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Informativa urgente del Governo sulla liberazione del giornalista Daniele Mastrogiacomo (ore 9,15).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sulla liberazione del giornalista Daniele Mastrogiacomo.
(Intervento del viceministro degli affari esteri).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il viceministro degli affari esteri, Franco Danieli.
FRANCO DANIELI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, colleghi, questa mattina il Governo rende un'informativa qui alla Camera dei deputati e contestualmente al Senato, con il collega Intini, a seguito della richiesta di comunicazioni urgenti che è stata avanzata sia da quest'Assemblea sia dal Senato della Repubblica.
Queste sono le comunicazioni. In data 5 marzo il quotidiano la Repubblica ha avvisato l'unità di crisi del Ministero degli affari esteri di aver perso i contatti, dal giorno 4 marzo, con il proprio inviato Daniele Mastrogiacomo, che dall'Afghanistan, nell'ultima comunicazione telefonica con i suoi colleghi, aveva annunciato di avere in programma di recarsi nella provincia meridionale di Helmand per fare un'intervista ad un capo dei talebani.
Trattandosi di zona ad elevato rischio, nella quale peraltro è in fase di avvio un'importante operazione militare, il Ministero degli affari esteri ha immediatamente allertato ogni possibile canale, anche attraverso l'ambasciata a Kabul, per acquisire elementi certi sulle circostanze che hanno determinato il mancato contatto di Mastrogiacomo con la redazione del quotidiano la Repubblica. Gli organi di stampa hanno in un primo tempo annunciato il sequestro di un giornalista britannico e di due accompagnatori afgani, ma successivamente è risultato che in realtà il rapito era Mastrogiacomo.
Nell'apprendere la notizia, il Ministero degli affari esteri ha stabilito la necessariaPag. 2concertazione con le altre amministrazioni dello Stato, in primis con la Presidenza del Consiglio dei ministri, con il Ministero della difesa e con i servizi di informazione. Uno stretto raccordo operativo è stato attivato anche con il quotidiano la Repubblica e con i familiari, che sono stati puntualmente aggiornati di tutti gli sviluppi della vicenda.
A livello internazionale, il Governo ha in primo luogo richiesto, ai massimi livelli, la collaborazione del governo afgano per assicurare una rapida liberazione di Mastrogiacomo, mettendo in atto ogni possibile misura necessaria ad assicurare, in ogni caso, l'incolumità dell'ostaggio. Il governo afgano ha assicurato piena collaborazione, in tutto il periodo che ha condotto alla liberazione dell'ostaggio. Il Governo ha anche chiesto la collaborazione dei Governi della coalizione internazionale in Afghanistan ed in particolare di quello degli Stati Uniti d'America e di quello inglese, disponendo quest'ultimo di truppe attive nell'area.
Anche agli alleati le cui truppe erano attive nell'area è stato richiesto di evitare azioni di forza, avendo come priorità la tutela dell'incolumità dell'ostaggio. A fronte del proliferare di notizie di stampa, spesso discordanti e contraddittorie, il Ministero degli affari esteri ha escluso l'avvio di trattative fino a quando non fossero emerse prove che l'ostaggio fosse in vita ed ha chiesto agli organi di informazione di astenersi dal diramare notizie non controllate e accertate nel merito e nell'attendibilità delle fonti. Nel contempo, il Governo ha continuato a seguire con attenzione tutti i possibili canali di trattative ritenuti attendibili. In data 10 marzo, il Governo è venuto in possesso di elementi che hanno permesso di accertare l'esistenza in vita dell'ostaggio, attraverso un canale individuato dal quotidiano la Repubblica per il tramite di un suo giornalista freelance a Kandahar.
Parallelamente, Gino Strada, fondatore di Emergency, ha confermato che detta ONG avrebbe potuto mettere a disposizione un canale di trattativa e in data 13 marzo è stato consegnato dai rapitori, attraverso emissari di Emergency, un video risalente a due giorni prima nel quale vengono mostrati in vita Mastrogiacomo e il suo interprete afgano Ajmal Nashkbandi.
In data 15 marzo l'agenzia di stampa afgana Pajhwok ha diffuso un messaggio audio in cui Mastrogiacomo fa stato di un ultimatum. Successivamente, la stessa agenzia ha diffuso la notizia dell'uccisione dell'autista, Saied Agha.
Parallelamente, sono stati mantenuti contatti con il predetto canale individuato dal quotidiano la Repubblica, che, nel corso della trattativa, ha dimostrato di avere indizi convergenti con quelli trasmessi da Emergency. Tuttavia, si è sempre privilegiato il canale aperto da Emergency, in quanto ritenuto in grado di avere diretto accesso ai rapitori, per individuare le rivendicazioni avanzate e per fare stato della disponibilità ad una trattativa. Numerosi interventi istituzionali, ai massimi livelli, si sono susseguiti per chiedere al Governo afgano di mettere in atto ogni misura atta a garantire il rilascio degli ostaggi in condizioni di incolumità.
Grazie a tali interventi, in data 18 marzo il Ministero degli affari esteri ha potuto confermare che tutte le condizioni poste per la liberazione sono state realizzate ed ha chiesto il silenzio stampa. Al riguardo, si conferma che il governo afgano ha concesso la libertà di cinque talebani, detenuti presso le carceri di Kabul, affidandoli ad Emergency, il cui operato è stato determinante anche e soprattutto nella fase di scambio degli ostaggi e nel condurre in zona sicura Daniele Mastrogiacomo.
In data 19 marzo, il giornalista è stato rilasciato e portato all'ospedale di Emergency di Lashkargah, da dove è rientrato in Italia il giorno successivo.
L'azione del Governo è stata sostenuta per tutto il corso della crisi da tutte le nostre istituzioni, anche sul terreno, con la consueta discrezione ed efficacia.
Nonostante l'attivo interessamento, non è stato ad oggi possibile avere conferma ufficiale delle numerose voci, riprese dalla stampa, circa il rilascio dell'interprete afganoPag. 3di Mastrogiacomo, Ajmal Nashkbandi nè della consegna del corpo dell'autista Saied Agha, barbaramente assassinato, ai familiari, ai quali il ministro degli affari esteri ha manifestato la vicinanza e la commossa partecipazione del Governo e del popolo italiano. Grazie.
PRESIDENTE. Ringrazio lei.
(Interventi)
PRESIDENTE. Diamo ora inizio agli interventi dei rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare il deputato Marcenaro. Ne ha facoltà.
PIETRO MARCENARO. Signor Presidente, viceministro Danieli, è con convinzione che esprimo, a nome di tutta la maggioranza, di tutti i gruppi parlamentari dell'Unione, il sollievo per la liberazione e per il ritorno a casa di Daniele Mastrogiacomo e l'approvazione del comportamento del Governo. Il più forte e sincero ringraziamento della Camera dei deputati deve essere rivolto a tutti coloro che hanno contribuito ad un esito di questa vicenda che, in un contesto drammatico, in quelle concrete circostanze, può essere considerato positivo.
La misura che cerco di usare in queste mie espressioni è dovuta al peso che, mentre festeggiamo il ritorno alla libertà, agli affetti e al suo lavoro di Daniele Mastrogiacomo, sento e sentiamo per una persona, Shahid Agha, che è stato barbaramente ucciso e per un'altra, Adjmal Nashkbandi, sulla cui sorte pesa ancora un'incertezza. Noi pensiamo, signor viceministro, che l'Italia in queste ore debba ancora profondere il suo impegno e compiere tutti quegli atti necessari non solo per soccorrere le persone e le famiglie direttamente colpite o in pericolo, ma per dire ai cittadini e al popolo afgano che noi siamo un paese civile, cosciente che la vita non può avere un valore diverso se si è nati in Italia o in Afghanistan. Fare questo non è solo un dovere morale. È un atto necessario per la pace per la quale siamo impegnati.
Questo risultato positivo è frutto della cooperazione di diversi soggetti e della convergenza di diverse azioni intorno ad uno stesso obiettivo. Bisognerebbe avere il buonsenso di capire e riconoscere, invece di cercare di contrapporli l'uno all'altro, che il lavoro prezioso assicurato dai servizi di informazione e di sicurezza e il ruolo svolto da una personalità come Gino Strada e da un'associazione come Emergency - ai quali tutti, gli uni e gli altri, vogliamo esprimere la nostra gratitudine e la nostra riconoscenza - sono stati complementari e non tra loro alternativi, e che la cooperazione tra questi diversi soggetti ha tradotto sul piano operativo il sentire di un paese e di un'opinione pubblica uniti dall'obiettivo della difesa della vita. Anche il mondo politico non ha dato in quest'occasione cattiva prova. Ed io ringrazio i partiti dell'opposizione per le espressioni che hanno pronunciato, per il comportamento che hanno tenuto nelle ore e nei momenti più difficili. In questa partecipazione dell'opinione pubblica noi sentiamo vivere quella profonda domanda di pace che è così forte nel nostro popolo e che costituisce uno dei fondamenti della sua unità.
Altrettanto importante ai fini del risultato positivo è stata la cooperazione che si è realizzata operativamente con il Governo afgano e con il presidente Karzai e il modo nel quale le relazioni e le comunicazioni con i nostri alleati, a partire dagli Stati Uniti, sono state garantite. Qui - e capisco che il giudizio diventa politico - ha pesato positivamente la realtà di un Governo che ha l'ambizione di svolgere un ruolo nel mondo e si comporta di conseguenza. Questo fatto è riconosciuto internazionalmente e dà alla nostra voce più forza e più autorevolezza.
Certamente per raggiungere questo risultato sono stati necessari negoziati e compromessi. E quanti altri ne saranno necessari per raggiungere il risultato chePag. 4anche con la nostra partecipazione alle missioni militari ci proponiamo: la pace! Ma - e mi rivolgo in primo luogo ai soldati italiani che sono in Afghanistan e negli altri paesi dove il Parlamento ha deciso di impegnarli -, non credete a quelli che vi dicono che questi compromessi, che oggi sono stati necessari per salvare la vita di Daniele Mastrogiacomo, li pagherete voi domani, in termini di maggiore esposizione al rischio e di maggiore insicurezza. Al contrario, sappiate che la vostra stessa sicurezza, cari soldati italiani, dipende in primo luogo dal fatto che lo stesso uso della forza sia riconosciuto con chiarezza come strumento di una politica di pace e che quindi la politica svolga pienamente il suo ruolo. E, ogni volta che i negoziati raggiungono un risultato positivo, ogni volta che si dimostra che la via del confronto, del dialogo e della trattativa è una strada che porta più risultati, anche i nostri soldati possono essere un po' più sicuri. Questo è vero sempre, ma è ancora più vero in un periodo difficile come quello che sta di fronte a noi, per il quale sembra purtroppo essere fondata la previsione di un inasprimento del conflitto.
PRESIDENTE. Deputato Marcenaro, deve concludere.
PIETRO MARCENARO. Concludo, Presidente. Che l'Italia si prepari ad affrontare questa nuova fase con un'iniziativa per la pace che incontra consensi crescenti è una scelta importante, che dovrebbe vedere una convergenza delle forze politiche che dia rappresentanza ed espressione, sul piano istituzionale, a quel sentimento comune che anche in queste settimane abbiamo sentito così profondo nella coscienza del paese (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Rivolta. Ne ha facoltà.
DARIO RIVOLTA. Signor Presidente, innanzitutto voglio manifestare il profondo compiacimento di tutta Forza Italia per il fatto che un italiano, che ha corso gravi rischi all'estero, è riuscito a ritornare sano e salvo nel nostro paese. Noi riteniamo che sia sempre, e non solo in questa circostanza, doveroso fare di tutto per proteggere e garantire la vita degli italiani che si trovano in pericolo al di fuori dei confini del nostro paese.
È vero che, una volta ottenuto questo risultato, bisogna porsi alcuni interrogativi, e con tutta franchezza gli interrogativi su questa vicenda sono molti. Li devo enumerare, perché la relazione del viceministro Danieli non ha dato soddisfacente risposta a tutte le domande che stanno dentro di noi.
Devo anche fare una premessa: non vorrei che la presenza del viceministro Danieli, che ci fa piacere a titolo personale vedere e sentire in quest'aula, fosse interpretata come la volontà di guardare a questo evento sotto un punto di vista puramente tecnico. Il viceministro Danieli ha una delega che esercita in maniera egregia, anche se non sempre siamo d'accordo con lui, per gli italiani nel mondo. Si tratta - qui sì - di un italiano che si trovava all'estero e che è stato aiutato a rimpatriare in situazioni difficili, ma è evidente che la delega per gli italiani nel mondo, se interpretata in chiave tecnica, non risponde in maniera soddisfacente alla situazione cui ci troviamo di fronte. Questa è una realtà strettamente politica, e vorremmo che venisse sottolineato che oggi vediamo nel viceministro Danieli non il titolare della delega citata, ma un rappresentante politico del Governo.
Allora, le domande a cui volevo o avrei preferito avere risposta sono di vario genere. La prima, ad esempio: il giornalista Mastrogiacomo - per la cui liberazione esprimiamo ancora compiacimento - era stato scoraggiato o diffidato dall'andare da solo, senza coperture e senza scorta, in quella realtà, oppure c'è una totale libertà di movimento e le truppe e le autorità italiane lì presenti non danno alcun suggerimento? In altre parole: è stata un'imprudenza volontaria da parte del giornalista Mastrogiacomo, oppure si tratta diPag. 5una leggerezza - cosa che, lo confesso, non credo - da parte delle autorità e delle truppe italiane che sono in zona e che autorizzerebbero gli spostamenti senza mettere in guardia dai rischi che si corrono?
Seconda domanda: abbiamo visto un attivismo importante, forse determinante, di Emergency e, in modo particolare, di Gino Strada, ormai conosciuto in Italia. Ci si può dire perché SISMI e ROS non sono stati coinvolti? Qualcuno ritiene che non siano o che non fossero in quella circostanza all'altezza di agire? Ci stupirebbe, ma potrebbe essere così. Ci sarebbe piaciuto sapere perché il SISMI e il ROS apparentemente non hanno svolto alcun ruolo, e invece l'Italia si è affidata a Gino Strada e ad Emergency. Qualche collega diceva: forse sarà lo stesso Gino Strada a venire a rispondere a nome del Governo, visto che forse è quello che più di tutti conosce - apparentemente, da quanto sembra - ciò che è successo. Ma, a proposito di Gino Strada, stamattina ascoltando il giornale radio sono incappato in una notizia: c'è un dipendente di Emergency, se non ricordo male un interprete, che in questo momento è nelle mani dei talebani. Quindi, non si tratta di un italiano, è un locale. Gino Strada ha chiesto al Governo italiano di darsi da fare per ottenere anche la liberazione di questo suo dipendente. Umanamente, ciò è più che comprensibile. Ma cosa significa questo?
Avendo Gino Strada ottenuto - così egli ha detto e così ha riferito la notizia - rassicurazioni da parte del Presidente del Consiglio, l'onorevole Prodi, che il Governo italiano farà tutto quello che potrà per aiutare a quella liberazione, ciò significa che anche in questo caso faremo pressioni di tutti i generi sul Governo Karzai affinché vengano liberati altri talebani prigionieri?
PRESIDENTE. La prego, deve concludere!
DARIO RIVOLTA. Vedo che il tempo purtroppo mi sfugge e avrei tante domande ancora da rivolgerle, signor viceministro, ma gliene farò una soltanto. Lei avrà letto le notizie d'agenzia e le dichiarazioni dei talebani liberati che hanno detto che torneranno immediatamente a combattere, ma non è finita qui. In tutti i siti islamici si dice: complimenti ai talebani! I talebani hanno ottenuto una grande vittoria! Siamo soddisfatti di aver contribuito a dare una grande vittoria ai talebani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Zacchera. Ne ha facoltà.
Le ricordo che ha cinque minuti di tempo a sua disposizione.
MARCO ZACCHERA. Presidente, siamo anche noi ovviamente molto contenti che il nostro giornalista sia tornato a casa, ma, ringraziando anche il collega Moffa che cortesemente mi ha ceduto la parola, dico anche che sono estremamente preoccupato.
Con l'amicizia e la schiettezza che mi lega al viceministro Danieli, dico subito che sono molto deluso dalla sua relazione di questa mattina. Capisco che il Ministero degli esteri, trattato a pesci in faccia, come lo è stato in questa situazione, non poteva che rispondere formalmente; ma io leggo i giornali e prendo atto che il nostro Governo in questa situazione non soltanto ha perso ogni credibilità, ma che l'ha fatta perdere all'Italia, perché se la persona che ha contribuito alla positiva liberazione è il signor Gino Strada che si permette di dire sul Corriere della sera di ieri frasi del tipo: Ma che... (e qui vi è una parola il cui spelling è: Como, Ancona, Zara, Zara, Otranto) gli è venuto in mente a D'Alema di parlare di canali umanitari! È come farci mettere a noi l'etichetta! O più avanti si è permesso di urlare: fuori dai... (e qui lo spelling è molto lungo: Como, Otranto, Genova, Livorno, Italia, Otranto Napoli Italia) ... il SISMI, il ROS, tutti quei signori, se hanno un capo, che li richiami subito: o noi o loro! Scusi, «o noi o loro» cosa significa? Che il nostro Governo ha in Gino Strada un suo importante esponente?Pag. 6
Innanzitutto, vorrei sapere quanto tempo Gino Strada permane in Afghanistan, perché quando sono stato lì l'ambasciatore mi ha detto che Gino Strada praticamente in Afghanistan non c'è mai! La credibilità del nostro Governo va sotto i tacchi nel momento in cui abbiamo lì dei soldati. A questo proposito saluto il soldato italiano che ieri è stato ferito da quella stessa gente con cui noi andiamo a trattare, che si è divertita a tagliare la testa (dico: a tagliare la testa!) dell'autista di Mastrogiacomo, semplicemente pensando che probabilmente fosse una spia.
Noi abbiamo deciso di trattare con queste persone: è vero, bisogna prima di tutto salvare un ostaggio, ma cosa ci stava a fare quell'ostaggio da quelle parti? Se domani venissero sequestrate delle persone che sono proprio nell'ospedale di Emergency, che cosa succederebbe? Chi manderemmo a tirarli fuori? Che credibilità abbiamo nei confronti dei nostri alleati? Che credibilità ha il Governo al suo interno?
I giornali di oggi sono pieni dei litigi in corso tra Parisi e il suo ministro, onorevole Danieli, perché quando ad un certo punto Parisi, fuori dalla grazia di Dio, dice che non possiamo rovinare il lavoro di anni, ha perfettamente ragione: gli effetti prodotti dall'atteggiamento del fondatore di Emergency, che ha richiesto di allontanare addirittura gli uomini dei servizi, hanno sfregiato l'immagine dello Stato. Questo è quanto risulta da un articolo dove si riporta quanto dichiarato dal ministro Parisi, non dal deputato Zacchera! Rapiamo un italiano e vedremo soddisfatte le nostre richieste. Allora il bandito Mesina va in galera nel momento in cui si permette di collegarsi con i rapitori sardi; Moro è stato lasciato morire in una prigione delle brigate rosse! Allora, io voglio capire come mai nella stessa zona, pochi mesi fa, un altro giornalista italiano è stato rapito!
Ecco, vedete, la debolezza che poniamo in queste cose si ripercuote poi anche sul lavoro dei nostri soldati, che in quella zona devono svolgere un compito estremamente difficile e pericoloso. Parisi è rimasto colpito, dice il Corriere della sera di oggi, dalla fermezza con cui Angela Merkel davanti a Prodi ha detto: il Governo di Berlino non si piegherà al ricatto dei sequestratori dei tedeschi in Iraq. E poi Parisi si chiede: ma dopo quello che è successo con quale spirito potranno continuare a lavorare in Afghanistan i nostri soldati? Pace, pace, pace, collega Marcenaro: bisogna però cercare di prendere anche la pace delle decisioni!
Allora, in questo momento, se era forse utile un intervento di Strada per compiere un'opera di sensibilizzazione rispetto alla liberazione, il Governo non deve però arretrare sul piano della propria sovranità, né l'Italia deve cancellare il ruolo che ha in questa missione; altrimenti torniamo a casa tutti e subito, poiché saremo ancora più deboli di fronte a questi terroristi.
I talebani restano «terroristi»: questo qualcuno tende a dimenticarselo! È gente che ieri mattina ha tagliato la testa ad una persona, che spara ai nostri soldati, è gente che copre i tantissimi problemi che vi sono in Afghanistan. Non dico che non abbiano tutte o una parte delle ragioni; dico però che, quando si va a trattare con queste persone, si sa quando si comincia ma non si sa mai quando si finisce: una profonda delusione, signor sottosegretario Danieli (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Volontè. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Presidente, ringrazio intanto il viceministro Danieli, che viene evidentemente a nome del Governo non per la delega degli italiani all'estero: sarebbe uno scherzo inutile.
Anche noi siamo molto felici della liberazione di Daniele Mastrogiacomo. Qualche settimana fa, proprio il Presidente Casini in questa sede aveva invitato il Governo a usare ogni mezzo necessario per la sua liberazione, e così è stato fatto per portare a casa un giornalista che con le proprie ragioni aveva immaginato di poter fare il proprio lavoro anche in una zona di guerra.Pag. 7
Su questo punto viene la prima riflessione: cioè se il Governo, alla fine dell'esito positivo per il giornalista e per il paese, abbia intenzione di dare, o abbia già dato, indicazioni agli italiani presenti sul posto, soprattutto ai giornalisti impegnati in operazioni di reporter.
Ricordo solo che non è mai capitato nella seconda guerra mondiale che un giornalista del Times andasse sul fronte di guerra tra Germania e Russia: vi era una sorta di prudenza nelle persone ma anche nei Governi impegnati allora nella riconquista e nel ritorno della pace in Europa.
Certamente, il Governo afghano - l'abbiamo letto sui giornali -, viceministro Danieli, si è impegnato molto per la liberazione dell'ostaggio. Tutto ciò apre alcuni problemi. Oltre a ringraziare la nostra diplomazia e le nostre forze armate, lei non ha citato né il SISMI né le forze armate, o forse non l'ho sentito! Mi sembra invece che abbia citato molto di più un canale importante che ha portato a questa liberazione, che è quello di Emergency, che anche noi certamente ringraziamo.
Rimane aperta una riflessione, immagino dentro il Governo, e sarebbe bello poterla approfondire anche nel dibattito che si svolgerà al Senato sulla missione in Afghanistan: se il nostro Governo abbia ancora intenzione di usare con convinzione le parole che sono state qui usate dal collega Marcenaro, per cui intende la nostra presenza in Afghanistan come una presenza militare che implica l'uso della forza in funzione della pace, o se invece abbia intenzione di valutare che, insieme a quella presenza - «progressivamente», come dicono alcune forze della coalizione di centrosinistra -, sia necessaria e da valorizzare sempre di più la presenza delle organizzazioni umanitarie, anche per operazioni di questo tipo, che hanno un'idea diversa della presenza in Afghanistan.
Non voglio farne mistero: il dottor Gino Strada nel mese di giugno ha detto pubblicamente - non l'ho detto io - che ritiene che molti elementi del regime talebano siano più liberali e dignitosi per gli afghani di quanto non lo sia la presenza delle forze armate ed è evidente che la sua azione va in quella direzione. Se una persona è convinta che prima in Afghanistan si stava meglio, evidentemente si comprendono le parole citate qui da molti colleghi, non certamente di grandi complimenti, nei confronti delle forze armate e del SISMI e i silenzi del ministro della difesa. Non li voglio interpretare perché sono ben interpretati da tutti i quotidiani nazionali. Immagino che siano ben interpretati anche da tutti i quotidiani internazionali.
È un problema che si pone nella riflessione interna alla maggioranza, ma, - vivaddio -, siccome quella missione è votata dal Parlamento, non può non avere un qualche sviluppo all'interno del Parlamento, in vista della missione che sarà o non sarà da riconfermare al Senato.
Tutto ciò è fuori da ogni tentativo e da ogni comprensione dei paesi della stessa Unione europea. L'altro ieri, il Presidente del Consiglio ha denunciato il rilancio del Trattato, proprio perché in politica estera e nella politica di difesa l'Europa non ha la stessa voce, ma Germania, Inghilterra e Spagna, rispetto alle trattative funzionali alla liberazione degli ostaggi, hanno modalità di intervento completamente diverse dalla nostra, anzi opposte.
In questo contesto è emersa un'altra proposta (lo dico chiaramente anche se non è oggetto dell'informativa), cioè quella di una Conferenza di pace alla presenza dei capi talebani. Come ho già detto pubblicamente, siamo assolutamente contrari a tale ipotesi (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Forza Italia), perché sedersi al tavolo, dopo che si è andati in Afghanistan per sconfiggere il terrorismo internazionale che ha determinato l'attentato dell'11 settembre, con coloro che, appena usciti dal carcere, tornano a combattere contro la democrazia e i diritti umani, mi sembra un'ipotesi insostenibile sul piano logico, prima ancora che su quello diplomatico e internazionale (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia e Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Maroni. Ne ha facoltà.
ROBERTO MARONI. Signor Presidente, siamo naturalmente felici per la liberazione del giornalista Daniele Mastrogiacomo e per il fatto che sia tornato a casa ad abbracciare i suoi familiari. Ma, sulla vicenda rimangono ombre e perplessità, che sono state rilevate da tutti i commentatori in questi giorni, in particolare su come è stata condotta la trattativa.
Le dichiarazioni, anche odierne, del ministro Parisi che si dissocia da come è stata condotta la trattativa sono assai significative: è stato critico nei confronti di Emergency, perché il Ministero della difesa è stato «tagliato fuori». Ciò offre segnali molto negativi sul piano internazionale sul ruolo dell'Italia e su come il Governo si sia mosso e si stia muovendo.
L'arresto del capo della security di Emergency è un altro punto interrogativo. Ci chiediamo come mai sia stato arrestato e quale significato abbia nel difficile e complicato scenario dell'Afghanistan. Il punto più rilevante è la liberazione dei cinque terroristi. Non intendo entrare nella polemica se ciò sia giusto. Qualche giornale ha ricordato addirittura il sequestro Moro, ma le condizioni sono molto diverse; non entro nel merito, ma penso che per salvare una vita umana sia consentito, anzi sia doveroso, fare ciò.
Però, quando parliamo di persone che appena liberate affermano: «Sono subito ritornato con i miei fratelli imbracciando due fucili, in modo da riprendere la jihad per cacciare gli invasori e combattere gli apostati», osservo che forse si poteva scegliere meglio. Ripeto, non voglio entrare nel merito, ma rimane un interrogativo, un dubbio importante, perché questi sono i terroristi che abbiamo combattuto e che vogliamo combattere. In questo modo, la cura è peggiore del male.
Preoccupano, inoltre, le conseguenze su ciò che potrà avvenire sul piano politico. Preoccupano le conseguenze sulla nostra missione in Afghanistan. Non ho condiviso le critiche rivolte, in questi giorni, alla proposta del segretario dei Democratici di sinistra, onorevole Fassino, sulla necessità e utilità di invitare al tavolo della pace i talebani. È vero che sono terroristi sanguinari, ma se si vuole realizzare un tavolo vero, una conferenza vera e non qualcosa di «fasullo», che sia solo un «teatrino», è necessario invitare anche chi sta facendo la guerra, altrimenti non si può pensare che la conferenza arrivi ad un risultato impegnativo per tutti.
Certo, è una prospettiva interessante, impegnativa e molto difficile. Questa strada può essere seguita, però a condizione che da parte dei talebani vi sia l'impegno effettivo di deporre le armi e smettere ogni attività militare. Se così sarà, ritengo questa un'iniziativa utile, altrimenti è meglio lasciar perdere e non fare neanche la conferenza di pace.
La preoccupazione maggiore, per noi, riguarda la situazione attuale in Afghanistan e il nostro contingente. Condivido le preoccupazioni, fra gli altri, di Stefano Folli che su Il Sole 24 ORE ha scritto: «Il dilemma rimane lo stesso: ha senso restare in Afghanistan tra queste ambiguità, in condizioni di strana neutralità?». Noi diciamo no! In queste condizioni non ha senso e, per questo, il gruppo della Lega Nord Padania, alla Camera, si è astenuto, cioè ha espresso un no politico, sul voto del decreto-legge di rifinanziamento delle missioni. In queste condizioni, mutate rispetto all'inizio della missione, tale provvedimento è inefficace, anzi addirittura controproducente, perché costringe i nostri militari ad essere presenti, ma in una condizione di non sicurezza.
Chiediamo al Governo di sciogliere al Senato questi dubbi, quando il provvedimento sarà esaminato e fornire risposte vere sul piano politico su cosa si intenda fare e su come mettere in condizioni di sicurezza i nostri militari. Se ciò avverrà, il gruppo Lega Nord Padania potrà modificare il proprio atteggiamento, ma se ciò non avverrà - come temo - confermeremmo al Senato la posizione tenuta alla Camera, cioè il no al provvedimento di rifinanziamento, tra le altre, della missionePag. 9in Afghanistan (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Misto-Repubblicani, Liberali, Riformatori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato D'Elia. Ne ha facoltà.
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, colleghe e colleghi, viceministro Danieli, ascoltata anche la sua relazione, vedo la situazione in questi termini: un conto è la trattativa volta ad ottenere il rilascio di un sequestrato da una banda di sequestratori talebani, un conto è la trattativa volta ad ottenere la pace in Afghanistan da parte di una banda di talebani sequestratori. Nella vicenda di Mastrogiacomo i due piani, le due trattative sono state, in parte, non dico praticati, ma quantomeno intrecciati, almeno nei fatti.
Da un lato, si è dispiegata l'azione del Governo nei confronti del Governo afgano, di quello americano e, credo, anche di quello pakistano, per la liberazione di alcuni talebani come riscatto per la vita del giornalista e, dall'altro, è stata prospettata, da un autorevole rappresentante della maggioranza del nostro paese, una Conferenza di pace in cui coinvolgere i talebani. I due livelli dell'iniziativa sono stati perfettamente ed emblematicamente rappresentati da Gino Strada, per molti mito e modello di come dovremmo agire in Afghanistan, di cui conosciamo l'impegno umanitario nel paese sia sotto il regime talebano sia sotto quello di oggi, antitalebano, con qualche preferenza (se devo dare credito ad alcune sue affermazioni pubblicate sui giornali) per quello dei talebani.
I talebani che hanno sequestrato Mastrogiacomo hanno ottenuto la liberazione di alcuni prigionieri. Il Governo italiano, che ha liberato Mastrogiacomo, ha riconosciuto ai talebani il ruolo di interlocutori, inevitabile e scontato come in ogni trattativa. Piero Fassino è andato oltre, riconoscendo un ruolo possibile ai talebani quali interlocutori politici nel processo di pace in Afghanistan. Non so se ciò facesse parte della trattativa; se così fosse, Fassino avrebbe fatto la sua parte con spirito di sacrificio.
Siamo felici, più di chiunque altro, del salvataggio effettuato in Afghanistan del «nostro» Daniele Mastrogiacomo. Colgo l'occasione, però, per affermare che, con una minima parte della volontà e dell'impegno fortunatamente fornito in questa settimana per raggiungere tale risultato, sarebbe stato e sarebbe ancora possibile scongiurare migliaia di morti.
Ieri, è stato giustiziato, in Iraq, l'ex vicepresidente Yassin Ramadan, preludio di altre esecuzioni, vendette e odi infiniti. Per scongiurare tutto ciò, Marco Pannella ha ritenuto opportuno riprendere un'iniziativa non violenta, lo sciopero della fame, a partire da questa sera, volto ad ottenere dal Governo italiano il rispetto delle delibere e degli impegni italiani ed europei, anche parlamentari, per l'immediata presentazione all'Assemblea generale delle Nazioni unite della risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali.
Ora che il nostro Mastrogiacomo è tornato agli affetti dei suoi cari, occorre però guardare avanti e discutere con serenità, seriamente e non emotivamente, del senso degli obiettivi della nostra missione in Afghanistan. Il modello Emergency - della serie «talebani e antitalebani per me pari sono» - può andare bene per liberare un ostaggio, non va bene per liberare l'Afghanistan dai talebani, cioè dal ricatto e dalla violenza continui. Il modello Emergency è assolutamente coerente in una prospettiva, che è quella della cosiddetta exit strategy, ma sarebbe, secondo me, autolesionistico, semplicistico e miope nella prospettiva - nella quale abbiamo deciso di operare - di una strategia di costruzione e rafforzamento di istituzioni democratiche e di uno Stato di diritto per una pace duratura in Afghanistan. Se questa è la prospettiva, mi pare improponibile, oltre che impraticabile, un ruolo dei talebani nel futuro afgano; impraticabile se non vogliamo riconsegnare l'Afghanistan ai talebani e al medioevo della storia di quel paese, impraticabile se consideriamo la realtà sul terreno, come dovremmo considerarla: i talebani non sono un movimento di liberazione, non sono unPag. 10partito, non hanno un Governo provvisorio, non ci sono capi che possano essere considerati interlocutori unici e, quindi, affidabili.
PRESIDENTE. La prego di concludere il suo intervento.
SERGIO D'ELIA. Concludo, Presidente. Non so se si farà mai la conferenza di pace; di certo ci sono gli impegni di conferenze internazionali già svolte, ci sono le soluzioni dell'ONU, le mozioni del nostro Parlamento, i decreti di rifinanziamento delle missioni italiane all'estero. Si tratta di mantenere fede agli impegni per l'Afghanistan; la riqualificazione della missione in Afghanistan in senso umanitario non può ridursi - lo ripeto - al modello Emergency.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Satta. Ne ha facoltà.
ANTONIO SATTA. Signor Presidente, signor viceministro Danieli, anche noi esprimiamo viva soddisfazione per la felice conclusione del sequestro del giornalista Daniele Mastrogiacomo e apprezziamo il comportamento del Governo. Lei, viceministro Danieli, rappresenta il ministro degli esteri e il Governo a pieno titolo. Non è qui in ballo nessuna delega; quindi, esprimiamo a lei il vivo apprezzamento per l'operato del Governo, che si è mosso lungo una linea molto coerente per raggiungere il risultato finale della liberazione del nostro giornalista, che era in Afghanistan come testimone di una situazione davvero pesante che preoccupa il Parlamento, le forze politiche, l'opinione pubblica.
Siamo impegnati in questa operazione, che si svolge sotto l'egida dell'ONU - questo non dobbiamo mai dimenticarlo -, e a questa linea ci atteniamo. È per questo che, pur apprezzando l'intervento umanitario di Emergency e di Gino Strada, sosteniamo che la pace è un patrimonio di tutti; ben venga un contributo da parte di ciascuno, un granello di sabbia, affinché questa pace possa essere confermata e rafforzata, ma è soprattutto necessaria un'azione convinta del Governo. Ho apprezzato che anche le forze dell'opposizione abbiano dato il via libera al Governo nel momento in cui questo sequestro è stato messo in atto, ma, francamente, non comprendiamo le polemiche che avvengono dopo la liberazione. Se è vero che l'unità c'è prima, a maggior ragione deve esserci dopo. Il fine di tutti è quello di raggiungere una pace in uno Stato così tormentato.
Per quanto riguarda l'operazione di pace, apprezziamo e sosteniamo la richiesta avanzata dal Governo italiano, dal ministro degli esteri, per la conferenza di pace; riteniamo che essa debba svolgersi proprio nell'ambito di quelle che sono le direttive dell'ONU. Per questo, siamo contrari alla partecipazione dei talebani, a meno che l'ONU non riveda la sua posizione e stabilisca una diversa strategia, che consenta anche l'incontro fra questa parte, il resto del paese e tutte le forze politiche interessate che possano contribuire al raggiungimento di questa pace duratura.
Per questo, signor viceministro, i Popolari Udeur sono vicini a tutte le azioni che il Governo vorrà mettere in atto perché il nostro paese possa svolgere fino in fondo il suo ruolo, dando un contributo forte alla pacificazione di questa terra. La presenza dell'Italia avrà un significato ancora profondo se è mirata esclusivamente a fornire un contributo per un'azione strategica che liberi l'Afghanistan dal terrorismo, mettendo in condizione il Governo democraticamente eletto di svolgere appieno il suo ruolo, affinché quel paese diventi democratico e possa partecipare, insieme con gli altri, alla costruzione di una pace duratura nel mondo.
Per questo, ringrazio lei e il Governo per l'azione svolta, che ha portato in quest'occasione a risultati positivi (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, uno Stato non puòPag. 11trattare la sicurezza dei propri cittadini con superficialità o per convenienze interne, non può soprattutto trattare con pericolosa superficialità episodi terroristici, assumendo preoccupanti iniziative private e unilaterali verso singoli e mettendo a repentaglio il futuro della sicurezza di tutti gli altri cittadini.
Sappiamo ben comprendere la fermezza delle regole, anche crude, di uno Stato, se queste sono esercitate sul singolo episodio per difendere i diritti della collettività. Gli italiani hanno, ad esempio, ben compreso che sequestrare i beni di famiglia delle persone rapite non è un atto crudele, ma è servito a contrastare un fenomeno che, per cedimento, può ripetersi a danno di altri. Per cui, la fermezza di oggi si è resa necessaria ad evitare danni ben più gravi domani ed episodi che possono toccare tutti. Possiamo immaginare il dramma dei familiari disposti a cedere qualunque cosa, pur di liberare il loro congiunto, eppure siamo altrettanto consapevoli che questa misura è servita ad azzerare nel tempo un fenomeno violento ed odioso, quello dei rapimenti e delle estorsioni, che in Italia si era fatto preoccupante.
Lo Stato ha esercitato una coercizione necessaria sul singolo per il bene di tutti: è questo che pretendiamo dallo Stato! Sappiamo ben comprendere - doveva essere chiaro a tutti, specialmente a coloro che sono coscienti del mestiere che stanno facendo, dove lo svolgono e a quali rischi si espongono volontariamente - che lo Stato non può mai trattare alle condizioni dei terroristi; soprattutto, uno Stato non tratta sotto ricatto dei terroristi.
Il cancelliere tedesco Angela Merkel l'ha appena enunciato chiaramente ai terroristi iracheni, che hanno rapito una donna tedesca e suo il figlio. Premier crudele? No, donna e statista saggia, che ha chiaro il senso dello Stato! Da oggi in quest'aula dobbiamo dire agli italiani che dovranno sentirsi meno sicuri, poiché ai terroristi è stato dato un precedente pericoloso, cioè che rapire gli italiani conviene perché, alla fine, il prezzo richiesto è pagato non solo in termini materiali ed economici, ma anche politici.
Superata la storiella del presidente Karzai - come può egli negare una richiesta pressante fatta dall'Italia? -, questo Governo ha fatto liberare cinque terroristi: due portavoce talebani, il fratello di Dadullah, colui che ha orchestrato il rapimento e ha sgozzato l'autista Sayed, padre di quattro figli, e due comandanti terroristi militari.
Oggi il terrorismo internazionale sa che questo Governo, questo ministro degli esteri, questo Stato è disponibile a tutto solo per interessi interni e di coalizione. Naturalmente, ci riproveranno alzando le richieste, sicuri che stanno trattando con una controparte allo sbando in politica estera e in tema di sicurezza dei cittadini, capace solo di interessarsi a «vallettopoli», «calciopoli», «savoiopoli», «paparazzopoli».
Da oggi i cittadini dovranno sentirsi meno sicuri anche per un altro motivo, poiché non è detto che il prezzo da pagare sia uguale per tutti, poiché non esistono più regole generali di riferimento e di fermezza: dipenderà se sei di destra o di sinistra, se sei un giornalista de la Repubblica o magari della Gazzetta di Parma, se l'onorevole Diliberto darà o meno la fiducia al Governo e se l'onorevole Caruso occuperà o meno Vicenza. Dipenderà se si è o meno una persona importante a fini politici.
Oggi questo Governo ha creato un precedente gravissimo, talmente serio che un Parlamento che si rispetti dovrebbe chiederne le immediate dimissioni, avviando una procedura di indagine interna. E spero vivamente che almeno un giudice in Italia chieda conto di quanto è successo e di quali conseguenze vi saranno per la decisione del premier Prodi con la stessa solerzia con cui è stata richiesta agli USA l'estradizione degli 007 per il sequestro di Abu Omar e con cui sono stati disfatti i nostri servizi di intelligence.
Non mi assocerò all'aria di festa mediatica e di vittoria che ha seguito la liberazione di Daniele Mastrogiacomo, anchePag. 12se provo sollievo per il fatto che almeno una vita su tre sia stata risparmiata; ma a caro prezzo per tutti! Quindi, non mi associo nemmeno a quella foto di trionfo di Daniele Mastrogiacomo che alza le mani in segno di vittoria: non abbiamo assolutamente vinto e, soprattutto, lui è uno sconfitto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Migliore. Ne ha facoltà.
GENNARO MIGLIORE. Signor Presidente, signor viceministro, colleghi, vorrei innanzitutto esprimere la nostra più grande soddisfazione per il risultato raggiunto con la liberazione del giornalista Daniele Mastrogiacomo ad opera di un'intensa iniziativa del nostro Governo e di tutti i soggetti che hanno contribuito a questa difficile attività di mediazione.
Nello stesso tempo, vorrei esprimere il più grande dolore per l'uccisione dell'autista del giornalista Daniele Mastrogiacomo che evidenzia, ancora una volta, non solo quanto fosse pericolosa la condizione nella quale si trovava un nostro concittadino, ma anche l'escalation di violenza e di drammatica sopraffazione e lo scarso valore dato alla vita umana che in un paese sconvolto dalla guerra e dal terrorismo sempre di più si rivelano davanti ai nostri occhi.
Vorrei, però, distinguere due aspetti che hanno a che vedere con le funzioni generali dello Stato, rispetto alle quali ritengo debba essere assunto un impegno senza gesuitismi ed ipocrisie di maniera. Quando il precedente Governo era in carica ho apprezzato la capacità della nostra amministrazione e dei nostri servizi di intelligence di avere un'idea alta dello Stato che propone la mediazione per salvare un proprio concittadino, comportamento che dovrebbe essere tenuto per ogni uomo e per ogni donna e che, per quanto riguarda la funzione pubblica del nostro Stato, necessariamente e giustamente è stato posto in essere.
Considero strumentali le polemiche avanzate dalla destra: una simile trattativa - che è stata portata avanti anche dal precedente Governo, sebbene in maniera più sfumata, sullo sfondo (ne eravamo a conoscenza, anche perché è sempre stata coinvolta l'opposizione) - oggi viene dichiarata un cedimento o un'inaccettabile strategia di collegamento ai miliziani afghani.
Penso che una vita umana valga di per sé; ma ritengo anche che l'esercizio dello Stato di esprimere la sua capacità di trattativa sia un valore. Non solo non dobbiamo scusarci per questo, ma occorre anche pensare che tale esercizio di mediazione e trattativa debba appartenere alla cultura del nostro Stato e del nostro Governo.
Per questo motivo, ringrazio il Governo e spero che anche l'opposizione cessi di cogliere ogni occasione per rinfacciare ad esso quei risultati positivi che, per fortuna, sono stati raggiunti.
Parimenti, ritengo debba essere assolutamente ricordata la vicenda che, in modo inquietante, si è verificata in queste ultime ore: mi riferisco all'arresto di Rahmatullah Hanefi da parte dei servizi afghani del Presidente Karzai. Non solo ci uniamo alla vibrante protesta - che ha scosso l'opinione pubblica mondiale - degli afgani, che si sono riuniti nelle loro città per manifestare a favore della liberazione del mediatore responsabile anche di uno degli ospedali di Emergency. Ci uniamo anche alla voce dello stesso Gino Strada il quale, con la sua attività di alto valore sul piano etico e morale e anche sul piano della mediazione politica, ha contribuito in maniera decisiva e determinante, insieme ad Hanefi, alla liberazione di Daniele Mastrogiacomo.
Pertanto, signor viceministro - mi avvio alla conclusione - oggi non parlerò dei risultati importanti e dei passi decisivi che stanno mutando l'opinione della comunità internazionale su un punto fondamentale della scelta politica approvata in questa sede (mi riferisco alla Conferenza di pace, fino ad una settimana fa non accettata dagli Stati Uniti). Oggi, si intravede una prospettiva per il rilancio di una iniziativa politica, ma non parlerò di questo.Pag. 13
Tuttavia, auspico che il Governo, così come si è impegnato per la liberazione di Daniele Mastrogiacomo, pur non essendo riuscito a prevenire l'omicidio del suo autista, possa impegnarsi fino in fondo - come ha ribadito il Presidente Prodi - per la liberazione di Hanefi (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, insieme al sollievo per una vita risparmiata, vi è una gravissima preoccupazione per il modo in cui il Governo si è mosso rispetto a questa vicenda. E di questa gravissima preoccupazione, che dovrebbe formare oggetto di un dibattito meno convenzionale di quello che si sta tenendo in questa sede, ne abbiamo traccia nei giornali di oggi, dove sono attribuite al ministro della difesa, onorevole Parisi, preoccupazioni molto profonde per la sicurezza dei soldati italiani, a seguito del modo in cui il Governo si è comportato.
Ho presentato un'interrogazione rivolta al Presidente del Consiglio per sapere se le frasi virgolettate che il Corriere della sera attribuisce al ministro della difesa circa il maggiore rischio a cui sono stati assoggettati e a cui saranno assoggettati i nostri militari, a seguito del comportamento del Governo, siano vere o meno. Infatti, se sono vere, il Presidente del Consiglio deve precipitarsi alla Camera per spiegare di cosa si tratta.
Devo dire che vi è preoccupazione anche per i giornalisti di tutto il mondo. Se si dà l'impressione di trattare con chi rapisce un giornalista, anzi se si dice - come ha detto il viceministro - che sono state rispettate tutte le condizioni poste dai talebani - cioè si è trattato con i talebani - evidentemente tutta alla stampa del mondo sa che se manda un giornalista in Afghanistan rischia di vederlo rapito, perché sa che i talebani possono avere una controparte.
Quindi, il Governo italiano cosa sta facendo rispetto alle condizioni di sicurezza dei propri uomini e della stampa internazionale? Onorevoli colleghi, questi sono i problemi sui quali un Parlamento serio si deve interrogare, invece di felicitarsi per quanto avvenuto, per la salvezza di un uomo della quale comunque è giusto felicitarsi. Il Parlamento deve porsi il problema di quale sia la politica del nostro paese e delle conseguenze che può determinare in ordine alla sicurezza dei soldati italiani, che noi abbiamo mandato in quel paese (Applausi del deputato D'Agrò).
Onorevoli colleghi, questa è la ragione per la quale ritengo che al Senato l'opposizione non possa esprimere un voto favorevole sulla missione in Afghanistan, in quanto quella missione si è trasformata.
Inoltre, viceministro Danieli, quando lei parla di «tutte le condizioni», vorremmo sapere quali sono tutte le condizioni. Lei non può essere reticente su questo punto, perché se fossero state solo la liberazione dei talebani, non avrebbe parlato di tutte le condizioni. Dunque, quali sono le altre condizioni? Sono le affermazioni dell'onorevole Fassino, come ha ipotizzato il Corriere della sera? Cioè è stato necessario affermare che si vuole non solo una conferenza di pace, ma anche che a questa devono partecipare i talebani? Stiamo legittimando il terrorismo in Afghanistan? Queste sono le domande (Applausi del deputato D'Agrò)!
PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente del Governo.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 10,30.
La seduta, sospesa alle 10,10, è ripresa alle 10,35.