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Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese (A.C. 2201-A) (ore 11,15).
(Esame dell'articolo unico - A.C. 2201-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 2201 sezione 3), nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 2201 sezione 4).
Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 2201 sezione 5).
Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere
(Vedi l'allegato A - A.C. 2201 sezione 1).
Con riferimento alle inammissibilità che stanno per essere comunicate all'Assemblea, desidero preliminarmente far presente che la Presidenza si è attenuta Pag. 2agli ordinari criteri stabiliti, con riferimento ai decreti-legge dal 7 comma dell'articolo 96-bis, del regolamento, secondo la consolidata prassi interpretativa.
Osservo che in questo caso l'iter del decreto-legge si affianca a quello di un disegno di legge ordinario, vertente su analoghe materie. È evidente pertanto che alcuni degli emendamenti riferiti al decreto-legge in esame, in tale sede dichiarati inammissibili, potranno eventualmente essere riferiti al disegno di legge ordinario, il cui esame sta per essere avviato in Commissione. Avverto che la Presidenza, ai sensi degli articoli 86 comma primo e 96-bis comma settimo del Regolamento, non ritiene ammissibili una serie di proposte emendative già presentate in Commissione e in quella sede dichiarate inammissibili.
Ne darà lettura l'onorevole Segretario. Avverto inoltre che la Presidenza non ritiene ammissibili ulteriori proposte emendative, ai sensi degli articoli 86, comma 1 e 96-bis comma 7 del regolamento, in quanto non strettamente attinenti all'oggetto del decreto-legge in esame e non previamente presentate in Commissione. Anche di esse darà comunque lettura l'onorevole Segretario.
Invito dunque l'onorevole Segretario a dare lettura delle inammissibilità.
GIUSEPPE MORRONE, Segretario. Comunico che la Presidenza, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 96-bis, comma 7, del regolamento, non ritiene ammissibili le seguenti proposte emendative, già presentate in Commissione e in quella sede dichiarate inammissibili: Lazzari 1.50, concernente le tariffe dell'operatore unico nell'ambito delle trasmissioni televisive satellitari criptate; Folena 1.64, volto a disciplinare la rinegoziazione dei contratti di rivendita delle connessioni ADSL (con riferimento a questo emendamento la Presidenza conferma, anche a fronte del nuovo ricorso, la decisione già assunta nel corso dell'esame in sede referente); Della Vedova 1.03 e 1.011 nonché Stucchi 1.0201 (identico nella parte dispositiva ai predetti articoli aggiuntivi), che aboliscono la tassa di concessione governativa per l'utilizzo di terminali di comunicazione mobile; Folena 1.014, recante norme relative ai diritti dei consumatori di software per elaboratori elettronici (con riferimento a questo emendamento la Presidenza conferma, anche a fronte del nuovo ricorso, la decisione già assunta nel corso dell'esame in sede referente); l'articolo aggiuntivo Della Vedova 2.01, concernente misure relative alla vendita al dettaglio dei libri; l'emendamento Mazzocchi 4.7, concernente l'introduzione di un'ulteriore indicazione obbligatoria sull'etichettatura dei prodotti alimentari; gli articoli aggiuntivi Crisci 7.01 e 7.02, in materia, rispettivamente, di oneri per interessi delle carte di credito e scadenza delle garanzie fideiussorie; l'emendamento Antonio Pepe 8.7, volto a fornire un'interpretazione autentica delle operazioni di credito a medio e lungo termine; l'articolo aggiuntivo Crisci 8.01, concernente obblighi di comunicazione delle banche sui depositi giacenti; l'articolo aggiuntivo Fava 8.02, recante norme sulla trasparenza delle trattenute sindacali; l'emendamento La Loggia 9.1, recante una disciplina generale della dichiarazione di inizio attività e dei termini per la conclusione dei procedimenti autorizzatori; l'emendamento Marinello 9.28, sull'obbligo di pagamento telematico dei possessori di partite IVA; l'emendamento Marinello 9.29, in materia di accertamenti fiscali in relazione agli studi di settore; l'articolo aggiuntivo Zanetta 9.0200, recante norme in materia di conferenza di servizi e di snellimento delle procedure di autorizzazione per la realizzazione di insediamenti produttivi (che riproduce, con talune modificazioni, il contenuto dell'articolo aggiuntivo 9.09, dichiarato inammissibile in Commissione); l'articolo aggiuntivo Marinello 9.010, che istituisce lo sportello unico dei servizi alle imprese di pesca; l'emendamento Marinello 10.11, in materia di attività dell'odontoiatra; l'emendamento Fasciani 10.30 e gli identici emendamenti Campa 10.191 e Mazzocchi 10.194, che consentono, alle imprese di produzione e trasformazione alimentare, la vendita diretta dei propri prodotti l'emendamento Pag. 3Vico 10.187, ad eccezione della lettera b) (che riproduce norma già presente nel testo), sulla disciplina dei consulenti del lavoro; l'emendamento Marinello 10.189, sul noleggio degli autobus; l'emendamento Marinello 10.195, sui contratti di affitto dei fondi rustici; gli identici emendamenti Campa 10.39 e Saglia 10.41, volti a configurare una sorta di delega al Governo per impegnarlo a specifiche modifiche del codice della strada attraverso un disegno di legge già presentato; gli identici emendamenti Campa 10.49 e Saglia 10.50, che ampliano le attività di competenza delle autoscuole estendendole, senza alcun riferimento al profilo organizzatorio; gli identici emendamenti Campa 10.90, Fava 10.113 e Saglia 10.117, che differiscono l'entrata in vigore delle disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo 1, vincolando peraltro l'entrata in vigore al recepimento di una direttiva comunitaria, quindi ad un termine incerto, ovvero prevedendone un differimento di tre anni senza introdurre una normativa transitoria; gli identici emendamenti Saglia 10.97 e Campa 10.235, limitatamente alla parte consequenziale, gli identici emendamenti Saglia 10.99 e Campa 10.236, gli identici emendamenti Saglia 10.104 e Campa 10.237, nonché gli emendamenti Saglia 10.100, 10.101, 10.103, 10.105, 10.106 e 10.108, Campa 10.159, che modificano in modo del tutto frammentario e parziale disposizioni contenute in atti normativi non aventi forza di legge, nel caso specifico in un regolamento ministeriale di disciplina delle autoscuole; analogamente deve ritenersi inammissibile l'emendamento Campa 10.238, non previamente presentato in Commissione; l'emendamento Saglia 10.102, relativo alla disciplina dell'attività delle autoscuole con riferimento al tipo di veicoli che esse devono possedere; l'emendamento Saglia 10.120, che sopprime una norma del regolamento di attuazione del codice della strada relativa ai veicoli eccezionali, materia non trattata nel decreto; gli emendamenti Saglia 10.122 e Campa 10.165, che modificano in modo frammentario il regolamento di attuazione del codice della strada, intervenendo con atto di rango normativo su fonte subordinata e delegificata; gli identici emendamenti Uggè 10.123, Meta 10.125 e D'Agrò 10.225, che modificano norme del codice della strada sull'esame di guida; gli identici emendamenti Uggè 10.126, Raisi 10.249, Attili 10.132 e D'Agrò 10.226, che modificano il codice della strada relativamente alle norme sulla messa a disposizione delle vetture di scuola guida ai candidati autodidatti; gli emendamenti La Loggia 10.134, Uggè 10.137, Fava 10.140 e D'Agrò 10.227, che modificano il codice della strada nella parte concernente le disposizioni sulle esercitazioni di scuola guida; gli identici emendamenti Campa 10.167 e Saglia 10.185, che prevedono un bonus economico per la chiusura delle autoscuole; l'emendamento Contento 11.2, concernente l'istituzione del parametro di riferimento del prezzo del gas e le relative modalità di determinazione; Saglia 11.01, sul riordino della normativa che disciplina l'affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali; Zanetta 13.31, che finanzia un progetto pilota di istruzione per i giovani che praticano gli sport invernali; Lazzari 14.8, relativo alle funzioni di certificazione dei funzionari dell'ACI.
Comunico, altresì, che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 96-bis, comma 7, del regolamento, in quanto non strettamente attinenti all'oggetto del decreto-legge in esame e non previamente presentate in Commissione, le seguenti proposte emendative: gli identici Ferrara 1.225 e Pellegrino 1.226, che estendono il divieto di applicazione di costi fissi e di contributi per la ricarica, di cui al comma 1 dell'articolo 1, anche ai titolari delle concessioni autostradali e ai fornitori di carte ricaricabili; Lazzari 1.220 e Saglia 1.230, relativi al divieto di applicazione di costi fissi e di contributi per la ricarica, di cui al comma 1 dell'articolo 1, ai fornitori di ogni tipo di carta di credito prepagata; D'Agrò 1.207 e Fedele 1.222, in materia di abolizione dello scatto alla risposta; Fava 1.228 e 1.229, volti ad abolire i canoni di abbonamento; Gianfranco Conte 1.200, volto a prevedere che dall'attuazione del comma 1 Pag. 4dell'articolo 1 non derivino riduzioni del gettito IVA; Fedele 1.202, che introduce l'obbligo di identificazione del chiamante; Trepiccione 1.0202, in materia di costi fissi e di ricarica per le carte di credito prepagate; Caparini 2.207, volto a prevedere l'integrazione del Piano nazionale per l'ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti con riferimento alla presenza del servizio di erogazione dello stesso nei piccoli comuni; Bordo 8.0200, volto a consentire il trasferimento automatico della carta di credito e delle domiciliazioni RID in caso di chiusura del conto corrente bancario; Urso 8.0201, volto ad abolire i costi fissi delle operazioni di pagamento con carte di credito prepagate; Della Vedova 8.0202, volto a prevedere esenzioni fiscali sulla prima casa; Meta 8-bis.200, in materia di costi delle comunicazione bancarie; Lazzari 8-bis.201, relativo alla disciplina dei contratti bancari e finanziari con formula a «capitale garantito»; Bonelli 8-bis.0202 e Trepiccione 8-bis.0203, volti a modificare la legge sul diritto d'autore; Fava 9.201, volto a prorogare il termine stabilito dall'articolo 19 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, per l'obbligo, da parte degli esercenti arti e professioni, di tenuta di uno o più conti correnti bancari o postali, ai quali affluiscono obbligatoriamente le somme riscosse nell'esercizio dell'attività; Verro 9.210, relativo alla prestazione in favore del comune di cauzione commisurata agli oneri di urbanizzazione; Saglia 9.209, volto a novellare l'articolo 8 della legge n. 241 del 1990; Martella 9.0202, concernente la concessione di garanzie per l'accesso al credito per l'avvio di impresa (di contenuto analogo a quello dell'articolo aggiuntivo 9.04, dichiarato inammissibile in Commissione); gli identici Campa 10.239 e Saglia 10.270, limitatamente alla parte riferita al comma 5, che modificano in modo del tutto frammentario e parziale disposizioni contenute in atti normativi non aventi forza di legge; Pellegrino 10.256, volto a novellare l'articolo 121 del decreto legislativo n. 285 del 1992, al fine di introdurre il divieto per le autoscuole di utilizzare per le prove di esame veicoli noleggiati; gli identici Attili 10.211 e Greco 10.229, nonché gli identici Meta 10.204 e Fratta Pasini 10.205, volti a prevedere che le autoscuole debbano svolgere la propria attività per il conseguimento di qualsiasi categoria di patente; Santelli 10.246, D'Elpidio 10.258 e Leone 10.248 volti ad anticipare al 2009 il termine di validità delle concessioni dei servizi di linea; Verro 10.251, in materia di definizione degli impianti produttivi; Urso 11.210, volto a prevedere il riordino della normativa nazionale relativa al mercato del gas; Garavaglia 11.0200, che autorizza i comuni a rescindere il contratto di fornitura di energia elettrica con il gestore Enel Sole e ad affidare l'erogazione del servizio secondo modalità che garantiscano una migliore concorrenzialità; Villetti 13.253, nei termini in cui è formulato, in materia di rinvio del secondo ciclo, in quanto volto a sostituire integralmente il disposto dei commi da 1 a 1-quinquies dell'articolo 13, inserendo nel testo dell'articolo una previsione che non risulta in rapporto di accessorietà o di connessione con il medesimo; Fava 13.239, volto a ridefinire le modalità di adempimento dell'obbligo scolastico; D'Elpidio 14.201, volto ad incidere sul regime giuridico degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi; D'Elpidio 14.202, volto a modificare la procedura per l'immatricolazione e la reimmatricolazione dei veicoli; Lion 14.200, che riguarda l'applicazione di agevolazioni fiscali per il settore dell'apicoltura; Saglia 14.0200, che prevede un complessivo riordino della normativa nazionale in materia di servizi pubblici locali, di contenuto analogo a quello degli articoli aggiuntivi 9.01 e 11.01, dichiarati inammissibili in Commissione.
PRESIDENTE. La Presidenza si riserva di comunicare all'Assemblea ulteriori inammissibilità nel corso dell'esame.
Hanno chiesto di parlare sia l'onorevole Capotosti, sia l'onorevole Leone. Chiedo all'onorevole Capotosti se intenda intervenire sulle inammissibilità o su altro argomento.
GINO CAPOTOSTI. Su altro argomento, signor Presidente.
PRESIDENTE. Allora, le formulo la preghiera di concludere l'argomento delle inammissibilità, con l'intervento dell'onorevole Leone.
Prego, onorevole Leone, ha facoltà di parlare.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, in sede di Giunta per il regolamento stiamo discutendo della ammissibilità delle proposte emendative e, principalmente, della ammissibilità di quelle riferite ai decreti-legge. Proprio dall'Assemblea più volte è stato avviato il tentativo di arrivare a una chiarimento definitivo al riguardo. Perciò, non riesco a comprendere la declaratoria di inammissibilità di alcune proposte emendative, di cui non comprendo neppure le motivazioni. Mi riferisco, ad esempio, agli analoghi articoli aggiuntivi Della Vedova 1.03 e 1.011.
Affermo questo perché l'argomento principe di cui si tratta nel decreto-legge in esame, che è diventato lo spot di questo Governo e del ministro Bersani, è quello della cancellazione dei costi di ricarica per i telefoni cellulari. Le proposte emendative che sto sottoponendo alla vostra attenzione attengono alla eliminazione della tassa di concessione governativa in presenza di contratti e, quindi, non di ricariche. Nella relazione del presidente dell'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, l'autorità competente in materia, le due questioni sono abbinate. Addirittura, l'antitrust analizza come il ricorso spropositato alle formule che prevedono la ricarica sia dipeso proprio dall'esistenza di questo balzello, la tassa di concessione governativa istituita quando i telefoni erano ritenuti beni di lusso.
Come si può affermare l'inammissibilità degli articoli aggiuntivi in questione, in presenza di altre proposte emendative come, ad esempio, quella del collega Lulli, riferita alle carte prepagate per la televisione a pagamento, che sono state invece ritenute ammissibili? Questi articoli aggiuntivi, in sostanza, riproducono lo spot del ministro Bersani sulla cancellazione del costo delle ricariche.
Vorrei comprendere se stiamo andando verso un chiarimento definitivo, da parte della Presidenza, riguardo alle inammissibilità o se stiamo continuando ad alimentare, con questo atteggiamento, una serie di perplessità nei parlamentari, i quali presentano le loro proposte emendative ritenendo, come noi riteniamo, che siano oggettivamente in linea con l'argomento del decreto-legge, salvo constatare poi che le stesse sono dichiarate inammissibili. Chiedo pertanto di riconsiderare la declaratoria di inammissibilità dei due articoli aggiuntivi in questione, anche alla luce del fatto che, parallelamente, vi è una serie di altri emendamenti dichiarati ammissibili e che, invece, sono palesemente in contrasto con l'oggetto del decreto-legge in esame.
È di stamane una riunione della Giunta per il regolamento su questa materia ed è di stamane la volontà, espressa da parte della Presidenza e di tutti i componenti della medesima Giunta, di arrivare ad una soluzione più stringente e definitiva al riguardo. Ritengo che non si possa continuare con simili decisioni su tali argomenti, se si vuole arrivare a una soluzione condivisa.
PRESIDENTE. Sono state sollevate obiezioni in ordine alla declaratoria di inammissibilità delle proposte emendative Della Vedova 1.03 e 1.011 (che concerne anche l'analogo articolo aggiuntivo Stucchi 1.0201), volte ad abolire la tassa di concessione governativa sull'utilizzo dei terminali di comunicazione mobile. La Presidenza ricorda che l'articolo 1 del provvedimento incide sui costi fissi della telefonia, sugli obblighi di trasparenza delle tariffe e sulla disciplina dei contratti.
Le proposte emendative in questione avrebbero ad oggetto una materia non contenuta nel decreto-legge, così come adottato dal Governo, e non strettamente attinente alle materie in esso contenute, come è invece prescritto dall'articolo 96-bis, comma 7, del regolamento in materia di ammissibilità degli emendamenti riferiti a un decreto-legge.Pag. 6
Tuttavia, essendo la materia oggettivamente ancora suscettibile di approfondimenti, la Presidenza prende atto di quanto è stato appena rilevato e si riserva di rendere al riguardo, nel corso del dibattito, ulteriori comunicazioni nel più breve tempo possibile.
Ha ora facoltà di parlare l'onorevole Capotosti.
GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi e colleghe, in data odierna il mio gruppo parlamentare ha indirizzato una lettera di protesta alla Presidenza, stigmatizzando quanto è accaduto ieri in ordine al disegno di legge di conversione del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese.
In sostanza, sono state diffuse nella giornata di ieri, alle ore 19,23, alcune agenzie di stampa che anticipavano il giudizio del relatore del provvedimento, onorevole Lulli, in ordine alle proposte emendative.
Faccio presente alla Presidenza che il termine per la presentazione degli emendamenti scadeva ieri mattina alle 11, ma, dato l'alto numero degli stessi, il relativo fascicolo è stato disponibile solo questa mattina. Il fatto che il relatore abbia espresso anticipazioni sulle proposte emendative al di fuori della sede propria, che è quella della Commissione, e addirittura prima che fosse effettuata una riunione del Comitato dei nove, secondo il nostro modesto apprezzamento rappresenta una grave scorrettezza e una grave violazione del regolamento e, segnatamente, dell'articolo 86, commi 3 e 6.
Questo per quanto riguarda il profilo regolamentare, ma non sfugge a nessuno che, sotto il profilo politico, si possano svolgere altre argomentazioni, perché non vorremmo che si ingenerassero equivoci, nel senso che a qualcuno è dato arrogarsi il diritto di scegliere e decidere per tutti noi. Così non è, perché ogni deputato rappresenta la Repubblica e dobbiamo del rispetto al ruolo e alle funzioni che esercitiamo in quest'aula.
Per questo motivo, signor Presidente, insisto affinché la signoria vostra e l'Ufficio di Presidenza vogliano, se del caso, valutare ogni opportuno intervento onde fare chiarezza sull'accaduto. Ripeto che non si tratta di piaggeria o di personalismo, ma di ossequio e rispetto della dignità dell'Assemblea parlamentare e di ogni singolo deputato (Applausi di deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Capotosti, mi permetto solo di farle notare che nella nomenclatura in uso in quest'aula non esiste la formula «signoria vostra».
La prassi prevede che il fascicolo degli emendamenti venga distribuito la mattina e messo a disposizione del relatore. Si tratta di una materia che attiene non tanto all'attività della Presidenza, quanto a quella dell'Assemblea e del relatore.
Prendo atto, comunque, della sua richiesta e, nei limiti in cui è possibile per la Presidenza, vedremo come facilitare i lavori nel senso che lei ha indicato.
Saluto gli studenti dell'Istituto tecnico commerciale Luosi di Mirandola (Modena) e del Liceo delle scienze sociali Duca D'Aosta di Padova, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Nicco. Ne ha facoltà.
ROBERTO ROLANDO NICCO. Signor Presidente, colleghi e colleghe, signori rappresentanti del Governo, la componente delle Minoranze linguistiche del gruppo Misto concorda certamente sulle linee ispiratrici del provvedimento, così come indicate nella relazione, dalla tutela dei consumatori di fronte ai poteri economici forti alla riduzione e semplificazione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, al contrasto di interessi particolaristici, corporativi e localistici o, per dirla con le parole del Presidente Prodi nel suo recente intervento in quest'aula, con la necessità di operare contro le «incrostazioni» che fermano lo sviluppo.Pag. 7
Ciò, pur senza alcuna nostalgia di uno statalismo dirigista di stampo sovietico, non ci impedisce tuttavia di guardare con qualche prudenza all'infatuazione, che pare aver colto molti, per la nuova parola taumaturgica dell'economia: liberalizzare, liberalizzare!
È forse più facile passare da un eccesso a quello opposto, da un radicalismo all'altro, che non trovare il giusto e condiviso punto di equilibrio. Oggi è in discussione un provvedimento che in Commissione è stato migliorato, con l'inserimento, per quanto ci concerne direttamente come minoranze linguistiche, della per noi mai pleonastica clausola di salvaguardia, finalmente in termini esaustivi, come pure dell'estensione ai soggetti esercenti attività finanziaria (in primo luogo le finanziarie regionali) delle misure introdotte dal comma 1 dell'articolo 6 sull'estinzione automatica delle ipoteche derivanti da contratto di mutuo.
Tuttavia, su un punto importante di questo decreto-legge, il comma 4 dell'articolo 10 che disciplina l'attività di guida e di accompagnatore turistico, non concordiamo affatto e ci pare in palese e stridente contrasto con le finalità prima ricordate. Facciamo in effetti fatica ad individuare in queste professioni quei poteri forti o quelle «incrostazioni» che fermano lo sviluppo, a cui prima accennavo.
Se effettivamente l'obiettivo principe è la tutela del consumatore, ebbene questa non può che avere come punto cardine la professionalità degli operatori del settore, professionalità che, dall'esperienza maturata in una regione quale quella da cui provengo, la Valle d'Aosta, in cui il turismo è il volano dell'economia, deve essere una professionalità multidisciplinare, con competenze dalla storia alla geografia, dagli aspetti politico-istituzionali a quelli culturali ed etnografici. Una professionalità che deve essere profondamente imperniata sulla conoscenza dello specifico territorio in cui viene esercitata, e deve essere veicolata attraverso un effettivo plurilinguismo. Tutto ciò evidentemente non è garantito dal possesso di una laurea, che è semmai uno dei prerequisiti. Si tratta di una professionalità che riteniamo dunque debba essere specificamente accertata attraverso esami e prove attitudinali.
Eliminiamo pure i parametri numerici, se ancora ci sono, eliminiamo i requisiti di residenza, se ancora sono richiesti, ma sulla verifica della professionalità credo non possano esservi riserve di sorta. Altrimenti, il sospetto legittimo è che altre siano le motivazioni alla base del testo così come è stato proposto.
Non possiamo non fare anche una notazione sul metodo seguito. Abbiamo ribadito, anche nel corso della discussione sul rinvio del Governo alle Camere, che le riforme vanno costruite sul consenso. Ci risulta che in questo caso le associazioni del settore, o quanto meno talune associazioni rilevanti a livello nazionale, non siano state per nulla coinvolte e forse nemmeno sentite. Se così è, a noi pare francamente incredibile ed inaccettabile che si voglia mutare sensibilmente il quadro di riferimento di un settore professionale, con un atto sostanzialmente di imperio. Ciò credo valga anche se si tratta di un decreto-legge e non di un disegno di legge. Da ciò, un nostro specifico emendamento su questo aspetto, l'emendamento Nicco e altri 10.219, da intendersi nella formulazione di cui il Presidente ha correttamente dato conto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Patarino. Ne ha facoltà.
CARMINE SANTO PATARINO. Signor Presidente, si sentono un sacco di chiacchiere, si vede un paese pieno di liberalizzatori e di riformisti, ma alla fine si presenta un quadro molto provinciale. Non ci siamo. Abbiamo il sospetto che piccole operazioni servano ad evitare di affrontare i temi veri, come l'energia. Il grande polverone sollevato rischia di farci commettere errori e di ottenere il risultato opposto a quello sperato.
Ma come si fa ad agire su queste materie senza un minimo di discussione? Il metodo è teatrale: si alza il sipario, ed ecco lo spettacolo! Le riforme non si fanno a colpi di bastone, altrimenti chi prende le bastonate reagisce.Pag. 8
Non sono io a dire queste cose: è stato il leader della CISL, Raffaele Bonanni, a dirle circa un mese fa. Questo è esattamente ciò che pensa e dice la maggioranza degli italiani a proposito delle liberalizzazioni.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 11,42)
CARMINE SANTO PATARINO. Le vostre liberalizzazioni che voi, signori del centrosinistra, intendete regalare al paese per renderlo - come voi volete far credere, sapendo in realtà molto bene che non è così - più competitivo, più rispondente ai bisogni e agli interessi dei cittadini, cioè dei consumatori, per liberarlo dall'oppressione.
Con un vostro primo assalto liberalizzatorio, mi si lasci passare il termine, avete puntato contro i tassisti e i panettieri, e con quest'ultimo la vostra spada liberatrice è caduta sulle teste dei barbieri, delle parrucchiere, delle estetiste, degli edicolanti e dei benzinai. Grazie, insomma, alla rivoluzione thatcheriana del vostro Governo, che è il più comunista di tutto il mondo libero, voi vorreste farci credere che riuscirete a far cadere tutti i lacci e i laccioli che hanno finora reso l'Italia schiava e non competitiva: in che modo, facendo le riforme? Quella della telefonia, per esempio, promuovendo le giuste dinamiche concorrenziali? Quella del gas, liberalizzando il mercato? Quella dei servizi pubblici locali, aprendo quanto più è possibile ai privati? Oppure quella dei trasporti, abbandonando definitivamente la politica dell'accanimento terapeutico con continue trasfusioni di denaro, così come si è fatto finora con l'Alitalia?
Assolutamente no. La vostra attenzione, signori del Governo e della maggioranza, è rivolta altrove: alla chiusura dei barbieri e dei parrucchieri il lunedì, alla discussione sulla data di scadenza scritta sulle confezioni dei prodotti alimentari - ignorando forse che esiste già una norma con relative sanzioni sin del 1992 -, alla scarsità, sulle autostrade, dei cartelli di segnalazione delle differenze millesimali del costo della benzina nel distributore successivo, alla decisione di far aumentare il numero delle rivendite dei giornali - che, in realtà, si vendono sempre meno -, alle informazioni incomplete sui prezzi dei voli low cost.
Certo, c'è la giusta previsione della riduzione dei tempi di attesa per dare vita formalmente ad una azienda, ma nessuno ci ha detto ciò che comporterà soltanto l'anticipo del pagamento delle tasse, perché disporre della partita IVA e del codice fiscale non significa affatto avere risolto i problemi reali che ostacolano l'avvio concreto di un'attività (per esempio, le autorizzazioni urbanistiche, dei cui tempi e costi non si trova traccia in questo né in altri provvedimenti).
Certo, non si pagheranno le ricariche dei telefonini, ma nessuno garantisce che ci saranno i più opportuni e rigorosi controlli per impedire ai gestori di rifarsi senza alcuna difficoltà sui costi delle telefonate, o che ci saranno provvedimenti futuri per incrementare il livello di concorrenza nel mercato della telefonia mobile, per assicurare ai consumatori una reale riduzione delle tariffe o vietare offerte e messaggi pubblicitari sleali, effettuati via telefono, in linea con quanto previsto dalla direttiva comunitaria 2005/29/CE.
Tra tante materie trattate, c'è anche quella relativa alla norma che stabilisce la trasparenza delle tariffe aeree, ma si tratta per davvero di una novità, di un'iniziativa encomiabile? Secondo Gianfranco Fabi, de Il Sole 24 Ore, c'è da essere perplessi perché, in primo luogo, se si trattava di rimediare a pubblicità ingannevoli, non si può dimenticare che il compito di intervenire, sanzionare, bloccare e, quindi, vietare questo tipo di annunci è per legge delegato all'Antitrust, che più volte è intervenuto in questo senso. Inoltre, egli aggiunge che non si può dimenticare, come sa molto bene chiunque abbia acquistato un biglietto di una compagnia low cost, che per fare il biglietto è sempre stato semplicissimo ed immediato, oltre che indispensabile, Pag. 9conoscerne il prezzo finale attraverso i siti internet o i call center delle compagnie.
Se c'era o c'è veramente da parte vostra, signori del Governo e della maggioranza, la volontà di recare qualche vantaggio economico, sia pure modesto, a favore di chi è abituato o costretto a viaggiare in aereo, invece di ricorrere all'espediente demagogico e propagandistico della cosiddetta trasparenza della tariffa, perché non avete pensato semplicemente di ridurre anche solo di poco le tasse aeroportuali?
La verità è che queste cosiddette liberalizzazioni in realtà nascondono un evidente disegno politico di schiacciamento delle aree più fragili e diffuse del lavoro autonomo, al fine del rafforzamento dei veri grandi monopoli affaristici, quali quelli partitocratici della grande distribuzione che, dopo avere acquisito la vendita dei farmaci al banco, oggi si appropriano anche di quella del carburante. Si tratta di un altro grande regalo, a proposito del quale vi è stata una dura presa di posizione da parte della CISL, il cui leader Bonanni ha tenuto a precisare: noi siamo l'organizzazione più rappresentativa dei gestori di distribuzione di carburante, è bene dire che non abbiamo problemi se si allarga ad altri soggetti, come i supermercati, però i supermercati pagano la benzina 15 centesimi in meno agli stessi petrolieri che vendono il carburante ai gestori, facendolo pagare 15 centesimi di più; è troppo chiedere parità di condizioni?
Tutto ciò dimostra che la «lenzuolata» di questo Governo non ha nulla a che vedere con una concezione liberale della società e dei rapporti tra Stato e cittadino. Liberale è, per esempio, contenere la piovra fiscale che confisca di fatto i frutti del lavoro e del risparmio dell'uomo, sottraendoli anche al loro migliore reimpiego a fini di crescita economica collettiva, per consegnarli all'avidità e agli sperperi del pubblico potere: l'opposto di quanto avete finora fatto voi, signori del centrosinistra! Liberale è il contrario del grande fratello fiscale burocratico, che avete attivato e scatenato per sottoporre a controllo continuo l'intera società, sulla base di una sorta di presunzione di colpevolezza per la quale siamo tutti evasori, specialmente i commercianti, gli artigiani, i piccoli imprenditori, i professionisti. Nei confronti di costoro è stata organizzata su tutto il territorio nazionale una vera e propria caccia alle streghe, obbligando la Guardia di finanza e l'Arma dei Carabinieri ad intensificare e moltiplicare i loro sforzi per interventi quotidiani di indagine e di verifica, financo nella più piccola bottega e nella più modesta officina, alla ricerca di qualcosa che non va, anche della più insignificante delle infrazioni, dovuta magari a qualche comprensibile svista, per punire con durezza.
Tutto ciò, peraltro, senza alcuna reale ragione che non sia ideologica, considerando l'impennata spontanea, che era già in atto, delle entrate fiscali con conseguente risanamento in corso dei conti pubblici. Liberale è il contrario dell'ingessamento del mercato del lavoro, che questo Governo persegue, in assoluta controtendenza rispetto alle indicazioni della scienza economica ed agli imperativi del mercato globale, e che sottrae di fatto occasioni di lavoro alle giovani generazioni, legando le mani alle imprese, che pure vorrebbero assumere. Liberale è il contrario dei vincoli sempre più opprimenti, che un falso ecologismo oppone ad ogni nuova attività produttiva con la cultura del «no» a tutto e al contrario di tutto, che bloccano ed imprigionano con veti e divieti sistematici ogni nuova iniziativa di sviluppo.
Liberale è consentire una reale libertà di scelta agli utenti dei servizi di pubblica utilità, rendendo i consumatori sovrani nei mercati che incidono davvero sulla qualità e sui costi della loro vita. Ma di essi non vi è traccia alcuna in provvedimenti limitati a settori super marginali e che si configurano, come ho già detto, in atti di pura cattiveria nei confronti di categorie sociali che non possono certamente essere classificate tra le più ricche, ree di avere scelto di affrontare la sfida e i rischi del lavoro autonomo.Pag. 10
Liberale è rompere un sistema di cogestione del Governo tra le legittime rappresentanze del popolo sovrano e le organizzazioni private, come i sindacati, che di fatto dotano taluni dei loro dirigenti ed iscritti di una sorta di sovranità raddoppiata, di una condizione privilegiata di serie A.
Il liberalismo a cui facciamo riferimento noi, che è poi quello autentico e che caratterizza la vita politico-amministrativa del mondo civile, non può, né potrà mai appartenere al vostro modo di pensare e di agire. Esso, com'è storicamente dimostrato, è il nemico che ogni coalizione o attrazione comunista, come la vostra, vuole abbattere. Voi siete abili, questo sì, a fare propaganda, abusando del termine, sbandierandolo in ogni occasione, per nascondere le vostre vere intenzioni che non cambiano mai. Sono sempre le stesse, fanno parte della vostra cultura, dei vostri sogni e desideri legati ad una mai domata nostalgia, quella del ritorno ad una lotta di classe.
È un'operazione destinata al fallimento, la vostra, e lo diventa ancora di più perché è stata ben compresa dalla stragrande maggioranza degli italiani e voi non volete farvene una ragione. Non siete più in grado di offrire alcuna garanzia. Vi rimane un'illusione, forse l'ultima, sicuramente di brevissima durata. Il bluff è stato scoperto, lo sanno tutti ormai.
Se solo vi preoccupaste di andare in giro tra la gente per ascoltarla, per conoscerne gli umori, le impressioni, forse riuscireste a rendervi conto dei danni che state determinando e delle conseguenze negative che state rovesciando sull'intero paese. Allora, vi fermereste! Noi, di certo, non staremo solo a guardare, consentendovi di manovrare indisturbati nell'opera di devastazione che avete intrapreso e non ci limiteremo solo ad opporci, come pure stiamo facendo e continueremo a fare nelle aule istituzionali, nelle aule parlamentari, regionali, provinciali e comunali, ma saremo presenti anche nelle città, nei comuni, nei quartieri, nelle piazze, per parlare con i cittadini, per informarli, per confrontarci con loro e per metterci al loro fianco e stringere un grande patto di alleanza grazie al quale sarà consentito a noi e a loro di fermare la vostra macchina distruttrice, di bloccare i vostri assurdi progetti, di mettere fine alla politica della vendetta e dell'odio contro le categorie produttive e dei privilegi a favore di alcuni monopoli.
La strada, amici del centrosinistra, amici della maggioranza, signori del Governo, per noi e per gli italiani è in discesa. La prima tappa, facilmente a portata di mano, sarà raggiunta presto, a primavera, alle elezioni amministrative (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gianfranco Conte. Ne ha facoltà.
GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, durante l'esame dei provvedimenti che si stanno succedendo riguardo a queste fantomatiche liberalizzazioni, ci siamo chiesti spesso se il Governo abbia o meno una strategia, se stia facendo un timing, comprendendo categorie che, di volta in volta, vengono colpite, e se abbia individuato complessivamente il quadro degli interventi da compiere.
Credo sia noto a tutti che il nostro paese ha un deficit di competitività che, in qualche modo, va risolto e affrontato. Tuttavia, non ci pare chiaro il modo con il quale il Governo si accinge ad affrontare il problema della competitività.
Il complesso dei provvedimenti che stiamo esaminando (questo sulle liberalizzazione, quello della scorsa estate e quelli che ancora devono essere avviati) comprende una serie di interventi che puntano a risolvere alcune questioni. Naturalmente, ci chiediamo se tali questioni siano le più urgenti.
Per esempio, ci siamo chiesti per quale motivo non si debbano affrontare le vere questioni della competitività con riferimento alle banche, ai servizi pubblici, alle assicurazioni. Qui, si procede con interventi spot: si interviene sulla portabilità dei mutui, sui costi di ricarica, sulle assicurazioni, Pag. 11sull'attestato di rischio, ma credo che non si affrontino le questioni vere.
Comprendo le osservazioni dell'attuale maggioranza che ci potrebbe dire: potevate farle voi! Questo discorso non possiamo accettarlo perché in politica la tempistica è molto importante, ma la sensibilità rispetto ad alcune problematiche va consolidandosi via via.
Nella scorsa legislatura si era cominciato un percorso, affrontando questioni molto importanti, come ad esempio quella di poter aprire velocemente un'impresa, o come quella di poter procedere alla vendita di un autoveicolo senza dover affrontare i costi degli atti notarili, e altro ancora. Dunque, nella scorsa legislatura si è cominciato un percorso, in quella in corso il nuovo Governo ha voluto fare una accelerazione.
Andiamo a vedere nello specifico gli interventi previsti nel provvedimento all'esame, considerando che, Presidente, non debbo esimermi dall'evidenziare ancora una volta i criteri di ammissibilità. Ad esempio, alla questione molto dibattuta, ma che ha incontrato anche un certo favore da parte dei consumatori, della ricarica nei servizi telefonici si è voluto aggiungere anche quella relativa ai servizi televisivi: non ci è parso chiaro il motivo per cui il Governo non abbia gettato il cuore oltre l'ostacolo, abolendo per esempio il costo della tassa di concessione.
Ci pareva ovvio che il mercato si muovesse intorno alla questione riguardante la tassa di concessione. Se oggi sul mercato italiano la gran parte dei contratti è a ricarica, lo si deve semplicemente al fatto che nei primi anni in cui uscirono i telefoni cellulari si volle applicare un balzello che è stato determinante per il passaggio dai contratti alle ricariche. Ciò mi sembra talmente evidente che forse un intervento serio da parte del Governo sarebbe stato quello di eliminare il costo della tassa di concessione, liberalizzando così il mercato e, probabilmente, dando a chiunque la possibilità di stipulare un contratto regolare senza ulteriori costi. Mi sembrava la strada più facile: e invece no, si è voluto intervenire a gamba tesa sul mercato, eliminando - e su questo non possiamo non essere d'accordo - i costi di ricarica, ma non volendo però fare un ulteriore passo in avanti.
Adesso sembra che il relatore abbia in qualche modo promesso che la questione verrà affrontata con la prossima legge finanziaria - ammesso che ci arriviate!- in considerazione del costo dell'operazione valutabile intorno ai 750 milioni di euro.
A questo punto però ci poniamo anche un'altra questione: se siete voluti intervenire sul costo di ricarica della telefonia mobile, perché non avete fatto un ulteriore passo in avanti intervenendo sulle carte di pagamento prepagate, argomento che investe le banche? Qui occorre aprire un nuovo capitolo.
Siete veramente interessati ad una liberalizzazione e a un aumento della competitività sul mercato? Perché non affrontate in maniera più decisa alcuni capitoli riguardanti il rapporto tra il consumatore e le banche? Sì, avete qui ragionato sulla portabilità dei mutui, però senza troppo entusiasmo, considerando che, per esempio, non avete tenuto presente la questione del trasferimento del mutuo da una società finanziaria, da una banca ad un'altra, ma avete voluto limitarla soltanto all'acquisto della prima casa di abitazione. Avreste potuto affrontare la questione in maniera più incisiva, considerando che i mutui vengono accesi dai consumatori non solo per l'acquisto ma anche per la ristrutturazione della casa, e, in relazione anche all'interessante questione dell'applicazione delle penali per l'uscita da un mutuo in maniera anticipata, avreste potuto estenderla a tutti i contratti di mutuo. Non si fanno solo mutui per l'acquisto o per la ristrutturazione di una casa, bensì si accendono mutui anche per costruire nuovi opifici, per comprare immobili da adibire a servizi o a imprese commerciali, o altro ancora.
Perché non avete fatto questo passo ulteriore? Ci chiediamo, dunque, se, in realtà, la strategia sia diversa. Le banche, naturalmente, protesteranno, così come hanno fatto tutti i soggetti colpiti dai Pag. 12provvedimenti di liberalizzazione. Non credo, però, che abbiano tanto da protestare, visto che, d'altra parte, si compie una politica di tipo fiscale che moltiplica i conti correnti esistenti presso le banche e le modalità di utilizzo del denaro.
Un argomento interessante, che ci ha appassionato molto nella scorsa legislatura, attiene alle questioni connesse alla comunicazione unica per la nascita di un'impresa. Ricordo che avevamo rilevato che, per esempio, in Romania, dove la legislazione permetteva di aprire un'impresa nell'arco di sette giorni, venne approvata una normativa innovativa che permetteva l'apertura di un'impresa addirittura in 72 ore. Sottolineo, quindi, che mentre paesi emergenti affrontano la risoluzione della questione, noi ci soffermiamo ancora sulle vicende della comunicazione unica per la nascita delle imprese.
Vorrei inoltre segnalare al relatore che, al comma 4 dell'articolo 9, si prevede che, attraverso la comunicazione unica, vengano immediatamente rilasciati il codice fiscale e la partita IVA. Mi rivolgo anche al sottosegretario: vi dovreste, in qualche modo, mettere d'accordo con l'economia e, soprattutto, con le finanze, perché, è stata da poco approvata una norma in base alla quale, per avere il codice fiscale o la partita IVA ed iniziare un'attività, l'ufficio delle entrate deve verificare l'esistenza dei presupposti per ottenere tale rilascio e, quindi, dei fondamentali che garantiscono che l'apertura della partita IVA non sia, in qualche modo, produttiva di imprese cartarie. Tale previsione, quindi, si scontra con una norma che avete appena approvato e ritengo che, su tale punto, sia necessario un concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.
Anche per quanto concerne la vicenda dell'informazione sui prezzi dei carburanti, avete fatto un po' di confusione. Non ho ancora ben capito se quei cartelli che si trovano lungo le autostrade, con i quali vengono rese brevi comunicazioni relative al traffico, possano contenere l'elencazione dei prezzi di tutti i distributori di carburante che si incontrano sul tratto stradale. Sono, quindi, molto curioso di conoscere le modalità di applicazione di questa norma.
Peraltro, la sanzione che avete previsto, sotto il profilo della mancata comunicazione dei prezzi, non è coordinata con quelle che sono le imposizioni che si fanno ai concessionari. Se, infatti, i distributori non consegnano i prezzi in maniera aggiornata, cosa fate? Comminate sanzioni e revocate la concessione ai concessionari autostradali, perché qualcun altro è stato inadempiente? Questo è un argomento che necessita di essere affrontato, anche per il fatto che bisogna tener conto che, oltre ai concessionari autostradali, ci sono anche i distributori, che non sono di proprietà dei concessionari stessi. Certo, è vero che vi sono delle convenzioni, ma ritengo che questo argomento andasse trattato con maggiore attenzione.
Vorremmo evidenziare altre questioni, soprattutto per quanto concerne la tutela del consumatore sui servizi assicurativi.
Anche qui ci sono delle norme che, grazie al lavoro della Commissione, sono state integrate, modificate, ma che dovevano essere in qualche modo meglio sviluppate in relazione alla suddivisione del rischio e, soprattutto, in relazione alle maggiori garanzie concesse al consumatore e all'assicurato.
Credo che bisognerà ritornare su questa vicenda, anche se ritengo che il tema più importante al quale dovremmo prestare attenzione sia quello rappresentato dal comitato antifrode, che esiste all'interno delle assicurazioni, le quali a gran voce oggi chiedono che venga istituita una sorta di autorità nazionale che metta in condizioni le assicurazioni stesse di evitare le frodi e di disallineare il costo delle assicurazioni in relazione alle questioni territoriali.
Per quanto concerne l'articolo 6, credo che l'aver presentato un emendamento a prima firma di un componente della maggioranza, facendo in questo decadere tutti le proposte emendative presentate dalla minoranza, e che in qualche modo riformula il contenuto dell'articolo 6, sia un modo obiettivamente non troppo felice per Pag. 13affrontare le questioni. Vi è da dire che il problema dell'estinzione dei mutui e delle procedure interessate deve essere affrontato con particolare attenzione; plaudo all'iniziativa del sottosegretario Scotti, che, mentre qui in Assemblea si discute, sta evidentemente lavorando con il collega Laurini per meglio definire le questioni riguardanti la portabilità del mutuo, la surrogazione e quant'altro. Vuol dire che, evidentemente, vi siete resi conto che qualche aggiustamento va fatto.
Vorrei ricordare al relatore che un approfondimento sulla questione dei mutui, sulla ristrutturazione degli immobili e, soprattutto, sulla questione dell'allargamento a tutti i mutui della clausola riguardante la penale per l'estinzione anticipata deve esser fatto.
Avrei voluto utilizzare altro tempo perché vi sono molti altri argomenti da approfondire, ma lo faranno sicuramente i miei colleghi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.
MAURIZIO FUGATTI. È con un certo imbarazzo e con un certo stupore che interveniamo su questo provvedimento, perché pensare che un Governo come questo, che ha al suo interno chi proviene dalla cultura comunista e dalla cultura statalista, diventi di punto in bianco liberale e favorevole alle liberalizzazioni francamente non può che stupire. Come dicono dalle mie parti sarebbe come se l'Adige cominciasse ad andare verso nord piuttosto che verso sud.
Proviamo allora a capire qual è il disegno sotteso a queste liberalizzazioni, già esistente al momento delle prime liberalizzazioni fatte con il marchio del centrosinistra, che rimarrà sicuramente il filo conduttore degli anni a venire. L'idea che chi proviene da una cultura statalista, da una cultura dirigista, da una cultura comunista e marxista possa di punto in bianco rifarsi una verginità perché si è accorto di avere sbagliato per anni e anni con tre o quattro provvedimenti sulle liberalizzazioni francamente è difficile da credere. Noi riteniamo che sotto le «lenzuolatine» delle liberalizzazioni vi sia un disegno molto più cinico e pragmatico, quasi scientifico, da parte di chi proviene appunto dalla cultura comunista.
Il disegno - in parole chiare - è quello di mettere in crisi, in difficoltà, di indebolire le categorie dei lavori autonomi, dei commercianti, dei liberi professionisti, degli ordini professionali: trattandosi di persone che pensano in proprio, che lavorano in proprio, che vivono del proprio lavoro, che pagano in proprio, è difficile incanalarle, farle agire sulla base di preconcetti e decisioni generali, proprio in quanto persone libere ed autonome.
Cosa è accaduto, quale scenario è stato creato dalle prime liberalizzazioni che hanno riguardato il commercio? A causa delle liberalizzazioni e della concorrenza della grande distribuzione, la gran parte dei piccoli commercianti è stata costretta a chiudere il negozio e a cessare l'attività, soprattutto nei piccoli paesi. Dove sono finiti? Mentre i più anziani hanno chiuso l'attività, i più giovani sono diventati, in larga parte, dipendenti delle grandi catene di distribuzione: la persona che, una volta, affettava il salame o il prosciutto all'interno del suo piccolo negozio di alimentari, quella che aveva la sua partita IVA, la ritroviamo alle dipendenze della grande catena commerciale! Prima, quel negoziante era una testa che pensava da sola, era un lavoratore autonomo; oggi, lo ritroviamo lavoratore dipendente, magari sindacalizzato. Insomma, costui non pensa più in proprio, in termini professionali, ma dipende dalla grande impresa; alla fine, si riuscirà a sindacalizzarlo, a farlo entrare nel grande canale del controllo delle attività autonome, se non in quello della loro eliminazione. Questo è accaduto alla gran parte dei piccoli commercianti, dei piccoli negozianti: qualcuno ancora c'è, ma molti sono scomparsi ed altri sono diventati lavoratori dipendenti. Il disegno generale è questo, come abbiamo potuto constatare in altre occasioni e come possiamo constatare avendo riguardo a tante parti del provvedimento in esame.Pag. 14
In questa legislatura, le liberalizzazioni hanno avuto inizio con il cosiddetto primo decreto Bersani. Prendiamo il caso dei farmacisti: oggi, troviamo le medicine all'interno dei supermercati. Quindi, alcuni farmacisti sono diventati, o diventeranno, dipendenti delle grandi catene commerciali o delle grandi cooperative - emerge di nuovo il disegno già indicato! -, mentre alcune farmacie, quelle più piccole, quelle che si trovano nei paesi più piccoli, vedono messa in discussione la continuazione dell'attività e la loro stessa esistenza. Altri provvedimenti in senso analogo sono contenuti nella legge finanziaria.
Il cammino delle liberalizzazioni prosegue con il «decretino» in esame - un palliativo, un provvedimento volto a far credere che il Governo voglia promuovere la concorrenza e la tutela dei consumatori - e proseguirà con la riforma degli ordini professionali, altro grande settore destinato ad essere coinvolto nel disegno complessivo del Governo in carica. Sappiamo che vi sono circa due milioni di liberi professionisti. Ebbene, il Governo ha deciso di metterne in crisi l'esistenza, allo scopo di farli confluire nelle società di capitali, allo scopo di trasformare in lavoratori dipendenti quelli che, oggi, sono liberi pensatori, lavoratori autonomi che vivono del proprio lavoro e che lavorano in proprio! A questo Governo non vanno bene perché, probabilmente - lo sappiamo -, votano per altri, non sono tra quelli che lo sostengono. Questo non è un disegno liberale, non è un disegno di liberalizzazioni, ma un disegno corporativo, quasi un disegno sindacale! L'obiettivo è quello di mettere in crisi il lavoratore autonomo, le categorie professionali, il libero professionista, in quanto persone che vivono del proprio e pensano autonomamente.
Il provvedimento in esame - che è un «piccolo» provvedimento in materia di liberalizzazioni - riguarda, ad esempio, i benzinai, categoria nella quale vi è un certo disappunto nei confronti del Governo. Perché? Perché tanti saranno costretti a chiudere! Perché il disegno liberalizzatore del Governo, puntando a favorire le grandi catene di distribuzione, farà in modo che i distributori di carburante si trovino nei punti in cui vi è la maggiore affluenza di consumatori e di auto. E dov'è che si registra una tale affluenza? Si registra dove ci sono le grandi catene commerciali. Quindi, oggi, chi è benzinaio in un paese di campagna o in un piccolo comune di montagna non farà più il benzinaio - soprattutto se è giovane -, ma il dipendente di una grande catena di supermercati dove sarà ubicato il distributore. Infatti, lì ci sono le economie di scala, i grandi consumi che possono abbattere i costi, i numeri per poter stare sul mercato.
Il disegno è sempre quello di far chiudere i piccoli benzinai, che lavorano in proprio, pensano in proprio e, probabilmente, votano in proprio, per trasformarli in lavoratori dipendenti magari delle stesse catene di distribuzione.
Riteniamo che l'aspetto relativo ai benzinai non rientri in un disegno di liberalizzazioni, ma in un disegno corporativo. Per tale motivo abbiamo presentato alcuni emendamenti, il più importante dei quali è l'emendamento Caparini 2.207. Crediamo che i benzinai, soprattutto nelle zone di montagna, abbiano anche una funzione sociale, per evitare che gli abitanti di piccoli paesi, magari mal collegati, debbano percorre diversi chilometri per fare rifornimento. Quindi, chiediamo che nei comuni montani e in quelli con popolazione inferiore ai 3 mila abitanti vi sia una sorta di salvaguardia di questi distributori, il cui servizio di erogazione va considerato quale servizio fondamentale.
La parte più pubblicizzata del provvedimento in esame è quella relativa ai costi di ricarica dei telefonini. Sembra quasi che fare le liberalizzazioni voglia dire togliere 5 euro dalla ricarica dei telefonini! Tuttavia, in Commissione bilancio, ad una domanda dell'onorevole Garavaglia rivolta al Governo per sapere quanto, in termini di gettito, si sarebbe perso dalla riduzione di questi costi di ricarica, la risposta è stata che il Governo non pensa di perderci in termini di gettito in quanto poi le compagnie si rifaranno con l'aumento delle tariffe telefoniche. Quindi, da Pag. 15una parte si afferma che vengono ridotti i costi della ricarica ma, dall'altra, si sa già che le compagnie telefoniche aumenteranno quelli dei vari abbonamenti.
D'altra parte, ciò è emerso già dalla giungla di notizie emerse in questi giorni sull'abolizione dei 5 euro, in ordine alla quale poco si è capito. Quindi, abbiamo presentato alcuni emendamenti chiarificatori, in quanto vogliamo che a seguito di questo provvedimento vi siano comunque piani tariffari chiari e certi, per consentire agli utenti di sapere con precisione quanto si spende. Infatti, vi è il rischio di un aumento dei piani tariffari.
Inoltre, chiediamo l'abolizione della tassa di concessione governativa; si tratta di circa 770 milioni di euro all'anno. Sembra che il Governo abbia già espresso parere contrario, motivandolo con ragioni di copertura finanziaria, mentre poi vediamo che si trovano i miliardi per coprire il buco sanitario della regione Lazio, vale a dire di chi non ha rispettato i vincoli riguardanti le spese sanitarie (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Il cittadino-consumatore - questa nuova «chimera» inventata dalla sinistra! - chissà cosa dirà del fatto che l'Esecutivo non ha abolito la tassa di concessione governativa, la quale comporta un onere pari, appunto, a 770 milioni di euro! Infatti, nonostante le maggiori risorse finanziarie disponibili, acquisite grazie alle politiche economiche e fiscali adottate, l'anno scorso, dal Governo della Casa delle libertà (si tratta di una gettito fiscale aggiuntivo pari a circa 40 miliardi di euro), non si riescono a reperire 770 milioni di euro per coprire la soppressione di tale tassa. Vogliamo ancora chiamarle liberalizzazioni?
Devo far mio, inoltre, quanto è stato poc'anzi affermato dall'onorevole Gianfranco Conte. Ricordo che, con il provvedimento in esame, per le autoscuole, gli acconciatori, gli estetisti, le guide turistiche e le imprese di pulizia, disinfestazione e facchinaggio viene abolita la comunicazione di inizio attività. Si tratta di un adempimento burocratico in meno e, sotto certi aspetti, ciò potrebbe essere valutato positivamente. Osserviamo, tuttavia, che, da quando è entrato in carica questo Governo fino ad oggi (e, probabilmente, anche fino a domani), l'Esecutivo ha fatto tutto, tranne che incentivare la nascita di nuove imprese! Infatti, dopo tutti i provvedimenti che sono stati varati (dal cosiddetto decreto Bersani-Visco alla legge finanziaria per il 2007) per aprire una partita IVA, come già segnalato dall'onorevole Gianfranco Conte, si è giunti quasi a fare l'esame del DNA!
Oggi non è facile ottenere il rilascio di una partita IVA, poiché prima le amministrazioni competenti devono conoscere tutto ed il contrario di tutto (chi sei, cosa fai, che attività hai, quali altre partite IVA possiedi e via dicendo)! Tuttavia, con il decreto-legge in esame, si intende abrogare la dichiarazione di inizio attività!
Se vogliamo veramente varare una chiara politica di deregolamentazione a favore delle imprese, rendendo più facile l'avvio di un'attività e riducendo i vincoli burocratici, allora dobbiamo intervenire su tutti gli aspetti. Infatti, non serve approvare provvedimenti che vanno in una certa direzione e poi esibire questi «specchietti per le allodole» - come in questi casi - solo per affermare che si è «liberali» e per dimostrare che si introducono le liberalizzazioni!
Se dobbiamo essere liberali, allora dobbiamo esserlo compiutamente, e non soltanto perché adesso vi viene fatto notare che...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MAURIZIO FUGATTI. ... avete introdotto troppi vincoli, troppi balzelli e troppi adempimenti per i contribuenti; ed ora «inventate» queste misure, che rappresentano solo uno spot!
Vorrei formulare un'ultima considerazione circa le autoscuole, signor Presidente, dal momento che per esse è prevista una deregulation completa. Vi invito a stare attenti, poiché non si tratta delle imprese di facchinaggio o di pulizia. L'attività svolta dalle autoscuole, infatti, è importante, strategica, particolare ed anPag. 16che «sensibile», poiché occorre insegnare, a chi vuole conseguire la patente, a guidare una autovettura ed a conoscere il codice della strada.
Ricordo che esistevano vincoli chiari in tale ambito. Noi, pertanto, proponiamo di inserirli nuovamente nel testo del provvedimento, attraverso proposte emendative ad hoc, poiché le autoscuole non sono assimilabili alle imprese che svolgono attività di facchinaggio (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Formisano. Ne ha facoltà.
ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, vorrei cominciare il mio intervento svolgendo alcune considerazioni. Ricordo che da sempre siamo sono stati favorevoli all'adozione di provvedimenti riguardanti le liberalizzazioni, avendo a cuore il bene comune e non l'interesse di parte.
Oggi arriva al nostro esame un provvedimento, che avrebbe potuto rappresentare l'ennesima occasione da parte del Governo per affrontare tale problema in modo organico: mancano però all'appello quei settori che tuttora godono di posizioni monopolistiche. D'altronde il ministro Bersani ci ha abituato a queste «lenzuolate» e sappiamo che ne sta già preparando di nuove: una buona analisi deve però verificare non solo i destinatari, ma anche i soggetti passivi, nonché la portata di tali misure.
Ricordiamo che nella scorsa estate fu osannata la vendita dei farmaci nei centri commerciali, come se le famiglie italiane non aspettassero altro che fare scorte di aspirine e di sciroppi.
Niente si disse, invece, riguardo agli orari, ai turni, alle ferie delle farmacie, per garantire maggiori opportunità di accesso ai farmaci da parte dei cittadini, né tanto meno sui ticket per i farmaci urgenti, che i cittadini sono costretti a pagare se di notte hanno bisogno di un farmaco. Non sono nemmeno state offerte agli stessi farmacisti le armi necessarie per fronteggiare la concorrenza degli altri canali distributivi, così come richiesto dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, mentre la sbandierata liberalizzazione dei taxi si è rivelata un boomerang per i cittadini, che hanno subito un rincaro delle corse, mentre il numero dei taxi non è purtroppo mutato.
Oggi sotto la lente del Governo sono stati individuati i parrucchieri, gli edicolanti e i benzinai, certamente non poteri forti, ma categorie deboli: dai primi il Governo gira molto alla larga. Il pacchetto di interventi, pur se condivisibile nell'intento, rappresenta un timidissimo passo verso le liberalizzazioni, in quanto si è evitato accuratamente di toccare i settori più delicati, come l'energia, le telecomunicazioni, i servizi gestiti dalle municipalizzate (l'acqua, i rifiuti e i trasporti locali), dove maggiormente si sente l'esigenza di una apertura alla concorrenza, per non tacere della richiesta di interventi risolutivi per la riduzione del carico burocratico e la semplificazione dei procedimenti nella pubblica amministrazione.
Secondo un'indagine svolta nei giorni scorsi non da noi, ma da Confcommercio, il costo dell'energia elettrica e del gas per gli usi sia domestici, sia industriali, è tra i più alti in Europa, con pesanti ricadute su famiglie e imprese. Il problema dell'eccessivo costo dell'energia nel nostro paese è legato essenzialmente ad alcuni fattori infrastrutturali, che rendono poco efficiente l'intero settore dei beni e dei servizi energetici, con una ridotta capacità di importazione dei gas e di energia elettrica, connesse rispettivamente all'inadeguatezza dei rigassificatori del nostro paese e ad un numero non sufficiente di elettrodotti, con un'assenza di fondi destinati al nucleare e insufficienti investimenti sulle fonti innovative. Per l'energia elettrica, in particolare, ampie fasce di utenti pagano bollette più care di quasi il 50 per cento rispetto alla media europea.
Cari colleghi, signor Presidente, quando l'UDC si riferisce alla necessità di adottare politiche per la famiglia, pensa soprattutto a politiche di questo tipo. Non ci interessano i discorsi di carattere generale, ma Pag. 17quest'analisi serve ad evidenziare come in Italia la perdita di tempo per gli spostamenti «dilapidi» una cifra di 4 miliardi di euro, a causa delle inadeguatezza delle infrastrutture materiali ed immateriali, il che fa crescere il costo della logistica sul PIL non soltanto dal lato delle imprese, ma anche sul versante dei cittadini, alterandone i ritmi di vita.
Non finisce qui. Da uno studio di Confartigianato emerge, infatti, che gli imprenditori italiani impiegano ben novanta giornate lavorative l'anno per gli adempimenti burocratici!
Allora, caro Presidente, cari colleghi, una domanda mi sorge spontanea. Perché la proposta di legge voluta dal Presidente della X Commissione, il collega Capezzone, sullo sportello unico per le imprese, non riesce ad arrivare in aula? Tale provvedimento è stato votato in Commissione all'unanimità e ha superato tutti gli adempimenti burocratici. È strano che una proposta di legge, presentata dal presidente della X Commissione, certo non un esponente dell'opposizione, ma della maggioranza, si fermi ogni giorno su un ostacolo. Credo che sarebbe interessante capire il motivo per il quale tale provvedimento non arrivi al traguardo dell'aula, poiché esso di fatto agevola gli imprenditori.
Onorevoli colleghi, il costo dei mercati protetti sul sistema economico italiano è nell'ordine dei 7,8 miliardi di euro. Tra il 2000 e il 2006 le tariffe dei servizi pubblici locali sono aumentate di 6 punti e mezzo rispetto al tasso di inflazione, il 21 per cento contro il 14,6 per cento.
Sempre rispetto ai soli servizi pubblici locali, con la liberalizzazione i consumatori risparmierebbero 751 milioni di euro l'anno. Vi sono, quindi, due tipi di liberalizzazioni. Quelle di facciata, operate dal ministro Bersani; quelle vere, del ministro Lanzillotta, che intervengono sulle municipalizzate, ma che dal luglio 2006 stanno stranamente muovendo solo ora i primi, piccolissimi e timidissimi passi.
Vorrei domandare se anche all'interno di questo Governo non vi sia qualche tipo di preferenza per i ministri: il ministro Bersani ha, in altri termini, un canale privilegiato rispetto al ministro Lanzillotta? D'altronde, che la volontà di questo Governo di procedere con una politica di liberalizzazioni sia, per così dire, solo a parole è confermato anche dalla 'bocciatura' al Senato del provvedimento sulla liberalizzazione delle poste, varato sulla base della direttiva sul completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari. Ci si è così opposti, forse cercando un compromesso al ribasso, alle linee fondamentali della politica di costruzione del mercato unico dei servizi, che è il cuore della strategia di Lisbona.
Vorrei ora svolgere alcune considerazioni nel merito del provvedimento; anzitutto, vorrei sapere dal Governo se, nell'eliminare i costi delle ricariche, abbia tenuto in conto un recente rapporto dell'autorità garante della concorrenza e del mercato e dell'autorità per le garanzie nelle comunicazioni, secondo le quali la tassa di concessione governativa per i telefonini comporta, per l'utente medio e a parità di traffico, un aggravio di prezzo superiore al 40 per cento, mentre l'aggravio medio di prezzo connesso alle spese di ricarica è pari solo al 18,3 per cento; se dunque non sarebbe stato più opportuno agire su questa leva, quindi sul costo dell'utenza o, meglio, su entrambe, per dare al cittadino un vero risparmio anziché sventolare una misura giusta, ma che forse verrà annullata dal rincaro del costo del traffico.
Un altro aspetto che necessita una riflessione riguarda l'articolo 12 del decreto; sembrerebbe infatti che, come si suol dire, si siano fatti i conti senza l'oste in quanto la revoca delle concessioni per le tratte non ancora realizzate - alcune molto importanti, come il progetto del Terzo valico Milano-Genova -, se da una parte produrrà dei risparmi, una volta indennizzati i general contractor, gli stessi risparmi potrebbero essere a rischio per i probabili ricorsi delle imprese di costruzioni, che si riterranno penalizzate dalle revoche delle concessioni per la realizzazione delle tratte TAV. A sostenerlo non Pag. 18siamo noi, caro Presidente, ma la relazione tecnica predisposta dal servizio bilancio della Camera dei deputati.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 12,35)
ANNA TERESA FORMISANO. Consentitemi inoltre un'altra riflessione. Solo chi non ha esperienza di amministrazione pubblica può pensare che chiudere un cantiere e procedere ad un nuovo appalto possa produrre dei risparmi per chi procura questa situazione. Con tutti i ricorsi e con tutti i drammi che ne conseguiranno, tale circostanza rappresenta un ulteriore aggravio per il sistema paese Italia.
Quanto alle misure inserite nell'articolo 13 del decreto, non si tratta di contestare il diritto di un Governo a decidere quale linea adottare in materia di scuola. Certo, però, riteniamo grave che siano state sottratte al dibattito parlamentare le sostanziali modifiche all'ordinamento scolastico. Mi riferisco, ad esempio, alla necessità di sopprimere la parte sul riordino dell'istruzione tecnico-professionale; la stessa Commissione cultura, cari colleghi, aveva posto l'accento sulla necessità ed opportunità di stralciare questa parte e di inserirla in un provvedimento specifico, più organico, anche tenuto conto della delicatezza della materia, ma il ministro Fioroni, nella sua determinata volontà di affossare la riforma precedente, non ha accettato mediazioni. Noi, tuttavia, continuiamo a chiedere cosa c'entri la scuola con le liberalizzazioni. Ce lo spiegate? Non vediamo il nesso!
Mi avvio a concludere, ribadendo che anche per noi del gruppo UDC, come affermato dal governatore Draghi, liberalizzare significa affidare la difesa del consumatore, finché è possibile, all'operare della trasparenza e della concorrenza e alla tutela delle autorità competenti.
Non siamo, però, convinti, che quella intrapresa finora dal Governo sia la strada giusta. Occorrerebbe maggiore coraggio per eliminare i maggiori vincoli alla crescita del paese: per fare ciò, si dovrebbe avere una coesione politica, per compiere scelte che, al momento, la maggioranza sicuramente non ha [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Foti. Ne ha facoltà.
TOMMASO FOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi sembra che la «lenzuolata» del ministro Bersani sia diventata un «lenzuolino», anzi addirittura un «pannicello», opportuno per cercare di nascondere le vergogne del Governo, molto forte con i deboli ma molto debole con i poteri forti.
Dopo la prima serie di cosiddette liberalizzazioni del ministro Bersani, a nove mesi dalla loro entrata in vigore, è necessario fare qualche considerazione. Il gruppo di Alleanza Nazionale si chiede quali tariffe siano diminuite (mi riferisco alle tariffe professionali) dopo la conversione in legge del decreto-legge cosiddetto Bersani 1. L'unico vero risultato ottenuto è che sul territorio nazionale l'istituto del patrocinio gratuito, cioè di quel patrocinio legale fornito ai non abbienti a carico dello Stato, è svanito. Non vi è più avvocato disposto a difendere con gratuito patrocinio un cliente che non ha i mezzi per provvedere alla propria difesa, perché lo Stato ha tagliato ogni rimborso, almeno delle spese legali che il professionista è costretto a sostenere fin dall'inizio della causa.
Ma la prima grande ondata di liberalizzazioni è servita a qualcuno, ad esempio alla Lega delle cooperative, che può vendere l'aspirina nei suoi supermercati in attesa che l'azienda farmaceutica «amica», finanziatrice di qualche forza politica di Governo, metta sul mercato un farmaco equivalente all'aspirina su cui poter adeguatamente lucrare.
Il Governo, che propone «lenzuolate» di liberalizzazioni, dovrebbe spiegare perché è stato così conservatore, fino a spingersi al limite di cadere nel nazionalismo più esasperato, nel caso della fusione Pag. 19Albertis-Autostrade. In quel caso, in un settore delicato ed importante come quello delle infrastrutture, si poteva cercare una felice cooperazione che permettesse di avere, finalmente, un gruppo industriale in grado di mantenere fede ad una politica di investimenti, che non può essere racchiusa e circoscritta a convenzioni, il più delle volte non rispettate.
Capisco per quale motivo ci sia bisogno di «lenzuolate», «lenzuolini» e «pannicelli caldi» come il decreto-legge in esame, che ha già cambiato titolo essendovi state aggiunte ulteriori materie. Il motivo è che, a fronte di vere e autentiche liberalizzazioni, quale quella del mercato del lavoro, realizzata nella precedente legislatura, e quella del mercato dell'acqua, a cui si era arrivati attraverso la presentazione del testo unico sull'ambiente, avendo in animo l'attuale Governo e la sinistra di cancellare questi fondamentali provvedimenti che avrebbero determinato un effettivo impatto sul cittadino utente, non si poteva che ricadere in una logica di mera propaganda, quale quella del testo oggi al nostro esame.
Inoltre, mi pare fin troppo evidente che questo decreto-legge glissi decisamente ed eviti di affrontare una materia delicata e complessa, ma altrettanto fondamentale in termini di liberalizzazioni, quale è quella del mercato dei servizi pubblici. Ciò è fin troppo evidente, essendo questa maggioranza composta di tanta sinistra e di un centro ormai svanito, dipendente da forze politiche che fanno del socialismo municipale realizzato dalle aziende municipalizzate la loro vera e unica bandiera, la loro vera e autentica «linea del Piave». Non mi stupisco, allora, se il cittadino consumatore che ci sta ascoltando troverà continuamente bollette dell'acqua più care e avvisi di pagamento per i servizi di smaltimento dei rifiuti ogni anno più cari, perché la mancanza di un vero mercato in questi settori e l'ingessamento perpetuato anno dopo anno a tali effetti conduce.
Anche il tema dei costi di ricarica, molto sbandierato dal ministro Bersani - bravo, probabilmente, a farsi pubblicità a Ballarò ma un po' meno bravo nel dire con chi ballerà questo Governo, prossimamente, oltre che con i poteri forti -, era stato più volte sottolineato in sede parlamentare dal gruppo di Alleanza Nazionale e anche da chi parla. Una risposta divertente ci era stata fornita dal sottosegretario di Stato per le comunicazioni competente per materia, il quale ci aveva ricordato, esattamente dieci giorni prima dell'emanazione di questo decreto-legge, che la competenza al riguardo è dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e non del Governo. Evidentemente, il signor sottosegretario recitava una parte forse corretta, sotto il profilo giuridico, ma non aveva capito quale parte gli fosse stata affidata nella commedia delle piccole clientele che questo Governo tenta di realizzare.
Udite udite, cittadini utenti: finalmente abbiamo ottenuto una grande liberalizzazione! Il lunedì, barbieri, parrucchieri ed estetiste potranno tenere aperte le loro botteghe e i loro negozi, a loro discrezione! Questa sarebbe la grande liberalizzazione del ministro Bersani, unitamente alla introduzione del limite quantitativo, in termini numerici, e alla abrogazione del limite delle distanze. Questi elementi fanno parte sistematicamente dei regolamenti, e per abolire norme di questo tipo - il più delle volte, lo ripeto, di natura regolamentare - si scomoda un provvedimento di legge, senza riflettere sul fatto che queste abolizioni potranno portare a due combinati disposti. Innanzitutto, i titolari degli esercizi, se vorranno tenerli aperti il lunedì, saranno costretti a impiegare nuovo personale poiché, pur essendoci in questo settore numerosi apprendisti, non potranno chiedere a questi ultimi una prestazione di straordinario, che non può essere richiesta. I costi che ciò determinerà finiranno così necessariamente per avere conseguenze sulle tariffe applicate. In secondo luogo, con l'abolizione delle distanze minime si realizzerà una corsa verso i luoghi più affollati. In questo modo, saranno lasciate scoperte, di fatto, zone già poco affollate che necessitavano dei servizi in questione, i quali verranno meno. Un vero capolavoro di Pag. 20logica economica da parte del ministro Bersani, la cui assenza, quest'oggi, è significativa, dal momento che questa dovrebbe essere la sua grande «lenzuolata».
Credo che di un liberale come il ministro Bersani questo Parlamento possa fare tranquillamente a meno! Tanto è vero che egli è un liberale a corrente alternata, nel senso che legge i dati solo a suo uso e consumo. Pensate che non ha detto niente sul calo della produzione industriale dell'1,4 per cento che ieri gli istituti competenti hanno registrato. Evidentemente si tratta di un dato che, fra qualche mese, caro Presidente, già ministro, Tremonti, verrà addebitato ancora alla sua gestione, perché sappiamo bene che ogni volta che Bersani parla si riferisce al Governo Berlusconi, non potendo parlare del Governo Prodi, perché chiamare quello di Prodi «Governo» è un regalo alla memoria e soprattutto perché mi pare che l'esecutivo che abbiamo di fronte tutto faccia tranne che governare seriamente questo paese.
Per esempio, penso sia fondamentale l'articolo 10, comma 3, perché finalmente abbiamo ottenuto che per le attività di pulizia e di disinfezione venga abolita la denuncia di inizio attività, che però rimane per le attività di disinfestazione e di derattizzazione, perché questo Governo non vuole mai che un topolino possa essere cacciato dal palazzo senza l'autorizzazione di questo o di quel ministro.
Venendo alle questioni più serie, l'articolo 12, di fatto, mostra la vocazione veramente autoritaria di questo Governo, che si inserisce in contratti e convenzioni firmate e sottoscritte da almeno quindici anni, per mettere in gara - si dice - la tratta Milano-Verona dell'alta velocità, la subtratta Verona-Padova e la tratta Milano-Genova. Si tratta di un provvedimento che, se non altro, serve a fare ciò che appassiona i banchi della sinistra più radicale, ossia fermare una volta per tutte il processo di modernizzazione in atto nel paese.
Sono questi gli elementi fondamentali per dimostrare quanta demagogia vi sia in un provvedimento che vuole occuparsi di tutto e che, come i provvedimenti che si occupano di tutto, finisce concretamente per non cambiare niente.
Secondo Alleanza nazionale, la strada doveva essere un'altra. Se si vuole andare sulla strada delle liberalizzazioni, non bastano i tavoli dei volenterosi, che sistematicamente falliscono, e neppure i volenterosi che ci ascoltano. Serve una volontà politica, ma serve, ancora prima, qualcosa di più profondo: alle liberalizzazioni si può credere se si ha una cultura delle liberalizzazioni, che non può appartenere a questa sinistra, di colore più o meno rosso antico, che, in attesa di entrare a far parte del partito democratico, pensa di potersi scolorire nelle sue espressioni esteriori, ma che rimane fondamentalmente statalista nelle sue vere realizzazioni, quali quelle che il procedimento legislativo, ad esempio, ha messo in evidenza.
Colleghi, penso che, rispetto a questo decreto-legge, la posizione della destra non possa che essere di denuncia, perché si tratta di un provvedimento manifesto e demagogico, che nulla ha a che spartire con le iniziative che ora vorrei ricordare, come l'abolizione di alcuni retaggi che avevano incrostato la pubblica amministrazione sotto il profilo dell'edilizia e che il Governo di centrodestra, nei suoi primi 100 giorni, rimosse, mentre la sinistra lo accusava che avrebbe consegnato il settore nelle mani degli speculatori.
Ho visto tante e tante attività di recupero edilizio nate da quel provvedimento di vera e autentica liberalizzazione. Quel provvedimento, però, era figlio di una cultura liberale, ossia di una cultura che pone al centro della società l'uomo e al centro dell'attività dello Stato l'azione dell'uomo e non quella dello Stato medesimo, che di tutto invece si deve occupare secondo quella vecchia teoria marxista che questo decreto-legge palesa per l'ennesima volta.
Queste sono le motivazioni per cui il gruppo di Alleanza nazionale conduce in questa sede una battaglia di libertà e per la libertà, per le vere liberalizzazioni e non per i manifesti elettorali del ministro, o Pag. 21quasi ex ministro, Bersani (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Segnalo che assiste ai nostri lavori una classe della scuola media Ferruccio Parri di Roma. La Presidenza e l'Assemblea vi salutano (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, siamo in sede di discussione sul complesso degli emendamenti del cosiddetto secondo decreto Bersani, o almeno di ciò che rimane del complesso degli emendamenti dopo le inammissibilità dichiarate dalla Presidenza.
Credo sia opportuno in questa sede anche ricordare il percorso di questo processo di liberalizzazioni. Il centrosinistra realizzò un'operazione importante, anche in termini di marketing politico, quando, nell'estate dello scorso anno, varò il primo decreto Bersani tentando - come dire? - una operazione di avvicinamento ad un elettorato di natura liberale che fu colpito oggettivamente - lo dimostrano gli indici statistici di alcuni sondaggi - dalla posizione della maggioranza parlamentare di centrosinistra sulle liberalizzazioni.
La maggioranza cercò un effetto-choc per un elettorato che eventualmente avesse potuto dire che le iniziative assunte in tema di liberalizzazioni erano quello che serviva, ciò che era necessario per il paese. Quindi, accattivarsi un elettorato attraverso un tentativo di sovrapposizione, anche politico, su un terreno che originariamente è sempre appartenuto al centrodestra liberale in Italia, è stata una operazione molto intelligente da parte del centrosinistra, in particolare del ministro Bersani.
Tutto ciò salvo poi chiaramente tradire questo primo istinto liberalizzatore e realizzare tutte le nostre peggiori aspettative e confermare tutti i nostri peggiori timori. Questo non soltanto in ordine a liberalizzazioni che poi non si sono nei fatti realizzate (ricordiamo la nota vicenda dei taxi), ma anche in relazione ad un impianto fiscale e di costruzione di un meccanismo invasivo di polizia tributaria che era sotteso a quel provvedimento, che noi, ironicamente, abbiamo definito non il decreto Bersani-Visco, ma il decreto Visco e, per conoscenza, Bersani. Infatti, dietro quel provvedimento si inseriva tutto un impianto di natura tributaria e fiscale invasivo dei diritti del cittadino consumatore. Oltre a ciò, si inseriva un meccanismo di aumento delle aliquote fiscale, di diverse entità e in diversi settori.
Quindi, sostanzialmente, dietro il primo decreto Bersani, al di là delle sbandierate liberalizzazioni, si realizzava un meccanismo di inasprimento della pressione fiscale e di maggior controllo del «grande fratello fiscale», del «grande fratello tributario», nei confronti del cittadino consumatore, del cittadino contribuente. Si andava, come dire, ad accentuare ancora di più la frizione fra una concezione liberale dello Stato ed una concezione di carattere fiscal-feudale dello Stato, in cui il cittadino è suddito fiscale di un sistema pubblico che non gli garantisce servizi adeguati, ma che invece deve poter controllare fino ai conti correnti bancari, fino ai pagamenti ai professionisti al di sopra di certe cifre.
Si tratta di posizioni su cui poi il Governo ha avuto anche modo di rivedere in parte il suo orientamento iniziale. Tuttavia, questo era l'orientamento iniziale del Governo, e cioè quello di una aggressione, apparentemente contro l'evasione fiscale, ma che nei fatti era una accelerazione forte di un meccanismo molto distante dalla liberalizzazioni, e che ha confermato altri timori che noi abbiamo sollevato in sede parlamentare, è cioè quello del sospetto di favori agli amici, e agli amici degli amici.
Non a caso, il 15 agosto dello scorso anno - dopo che l'abbiamo paventato in quest'aula e nelle Commissioni competenti nel corso dell'esame del provvedimento - nei supermercati delle cooperative veniva lanciato finalmente il nuovo prodotto delle aspirine delle cooperative, le aspirine delle coop. Quindi, in questo senso c'è già un precedente sulle liberalizzazioni.Pag. 22
Chiaramente, non possiamo dire lo stesso di questo decreto, che non comprende fortunatamente una grossa parte dell'attività di Visco come il precedente, però si tratta di un provvedimento che, al di là di alcuni elementi oggettivamente opportuni, suscita delle perplessità intanto in ordine alla necessità e all'urgenza dello stesso. Infatti, recepire le indicazioni dell'authority per la concorrenza è in alcuni casi un fatto certamente positivo, ma non deve essere necessariamente legato ad una decretazione d'urgenza, tant'è vero che la cosiddetta «lenzuolata» è in parte rimasta un disegno di legge, a cui non ha partecipato l'opposizione, che non ha visto un confronto preventivo con le parti sociali (comunque, su un disegno di legge si può sempre discutere).
La stessa proposta che riguarda le pompe di benzina, criticata da alcuni colleghi, in realtà non è inserita nel decreto - opportunamente, riteniamo noi -, anche se in un'intervista rilasciata non oltre qualche settimana fa al giornale Il Tirreno l'amministratore delegato della CONAD si dichiarava deluso che questa normativa non fosse stata inserita all'interno del decreto e che il suo gruppo economico sarebbe stato pronto ad aprire circa trenta nuove pompe di benzina.
Quindi, anche su questo il sospetto che si sia voluto agevolare qualche amico, qualche gruppo amico, qualche gruppo economico particolarmente vicino a certe strutture politiche comunque sussiste, anche se non possiamo inserirlo nel contesto specifico di questo decreto. Inoltre, questo decreto lascia aperti degli interrogativi in ordine alla necessità e all'urgenza delle disposizioni in esso contenute e alla rispettiva efficacia. Ad esempio, è assolutamente evidente che quello delle ricariche telefoniche poteva essere un colpo demagogico e che siamo in un contesto molto diverso dal primo decreto Bersani, in cui l'istinto e l'istanza liberalizzatrice colpisce, o cerca di colpire, l'elettorato e l'opinione pubblica. In questo caso il nuovo decreto arriva all'indomani di una legge finanziaria dove si è registrato un forte inasprimento fiscale e dove si è respirata tutta l'impostazione dirigista che ha costituito l'impalcatura della finanziaria approvata dalla maggioranza parlamentare con il ricorso all'istituto della fiducia.
Quindi, le seconde liberalizzazioni - per loro natura, per la congiuntura temporale e perché arrivano non solo dopo la «fregatura» ai cittadini del primo decreto Bersani, ma anche dopo la seconda «fregatura» della legge finanziaria - risultano molto meno credibili ed hanno un impatto molto minore.
Per quanto riguarda le ricariche, è evidente che si cerchi di avere un impatto anche elettorale, su un certo tipo di elettorato, e su una diffusione molto ampia di strumenti come il telefonino; ma è altrettanto evidente che, dal momento in cui si aboliscono le tasse sulle ricariche, le compagnie telefoniche si rifaranno dal punto di vista economico su altri meccanismi di natura tariffaria. In questo caso vorremmo che dalla Presidenza giungesse presto una risposta in ordine alla questione sollevata dal collega Leone sull'emendamento Della Vedova, in relazione all'abolizione delle tasse di concessione governativa. Esso ricalca peraltro una proposta di legge del collega Della Vedova, che sia il sottoscritto che altri numerosi colleghi abbiamo firmato. L'abolizione delle tasse di concessione governativa costituisce infatti un meccanismo - e nella relazione dell'antitrust tale questione viene messa in abbinamento proprio alla questione delle ricariche - che crediamo debba essere superato, in quanto trattasi di un meccanismo inutile, di una tassazione impropria di contratti di telefonia mobile, che a nostro modesto avviso non dovrebbe invece avere luogo. In ordine a tale questione, ci auguriamo pertanto che la Presidenza possa rivedere la propria decisione per quanto riguarda l'inammissibilità dell'emendamento Della Vedova.
Nel provvedimento in oggetto ci sono varie proposte, alcune marginali, altre più stringenti, altre più ampie, altre ancora che ci lasciano molto perplessi, come la revoca delle concessioni per la TAV - pensiamo a quanto ciò possa effettivamente bloccare il meccanismo di introduzione Pag. 23nel nostro paese dell'alta velocità - e la selettività sospetta di alcune tratte. Anche se poi vi sono degli elementi di microliberalizzazione, tuttavia non crediamo che essi siano risolutivi. Non crediamo che basti tradurre in un articolato l'introduzione ad un libro di un economista, seppure capace e bravo, come Giavazzi. Non crediamo che sia fondamentale o risolutivo prendere alcune indicazioni dell'authority, tradurle in un decreto-legge e portarle in Parlamento, quando poi parallelamente a questi provvedimenti vengono compiuti altri atti, vengono emanati altri provvedimenti, vengono varate altre norme, che in realtà «pasticciano» il paese e lo riportano indietro di decenni, non di anni!
Crediamo, quindi, che questo provvedimento non sia risolutivo, perché un terreno come quello delle liberalizzazioni deve essere un terreno sul quale - proprio perché si tratta di una sfida particolarmente importante - maggioranza e opposizione dovrebbero sapersi confrontare con grande serenità. Per questo motivo riteniamo che lo strumento della decretazione sia improprio. Crediamo inoltre che sarebbe opportuno che il ministro Bersani e tutti coloro che intendono portare avanti queste iniziative aprano, veramente in maniera seria e serena, un tavolo di confronto vero su questo argomento con l'opposizione, che rappresenta in questo momento - ci teniamo a ricordarlo - più della maggioranza degli italiani.
Invece, ecco qual è il confronto che avviene su un provvedimento del genere: un Parlamento che in sede di interventi sul complesso delle proposte emendative è semivuoto! C'è un sottosegretario per la giustizia, con un altro collega, ma è colpevolmente assente il ministro Bersani! Il fatto che nessun ministro sieda sui banchi del Governo, nel corso di questa discussione, ci dà la misura di quale sia l'interesse del Governo su questo provvedimento e ci dà anche la misura di quale sia la situazione all'interno della maggioranza, probabilmente molto più preoccupata del rifinanziamento delle missioni all'estero al Senato, che non di un provvedimento come questo, che peraltro è già in vigore, essendo un atto di decretazione d'urgenza.
Sempre sulla questione delle ricariche, c'è stato un altro atteggiamento piuttosto curioso in ordine all'applicazione dell'articolo 81 della Costituzione sulle coperture finanziarie. Sostanzialmente, non è stata indicata la copertura finanziaria in ordine al mancato introito IVA relativo al costo di tali ricariche. È stato fatto un richiamo da parte della Commissione, che ha detto che il mercato che si creerà a seguito di questa norma comporterà un aumento di fatturato tale da poter compensare questa mancata entrata. Si tratta di un meccanismo di compensazione e di copertura affidato all'elasticità del mercato - il che è abbastanza aleatorio! -, che lascia presagire la consapevolezza da parte del Governo che l'abolizione delle tasse sulle ricariche darà sicuramente modo alle compagnie telefoniche di aumentare le tariffe. Quindi anche su questo c'è stato un gioco piuttosto curioso.
Ho ascoltato poi con attenzione...
PRESIDENTE. Onorevoli Baldelli, la invito a concludere.
SIMONE BALDELLI. ...la relazione del relatore Lulli, in sede di discussione sulle linee generali di questo provvedimento.
Il collega Lulli, con riferimento alle pubbliche amministrazioni, ha detto: siamo di fronte ad obiettivi ambiziosi che questo decreto-legge, ovviamente, non esaurisce, pur inserendosi pienamente in un disegno complessivo di lungo periodo che include l'abbandono della logica burocratica in favore di un progressivo spostamento del ruolo della pubblica amministrazione verso funzioni di programmazione e di controllo delle attività degli operatori di mercato. Il passo successivo è quello di costruire, da una parte, un'amministrazione pubblica sempre più amica dei cittadini, che incoraggi a fare e che si metta a disposizione dell'interesse generale del paese per facilitare chi merita ed aiutare chi ha bisogno, dall'altra, una società aperta che stimoli ciascuno a dare di più, valorizzando ambizioni e meriti, in un quadro di crescita civile e solidale.Pag. 24
Forse il collega Lulli dovrebbe andare a leggere cosa hanno scritto il centrosinistra, il Governo e la maggioranza nella legge finanziaria a proposito delle pubbliche amministrazioni. Le pubbliche amministrazioni sono in ginocchio; si sta preparando una sanatoria di circa 400 mila cosiddetti precari del pubblico impiego. Quindi, parallelamente alle cosiddette microliberalizzazioni, sono realizzate sanatorie pubbliche con posto pubblico a vita, per i cosiddetti precari.
PRESIDENTE. Onorevole Baldelli...
SIMONE BALDELLI. Dunque, se da un lato, si lancia un'operazione di liberalizzazione, anche se piccola e assai poco rilevante per il mercato, dall'altro si mette una palla al piede al paese e al futuro delle nuove generazioni (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Airaghi. Ne ha facoltà.
MARCO AIRAGHI. Signor Presidente, il cosiddetto decreto Bersani, pomposamente definito dalla sinistra «lenzuolata», in realtà, se lo guardiamo con un po' d'attenzione, è così ambizioso nel titolo quanto assolutamente modesto nei veri contenuti.
Innanzitutto, esaminandolo nel dettaglio, dobbiamo verificare, con una certa amarezza, che si tratta soprattutto di nuove regolamentazioni, piuttosto che di vere liberalizzazioni.
Il nostro partito, Alleanza Nazionale, da tempo ripete che, per incrementare concretamente una libera economia di mercato nella nostra nazione e andare incontro agli interessi diffusi dei nostri consumatori, è necessario affrontare in modo serio ed organico senza stop ideologici nodi rilevanti come quello dei servizi pubblici locali.
Su quest'argomento, il nostro partito, Alleanza Nazionale, ha presentato, in questa sede, un emendamento fondamentale, teso al trasferimento del contenuto del disegno di legge del ministro Lanzillotta all'interno del provvedimento oggi al nostro esame. Era una proposta concreta, di collaborazione, nel vero tentativo di esaminare concretamente questi problemi.
La risposta della maggioranza, purtroppo molto gelida, è stata quella di decidere di far applicare, in maniera assolutamente stretta e rigorosa, il principio dell'inammissibilità degli emendamenti e, quindi, di non accogliere il nostro suggerimento di collaborazione.
Tuttavia, il vero problema del cosiddetto decreto Bersani è che, oltre al merito, che dimostra l'assoluta indisponibilità del Governo ad affrontare in modo serio i problemi veri del mercato, anche il metodo adottato è pericoloso.
Il Presidente della Camera si sta assumendo la grave responsabilità di impedire persino il dibattito su questioni rilevanti che attengono proprio al titolo del provvedimento. Crediamo sia veramente pericoloso sottrarre al dibattito parlamentare, al necessario sviluppo all'interno delle Commissioni di merito, temi di questa rilevanza. È una scelta che l'attuale Governo compie e che noi riteniamo assolutamente pericolosa.
Ma veniamo al merito di questo provvedimento.
L'articolo 1 riguarda l'eliminazione dei costi fissi sulle ricariche dei servizi di telefonia mobile; se ne è già parlato negli interventi che mi hanno preceduto. Innanzitutto devo rivendicare ad Alleanza Nazionale il merito di aver denunciato per prima il problema, tramite un atto di sindacato ispettivo che vedeva, come primo firmatario, il collega Foti. In questo frangente, dobbiamo rilevare che solo l'azione correttiva, che, per fortuna, è riuscita a svolgere la Commissione di merito, ha migliorato un testo totalmente approssimativo che, di fatto, si sarebbe prestato ad una totale inefficacia.
Resta aperta una questione altrettanto importante, perché di fatto con quell'intervento il Governo ha commissariato l'Agenzia per le comunicazioni, alla quale soltanto sarebbe spettato il compito di regolazione del mercato. Tuttavia, nella Pag. 25fretta di conseguire questo risultato simbolico e di propaganda, che, come qualcuno ha detto, è stato utile al nostro ministro Bersani, consentendogli di recarsi nella compiacente televisione di regime per vantare questo grandissimo risultato, la maggioranza non si è preoccupata delle conseguenze effettive di una norma che, essendo mal congegnata, farà sì che al consumatore non giungerà di fatto alcun beneficio, in quanto le compagnie telefoniche scaricheranno nelle tariffe i mancati introiti dell'eliminato contributo di ricarica. Non credo che sarà poi un risultato così tanto da sbandierare!
Del resto, sono lo stesso Ministero dell'economia e delle finanze e la stessa Commissione bilancio a certificare e ad avvalorare questa nostra tesi, visto che essi stessi hanno affermato ufficialmente che non vi sarà alcuna riduzione di gettito. Il consumatore, i cittadini italiani, i ragazzi che usano i telefonini vengono illusi da un intervento che il ministro Bersani sta cercando di definire addirittura come bandiera dell'intero provvedimento.
Paradossale, se poi lo analizziamo con attenzione, appare l'articolo 3, relativo alla trasparenza delle tariffe aeree, che si propone di fatto di tutelare i viaggiatori, eliminando messaggi poco trasparenti: una norma assolutamente inutile perché è una misura già contenuta nella normativa vigente sulla pubblicità ingannevole.
All'articolo 4 è poi contenuta un'altra disposizione perfettamente inutile, anzi assolutamente dannosa per le imprese alimentari. Si tratta di una normativa «nuova», come già dicevo all'inizio, per definire e regolamentare la tipologia di indicazione delle date di scadenza sulle confezioni dei prodotti alimentari. Probabilmente, nessuno ha spiegato al ministro Bersani che, riguardo al problema della chiarezza della data di scadenza dei prodotti alimentari, esiste in proposito già dal 1992 una norma con le relative sanzioni, e che, quindi, la nuova disposizione è inutile, come inutili sono gli ulteriori aggravi per le aziende che dovranno adeguare i loro sistemi produttivi, le loro linee di produzione alla nuova normativa, con costi inutili per le aziende, le quali, come al solito, essendo tese a realizzare profitto, dovranno scaricare questi costi aggiuntivi sui prodotti in vendita.
Si tratta quindi di un provvedimento che, in teoria, doveva servire ad aumentare le informazioni per i nostri consumatori, ma che nella pratica risulta inutile perché si tratta di informazioni già in possesso degli utenti; pertanto esso servirà soltanto ad aumentare i costi dei prodotti a danno quindi solo dei consumatori stessi.
Per quanto riguarda poi la questione delle assicurazioni, nel decreto-legge del ministro Bersani si ritorna sulla questione dell'agente monomandatario, annullando il legame di esclusiva tra rappresentante e compagnia. La domanda che si pone Alleanza Nazionale è: che cosa impedirà ad un agente di vendere i prodotti che gli assicurano maggiori provvigioni, anziché proporre le polizze più convenienti per il cliente?
Se si intende intervenire sui veri costi delle assicurazioni sono ben altri gli interventi necessari. E, però, quello delle assicurazioni è un tema delicato, perché se è vero, com'è vero, che per cinque anni l'attuale maggioranza ha accusato il presidente Berlusconi di un conflitto di interessi sul tema delle assicurazioni, mi sembra assolutamente implicito il conflitto di interesse del ministro Bersani e di tutto il suo partito su una grandissima compagnia di assicurazioni che non cito per pudore.
Sul capitolo della semplificazione riguardante l'apertura di una nuova impresa non possiamo che concordare: è sotto gli occhi di tutti e sappiamo benissimo che in Italia non si fanno investimenti, che le compagnie straniere non vengono ad investire in Italia per varie ragioni, ma soprattutto per l'enorme mole di adempimenti e di ostacoli che viene richiesta a qualsiasi nuova azienda che intenda aprire l'attività. Questo vale per i giovani e vale anche per le aziende straniere.
Quindi, su questo tema non possiamo assolutamente che concordare: l'intervento normativo per questo motivo è assolutamente necessario, ma quello contenuto nel cosiddetto decreto Bersani è totalmente Pag. 26parziale. Su questo tema e a tal proposito Alleanza Nazionale ha presentato una proposta emendativa, che affronta veramente questa nostra anomalia, tutta italiana, che sommerge di adempimenti burocratici chiunque intenda avviare una nuova impresa; su questo tema, quindi, stiamo aspettando al varco la maggioranza e il ministro Bersani.
Ci chiediamo se veramente ci sia la volontà di semplificare le difficoltà di avvio di un'impresa. Ce lo auguriamo davvero. Staremo a vedere se sarà accolto il nostro articolo aggiuntivo e se ci sarà davvero la tanto vantata disponibilità al dialogo di questo Governo o se invece, come al solito, il tutto si ridurrà in un parere negativo e in una bocciatura della nostra proposta emendativa.
Ci lascia poi veramente perplessi la previsione contenuta nell'articolo 10, che interviene liberalizzando acconciatori, attività di pulizia, guide turistiche ed autoscuole. Nonostante abbia cercato di pensare per diverse ore, non riesco assolutamente a capire quale sia il criterio per il quale siano state scelte proprio queste professioni. Rimane un mistero e, come ha già detto il collega Foti, resta il dubbio che l'idea della sinistra sulle liberalizzazioni sia molto strana e bizzarra, se poi il grande risultato conseguito sarà quello di riuscire a tenere aperti i parrucchieri nella giornata di lunedì. Su questo tema, credo che sia palese che non vi è il mio conflitto di interessi!
Inoltre, con il decreto-legge in esame, il Governo ha pensato di risolvere le proprie contraddizioni interne sulla TAV: da un lato, deve accontentare gli amministratori locali pro TAV; dall'altro, deve accontentare gli amministratori locali della Val Susa, che sono contro di essa; e ancora, da un lato, deve recarsi nei consessi internazionali, presso la Comunità europea, a confermare gli impegni assunti e l'assoluto desiderio dell'Italia di proseguire con l'alta velocità e completare le proprie realizzazioni, e dall'altro, deve essere assolutamente connivente sulle posizioni dei comitati no-TAV e dei movimenti che protestano con violenza. In proposito, non potendo e non sapendo scegliere, preferisce mettere la testa sotto la sabbia e bloccare, con questo provvedimento, di fatto, i cantieri dell'alta velocità, tra le esultanze, ovviamente, della sinistra radicale.
L'articolo 12 del provvedimento, infatti, annulla tutti gli affidamenti dei lavori alle imprese. Siamo d'accordo sul fatto che potesse essere utile intervenire sull'aumento dei costi, ma, in alcuni casi, è assolutamente irresponsabile annullare tutti i contratti in essere in modo totale, così bloccando tutti i lavori. Questo provocherà, ovviamente, infiniti contenziosi, che non solo ritarderanno i lavori, ma costeranno anche centinaia e centinaia di milioni di euro allo Stato in risarcimenti che, alla fine, saranno dovuti.
L'articolo 13, poi, interviene a gamba tesa sull'istruzione professionale. Prodi e Fioroni insistono nell'intento cieco di annullare, comunque e sempre, la riforma Moratti con una controriforma, in un modo anche pericoloso, ovvero inserendo le disposizioni relative in questo decreto-legge così, sottraendo un tema delicato ed importante per il futuro della nostra scuola, dei nostri ragazzi e delle nostre imprese al giusto dibattito e all'approfondimento che sarebbero dovuti nella Commissione di merito. Stiamo parlando di un tema fondamentale: la scuola professionale è una scuola importante, che serve al nostro Stato, alle nostre imprese, ai nostri ragazzi e alle nostre famiglie. L'alternativa di dare a famiglie o a ragazzi, che non possono o non vogliono affrontare un tipo di scuola liceale, anche tecnica, perché magari hanno l'esigenza di frequentare un corso di studi di tre anni, che consenta loro di svolgere subito una professione e di inserirsi immediatamente, con capacità e competenza, nel mondo del lavoro, di fatto, rischia di essere vanificata. Ciò è pericoloso non solo per i nostri ragazzi e per le famiglie, che hanno scelto questa via e che si troveranno in un futuro a non poterla più intraprendere, ma anche per lo stesso corpo degli insegnanti, perché l'unificazione e la parificazione a livello liceale di scuole professionali e scuole tecniche Pag. 27rischiano di riproporre un altissimo numero di precariato nel corpo insegnanti, cosa che, peraltro, era stata, con molto impegno e serietà, combattuta dal precedente Governo, dalla riforma Moratti e dai provvedimenti assunti dal ministro. Ricordo, peraltro, che sul tema della liceizzazione delle scuole professionali la stessa Conferenza Stato-regioni, con le regioni di centrosinistra in prima fila, ha già duramente protestato.
Questa «lenzuolata», così è stata definita, ci sembra di fatto più che altro i un lenzuolo per coprire le magagne di un Governo che ormai non riesce più a decidere su niente e si spacca su tutto, un Governo spezzato, un Governo che, ormai perfino stupito dagli introiti fiscali che arrivano, è stato costretto ad ammettere la bontà della politica economica dell'allora ministro Tremonti, che oggi ho il piacere di vedere presiedere la seduta dell'Assemblea. Questo lenzuolo mi sembra più che altro uno di quei trucchi che usano i prestigiatori ed è stato utilizzato da Bersani per nascondere inizialmente il «mostro» della legge finanziaria Visco, una finanziaria statalista, dirigista, fiscalista. L'esito nullo di fatto delle liberalizzazioni del cosiddetto primo decreto Bersani fa sì che neanche questo lenzuolo da prestigiatore riuscirà a nascondere anche solo una delle magagne del Governo Prodi. Forse più che un lenzuolo il decreto-legge è diventato una coperta corta: se il Governo la tira scopre i piedi e se copre i piedi scopre il torace! Mi permetto di dire allora che più che un lenzuolo a me sembra un drappo bianco, e visto che lo hanno in mano suggerisco al ministro Bersani di sventolarlo per dire ai cittadini: ci siamo arresi, andiamo alle elezioni il più in fretta possibile. Vista la velocità con cui state perdendo i consensi nel paese, se si va alle elezioni a breve magari qualche voto riuscirete ancora a prenderlo (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia).
PRESIDENTE. Assiste ai nostri lavori una classe della scuola media Italo Calvino di Montecarlo Lucca. La Presidenza e l'Assemblea vi salutano (Applausi).
Sono le 13 e 23 minuti e i nostri lavori verranno sospesi alle 13 e 30; l'onorevole Della Vedova ha pertanto l'alternativa «ghigliottina» tra un intervento molto breve o lo slittamento dello stesso alla ripresa pomeridiana della seduta.
BENEDETTO DELLA VEDOVA. Presidente, preferisco intervenire alla ripresa dei lavori.
PRESIDENTE. Preso atto di questa scelta, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15.
La seduta, sospesa alle 13,25, è ripresa alle 15,15.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI