato, per dare instabilità a questa legislatura, non è bastato superare il 50 per cento dei voti per governare con sicurezza, mentre in altri grandi paesi, come il Regno Unito e la Francia, si governa con poco più del 30 per cento dei voti ottenuti dal partito che ha vinto le elezioni. Dagli anni Settanta alla crisi della prima Repubblica, dall'avvento delle nuove leggi elettorali ad oggi, tra ritardi storici e transizione incompiuta, non si sono sciolti i nodi decisivi, quali quello del superamento del bicameralismo perfetto.
La politica appare litigiosa, incongruente e troppo spesso intenta a consumare il tempo e le risorse pubbliche per sé. È questa una immagine che molti di noi possono ritenere forzata o ingiusta, ma, purtroppo, è quella cui si deve una sempre più forte delegittimazione delle istituzioni e dei partiti e alla quale si deve fare fronte con atti concreti e coerenti.
Se le forze politiche presenti in questo Parlamento non avranno la capacità di dare una svolta alla crisi del funzionamento delle istituzioni e alla frammentazione patologica dell'offerta politica che essa ha prodotto, investiranno ancora più pesantemente i partiti, vanificando il loro ruolo democratico fondamentale e alimentando ancora l'antipolitica e il qualunquismo, le separatezze territoriali e le lacerazioni sociali e civili.
Serve, allora, una politica più forte, a misura dei bisogni del paese. Serve consapevolezza della necessità assoluta di riformare le istituzioni e di fare, nello stesso tempo, un'autoriforma dei soggetti politici, per ridurre la frammentazione patologica che viviamo, con scelte unificanti. L'Ulivo, che in Parlamento parla con un'unica voce, ci sta provando.
Destra e sinistra possono concorrere a fare le riforme della legge elettorale e della Costituzione che servono al paese. A destra e a sinistra si può realizzare una positiva semplificazione della rappresentanza. I ripetuti appelli del Capo dello Stato a dare al paese istituzioni più riconosciute e più forti hanno trovato, da parte dell'Ulivo, un consenso che non si è espresso solo a parole. Noi condividiamo le sue preoccupazioni e siamo pronti a fare la nostra parte.
Il Presidente Prodi, nelle sue comunicazioni, ha operato un'apertura positiva, ma i tempi e i modi a cui pensa la destra per le riforme istituzionali non sono quelli di cui ha bisogno l'Italia. Nella passata Pag. 72legislatura, la destra ha fatto riforme costituzionali a stretta maggioranza, poi bocciate nei referendum.
Ad oggi, invece, i dirigenti di Forza Italia e di Alleanza Nazionale, pur divisi, come si è visto, su questioni essenziali, hanno detto «no», in questo dibattito, a riforme costituzionali puntuali che rispetterebbero il risultato del referendum e non contrasterebbero con quelle proposte a suo tempo dalla destra. Questa è una contraddizione molto grande!
Non è certo convincente affermare, com'è stato fatto, che le riforme incappano nel problema dei tempi lunghi: in primo luogo, perché, in presenza di un accordo molto ampio, i tempi possono essere abbreviati, seguendo le procedure di revisione costituzionale ordinarie; in secondo luogo, perché non si può essere strabici, perché non si può guardare con un occhio alle intese che si ritengono utili per la propria parte e, con l'altro, alla fine anticipata della legislatura. Né si può sostenere, come ha fatto, ieri, il senatore Pisanu, che non vi sarebbero le condizioni politiche per un'intesa («a prescindere», diciamo così), perché il nostro Governo avrebbe cristallizzato nelle istituzioni la divisione del paese in due. Ricordo al senatore Pisanu che il primo problema che la nostra maggioranza si è trovata a dover fronteggiare, dopo le elezioni, è stato quello del mancato riconoscimento del risultato elettorale (e qui mi fermo). Credo che dobbiamo restare su un terreno diverso di confronto e guardare a ciò che serve al paese, partendo dal riconoscimento, oggi quasi unanime, del fatto che le regole elettorali vanno cambiate e che certe riforme costituzionali sono all'ordine del giorno da trent'anni.
Dunque, il Governo andrà avanti finché avrà una sua maggioranza politica. Il paese ha certamente urgenza di una riforma elettorale seria, che aiuti a risolvere i problemi evidentissimi della politica, e di una riforma costituzionale che dia stabilità ai governi ed efficacia al Parlamento e coinvolga, in un equilibrio virtuoso, le regioni e le autonomie locali. Questa è, in sostanza, la domanda intransigente che viene dalla società.
Si possono fare poche ed incisive riforme della Costituzione: superare il bicameralismo paritario ed istituire il Senato delle regioni e delle autonomie, con la possibilità di differenziare i sistemi di elezione delle due Camere; rafforzare il ruolo del Presidente del Consiglio dei ministri, con la Camera legislativa che gli attribuisca la fiducia e gli consenta la nomina e la revoca dei ministri; diminuire il numero dei parlamentari.
Riguardo alla legge elettorale, a noi premono i seguenti obiettivi fondamentali, che di certo non sono di parte (da essi si dovrebbe partire, prima che dai modelli): salvaguardare e migliorare il bipolarismo, dando vita ad un sistema efficace di alternanza e creando le condizioni per una più forte coesione delle coalizioni e, di conseguenza, per la stabilità; aiutare a ridurre la frammentazione politica; garantire il necessario radicamento territoriale degli eletti; applicare l'articolo 51 della Costituzione per il riequilibrio della rappresentanza tra uomini e donne.
La propensione che abbiamo per il doppio turno con collegi uninominali (con i necessari adeguamenti alla nostra situazione o secondo i sistemi elettorali - italianissimi, direi - in vigore per province e comuni), è legata alla possibilità del raggiungimento di alcuni dei suddetti obiettivi, considerata la specificità italiana, e nasce anche dalla consapevolezza del largo consenso che questi sistemi, già messi alla prova, riscuotono tra i cittadini. La predetta propensione ha - non a caso - un forte seguito in parti assai significative della nostra società ed ha trovato sintonie anche trasversali nel dibattito politico (si potrebbe fare un lungo elenco di sostenitori del modello che proponiamo).
Evidentemente, a scartare il doppio turno non basta la giustificazione negativa, riproposta anche oggi dall'onorevole Berlusconi, individuata nel calo dei votanti tra il primo ed il secondo turno: i colleghi della destra sostengono - sbagliando - che tale calo avvantaggerebbe il centrosinistra Pag. 73nei ballottaggi. Si tratta di una giustificazione debole, poco fondata e poco presentabile di fronte ai vantaggi evidenti offerti dai sistemi a doppio turno, primo fra tutti quello di dare coerenza maggiore a coalizioni anche ampie ed inclusive senza togliere né visibilità né ruolo ai partiti politici.
Ciò detto, noi siamo pronti a discutere in Parlamento anche di modelli diversi che abbiano una coerenza e che consentano...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MARCO FILIPPESCHI. ... di cogliere - sto per concludere, signor Presidente - gli obiettivi fondamentali che ci si propone (quelli che ricordavo) e di certo quelli essenziali che il Capo dello Stato ha raccomandato ai partiti nel suo messaggio di fine anno.
Abbiamo rappresentato al ministro Chiti questa disponibilità, che però non è illimitata, perché sentiamo delle rigidità che hanno motivazioni irricevibili, in particolare sulle riforme costituzionali che possono rafforzare il sistema, sopperendo anche ai limiti intrinseci di una riforma che si vorrebbe aderente alla cosiddetta legge Calderoli.
Dunque, apriamo il confronto senza pregiudiziali e blindature e, soprattutto, come ha detto il Presidente Prodi nella sua replica al Senato, facciamo insieme uno sforzo rivolto al futuro per riavvicinare davvero la politica ai cittadini.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Satta. Ne ha facoltà.
ANTONIO SATTA. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, il voto di ieri al Senato ha ristabilito sicuramente la fiducia nei confronti di un Governo espressione della coalizione che ha vinto le elezioni - è un dato che non va dimenticato: questa coalizione, cari amici del centrodestra, ha vinto le elezioni! - con un forte e convinto apprezzamento per il sostegno di Marco Follini, un vero arricchimento per l'azione del Governo nel prossimo periodo.
Siamo certamente ad una politica democratica di fronte al Parlamento: è normale. Che può dire oggi la Casa delle libertà al riguardo? Si dimentica che, nella scorsa legislatura, sono stati «cacciati via» il ministro degli esteri, il ministro degli interni, il ministro dell'economia per due volte, e altri? E allora? Cerchiamo di ragionare tutti insieme nell'interesse del nostro paese.
Signor Presidente del Consiglio, noi Popolari-Udeur siamo stati sempre leali nel sostegno al Governo che lei presiede, e abbiamo peraltro sempre ribadito che la coalizione di maggioranza era ed è legata al programma che è stato da tutti noi sottoscritto.
Per questo abbiamo più volte ribadito con convinzione che il problema, prima chiamato Pacs ed ora Dico, doveva rimanere fuori dall'agenda del Governo per essere lasciato all'esclusiva competenza del Parlamento. Abbiamo rispetto delle posizioni di tutti, ma pretendiamo uguale rispetto per le nostre convinzioni. I nostri valori, la nostra concezione della famiglia non sono in campo per essere barattati. Difenderemo con orgoglio tali principi, al pari di quelli relativi alla bioetica in generale, e al valore della vita in particolare, in un confronto franco, corretto e leale nel paese e nel Parlamento. Questo paese, infatti, non riesce a capire, e non potrà mai farlo, una conflittualità quasi permanente sui temi che sono al centro del nostro programma: dalla politica estera al Mezzogiorno, alla famiglia, alla previdenza e, soprattutto, al lavoro, il problema dei problemi.
Lei, Presidente, afferma nelle sue comunicazioni che questa crisi si colloca all'interno della lunga e incompiuta transizione del sistema istituzionale e politico del paese. Il nodo è quindi nell'attuale legge elettorale, fatta apposta, secondo alcune interpretazioni, per impedire una stabilità di governo, ma stiamo attenti alla tanto attesa, e tanto richiesta, ennesima riforma elettorale.
Non è infatti né condivisibile né accettabile quanto alcuni, sempre meno a bassa voce, sostengono, che cioè, per assicurare Pag. 74una governabilità stabile e duratura, sia necessario cancellare i piccoli partiti dal panorama politico nazionale. A parte il fatto che, ad eccezione di un solo partito, non ve ne sono altri oltre il 20 per cento, tant'è che DS e Margherita per superare tale soglia debbono mettersi insieme nelle liste elettorali, la crisi, Presidente, non sta nei piccoli ma nei cosiddetti «grandi» partiti, al cui interno scoppiano le più grandi contraddizioni, come dimostrano le recenti riforme elettorali, sia col sistema maggioritario che con altri sistemi.
La garanzia di una maggioranza di Governo sta infatti sempre, e soprattutto, nel rispetto degli impegni assunti per realizzare quanto il programma, frutto del contributo dei partiti della coalizione, prevede, indica e stabilisce: un «no» netto pertanto al tentativo di far scomparire i cosiddetti «piccoli» partiti e un «sì» convinto ad una riforma che rispetti il pluralismo capace di mettere in piedi coalizioni politicamente coese e soprattutto credibili. E questo dovrà avvenire, a nostro avviso, nel Parlamento italiano e con il concorso di tutti.
Questa è una maggioranza, come lei ha giustamente osservato, formata da forze politiche che hanno ispirazioni culturali differenti: è la nostra una alleanza elettorale che diventa politica nell'impegno a realizzare il programma presentato agli elettori, in forza del quale abbiamo chiesto e ottenuto la fiducia per governare, un programma - lo ripeto - sottoscritto da tutti.
La vera forza politica di una coalizione sta proprio qui, nel rispetto assoluto degli impegni condivisi e sottoscritti senza «se» e senza «ma».
Va bene la discussione, va bene il dibattito, va bene il confronto, anche quello più aspro, ma la decisione finale non può che essere di leale sostegno a quanto insieme abbiamo proposto al paese.
Apprezziamo, Presidente, il rinnovato impegno a favore del Mezzogiorno, che, come lei dice bene, riveste un'importanza centrale per il Governo. Il Mezzogiorno è per noi Popolari un tema talmente essenziale e qualificante tanto da costituire motivazione politica di fondo per la nostra stessa partecipazione a questa maggioranza e a questo Governo. Registriamo con soddisfazione un impegno finanziario davvero straordinario a favore del Mezzogiorno; occorre ora avere la capacità di gestire questo momento, creando le condizioni per favorire uno sviluppo che dia serie prospettive per il futuro dei nostri giovani, attraverso un forte impegno per l'occupazione e per un lavoro stabile. Per questo il problema della sicurezza deve essere affrontato con determinazione se si vuole che gli imprenditori investano sempre di più e non debbano fuggire per la paura. Siamo convinti d'altra parte che, al di là di ogni retorica e di ogni affermazione di principio, non vi sarà un futuro vero per il nostro paese se non sarà cancellato compiutamente il gap esistente tra le regioni del Sud e quelle più avanzate e industrializzate del Nord. Deve essere questo un impegno ineludibile non solo del Governo e della maggioranza, ma di tutto il paese nelle sue diverse articolazioni politiche, sociali ed imprenditoriali.
Presidente, questo Governo ha affrontato con serietà, vogliamo ricordarlo, il tema della precarietà. È iniziato un percorso importante che punta alla stabilizzazione di tutti i lavoratori precari, sia quelli del mondo della scuola sia quelli della pubblica amministrazione in genere. È certamente questo un dovere prioritario di un Governo di centrosinistra che deve porre alla base del suo agire l'affermazione della giustizia sociale nel paese.
Restano peraltro gravi lacune in questo campo e voglio segnalarne due in particolare. La prima riguarda i sessanta docenti civili di materie non militari delle scuole sottoufficiali della marina de La Maddalena e di Taranto. Sono figli di nessuno e sulla loro situazione attendiamo la risposta definitiva del Governo. L'altra riguarda, ministro Fioroni, il personale cosiddetto ATA ex enti locali, che riguarda ben 80 mila lavoratori. Ebbene, come lei sa, 25 mila di loro hanno ottenuto il pieno riconoscimento dell'anzianità di servizio attraverso sentenze dei giudici competenti, Pag. 75mentre gli altri 55 mila meno fortunati attendono ancora lo stesso trattamento giuridico. È possibile, conoscendola, che questa disparità possa ancora essere accettata in uno Stato di diritto quale è il nostro paese? La risposta dipende da lei e dal Governo.
Il gruppo dei Popolari-Udeur continuerà a sostenere l'azione del Governo, che dovrà essere rivolta ai bisogni della nostra gente. Abbiamo sempre cercato di anteporre gli interessi del paese ed il rispetto degli accordi di coalizione agli interessi di partito. Anche per il futuro questo sarà il nostro comportamento. Presidente, lei ci ha presentato un dodecalogo, un impegno veramente forte, ben sapendo - da buon cattolico dichiarato come lei è - che è già difficile osservare i dieci comandamenti, tanto che spesso registriamo omissioni o inosservanze rispetto a questo o a quel comandamento. Noi, comunque, Presidente, ce la metteremo tutta per cercare di attuare, pur con tutte le difficoltà, con correttezza e assoluta lealtà i suoi dodici comandamenti, nei quali intendiamo riconoscerci pienamente nell'interesse esclusivo del nostro paese, che oggi più che mai ha bisogno di certezze e di una rinnovata, motivata e concreta speranza per i nostri giovani (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Lupi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO ENZO LUPI. Grazie, signor Presidente. Molti sono già intervenuti su un tema che solo nove mesi fa avevamo previsto: il tema della crisi di questo Governo. Non era una crisi inaspettata, era una crisi prevedibile e una crisi su cui abbiamo il dovere non solo di confrontarci, ma anche di capirne le ragioni. Ben ha detto un collega che mi preceduto, l'onorevole Angelino Alfano, quando ha osservato che, se si riconducesse il problema di questa crisi unicamente alla legge elettorale che ha portato all'elezione di questa maggioranza - come ho sentito dire purtroppo da tutti gli intervenuti del centrosinistra, nonché da alti esponenti del Governo - si commetterebbe tutti, e in particolare voi, un errore gravissimo. Fare della legge elettorale la foglia di fico dietro cui nascondersi vuol dire non capire quali siano le questioni in gioco.
La crisi che ci troviamo di fronte, si direbbe in economia, è strutturale. Quando si è in presenza di una crisi del genere, se non la si affronta, l'azienda va verso il fallimento, prima o poi. Può passare un mese, due mesi, un anno o due, ma, prima o poi, il destino di quella azienda - purtroppo, in questo caso, del paese - è segnato!
Qual è la questione di fondo? Credo che possa essere rappresentata, in maniera molto chiara e concreta, attraverso tre piccoli numeri che, in qualche modo, hanno segnato la vita di questo Governo.
Alle elezioni politiche, vi siete presentati con un programma di governo dell'Unione di 281 pagine; a Caserta, dopo soli quattro o cinque mesi, avete fatto «l'albero» del programma, consistente in 56 pagine; adesso, come ha ricordato il collega del gruppo Popolari-Udeur, siete arrivati ad un dodecalogo (dodici punti) di due paginette.
Il problema è esattamente lo stesso: che si trattasse di 281 o di 12 pagine, ciò che presentavate, signor Presidente del Consiglio, era una «marmellata», nell'ambito della quale - come dicevamo allora e come ribadiamo, ancora oggi, con forza - era contemplato tutto ed il contrario di tutto! Si poteva dire tutto, quello che si condivideva o non si condivideva, purché ci si mettesse d'accordo su un unico «collante».
Qual era e qual è questo «collante», emerso, a mio avviso in maniera drammatica, dagli interventi pronunciati dai colleghi del Senato? Il «collante» di questa maggioranza è «l'anti»: l'antiberlusconismo, vale a dire non far tornare il centrodestra al Governo del paese!
Tuttavia, non si governa con «l'anti»: infatti, la vera causa della vostra crisi strutturale è esattamente il Governo! Quando si governa (come diceva, tra l'altro, un vecchio slogan dei repubblicani Pag. 76americani, ai tempi del Presidente Reagan), il Governo non è la soluzione del problema! Quando si è chiamati a governare, infatti, si è chiamati a decidere, ad assumersi delle responsabilità, a rispondere ai bisogni che emergono dal nostro paese!
Oggi il problema è proprio saper dare risposte ai bisogni che emergono nel nostro paese, come il desiderio di agganciare quella ripresa economica che sta iniziando (poiché, nel 2006, il prodotto interno lordo è cresciuto dell'1,9 per cento). Vorrei aprire e chiudere una parentesi: mi dispiace, ma non potete dire che ciò è merito di un Governo che è entrato in carica nel giugno di quest'anno! Il problema, dunque, è capire come, governando, si possa rispondere alle esigenze che emergono dal paese.
Allora, o si risponde con un programma, nonché con ideali e valori comuni in cui tutti, nella maggioranza, possano riconoscersi, oppure non si governa, perché non esistono alternative! È questo il problema strutturale che voi avete!
Vorrei portare due esempi che ritengo importanti, poiché mettono in evidenza due questioni fondamentali per il nostro paese, rispetto alle quali, tuttavia, siete esattamente agli antipodi. Si tratta del grande tema della famiglia - che ricordo essere stato inserito nell'ambito del dodecalogo presentato dal Presidente del Consiglio Prodi - e di quello delle infrastrutture.
Voi, quando vi siete insediati, avete addirittura costituito, proprio per valorizzare la famiglia e conferire importanza al tema, un apposito Ministero per le politiche per la famiglia. Ebbene, qual è l'unico provvedimento presentato dal ministro per la famiglia?
PRESIDENTE. La invito a concludere...
MAURIZIO ENZO LUPI. Un disegno di legge - mi avvio alla conclusione, Presidente - che non affronta assolutamente i problemi della famiglia, poiché si riferisce alle unioni di fatto (adesso definite Dico). Ciò è vero al punto che avete approvato anche una legge finanziaria con la quale, nel riformare l'IRPEF, si è ottenuto l'unico risultato di penalizzare, nei fatti, le famiglie più numerose (come ha testimoniato il Sole 24 Ore)!
Allora, è questa la questione di fondo: o questo Governo ha a cuore...
PRESIDENTE. La prego di concludere...!
MAURIZIO ENZO LUPI. ...i bisogni del paese - ma non ce li ha! -, oppure, come dimostrano anche la TAV e le infrastrutture voi avete a cuore una sola questione: restare al potere...
PRESIDENTE. La invito a concludere!
MAURIZIO ENZO LUPI. ... per non dare la possibilità di governare ad un'altra coalizione!
Questa crisi non si risolve in questo modo! Si tratta...
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole!
MAURIZIO ENZO LUPI. ... di una strada che conduce verso un'unica meta. Il vostro destino è segnato, ma purtroppo, se andiamo avanti così, è segnato anche il destino del paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Migliore. Ne ha facoltà.
GENNARO MIGLIORE. Signor Presidente, colleghe e colleghi, signori del Governo, oggi siamo impegnati in una discussione importante, che segue quella già svolta al Senato.
Abbiamo guadagnato una fiducia importante per il nostro progetto politico, per il nostro Governo, e oggi vogliamo ribadire che riconfermeremo questa fiducia anche in questo ramo del Parlamento, a lei e al suo Governo.
La riconfermiamo come abbiamo sempre fatto dall'inizio di questa legislatura, perché lo dobbiamo ai nostri elettori e a tutti quelli che hanno investito con Pag. 77enorme fiducia in questa nostra comune impresa, che è la costruzione di un nuovo Governo, di un nuovo progetto e di una nuova prospettiva dell'Unione.
Quello che abbiamo chiamato Unione è un progetto di cambiamento profondo per l'intero paese. Se non ci fosse stata questa consapevolezza, questo mandato forte di lungo periodo, avremmo avuto più difficoltà anche a reggere l'urto di coloro che avrebbero voluto mandare indietro le lancette dell'orologio politico del nostro paese.
È stata questa certamente una crisi breve, ma nello stesso tempo assai intensa. Una crisi che ha reso evidenti alcune distorsioni contingenti (come quelle derivanti dalla pessima legge elettorale ereditata, che ha trasformato il Senato in una bilancia nella quale pesano anche pochi e marginali voti), ma anche alcune opportunità che si dischiudono in questa nuova fase.
L'esito di questa crisi, lo sbocco di questo passaggio stretto, è aperto e l'aver riconfermato la fiducia a questo quadro politico e di Governo, rappresenta anche il modo per riprendere un discorso interrotto di cambiamento che vogliamo portare avanti.
Abbiamo apprezzato particolarmente un aspetto del suo discorso di ieri: lei ha parlato del Paese e al Paese. Ha parlato della condizione sociale, della condizione abitativa, delle condizioni economiche nelle quali si trovano i più deboli, e nello stesso tempo ha riconosciuto il carattere strutturale della relazione diretta con i cittadini, ribadendo che l'ascolto, la cooperazione e il confronto sono fattori decisivi per il suo Governo e per tutti noi.
Dalla TAV alle lotte di comunità, noi pensiamo che debba essere questo ascolto, questo canale di scorrimento, l'elemento premiale di una nuova capacità di intendere la politica come allargamento degli spazi di partecipazione e penetrazione della società nei meccanismi del Governo.
Quanto più sarà praticato questo tratto, tanto maggiore sarà il contributo storico che questa esperienza darà alla crisi profonda nella quale versa la politica.
È per questo che abbiamo rifiutato ogni altro sbocco, soprattutto per questo, dal Governo istituzionale alle larghe intese. L'abbiamo rifiutato perché i pretesi disegni neocentristi non sono semplicemente una caricaturale riproposizione di un Governo che è variabile dipendente di una grande forza di centro, come la DC (che però era un partito popolare e interclassista), ma perché oggi il neocentrismo è il disperato tentativo di chiudere la porta alla irruzione della società nella politica; il neocentrismo è l'autismo del palazzo; il neocentralismo è il potere senza consenso; il neocentrismo è la cappa di piombo della democrazia, che da malata diventa morta.
Neocentrista è anche l'inascoltata e inascoltabile aspirazione di Eugenio Scalfari, forse inebriato dalla potente tribuna da cui scrive, quando le chiede una sorta di dittatura democratica.
La partecipazione, al contrario, è la nostra più grande garanzia e forza, non solo nel cielo della teoria, ma nel duro lavoro che tutti dobbiamo fare per tutelare il profilo riformatore dell'Unione.
Lei, Presidente Prodi, ha parlato di una lunga transizione e della instabilità del sistema politico. Vede, io condivido questa tesi, ma la le chiedo se il migliore esito non sia quello di perdere definitivamente le insegne tipiche del potere distratto, per riguadagnare una fiducia nel fare politica nell'interesse generale. Noi vogliamo contribuire al dispiegamento di ogni risorsa che corrobori la democrazia: un Governo più forte, stabile, autorevole, un Parlamento capace di svolgere pienamente le sue funzioni, una società i cui i legami collettivi siano la struttura portante della nostra iniziativa politica.
Investiamo nella crescita del consenso di questo Governo nella società, perché pensiamo che, se il consenso è forte fuori, (e quindi lei ha fatto bene a parlare al di là di queste Camere) si può governare anche con una maggioranza numericamente esigua.
Le opportunità ci sono. E, se è di oggi il dato sul rapporto tra deficit e prodotto interno lordo e quello sulla crescita, che appaiono più alti da molti anni a questa Pag. 78parte, possiamo ricominciare ad esportare anche quella fiducia che oggi talvolta viene a mancare e lascia il posto al dubbio in molte parti dell'opinione pubblica.
Ci dice qualcosa questa opportunità? Ci dicono qualcosa le ingenti risorse, frutto anche dell'importante lotta all'evasione fiscale, nonché di una programmazione economica di più lungo respiro, che forse erano state troppo frettolosamente non previste? Penso di sì. Tutto ciò ci dice che possiamo concretamente migliorare le condizioni di lavoratori, stabili e precari, di disoccupati e di giovani in attesa di prima occupazione; ci dice che possiamo contribuire positivamente al rinnovo dei contratti per un aumento dei salari e delle pensioni minime.
La crescita della domanda interna sarà senza dubbio la cosa più importante, anche più delle ortodossie monetariste dalle quali, a mio avviso, dobbiamo sfuggire. Dobbiamo investire nella ripresa, seppur fragile, perché si tratta di un atto di fiducia che ci consentirà anche di aumentare il consenso sociale della nostra maggioranza e del Governo.
Inoltre, per restituire fiducia e credibilità a noi stessi, appare fondamentale non intimorire con annunci coloro che stanno per andare in pensione e non parlare di riduzione - già pesante nella prospettiva di vita di un lavoratore precario - dei coefficienti per raggiungere appunto la pensione alla fine della propria carriera lavorativa.
Dobbiamo anche individuare quali straordinarie possibilità possono essere riservate dai maggiori investimenti nel Mezzogiorno, nella ricerca, nella scuola, nell'università, nelle condizioni dei non autosufficienti, cioè in quegli aspetti che oggi potrebbero rappresentare gli spazi più ampi di un avanzamento sociale. E lo stesso occorre fare per i diritti civili e democratici, per le grandi riforme attese dall'opinione pubblica, a partire da quel conflitto di interessi che solennemente ci siamo impegnati ad affrontare in modo compiuto entro questa legislatura.
Dobbiamo portare a termine leggi importanti, come quella della cittadinanza per i migranti e quelle che hanno a che vedere con il profilo democratico del nostro paese, per rivitalizzare quei legami che sono stati lacerati dal neoliberismo in generale e, in particolare, da un Governo delle destre che non aveva a cuore la democrazia e la crescita della solidarietà in questo paese.
Anche sui Dico, sono convinto che il Parlamento saprà farsi valere nella sua autonomia, senza ricorrere alle blasfeme provvidenze che anche alcuni credenti - io non lo sono -, a mio avviso impropriamente, hanno utilizzato nel corso del dibattito. Noi pensiamo ancora - e continueremo a farlo in entrambi i rami del Parlamento - che lì ci sono diritti negati, che vanno semplicemente ricostituiti, che non possono essere gettati in pasto alla dialettica parlamentare. Occorre invece restituire forze a coloro che non le hanno, anche perché - come lei, Presidente Prodi, ebbe a dire anche in altre occasioni - i legami tutelati di fatto sono innanzitutto una tutela per chi è più debole dal punto di vista economico e sociale e per quei legami tra persone che consideriamo un patrimonio essenziale della nostra società.
Il Governo è nostro, è di tutti; e, quando mi è capitato di leggere il dodicesimo dei punti sottoscritti dalla maggioranza, devo dire che ho tirato quasi un sospiro di sollievo, perché ho pensato che se la sintesi vale per noi, vale per tutti. Quindi, in questo caso, si riconferma che non c'è una maggioranza della maggioranza, un centro decisorio, ma che occorre realizzare una capacità di coalizione collegiale che rispetti pienamente il ruolo del Presidente del Consiglio.
Signor Presidente, concludo brevemente sottolineando i due argomenti che hanno attraversato questa crisi: la politica estera e la legge elettorale. Penso che, quando lei, Presidente Prodi, ha parlato di soluzione politica per l'Afghanistan, di ripresa di iniziative in Medio Oriente e di ostilità alle minacce di guerra in Iran, ha reso un servizio non solo al nostro paese, ma alla comunità internazionale.
Sulla legge elettorale penso si debba dire, senza incertezze, che così come Pag. 79siamo per il Governo sostenuto dalla maggioranza che ha vinto le elezioni, siamo anche per il dialogo rispettoso ed istituzionale nelle aule parlamentari, che tenga insieme stabilità del Governo e rappresentatività delle forze di maggioranza e di opposizione. Infatti, con l'opposizione dobbiamo costruire un sistema di regole condiviso, cambiare quello che hanno fatto loro contro di noi e proporre un terreno più alto ed una sfida più importante per la democrazia nel nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Ulivo - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato La Russa. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, non inizierò questo breve intervento con parole mie o di un altro deputato. Lo inizierò attraverso un lavoro che ai parlamentari risulta normale; infatti, tutte le mattine ognuno di noi apre il giornale per verificare il riflesso delle posizioni politiche emerse in Parlamento.
Anche questa mattina ho fatto questo lavoro: ho preso il giornale più quotato d'Italia e vi ho trovato subito, in apertura, a penna di Alberto Ronchey, questa frase: «Si può immaginare che Romano Prodi e i suoi ministri siano seduti sull'orlo delle loro poltrone, poiché rimane assai dubbia la durata di questo Governo e di questa legislatura. La coalizione di centrosinistra sopravvive a stento, con pochi voti parlamentari e molte discordie interne (...)».
Ho sfogliato altri giornali, come Il Sole 24Ore ed anche testate straniere; in ogni caso, Il Sole 24Ore, a firma di Stefano Folli, è stato forse più chiaro nel momento in cui ha affermato che, in poche parole, il Governo esce dal voto ancor più prigioniero delle sue contraddizioni. Comunque, non da meno si sono dimostrati altri giornali, quali The Economist, il Financial Times, Le Monde e il Wall Street Journal. Tutti hanno sostenuto che la situazione per l'Italia è peggiore di ieri, che il futuro è incerto e che il Governo è fragile. Tutti dicono che il Governo è più fragile, anche se di contro vi è il grande sorriso del Presidente del Consiglio Prodi, una grande serenità, ed un clima da scampato pericolo, lo stesso che si avverte dopo il passaggio di uno tsunami, di un incendio: in questi casi i sopravvissuti, magari laceri, si abbracciano felici per aver salvato la pelle.
Il Governo è debole non solo perché lo sostengono tutti e perché la cosa è corroborata dai fatti, ma anche perché quella che sembra un'occasione di rinforzo, di «maggiore maggioranza numerica» - rappresentata dall'arrivo del senatore Follini -, finisce per il costituire un nuovo ingrediente che si aggiunge ad una minestra sicuramente non buona dal punto di vista del gusto ed indigesta.
Si registrano nuove e divergenti posizioni politiche all'interno della maggioranza e nuovi punti programmatici ancora più inconciliabili, se è vero che l'obiettivo di Follini - lo ha dichiarato, altrimenti ci troveremmo di fronte ad un'operazione di puro trasformismo e tradimento, ma non vogliamo pensarlo - è quello di spostare con il suo unico voto l'asse del Governo su posizioni più centriste. In ogni caso, abbiamo appena sentito l'onorevole Migliore - il migliore di Rifondazione Comunista - svolgere una lunga filippica sul neocentrismo che, per qualche verso, possiamo persino condividere. Comunque, se siete in vita, se esistete, se avete potuto rispondere al diktat del Presidente della Repubblica che vi ha detto «dovete arrivare a 158», lo dovete a Follini che, invece, sostiene esattamente l'opposto. Egli, attraverso - come si chiama? - l'Italia di Mezzo, vi ha probabilmente dato il viatico per il futuro vostro programma «Dimezzo l'Italia» (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
Vedete, i motivi di debolezza emergono anche da un altro dato. Nel suo intervento il Presidente del Consiglio Prodi ha dovuto obbligatoriamente richiamarsi ad un altro ineccepibile suggerimento del Capo dello Stato. Egli ha detto e ha fatto capire che prima di andare al voto è suo desiderio che venga riformata la legge elettorale. Pag. 80Apparentemente, quello che è un motivo di forza, diventa motivo di debolezza, perché i suoi alleati sanno da oggi che dopo il Governo Prodi non vi è il baratro (tale è considerato dalla sinistra) delle elezioni anticipate - che pur sarebbero la via maestra - ma la possibilità di un altro Governo, sia pure solo per ottemperare all'obbligo imposto dal Presidente della Repubblica. Questo motivo di ulteriore debolezza (tale perché i parlamentari sanno di non essere all'ultimissima spiaggia, anche se la rimanente parte che li separa dall'abisso sarebbe breve) finisce in qualche modo per essere esorcizzato nell'intervento del Presidente Prodi e del ministro Chiti (che pure rispettiamo) e trasformato nella necessità di riscrivere parte della Costituzione. Per la verità, ci sembra del tutto privo di possibilità ed assai presuntuoso inserire tra le cose fattibili, anche «stiracchiando» a più non posso le prospettive di questo Governo, una riforma costituzionale.
La riforma elettorale (e ne parlo a chiusura del mio intervento) non presuppone nel richiamo del Presidente della Repubblica alcuna necessità di riforma costituzionale. Pertanto, caro onorevole Prodi, ritengo che il suo tentativo di aprire anche all'opposizione per scrivere insieme un pezzo di Costituzione - che voi stessi non avete voluto scrivere insieme e poi avete bocciato insieme a molti altri con il referendum dello scorso giugno - e di parlare di riforme costituzionali assomigli moltissimo ad una vecchia pubblicità (guarda caso!) della Telecom. In essa Lopez, un brillante attore italiano, stava al telefono prima di essere fucilato. Lo slogan di questa pubblicità era il seguente: «Una telefonata allunga la vita».
Onorevole Prodi, mi dispiace, ma una riforma costituzionale non potrà essere la speranza di un prolungamento arbitrario della durata del Governo, che invece sarà segnata dalla capacità della sua maggioranza di stare insieme su punti qualificanti del suo stesso programma. È inutile che li ripeta: la politica estera, i Dico, l'economia, le pensioni, la TAV e quant'altro. Si tratta di punti sui quali già ieri, durante le dichiarazioni di voto, si sono manifestate discrepanze.
Ad esse si è aggiunta un'altra novità in termini di debolezza, non troppo sottolineata.
Onorevole Prodi, dall'inizio della legislatura, per la prima volta lei perde il voto di tre dei sette senatori a vita (che come finalmente e correttamente segnalato in questi giorni non vanno inseriti in alcuna organica maggioranza, ma il cui voto ha comunque un valore simbolico), che in precedenza, per un lungo periodo, si erano invece tutti espressi, sia pur tra mille incertezze e dubbi, a favore del suo Governo. Anche questo è uno dei segnali che fa comprendere come il capolinea, ahimè, sia vicino.
Avevo detto che gli ultimi minuti...
FABIO EVANGELISTI. Non avevi detto che i senatori a vita non contavano?
IGNAZIO LA RUSSA. Lo vedi che non ascolti? A volte le interruzioni permettono di capire quando qualcuno è disattento. Sei disattento! Ho appena detto che i senatori a vita, pur non potendo essere inseriti in alcuna maggioranza organica (non contavano e non contano), hanno comunque un valore simbolico. Il fatto che oggi tre senatori a vita non siano più d'accordo sul progetto di far vivere il Governo Prodi non inficia la maggioranza numerica, ma contiene un significato che, a mio avviso, persino lei, caro collega, può riuscire a comprendere (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
GIOVANNI CARBONELLA. Nel 1994, però, contavano!
IGNAZIO LA RUSSA. Vorrei concludere con la questione della legge elettorale. Vi è un dato che ci interessa e su cui non voglio nascondere la necessità di un impegno comune, come ha detto il Presidente della Repubblica. Berlusconi ha detto oggi che si potrebbe andare al voto senza la necessità di modificarla. È possibilissimo, tuttavia la Politica (con la «p» maiuscola) Pag. 81cui Alleanza Nazionale è abituata vuole che alcuni imperativi non possano essere «dribblati» facilmente. È pur vero che questa legge elettorale, così come qualsiasi altra, risponde alla realtà tutta italiana della nostra Costituzione, che, prevedendo due diversi corpi elettorali, uno per il Senato ed uno per la Camera (per la Camera si vota a partire dei 18 anni, per il Senato a partire dai 25), non può mai dare la garanzia di due maggioranze che vadano nella stessa direzione, proprio perché diverso è il corpo elettorale. Questo vale per qualsiasi legge elettorale che faremo.
Il pericolo ci sarà sempre e comunque, ma è pur vero che questa legge elettorale ha sicuramente - e vado a concludere - impedito al Senato che si manifestasse una qualsivoglia maggioranza. Probabilmente, in questo caso si sarebbe manifestata a favore del centrodestra, poichè abbiamo preso più voti; si sarebbe tornati comunque a votare e sarebbe stata in ogni caso una scelta migliore di quella attuale. Infatti, come ricorderete, il progetto iniziale del centrodestra era di prevedere anche al Senato una maggioranza ripartita su base regionale, ma attribuita su base nazionale. Tale progetto fu bocciato dall'allora miope valutazione del Presidente della Repubblica.
C'è da rifare la legge elettorale? Rifacciamola, modifichiamola, diamo il premio di maggioranza. Vogliamo guardare al «tatarellum»? Ebbene, discutiamone in fretta perché sarà l'ultimo impegno comune prima di poter finalmente, insieme e d'accordo - come mi auguro - liberare l'Italia da un peso insopportabile, qual è questo Governo senza una maggioranza e che si aggira come uno zombie tra i viventi (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Lusetti. Ne ha facoltà.
RENZO LUSETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, nella rassegna stampa pomeridiana che testé ha svolto il collega onorevole La Russa, egli ha dimenticato la notizia più importante, cioè...
IGNAZIO LA RUSSA. Quella di Turigliatto!
RENZO LUSETTI. ... che ieri sera, al Senato, il Governo ha ottenuto i consensi per una vera e propria maggioranza politica che sostiene la rinnovata azione dell'esecutivo. Quindi, non c'è nessuno zombie che si aggira nel paese, né tanto meno in questo Parlamento. Abbiamo affrontato e superato rapidamente questo momento di crisi politica con la coerenza e la determinazione di chi vuole modernizzare il paese, facendolo crescere sia in termini di sviluppo economico, ma anche in termini di responsabilità civili e politiche, finalizzate al rafforzamento della qualità della democrazia.
Le diverse forze politiche, anzi i diversi partiti della maggioranza - come lei, Presidente Prodi, ha ribadito nelle sue comunicazioni - hanno ispirazioni culturali differenti, ma ritengono che il collante politico su cui l'attività di Governo si dovrà basare è la comune matrice riformatrice ed innovatrice del paese. Frammenti e residui di ideologismo non possono frenare una coraggiosa ed efficace azione di Governo. Non posso non sottolineare che il sostegno al Governo da parte del senatore Follini, con la sua storia politica e personale, aggiunge qualità a questa maggioranza e ne accentua il carattere riformatore ed innovatore. Per questo, io esprimo piena solidarietà politica a Marco Follini per l'indecoroso linciaggio cui è stato sottoposto dopo aver compiuto una scelta limpida e coraggiosa. Di fronte alla delicatezza della situazione politica italiana, la strada intrapresa da Follini è all'insegna di un profondo senso di responsabilità. Non si possono accettare lezioni di stile o di correttezza da parte degli esponenti della Casa delle libertà, i quali fingono di ignorare il caso De Gregorio e, ancor più, il modo in cui è stata costruita la maggioranza al Senato del primo Governo Berlusconi.
Voglio aggiungere che respingo con sdegno al mittente le illazioni che questa Pag. 82mattina ha fatto De Gregorio sui presunti affari di famiglia di Follini. Illazioni che nascono da un basso livello di intransigenza morale in nome di una visione moralistica della politica. E noi questo non possiamo accettarlo! Allora, signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo fatto bene a ripartire dalla politica estera, che è faro della credibilità di un paese. Infatti, è giusto ripartire da un tema così importante per la qualità del Governo Prodi. Abbiamo scelto l'Europa ed il processo di integrazione europea; abbiamo scelto la vocazione di pace del popolo italiano, che si coniuga con l'esigenza di sicurezza del contesto internazionale; infine, abbiamo scelto il multilateralismo inteso come condivisione delle decisioni e costruzione di regole comuni.
Perciò è doveroso da parte nostra il rispetto degli impegni assunti in campo internazionale ed è doveroso puntare sul rafforzamento dell'ONU, che oggi ci vede ancor più protagonisti. Credo inoltre sia stato giusto uscire dall'Iraq, così come era previsto nel programma dell'Unione, e credo sia giusto rifinanziare la missione italiana in Afghanistan, che pur essendo una missione militare non è una missione di guerra, bensì per il rafforzamento e la democratizzazione di quel paese. A questo proposito, vorrei dire che sulla politica estera noi non prendiamo lezioni dal centrodestra, che nella scorsa legislatura ha cambiato quattro ministri degli esteri in cinque anni!
Ripartire dalla crisi politica significa affrontare in modo strutturale la causa del problema, cioè la legge elettorale. La modifica della legge elettorale avvenuta in «zona Cesarini» nella scorsa legislatura, a colpi di maggioranza di centrodestra, ha fortemente indebolito il bipolarismo, ha aumentato la frammentazione partitica ed ha fatto della parcellizzazione parlamentare una caratteristica dove conta più la singola personalità che il progetto politico. Ora noi affrontiamo il tema della nuova legge elettorale, che non deve essere assunta unilateralmente - ha fatto bene il Capo del Governo a dirlo -, bensì deve essere condivisa con l'opposizione, senza nessuna imposizione e dopo un legittimo e doveroso dibattito parlamentare.
Tuttavia è necessario spiegare anche agli italiani, onorevoli parlamentari, che purtroppo in Italia esistono cinque o sei sistemi elettorali per cinque o sei istituzioni diverse. Si va dal proporzionale puro per l'elezione del Parlamento europeo al maggioritario con doppio turno e ballottaggio per i comuni e le province, con variazioni tra di esse, al turno unico per le regionali (un po' meno maggioritario e un po' più proporzionale), al proporzionale con premio di maggioranza per il Parlamento, con variazioni fra Camera e Senato.
Non è possibile avere tanti sistemi elettorali diversi in questo nostro paese. Ci vuole anche un po' di coraggio politico per uniformare i vari sistemi elettorali che negli ultimi anni si sono succeduti, a causa anche di una certa frenesia referendaria, che le classi dirigenti degli ultimi quindici anni, tra cui mi metto anch'io, hanno sempre assecondato o inseguito. Si discute molto di modelli stranieri. Credo che noi dobbiamo avere ben chiari tre principi. Al di là del proporzionale corretto con sbarramento o del maggioritario a turno unico o doppio turno o del proporzionale con premio di maggioranza, l'importante è garantire stabilità, governabilità e alternanza. Sono questi i principi che devono in qualche modo caratterizzare la nostra iniziativa politica, di fronte ad una riforma necessaria per il paese, per poter proseguire sulla strada del Governo delle cose fatte bene e soprattutto sulla strada di una legge di riforma che sicuramente modifica il sistema politico italiano.
Per questo motivo dobbiamo esprimere una maggioranza politica forte per attuare il programma di Governo. I risultati del ritmo di crescita del nostro paese hanno sicuramente superato le nostre aspettative, ma la crescita, la produttività e la competitività necessitano costantemente di politiche coraggiose, e non credo, come ha detto prima il collega Lupi, che sia merito del precedente Governo. È merito dell'azione coraggiosa che ha portato avanti Pag. 83questo Governo in questa legislatura, con grande impegno e con grande voglia di crescere e di costruire. Noi abbiamo avviato il cambiamento, creandone i presupposti, ma occorre anche consolidare i risultati negli anni, con un'azione di Governo efficace.
Onorevole Presidente del Consiglio, la grandezza di un uomo - lo diceva Confucio, che era un pensatore, un filosofo, un uomo di stato cinese vissuto cinque secoli prima di Cristo - non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarsi dopo ogni caduta. Credo che noi, onorevoli colleghi della maggioranza, avremo la forza, la volontà e la determinazione per andare avanti.
Signor Presidente del Consiglio, vada avanti sulla strada che lei ha tracciato del riformismo e della politica ed avrà sempre, come oggi, come ieri, la nostra fiducia incondizionata (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Carlucci. Ne ha facoltà.
GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, ciò a cui stiamo assistendo in questi giorni è l'atto finale di questa legislatura, che è nata male ed è finita peggio. Che non esista più una maggioranza, infatti, lo sanno anche le pietre. Lo so che la politica non si fa con il pallottoliere, ma sembra che il povero onorevole Prodi abbia un destino triste, segnato dai numeri. Infatti, alla fine degli anni Novanta, lei, onorevole Prodi, è stato «scaricato» dalla sua maggioranza di allora per un voto. All'inizio del nuovo millennio, verrà paradossalmente rimandato a casa con un voto in più, quello di Follini. Come certo l'onorevole Prodi sa, la fiducia che ha ottenuto dipende solo dal fatto che i suoi «azionisti di maggioranza», cioè i DS, hanno una scadenza veramente molto importante per loro per perdere tempo con il Governo e con una nuova campagna elettorale. Infatti, tra non molto, i «compagni di scuola», come li chiama Andrea Romano, regoleranno i loro conti nel congresso e, quindi, sulla base dei risultati di quest'ultimo, faranno sapere all'onorevole Prodi quando dovrà «togliere il disturbo».
Pertanto, Presidente Prodi, non si illuda: il suo destino è segnato e lei lo sa benissimo, ma non mi sembra che ciò la turbi molto. Invece, io sono molto turbata dalla vostra irresponsabilità, dal vostro scarso senso dello Stato, dal fatto che ci esponiate in continuazione a figuracce internazionali. Queste figuracce mettono a rischio la vita dei nostri soldati, che sono impegnati, ad esempio, in missioni di pace e, non da ultimo, le vostre figuracce, come è stato ripetutamente detto nell'ambito di questa discussione, ci faranno perdere l'aggancio con la ripresa economica. Insomma, ci state facendo fare figure da «peracottari» di dimensioni mondiali.
D'altra parte, quale credibilità può avere un Governo che si fa prendere a «schiaffoni» dagli ambasciatori occidentali? Non ricordo - e credo nessuno lo ricordi, nel Parlamento e nella storia italiana in generale - che vi sia mai stato un rappresentante di un Governo straniero che abbia preso carta e penna ed abbia richiamato al proprio dovere il Governo italiano! Questo è un primato del Governo Prodi! Per non parlare, poi, della base americana di Vicenza, che è stata messa in quel luogo a difesa nostra e della nostra civiltà. Bene, essa sarà bloccata o, comunque, i lavori di ampliamento della stessa saranno rinviati a causa della valutazione di impatto ambientale. Varrebbe la pena di dire che Osama Bin Laden, se avesse saputo tutto ciò in precedenza, anziché ad andare in giro ad ammazzare un bel po' di persone, probabilmente si sarebbe accontentato di occupare l'ufficio del catasto di Vicenza (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo).
TERESA BELLANOVA. Non sai di che parli!
GABRIELLA CARLUCCI. Quindi, ribadisco il concetto che stiamo facendo una figura da «peracottari» e mettiamo a rischio i nostri soldati, che sono italiani in divisa e che onorano il nostro paese. Ma voi avete scelto di stare con i pacifisti, no? Pag. 84Di andare dietro a quelli con le bandiere, di andare dietro ai comunisti repubblichini, alla Dario Fo!
Il problema è, caro Prodi, che lei, alle spalle - e lo sa molto bene - non ha né un partito né un movimento e non sarà certo lei a decidere quando, come e dove nascerà il partito democratico. Queste cose, naturalmente - lo dico con rispetto - sono «da grandi».
D'altra parte, se lei avesse un minimo di orgoglio, dovrebbe eccepire sul fatto che tra i «soci fondatori» del futuro partito democratico vi sono personaggi che oggi dovrebbero essere in galera, a scontare la giusta pena e che, invece, sono sul palco a spiegare agli italiani qual è la via della democrazia, qual è il rispetto delle idee. Poi, molto più francamente, lei oggi, anche se è uscito, dovrebbe essere incazzato come una iena, perché nella sua città, ossia a Bologna, in queste ore, il fondatore delle Brigate rosse, ossia di una macchina di morte feroce e devastante, gira libero e sta per tenere una bella, e scommetto molto affollata, lezione all'università. Ciò succede nella sua città, ciò succede in Italia ai tempi del Governo Prodi. Ma poiché i comunisti, neocomunisti, postcomunisti - come voi volete chiamarli - sono sempre così e sanno di essere impresentabili, caro presidente Prodi, la usano come un grande dito dietro il quale nascondersi. Lo stesso vale per gli ex democristiani, perché anche loro non sanno che pesci prendere, ma soprattutto non hanno il coraggio di scegliere la loro vera e naturale collocazione, insomma si vergognano: è un po' come andare a ballare da Briatore (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)!
Insomma, lei ha dimostrato di non vergognarsi di guidare una coalizione dove i conti si regolano a cazzotti sul treno, dove i segretari vanno in piazza per insultare lei e il suo Governo, dove lei siede accanto a parlamentari o, comunque, a persone che appartengono alla vostra parte politica, che fanno del dileggio alla Chiesa, al papa ed ai vescovi un motivo di vanto.
Comunque, per noi cattolici il periodo quaresimale è dedicato alla riflessione, al pentimento, all'espiazione e dunque, dopo le frivolezze del carnevale, è tempo di guardarsi dentro.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
GABRIELLA CARLUCCI. Guardando dentro la sua maggioranza, che sarebbe meglio definire ex maggioranza, l'unica immagine che mi viene in mente è quella delle prefiche, delle signore anziane che andavano dietro i funerali, piangendo ed urlando: ebbene, per voi oggi è il tempo del corteo funebre. Quella che avete ottenuto ieri e che otterrete alla Camera domani è la fiducia alla «cara salma»; però, per fortuna, dopo la Quaresima, arriva la Pasqua e la Resurrezione, ma, naturalmente, questa materia a voi non riguarda (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Misiti. Ne ha facoltà.
AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente della Camera, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, membri del Governo, le sue comunicazioni, oltre a costituire un'opportuna puntualizzazione del programma di Governo, esposto già nel maggio scorso, rappresentano una piattaforma da cui partire per rilanciare l'azione di un Esecutivo forte e duraturo, di cui il paese ha sempre più bisogno. Altri colleghi dell'Italia dei Valori hanno chiosato punti importanti della sua esposizione, come la legge elettorale, la politica estera, la politica sociale, l'economia. Condivido quegli interventi, che su quei punti rappresentano la linea politica del nostro partito.
Voglio, invece, accennare alla nostra posizione su temi come l'energia e l'ambiente, le infrastrutture e lo sviluppo del Mezzogiorno d'Italia. L'attenzione da lei accordata al tema dell'energia e dell'ambiente emerge chiara e puntuale dalle sue comunicazioni. Lei pone giustamente l'accento sugli impegni internazionali per l'eliminazione Pag. 85delle cause dei profondi cambiamenti climatici in atto sul pianeta. La via dello sviluppo deve essere percorsa realizzando le infrastrutture necessarie alla vita sociale, ma senza allentare l'attenzione dalla costruzione di un territorio rispettoso della qualità dell'ambiente, onde favorire un livello di vita accettabile e sostenibile per tutte le creature viventi. La ricerca scientifica e tecnologica costituirà sempre più il fondamento dello sviluppo economico e sociale, consentendo al nostro paese di competere con le aree più avanzate del mondo nel secolo della globalizzazione. Signor Presidente, la ristrettezza dei tempi e le necessità politiche del momento non le hanno certo consentito di sviluppare un ragionamento sugli investimenti dell'ingente massa di risorse finanziarie del quadro strategico nazionale, che ammontano a 123 miliardi di euro nel periodo 2007/2013.
L'occasione storica per il Mezzogiorno, e in particolare per le quattro regioni ex obiettivo 1, di utilizzare bene i fondi strutturali, che ammontano a circa 100 miliardi di euro nei prossimi sette anni, non deve sfuggire alle regioni meridionali, che aspirano ad uscire dalla cappa dell'assistenzialismo e ad annullare o, perlomeno, a ridurre il gap tra Nord e Sud. Naturalmente, vanno tenute presenti le posizioni e le proposte di regioni, enti locali e associazioni sociali, ma nella concertazione e nelle programmazioni territoriali di questa immensa massa di denaro pubblico va certamente sviluppato un indirizzo di carattere generale, finalizzato al raccordo tra le autorità nazionali e comunitarie. In quelle sedi saranno certamente riempiti i comprensibili vuoti del nostro programma, che è fondamento per procedere alla realizzazione delle infrastrutture strategiche europee anche nel Mezzogiorno d'Italia.
Signor Presidente, noi siamo rispettosi dell'ambiente ed auspichiamo che esso sia difeso su basi scientifiche e non su basi ideologiche e conservatrici. Il progresso non può essere bloccato dai nuovi tolemaici proprio nel nostro paese, patria di uomini che hanno illuminato la ricerca scientifica del mondo intero. Per l'esperienza maturata nel secolo scorso, siamo anche convinti che nessuna politica di sviluppo vi sarà nel sud se non si affronteranno con decisione due temi fondamentali: la guerra alla illegalità e alla criminalità organizzata - su cui lei, signor Presidente, sì è impegnato a vincere - e la realizzazione delle indispensabili infrastrutture anche al sud come premessa allo sviluppo.
In questo senso va valutato positivamente il lavoro svolto dal Governo in questi nove mesi, che ha dato un'accelerazione alla realizzazione ed al completamento delle opere già programmate in passato. Tutto ciò si evince dalle sue comunicazioni, signor Presidente del Consiglio, e dal programma presentato nel maggio 2006. Solo così il Mezzogiorno d'Italia avrà le carte in regola per affrontare la competizione che si affaccia all'orizzonte nel 2010, con l'entrata in vigore della zona di libero scambio nel Mediterraneo.
In definitiva, il partito dell'Italia dei Valori apprezza le linee di programma da lei esposte e sia certo, signor Presidente Prodi, che sarà leale, ancor più che in passato, nel collaborare alla realizzazione del programma del Governo da lei presieduto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Schietroma. Ne ha facoltà.
GIAN FRANCO SCHIETROMA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori componenti il Governo, colleghi, a nome dei Socialisti democratici italiani esprimo piena fiducia al Governo Prodi e vivo apprezzamento per l'intervento del Presidente del Consiglio.
In particolare, va sottolineata l'attenzione che il Presidente Prodi ha mostrato nei confronti della giusta esigenza di alleggerire la pressione fiscale. In tal senso è veramente opportuna la decisione annunciata dal Presidente Prodi di modificare il calcolo dell'ICI sulla prima casa per consentire significative riduzioni di tale Pag. 86imposta in funzione del numero dei componenti il nucleo familiare.
Forse, non tutti sanno che l'idea di abolire l'ICI sulla prima casa non è di Silvio Berlusconi. In realtà, già nella XIII legislatura, precisamente nel 1996, per iniziativa di noi Socialisti democratici, fu presentata una proposta di legge per l'abolizione dell'imposizione fiscale IRPEF e ICI sulla prima casa. Ricordo perfettamente (la presentammo insieme Enrico Boselli ed io) che questa iniziativa legislativa ebbe successo. Infatti, i Governi di centrosinistra dell'epoca dapprima ridussero e poi eliminarono totalmente l'IRPEF sulla prima casa, cioè la tassa più iniqua in quanto la prima casa non produce un reddito reale e non è giusto che venga tassata addirittura con l'imposta sul reddito.
Invece, nella legislatura successiva, 2001-2006, con il centrodestra al Governo non si verificò alcuna riduzione delle tasse sulla prima casa e ciò malgrado il centrodestra avesse una maggioranza schiacciante sia alla Camera sia al Senato. Soltanto qualche giorno prima delle elezioni politiche del 2006, Silvio Berlusconi, di fatto, riprese abilmente la nostra idea di eliminare l'ICI sulla prima casa e, grazie a questa promessa elettorale, sfiorò la vittoria ottenendo un notevole recupero di consensi.
Il Governo Prodi ha trovato una difficile situazione dei conti pubblici, che ha reso necessaria una legge finanziaria di sacrifici. Ciononostante, ho ritenuto, insieme con il collega parlamentare Giovanni Crema, di presentare un ordine del giorno volto ad impegnare il Governo ad esperire, nel corso della legislatura, ogni iniziativa tesa a ridurre, e possibilmente ad eliminare, l'ICI sulla prima casa. Questo ordine del giorno è stato approvato dalla Camera nella seduta del 18 novembre 2006, proprio in occasione dell'esame della legge finanziaria per il 2007.
Rilevo con soddisfazione che le dichiarazioni di impegno programmatico rese dal Presidente Prodi in materia di ICI sono confortanti e davvero significative. Nel ringraziare vivamente il Governo per aver tenuto conto delle nostre preoccupazioni in materia di ICI sulla prima casa, colgo l'occasione per segnalare al Governo un'altra tassa veramente ingiusta che va senz'altro eliminata. Mi riferisco al canone RAI.
Proprio nei giorni scorsi, ho presentato con altri colleghi di gruppo, tra cui Marco Beltrandi, vicepresidente della Commissione parlamentare competente, una proposta di legge in materia di finanziamento del servizio pubblico generale radiotelevisivo e di abolizione del canone di abbonamento RAI. In particolare, la proposta prevede la modifica delle modalità di finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo attraverso l'eliminazione di qualsivoglia prelievo fiscale di scopo nei confronti degli utenti. Purtroppo, il tempo assegnatomi in questa sede non mi consente di illustrare compiutamente la proposta di legge. Tuttavia, essa è agli atti e vi saranno certamente altre occasioni per approfondire l'argomento.
Un altro tema particolarmente sentito nel nostro partito è quello della difesa della laicità dello Stato, ma va chiarito che ciò non significa, da parte nostra, essere contro la Chiesa. Peraltro, nello SDI vi sono numerosi cattolici praticanti e per noi difendere la laicità dello Stato significa, soprattutto, impedire le cosiddette invasioni di campo, cioè evitare sia eventuali intromissioni dello Stato in materia religiosa sia eventuali intromissioni della Chiesa nelle questioni civili di competenza dello Stato.
Il Presidente del Consiglio ha fatto riferimento, molto opportunamente, alla necessità di una modifica della legge elettorale e, giustamente, ha osservato che le leggi elettorali, come le modifiche alla Costituzione, non dovranno mai più essere decise dalla sola maggioranza.
Mi permetto di aggiungere che le leggi elettorali non solo non dovranno essere decise dalla sola maggioranza ma nemmeno soltanto dei partiti maggiori dei due schieramenti; mi riservo comunque di intervenire nel merito in altre occasioni di discussione. Pag. 87
Farò ora un breve cenno alle liberalizzazioni; la buona fede del Governo al riguardo è certamente fuori discussione. Però, se, per così dire, fossi nei panni del Governo, starei attento a non continuare a dare la sensazione, alle varie categorie di professionisti, di volerli colpire e penalizzare duramente: tutto ciò è profondamente inopportuno ed ingiusto. È chiaro che le riforme in questo settore sono necessarie; basti pensare, ad esempio, all'assurdità delle attuali modalità dell'esame per l'ammissione all'esercizio della professione di avvocato. Però, anche la forma ed il metodo con cui si procede alle riforme sono importanti.
Infine, dopo avere ascoltato, in questi giorni, tanti menagrami, desidero rivolgere un sincero augurio di lunga vita al Governo.
PRESIDENTE. Deve concludere...
GIAN FRANCO SCHIETROMA. Peraltro, la stabilità e la continuità dell'azione governativa sono fondamentali per raggiungere obiettivi essenziali quali quelli di una scuola pubblica di qualità, di servizi sanitari e sociali di eccellenza per tutti, della difesa dei più deboli, della salvaguardia delle pensioni e del mondo del lavoro. Né va trascurato, poi, il rilievo che assume l'esigenza di garantire una giustizia rapida e veramente giusta e di assicurare un'adeguata sicurezza alle nostre famiglie. Soprattutto, infine, dobbiamo creare le condizioni per una società davvero moderna e solidale, nella quale le donne possano godere realmente di pari opportunità ed i giovani possano avere prospettive sicure di un sereno avvenire.
Con questi auspici, noi Socialisti democratici italiani voteremo con convinzione la fiducia al Governo Prodi (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fasolino. Ne ha facoltà.
GAETANO FASOLINO. Signor Presidente, ieri, mercoledì 28 febbraio 2007, il Governo Prodi e la maggioranza che lo sostiene hanno conosciuto un'altra intensa giornata di gloria; hanno avuto il riconoscimento di 162 voti, sufficienti a far superare lo scoglio della fiducia.
Ma Prodi e la maggioranza possono essere tranquilli e soddisfatti? Alberto Ronchey, stamattina, sulle pagine del Corriere della sera scrive che, nonostante il voto di fiducia, «(...) Prodi ed i suoi ministri» continuano a rimanere «seduti sull'orlo delle loro poltrone», pronti ad andare via o ad essere mandati via perché non vi è certezza né sulla durata del Governo né sulla durata della legislatura. A questo punto, è doverosa una domanda: tutto ciò è auspicabile per il bene del paese?
Ebbene, ritengo ormai che tutti si possa e si debba essere indifferenti perché il Governo Prodi e la maggioranza di centrosinistra hanno abbandonato da tempo i grandi obiettivi che avrebbero dovuto realizzare e attraverso i quali modificare e migliorare l'assetto tecnologico e infrastrutturale del nostro paese: non si punta più sulla TAV; il corridoio europeo n. 1 Berlino-Palermo ha di fatto perso ogni possibilità di realizzazione con il «no» definitivo al ponte sullo stretto di Messina; la Lione-Torino è diventata una chimera; la Pianura padana, che poteva essere al centro dei grandi traffici europei, rischia di non esserlo più e di venire marginalizzata. Sembra quasi che questo Governo e la sua maggioranza siano al soldo di quelle «potenze straniere» (come si usava dire un tempo) che hanno tutto l'interesse a che l'asse europeo est-ovest non passi per la Pianura padana.
Analogo discorso deve farsi per altre grandi opere e per la mancata difesa dei valori della cristianità, dei diritti della famiglia tradizionale, del ruolo internazionale dell'Italia.
Sappiamo tutti che il prossimo appuntamento al Senato, come alla Camera - più al Senato, per ovvie ragioni -, riguarderà la questione Afghanistan; in quel caso due sono le possibilità: o si richiede la fiducia oppure bisogna avere i voti di un responsabile centrodestra.Pag. 88
Falliti i grandi obiettivi, tramontate queste volontà, l'unica vera preoccupazione del Governo Prodi e della sua maggioranza è l'appuntamento rituale al Senato, dove si può andare sotto da un momento all'altro. Allora ecco la nuova grande invenzione: il trasformismo, di cui Guido Dorso diceva esser affetto il tessuto dell'Italia meridionale, si è impadronito di tutte le culture e di tutte le aree geografiche. Marco Follini si è imbarcato su questo veliero abnorme e ha dato un sostegno al Governo, pur avendo preso un voto dal suo corpo elettorale nettamente contrario ai principi e ai valori che questo Governo afferma e persegue.
PRESIDENTE. La prego di concludere...
GAETANO FASOLINO. Si dirà che non ha preso denaro; ma basta non aver preso denaro per delimitare la moralità della politica? Credo di no! È un atto immorale, trasformista, che noi abbiamo il dovere di condannare, per il bene del nostro paese, per l'etica della politica, per il ruolo del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!
PRESIDENTE. È presente in tribuna, e le rivolgiamo un saluto molto caloroso, la signora Romy Schmidt, ministro dei beni nazionali della Repubblica del Cile (Applausi).
È iscritto a parlare il deputato Bricolo. Ne ha facoltà.
FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, voglio citare una dichiarazione rilasciata dal vicepremier Massimo D'Alema il giorno prima del voto della settimana scorsa al Senato della mozione di sostegno alla politica estera: «Se non ci sarà una maggioranza a sostegno della mia mozione, tutti a casa!». Passata una settimana, abbiamo visto che a casa non c'è andato nessuno. È evidente che questo Governo, il ministro D'Alema stesso, non ha mantenuto la parola; semplicemente, essi non hanno una parola, sono evidentemente bugiardi, ipocriti, cercavano di costringere una maggioranza, che non hanno in Senato, a votare una mozione che sosteneva una politica estera portata avanti anche dalla Casa delle libertà. Quella politica era però in contrasto con le battaglie che da sempre hanno fatto sul territorio i vari movimenti pacifisti rappresentati in Parlamento.
Adesso è tutto rientrato. Prodi ha fatto un discorso - lo abbiamo letto - molto chiaro, nel senso che non ha detto nulla; era importante per lui non entrare nei temi specifici, non doveva irritare nessuno, per non perdere neanche un voto di un possibile senatore che il giorno dopo avrebbe potuto far mancare la fiducia al suo Governo. Si è trattato di un intervento pilatesco, che non ha affrontato i temi della crisi di Governo. Questo è vergognoso, anche perché il Presidente della Repubblica ha deciso di non accogliere le dimissioni del Presidente del Consiglio e di rinviare il Governo alle Camere perché chiedesse la fiducia, ma anche perché chiarisse le sue posizioni attraverso un dibattito. Il Presidente Prodi non ha mai pronunciato la parola Pacs, non ha mai pronunciato la parola Dico, non ha fatto nessun riferimento alla base di Vicenza, non ha mai parlato dello scalone previdenziale; tutti temi che, di fatto, sono alla base della sfiducia espressa la settimana scorsa al Senato della Repubblica.
Il Presidente Prodi però ha detto anche altre cose; egli ha parlato, per esempio, degli sforzi che questo Governo farà per sostenere l' economia del sud. Migliaia di miliardi saranno investiti per il Mezzogiorno, ma egli si è dimenticato di accennare, anche solo minimamente, alle problematiche che ci sono nel Nord del nostro paese. Nessun finanziamento arriverà al Nord, come non è arrivato dalla finanziaria in questi pochi mesi di Governo del centrosinistra. È l'ennesimo affronto al Nord, che, ancora una volta, viene dimenticato e sfruttato.
Il Presidente Prodi si è dimenticato, inoltre, di affrontare un tema molto importante per chi fa politica, come noi, ogni giorno sul territorio e si confronta con i cittadini, cosa che, evidentemente, non Pag. 89fanno i ministri e i sottosegretari di questo Governo, chiusi nei palazzi a gestire il potere della politica. Mi riferisco ai temi dell'immigrazione e del contrasto alla criminalità, che sono molto sentiti dal territorio.
In questo senso, vogliamo fare chiarezza subito. Avete ancora pochi giorni di Governo, forse alcuni mesi. Prima o poi cadrete ancora, perché non avete i numeri. Basta il raffreddore di un senatore a vita, magari ricoverato, un aereo in ritardo o qualche mal di pancia politico, che, con un voto in meno, non avete più la maggioranza. Dunque, è evidente che cercherete di aggrapparvi a questo voto per portare avanti la vostra politica di Governo.
Lo diciamo molto chiaramente: non toccate la legge sull'immigrazione. È l'unica legge che regola il fenomeno sul nostro territorio, fatta dalla Casa delle libertà, che ha dato un senso all'azione politica della Lega in quella legislatura. Chi entra a casa nostra, lo fa solo se ha un posto di lavoro e una casa, un tetto sotto cui vivere; in tal modo intendiamo ovviare a tutto quel mondo di persone che sono arrivate nel nostro paese negli anni, quando voi eravate al Governo, e che erano costrette a vivere di stenti, sotto i ponti, o ad entrare nel mondo della criminalità, perché non avevano un lavoro con il quale vivere.
Purtroppo, volete farlo e questo è il dramma. Noi ve lo impediremo. Faremo di tutto per mandarvi a casa e, soprattutto, per impedirvi di toccare la legge sull'immigrazione.
Prodi, inoltre, ha annunciato i vari punti sui quali si vuole intervenire: da un programma di circa 290 pagine, si è passati a 12 punti. È un aspetto emblematico e chiaro per capire, anche in questo caso, l'ipocrisia del Presidente Prodi quando ha spiegato questo programma al Parlamento. Egli afferma che intende ridurre i costi della politica, però si ripresenta alle Camere con il Governo che ha il più alto numero di ministri, viceministri e sottosegretari nella storia di questa Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Questa era l'occasione per ritornare in Parlamento riducendo di 20 o 30 il numero dei sottosegretari, dimostrando all'opinione pubblica che si vuole veramente cambiare questo paese.
Invece, non siete riusciti neanche ad eliminare un sottosegretario dei 100 e oltre che avete nelle vostre fila, dimostrazione di come, molto spesso, Prodi e i suoi ministri parlano, ma, nei fatti, fanno esattamente il contrario di ciò che dicono e promettono agli elettori.
PRESIDENTE. La prego...
FEDERICO BRICOLO. Concludo, Presidente.
La Lega critica il Governo, ma, giustamente, ha il coraggio di affrontare i problemi dell'opposizione. Vogliamo andare al voto subito. Chi nella Casa delle libertà, in questo momento, cerca di fare accordi di palazzo per rinviare il voto e cercare, magari, governi alternativi o istituzionali, per riuscire ad andare avanti nel tempo e avere una nuova leadership, criticando la Casa delle libertà, non può essere un alleato della Lega. Questo costituisce un motivo per rompere un'alleanza che ha permesso alla Casa delle libertà di gestire per cinque anni il paese - impresa in cui non è riuscito nessuno - ininterrottamente con lo stesso premier (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Incostante. Ne ha facoltà.
MARIA FORTUNA INCOSTANTE. Signor Presidente del Consiglio, nel suo discorso lei non ha nascosto la natura politica di questa crisi e ha esplicitato il fatto che, già prima del voto al Senato, si erano manifestate tensioni e accentuate litigiosità. Se mi permette, si è trattato anche di eccessivi protagonismi tra le diverse componenti e, talvolta, persino nell'Esecutivo.
Questi elementi, tuttavia, sono presenti nella coalizione del centrosinistra, ma non sono assenti nel centrodestra.
Tutto ciò è frutto della lunga transizione politica ed istituzionale del nostro Pag. 90paese, ma è stato accentuato dalla legge elettorale, da una legge che spezza, in parte, la coesione delle coalizioni ed il vincolo forte con il territorio, che rischia di far prevalere gli interessi di parte su quelli delle alleanze e di mettere in ombra gli interessi generali dell'Italia, di un paese che sta cercando, in questa fase, di mettersi in cammino con l'obiettivo di rilanciare la sua crescita, di colmare la distanza economica, politica e sociale rispetto all'Europa.
Abbiamo ridotto, anche grazie alla ripresa economica, parte del suddetto divario. L'azione del Governo contribuisce, a partire dalla legge finanziaria, a stimolare la crescita. Siamo riusciti a mettere sotto controllo, in parte, il debito pubblico, che pesa sul futuro della competitività, dell'economia e, ancor di più, sulle spalle delle giovani generazioni.
Occorre, perciò, proseguire su questa strada e rinnovare, dunque, la fiducia al Governo, per restituire normalità alla vita parlamentare, per coinvolgere fasce di popolazione nella vita produttiva e lavorativa. Penso, in particolare, alle donne ed ai giovani, al Mezzogiorno - una delle priorità indicate dal Presidente del Consiglio -, carico di contraddizioni, ma anche di opportunità.
Nella legge finanziaria sono impegnate risorse e indicate politiche: infrastrutture, porti, strade, ricerca, imprese. Soprattutto, nella legge finanziaria è indicata una strategia di sinergia economica ed istituzionale che consenta di utilizzare al meglio le risorse (europee, statali e regionali), facendo massa critica e puntando su alcune opzioni: qualità della spesa, innovazione, selettività. Il Mezzogiorno stesso è un giacimento di risorse culturali, storiche, artistiche, ambientali, umane: non è un peso, ma una risorsa a disposizione dell'Italia e dell'Europa. Per far sì che tali risorse vengano utilizzate, è importante proseguire con maggiore decisione lungo le direttrici di marcia già intraprese dal Governo. Sarebbe irresponsabile, ora, interrompere questa azione.
La crescita economica non può essere registrata soltanto con l'aumento del PIL: non si può tralasciare il tema della qualità della crescita civile. In questo quadro, mi sono sembrate molto chiare le parole pronunciate dal Presidente del Consiglio sul tema della legalità, del contrasto alla criminalità, che opprime e soffoca la libertà d'impresa e l'iniziativa dei giovani e minaccia la sicurezza dei cittadini. Per queste ragioni, vanno rafforzate ed innovate le azioni che possono colpire le organizzazioni criminali nei loro affari economici, nelle ingenti risorse che circolano tra il sud ed il nord ed anche al di fuori di questo paese. La criminalità si nutre del degrado, condiziona lo sviluppo del Mezzogiorno, ma investe nelle aree ricche e forti dell'Italia. La nostra crescita civile, sociale ed economica può essere minacciata perché, come ha affermato il Presidente del Consiglio, dove l'illegalità agisce da padrona non si può parlare di sviluppo di una comunità (come la storia ci insegna con riferimento ad altre parti del mondo).
Il nostro paese ha intrapreso un cammino che è ancora fragile rispetto ad una robusta crescita economica. In questa fase, in Italia, si stanno scomponendo e ricomponendo - bisogna riflettere al riguardo! - interessi economici, sociali, politici: siamo tutti dentro una troppo lunga transizione che attraversa aspetti della vita democratica ed istituzionale. L'Italia è in cerca di una funzione, di una missione: la può svolgere in Europa, e la sta svolgendo anche nel contesto internazionale. Per questo, apprezzo l'azione del Governo in ambito internazionale, a partire dalla sua politica estera.
Bisogna andare avanti: è chiaramente questo l'onere del Governo. Non ci nascondiamo le difficoltà che incontreremo, i limiti nei quali ci imbatteremo o le preoccupazioni che il Presidente del Consiglio ha manifestato anche alla sua maggioranza. Tuttavia, le preoccupazione per la sorte del paese non possono non essere anche nella testa e nel cuore di chi è all'opposizione: di chi, però, si sente, e vuole essere, classe dirigente (ciascuno con le proprie idee ed i propri programmi). Una classe dirigente deve interrogarsi, talvolta anche indipendentemente dal ruolo Pag. 91di opposizione o di maggioranza, con lucidità, sulla fase, sulla transizione, sulle possibilità, sulle difficoltà; deve guardare al rinnovamento del sistema politico ed istituzionale e del sistema elettorale come alla stella polare per assicurare governabilità e competitività all'Italia. È per questo che ho condiviso le affermazioni del Presidente del Consiglio sul tema della riforma istituzionale ed elettorale.
Vi sono momenti, nella vita di una comunità, nei quali sarebbe necessario che tutti si fermassero, di fronte alle grandi sfide, e si assumessero delle responsabilità, guardando anche oltre se stessi, guardando al futuro. È opportuno che tutti facciano un passo in più dopo questa crisi, per le giovani generazioni, alle quali stiamo consegnando un mondo che non è certamente migliore di quello che abbiamo ereditato.
Su queste grandi responsabilità dobbiamo tutti fermarci a riflettere. Credo che questa crisi possa far fare al Parlamento, al Governo, all'opposizione - forse - un salto di qualità, com'è avvenuto in altri momenti difficili della storia del paese, quando si è avuto bisogno di una classe dirigente che dal Governo, ma anche dall'opposizione, non ha negato il suo contributo ed ha realizzato grandi convergenze nell'interesse del paese. Non si tratta di evocare equivoche intese, ma di restituire con limpidezza autorevolezza alle istituzioni democratiche e anche al campo del confronto politico, di fronte a tanti cittadini e cittadine che guardano ancora con fiducia alla politica ed alle istituzioni, prima che il campo della sfiducia si allarghi e ci travolga, producendo guasti irreparabili, soprattutto per le giovani generazioni.
Ecco, guardiamo con responsabilità a loro che sono i nostri più severi giudici. Ed è con questi auspici e con questi intendimenti, e anche con questi sentimenti, che auguro a lei e al suo Governo, ma anche a questo Parlamento, di continuare il cammino intrapreso (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Nan. Ne ha facoltà.
ENRICO NAN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'articolo di fondo del Corriere della sera di oggi, che molti hanno ricordato, indipendentemente dall'importanza della sua provenienza (un autorevole giornale che in piena campagna elettorale ha appoggiato l'attuale maggioranza), non fa altro che interpretare lo stato d'animo e il sentimento della maggioranza degli italiani. E questo perché - basta ascoltare trasmissioni come quella di Ballarò (altra trasmissione non certo a sostegno della Casa delle libertà) -, interpreta lo stato d'animo dei cittadini su un dibattito sulla fiducia che ha avuto una caratterizzazione diversa da quelli precedenti.
In questi giorni non si è parlato tanto dei programmi della nuova riedizione del Governo e di quello scatto in più che Prodi e il suo Governo intendevano fare; l'attenzione pubblica si è piuttosto focalizzata sullo stato di salute di questo o di quel senatore a vita, orientandosi sui dubbi e sulle perplessità di due senatori: ciò perché la gente, l'opinione pubblica, ha capito che questo voto di fiducia non era sul programma nell'interesse dello sviluppo del paese, bensì solo ed esclusivamente un voto per la sopravvivenza dell'attuale maggioranza.
E così ne siete usciti indeboliti, con un risultato modesto, se è vero, com'è vero, che al Senato questa maggioranza ha perso oggi l'appoggio di un autorevole senatore come Giulio Andreotti e qui alla Camera si accinge, secondo le dichiarazioni lette sugli organi di stampa, ad incassare l'astensione di un parlamentare come Capezzone, che rappresenta una importante componente della maggioranza stessa.
Allora, credo che non possiate continuare in questi giorni a prendere in giro il paese, dicendo che siete autosufficienti nella gestione politica di questo Governo. Sapete bene di avere già incassato il «no» sulla TAV, con i verdi pronti a scendere in piazza e a manifestare contro il Governo, il «no» sulle pensioni da parte dei sindacati, Pag. 92il «no» ai Dico da parte di Mastella e della sua componente, e non parliamo poi della situazione politica sull'Afghanistan.
Vedete, questo è l'aspetto più importante di questo dibattito, e soprattutto di quello che vi è stato ieri al Senato: voi non avete avuto la fiducia, ne avete avuto una solo virtuale. Ma non ci si può dimenticare come la crisi che vi ha travolti il 21 febbraio nascesse proprio da un problema di politica estera e come la maggioranza che avete ottenuto ieri per un voto sia del tutto virtuale, se è vero, come lo è, che numerosi senatori, mentre votavano la fiducia al Governo, dichiaravano apertamente che non avrebbero votato la missione in Afghanistan e che avrebbero quindi assunto una posizione politica diversa. Altro che crisi superata! Voi siete in piena tempesta politica, non avete superato il problema della politica estera, problema sul quale dovrete fare i conti tra breve.
Io credo e spero che nell'ambito della mia parte politica tutti abbiano capito come anche per il percorso delle larghe intese sia ormai scaduto il tempo. Vede, signor Presidente del Consiglio, lei ha perso una grande opportunità, subito dopo le elezioni il presidente Berlusconi aveva dato una grande disponibilità, quella di gestire insieme il paese, proponendo di seguire la stessa scelta fatta in Germania, una scelta per favorire il paese. Voi l'avete rifiutata, oggi il tempo è scaduto, oggi non rappresentate più la maggioranza degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato D'Agrò. Ne ha facoltà.
LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori ministri, colleghi, nelle comunicazioni depositate in quest'aula è stato scritto che la crisi è di natura politica ed è dovuta alla divergenza sulla politica estera e sulla sicurezza. Per superarla, nel suo intervento il Presidente del Consiglio fa una lunga elencazione degli impegni e delle scelte in chiave multilaterale della politica estera italiana, ma glissa sulle questioni di fondo che in qualche modo hanno determinato veramente la crisi: il tema della nostra presenza nel suolo afgano e la base di Vicenza.
Forse sarebbe bastato che il Presidente del Consiglio esprimesse meglio cosa intendeva fare per superare la crisi su questi due temi di fondo. Non ne ha avuto la forza, probabilmente non ha voluto accentuare le divergenze ed ha ritenuto opportuno che ciò dovesse essere in qualche modo legato al tema delle sensibilità diverse che ci sono dentro la sua maggioranza e che lo portano peraltro a soffermarsi su alcune altre sfide. Se la crisi è stata determinata dalla politica estera, bastava che chiudesse la partita in quel campo, ma non lo ha fatto. Pertanto, ha determinato le differenti sensibilità collegandole a sfide diverse, perché sapeva che su altri temi ancora la maggioranza avrebbe avuto difficoltà di tenuta.
Vale la pena allora ricordare alcuni punti di queste sfide, perché mi pare che esse siano contraddittorie e piene di ostacoli per il Governo. Quando il Presidente del Consiglio dice che l'Italia farà la sua parte perché le tratte transfrontaliere da Torino a Lione e da Verona a Monaco vengano cantierate e concluse in tempi brevi, mi pare che faccia un'affermazione senza dire alcunché su come ciò debba realizzarsi. A me sembra poi che la revoca delle concessioni di alcune tratte per l'alta capacità operata attraverso il decreto Bersani vada nel senso di un allungamento dei termini e non di un loro abbreviamento.
Quando si parla di aumento delle pensioni più basse e di riordino del sistema previdenziale, ci troviamo di fronte anche in questo caso a due fasi antitetiche. Aumentiamo pure le pensioni minime, ma quando il nostro paese spende il 50 per cento del proprio welfare nel sistema previdenziale, a fronte del 28 per cento della media europea, mi domando come sia compatibile tutto ciò con il riordino del sistema previdenziale, che non viene nominato visti i contrasti all'interno di questa maggioranza.Pag. 93
Il Presidente Prodi afferma poi che «la crescita va (...) governata con la costante ricerca di maggiore equità e coesione sociale, al centro della quale continuiamo a ritenere debba stare la famiglia». Ma quale famiglia? Quella costruita per norma di Governo come un suo surrogato? Anche su questo ha completamente glissato! Sappiamo poi che al Senato, con un bel modo di dire, si è affermato che la paternità di quella legge viene demandata al Parlamento, mettendo da parte i cinque ministri che hanno firmato il disegno di legge. La coesione sociale verrebbe portata avanti attraverso la famiglia, vedo però che questo Governo crea surrogati di famiglia per norma.
Io credo che questa crisi si sia conclusa con delle comunicazioni che contengono annunci, piuttosto che la dimostrazione della concreta capacità di scalfire la crosta che avvolge la politica italiana!
Ricordo che, da quando è nato questo Governo, il Parlamento ha licenziato due soli provvedimenti importanti: l'indulto (misura assolutamente controversa) e la legge finanziaria per il 2007, con i suoi oltre 1.300 commi, i cui effetti, talvolta perversi, non sono stati ancora del tutto «decifrati»!
Il problema, quindi, è domandarsi quale funzione abbia, con questa maggioranza...
PRESIDENTE. La prego di concludere!
LUIGI D'AGRÒ. ...il Parlamento. La sensazione è che tutto sia demandato alla volubilità ed alla salute dei senatori!
È difficile pensare, allora, che la scelta del senatore Follini abbia anticipato di sei mesi un'analoga nostra decisione: c'è ancora tempo per andare all'inferno!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Galli. Ne ha facoltà.
DANIELE GALLI. Onorevoli colleghi, vi chiedo di compiere un atto di sincerità: dareste voi fiducia a chi, a parole, dichiara di avere una maggioranza coesa, ma poi viene costantemente smentito dai fatti? Il Presidente Prodi parla di coesione, di nuovo slancio della maggioranza e di un elemento identitario e riformista che unirebbe il centrosinistra nell'azione di governo: ma dov'è questo «collante»?
Ciò, a mio giudizio, significa, in parole semplici - ma che hanno il pregio della chiarezza -, negare l'evidenza! Il «collante» riformista, infatti, non può esistere in una coalizione dove si aggirano personaggi talmente slegati da comportamenti di coerenza istituzionale e dove la cultura comunista rivoluzionaria, violenta e intollerante, si alimenta nella contrapposizione e nello scontro.
Si tratta di una maggioranza che viene tenuta in scacco da un'intera componente; la propria parte moderata, inoltre, è totalmente schiacciata da questi gruppi, che assumono un comportamento totalmente irrazionale! L'animo riformista della vostra coalizione non ha spazio e non ha che un filo di voce troppo esile per essere ascoltato e per produrre un effetto mediante.
Guardate, colleghi, una nave con troppi capitani non arriva mai in porto: sarà la sua stessa ciurma ad affondarla, perché troppi e continui saranno gli ammutinamenti: uno è di pochi giorni fa! Quando si parlerà di finanziamento della missione militare in Afghanistan, nel momento in cui si discuterà di pensioni, quando saremo di fronte alla riforma del mercato del lavoro o si tratteranno le grandi opere e la TAV, dove andrà a finire il riformismo? Dove andrà a finire la vostra coesione?
Vorrei infatti osservare che una coesione vera, stante le premesse, non può esservi. Onorevoli colleghi, vorrei dire che l'unico elemento di unità di questa maggioranza è l'odio personale verso il Presidente Berlusconi. Tale odio vi ha uniti, poiché si tratta proprio di una coalizione nata più per dire «no» a qualcuno che per governare! Le troppe anime contrastanti, infatti, le impediscono di agire concretamente ed efficacemente. Possiamo dire, in sostanza, che, dopo aver vinto le elezioni, questa maggioranza ha esaurito il suo compito, la sua funzione ed il suo slancio, Pag. 94ed è sopravvissuta ai suoi stessi scopi. Essa insiste a vivere, ma non si accorge che, sostanzialmente, è già morta!
Tutto ciò perché non ha una voce unica, ma parla con troppe lingue, spesso incomprensibili anche tra di voi!
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 18,24)
DANIELE GALLI. Mandato a casa Berlusconi, nello scorso aprile - più o meno legittimamente: vedremo, poi, se il conteggio dei voti ci darà ragione oppure no -, penso che a Prodi non resti che prendere atto che è tempo che vada a casa lui, poiché ha cessato la sua funzione. Egli non può governare: può, a mio giudizio, soltanto agonizzare, continuando l'inutile sopravvivenza al Palazzo. In questo caso, però, ci rimette l'Italia, in campo sia interno, sia internazionale!
È per onestà intellettuale e per buonsenso che non va concessa la fiducia a Romano Prodi, prima ancora che per convinzione politica!
Il Presidente del Consiglio è ridotto come il famoso Arlecchino, servitore di due padroni: la parte moderata e quella radicale massimalista del suo schieramento. Per non scontentare nessuno, finirà, come ha già fatto, per scontentare tutti. Scontenterà però soprattutto gli italiani.
Nessuno, a mio giudizio, merita una maggioranza così, nemmeno coloro che l'hanno votata nel segreto dell'urna. Negare oggi la fiducia a questo Governo significa confermare la fiducia negli italiani, significa avere fiducia che gli italiani, in occasione delle prossime consultazioni elettorali, sapranno fare una scelta giusta, rimandando questa maggioranza litigiosa ed inaffidabile al ruolo di opposizione.
Signor Presidente, concludo e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Galli, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Bezzi. Ne ha facoltà.
GIACOMO BEZZI. Signor Presidente, nel confermare la fiducia del Partito autonomista trentino al Governo, ricordo, per fedeltà al mandato ricevuto dagli elettori, quella che è una vera e propria emergenza: la riforma del sistema.
Ella, signor Presidente del Consiglio, ha sottolineato la giusta esigenza di una nuova legge elettorale. Essa, però, da sola non risolve i problemi collegati ad una vera governabilità, come dimostrano le varie riforme sino ad oggi succedutesi.
Se infatti non si rimuovono i paradossi istituzionali, anche recentemente richiamati, e i vincoli che su vari fronti esistono, sarà per tutti difficile governare. Occorre una svolta radicale, con una riscrittura condivisa delle regole perché il circuito politico istituzionale ormai rischia una crisi davvero grave.
Per questo, faccio mio l'appello dell'associazione politico-culturale Movimento Comunità, che si richiama agli insegnamenti di Adriano Olivetti e di Alcide De Gasperi, per una vera riforma di sistema.
Dobbiamo tutti preoccuparci, come ha ammonito il Presidente Napolitano, del distacco tra la politica, le istituzioni e i cittadini, che hanno diritto di essere governati senza i continui cambiamenti del gioco politico e potendo conoscere, per un giudizio consapevole, qual è l'atteggiamento delle forze politiche sui temi che toccano direttamente la convivenza civile, i loro diritti, i loro doveri.
Uno Stato e i rappresentanti dei partiti che lo governano non sono credibili se le varie articolazioni statuali si presentano dissociate (si pensi solo al rapporto continuamente mutato tra enti locali e Governo centrale).
È dunque necessario assumere iniziative politiche tendenti a ricostruire questa credibilità, con una stabilità di sistema garantita da tutti, non solo dalle logiche di maggioranza.
Noi possiamo essere tratti in inganno facendo credere ai cittadini che tutto si risolva cambiando l'autista , ma è proprio Pag. 95la macchina invece che va cambiata, altrimenti chiunque guidi rischierà sempre di andare fuori strada.
Gli elettori che ci hanno votato non si accontentano di una maggioranza che viva solo in alternativa all'opposizione, e più in particolare a Silvio Berlusconi. Essi ci chiedono al contrario uno sforzo di innovazione e di cambiamento capace di offrire un quadro di certezze al loro futuro.
Molti temi da lei citati, signor Presidente, si inscrivono in questo processo riformatore, un processo però che va gestito non come un tentativo di ricomporre una maggioranza, ma come un'apertura di dialogo per la riaffermazione dei valori unificanti di questo paese.
La politica internazionale della sicurezza, la politica sociale della famiglia, il nuovo assetto istituzionale, sono i temi sui quali i cittadini si attendono una grande unità tra le forze politiche, ad iniziare dalle maggiori.
L'impetuoso progresso tecnologico, la globalizzazione, che sta conoscendo modificazioni come il post-modernismo, che ha spostato verso la comunicazione il vero potere e nell'accesso alle reti una parte consistente della dinamica anche economica, hanno reso ancora più deboli le strutture di uno Stato ancorato a vecchi concetti.
Le stesse regole della democrazia dimostrano una certa usura del tempo e vanno rivitalizzate. Occorre cioè identificare sia una nuova modalità di dialogo e di azione politica degli amministratori pubblici, sia più moderni e sofisticati canali di partecipazione dei cittadini.
Signor Presidente, nel condividere i dodici punti da lei indicati, e nel riconfermarle la fiducia, voglia accogliere l'invito di aggiungere un tredicesimo punto: quello di una riforma di sistema, dando a questa legislatura anche un carattere costituente.
Gli strumenti per definire tale riforma possono essere diversi, e certo vanno superate ancora non poche difficoltà, ma non è questo il tempo di un rinvio. Se indubbiamente la normale amministrazione è estremamente impegnativa, non si costruirà però il futuro del nostro paese se non si determineranno quei profondi cambiamenti che la realtà interna e internazionale impongono. La scelta che le sta davanti, signor Presidente del Consiglio, sta tra il farsi promotore di una nuova legge elettorale che consenta di migliorare solo parzialmente il sistema, oppure il riaprire invece un nuovo tavolo parlamentare capace di individuare gli elementi fondanti di un nuovo Stato.
Spetta ai politici avveduti indicare la strada giusta ed indispensabile per l'adeguamento delle istituzioni al nuovo sistema determinato dalla società. Un adeguamento che determini un reale cambiamento di sistema, valorizzando la cultura, il dialogo, il confronto ed esaltando tutte le caratteristiche di una civiltà fondata sul valore della persona umana, della libertà, del mercato e della solidarietà.
Non sarà facile né semplice, ma questa è la sfida che - come diceva Aldo Moro - ci pone il tempo che ci è dato di vivere. Sta a noi raccoglierla, non nell'interesse di una parte politica o di una coalizione, ma di tutto il paese.
PRESIDENTE. Assiste ai nostri lavori una classe della scuola media Giovanni Pascoli di Cormons (Gorizia). La Presidenza e l'Assemblea vi salutano (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, il nostro gruppo darà la fiducia a questo Governo per le scelte che ha compiuto nei mesi scorsi e per le scelte che dovrà compiere negli anni a venire.
Noi Socialisti democratici italiani siamo profondamente convinti che occorra cambiare il nostro paese, sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista sociale. Bisogna attuare le riforme istituzionali e quelle costituzionali.
In buona sostanza, siamo profondamente convinti che l'attuale Governo, che è caratterizzato da una grande linea riformista e liberale, abbia la possibilità di determinare queste scelte, guidando il Pag. 96paese sulla linea delle riforme, della crescita, dell'equità e dello sviluppo.
Sono questi i tratti essenziali che individuiamo nell'azione politica del Governo. Non per niente abbiamo sostenuto con forza le scelte adottate in materia di liberalizzazione attraverso il cosiddetto decreto Bersani, nonché una legge finanziaria dura, che in ogni caso dettava le direttrici di un recupero del debito pubblico, avviando lo sviluppo del nostro paese. Una finanziaria che ha già cominciato a produrre i primi risultati. Infatti, nell'ultimo trimestre, si è registrata una crescita del 2,9 per cento oltre ad entrate fiscali estremamente significative. Tutto ciò - lo dico con molta onestà intellettuale - non è semplicemente merito di questo Governo, ma ritengo che non sia affatto merito di quello precedente. Sono queste le differenze che abbiamo il dovere di sottolineare con forza e con onestà.
Le scelte future dovranno riguardare le liberalizzazioni e la riforma delle pensioni. Certo, la riforma delle pensioni significa in buona sostanza garantire pensioni per i giovani e, soprattutto, riconoscere più equità alle pensioni minime che, ad oggi, non sono sufficienti a garantire i limiti di vivibilità.
Abbiamo rilanciato la politica della famiglia, sottolineando con grande puntualità i diritti individuali e collettivi. E non è vero che non vi sia la possibilità di discutere e di approvare i Dico.
Io sono convinto che nei due rami del Parlamento vi sarà certamente una maggioranza trasversale perché entrambe le nostre Camere sono laiche e in grado di far fronte alle proprie scelte.
Il nostro Parlamento non è certamente condizionato da situazioni esterne. Io non credo che questo Governo non sia in grado di far risaltare, come dicevo in precedenza, i diritti individuali e collettivi.
Sono presenti elementi di crescita economica, di equità sociale, di competitività delle imprese, elementi riguardanti il Mezzogiorno d'Italia e le privatizzazioni: il sistema Italia si sta mettendo in cammino per agganciare la ripresa economica europea ed internazionale.
Per questi motivi, noi Socialisti democratici italiani siamo convinti - lo ripeto con grande determinazione - di votare la fiducia a questo Governo. Gli facciamo gli auguri affinché nei prossimi anni tutti gli obbiettivi possano essere raggiunti per il bene dei nostri concittadini (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Landolfi. Ne ha facoltà.
MARIO LANDOLFI. Signor Presidente, è la seconda volta che l'onorevole Prodi si trova a dover fare i conti con un voto di sfiducia parlamentare: è capitato nove anni fa con un'altra legge elettorale, ed una settimana fa a causa di due senatori che hanno votato contro le linee guida del ministro D'Alema in politica estera.
Cito questo precedente per convenire con il Presidente Prodi circa la natura politica di quello che è accaduto al Senato, ma anche per ricordare a me stesso che ciò non è frutto di una legge elettorale sbagliata, quanto di uno schema politico sbagliato.
Nove anni fa e in questi nove mesi si è registrato il fallimento di un'idea del bipolarismo; in ottemperanza alle parole pronunciate ieri al Senato dal senatore Follini si sceglie prima il nemico e poi l'alleato. Questo fallimento, che oggi dà aria e fiato alle trombe e a qualche trombone, fa dire a molti che ci troviamo in presenza di una crisi del bipolarismo e che bisogna tornare ad una «politica dalle mani libere», quando si prendevano i voti a destra e poi si smerciavano sottobanco, sottocosto a sinistra. Si trattava di una politica senza alcuna responsabilità nei confronti degli elettori.
In ogni caso, Alleanza Nazionale su questo è molto vigile e non consentirà che gli italiani vengano privati del diritto di scegliere direttamente i loro governanti. Proprio grazie alla consapevolezza di questo pericolo, dell'insidia che ha accompagnato questa crisi, noi siamo costretti a tracciare un confine netto tra la vostra e la nostra idea di bipolarismo. Il vostro è un bipolarismo contro, il nostro è un Pag. 97bipolarismo per. Voi siete incollati dall'organigramma, noi siamo vincolati dal programma; voi sopravvivete moltiplicando le poltrone, noi rispettando il contratto con gli italiani. Questa è la differenza che c'è tra i nostri cinque anni di Governo - durante i quali abbiamo realizzato tante riforme - e questi nove mesi che spero rappresentino solo il principio di una stagione che troverà presto la propria fine.
Quello che noi diciamo, che stiamo dicendo in queste ore, è proprio dimostrato da questi nove mesi di attività: un DPEF contraddetto da una legge finanziaria che ha reso le tasse più pesanti e le buste paga più leggere; annunci roboanti seguiti da retromarce precipitose; ministri che hanno partecipato a manifestazioni in piazza contro il Governo di cui fanno parte; sottosegretari che hanno manifestato contro i ministri con i quali collaborano. Tutto questo, onorevoli ministri, all'insegna di quella serietà al Governo di cui non vi è traccia in questi mesi di attività.
Oggi vi presentate in Parlamento, con un «bignamino» di dodici punti, per parlare di rilancio dell'attività di Governo. Mi dispiace che non ci sia il Presidente del Consiglio perché gli vorrei chiedere se pensa veramente che questo bignamino di dodici punti possa rilanciare l'attività di Governo.
Vorrei chiedergli se ritiene che, pur presentandosi qui o al Senato con il cipiglio feroce, vi sia un solo italiano disposto a credere che da ieri egli sia davvero l'unico preposto a prendere decisioni in questa risicatissima, rissosissima e sfilacciatissima maggioranza. Vorrei chiedergli se aggettivando, come è solito fare, come forti e serie le iniziative annunciate, riesce davvero a conferire forza e serietà alle sue politiche. Vorrei solamente ricordargli che gli ostacoli di fronte a lui sono tanti. Durante la sua introduzione al Senato ha parlato di tante cose, ma qualche punto è scomparso. I Dico sono diventati «direi»; sono spariti il disegno di legge Gentiloni e le riforme strutturali. Gli ostacoli sono tanti ed occorrerebbe uno slalomista, non un maratoneta.
Come molti italiani, auspico che questo Governo finisca presto perché ci sta riducendo ad essere la periferia dell'Europa. Saremo tagliati fuori. Ministro Di Pietro, lei che sovrintende alle grandi infrastrutture, può dirci se questa TAV si fa oppure no? Infatti, non crediamo alla storiella del coinvolgimento delle comunità locali perché essa equivale alla rinuncia di dotare il paese delle infrastrutture di cui ha bisogno. Lei, come persona avveduta, lo sa e quindi lo dica. Sveli il mostruoso imbroglio consumato a danno degli italiani, con la rinnovata fiducia al Governo che in realtà non esiste perché è stata smentita nel momento in cui veniva data.
È questa la verità; eppure state traendo beneficio dagli effetti delle nostre politiche. Le entrate fiscali sono da record; finalmente sta venendo meno il clima di incertezza, di paura e di rassegnazione che avete sparso a piene mani mentre noi governavamo. Vi è la necessità e la possibilità di agganciare la ripresa. Invece voi che fate? Fate i Dico, la controriforma delle televisioni, il disegno di legge sul doppio cognome! Sono queste le vostre misure per combattere la povertà e la precarietà? Sono queste le cose che intendete fare per rimettere in sesto il paese?
Signori ministri, guardatevi intorno, guardate i vostri volti e quelli degli esponenti della vostra maggioranza e così capirete che siete alla fine. Non è stato rilanciato nulla. Mi viene in mente un verso tratto da una bella canzone di Franco Battiato: «Quanto è difficile trovare l'alba dentro l'imbrunire». Non state assistendo alla riedizione di un Governo ed al suo rilancio, ma alla sua riesumazione (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Carfagna. Ne ha facoltà.
MARIA ROSARIA CARFAGNA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quello di oggi e domani alla Camera è un esercizio sostanzialmente inutile e non soltanto perché ci apprestiamo a votare la fiducia Pag. 98(nel caso del gruppo cui appartengo si tratta della sfiducia) ad un Governo che difficilmente sopravviverà ai prossimi ed inevitabili scossoni, ma anche perché ormai da tempo siamo chiamati esclusivamente a ratificare quanto accade nell'altro ramo del Parlamento oppure quello che il Governo decide ed arrogantemente ci impone. Qui a Montecitorio, oltretutto, non vi è necessità di una conta sul filo di lana perché l'ampio premio di maggioranza, ottenuto grazie una manciata di voti in più, vi consente di procedere con una certa tranquillità. In questo caso il problema non è di numeri, bensì esclusivamente politico ed è legato all'incapacità della vostra maggioranza di tenersi unita e di compattarsi sulle questioni più importanti e delicate che riguardano l'azione di Governo.
Mi riferisco a quanto sta accadendo in Afghanistan ed a quello che purtroppo, probabilmente molto presto, potrebbe accadere in Iran. Il vostro atteggiamento è ambiguo e contraddittorio sui temi di politica estera, che, non a caso, hanno determinato la caduta del Governo al Senato la scorsa settimana. Mi riferisco anche ai Dico ed alle tante questioni etiche che presto ci troveremo ad affrontare e sulle quali cercate ogni volta di trovare affannosamente unità, ma che inevitabilmente e puntualmente finiscono per costituire motivo di scontro. Mi riferisco inoltre ai tentativi di controriforma del mercato del lavoro e del sistema previdenziale, riguardo ai quali siamo ancora in attesa di capire se e quale sarà la vostra proposta.
Su questi argomenti il Governo non ha alcuna possibilità di farcela: non l'aveva e non l'ha a tutt'oggi. Può solo sbandierare un po' di antiamericanismo per accontentare la sinistra radicale; un po' di anticlericalismo per accontentare l'ala atea della coalizione; un po' di lotta di classe sul lavoro e sulle pensioni per tenere buoni sindacati. In sostanza, il vostro sembra un Governo di sbandieratori più che un Governo di costruttori di futuro. È la verità e come tale va accettata anche se fa male!
Pur essendo io nuova nel mondo politico, mi chiedo come abbiate fatto in un mese soltanto ad entrare in rotta di collisione con gli Stati Uniti, con la Chiesa e con Confindustria. Più difficile è riuscirci che non riuscirci. In sostanza, è come fare zero alla schedina: è molto più improbabile e difficile che riuscire a fare 13. Non dico questo perché credo che Stati Uniti, Chiesa e Confindustria debbono avere la possibilità di interferire con l'azione di Governo, ma perché sono fermamente convinta che chi ha a cuore i destini del nostro paese non possa non rispettare la sua storica amicizia con gli Stati Uniti, il legame spirituale e culturale con la Chiesa cattolica e il sistema produttivo nazionale. Voi state tradendo tutto ciò che sta cercando di dare all'Italia un'identità diversa da quella che naturalmente ha; state svilendo un percorso che non appartiene né alla destra né alla sinistra, ma a tutta la nazione e agli italiani. Lo state svilendo per l'obiettivo poco nobile di restare attaccati alla poltrona e di salvaguardare gli interessi di bottega.
È per questo che gli elettori hanno già un'opinione, come dimostrano i numerosi sondaggi; è per questo che temete il ricorso alle urne e che preferite tirare a campare senza preoccuparvi, anzi, infischiandovene del danno che sta procurando al paese. Avevate promesso la serietà al Governo, se non ricordo male. Se vi sembra serio un Governo che, per ottenere la fiducia, deve aspettare la Montalcini che ritorna da Dubai, Pallaro che scioglie le sue riserve e Follini che tradisce il suo elettorato, allora vuol dire che quello che per voi è serio e normale, per noi è assolutamente e totalmente vergognoso. Con la soluzione a questa crisi, che in realtà si chiude così come si era aperta, avete scelto la strada dell'accanimento terapeutico.
Noi siamo contro l'eutanasia e contro l'accanimento terapeutico, ma siamo per la vita. Siamo convinti che per far vivere bene gli italiani nel nostro paese, l'unico rimedio efficace alla vostra crisi ormai cronica siano le dimissioni irrevocabili. Pag. 99Concludo, signor Presidente, con una notizia di poche ore fa: l'Economist ha paragonato romano Prodi ad un personaggio dei videogames, tutto intento - si legge sull'Economist - ad andare avanti nonostante le botte ed il cammino disseminato di trappole e di imboscate. Verrebbe da ridere se non ci fosse di mezzo anche l'immagine del nostro paese all'estero.
In verità, guardando quello che è successo in questi ultimi dieci mesi, sembra davvero di assistere ad un videogioco. Credo che gli italiani siano stufi e preoccupati del fatto che qualcuno giochi irresponsabilmente con il loro futuro e sono quindi pronti a staccare la corrente: questo videogioco, molto presto, si fermerà e gli italiani manderanno a casa questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia e Alleanza Nazionale - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marcenaro. Ne ha facoltà.
PIETRO MARCENARO. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, signori deputati, con questa crisi e con il suo superamento sta per aprirsi una fase nuova nella vita del Governo e della maggioranza, nei rapporti tra maggioranza ed opposizione e, soprattutto, nei rapporti tra il Governo e la coalizione che lo sostiene, il paese e i cittadini italiani.
L'intesa politica tra le forze della maggioranza sulla base della quale l'onorevole Prodi ha chiesto al Parlamento il rinnovamento della fiducia è un fatto politico nuovo. La destra lo banalizzi pure. Noi tutti del centrosinistra dovremmo invece prenderne pienamente coscienza ed adeguare ad esso i nostri comportamenti collettivi ed individuali.
Nella sua comunicazione il Presidente del Consiglio ha tenuto a sottolineare - senza minimizzazione - la natura politica della crisi che si è aperta e, conseguentemente, ha dichiarato che il Governo e la maggioranza intendono trarne fine in fondo gli insegnamenti conseguenti, insegnamenti di metodo e di merito. Infatti, in che senso quella che abbiamo vissuto e della quale il Parlamento sta ancora discutendo - sia pure in un'atmosfera diversa dopo il voto di ieri al Senato - deve essere considerata una crisi politica?
Mi soffermerò su due punti, tra i molti che potrebbero essere affrontati. Il primo, di merito, riguarda la politica estera del Governo. Il secondo, di metodo, riguarda il centrosinistra, il suo pluralismo, la sua coesione. Gli italiani non si sbagliano quando, interpellati sul loro giudizio sul Governo, indicano la politica estera come il campo nel quale la novità è stata più rilevante e l'azione dell'Esecutivo più efficace e, pur in un tempo estremamente breve, già ricca di risultati importanti. L'azione del Governo in politica estera non è stata caratterizzata dal navigare a vista e dalla logica del caso per caso e neppure ci si è fermati per il timore delle differenze che potevano esistere fra le diverse forze della coalizione.
Sono emersi invece con chiarezza un'ispirazione, una visione, un progetto, e a mio parere questa chiarezza ha fatto sì che sia stato possibile comunicare con il paese ed essere capiti e ha fatto sì che, nonostante i senatori Rossi e Turigliatto, la politica estera sia stata il campo di una dialettica positiva tra azione di Governo, opinione pubblica e movimenti e tra gli stessi partiti della coalizione. Quelli che chiedono oggi il ritiro del contingente italiano dall'Afghanistan non vogliono la pace; semplicemente ricoprono con una patina ideologica la scelta di farsi gli affari propri e di lasciare che il mondo vada dove gli pare. Al contrario, i rappresentanti delle organizzazioni di volontariato che agiscono in Afghanistan sono venuti a dirci, nelle audizioni in Commissione nelle settimane scorse, che non di exit strategy ma di success strategy c'era e c'è bisogno. Certo, prima o poi bisogna venir via e d'altronde i contingenti militari possono contribuire a gestire una transizione e non a sostituire in modo permanente una forza ed una legittimità che per qualsiasi Governo può venire solo, in Afghanistan o altrove, da un diverso rapporto con il paese.Pag. 100
Per contribuire davvero alla pace, per dare alla pace una possibilità, il problema non è di venire via, ma di venire via bene, avendo ottenuto i risultati necessari. Noi siamo oggi di fronte ad una crisi politica e di consenso di quell'unilateralismo, che ha trovato nell'intervento in Iraq la sua manifestazione più netta e più drammatica, ma un'alternativa convincente ed efficace è ancora lontana dall'essere costruita. Il punto è se si vuole partecipare, nella comunità internazionale e nell'ambito del nostro sistema di alleanze, alla costruzione di questa alternativa e se si vuole svolgere un ruolo positivo per costruire le condizioni di quel multilateralismo efficace, del quale tante volte abbiamo parlato. Se si vuole fare ciò, e non semplicemente ritirarsi di fronte ad un compito tanto arduo, è necessario prendersi le proprie responsabilità ed anche costruire un equilibrio tra principi e realismo, senza il quale la politica sparisce e cessa di avere alcun significato.
Se con Max Weber la politica è il campo dell'etica della responsabilità, questo è vero elevato a potenza per quanto riguarda la politica estera. Declamare principi, senza valutare le conseguenze ed i risultati delle proprie azioni e senza misurare ogni volta il valore relativo delle diverse scelte, senza chiedersi ogni volta non solo cosa è bene e cosa è male, ma anche cosa è meglio e cosa è peggio, costituisce sul tema della pace, se fatto da un uomo politico e non da un religioso, un comportamento profondamente immorale. Noi, il centrosinistra, la maggioranza di Governo, dobbiamo sulla politica estera uscire da questa crisi, avendo rafforzato la convinzione che il nostro paese e il suo Governo possono svolgere un ruolo e dare un contributo nei prossimi anni per affermare in Europa e nel mondo nuovi indirizzi, nuove regole ed istituzioni rinnovate, che ridiano alla prospettiva della pace, della sicurezza, della giustizia e del riconoscimento dei diritti umani e della democrazia una nuova prospettiva. Questa scelta, che costituisce la vera novità della politica estera italiana, una novità che è resa possibile non solo dalle intenzioni soggettive ma da un'esigenza e da una domanda che la crisi delle vecchie strategie pone a tutta la comunità internazionale, è praticabile solo se si fa fronte ai propri impegni e alle proprie responsabilità.
Lo stesso rispetto degli impegni e degli obblighi che derivano all'Italia dall'appartenenza alla NATO e che, peraltro, tutti i partiti della coalizione hanno riconosciuto, sottoscrivendo il programma dell' Unione, non dovrebbe essere considerato solo come una necessità che proviene da una vecchia eredità del passato, ma anche come una delle condizioni per partecipare alla costituzione di un nuovo futuro. C'è bisogno di una discussione, e facciamola non solo in Parlamento, perché per sostenere una linea di politica estera così ambiziosa e impegnativa abbiamo vitale bisogno di un'opinione pubblica attiva, di una grande partecipazione e di quelle straordinarie energie che hanno animato i movimenti per la pace in Italia e nel mondo. Bisogna che queste energie e queste forze siano attive, siano in campo, siano mobilitate, perché oggi la lotta per la pace e quella per dare al mondo forme di governo legittime, che non sostituiscano semplicemente l'arbitrio del più forte al principio della sovranità nazionale, sono un passaggio cruciale. Facciamo vivere il pluralismo della coalizione non come una polemica confusa ed insopportabile, nella quale l'unico obiettivo sembra essere quello di portare via un iscritto, un voto al partito più vicino, ma come un confronto di contenuti, di argomenti, di proposte rivolte a tutti i cittadini, impegnandoci a partecipare ad un dibattito pubblico trasparente, nel quale le forze politiche avrebbero il dovere di innalzare, e non di deprimere, la qualità.
Naturalmente, ciò significa anche sapere come si decide e come il pluralismo della nostra coalizione non si traduce in paralisi dell'azione di Governo. Senza regole per decidere, il pluralismo si traduce in potere di veto, una volta dei partiti più grandi, un'altra dei partiti più piccoli. Bene ha fatto, quindi, Prodi a porre come essenziale tale questione e a dare una Pag. 101soluzione, questa volta è davvero il caso di dirlo, last but not least, nel dodicesimo punto dell'intesa. A me pare, e concludo, che questo dodicesimo punto, che stabilisce il dovere della decisione, sia la condizione perché, dopo i mesi trascorsi, il Governo e la maggioranza escano dalle difficoltà che hanno conosciuto.
Voglio solo ricordare, in primo luogo a me stesso, che il dovere - e sottolineo ancora la parola dovere - di decidere vale in particolare sui problemi difficili, anche perché problemi facili non ce ne sono; tuttavia, hic Rhodus, hic salta, è un impegno forte quello che viene chiesto a Prodi e a tutti noi, dai partiti più grandi ai partiti più piccoli, ma se viene meno questo punto la coalizione entra in crisi, non so se al Senato, ma certo nel suo rapporto con la società. Se ci sarà permesso di affrontare e di dare una risposta accettabile a questo problema, penso non sia di circostanza affermare, a proposito di questa crisi che con il voto di domani ci lasceremo alle spalle, paion traversie, ma sono opportunità (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Marcenaro, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Paroli. Ne ha facoltà.
ADRIANO PAROLI. Signor Presidente, sinceramente sono abbastanza allibito dai proclami di novità da parte di alcuni colleghi della maggioranza, che insistono con una posizione che, poi, smentiscono nei corridoi già con le loro facce e con i loro umori. Credo che in tutta questa vicenda, negli ultimi dieci giorni, se vi è qualcosa che emerge con una qualche evidenza è che troppe anomalie si stanno verificando. Devo dire, anche a malincuore, che una prima anomalia - come anche alcuni colleghi hanno già fatto notare - è che un dibattito così importante alla Camera dei deputati veda assente (perché credo che non sia sufficiente una breve comparsa) il Presidente del Consiglio, di fronte ad un momento così delicato per il paese e per il suo Governo.
Ma l'anomalia più grande è certamente ciò che è accaduto al Senato la scorsa settimana e la settimana corrente. Infatti, non è mai accaduto nel paese che una maggioranza cadesse, venisse bocciata sulla politica estera. Ma ciò che è assurdo è che non è mai accaduto che, poi, la stessa maggioranza - la stessa, identica maggioranza - chiedesse una fiducia complessiva, globale, ottenendola, ma non avendo ancora la maggioranza sulla propria politica estera. Ciò che è accaduto ieri è che è stata accordata la fiducia al Governo: come dire, tu vai genericamente, ma sulla politica estera questa maggioranza non ha i numeri. Di questo non si parla. Di questo non c'è coscienza nella maggioranza e nel Governo. Alcuni senatori, convinti con le buone o con le cattive maniere, a tornare sui propri passi ed a votare la fiducia - complessiva - al Governo, hanno già detto chiaramente che sulla politica estera di questo Governo, Afghanistan compreso, non ci saranno. Quindi, dove andate? Cosa succederà?
La stessa cosa si è verificata ieri. Ieri le agenzie erano un bollettino di guerra, non c'era accordo su nulla, dalle pensioni ai Dico, all'Afghanistan, alle questioni legate all'energia e ai gassificatori. È una maggioranza, non disunita, ma ancora più disunita di prima e, ripeto, tutto questo non fa bene al Governo e al paese. Come quello che è accaduto con D'Alema che - lo ricordiamo tutti -, senza bisogno che si facesse la farsa della settimana scorsa, ha voluto imporre un atto di forza, chiedendo una fiducia che non c'è stata e minacciando il «tutti a casa». Il «tutti a casa» si è tramutato nel giro di pochi giorni in tutti dentro, tutti al loro posto, tutti alle loro poltrone.
Non credo che questo fatto possa imprimere una svolta al Governo, perché si è trattato di null'altro che di una nuova menzogna rispetto a tutte le altre menzogne. Ricordiamo tutti Prodi che in campagna Pag. 102elettorale ripeteva ad ogni piè sospinto la frase «non aumenteremo le tasse», salvo il fatto che poi, con la finanziaria, abbiamo visto che anche su questo aveva mentito, come ha mentito sui Dico dicendo che i PACS non erano nel loro programma per poi immediatamente farli diventare un'emergenza, una questione essenziale per il programma del Governo. Tutto ciò perché, evidentemente, c'è stato uno scambio sulla politica estera (l'Afghanistan) e sui Dico; ma questi scambi fanno davvero male alla politica e alla serietà della stessa, soprattutto quando non riescono, come è accaduto in questo caso.
Ebbene, oggi tutta la maggioranza, Prodi davanti a tutti, si è trincerata di fronte all'enigma della legge elettorale, ma quest'ultima è solamente un alibi che permette a questa maggioranza di evitare le elezioni anticipate. Quando la debolezza della maggioranza si è manifestata, subito dopo l'estate, si è cominciato a parlare di legge elettorale, perché doveva essere l'alibi che permetteva di evitare le elezioni anticipate al primo incidente, come si è verificato. Tuttavia, bisogna anche dire come si cambia la legge elettorale e per quale motivo. È evidente che la legge elettorale non deve essere uno stratagemma per fare in modo che - laddove ha vinto la Casa delle libertà, cioè al Senato - si tramutino i vincitori in vinti e viceversa. Al Senato ha vinto la Casa delle libertà e l'Ulivo non ha la maggioranza per questo motivo: ciò è evidente e nessuna legge elettorale potrà permettere questo. Chiedo davvero al Governo e alla maggioranza di riprendere un briciolo di serietà nei rapporti parlamentari all'interno di queste aule, perché credo che ciò faccia male soprattutto alla maggioranza ed al Parlamento. In un momento così difficile il paese non può sopportare una maggioranza così sgangherata e con le idee così poco chiare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Reina. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, non me ne vogliano i colleghi che mi hanno preceduto nel corso del dibattito, ma trovo davvero bizzarro che ci si affanni - molti lo hanno fatto dai banchi della maggioranza - a lodare il Presidente del Consiglio dei ministri per avere espresso una summa ovvietà, e cioè che quella attraversata dal Governo è stata una crisi politica. Certo che si tratta di una crisi politica, di che ci stiamo occupando? Di che si occupano il Governo e il Parlamento? Il Governo dispiega la propria azione sulla vita reale del paese, su quello che interessa la gente ogni giorno. Il Governo è la massima espressione dell'azione della politica, così come il Parlamento è, o dovrebbe essere, la massima espressione della programmazione della politica. Il rischio vero, quello che stiamo attraversando, è di ritrovarsi non in una fase difficile di transizione della vita della nostra democrazia, quanto piuttosto di fronte ad una transizione complessiva della democrazia, ad un'involuzione del sistema democratico.
Ciò potrebbe avvenire perché vi è un'affannosa ricerca (per la verità, non solo da una parte) di una semplificazione delle regole dell'istituto della democrazia che porterebbero, inevitabilmente, ad una soluzione di tipo oligarchico.
Noi appartenenti al gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia non siamo mai stati interessati - ce ne dovete dare atto; fin dall'inizio lo abbiamo detto chiaramente - agli schemi e alle schermaglie ideologiche che hanno caratterizzato la vita della XV legislatura e il dibattito politico che nel Parlamento è stato condotto. La posizione che abbiamo sempre manifestato è stata di rappresentare in concreto gli interessi della gente comune, in particolare e segnatamente gli interessi dei meridionali, della gente del sud, che riteniamo siano il punto dolente e debole del nostro sistema democratico.
Per questo abbiamo paura, ancora più dei componenti della maggioranza di turno, di un Governo che cade, perché ogni volta che ciò avviene il prezzo più elevato è pagato proprio dalla gente del sud e questo ci preoccupa molto di più di qualsiasi altra considerazione. Un Governo Pag. 103forte è, comunque, un soggetto con cui possiamo intraprendere un confronto politico, con cui opporre una dialettica forte, con cui litigare, ma è un soggetto vivo, vegeto e funzionale. Quello che abbiamo di fronte è esattamente ciò che in questo momento ci viene rappresentato dai banchi del Governo: un Governo «immanente», esattamente come «immanente» è il Presidente del Consiglio dei ministri che non è presente in aula, anzi... c'è e non c'è. Il nostro paese non può permettersi questa condizione.
Le popolazioni meridionali, che attendono da troppo tempo che i loro problemi siano risolti, non possono permettersi di avere a che fare con un Governo «immanente». Vogliamo un Governo vero, reale con cui avere un'interlocuzione, anche se siamo in una posizione diversa e non acquiescente. L'interlocuzione è mancata in tutti questi mesi, sui tanti temi posti.
Anche sul tema più complesso oggi sollevato, la riforma elettorale (che sia un alibi o meno), non possiamo ancora una volta che chiedere che qualunque riforma elettorale tenga conto dell'esigenza di reintrodurre il sistema del voto di preferenza, anche attraverso una forma di listino che salvaguardi, in qualche modo, la possibilità per le oligarchie dei partiti di individuare soggetti da collocare alla Camera o altrove. Ma è necessario che sia reintrodotto il sistema del voto di preferenza, che venga ripristinato il corretto rapporto tra la gente e la politica, le istituzioni.
Per questo siamo convinti che il nostro paese ha bisogno di un Governo vero e non di un Governo «fantoccio».
Per questa ragione non possiamo votare a favore della fiducia, perché la fiducia si concede di fronte a qualcosa. Non riusciamo più ad individuare, rispetto al dodecalogo rappresentato, quale sia l'esatta identità del Governo; un Governo che non ha più la maggioranza, non in Parlamento, non tra i suoi membri perché essi riescono a seguire la politica che un tempo venne definita del «doppio forno», ma perché l'identità è stata persa a Vicenza, cari colleghi della maggioranza. È lì che avete perso l'immagine, l'identità del Governo e se il Governo non è in grado di esprimere in modo coeso una politica estera, non è in grado di esprimere in modo coeso una politica interna, cioè non è.
Quindi, noi non possiamo esprimere alcun giudizio positivo né alcun voto di fiducia su ciò che non è, sulla negazione.
Per tali ragioni, ci accingiamo a votare, domani, contro la fiducia richiesta.
Vogliamo ancora una volta stigmatizzare - ma, in considerazione del tempo rimasto a disposizione dei nostri interventi, sulla questione ci soffermeremo più ampiamente domani - come il Governo abbia mancato di rivolgere adeguata e concreta attenzione verso il Mezzogiorno. Da un lato, infatti, ha dichiarato che il Mezzogiorno rappresenta un tema fondamentale; dall'altro, tuttavia, delle annunciate opere pubbliche riguardanti il paese e l'ammodernamento della rete trasportistica non una sola di esse è destinata al sud. Tralasciamo pure il ponte sullo stretto, ma non ve ne è una sola che venga indicata per il sud del paese! Dunque, di cosa andiamo cianciando, quando parliamo dell'interesse di questo Governo per il meridione d'Italia? Pensate, forse, che, asfaltando qualche strada provinciale, riusciamo a risolvere i problemi ed i nodi fondamentali del sud, che sono di natura strutturale? Vogliamo scherzare? O, forse, è vero quanto poc'anzi ho osservato, e cioè che voi non ci siete e, non essendoci, vi potete permettere il lusso di parlare in libertà e di prendere in giro chi volete? Tanto, i numeri ancora ve lo consentono!
Ma la politica - purtroppo per voi! - non è fatta solo di numeri; vi sono anche i momenti in cui deve essere sostenuto il confronto con il paese. Ebbene, voi sarete costretti ad un tale confronto e perderete perché non siete stati capaci né di essere voi stessi né di interpretare la politica che il paese vero avrebbe voluto dal Governo del popolo italiano (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mura. Ne ha facoltà.
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SILVANA MURA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, ministri, colleghi, a undici mesi dalle elezioni affrontiamo un dibattito sulla fiducia richiesta dal Governo a seguito della crisi apertasi nei giorni scorsi. Una crisi dovuta a diversi fattori tra i quali ricordo anzitutto la legge elettorale approvata sul finire della scorsa legislatura, che ha determinato la difficile situazione presente al Senato e che, per così dire, renderebbe la vita faticosa a qualsiasi Governo. Certamente, la causa della crisi deve ravvisarsi non solo nella legge elettorale ma anche nell'eccessiva litigiosità presente all'interno delle forze di maggioranza che ha indotto i partiti a marcare il proprio territorio anziché a fare squadra.
Signor Presidente del Consiglio, ho molto apprezzato - e spero che queste parole le giungano - la forza e la coerenza con cui ha difeso il mandato che le è stato conferito dagli elettori per governare il nostro paese. Mi riferisco in particolare all'affermazione della sua leadership attraverso dodici priorità programmatiche sulle quali ha chiesto alle forze politiche di maggioranza pieno sostegno e totale condivisione. Il suo non è un Governo come tutti gli altri, ma segna una netta discontinuità nella storia della democrazia del nostro paese rispetto ai cinquantotto Governi ed ai primi ministri che l'hanno preceduta. La sua candidatura a premier non è frutto di un accordo tra i partiti, ma è stata voluta da 4 milioni di elettori che, il 16 ottobre 2005, hanno partecipato alle primarie per scegliere il candidato alla guida del governo del paese; scelta poi ratificata dalle elezioni politiche. Le primarie devono ricordare a tutti i partiti dell'Unione che i nostri elettori si sono già espressi chiaramente su chi deve guidare il Governo; una volontà che sicuramente non possiamo tradire.
Le dodici priorità programmatiche indicano la volontà del Governo e delle forze politiche di maggioranza di giocare la partita fino in fondo, senza timore di quanto potrà accadere e con la coscienza di aver tenuto fede fino in fondo al mandato ricevuto dagli elettori.
Noi dell'Italia dei Valori non possiamo non apprezzare che tra queste dodici priorità programmatiche figuri un tema al quale noi da sempre siamo molto attenti, vale a dire la riduzione dei costi della politica. Una misura che riteniamo assolutamente doverosa in un momento di risanamento dei conti pubblici e di modernizzazione del paese.
Personalmente, ho anche molto valutato positivamente, Presidente Prodi, che in questo momento difficile di trasformazione del paese lei abbia manifestato l'apprezzamento più sincero del Governo nei confronti dell'opera encomiabile svolta dalle donne e dagli uomini delle forze dell'ordine che ogni giorno lavorano con impegno per la nostra sicurezza.
Apprezzamento condiviso, immagino, anche dalle forze dell'opposizione, non solo da quelle di maggioranza. Un attestato ancora più significativo in un momento in cui il fenomeno del terrorismo sembra comparire di nuovo ed intere regioni del paese sono taglieggiate dalla criminalità organizzata, mentre le forze dell'ordine diventano ingiustamente e inspiegabilmente bersaglio di frange che sfogano la propria violenza negli stadi di calcio.
Concludendo, signor Presidente del Consiglio, forte del consenso dei cittadini, prima ancora di quello delle forze politiche di maggioranza, continui con fermezza il percorso che ha indicato, non certo per soffocare il dissenso e la dialettica propria, in una coalizione in cui figurano partiti diversi per storia, cultura e tradizione, ma per raggiungere quella sintesi indispensabile per governare. Lo faccia in virtù del mandato che le è stato conferito, con le primarie prima e con le elezioni poi, e l'Italia dei Valori sarà al suo fianco (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e L'Ulivo)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Crosetto. Ne ha facoltà.
GUIDO CROSETTO. Signor Presidente, ho letto, come tutti noi, il dodecalogo con cui l'ex Primo ministro Prodi, attualmente Pag. 105rinviato alle Camere per la fiducia, ha cercato di ricucire la sua maggioranza; si tratta di un progetto che non ci sembra molto variato rispetto a quello sul quale è caduto la settimana prima. L'ho letto e ho scoperto che il motivo per il quale questa maggioranza è caduta non va rinvenuto in una crisi politica interna, nelle contraddizioni interne, ma nel sistema elettorale. Allora mi è venuto in mente cosa è successo dal 1996 al 2001, quando avevamo un sistema elettorale diverso: una maggioranza simile a questa - non c'era il problema della legge elettorale - ha cambiato sei Governi e tre Presidenti del Consiglio; allora, mi sono accorto che i sintomi di questa crisi, che non è di sistema elettorale, ma politica, c'erano già nel 1996 ed hanno prodotto effetti dal 1996 al 2001.
La nostra preoccupazione, che con i nostri interventi cerchiamo di far emergere, non è quella di chi sta all'opposizione e vorrebbe essere maggioranza: noi siamo preoccupati per una maggioranza che diventa un problema per il paese - non per l'opposizione - , perché non è in grado di governare. Quando dico governare intendo, ministro Di Pietro, ad esempio fare scelte importanti per il futuro del paese. Voi avete una fortuna, che non è solo vostra, ma del paese: viviamo in un periodo di ripresa economica, una ripresa europea, e il nostro paese può agganciarla o meno. Come pensiamo di agganciarla? In modo estemporaneo: i parrucchieri potranno aprire il lunedì - lo ritengo un atto importante per agganciare la ripresa economica europea! -, e mi chiedo se le prossime liberalizzazioni di Bersani riguarderanno gli spazzacamini e gli arrotini. Sulle liberalizzazioni ho sentito parlare di tassisti e di parrucchieri, ma non ho sentito parlare di servizi pubblici locali, di energia; non ho sentito parlare, da nessuno, neanche dal Presidente Prodi, di interventi importanti per il sistema paese.
La nostra preoccupazione non è quella di un partito che sta all'opposizione e vorrebbe governare - almeno non è la mia -, ma quella di cittadini italiani che rappresentano altri cittadini italiani, che si chiedono quale sarà il futuro del nostro paese.
Approfitto della presenza del ministro Di Pietro in aula. Veda, penso che non servano i viaggi in India. Questo paese non ha solo bisogno di aperture formali verso il mondo: noi abbiamo bisogno, purtroppo - lei probabilmente lo sa -, di aperture fisiche. Non basta andare in India, andare in Cina e aprirsi al mondo dicendo che si è fatto un viaggio. Abbiamo bisogno di aperture fisiche, dell'alta velocità, del terzo valico, abbiamo bisogno di far diventare i nostri porti centrali!
Quando ho letto il punto con il quale Prodi ha affrontato l'argomento infrastrutture - parlo di questo tema perché ho la fortuna di avere lei in aula -, mi sono posto questo problema. Un Governo che vuole veramente fare l'alta velocità, la toglie dall'elenco delle grandi opere e mette la possibilità di eseguire un'opera importante per tutta l'Italia nelle mani dell'ultimo comitato del più piccolo comune su cui dovrebbe transitare? No, e lei lo sa perfettamente.
Ma un Governo che non si pone seriamente il problema - ad esempio, nel campo delle infrastrutture -, di affrontare e risolvere questo aspetto, quale futuro sta preparando per il paese?
Questa è la nostra preoccupazione, quella di assistere ad una farsa che ha come unico punto di arrivo quello di consentire ad un moribondo di sopravvivere, di consentire ad un Governo che sa di non essere in grado di fare nulla che incida realmente sulla società di andare avanti ancora un po'. Quanto? Sei mesi, otto mesi, un anno...
PRESIDENTE. La prego...
GUIDO CROSETTO. ... sapendo che questa responsabilità politica, probabilmente, la pagherete alle prossime elezioni, come la state pagando adesso.
Ma questo non basta. La nostra preoccupazione - e concludo, signor Presidente - è un'altra: non è quella che voi la paghiate tra un anno, due o tre in modo Pag. 106tale che noi possiamo raccoglierne i frutti. La preoccupazione è che, perso questo anno, due o tre, a rimetterci sarà il paese. Non ci interessa il futuro della coalizione di centrosinistra, della Margherita o dei DS, ci interessa il futuro dell'Italia. La responsabilità che avevamo chiesto a questo Esecutivo era quella di far prevalere questo interesse su quello della sua mera sopravvivenza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata dagli onorevoli Franceschini, Migliore, Donadi, Villetti, Bonelli, Sgobio, Fabris e Brugger la seguente risoluzione:
«La Camera, udite le comunicazioni del Governo, le approva e passa all'ordine del giorno» (n. 6-00016).
Dichiaro chiusa la discussione sulle comunicazioni del Governo.
Ricordo che, secondo quanto convenuto nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo dello scorso 26 febbraio, nella seduta di domani, a partire dalle ore 9,30, avrà luogo il seguito della discussione sulle comunicazioni del Governo, con la ripresa televisiva diretta della replica del Presidente del Consiglio dei ministri, delle dichiarazioni di voto dei rappresentanti delle componenti politiche del gruppo Misto e dei gruppi, in ordine crescente.
Seguirà la votazione della risoluzione presentata.