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TESTO AGGIORNATO AL 3 APRILE 2007
(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 648-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mellano. Ne ha facoltà.
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho avuto modo di prendere visione del provvedimento di cui si discute soltanto nel momento in cui esso è giunto all'esame dell'Assemblea, ma ho ascoltato gli interventi svolti nel corso della discussione sulle linee generali.Pag. 3
Desidero esprimere, a nome del gruppo La Rosa nel Pugno, i dubbi che, in altro momento e in altra fase politica, erano stati sollevati sul provvedimento dal centrosinistra. Ho preso visione, dai documenti predisposti dagli uffici, degli interventi svolti nel 2002, sia dalla collega Mascia sia da altri colleghi, quando allora si discusse questo provvedimento. Esso ha chiaramente - e ciò si evince non soltanto dal suo primo firmatario - un'impostazione che deriva da una visione dello Stato che è, a giudizio mio e del gruppo La Rosa nel Pugno, assolutamente discutibile.
Siamo di fronte ad un provvedimento che si sarebbe potuto evitare. In particolare, si sarebbe potuta evitare la costituzionalizzazione della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica e, conseguentemente, il riconoscimento di un valore particolare, unificante (così viene giustificato il provvedimento), rispetto ad uno strumento che dovrebbe essere per sua natura flessibile per adeguarsi all'evoluzione e ai cambiamenti.
Approvando questa norma corriamo il rischio di relegare ulteriormente in una sacca storica, destinata ad una morte civile, le lingue regionali (i dialetti, gli idiomi, chiamiamoli come vogliamo), cioè quella parte di cultura materiale che si esprime attraverso il linguaggio. Tale cultura rischia davvero, con la costituzionalizzazione delle lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica, di ricevere un ulteriore scacco e di essere posta in un angolo, con la conseguenza di tralasciare l'importante valorizzazione che la Costituzione prevede all'articolo 6 garantendo e tutelando le minoranze linguistiche e le espressioni linguistiche territoriali.
Io credo davvero che, se è ancora possibile, dovremmo ragionare e riflettere ulteriormente sul senso e sulla portata culturale di questo provvedimento. Temo tuttavia che ciò non sia possibile, considerato che c'è un accordo bipartisan per far andare avanti il provvedimento. Suggerirei però di valutare il complesso emendamenti, che non sono tanti e con i quali si cerca di correggere ed attutire la valenza forte - a mio giudizio troppo forte - della costituzionalizzazione dell'italiano come lingua ufficiale dello Stato.
È importante sottolineare tale aspetto e abbiamo deciso di affrontare la problematica questa mattina: c'è una cultura legata alle lingue territoriali e dialettali che in questi anni sta sparendo, si trova in grandissima difficoltà. La previsione della tutela delle lingue territoriali e dialettali e degli idiomi locali rimane molto spesso sulla carta.
Sostanzialmente, il testo in esame, che si concretizza nella costituzionalizzazione dell'italiano come lingua ufficiale rischia di incentivare ulteriormente il «dimenticatoio» della cultura dialettale, territoriale e locale. Certo, il provvedimento di cui è relatore il collega Bocchino ha una matrice culturale evidente. Io, anche a nome del gruppo La Rosa nel pugno, sottolineo come si poteva evitare di arrivare a questa costituzionalizzazione, in quanto la lingua ufficiale è già riconosciuta in qualche modo nell'ordinamento, attraverso normative specifiche laddove è necessario ed opportuno: dall'anagrafe agli atti ufficiali, alla legge sul notariato.
Quindi, laddove è opportuno e necessario avere un codice linguistico comune, si riconosce l'importanza dell'italiano come lingua comune; la sua ufficializzazione significa in qualche modo ideologizzarlo come strumento di unità nazionale.
A nostro giudizio, ciò è un eccesso di zelo che assume, però, un connotato anche politico, a discapito della cultura diffusa e varia, sempre più ricca e complessa, delle nuove realtà sociali dell'immigrazione. Inoltre, non si terrebbe sufficientemente conto della valorizzazione della cultura territoriale e regionale che in questi anni abbiamo contribuito a disperdere.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Biancofiore. Ne ha facoltà.
MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, dover trattare oggi la questione del riconoscimento dell'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica ad alcuni può apparire come Pag. 4una visione del tutto velleitaria, dai tratti squisitamente formali. Invece, proprio per la superficialità istituzionale e l'approssimazione, anche in momenti storici, con cui il problema è stato trattato sino ad oggi, questo dibattito è diventato ancor più necessario. Esso è dettato soprattutto dall'esigenza di tutelare in via permanente il nostro idioma nazionale, pena il livello di autostima della nostra identità ad un minimo storico, come dimostra purtroppo l'esempio della mia terra, l'Alto Adige. In questa terra si è affermata una netta prevalenza dell'uso della lingua tedesca, della lingua della minoranza nazionale che è maggioranza locale, anche in atti e documenti ufficiali, in violazione di precise disposizioni dello statuto di autonomia che ha rango costituzionale.
L'intensa germanizzazione della regione più settentrionale d'Italia è anche la storia dell'assassinio della nostra lingua o, forse, sarebbe più opportuno parlare di suicidio assistito, se consideriamo che la dolce lingua di Dante è costretta a capitolare, soprattutto a causa dell'indifferenza e della scarsa attenzione istituzionale dedicata alla sua preservazione.
Con il tempo si è generata una perversa inversione di tendenza in cui il fattore linguistico, un tempo considerato elemento cardine in grado di assicurare l'unità statale, in assenza di un unico centro politico-istituzionale, sta oggi gradualmente ma inesorabilmente perdendo di credibilità. Rispetto al passato, ora che l'italiano, bene o male, lo parlano tutti ed è diventata la lingua materna per la maggioranza della popolazione, si assiste ad un risveglio della disattenzione linguistica, non solo dando ampio spazio ad idiomi minoritari, ma addirittura riconoscendoli e facendo in modo che gli stessi portino ad una spersonalizzazione linguistica del nostro paese.
A Bolzano - chiedo scusa se riporto sempre lo stesso esempio ma il vilipendio linguistico in atto è così minaccioso da dover meritare un'adeguata insistenza risolutiva - è in atto una vera e propria pulizia etnica in cui se, da una parte, lo Stato ha garantito la tutela dei gruppi minoritari, della loro lingua e tradizioni, dall'altro non è riuscito ad arginare la deriva di un progressivo disuso della lingua e delle tradizioni italiane, programmato scientificamente dal partito che rappresenta maggiormente la minoranza linguistica in sede locale. Si tratta di un danno per tutti, anche per la minoranza linguistica perché, purtroppo, non parlare più l'italiano significa perdere, ovviamente, un patrimonio culturale anche per una terra che si pregia di voler essere ponte nei confronti dell'Europa.
Questa arbitraria ingerenza di altri idiomi nella nostra lingua nazionale lascia così perplessi ed incerti al punto da richiedere oggi, in quest'aula, diretta trasposizione fonografica di un'Italia che va da nord a sud, la rigida costituzionalizzazione e il riconoscimento dell'italiano quale unica lingua ufficiale del nostro paese.
Non vorrei indulgere nella retorica ricordando le fasi di formazione del nostro Stato. Vorrei evitare di ricordare il sangue sparso durante il periodo del Risorgimento da parte di quei patrioti che si sono immolati per vedere riconosciuta un'Italia unita. Vorrei, altresì, evitare di impegnarmi in disposizioni storiche sull'influenza che ha una lingua nella formazione di uno Stato nazionale. Tuttavia, ritengo sia necessario benedire alcuni passaggi chiave della storia, perché i fautori del crollo e della disgregazione della nostra cultura di appartenenza possano contrastare, attraverso le tracce storiche del passato, le deformazioni dei propri eccessi ed aprire ad una singolarità identitaria per il nostro futuro anche attraverso il fattore linguistico.
Ogni appello all'unità e alla solidarietà non possono essere compresi di fronte a chi avalla delle posizioni atte a dividere un popolo. Come si può essere davvero uniti e solidali, come può esserci uno spirito comune se non si dialoga nella stessa lingua? Il racconto biblico della caduta della torre di Babele, racchiuso nel Vecchio testamento, narra che la massima punizione che gli antichi ebrei credevano avesse dato Dio al genere umano fosse, Pag. 5appunto, la confusione delle lingue, confusione da cui nacquero solo incomprensioni e, conseguentemente, conflitti.
Nell'esperienza storica delle antiche polis greche, invece, si ricorda l'importanza di comunicare in un solo idioma. Nonostante le divisioni, quelle antiche città-Stato si riconoscevano reciprocamente come derivanti da un'unica matrice culturale e si differenziavano dalle altre popolazioni vicine proprio basandosi sulla lingua parlata. Coloro che non parlavano il greco vennero chiamati barbari, ossia, balbuzienti, che dal greco significa «coloro che non si lasciano comprendere». Esperienze di diversi tempi ed ambiti storici, ma affini nel loro esempio di forte aggregazione che, partendo dal fattore linguistico, ha portato alla vera unità politica-nazionale. Chi potrebbe negare che è solo dalla reciproca comprensione che si trovano soluzioni comuni ai conflitti?
Venendo al merito della modifica dell'articolo 12 della Costituzione, ritengo, quindi, che tale scelta debba partire dalla consapevolezza che il fattore linguistico è il nostro primo codice identitario, che decodifica le nostre scelte al cospetto di altre culture. Il fatto che nella nostra Costituzione non sia sancito che la nostra lingua è l'italiano è dovuto, senza dubbio, alla prevedibilità del caso per cui i Padri costituzionali ritenevano ovvia una simile obbligatorietà. Ma si trattava di un altro contesto storico, in cui ogni Stato aveva una forte identità che era stata ricalcata e ripassata a pennarello da anni di guerra.
Non si può, quindi, incolpare il passato per l'indifferenza o il semplicismo del presente; piuttosto, è l'atteggiamento di molti di voi in quest'aula che va imputato perché, succubi della paura e di falsi moralismi, imprigionate ancora la cultura dell'Italia ad un condannato diluirsi nella globalità e multiculturalità del pianeta.
La lingua non è un ostacolo, ma fonte di autoconservazione e ricchezza. Secondo me c'è più freddezza e mancanza di sensibilità ad ignorare questa considerazione. Ecco perché non capisco i motivi per i quali ci si oppone a ciò in ambo gli schieramenti. Io credo che, nell'interesse dell'Italia e dei cittadini italiani, la lingua debba essere protetta e divulgata, perché solo così essa sarà più forte e stimata anche all'estero. La mancata traduzione del sito web realizzato in occasione della celebrazione dei cinquant'anni dei Trattati di Roma, debitamente difeso dal vicepresidente italiano, dimostra che la mancanza di un'identità coesa all'interno del nostro paese viene immediatamente rispecchiata all'esterno.
Non dobbiamo, quindi, limitarci a pretendere la conoscenza della lingua da chi sceglie di vivere in Italia, ma dobbiamo soprattutto offrire un supporto per imparare questo veicolo della nostra storia culturale, che va opportunamente difeso anche all'esterno.
Ecco perché anche riguardo alla situazione dell'Alto Adige, che sicuramente necessita, per sua natura, di compromessi e mediazioni, bisogna far sì che la conservazione di idiomi locali non venga confusa con l'ufficialità di una sola lingua: la confusione ha portato, invece, ad un uso spregiudicato ed eccessivo di idiomi minoritari, tanto da aggirare l'ostacolo della formalità ed ufficialità di una sola lingua nel testo costituzionale.
Hanno dimostrato coraggio altri paesi europei, come la Spagna, la quale ha voluto sancire nella propria Costituzione, pur nella pluralità di regioni e comunità autonome, il centralismo e l'esclusività di una sola lingua. Infatti, l'articolo 3 della Costituzione spagnola non soltanto riconosce il castigliano quale lingua ufficiale dello Stato, ma stabilisce, altresì - e si tratta di un passaggio importante - anche il diritto-dovere al suo uso ed alla sua conoscenza: tutti gli spagnoli hanno il dovere di conoscere la lingua ufficiale ed il diritto di usarla. Soltanto dopo questa rigida affermazione si apre il secondo comma, dedicato al riconoscimento di ulteriori lingue spagnole: un esatto procedimento all'incontrario rispetto al nostro testo costituzionale, nel quale si riconoscono le minoranze linguistiche - all'articolo 6 -, senza specificare, in realtà, quale sia la lingua ufficiale dello Stato, in tal modo sottintendendo, implicitamente, Pag. 6che esiste una maggioranza che usa una lingua ben definita, quella nella quale mi sto esprimendo.
Non si tratta di un pregiudizio nei confronti di gruppi o etnie linguistiche. Il fatto è che oggi ci troviamo, evidentemente, di fronte a nuove sfide rispetto al 1948. Quella odierna è una realtà in cui le minoranze linguistiche rischiano di essere ampliate dal grande numero di lingue parlate dagli immigrati giunti negli ultimi anni nel nostro paese. Identità, pluralismo e contaminazione costituiscono una catena di fattori che si susseguono e che richiedono al nostro tempo scelte ben precise: è questo il momento delle scelte; è su questa base che dobbiamo costruire il nostro futuro. «No», quindi, ad un mosaico linguistico: ci rappresenti un'unica identità che possa vantare un quadro organico di norme, decisioni e comportamenti tali da costituire il presupposto per le sfide del momento!
Per tutelare la nostra unità giuridica e culturale di fronte all'insediamento sul nostro territorio di altre matrici culturali - che rispettiamo, ovviamente - l'unica via è l'integrazione, nel senso di rispettare le basi storiche e culturali dell'Italia e soprattutto la sua lingua, come avviene in Francia, paese in cui si subordina addirittura l'ottenimento della cittadinanza alla conoscenza della lingua nazionale. Alla vigilia della discussione, in Italia, di un provvedimento analogo, con riferimento al quale il multiculturalismo esasperato della sinistra stringe i termini entro cui è possibile concedere lo status di cittadino italiano, ritengo che riconoscere la lingua italiana come unico coagulante culturale del nostro paese debba assumere maggiore importanza. Si tratta di una modifica costituzionale che potrà porre quelle basi più solide per prevedere prescrizioni più rigide sulla condizione di cittadino nel nostro ordinamento.
La lingua è il modo concreto e determinato in cui storicamente manifestiamo l'ampiezza comunicativa delle nostre rappresentazioni ideali. Come il tricolore, unico stendardo sotto il quale gli italiani riconobbero la propria identità, la lingua italiana deve essere ufficialmente riconosciuta quale elemento che consente di relazionarci, quale comune linguaggio di espressione, propulsore fondamentale, allo stesso tempo, dello sviluppo economico del nostro paese.
Voglio concludere con questo mio netto schieramento verso il più granitico nazionalismo italiano, inteso in senso positivo, affinché riconoscendo un unico idioma nella nostra Costituzione possa nascere una nuova egemonia politica, quella linfa vitale della nostra cultura, troppo soggetta a freni e contaminazioni da parte di chi vuole dividere piuttosto che unire. La lingua italiana, così tanto amata all'estero e quasi congedata in Italia - basti pensare che l'Austria, al confine con l'Alto Adige, sceglie come seconda lingua per i propri alunni, per il proprio turismo, per le proprie fasi economiche, proprio l'italiano! -, merita il rispetto delle sue conquiste e dell'unità di un paese che, come la storia insegna, di fronte alla conflittualità, ha sempre potuto vantare la coerenza e la specificità linguistiche che oggi molti ci invidiano. Abbiamo, allora, il coraggio e l'orgoglio di certificarne e riconoscerne anche noi la valenza! Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei.
Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
ITALO BOCCHINO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula, per tutti gli emendamenti presentati, un invito al ritiro di cui mi accingo a motivare le ragioni.
Sostanzialmente, gli emendamenti tendono ad introdurre due elementi di novità nel testo unificato approvato dalla Commissione. Il primo è quello di spostare la previsione dell'ufficialità della lingua italiana dall'articolo 12 all'articolo 6 della Costituzione.
Abbiamo discusso a lungo in Commissione su quale fosse l'articolo più adatto ad ospitare tale formulazione, e la soluzione che ci ha consentito di trovare una convergenza, affinché si giungesse all'approvazione, Pag. 7è stata quella di inserirlo all'interno dell'articolo 12. È questo il motivo per cui prego i colleghi, in particolare quelli di Forza Italia, di ritirare, se è possibile, l'emendamento Santelli 1.14.
Per quanto riguarda gli idiomi locali, si tratta di una questione che venne affrontata già nella scorsa legislatura e fu, purtroppo, proprio la previsione che impedì al Senato l'approvazione della norma costituzionale.
Abbiamo svolto una audizione dell'Accademia della Crusca, da cui è emersa la necessità di costituzionalizzare la lingua ufficiale dello Stato, cosa prevista in molte normative europee e anche di paesi extraeuropei; al contrario, il tema degli idiomi locali, che può trovare una valorizzazione attraverso altre formule, anche rispetto ad altre realtà legislative, come quelle regionali, a nostro giudizio non andrebbe inserito nella Costituzione.
Una questione diversa è quella rappresentata dalla tutela delle minoranze linguistiche, che è già all'interno della Costituzione ed è questo il motivo per cui abbiamo fatto riferimento al rispetto della Costituzione e delle leggi costituzionali, proprio per preservare la tutela delle minoranze linguistiche.
Per queste ragioni, la Commissione e il relatore chiedono il ritiro di tutti gli emendamenti, esprimendo altrimenti parere contrario.
PRESIDENTE. Il Governo?
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Santelli 1.14 formulato dal relatore.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, per aderire all'invito formulato dal relatore, ritiro gli emendamenti Santelli 1.14 e 1.21, sottoscritti anche da me e dalla collega Biancofiore.
PRESIDENTE. Sta bene.
ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Presidente, intervengo per dire che non accediamo all'invito al ritiro formulato dal relatore.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Cota 1.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Presidente, come ho detto, non ritiriamo i nostri emendamenti e, anzi, ritengo grave che il provvedimento in esame, seppure calendarizzato per la terza volta, venga oggi discusso, da un lato, nel disinteresse generale e, dall'altro, con questi tempi, perché dal nostro punto di vista il provvedimento è ricco di significati negativi, ma questo lo dirò più avanti.
Inizio con l'illustrazione dell'emendamento Cota 1.2, il quale non afferma nulla di «rivoluzionario» - so comunque di utilizzare un vocabolo che a lei potrebbe interessare... - in quanto stabilisce semplicemente che «La Repubblica tutela altresì le lingue che, con legge regionale, sono riconosciute come lingue storiche regionali» e che «La legge tutela le lingue storiche regionali costituenti patrimonio culturale della Repubblica».
Allora, Presidente, le modifiche proposte sono assolutamente compatibili con il disposto dell'articolo 6 della Costituzione, secondo cui la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche. Abbiamo dunque una norma costituzionale che nel 1948 stabiliva, seppure timidamente, un principio.
Noi, oggi, sconfessiamo questo principio attraverso un provvedimento incomprensibile. Infatti, l'italiano è già la lingua ufficiale (la stiamo utilizzando oggi nel Parlamento e è adoperata nella vita civile). Quindi, il fatto che non si vogliano recepire le nostre proposte emendative chiarisce Pag. 8come il segnale che si vuole lanciare è quello della cancellazione delle identità locali.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, ho già avuto modo di esprimere compiutamente la posizione dei Verdi rispetto a questa materia nel corso della discussione sulle linee generali svoltasi in quest'aula nell'ormai lontano 12 dicembre 2006.
Poco fa, in quest'aula, ho ascoltato l'intervento, che definire «non condivisibile» è assai poco, della collega Biancofiore, la quale è arrivata a parlare di «pulizia etnica». Collega Boscetto, credo che la collega abbia espresso una posizione di Forza Italia rispetto a questo testo unificato di proposte di legge costituzionali talmente non condivisibile da metterlo in discussione nel suo esito finale. Ritengo, dunque, che il gruppo di Forza Italia dovrebbe assumersi pubblicamente qualche responsabilità al riguardo. Infatti, quella che è stata data è un'impostazione di ostilità nei confronti delle minoranze linguistiche e di ostilità nei confronti delle norme costituzionali previste nello statuto speciale del Trentino Alto Adige-Südtirol. Lo ripeto: in quest'aula è stata utilizzata l'espressione «pulizia etnica», un'espressione aberrante e delirante che credo vada esplicitamente rimarcata e stigmatizzata.
Per quanto riguarda l'emendamento dei colleghi Cota e Stucchi, posso affermare che non è come il nostro emendamento 1.3, che manterremo e che sarà esaminato in seguito, ma ritengo sia pienamente compatibile con il testo della riforma costituzionale sulla quale, alla fine, esprimeremo un voto favorevole, sia nel caso in cui siano accolti gli emendamenti sia nel caso contrario. Lo voglio chiarire per lealtà politica, anche se l'intervento della collega Biancofiore mi potrebbe indurre ad un atteggiamento diverso, tanto più che la stessa Biancofiore, insieme agli onorevoli Santelli e Boscetto, ha presentato un emendamento che è volto ad eliminare il riferimento alle garanzie costituzionali e che il collega Boschetto ha opportunamente ritirato. Voi avete presentato - lo ricordo - un emendamento che cancellerebbe il riferimento alle garanzie costituzionali contenuto nel testo illustrato dal relatore Bocchino!
Tutto questo dà un significato ideologico, ostile al pluralismo linguistico, ostile alle minoranze linguistiche, ostile alle lingue e agli idiomi regionali che non condividiamo. A nostro parere, tutto ciò dà una determinata accezione a questo provvedimento di riforma costituzionale, che, invece, condividiamo, perché è esattamente il testo presentato dal collega Zaccaria e che io stesso ho sottoscritto.
Dunque, nonostante l'interpretazione faziosa che è stata data in quest'aula, noi voteremo a favore del testo unificato e votiamo a favore anche sull'emendamento del collega Cota 1.2. Annuncio inoltre, per non intervenire laddove non fosse necessario, il voto favorevole anche sull'emendamento Cota 1.4.
In seguito, interverrò sul mio emendamento 1.3.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mellano. Ne ha facoltà.
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, inviterei l'intera Assemblea a prestare attenzione su un provvedimento che può sembrare secondario (lo stiamo affrontando in modo un po' troppo leggero). Poiché stiamo parlando della modifica della prima parte della Carta costituzionale (tra l'altro, di una parte importante che ci rappresenta e che sancisce i valori fondamentali), credo che questo dibattito non possa essere trascurato.
Il collega Boato mi ha anticipato, ovviamente con maestria e capacità. Non ripeterò i commenti, che condivido e sottoscrivo, rispetto all'intervento del rappresentante del gruppo di Forza Italia (in questo caso, spero sia un rappresentante più territoriale che di tutta Forza Italia). Ero già favorevole agli emendamenti presentati e stavo per parlare a favore a nome Pag. 9del gruppo della Rosa nel Pugno. Sarei stato addirittura a favore anche dell'emendamento che è stato ritirato e che chiedeva di intervenire su l'articolo 6, anziché sull'articolo 12, della Costituzione. Quindi mi dispiace che sia stato ritirato. Certo, le motivazioni addotte sono molto discutibili, perché gettano una luce davvero nazionalista che non è condivisibile.
L'emendamento Cota 1.2, invece, presentato dal gruppo della Lega, si propone di ricondurre la questione della lingua italiana all'interno della tutela generale delle lingue, degli idiomi, dei dialetti, delle espressioni linguistiche italiane.
Bisognerebbe, pertanto, approvarlo (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania), come affermato dal collega Boato e previsto dai colleghi della Lega nord. È importante, infatti, difendere il patrimonio culturale che è italiano, ma non solo (Applausi di deputati del gruppo La Rosa nel Pugno e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Biancofiore. Ne ha facoltà.
MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, non sono io ad essere faziosa, perché cerco soltanto di tutelare l'identità della nostra lingua ed, in qualche modo, della nostra nazione.
L'emendamento Santelli 1.14, onorevole Boato, non sopprimeva minimamente le garanzie costituzionali - forse avrebbe dovuto capirne l'essenza -, ma introduceva una premessa.
Evidentemente, lei frequenta poco la nostra regione e, probabilmente, anche la sua maggioranza: in questi giorni, la vicepresidente della giunta della provincia autonoma di Bolzano, targata DS - lo dico chiaramente ai signori dei Democratici di sinistra, o meglio de L'Unione - si è scagliata fortemente contro la realtà dell'Alto Adige, perché la lingua tedesca sta fagocitando quella italiana. Stia più attento, quindi, a ciò che accade nella nostra regione, perché se parlo di pulizia linguistica uso questa espressione con cognizione di causa!
In questi giorni, è stata portata avanti solo la dizione tedesca della provincia autonoma di Bolzano, Südtirol; persino, la maggioranza presente in Alto Adige di lingua italiana si è scagliata contro questo problema e vi è un braccio di ferro fortissimo.
Pertanto, l'emendamento Santelli 1.14 è stato ritirato soltanto per arrivare ad un testo coordinato, così come concordato in Commissione.
Nessuno fa del nazionalismo spicciolo, collega Mellano, ma vi invito a frequentare un po' di più alcune realtà del nostro territorio, perché le minoranze vanno rispettate. Io sono la prima che vuole rispettarle, ma non si può arrivare ad una dittatura delle minoranze e rendere minoranza territoriale i cittadini italiani come noi!
Sono mesi che vi dico che, persino Napolitano, se si reca in Alto Adige, non può votare. Vi sembra di tutelare in questo modo la minoranza? Questa è la dittatura della minoranza ed è una cosa ben diversa! In questo caso si può parlare di pulizia linguistica!
Allora, per cortesia, evitiamo di fare faziosità a buon mercato e cerchiamo di frequentare più le diverse realtà e conoscere il nostro territorio prima di parlare (Applausi di deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Goisis. Ne ha facoltà.
PAOLA GOISIS. Signor Presidente, non votare l'emendamento Cota 1.2 significa mostrare veramente l'atteggiamento di questa sinistra, di grande parte della maggioranza. Con la proposta emendativa in esame si chiede soltanto di tutelare le lingue storiche regionali riconosciute dai consigli regionali.
Devo veramente riconoscere che si tratta di una mossa contro le nostre regioni, contro il federalismo, contro l'identità culturale che si vuole cancellare, ancora una volta, a favore di chi entra nel nostro territorio come ospite ed al quale Pag. 10dobbiamo riconoscere tutti i diritti. In cambio, però, conculchiamo i nostri!
Se questo significa voler bene all'Italia, non voglio essere italiana (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania- Commenti dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Zaccaria. Ne ha facoltà.
ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, vorrei preannunziare a nome del gruppo de L'Ulivo che voteremo contro tutti gli emendamenti presentati, ma per una ragione molto semplice: noi condividiamo il testo unificato che il relatore ha illustrato e che rappresenta, come sempre quando si tratta di norme costituzionali, un delicato, ma importante punto di equilibrio.
Le garanzie di quei valori cui alcuni colleghi ora si richiamano sono ampiamente presenti nelle norme precedenti della Costituzione. Mi riferisco agli articoli 2, 3, 5 e 6 della nostra Carta costituzionale, che in questo momento - mi rivolgo ai colleghi prima intervenuti - nessuno pensa di mettere da parte. Anzi, vorrei rilevare che la disposizione in esame è concepita in maniera tale da inserirsi nell'ambito delle garanzie previste a favore del sistema delle autonomie locali e delle minoranze linguistiche, le quali sono rappresentate, in maniera che oserei definire «superba», nelle prime norme della nostra Costituzione.
L'idea di fondo che ispira il provvedimento in esame, quindi, è contenuta nell'audizione informale dei professori dell' Accademia della Crusca, più volte richiamata, i quali hanno chiarito molto bene (sicuramente, molto meglio di quanto potrei fare io) il rapporto intercorrente tra lingue nazionali, dialetti, lingue ed idiomi locali. Si tratta, infatti, di aspetti che non vengono affatto «schiacciati» da una riforma di questo tipo, il cui significato illustrerò in sede di dichiarazione di voto finale.
Preannunzio, quindi, il voto contrario del gruppo L'Ulivo sull'emendamento in esame, nonché sulle restanti proposte emendative presentate, riservandomi di esporne successivamente le motivazioni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giovanardi. Ne ha facoltà.
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, non vorrei che sfuggisse all'Assemblea l'importanza del provvedimento in esame, il quale risulta essere decisivo per il futuro del nostro paese. Ricordo che, in Commissione affari costituzionali, stiamo esaminando il progetto di legge concernente le nuove norme sulla cittadinanza; a tale proposito, vorrei segnalare che uno dei capisaldi di quel provvedimento, peraltro condiviso da tutti, è che, per diventare cittadino italiano, si debba conoscere la lingua italiana. La nostra lingua, in altri termini, è un elemento unificante, che consente a tutti coloro che nascono e vivono in Italia e che vogliano acquistare la cittadinanza italiana di comprendersi tra di loro!
Sembra una questione banale, ma non è così. Infatti, se voi vi recaste nella zona tra Prato e Poggio a Caiano, trovereste 20 chilometri di strada con cartelli scritti solo in cinese, senza che sia riportata una parola di italiano! Se andaste in alcuni quartieri di Roma, colleghi, vi accorgereste che si sta verificando lo stesso fenomeno!
Ricordo che, sul nostro territorio, sono attualmente presenti ben 120 etnie diverse. Sussiste, pertanto, la necessità che chi vive in Italia usi l'italiano (pur dando spazio, naturalmente, a chi vuole esprimersi nel proprio idioma), esaltando altresì le nostre lingue storiche.
Parlo di «lingue» perché i colleghi del gruppo della Lega Nord Padania sanno che il friulano e il sardo sono stati già riconosciuti, dalla legge italiana, come tali. In tal modo, nei consigli regionali di Udine e Cagliari si possono usare quelle lingue, con traduzione simultanea, perché qualsiasi consigliere può parlare nella lingua sarda e friulana e, per legge, deve esservi un interprete che traduca, ad esempio, dal friulano all'italiano e viceversa. Quindi, la Pag. 11tutela delle lingue è giunta fino a quel punto, anche se ritengo ciò sbagliato ed eccessivo!
L'esaltazione delle peculiarità locali, tuttavia, non può contrastare il fatto che sia necessaria una modalità di espressione, verbale e letterale, comune. Pensate, ad esempio, agli ospedali: in numerose città del nord, infatti, le indicazioni ad essi relative sono scritte in italiano, in arabo e in inglese.
Ciò che afferma la collega Biancofiore non è banale. Sono assolutamente favorevole alla tutela della lingua tedesca, ma non voglio che, in una regione italiana, sparisca l'italiano! Mi sta benissimo che, a Bolzano, si usi ovunque la lingua tedesca, ma prima viene quella italiana (Applausi dei deputati Armani e Biancofiore)!
Allo stesso modo, vorrei che a Fiume, in Croazia ed in Dalmazia, dove vi è stata una grande presenza italiana, dopo il croato e lo sloveno, fosse previsto anche l'uso della nostra lingua. Ciò perché la storia l'ha sedimentata ed esiste una minoranza che deve essere tutelata (Applausi del deputato Armani)!
Vorrei dire ai colleghi della Lega, allora, che è essenziale, per la nostra e per la vostra identità, che si stabilisca, attraverso una legge costituzionale, che la lingua ufficiale della Repubblica italiana è l'italiano. In tal modo, chiunque volesse aprire un'attività commerciale o esporre un'insegna, si dovrà prima esprimere in maniera comprensibile da tutti - italiani nati in Italia ed extracomunitari che diventeranno cittadini italiani -, attraverso una lingua unificante! Ciò deve valere anche per gli atti pubblici.
Infatti, se perdessimo un segno di identità, come la lingua, ci complicheremmo il futuro! Ciò non vuol dire assolutamente che, una volta che ci si riconosca in una lingua comune, non sia possibile valorizzare le lingue locali. Vorrei rappresentare, infatti, che anch'io non ho capito perché il friulano ed il sardo siano state definite lingue ed il veneto no! Ricordo che l'allora ministro competente addusse dotte disquisizioni sulla radice neolatina che il friulano o il sardo non avrebbero, contrariamente al bergamasco o al veneto, ma in questo caso si tratta di un'altra questione!
Invito i colleghi di tutti i gruppi parlamentari, quindi, a sostenere il provvedimento in esame; poi, si potrà votare a favore delle proposte emendative che riconoscono le specificità linguistiche o ci si potrà astenere dalla loro votazione.
È vero che in Italia c'è già una legislazione che esalta la specificità e la peculiarità di ogni realtà italiana; soprattutto, dovrebbero farlo le regioni.
Sono affezionato al dialetto modenese: è una realtà storica, ci sono commedie, libri e scritti in dialetto modenese, così come esiste una grande tradizione del veneto scritto. Esso va tutelato, ma oggi ci stiamo ponendo un altro problema. Nel nostro futuro, qual è la lingua che verrà veicolata in tutta Italia e con la quale ci possiamo capire? Qual è l'elemento distintivo che gli extracomunitari devono conoscere obbligatoriamente? È l'italiano!
ANDREA GIBELLI. È l'inglese!
DAVIDE CAPARINI. L'inglese!
CARLO GIOVANARDI. No, l'inglese va benissimo...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
CARLO GIOVANARDI. Concludo, signor Presidente, ma vorrei dire agli amici della Lega che anche loro, forse, hanno qualche problema nel cancellare Manzoni e Dante, nonché nel cancellare la tradizione linguistica, letterale e poetica specifica dell'italiano che credo vada salvaguardata e proiettata verso il futuro. Non si può perdere una lingua così ricca!
L'appello che rivolgo è di non sottovalutare questo provvedimento. Ringrazio il gruppo che lo ha presentato e invito i colleghi ad esprimere con convinzione un voto favorevole, perché la tutela dell'italiano implica anche la tutela delle lingue, degli idiomi, delle minoranze che devono essere rispettate (Applausi di deputati dei Pag. 12gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia e Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Bricolo. Ne ha facoltà.
FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, ritengo che la modifica dell'articolo 12 della Costituzione non sia altro che una provocazione che di fatto va a discriminare le altre lingue parlate nel nostro paese: ciò è inaccettabile.
La lingua veneta l'è 'na lengua millenaria: la se parlava e scriveva prima che Dante nascesse. L'era 'na lengua de la Repubblica Serenissima de Venesia, 'na lengua che anche adesso l'è parlada e capida da milioni de omini e donne nel mondo intiero. 'Na lengua che unisce (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo - Proteste dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)...
PRESIDENTE. La prego, per favore, di usare la lingua italiana. (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
FEDERICO BRICOLO. ...'Na lengua parlada nelle familie, nelle scole, sul lavoro. Mi son veneto, Presidente, la mi lengua l'è quella veneta (Il deputato Bricolo prosegue il suo intervento nell'idioma veneto)...
PRESIDENTE. La prego! La devo fermare, mi dispiace. Mi scusi, la devo richiamare all'esigenza di parlare la lingua italiana.
FEDERICO BRICOLO. Devo finire il mio intervento (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Prego, prenda la parola.
FEDERICO BRICOLO. Mi son veneto...
PRESIDENTE. La prego, deve riprendere a parlare in italiano, per favore!
FEDERICO BRICOLO. Presidente, io mi esprimo nella mia lingua!
PIETRO MARCENARO. Non sei neanche capace!
GIANPAOLO DOZZO. Stai zitto, mona!
PRESIDENTE. Debbo farle presente...
FEDERICO BRICOLO. La mi nazione è quella veneta, Presidente!
PRESIDENTE. Per favore! Siccome si sta costituendo un problema, la prego di riprendere la parola nella lingua italiana. (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)! Prego.
FEDERICO BRICOLO. Io parlo in veneto, Presidente (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)... Stemo parlando de 'na lengua da inserire nella Costituzion e parlo in quella veneta...
PRESIDENTE. Non sento, mi dispiace! Non posso...
FEDERICO BRICOLO. Mi son veneto, Presidente, e mi esprimo in veneto...
PRESIDENTE. Deputato Bricolo, mi dispiace, la devo interrompere.
ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Prego, ne ha facoltà.
ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, sono esterrefatto dei continui richiami che lei ha rivolto al collega Bricolo, per un motivo semplicissimo. Questo paese ha una storia e anche in quest'aula sta dimostrando di essere intollerante rispetto ad altre lingue esistenti nel paese da migliaia di anni (Vivi prolungati applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Gli insulti che abbiamo ricevuto oggi dimostrano che lo spirito federalista, autonomista Pag. 13e di rispetto delle lingue che ci sono in questo paese (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)...
ROBERTO MENIA. Basta!
ANDREA GIBELLI. ...sono la dimostrazione di quanta distanza esiste rispetto ai popoli, rispetto alle nazioni e al nazionalismo in questo paese! Presidente, il nazionalismo (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)...! Vorrei rispondere, dato che l'invito garbato che ha rivolto ha comunque un retropensiero (Commenti del deputato Angela Napoli)...
PRESIDENTE. Vi prego di lasciare parlare il deputato Gibelli.
ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, riteniamo che sia inaccettabile che un parlamentare, in quest'aula, si possa così esprimere in un caso come questo, ove non vi è provocazione, tenendo conto, inoltre, che il provvedimento ha carattere eccezionale. Esso vuole cristallizzare la lingua italiana in funzione di lingua ufficiale della Repubblica, non accettando che, all'interno di questo paese, nonostante le questioni sollevate dall'ex ministro Giovanardi, esistano altre realtà culturali che meritano di essere tutelate. Lei deve attenersi a questo principio e ciò è quanto abbiamo voluto esprimere con i nostri emendamenti.
È gravissimo non solo il richiamo che lei ha fatto, ma soprattutto l'intolleranza nazionalista che qui è venuta fuori, mentre il collega parlava nella lingua dei suoi padri, che ha più di mille anni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Deputato Gibelli, devo farle presente che, nel dibattito parlamentare, gli interventi sono svolti in italiano, non potendo essere consentito l'uso di idiomi, forme linguistiche o lingue diverse.
GUIDO DUSSIN. Comunista!
PRESIDENTE. L'uso esclusivo dell'italiano negli atti e nei dibattiti parlamentari costituisce, infatti, in coerenza con i principi affermati nella giurisprudenza costituzionale, una vera e propria consuetudine, alla cui osservanza la Presidenza ha sempre espressamente richiamato i deputati che intendevano parlare in altra lingua o in dialetto, come loro possono riscontrare in numerosi precedenti, quali quelli del 10 agosto 1983, del 1o agosto 1996 e del 25 maggio 1998. Tale consuetudine è stata da ultimo ribadita nella XIV legislatura dall'Ufficio di Presidenza per i deputati italiani eletti all'estero.
L'uso in Parlamento della lingua italiana costituisce un requisito necessario per la piena comprensione della discussione, in primo luogo, da parte di tutti i deputati e del Governo. Richiamandomi alle pronunce delle precedenti legislature, faccio presente che esso è altresì essenziale per consentire al Presidente della Camera l'esercizio dei suoi poteri ordinatori, di direzione e di moderazione del dibattito, funzionali a garantire il rispetto delle regole di correttezza parlamentare, anche a tutela dei soggetti esterni, e lo svolgimento della discussione in forma adeguata al ruolo costituzionale del Parlamento.
È evidente come tale potere non potrebbe essere esercitato ove gli interventi fossero svolti in una forma linguistica diversa da quella nazionale.
È, altresì, evidente che l'uso dell'italiano costituisce il presupposto necessario per garantire l'attuazione del principio costituzionale della pubblicità dei lavori parlamentari attraverso la resocontazione degli interventi. Infatti, ove gli interventi si svolgessero in altra lingua, la resocontazione non sarebbe oggi sostanzialmente possibile.
Secondo i precedenti, dunque, la Presidenza non può consentire che gli interventi si svolgano in tutto o in parte in forme linguistiche diverse dall'italiano. Spero ed auspico che i colleghi comprendano che la Presidenza non può agire diversamente in questa circostanza, anche se lo fa con rincrescimento, per il rispetto Pag. 14che si deve alle forme linguistiche locali, che, oltre a conoscere un consolidato radicamento nelle tradizioni popolari, hanno dato vita nel tempo a manifestazioni culturali ed artistiche di grandissimo rilievo testimoniato dall'opera di grandi autori; penso, solo a titolo di esempio, a Carlo Porta, a Biagio Marin, a Giuseppe Gioacchino Belli e a Raffaele Viviani. Ma questo resta deciso e, come tale, non potrò che consentire di prendere la parola e di svilupparla soltanto nella lingua italiana.
ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, volevo solo che rimanesse agli atti che vi sono stati alcuni precedenti; infatti, un mese fa, l'onorevole Alessandri ha lasciato agli atti della Camera alcune considerazioni in idioma emiliano e ciò è stato consentito con riferimento ad un provvedimento di natura ordinaria. E su tale tipo di provvedimento lei sa benissimo, Presidente, che la Lega Nord non ha alcun problema.
Oggi, la sua replica in risposta all'intervento dell'onorevole Bricolo non vale in quanto non tiene conto di un presupposto, cioè del fatto che stiamo modificando l'articolo 12 della Costituzione. Dunque, se si applica una prassi regolamentare ad una modifica costituzionale, ciò vuol dire ricadere nel principio nazionalista di non consentire ad altre realtà linguistiche di avere cittadinanza in Parlamento e questo è assolutamente grave.
Quindi, Presidente, le chiedo di rivedere la sua posizione in considerazione del fatto che l'argomento oggi in discussione ha carattere eccezionale.
PRESIDENTE. Vorrei svolgere due osservazioni. La prima riguarda il fatto che il riferimento che lei, deputato Gibelli, ha fatto si riferisce ad una sola frase e non ad un intervento. La seconda è che lei fa parte autorevolmente della Giunta per il regolamento e pertanto, nel caso intendesse proporre modifiche regolamentari, può farlo in quella sede.
Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il presidente La Russa. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, intervengo sulla questione in oggetto per svolgere un richiamo ed un appello al buonsenso.
Secondo l'intendimento di Alleanza Nazionale, il presente provvedimento non vuole minimamente mortificare la necessità di valorizzare gli idiomi locali.
ANGELO ALESSANDRI. Lo stai facendo!
IGNAZIO LA RUSSA. Sto parlando, ti prego di avere la bontà di ascoltarmi!
Ricordo che nella precedente legislatura, addirittura, Alleanza Nazionale espresse insieme alla Lega Nord un voto favorevole su un emendamento che prevedeva di inserire in questo provvedimento la valorizzazione degli idiomi locali. Quindi, questa è la prova provata che non sto dicendo una cosa tanto per dirla, ma perché si tratta effettivamente del riflesso di ciò che alberga nel nostro animo.
In Commissione, si è ritenuto di adottare questo testo, che è l'unico che può essere approvato; infatti, rispetto alla scorsa legislatura, vi è una maggioranza diversa.
Riteniamo che non sia importante penalizzare il veneto, il siciliano o il lombardo; al contrario, crediamo sia necessario - e per questo mi appello alla Lega -, in condizioni così diverse rispetto a quando la Costituzione fu scritta e che piuttosto creano i presupposti per un imbarbarimento della lingua attraverso altre commistioni, fissare il punto per addivenire ad una costituzionalizzazione dell'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica.
Ci impegniamo - lo dico ufficialmente, Presidente, ecco perché intervengo sull'ordine dei lavori, sperando che ciò possa consentire di andare avanti - ad approvare una legge ordinaria per una ulteriore valorizzazione degli idiomi, che già le regioni - e senza il nostro contrasto - hanno abbondantemente valorizzato.Pag. 15
Vi prego tuttavia di avere il buonsenso di non trasformare la discussione su questo provvedimento in un contrasto culturale ed ideologico, che non vogliamo e che non ha motivo di esistere se non per ragioni prettamente propagandistiche (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Se non vi sono altri interventi sull'ordine dei lavori, torniamo alle dichiarazioni di voto sull'emendamento Cota 1.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Pini. Ne ha facoltà.
GIANLUCA PINI. Signor Presidente, intendo stigmatizzare il fatto che non solo la maggioranza ma anche alcuni esponenti di altri partiti politici hanno voluto limitare il riconoscimento di una regione, la Romagna, di cui parlava anche Dante ne La Divina Commedia, ma evidentemente vuitá av'lì scanzlé la lengúa rúmagnola (Prosegue l'intervento nell'idioma romagnolo)...
PRESIDENTE. Per favore, è inutile che lei insista! Le devo togliere la parola, mi dispiace (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Il deputato Pini prosegue ancora il suo intervento nell'idioma romagnolo)!
Mi dispiace molto che loro proseguano in questo modo, ma le decisioni sono state già assunte. Insisto ancora al riguardo proprio per rispetto della vostra interlocuzione e affinché si sappia che il riferimento del presidente Gibelli è ad un intervento di Angelo Alessandri contenente una sola frase in dialetto, che viene rendicontata nel testo per ragioni di evidente buonsenso. Quindi, vi prego di attenervi alla decisione presa.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Venier. Ne ha facoltà.
IACOPO VENIER. Signor Presidente, il gruppo dei Comunisti Italiani si è astenuto in sede di Commissione su questa proposta di legge costituzionale perché, pur apprezzandone il testo, che rappresenta un giusto equilibrio dal punto di vista costituzionale e che non deve essere modificato in alcun modo, ritiene sicuramente importante anche il contesto nel quale essa può essere approvata. In questa Assemblea stiamo assistendo a gravissime affermazioni che minano il percorso di riconoscimento dei diritti linguistici e nazionali delle minoranze presenti sul nostro territorio. Inoltre, si usa strumentalmente la questione degli idiomi locali per alludere ad un processo di disgregazione del nostro paese. Noi stiamo affrontando l'esame di una proposta di legge costituzionale, non di un provvedimento riguardante l'una o l'altra maggioranza politica, che interessa il nostro paese a prescindere dalle diverse forme di governo e dalle diverse sensibilità.
Credo che questo dibattito sia importante perché il suo senso e la sua qualità determineranno anche la realtà di una norma che noi vogliamo introdurre nella Costituzione italiana per chiarire un aspetto pleonastico ma anche importante, cioè il ruolo della lingua italiana nella sua funzione pubblica nell'assetto costituzionale del nostro paese. Tuttavia, questa proposta di legge costituzionale non può essere utilizzata pretestuosamente contro un percorso di riconoscimento che è stato duro e ha comportato importantissime e democratiche battaglie.
L'affermazione degli articoli costituzionali che riconoscono le minoranze linguistiche è avvenuta attraverso un difficilissimo percorso politico ed una iniziativa civile volta a ottenere ciò che la Costituzione aveva già definito. Per questo motivo, riteniamo di dover ascoltare con grande attenzione il senso di questa discussione prima di approvare un provvedimento il cui testo, per come è redatto, è giusto ed equilibrato dal punto di vista costituzionale. Tuttavia, non dovrà essere consentito ad alcuno in futuro, qualunque sia la maggioranza che governerà il nostro paese, di utilizzare questa norma per comprimere altri diritti costituzionali o altri diritti di civiltà che sono stati acquisiti in questi anni di vita della Repubblica democratica antifascista.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Garavaglia. Ne ha facoltà.
MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, nel suo intervento precedente lei si è riferito a una consuetudine. Ebbene, il sottoscritto, quando svolge i suoi interventi, ha la consuetudine di inserirvi quasi sempre una frase in milanese, che l'è la mia lengua. Quindi, mi atterrò alla consuetudine e parlerò in italiano, ma ogni tanto ghe metti dentro una parola in dialet, che l'è la mia lengua.
Ciò detto, vorrei dire al professor Zaccaria che non convince la sua osservazione in riferimento all'articolo 6 della Costituzione, perché non possiamo considerare i milanesi una minoranza linguistica. Mi spiego meglio. L'insubre, el milanes, è parlato dal Canton Ticino al Po, dal Sesia all'Adda. Si tratta di cinque milioni di persone, del 10 per cento della popolazione italiana.
Definire minoranza linguistica il 10 per cento della popolazione per noi è offensivo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Quindi, non possiamo dire altro che così non va bene.
PRESIDENTE. Deputato Garavaglia, deve concludere.
MASSIMO GARAVAGLIA. Mi avvio a concludere.
PRESIDENTE. Deve concludere!
MASSIMO GARAVAGLIA. Siamo d'accordo su questo provvedimento a patto che vengano recepiti gli emendamenti da noi presentati, che sono assolutamente opportuni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.
GERARDO BIANCO. Signor Presidente, confesso di avere avuto molte perplessità, sia nel corso della passata legislatura che nel corso di quella attuale, sul provvedimento che ci accingiamo ad approvare. Mi hanno indotto ad esprimere un atteggiamento favorevole sopratutto le relazioni del presidente dell'Accademia della Crusca e i ragionamenti svolti nel corso della precedente legislatura.
Tuttavia, se i colleghi consentono, un argomento siffatto deve essere inquadrato culturalmente in maniera adeguata, senza pregiudizi e nella comprensione della natura di un fenomeno linguistico. La lingua è un classico elemento di comunicazione; essa è un fenomeno parlato - così è stato definito - che determina dialettica.
Ai colleghi della Lega Nord vorrei dire che sarebbe assolutamente insensato per chi persegue la vivacità della lingua italiana non stimolare le lingue locali. Le lingue nazionali sono arricchite da quelle locali.
PRESIDENTE. Deputato Gerardo Bianco, la prego di concludere.
GERARDO BIANCO. Signor Presidente, non abuso mai della parola e quindi, se mi permette qualche minuto in più, vorrei aggiungere che mi pare fuori discussione dire che le lingue nazionali sono un elemento vitale se sono alimentate da quelle locali. Gli articoli 6 e 12 della Costituzione danno a mio avviso tutte le garanzie affinché questo avvenga.
Rivolgendomi alla collega Biancofiore (il cui nome mi attira perché evoca in me simboli particolari), ricordo che la lingua italiana non può diventare un elemento di divisione, bensì di unione non solo dal punto di vista della cultura nazionale, ma anche di esposizione all'esterno. Si tratta di un elemento vitale. Il suo irrigidimento in una norma costituzionale forse può risultare utile; tuttavia credo che vada mantenuto il vero elemento di una lingua nazionale, che è quello di costituire un fattore cardine della vitalità di un intero popolo (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, Pag. 17il deputato Garagnani. Ne ha facoltà.
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, da un lato vorrei evidenziare il mio consenso su questo provvedimento che valorizza e definisce in termini precisi il ruolo della lingua italiana sul territorio nazionale. Dall'altro lato, vorrei allo stesso tempo evidenziare la seguente contraddizione. Mentre il Parlamento approva una legge che, nel rispetto delle minoranze linguistiche, conferma il ruolo della lingua italiana, molti enti locali, nonostante le ristrettezze economiche, finanziano corsi di varie lingue straniere per gli immigrati extracomunitari. Ciò non vuol dire non essere rispettosi delle matrici di provenienza, delle etnie e delle culture di che proviene da altre realtà, lontane dal nostro paese. Tuttavia, ritengo che lo Stato sia formato dal Parlamento ma anche dagli enti locali. Se gli enti locali si riconoscono nella storia, nella cultura e nell'identità italiana non possono prescindere dal ruolo che loro compete nel finanziare e nell'aiutare gli immigrati extracomunitari nell'apprendimento della lingua e della cultura italiana. Oggi sta avvenendo l'esatto contrario o, perlomeno, accanto a questo apprendimento, si insegna la permanenza di lingue e tradizioni la cui tutela, casomai, spetterebbe alle comunità locali. Desidero evidenziare questo fatto perché esso mi pare in palese contraddizione con quanto affermato in questa sede da molti colleghi. Un'effettiva aderenza...
PRESIDENTE. Deputato Garagnani, deve concludere.
FABIO GARAGNANI. L'effettiva aderenza alle condizioni di legge presuppone un'adesione intima al contenuto di questo provvedimento anche da parte delle realtà periferiche.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Brugger. Ne ha facoltà.
SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, cercherò ovviamente di esprimermi nella lingua italiana; essendo di madrelingua tedesca, cercherò quanto meno di farmi comprendere (Applausi). Siamo rimasti piuttosto impressionati dal dibattito perché pensavamo che il provvedimento in esame fosse abbastanza neutrale, cioè non rivolto contro qualcuno, ma, semmai, a favore della lingua italiana. Noi abbiamo anche constatato che in Commissione questa direzione di pensiero è stata seguita dalla maggioranza e in tal senso avevamo creduto che il provvedimento fosse, semmai, un rafforzamento dell'identità nazionale, anche se da sempre consideravamo come un segno di debolezza il fatto che uno Stato dovesse inserire nella Costituzione il riconoscimento della propria lingua, posto che ritenevamo che questo fosse più che ovvio.
Quindi, se lo Stato deve inserire il riconoscimento della lingua italiana nella Costituzione, quanto meno ha dei problemi di identità perché, altrimenti, non dovrebbe farlo (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Tuttavia, visto anche l'andamento del dibattito, quando si interviene contro la valorizzazione degli idiomi e delle lingue credo che si vada nella direzione totalmente sbagliata perché, semmai, l'Italia deve essere un paese che tutela questa ricchezza e le minoranze linguistiche. Da questo punto di vista, credo che, quanto meno, le nostre minoranze linguistiche abbiano da cinquant'anni una rappresentanza in Parlamento e noi abbiamo sempre combattuto per valorizzare la nostra minoranza. Tuttavia, quando oggi ho sentito gli interventi, in modo particolare quello della deputata Biancofiore, ho capito che l'impostazione del provvedimento è rivolta contro qualcuno, contro le minoranze linguistiche. È stata pronunciata - lo ha ricordato bene il collega Boato - addirittura la parola...
MICHAELA BIANCOFIORE. Pulizia linguistica!
MARCO BOATO. Hai detto pulizia etnica!
Pag. 18SIEGFRIED BRUGGER. Comunque, si tratta di parole che non sono mai state usate in quest'aula, parole che non ripeto neanche. Fintanto che il provvedimento rimane neutrale e di sostegno della lingua italiana, noi ci asterremo; ma se dovessimo constatare che esso è rivolto contro le minoranze linguistiche e contro gli idiomi regionali, voteremmo contro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Menia. Ne ha facoltà.
ROBERTO MENIA. Signor Presidente, colleghi, nel corso della discussione sulle linee generali ho già svolto un intervento e penso di avere espresso in maniera compiuta le motivazioni per cui il mio gruppo ha presentato e sostiene il provvedimento in esame. Tuttavia, vengo sollecitato a questo intervento dalle parole di un collega che, esprimendosi in veneto e dando lezioni di «veneticità», mi spinge a raccontarvi una storia tutta veneta, ma che penso possa essere utile ad una riflessione comune.
Forse molti non sapranno che più di duecento anni fa, nel 1797, l'ultimo gonfalone di Venezia venne sepolto sotto l'altare della chiesa di Perasto, nelle Bocche di Cattaro. Il capitano Viscovic, il cui nome suona slavo - ma voi sapete che Venezia ha intitolato la sua riva più bella agli schiavoni, che erano poi suoi soldati fedelissimi -, seppellì il gonfalone di Venezia con un discorso che rimane famoso, pronunciato in veneto, e che oggi ricordiamo. Si tratta del famoso discorso da cui i dalmati fanno derivare una sorta di giuramento verso l'Italia. Il conte Viscovic disse: vecio leon - questa è una citazione, e quindi si può dire -, vecchio leone, per tanti anni, per 377 anni sei stato con noi, nella buona e nella cattiva sorte, abbiamo pianto e abbiamo riso, abbiamo combattuto, abbiamo vissuto giorni felici. E conclude questo intervento commosso nella chiesa di Perasto dicendo: vecchio leone, tu rimarrai sempre con noi e noi sempre con te. «Ti con nu e nu con ti». «Ti con nu e nu con ti» sarà la bandiera sotto la quale Francesco Rismondo, il redento di Spalato, medaglia d'oro della prima guerra mondiale - che è la conclusione del Risorgimento italiano - cade nel nome dell'Italia. «Ti con nu e nu con ti» era scritto sulla poppa dell'ex ammiraglia della nostra marina militare. E cosa stava a significare? Stava a significare che, portandoci dietro la nostra identità, avevamo però bisogno di un elemento unificante. Io parlo il dialetto veneto (Una voce dai banchi del gruppo Lega Nord Padania: Lingua veneta!). Parlo il triestino, parlo il ladino del Cadore. Parlo il ladino del Cadore, sai perché? Perché mia madre, che veniva dall'Istria ed era esule per scelta di libertà e di italianità - e la cui madre era scappata prima dalla Dalmazia per restare libera ed italiana -, per parlare con mio padre, che parlava il ladino del Cadore che anche io parlo, usava l'italiano. I campani non sono una minoranza. I veneti non sono una minoranza. I friulani non sono una minoranza. Noi non siamo tante minoranze! Noi siamo tasselli di uno splendido mosaico che costituisce l'identità italiana (Applausi di deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, L'Ulivo, Forza Italia, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), La Rosa nel Pugno). E lingua italiana è la lingua unificante di questo paese.
Allora, nel rispetto di tutte le culture, nel rispetto di tutte le provenienze, nel rispetto di tutte le lingue e di tutti gli idiomi, abbiamo il diritto e il dovere di trovare l'elemento che ci unifica e ci identifica.
Amici della Lega, quando poi usciremo in Transatlantico parleremo in italiano perché questa è la lingua comune. È quella che riconosce in noi il portato delle nostre storie, delle nostre memorie, delle nostre identità, delle nostre azioni, di quelli che ci sono stati prima di noi, di tutto quello che è poi l'identità, che anche voi - nel campanile, nella religione, nella tradizione, nello spirito - conservate. Ecco perché è bello, è giusto ed è nobile che vi sia anche nella Costituzione un riferimento all'elemento che - come diceva il Manzoni - è Pag. 19quello più profittevole per l'unità della nazione. Manzoni, che è un grande padre nobile della patria, diceva che, dopo l'unità delle armi e delle leggi, è quella della lingua che rende più profittevole l'unità di una nazione. Questa è la verità, difficile da confutare e soprattutto da non penalizzare stupidamente con qualche intervento in dialetto (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale e di deputati dei gruppi L'Ulivo e La Rosa nel Pugno - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Bonelli. Ne ha facoltà.
ANGELO BONELLI. Signor Presidente, la questione che stiamo affrontando è molto seria, e non può essere banalizzata riducendola ad uno scontro ideologico. Noi Verdi abbiamo presentato l'emendamento 1.3, firmato da Marco Boato, perché riteniamo che gli idiomi locali rappresentino un elemento fondamentale nella conservazione e nella tutela delle tradizioni storiche e culturali di questo paese. Mi rivolgo a tutti i colleghi. Gli idiomi locali - e condivido l'ultimo intervento - hanno contribuito a costruire l'unità d'Italia, a costruire una storia, a tutelare le tradizioni. Voglio ricordare che, in molta della nostra letteratura e in molte delle fiabe che sono state tramandate per via orale, gli idiomi locali rappresentano un elemento molto importante. Voteremo a favore dell'emendamento Boato e ci asterremo sugli altri emendamenti, perché riteniamo importante che tutto si fissi nell'ambito della valorizzazione degli idiomi locali.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Franco Russo. Ne ha facoltà.
FRANCO RUSSO. Signor Presidente, se quest'Assemblea ascoltasse, come ha ascoltato con molta attenzione lo speech con il quale lei ha affermato che è implicito che nel Parlamento italiano si parli la lingua italiana, probabilmente anche i membri del Comitato dei nove dovrebbero rilevare che l'intervento che si vuole effettuare con il presente provvedimento sull'articolo 12 della Costituzione, oltre ad essere inutile, è anche, come spesso accade e come il dibattito di questa mattina sta dimostrando, dannoso. Cosa sta avvenendo? Con questa modifica dell'articolo 12 della Carta costituzionale, che riconosce l'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica, vengono attivate le pulsioni identitarie esistenti nel nostro paese, che significa l'attivazione di pulsioni di restringimento e di chiusura nei confronti sia dei migranti sia delle minoranze linguistiche. L'intervento svolto poc'anzi dall'onorevole Biancofiore è esemplare da questo punto di vista.
Se ci attenessimo semplicemente al dettato dell'articolo 6 della Costituzione, che stabilisce che la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche, il collega Boato e i colleghi della Lega Nord Padania non sentirebbero il bisogno di inserire in Costituzione l'esaltazione degli idiomi e si potrebbe provvedere con norme ordinarie, come è stato fatto con la legge n. 482 del 1999, a tutelare l'esaltazione, la protezione e la promozione delle lingue, che ormai è affidata alle regioni.
Vi è anche un'altra pulsione che corrisponde a quella identitaria: è quella secessionista della Lega Nord Padania. Colleghe e colleghi dell'Unione, mi rivolgo soprattutto a voi, il provvedimento in esame è semplicemente il frutto dell'inseguimento che per anni le forze politiche, anche di sinistra, hanno fatto sul terreno della Lega Nord Padania per soddisfarne e per conquistarne le simpatie. In verità, il federalismo è l'opposto della secessione. Il federalismo è la chiamata all'unità del paese.
Un'ultima considerazione. Colleghi, ha ragione e pertanto seguiamo quanto ha detto il collega linguista e latinista Gerardo Bianco, vale a dire che le lingue non hanno bisogno della protezione della legge. La lingua è un organismo storico naturale che si sviluppa attraverso chi la pratica, chi la frequenta ed è il mezzo di comunicazione.Pag. 20
Presidente, le leggi non possono fare tutto. In questo caso, si dimostra che la legge è dannosa perché appunto dà la stura ai dissensi, alla lotta e alle pulsioni che noi dovremmo invece controllare.
Per tutti questi motivi, voteremo contro l'emendamento Cota 1.2 e preannuncio fin d'ora che per gli stessi motivi voteremo contro l'emendamento Boato 1.3. Non c'è bisogno, onorevole Bonelli, di inserire in Costituzione la protezione degli idiomi locali e quella delle minoranze linguistiche perché c'è già all'articolo 6. Fare qualcosa di più, come si sta dimostrando, è dannoso.
Dirò poi, in sede di dichiarazione di voto finale, perché trovo assolutamente assurdo quanto ha detto l'onorevole Biancofiore. Invito, inoltre, il collega Brugger, che ha preannunciato il suo voto di astensione, ad osservare come in questo dibattito c'è qualcosa che innesta inimicizia. Se noi l'avessimo evitato avremmo evitato anche questa inimicizia, così come avremmo evitato la non neutralità del provvedimento.
In conclusione, mi rivolgo a tutti i colleghi invitandoli a soprassedere rispetto al voto di questo provvedimento e a ripensare se sia veramente il caso di intervenire sull'articolo 12 della Costituzione perché, come detto e come questo dibattito sta dimostrando, sarebbe qualcosa di inutile.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Donadi. Ne ha facoltà.
MASSIMO DONADI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, tengo a precisare che sono veneto; oltre a parlare l'italiano parlo e sento di avere una appartenenza culturale, che avverto come profonda, alla lingua della mia terra. Credo che ciò valga sia per me sia per la gran parte dei parlamentari di questa Camera in relazione alla storia e alle radici identitarie della terra di ciascuno.
Credo, peraltro, che dobbiamo tenere in debita considerazione una profonda differenza che in alcuni interventi mi è parso diventare invece un po' più labile, vale a dire quella tra le identità storiche che si esprimono anche attraverso le lingue dialettali e la tutela delle minoranze linguistiche.
Nel rivendicare con orgoglio queste mie radici e questa mia cultura, non avverto e non ho per questo una percezione di me stesso come una minoranza linguistica, ma semplicemente come quella di un italiano che è fortemente legato alla propria storia, alle proprie radici e ai valori della propria terra. Devo dire che la tutela delle minoranze linguistiche è già presente nella nostra Costituzione e si presenta già come un valore fortemente affermato e tutelato anche nei fatti. Addirittura, per alcune regioni, le minoranze linguistiche ed etniche hanno una componente particolarmente forte e sappiamo che la Costituzione riconosce loro un trattamento del tutto peculiare. Non per questo, tuttavia, noi non comprendiamo le motivazioni e le ragioni che stanno alla base dell'emendamento della Lega nord, ma crediamo soltanto che la previsione nel testo costituzionale non sia verosimilmente lo strumento più adeguato rispetto al tipo di tutela che si vuole dare.
Per questa ragione, che è peraltro quella della condivisione di un intento, quello di tutelare identità storiche e culturali che sono forti e che si esprimono talora anche e soprattutto attraverso l'idioma, ma anche nella convinzione che non sia la Costituzione a doverne fornire una tutela, bensì lo strumento delle leggi ordinarie - come è stato ricordato dall'onorevole La Russa - oltre alle iniziative che la stragrande maggioranza delle regioni italiane hanno assunto con riferimento all'identità storiche e culturali, il gruppo dell'Italia dei valori si asterrà su questo emendamento per dare un segnale che sia anche di apprezzamento verso questo impegno che noi condividiamo nello spirito.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Dozzo. Ne ha facoltà.
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GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, io vorrei iniziare il mio intervento col dirghe: sior Presidente, e non tanto per mancanza di rispetto verso quest'Aula o verso di lei, signor Presidente, quanto perché la lingua che mi hanno insegnato i miei genitori e i miei nonni è il veneto.
Quindi, signor Presidente, trovo assurdo che lei non possa recepire tutto questo. La lingua - come diceva il collega Bianco - è un fenomeno parlato. Ebbene, in Veneto, la lingua veneta è parlata dal novanta per cento dei veneti! Quindi, perché non mettere in Costituzione che il veneto ha pari dignità delle altre lingue in Italia e ha pari dignità dell'italiano (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) ? Perché? È forse mancanza di coraggio? Certamente!
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIANPAOLO DOZZO. Presidente, mi scusi.
PRESIDENTE. Deve concludere, però.
GIANPAOLO DOZZO. No, no, mi scusi. Il fatto stesso...
PRESIDENTE. No, deve concludere.
GIANPAOLO DOZZO. Mi scusi un attimo. Non ho mai parlato; concludo in trenta secondi.
PRESIDENTE. Mi dispiace...
GIANPAOLO DOZZO. ...che si voglia mettere l'italiano nella Costituzione, significa il fallimento di questa nazione intesa come Stato e il fallimento del popolo italiano. Perché? Sappiamo benissimo che...
PRESIDENTE. La prego, però, deve concludere.
GIANPAOLO DOZZO. ...bisogna vedere quale italiano, Presidente; è forse quello che si parla e che sentiamo in televisione?
PRESIDENTE. Non mi costringa a toglierle la parola.
GIANPAOLO DOZZO. È questo l'italiano che vogliamo mettere in Costituzione?
PRESIDENTE. Deve concludere, per favore!
GIANPAOLO DOZZO. Concludo, Presidente. Mi creda, quando si parla in veneto o in siciliano o in romagnolo significa che ognuno di noi ha una propria identità, una propria caratteristica...
PRESIDENTE. Deve concludere!
GIANPAOLO DOZZO. ... una propria tradizione da mantenere! Questo per il bene (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)...
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Campa. Ne ha facoltà.
CESARE CAMPA. Signor Presidente, vorrei sottoscrivere l'emendamento Cota 1.2 perché non mi sembra che vi sia alcuna contraddizione con il disposto del provvedimento che ci accingiamo ad approvare. Nel momento in cui, con legge nazionale, si riconosce l'italiano come lingua ufficiale della Repubblica, non è contraddittorio dire che «la Repubblica tutela altresì le lingue che, con legge regionale, sono riconosciute come lingue storiche regionali». Ciò significa invece valorizzare la nostra cultura e la nostra storia.
Presidente, se prima g'avess espetà, invece de agitarse, invece de ascoltà il collega...
PRESIDENTE. La prego, per favore ....
CESARE CAMPA. ...avrebbe capito tutto perché il veneto si capisce perfettamente. Quindi, Presidente, non solo sottoscrivo questo emendamento ma invito anche lei a farsi carico di invitare l'Assemblea a votare un emendamento che, in Pag. 22fondo, senza tradire la lingua italiana, valorizza le lingue che, con legge regionale, sono riconosciute.
PRESIDENTE. Deve concludere, per favore!
CESARE CAMPA. La ringrazio perché so che agirà in questo senso (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Grazie a lei.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Montani. Ne ha facoltà.
ENRICO MONTANI. Presidente, dalle mie parti - che poi sono, più o meno, anche le sue - c'è un detto che dice: «Le radici profonde non gelano mai». Gli emendamenti presentati dalla Lega Nord vanno in questo senso: a preservare le nostre radici. Quand a turni da luntàn e at veghi dazura ai tècc mi am senti ul cor in màn...
PRESIDENTE. La prego, per favore...
ENRICO MONTANI. «San Vitur» di me vècc. Av rigordi...
PRESIDENTE. La prego, non mi costringa a toglierle la parola.
ENRICO MONTANI. Posso consegnare il testo?
PRESIDENTE. Può anche consegnarlo, ma la avverto che potrà essere poi riprodotto soltanto in lingua italiana, come lei sa, tranne le citazioni. (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Tranne le citazioni!
ENRICO MONTANI. È già scritto, signor Presidente!
PRESIDENTE. Tranne le citazioni!
ENRICO MONTANI. È già scritto, signor Presidente! Lo posso consegnare? Lo abbiamo già fatto!
PRESIDENTE. Va bene, ma le ho già detto cosa succederà. Il precedente è nel senso di una frase che sia immediatamente intelligibile, altrimenti non può essere accolta (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
DAVIDE CAPARINI. Sta riscrivendo il regolamento! Dieci anni fa, in quest'aula, Borghezio...
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, ovviamente, noi voteremo a favore di tutti questi emendamenti che richiamano le lingue storiche regionali, gli idiomi e la cultura delle varie località che costituiscono il nostro paese. Non abbiamo però nulla da dire sul fatto che la lingua italiana sia la lingua ufficiale della nostra Repubblica, così come il nostro tricolore ne è la bandiera ufficiale (come sancito nello stesso articolo 12 della Costituzione).
Ciò che invece ci preoccupa e che questo Parlamento sta trascurando è il fatto che, statisticamente, rispetto ai paesi più avanzati l'italiano non è più una lingua parlata in Europa. Addirittura, l'Unione europea giudica inutili le spese per gli interpreti italiani. È questo che ci preoccupa: l'isolamento che viviamo in Italia con la nostra lingua.
Quindi, questo dibattito è fuori tema. Le nostre culture regionali vanno mantenute perché rappresentano la nostra storia e le nostre tradizioni. Mi diceva prima il collega Cossiga che tra i pastori dei reggimenti sardi, che hanno fatto l'Italia, nessuno conosceva l'italiano, eppure si sono battuti e sono morti per l'unità d'Italia. Quindi, non è qui il problema: il problema sta nelle espressioni linguistiche cosiddette spazzatura che si ascoltano nelle nostre televisioni, che si usano tra i giovani quando comunicano con codici telegrafici, simbolici e sintetici mediante SMS telefonici.
I problemi ci sono quando ascoltiamo certi ministri che non sanno sintassi e grammatica: è questo che ci preoccupa.Pag. 23
Ci preoccupa il fatto che abbiamo un Presidente del Consiglio che è stato Presidente dell'Unione europea e ha fatto in modo che la lingua italiana scendesse in serie B, senza fare nulla per mantenere alta la nostra cultura e presenza in Europa.
È questo che ci preoccupa ed è per questo motivo che così come siamo d'accordo sull'inserimento nell'articolo 12 della Costituzione che la lingua italiana sia quella ufficiale della nostra Repubblica, siamo d'accordo anche su questi emendamenti che garantiscono la cultura, la storia e le tradizioni del nostro paese.
Onorevoli colleghi, quando parlo con mia mamma, devo usare il dialetto, altrimenti non mi capisce; so anche che la stessa cosa succede a molti altri colleghi ed alla stragrande maggioranza dei cittadini che rappresentiamo. Quindi, il nostro dibattito è fuori tema: il vero tema, in questo momento, è riuscire a far sì che l'italiano continui ad essere presente in Europa e non sia considerato una lingua di serie B o addirittura da C2, nemmeno da C1! Semmai, scriviamo nella Costituzione che i rappresentanti delle istituzioni, i ministri, debbano conoscere l'italiano: questo sì! Non mettiamoli lì perché fanno comodo o perché si spera, con loro, di riuscire a governare un paese che, da quel che si vede, non è assolutamente governato e governabile!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Alessandri. Ne ha facoltà.
ANGELO ALESSANDRI. Presidente, intanto, sono contento perché il mio costituisce un precedente, che però deve essere utilizzato: non può affermare, signor Presidente, che è ammesso l'inserimento in un certo contesto di frasi pronunciate in una lingua locale, non in dialetto, se poi, ogni volta che lo facciamo, si irrita e ci toglie la parola! Se il concetto è quello che lei ha esposto, signor Presidente, deve applicarlo fino in fondo! Pertanto, d'ora in avanti possiamo anche esprimerci nella nostra lingua locale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Inoltre, desidero resti agli atti che l'emiliano - visto che qualcuno lo dimentica spesso - è da considerarsi una lingua, non solo un dialetto.
Colgo l'occasione per rispondere anche al collega La Russa. Secondo me, se un immigrato viene a casa nostra, oltre a conoscere l'italiano, deve anche capire qualcosa della lingua locale. Per quanto mi riguarda, un po' di emiliano, di reggiano ed anche di guastallese deve saperlo interpretare, altrimenti non si integra. Allora, ci vogliono dieci anni! Imporre la conoscenza dell'italiano comporta, magari, per un immigrato lo studio di un anno di lingua italiana ed accelerare...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ANGELO ALESSANDRI. ...il riconoscimento della cittadinanza, la qual cosa sarebbe davvero un grande errore. Concludo...
PRESIDENTE. Deve concludere, per favore!
ANGELO ALESSANDRI. Concludo rispondendo anche al collega Franco Russo, il quale porta il cognome giusto per fare il comunista. Debbo dire che, a volte...
PRESIDENTE. Deve concludere, per favore!
ANGELO ALESSANDRI. ... il passaggio da fascista a comunista, perché quando si cerca di imporre...
PRESIDENTE. Grazie.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Grimoldi. Ne ha facoltà.
PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, premetto che cercherò di non farla arrabbiare.
Credo che la domanda alla quale dobbiamo tutti dare una risposta sia la seguente: riteniamo le nostre lingue regionali una ricchezza dello spirito che ci può impedire di essere totalmente spersonalizzati Pag. 24dalla globalizzazione ovvero un retaggio del passato? Nel mondo di oggi, spersonalizzato ed impostato sull'economia, non dobbiamo dimenticare che le lingue locali, o dialetti, sono inevitabilmente il linguaggio dell'anima.
Qualcuno diceva che per parlare di questo argomento bisogna conoscere la realtà locali; io dico che, oltre a conoscere le realtà locali, bisogna conoscere la storia. A questo proposito, vorrei raccontarle, signor Presidente, la storia di Amatore Sciesa, un patriota - lo dico agli amici di Alleanza Nazionale - che di mestiere faceva il tappezziere. Nel 1850, egli entrò in contatto con i comitati clandestini repubblicani milanesi. Arrestato...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
PAOLO GRIMOLDI. ... nella notte tra il 30 ed il 31 luglio 1851 mentre affiggeva manifesti insurrezionali in via Spadari...
PRESIDENTE. Mi dispiace, ma deve concludere!
PAOLO GRIMOLDI. ... venne condannato alla forca. Mentre lo conducevano al luogo dell'esecuzione, fu fatto passare sotto casa sua nel tentativo di indurlo, con il pensiero della famiglia, a rivelare i nomi dei complici e, in cambio, aver salva la vita. Il coraggioso...
PRESIDENTE. Conosciamo la formula; la prego di concludere!
PAOLO GRIMOLDI. ... alle esortazioni dei suoi carnefici, rispondeva nella sua lingua «Tiremm innanz!» (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), difendendo...
PRESIDENTE. Grazie.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bezzi. Ne ha facoltà.
GIACOMO BEZZI. Signor Presidente, come Partito Autonomista Trentino, da più di cinquanta anni pensiamo che un uomo illuminato come Alcide De Gasperi abbia aiutato le regioni a statuto speciale con statuti che permettono l'integrazione linguistica, in Italia, tra gruppi di persone che parlano lingue diverse. Nel nostro caso il tedesco, il ladino, il mòcheno, il cimbro. Però, io che vengo dalla Val di Sole, posso dire che i miei bisnonni erano italiani sotto l'impero austroungarico e combattevano gli italiani al di là del passo del Tonale, nella Valle Camonica.
Ebbene, io credo che oggi l'Italia abbia fatto grandi passi avanti e che, attraverso gli strumenti che già vi sono nella Costituzione, si possa favorire il dialogo. Quindi, non servono forzature, ulteriori muri, ma serve il dialogo e l'impegno di persone che hanno il coraggio di investire per i nostri figli, per far comprendere che attraverso l'integrazione fra gruppi linguistici diversi possiamo portare l'Italia e i nostri figli in Europa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Santelli. Ne ha facoltà.
JOLE SANTELLI. Presidente, annuncio l'astensione di Forza Italia sull'emendamento in esame, ma intendo spiegarne le ragioni.
Devo dire che mi dispiace di aver sentito alcune affermazioni in quest'aula, a cominciare da quelle di chi dice che questa legge sarebbe inutile e dannosa: al contrario, noi la riteniamo oggi assolutamente indispensabile e necessaria per sottolineare una identità nazionale culturale.
Il tema posto dai colleghi della Lega non tocca e sta a cuore solo alla Lega Nord ma anche a tutti noi. Noi riteniamo che il patrimonio linguistico regionale dell'Italia faccia parte del patrimonio della nazione e che, quindi, è indispensabile tutelarlo.
Perché ci asteniamo? Perché non è questo il punto: noi non stiamo approvando un articolo che prevede la tutela della lingua italiana - e questa sì che sarebbe una resa! -; noi stiamo inserendo nella Costituzione in ritardo, cambiando scelta...
PRESIDENTE. Deve concludere!
Pag. 25JOLE SANTELLI. Ha ragione, Presidente, mi scusi. Noi stiamo riscrivendo che l'italiano è la lingua ufficiale, facciamo una attestazione in positivo, che non ha nulla di contrario e di negativo; ed è per questo che tanto mi dispiacciono le polemiche nei confronti della Lega quanto quelle inutili sulle...
PRESIDENTE. La prego, deve concludere!
JOLE SANTELLI. ...parole - concludo subito! - della collega Biancofiore che, certo, non ha detto di non tutelare le minoranze linguistiche, ma ha detto che in quei territori vi sono le minoranze linguistiche ma anche una popolazione italiana e una lingua italiana!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato D'Alia. Ne ha facoltà.
GIANPIERO D'ALIA. Presidente, credo che le argomentazioni dei colleghi Bianco e Russo, anche a seguito di alcuni interventi per la verità «ripugnanti» che ho sentito in quest'aula, ci dovrebbero indurre a riflettere sulla opportunità di andare avanti su questo provvedimento. Lo dico anche per le considerazioni che il Presidente della Camera ha richiamato nello speech iniziale, perché la lingua italiana non ha bisogno di essere riconosciuta nella Costituzione in quanto «marca» sostanzialmente l'esistenza dello stesso Stato della Repubblica, a prescindere dal fatto che sia formalmente riconosciuto o meno.
Detto questo, e considerato che entriamo comunque nel merito del provvedimento all'esame, vorrei sottolineare che noi stiamo intervenendo sull'articolo 12 della Costituzione, che disciplina uno degli elementi o l'elemento distintivo, della Repubblica italiana, la sua bandiera. In ragione di questo...
PRESIDENTE. La prego di concludere!
GIANPIERO D'ALIA. Non so, Presidente, se qualcuno è intervenuto a nome del mio gruppo e se ho altro tempo a disposizione...
PRESIDENTE. Lei sta intervenendo a titolo personale.
GIANPIERO D'ALIA. Le chiedo di poter concludere brevemente, grazie.
PRESIDENTE. Prego!
GIANPIERO D'ALIA. Sicché, interveniamo su questo punto, introducendo un ulteriore elemento distintivo della Repubblica italiana, che è la lingua italiana.
PRESIDENTE. Però, le devo chiedere di concludere!
GIANPIERO D'ALIA. Gli emendamenti che sono stati presentati sono disaggreganti perché riconoscono alle leggi regionali la possibilità di introdurre altri segni distintivi e questo è pericoloso: lo dico per quei colleghi che, erroneamente, non avendo visto il testo, intendono astenersi. Noi voteremo contro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Reina. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE MARIA REINA. Presidente, mi scusi, prima di far decorrere il tempo a mia disposizione, vorrei chiederle di rispondere ad una domanda. Alle ore 15, in quest'aula, cosa ci sarà? Cosa è previsto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?
PRESIDENTE. Proseguiremo la discussione, ma svolga il suo intervento, per favore...
GIUSEPPE MARIA REINA. Caro presidente, ci sarà, perché così è disposto nel calendario dei lavori, il question time. Di quale lingua stiamo parlando (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?Pag. 26
Per quale ragione abbiamo dovuto riempire la nostra vita quotidiana di inglesismi e di francesismi (lo stesso Parlamento introduce strutturalmente espressioni linguistiche che non sono italiane), mentre i colleghi non possono avere il diritto di manifestare l'attaccamento ai valori del loro territorio (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati dei gruppi Forza Italia e La Rosa nel Pugno)?
Per quale ragione? Vorrei capirlo! Che vuol dire question time? Perché non me lo traducete, così come avete chiesto ai parlamentari della Lega di tradurre in italiano quello che stavano affermando?
Vedete, c'è una differenza tra lingua e dialetto: il dialetto lo parla un popolo; la lingua, invece, caratterizza una nazione, fa di un popolo una nazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Prima di affrontare l'argomento complesso del quale oggi ci stiamo occupando, dovremmo cercare di capire se l'unità di questo paese, a cui tutti teniamo, sia stata realmente compiuta e determinata!
Vengo dalle colonie, così erano intese le terre meridionali e in particolare la Sicilia al tempo dei romani; ma noi fummo regno, fummo nazione! Il dialetto siciliano non esiste: esiste la lingua siciliana (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Desidero ricordarlo in questo Parlamento! E se alcuno dei padri fondatori dello statuto siciliano dimenticò, in quel momento di difficile crisi, di esaltarne le caratteristiche all'interno dello statuto, questo non significa che non esiste la lingua siciliana!
Desidero che, assieme alla lingua italiana, sia enfatizzata e valorizzata la lingua o il dialetto delle varie regioni, perché non esiste una lingua statica.
PRESIDENTE. La prego...
GIUSEPPE MARIA REINA. La lingua è un elemento dinamico e si arricchisce delle realtà dialettali delle nostre ragioni! Non c'è un contrasto! È una sintesi armonica!
Per questo, dobbiamo essere orgogliosi di difendere, invece che gli inglesismi ed i francesismi, i nostri dialetti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo La Rosa nel Pugno - Congratulazioni)!
PRESIDENTE In riferimento alla fattispecie richiamata dal deputato Reina, al di là delle possibili discussioni sulla necessità o meno di espungere dalla lingua italiana i termini stranieri entrati in uso, preciso che il regolamento della Camera dei deputati, all'articolo 135-bis, riferendosi a ciò che il deputato Reina ha appellato question time, parla dello «svolgimento di interrogazioni a risposta immediata»: come si vede, si fa ricorso alla lingua italiana.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Turci. Ne ha facoltà (Commenti del deputato Reina).
LANFRANCO TURCI. Signor Presidente, mi trovo francamente umiliato...
PRESIDENTE. Deputato Reina, la prego, lei è già intervenuto...
LANFRANCO TURCI. Mi trovo francamente umiliato dal dibattito che si sta svolgendo in quest'aula, in queste ore.
Mi pare che, partendo da una proposta assolutamente non necessaria - altrimenti, mi aspetterei che qualcun altro proponesse di scrivere nella Costituzione che il giorno si articola in 24 ore e che le ore si articolano in 60 minuti o altre amenità del genere -, che, comunque, se aveva un significato, era di rafforzare il ruolo della lingua italiana, con gli emendamenti proposti e con il dibattito in corso otterremo il risultato opposto, ossia di indebolire la lingua italiana!
Dunque, voterò contro gli emendamenti in esame e mantengo le riserve sulla stessa proposta iniziale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Rosso. Ne ha facoltà.
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ROBERTO ROSSO. Signor Presidente, le norme costituzionali sopravvivono alla retorica, spesso anche esagerata, con cui le si sostiene. Ho ascoltato il deputato Turci; ma come si può dire di essere contrari ad una norma, come quella proposta dalla Lega, che arricchisce la posizione manifestata su base unitaria dal Parlamento, con l'ufficializzazione dell'italiano? Come si può dire, come ha affermato l'onorevole D'Alia, di essere contrari a questa norma?
Giustamente, l'onorevole Gerardo Bianco ha sostenuto - ed è stato applaudito di cuore da tutti - che l'italiano è arricchito e rafforzato dalle premesse dialettali e linguistiche che ne costituiscono la base e davvero non riesco a capire come si possa negare, come hanno fatto alcuni, per contrasto alla retorica, spesso allo sfogo identitario di alcuni deputati della Lega, una posizione costituzionale che costituisce un arricchimento forte della nostra lingua (Applausi di deputati del gruppo Forza Italia e di deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, ricordo all'Assemblea che, qualche anno fa, Helmut Khol, nel corso di un'audizione presso le Commissioni esteri e politiche comunitarie di Camera e Senato (tenutasi alla Sala del Mappamondo), ad una domanda sulle questioni linguistiche rispose che per lui la lingua madre era costituita dalla lingua che gli aveva insegnato sua madre, se non ricordo male il dialetto della regione Renania-Palatino, dov'era nato.
Pertanto, ritengo che si debba analizzare con molta più attenzione il provvedimento al nostro esame; mi auguro, soprattutto, che il Governo si interessi in maniera più fattiva alla questione, perché, altrimenti, è meglio lasciar perdere!
La gente si potrebbe arrabbiare, perché ha a cuore la propria lingua locale, il proprio dialetto ed il proprio modo di esprimersi e non è disponibile a svendere determinati valori.
Se non capiamo questo concetto, vuol dire che non abbiamo un collegamento con la realtà, con la vita vera vissuta dai nostri cittadini e che la sinistra, che fa riferimento a quelle classi deboli che spesso utilizzano la lingua locale, ignora una parte del suo elettorato!
Siamo seri, altrimenti è meglio lasciar perdere (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Holzmann. Ne ha facoltà.
GIORGIO HOLZMANN. Signor Presidente, mi pare che stiamo uscendo dal seminato.
Vorrei ricordare che questa proposta di legge costituzionale è stata approvata due volte dalla Camera ed una volta dal Senato nella scorsa legislatura e, quindi, per un pelo non è diventata legge costituzionale. Certamente, bisogna anche ricordare che il motore di questa proposta di legge è stato il mondo accademico, prima ancora del mondo politico, e non vi è dubbio, cari colleghi della Lega, che la lingua italiana è quella che ci unisce tutti, dal Brennero a Pantelleria, fatti salvi i dialetti regionali, le lingue delle minoranze linguistiche che sono, comunque, tutelate dalla Costituzione.
Il fatto di pretendere che nella Costituzione, così come avviene in altri paesi, venga riconosciuto il ruolo unificante della lingua italiana mi pare non contrasti assolutamente con la libertà di parlare il proprio dialetto, che mi fa molto piacere ascoltare, magari fuori da quest'aula, e che può benissimo essere tutelato dalle leggi regionali. Per tale motivo, non capisco la ragione per cui lo si pretenda a livello costituzionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Zacchera. Ne ha facoltà.
MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, vorrei invitare i colleghi a sospendere questa discussione.Pag. 28
Ieri, mi trovavo in Croazia e, insieme al presidente della Commissione esteri, ho incontrato la minoranza italiana che sopravvive, con mille difficoltà, nella suddetta regione. Si tratta di 30 mila italiani che trovano nella lingua italiana, anche se parlano in dialetto veneto, l'unica forza per essere un'entità (questo è il significato della proposta di legge costituzionale), per sentirsi uniti, nel massimo rispetto per tutti i dialetti d'Italia che hanno il diritto ed il dovere di essere ricordati e rappresentati.
Immagino che se questi italiani, che con difficoltà vivono il fatto di essere tali in Croazia, fossero oggi presenti in aula ad ascoltare questa discussione, non ci faremmo una gran bella figura!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Frassinetti. Ne ha facoltà.
PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, anch'io mi associo a quanto affermato dal collega precedentemente intervenuto, poiché ritengo che questa discussione stia assumendo toni un po' strani.
A mio avviso, non si può confondere il fatto che vogliamo, giustamente, tutelare la lingua italiana nella Costituzione con la considerazione che sia giusto proteggere i dialetti e le identità locali. Le «aggressioni» alla nostra lingua, infatti, derivano non dai dialetti - mi rivolgo agli amici del gruppo Lega Nord Padania -, ma dall'innesto continuo di termini stranieri, che la stanno snaturando! Tale grido d'allarme si leva dal mondo della cultura, dall'Accademia della Crusca e dalla scuola. Pensate che, quando ero assessore all'istruzione della provincia di Milano, una delle campagne più seguite è stata proprio la difesa della quarta «i», vale a dire la lingua italiana.
Questo, infatti, è anche il sentimento ed il volere dei nostri studenti, i quali credono che soltanto con la difesa della nostra lingua si possa affermare una cultura che noi dobbiamo difendere, senza per questo intaccare, ovviamente, le identità linguistiche (peraltro, purtroppo sempre meno parlate) dei nostri territori di provenienza: mi riferisco, ad esempio, al dialetto milanese a Milano.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
PAOLA FRASSINETTI. Vorrei concludere, Presidente, segnalando soltanto che, tra le tante regioni, è stata precedentemente citata, da un collega della Lega, anche la «Terra di mezzo». «Le radici profonde non gelano», infatti, è una frase di Tolkien: quindi, dopo aver ricordato oggi tante regioni, abbiamo avuto anche questa citazione tolkieniana (Applausi di deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Di Centa. Ne ha facoltà.
MANUELA DI CENTA. Signor Presidente, intervengo perché voglio affermare fortemente che la mia lingua madre è il friulano: infatti, vengo dal Friuli-Venezia Giulia, e le mie prime parole sono state pronunciate in friulano. Questa lingua e tutte le altre lingue, o espressioni, oggi esistenti in Italia sono talmente belle e forti che, molto spesso, ritengo che dovremmo ripensarle e valorizzarle nel modo migliore.
Contemporaneamente, vista l'esperienza che ho vissuto, come atleta, nel mondo, devo dire che la lingua del paese nel quale si nasce - e, quindi, con la quale ci si esprime - è molto bella. Ritengo tuttavia importante che, quando ci si confronta con il mondo, la lingua che deve rappresentare il tuo paese e la tua bandiera (quindi, la tua Italia) dev'essere l'italiano!
Interpreto questa nostra discussione odierna, quindi, come un modo per riaffermare che la lingua italiana, in particolare quando usciamo dal nostro paese o quando vi arrivano degli stranieri, debba essere la nostra grande espressione (Applausi di deputati dei gruppi Forza Italia, L'Ulivo e Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Zorzato. Ne ha facoltà.
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MARINO ZORZATO. Signor Presidente, desidero innanzitutto apporre la mia firma all'emendamento Cota 1.2. Vorrei poi osservare che occorre fare una distinzione: o il progetto di legge in esame è inutile e ridondante, oppure non capisco perché aggiungere l'espressione: «tutela le lingue storiche regionali» rappresenti una proposta contraria allo spirito del provvedimento in esame. Si tratta di una discussione che non riesco francamente a comprendere!
L'emendamento Cota 1.2, infatti, accetta l'impianto della proposta di legge costituzionale in esame e propone di introdurre una tutela a favore delle lingue locali: non riesco a capire dove stia la contraddizione!
Infine, mi scuso con l'Assemblea, perché probabilmente si avvertirà la mia inflessione veneta, ma non posso farci niente: sono nato in Veneto (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, il tema in discussione riguarda le identità e presenta due letture molto diverse: una lettura «di destra», quella del nazionalismo linguistico, ed una «di sinistra», che intende la lingua quale elemento della koinè nazionale (mi riferisco a Pasolini, per usare un riferimento culturale di un certo tipo). Ebbene, ritengo inevitabile che, su un tema del genere, vi sia un conflitto.
In questo caso, tuttavia, il conflitto è di due tipi. Il primo riguarda il fatto se si tratti di una questione di nazionalismo o di identità della storia, della cultura e della letteratura italiana. La seconda questione è rappresentata, invece, dal rapporto intercorrente tra la lingua nazionale, per un verso, e le lingue storiche e gli idiomi locali, per l'altro.
Vorrei rivolgermi, pertanto, ai colleghi che hanno presentato emendamenti sulle lingue storiche e sugli idiomi. Voglio dire loro che si tratta di due questioni molto diverse, perché le lingue storiche sono una cosa e gli idiomi sono un'altra. Credo che la Commissione non abbia nulla in contrario, se fossero presentate proposte di legge in tal senso, a valutare in quali termini tali questioni possano essere affrontate nell'ambito del contesto costituzionale.
Tuttavia, in questa sede stiamo parlando della Costituzione. Un siffatto emendamento ci impedisce anche di cogliere tutte le implicazioni connesse alla lingua storica, agli idiomi e via dicendo. Allora, fermo restando che se i colleghi presenteranno un progetto di legge sul tema lo si potrà senz'altro esaminare, vorrei invitare i presentatori degli emendamenti in esame a non insistere su questo tipo di materia per un problema molto semplice...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, sto parlando come presidente della Commissione...
PRESIDENTE. Mi scusi per l'interruzione. Volevo farle notare i tempi che mi erano stati segnalati. Le chiedo scusa.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. L'invito che rivolgo ai colleghi è di presentare progetti di legge sull'idioma o sulla lingua storica, a seconda delle proprie determinazioni, per valutare insieme, in quella sede, se esista uno spazio costituzionale per l'uno o per l'altra.
Francamente, discutere all'ultimo momento se inserire un riferimento alla lingua storica o all'idioma è già di per sé un elemento di conflitto e di divisione.
GIANPAOLO DOZZO. Riportiamolo in Commissione!
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. In quest'aula, mi pare che siamo abbastanza d'accordo sul fatto che la lingua italiana è elemento della cultura, Pag. 30della storia e dell'unità che nasce prima dello Stato. Colleghi, c'è un punto di fondo che dobbiamo riconoscere. Mentre in altri paesi, come la Francia, è lo Stato che ha fatto la lingua, da noi è la lingua che ha fatto lo Stato. E l'identità la si è ricostruita sulla base della lingua italiana e non sulla base di altro. Il resto è venuto dopo.
Nel momento in cui in tanti paesi europei si stanno verificando spinte centrifughe, richiamare un elemento di identità ed unità mi pare sia un fatto positivo e non un fatto negativo.
Premesso ciò, l'invito che rivolgo ai colleghi è di presentare progetti di legge sulla lingua storica o sull'idioma, secondo le proprie convinzioni; dopodiché, in Commissione ci riserveremo rapidamente di valutare un'integrazione della Costituzione - se necessaria - su questi punti. Tuttavia, occorre una riflessione approfondita che non possiamo svolgere in questa sede.
Pertanto, il mio invito è di non insistere su questi emendamenti, di porre in votazione il testo e di riprendere il tema correttamente posto in altra sede, al fine di esprimere una valutazione. Respingere il testo in quest'aula, colleghi, vuol dire non riprenderne più l'esame domani (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Vorrei fare solo una precisazione rispetto ad una questione che mi è stata segnalata. Vorrei dire al presidente Violante che gli è stato concesso questo tempo, considerando il suo un intervento sull'ordine dei lavori. Come il presidente mi insegna, nel contingentamento, sono previsti dei tempi specifici per il relatore, ma non per il presidente della Commissione, che formalmente ha diritto a un tempo pari a quello degli altri colleghi. In questo caso, il presidente è intervenuto sull'ordine dei lavori e per ciò gli sono stati concessi questi tempi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Jannone. Ne ha facoltà.
GIORGIO JANNONE. Signor Presidente, riprendendo l'intervento dell'onorevole Violante, credo che non si possa affrontare un problema legiferando con altri provvedimenti. Visto che stiamo esaminando questa proposta di legge costituzionale, è pienamente legittima la posizione della Lega. Credo che non si possa proporre un elemento regolamentare nell'ambito di un dibattito ed una battaglia assolutamente democratici, persino quando si usa polemicamente il dialetto (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ritengo che il diritto democratico di un gruppo parlamentare di esprimersi e di tutelare le proprie battaglie - che sono battaglie storiche per la Lega - possa manifestarsi provocatoriamente anche in un'altra lingua, anche in un dialetto, perché l'opinio iuris ac necessitatis, l'uso non può essere limitativo di una battaglia espressa in maniera pienamente democratica da un gruppo che - lo ricordo - rappresenta un partito che nella sua storia si è sempre battuto democraticamente, senza mai un solo episodio di violenza. Ciò deve essere riconosciuto da tutti. Esso non può essere decantato ed elogiato in prossimità delle scadenze elettorali per poi divenire improvvisamente secessionista quando non fa più comodo (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Credo che le battaglie della Lega siano condivisibili e, anche se non fossero tali, non si può frapporre una disposizione regolamentare al diritto più alto di esprimere liberamente la propria posizione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Brigandì. Ne ha facoltà.
MATTEO BRIGANDÌ. U pisci fete ra testa, laddove il pesce è il corpus iuris e la testa è la Costituzione. La norma stabilisce che l'italiano è la lingua ufficiale. Ciò significa che implicitamente si ammette che ci siano altre lingue non ufficiali. Al riguardo, direi che non può che essere necessario il completamento dell'emendamento in esame.
Purtroppo, l'italiano oggi sta decadendo, come abbiamo detto, ed è sorta la Pag. 31necessità di tutelare questa lingua, in base al principio che «quannu u leoni sta murennu, anche u sceccu tira cauci» (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ciò detto, credo che tale precisazione debba essere valutata con estrema attenzione anche per un altro motivo, ovvero perché l'italiano è nient'altro che una lingua regionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Evangelisti. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, continuo a far fatica ad appassionarmi a questo dibattito. Tuttavia, vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi che si riscaldano sul fatto che la forza delle culture e delle tradizioni popolari non può essere certo imbrigliata in una norma, ancorché di livello costituzionale. Mi permetto di portare un esempio a cui, forse, i colleghi non pensano: nel Salento, in provincia di Lecce, esiste una comunità di cinque comuni, definiti la Grecìa salentina, dove, da oltre 2000 anni, si parla il greco antico e non c'è norma di legge che lo possa vietare o lo possa garantire. Allo stesso modo, ormai, si constata l'impossibilità che le norme arginino o fermino la contaminazione proficua con altri idiomi, espressioni linguistiche e nuove culture, in primo luogo, ma non soltanto, quelle che afferiscono all'Unione europea.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
FABIO EVANGELISTI. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Capisco, però, che, se si prosegue in questo modo, si finisce con l'involuzione culturale del collega Barani, che, dall'Internazionale proletaria, aderisce all'internazionale...
PRESIDENTE. Deve concludere.
FABIO EVANGELISTI. ...e porta l'esempio di chi, magari, non parla troppo correttamente l'italiano. Sappiamo che lui preferisce ricordare chi conosceva l'italiano, ma poi violava le norme scritte nella lingua italiana.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, non ci sono dubbi che i dialetti rappresentano una forza di radicamento e di legame profondo con un territorio e ne rispecchiano il costume, la cultura e le tradizioni, ma non vi sono altresì dubbi sul fatto che la lingua italiana è la lingua della nostra unità nazionale, della nostra identità e della storia del popolo italiano.
A me non scandalizza che si vogliano tutelare il dialetto e gli idiomi. A me scandalizza che si voglia utilizzare questa occasione per esprimere un livore di anti-italianità contro la nostra identità nazionale. Respingo, in maniera decisa e ferma, il fatto che, nel Parlamento italiano, ci siano colleghi che possano esprimere tutto il loro livore contro la nostra nazione, la nostra Patria e il nostro Stato (Applausi di deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Dussin. Ne ha facoltà.
GUIDO DUSSIN. Signor Presidente, la lingua veneta non può essere considerata, come è stato appena detto, un dialetto. La cultura veneta è stata un riferimento per questo paese - lo ricordo anche a lei, Presidente -, tant'è che la lingua veneta è stata una delle due lingue prese in considerazione per fondare l'italiano. Il popolo veneto va rispettato, così come la sua lingua va rispettata ed apprezzata. Voi apprezzate solo i versamenti che i produttori veneti fanno, seppur producono, parlando il veneto. Quando i veneti pagano i sghei e le tasse, questo sì che lo capìi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato La Russa, che è già intervenuto Pag. 32sull'ordine dei lavori. Le do quindi la parola per dichiarazione di voto a titolo personale. Ha facoltà di parlare, deputato La Russa.
IGNAZIO LA RUSSA. Qualche minuto di perdita di tempo, Presidente, può aiutare l'Assemblea a decidere meglio e i gruppi a scegliere nella maniera più adatta, non solo con le finalità di trasferire il convincimento...
Quanti minuti ho, signor Presidente, per la dichiarazione di voto?
PRESIDENTE. Le ripeto, onorevole La Russa, lei ha un minuto.
IGNAZIO LA RUSSA. Perché un minuto?
PRESIDENTE. Perché lei è già intervenuto.
IGNAZIO LA RUSSA. No, Presidente, io sono intervenuto...
PRESIDENTE. A nome del suo gruppo è intervenuto il deputato Menia; lei è già intervenuto.
IGNAZIO LA RUSSA. Ma abbiamo 20 minuti di tempo.
PRESIDENTE. Le concedo un minuto, non complichiamoci la vita! Prego, deputato La Russa.
IGNAZIO LA RUSSA. Voglio dire agli amici della Lega che il nostro preciso impegno è quello di votare un ordine del giorno - ritengo con larga adesione anche da parte della maggioranza -, perché da parte nostra vi è la piena convinzione che le lingue storiche e gli idiomi locali debbano essere tutelati. Non lo possiamo fare in questo provvedimento, ma vi è la nostra ufficiale e totale disponibilità a trovare su questo punto una convergenza e non una divisione. E se si ha a cuore questo obiettivo, invito i deputati della Lega a non insistere e possibilmente a ritirare questo emendamento.
ITALO BOCCHINO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ITALO BOCCHINO, Relatore. Signor Presidente, desidero appellarmi ai colleghi della Lega e spiegare a tutta l'Assemblea come siamo giunti ad assumere questa posizione in Commissione e nel Comitato dei nove.
In Commissione, abbiamo tenuto un'audizione molto importante su questo argomento con l'Accademia della Crusca, che ci ha spiegato in maniera dettagliata la differenza tra la lingua, le minoranze linguistiche e gli idiomi. La lingua italiana è una cosa e noi chiediamo di riconoscerla come lingua ufficiale della Repubblica. Sulla base del disposto dell'articolo 6 della Costituzione, sappiamo inoltre come sono tutelate le minoranze linguistiche, che sono rappresentate soprattutto dal tedesco e dallo sloveno.
La questione degli idiomi locali, e dei dialetti, è totalmente diversa. Mentre parliamo esiste la possibilità per le regioni di normare la valorizzazione del dialetto; dunque, la regione Veneto può dar vita ad una legge regionale, come già è avvenuto in alcune regioni.
GUIDO DUSSIN. Non è un dialetto! Rispetta il veneto!
ITALO BOCCHINO, Relatore. L'Accademia della Crusca ci ha spiegato la differenza tra lingua e dialetto; infatti, una lingua per essere tale non deve essere soltanto parlata, ma deve essere scritta ed avere espressioni artistiche, espressioni accademiche, trattati di astrofisica o di chimica.
Quindi, dobbiamo puntare su tre diversi livelli: l'ufficializzazione della lingua italiana, la tutela delle lingue e delle minoranze e la valorizzazione degli idiomi e dei dialetti, che può avvenire per legge regionale.
Pertanto, poiché ritengo che tutti siamo d'accordo sulla valorizzazione degli idiomi, vi invito ad evitare una posizione che Pag. 33rischia di affossare il provvedimento. Personalmente, sono anche d'accordo su alcune tesi proposte dai colleghi della Lega, ma dobbiamo prendere atto che in Commissione non si è raggiunta una maggioranza su questo tema e che rischiamo di non dar vita a questa riforma costituzionale.
Quindi, ribadisco l'invito al ritiro dell'emendamento, sollecitando la presentazione di un ordine del giorno che possa impegnare presto la Commissione all'elaborazione di una legge quadro che valorizzi complessivamente gli idiomi locali, passando sia attraverso leggi regionali sia attraverso leggi nazionali.
PRESIDENTE. Hanno chiesto ancora di parlare a titolo personale i deputati Caparini e Fugatti, ma non posso dar loro la parola. Ricordo infatti che l'articolo 85, comma 7, del regolamento, stabilisce che il Presidente concede la parola ai deputati che intendono esprimere un voto diverso rispetto a quello dichiarato dal proprio gruppo individuando le modalità e i limiti di tempo degli interventi.
Secondo la prassi costantemente applicata, il numero dei deputati che intervengono a titolo personale deve essere inferiore alla metà del numero degli appartenenti al gruppo. Diversamente, infatti, la posizione espressa dal gruppo sarebbe minoritaria.
Poiché il gruppo della Lega Nord è composto da ventitré deputati e si sono già svolti undici interventi a titolo personale, non posso dare la parola ad altri deputati del medesimo gruppo.
DAVIDE CAPARINI. In dissenso...!
PRESIDENTE. Prego?
DAVIDE CAPARINI. In dissenso! Intendo intervenire in dissenso, signor Presidente!
PRESIDENTE. L'ho già detto, ho appena replicato al riguardo.
Il deputato Cota, dicevo, ha chiesto la votazione per parti separate, ai sensi dell'articolo 87, comma 4, del regolamento, del suo emendamento 1.2 nel senso di votare separatamente la prima e la secondo parte. La Presidenza ritiene ammissibile tale richiesta, avendo i due commi autonoma portata normativa.
Chiedo al deputato Cota...
ROBERTO COTA. Signor Presidente, abbiamo appurato che...
PRESIDENTE. Lei non potrebbe parlare, deputato Cota.
ROBERTO COTA. Ho chiesto di parlare per dichiarazione di voto!
PRESIDENTE. Non può farlo. Deve soltanto chiarire se rimanga così confermato oppure no.
ROBERTO COTA. È confermato, signor Presidente.
PRESIDENTE. Sta bene.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla prima parte dell'emendamento Cota 1.2, non accettata dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 468
Votanti 429
Astenuti 39
Maggioranza 215
Hanno votato sì 45
Hanno votato no 384).
Prendo atto che il deputato Zaccaria non è riuscito a votare e avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla restante Pag. 34parte dell'emendamento Cota 1.2, non accettata dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 475
Votanti 290
Astenuti 185
Maggioranza 146
Hanno votato sì 53
Hanno votato no 237).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Cota 1.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, preliminarmente voglio dire che condivido pienamente quanto lei ha affermato, alcuni minuti fa, sull'uso esclusivo della lingua italiana in questa Assemblea e negli atti parlamentari. Ciò non esclude, ovviamente, l'uso di citazioni tradotte o di documenti presentati in sede di sindacato ispettivo che siano adeguatamente tradotti nello stesso strumento. Ricordo una interpellanza, presentata nel corso della VIII legislatura, relativa a un documento della minoranza linguistica ladina, scritto in ladino e tradotto in italiano. In ogni caso, signor Presidente, convengo con quanto ha detto.
Personalmente, voterò a favore di questo emendamento, ma il gruppo dei Verdi si asterrà, come si è già astenuto sull'emendamento precedente. Credo che gli interventi svolti dai colleghi della Lega Nord Padania non abbiano molto aiutato a trovare una convergenza sulle loro proposte emendative.
GIANPAOLO DOZZO. Vuoi sempre fare il professore, Boato!
MARCO BOATO. Sono ancora libero di pensare come credo!
PRESIDENTE. Per favore, lasciate al deputato Boato la possibilità di sviluppare il suo intervento. Prego, deputato Boato.
MARCO BOATO. Credo di non avere bisogno di un censore alle mie spalle, tanto più che ho espresso voto favorevole su quell'emendamento e voterò a favore anche su questo. Tuttavia, come ripeto, gli interventi che sono stati svolti e, in particolare, quello di Alessandri, che ha usato queste tematiche contro gli immigrati, li ritengo scandalosi e mi avrebbero indotto a cambiare anche atteggiamento riguardo al voto.
Per quanto riguarda il confronto che si è svolto in precedenza con la collega Biancofiore, ricordo che l'emendamento Santelli 1.21, firmato anche dai colleghi Boscetto e Biancofiore, per fortuna ritirato, prevedeva la totale soppressione della parte relativa al rispetto delle garanzie costituzionali e delle leggi costituzionali. Questo la dice lunga su quale fosse l'atteggiamento della collega.
Sul piano tecnico-giuridico vorrei ricordare all'amico Brugger - il quale ha svolto un intervento connotato da una preoccupazione che condivido - che la Costituzione austriaca, all'articolo 8, afferma che la lingua tedesca è la lingua ufficiale della Repubblica, senza pregiudizio dei diritti che la legislazione federale riconosce alle minoranze linguistiche. Da ultimo, signor Presidente, voglio ricordare che all'articolo 3 la Costituzione spagnola afferma, stabilendo una gerarchia di riferimenti che trovo assolutamente condivisibile, che il castigliano è la lingua spagnola ufficiale dello Stato, che tutti gli spagnoli hanno il dovere di conoscerlo e il diritto di usarlo, che le altre lingue spagnole sono anch'esse ufficiali nelle rispettive comunità autonome, in armonia con i loro statuti, e che la ricchezza dei diversi linguaggi della Spagna è un patrimonio culturale che deve formare oggetto di rispetto e di protezione speciali. Mi pare che questo modo di stabilire quale sia la lingua ufficiale, il riconoscimento delle altre lingue minoritarie e la valorizzazione del patrimonio linguistico di un territorio Pag. 35- in questo caso la Spagna, ma il discorso si potrebbe ripetere anche per l'Italia - rappresentino un giusto equilibrio costituzionale. Confermo che i deputati del gruppo dei Verdi voteranno a favore della proposta di legge, che sia emendata o meno, perché il testo che è stato presentato all'Assemblea riproduce integralmente quello della proposta Zaccaria, firmata anche da me, a nome dei Verdi.
In esso si dice: «L'italiano è la lingua ufficiale della Repubblica, nel rispetto delle garanzie previste dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali». Ad esempio, gli statuti delle regioni a statuto speciale sono leggi costituzionali che vanno pienamente garantiti e rispettati, così come l'applicazione dell'articolo 6 della Costituzione nel quale si prevede che la Repubblica tuteli con apposite norme le minoranze linguistiche.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, poco fa avevo chiesto se l'era pusibil vutà per parti separà...
PRESIDENTE. La prego di parlare in italiano, se vuole proseguire.
ROBERTO COTA. Avevo chiesto la votazione per parti separate perché ritenevamo che potesse essere utile onde sgombrare il campo dalle polemiche pretestuose sollevate contro i nostri emendamenti da alcune parti della maggioranza ed anche dell'opposizione. Purtroppo, nonostante la nostra disponibilità dobbiamo rilevare che l'aula ha manifestato la vera intenzione sottesa a questo provvedimento, ovvero quella di riaffermare con la sua approvazione il per noi inaccettabile principio di centralismo e di nazionalismo, con cui si vogliono cancellare le identità locali. Infatti, le lingue regionali sono un aspetto delle identità locali.
Ho ascoltato numerose argomentazioni negli interventi che mi hanno preceduto. In particolare non ho condiviso quelle portate da esponenti dell'UDC. Peraltro, non abbiamo condiviso neppure l'appoggio fornito ieri al Governo Prodi da questo gruppo durante la votazione al Senato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Forza Italia)! Si tratta di un'altra decisione che non abbiamo condiviso. In questa sede ci accorgiamo che incroci e «convergenze parallele» si manifestano anche su altri provvedimenti. Ad ogni modo, non ho condiviso le argomentazioni svolte dal collega Giovanardi perché è proprio attraverso la difesa delle identità locali che si contrasta la cultura della globalizzazione. È proprio attraverso la difesa delle identità locali che si impedisce un'immigrazione totalizzante che porta sul nostro territorio persone senza alcun radicamento.
Con riferimento alla legge sulla cittadinanza abbiamo chiesto con i nostri emendamenti lo svolgimento di un esame che verifichi anche la conoscenza della cultura locale. Questo è lo strumento per fare in modo che la nostra identità venga difesa in presenza di un'immigrazione totalizzante e globalizzante. Questo è il modo per difendere la nostra cultura e la nostra identità dall'islamizzazione selvaggia. Non scherziamo! Tutti e due gli aspetti possono convivere!
Oggi voi rifiutate qualcosa già contenuto nella Costituzione, riferito ad un aspetto magari minore, come giustamente sottolineato dall'onorevole Goisis. Nella Costituzione si tutelano le minoranze linguistiche. Oggi voi non volete tutelare neppure le lingue locali, che rappresentano qualcosa di molto più importante delle minoranze linguistiche.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Goisis. Ne ha facoltà (Commenti). Per favore, evitiamo commenti inutili.
PAOLA GOISIS. Tranquilli, perché parlerò a voce alta.
Signor Presidente, intanto rifiuto assolutamente che la lingua veneta venga definita Pag. 36idioma o dialetto. Essa ha tutti i titoli per essere definita lingua. Infatti. (Commenti)...
PRESIDENTE. Per favore!
PAOLA GOISIS. Come ha ricordato l'Accademia della Crusca, la lingua veneta è dotata di una propria sintassi e di una propria grammatica. Quindi, si tratta di una lingua a tutti gli effetti.
Inoltre, mi chiedo se in quest'aula qualcuno si sia accorto che stiamo combattendo questa battaglia per definire lingua nazionale una lingua che non appartiene all'intera penisola, bensì soltanto ad una regione. Si tratta della lingua toscana.
Si vuole privilegiare questa lingua forse perché la maggioranza è di sinistra (Commenti dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea - Si ride)?
PRESIDENTE. La prego di concludere.
PAOLA GOISIS. Concludo se mi lasciano parlare. D'altra parte, la destra, invece, si rivela troppo nazionalista. Ecco perché non ha accolto il nostro emendamento e mi dispiace molto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, volevo chiederle un chiarimento su questo punto. Stiamo votando un emendamento che mi pare del tutto identico ad un altro che abbiamo già respinto. Il precedente emendamento respinto reca: «La Repubblica tutela altresì le lingue che, con legge regionale, sono riconosciute come lingue storiche regionali», mentre l'emendamento Cota 1.4 in discussione reca: «La Repubblica tutela altresì le lingue che sono riconosciute come lingue storiche regionali dai rispettivi consigli regionali».
PRESIDENTE. Non sussistono effetti preclusivi, perché il primo emendamento fa riferimento esplicitamente alla legge regionale, mentre il secondo a degli atti che potrebbero anche non essere quello della legge.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Scusi, Presidente, mi permetta...
PRESIDENTE. Credo di averle già risposto.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Sì, ma non c'è un altro atto del consiglio regionale che può riconoscere una lingua.
ROBERTO COTA. Sì che c'è, la delibera!
PRESIDENTE. Nel primo caso il riferimento è esplicito alla legge regionale; nel secondo caso, invece, le lingue vengono riconosciute dai rispettivi consigli regionali, che potrebbero farlo con atti diversi da quello della legge; perciò, questa discussione è possibile.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Stucchi. Ne ha facoltà, per un minuto.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, capisco che la questione sia delicata - dalle mie parti direbbero la quistiun è delicada - ma quando nel 1988 i primi consiglieri comunali della Lega si insediarono in alcuni comuni della bergamasca, i sindaci democristiani di allora chiamarono i Carabinieri per impedire a quelle persone di parlare nella propria terra e nei propri comuni la propria lingua, e quello fu un atto di vero razzismo: questa è la verità! Voi oggi, votando contro l'emendamento Cota 1.4, vi comportate allo stesso modo e confermate la natura centralista, nazionalista e razzista nei confronti di coloro che non vogliono null'altro che tutelare la propria identità e potersi esprimere liberamente con la propria lingua, Pag. 37almeno a casa propria (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Brigandì. Ne ha facoltà, per un minuto.
MATTEO BRIGANDÌ. La legge ordinaria ben potrebbe soddisfare il requisito voluto dall'onorevole Giovanardi, per far sì che ci sia un idioma comune a tutti cittadini. In riferimento, invece, alle leggi di rango costituzionale, queste sono soltanto riferite alle regioni a statuto speciale e non già alle altre regioni, con evidente disparità di trattamento. Purtroppo, qui stiamo usando il lessico politichese e lo capiamo bene: abbiamo superato i sei mesi di legislatura in base al principio che u iattu do parrinu dopu sei misi parra latinu.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Caparini. Ne ha facoltà, per un minuto.
DAVIDE CAPARINI. Sono commosso, Presidente. L'approssimazione del relatore è quantomeno sconcertante. Io citerò un celebre glottologo e linguista, autore di numerose opere, docente dell'università di Pisa, il professor Tristano Bolelli, il quale asserisce che tecnicamente i termini lingua e dialetto sono certamente interscambiabili e il loro uso non implica alcuna precisa distinzione generica o gerarchica. Il problema è che, dopo due secoli di propaganda centralista di stampo unionista e giacobino - che sono ben rappresentati dal motto «uno Stato, una nazione, una lingua» -, è passato il concetto secondo cui le lingue, quelle che voi definite dialetti, devono essere collocate in un ordine gerarchico inferiore per una decisione solo ed esclusivamente politica. Ed è questo che oggi stiamo contrastando con forza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Alia. Ne ha facoltà.
GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, voteremo decisamente contro l'emendamento Cota 1.4, per due ragioni. Quanto alla prima, l'abbiamo già espressa in precedenza, ma vorrei sottolinearla nuovamente. Noi discutiamo degli elementi identificativi della nostra Repubblica, una ed indivisibile, con buona pace di chi ancora pensa che siamo prima del 1861. E siccome questo elemento si associa all'altro, che è la bandiera tricolore - capisco che qualcuno ne vorrà fare un uso diverso: fatti suoi -, è evidente che il discorso non può che essere circoscritto a questo aspetto.
Qui non è in discussione la vulnerabilità degli idiomi locali, delle lingue locali, delle tradizioni, delle identità e di quant'altro. Tutto questo sta da un'altra parte. E sta nell'articolo 6 della Costituzione, per quanto riguarda la tutela delle minoranze linguistiche; sta negli statuti speciali, per quanto riguarda le realtà in cui le minoranze linguistiche hanno come strumento di integrazione anche il riconoscimento del bilinguismo; sta negli statuti regionali, come voluti dalla riforma del Titolo V della Costituzione del 2001. Sta in un'altra sede.
Qui noi discutiamo solo di una circostanza: se sia opportuno e necessario oggi - e, a quanto pare, lo è - che la nostra Repubblica, l'Italia, si contraddistingua non solo per il tricolore ma anche per la lingua italiana. Di questo stiamo discutendo.
Non credo sia opportuno, a maggior ragione, accedere alla tesi di questo emendamento, che addirittura consentirebbe, con un singolo atto amministrativo di un consiglio regionale, il riconoscimento di lingue che avrebbero pari dignità costituzionale e sarebbero in contraddizione con gli elementi identificativi della Repubblica italiana. Pertanto, siamo contrari. Ci sembra per di più un emendamento illogico, e chiediamo ai colleghi di respingerlo insieme agli altri.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Evangelisti. Ne ha facoltà.
Pag. 38FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo per esprimere un ringraziamento all'onorevole Cota, perché - lo confesso - non avevo capito che ieri al Senato quella che era la Casa delle libertà si fosse divisa sul voto sulle missioni internazionali, e soprattutto per chiedere di esprimersi meglio su questo punto. Mi sembra di capire, infatti, che questa divisione permane oggi anche qui, tra Alleanza nazionale, Forza Italia e la Lega. Vorrei comunque annunciare l'astensione dal voto del gruppo Italia dei valori, sulla base delle motivazioni espresse in precedenza dall'onorevole Donadi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bianco. Ne ha facoltà.
GERARDO BIANCO. Signor Presidente, personalmente sono particolarmente sensibile all'apporto che alla cultura nazionale viene dato dalle realtà locali. Mi permetto però di osservare al collega Cota che il modo con il quale stanno conducendo la loro battaglia è, sotto certi aspetti, controproducente rispetto all'obiettivo che essi tentano di raggiungere. E spiego perché.
A parte ciò che ha detto il Presidente richiamando i precedenti storici e culturali, la cultura veneta non è soltanto la difesa della lingua. Peraltro, dal punto di vista tecnico, credo che sia molto impreciso parlare di lingua regionale, trattandosi di una lingua che ha una serie di variazioni al suo interno e che in un certo senso si arricchisce proprio per il contributo dato dalle singole realtà locali. C'è da tenere presente questo. Dal punto di vista scientifico, è una definizione molto imprecisa, molta inesatta. Ma, mi permetto di dire - caro, illustre collega Cota - che la cultura veneta non si caratterizza soltanto per la sua bella lingua, che suonò come un dolce eloquio a Goethe, che scendeva dalla Germania. Essa è importante soprattutto per il contributo linguistico che, a partire dal Quattrocento e dal Cinquecento, è stato dato alla lingua italiana. Vorrei ricordare che il più importante contributo di conoscenza rispetto alla lingua italiana è dato dalla cultura veneta. Parlo del contributo che, da Bembo e da Cesarotti fino alla scuola attuale di Padova, viene dato alla cultura italiana. Perché non dovete rivendicare anche questo patrimonio, che fa onore alla scienza e a tutta la cultura italiana e che ha difeso e chiarito i termini della lingua italiana [Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e La Rosa nel Pugno e di deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]?
PRESIDENTE. Saluto e ringrazio per la loro presenza una delegazione dell'associazione «I percorsi» di Noci, in provincia di Bari, che sta assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Bricolo. Ne ha facoltà.
FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, la bocciatura degli emendamenti presentati dal gruppo della Lega Nord Padania con i quali si intendeva tutelare le altre lingue parlate in questo paese fa sì che quello in esame diventi, di fatto, un testo razzista che va contro le altre lingue parlate in questo paese.
Visto che avete bocciato i nostri emendamenti, voi siete un Governo razzista! Un Governo che vuole discriminare e cancellare le lingue millenarie parlate da milioni di persone in questo paese. Non è la Lega Nord razzista, ma lo siete voi nei confronti dei veneti, dei lombardi, dei piemontesi, dei liguri, degli emiliani, della loro storia, delle loro tradizioni, della loro cultura e della loro lingua (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Presidente, mi so orgoglioso d'esser veneto! Le me raise ie venete, Presidente! La me nazion è quella veneta!
PRESIDENTE. La prego!
FEDERICO BRICOLO. È quella veneta! E putì votar quel che vulì sto Parlamento, ma mi parlerò sempre veneto!
Pag. 39PRESIDENTE. La prego di parlare in lingua italiana, altrimenti le dovrò togliere la parola! Mi dispiace!
FEDERICO BRICOLO. Presidente, più che togliere la parola credo che oggi sia importante in questo Parlamento riuscire ad esprimersi. Al pari di come ci esprimiamo sul territorio parlando la nostra lingua...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
FEDERICO BRICOLO. ...nessuno oggi può impedirci di esprimerci nella nostra lingua madre che, per quello che mi riguarda, è quella veneta (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Santelli. Ne ha facoltà.
JOLE SANTELLI. Signor Presidente, richiamando quanto detto in precedenza, preannuncio che il gruppo di Forza Italia si asterrà anche sull'emendamento Cota 1.4.
Desidero, inoltre, replicare al collega Boato. Il primo emendamento da noi presentato, l'emendamento 1.14, di cui sono prima firmataria, è stato poi ritirato. Tale emendamento riportava il testo...
MARCO BOATO. Mi riferivo all'ultimo emendamento!
JOLE SANTELLI. Sì, onorevole Boato, anche l'ultimo emendamento. Onorevole Boato, da parte del gruppo di Forza Italia - i cui emendamenti fanno riferimento, anche l'ultimo, all'articolo 6 della Costituzione - non c'è alcuna intenzione di limitare l'importanza delle minoranze linguistiche, anche perché esse fanno parte del patrimonio culturale di questo paese. Sarebbe pertanto opportuno, per la correttezza dei nostri rapporti, evitare di alzare vessilli che non esistono o creare polemiche che non sussistono (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Lucchese, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, desidero fare una precisazione. Poco fa la collega Goisis ha detto che l'italiano è nato in Toscana, cioè è toscano. Non è così!
PAOLA GOISIS. Quello era il fiorentino!
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Chi ha studiato la letteratura italiana sa che l'italiano, prima di Dante Alighieri e di Cecco Angiolieri, è nato alla scuola di Federico II...
PAOLA GOISIS. No, quella è scuola siciliana!
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. ...con il poeta Cielo D'Alcamo, che ha scritto il famoso contrasto «Rosa fresca aulentissima» (Commenti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Garavaglia, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, ho avuto la fortuna di imparare come prima lingua il milanese; dico così perché non tutti hanno questa fortuna. A scuola ho poi imparato l'italiano che uso in questa sede, così come ho imparato l'inglese, che uso quando vado in Inghilterra e in Irlanda, e il francese, che uso quando vado in Francia.
Quello che non va in questo provvedimento è il considerare quelle locali, il lombardo, il milanese per quanto mi riguarda, lingue di una minoranza. Cinque milioni di persone che parlano in Insubria al milanees non è una minoranza! Non Pag. 40possiamo passare quindi per la tutela della lingua dei milanesi attraverso l'articolo 6 della Costituzione.
Per tale motivo è necessario che si approvi l'emendamento Cota 1.4, che ha lo scopo di tutelare tutte le lingue locali come, ad esempio, il lombardo, il veneto e l'emiliano. Insomma, ogni regione ha la sua lingua e tutte debbono essere tutelate allo stesso modo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Venier. Ne ha facoltà.
IACOPO VENIER. Io mi rivolgo al Presidente Violante e al collega Zaccaria, primo firmatario della proposta di legge costituzionale n. 1849. Poiché si tratta di un provvedimento a carattere costituzionale, credo che dovremmo valutare bene le conseguenze di questo intervento sulla nostra Costituzione. Infatti, il dibattito che si sta svolgendo in quest'aula dimostra come la discussione venga strumentalizzata al fine di legittimare un processo di frantumazione del nostro paese da parte della Lega Nord, che utilizza argomenti impropri (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) e inserisce nella discussione questioni che nulla hanno a che fare con l'oggetto centrale di questa proposta di legge costituzionale.
FEDERICO BRICOLO. Mona! Mona!
IACOPO VENIER. Invece, da parte dell'estrema destra si immagina di tenere un profilo basso per poi poter utilizzare l'introduzione di questo elemento nell'ambito costituzionale come un grimaldello ed uno strumento offensivo nei confronti delle minoranze linguistiche nazionali presenti nel nostro paese. Queste ultime sono state perseguitate e fortemente colpite da operazioni nazionalistiche nel passato e, ancora oggi, devono seguire - come ho già detto - un lungo percorso di iniziativa politica e di mobilitazione per vedere riconosciuti i diritti fissati nell'articolo 6 della Costituzione. Non a caso, con riferimento a quest'ultimo articolo, Forza Italia - e non solo - voleva incardinare la questione della lingua.
Allora, al Presidente Violante e al collega Zaccaria credo che vada chiesta anche una valutazione di questo percorso di discussione che fa emergere una pericolosità intrinseca in un'affermazione pleonastica di questo tipo all'interno della nostra Costituzione. Si tratta di una affermazione tanto pleonastica quanto pericolosa per il futuro se, eventualmente, si determinassero in questo paese le condizioni di una maggioranza politica diversa da quella che oggi, fortunatamente, governa l'Italia.
Quindi, noi riteniamo di aver fatto bene ad astenerci nella fase di discussione in Commissione e valutiamo in modo sempre più negativo, in quanto pericoloso, il tono e le forme che la discussione sta assumendo in quest'aula. Con riferimento a tutto ciò orienteremo il nostro voto finale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Gibelli, al quale ricordo che ha a disposizione un minuto. Ne ha facoltà.
ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, si è parlato di lingua italiana e del grande contributo che Dante ha dato ad essa, nonchè delle polemiche riferite al fatto che quando si parlava solo in latino si faceva riferimento all'uso dell'allora definita lingua volgare. Quest'ultima aveva rotto una certa cristallizzazione. La stessa cosa oggi, con un'azione reazionaria, si vuole fare nella Costituzione.
Lascio agli atti della Camera la parafrasi in lombardo-milanese de La Divina Commedia e del I Canto dell'Inferno, a testimoniare l'intelligenza di chi, non uscendo dalla storia, riesce a rinnovare la società dalla base, cioè dall'identità locale. Il primo verso del I Canto dell'Inferno che tutti conoscono, «Nel mezzo del cammin di nostra vita», in milanese, nella versione lodigiana, viene parafrasato in questo modo: «Gh'avrò vüd sì e no trentacinch ani». Non si divide la nazione, ma si dà un Pag. 41contributo a questo paese rompendo le schematizzazioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Grimoldi. Ne ha facoltà.
PAOLO GRIMOLDI. Intervengo solo per fare una precisazione rispetto a quanto detto dal relatore, che afferma inevitabilmente delle inesattezze. Infatti, nel 2003 è stata approvata in quest'Assemblea la Carta europea delle lingue minoritarie e regionali e, con essa, è stato riconosciuto il diritto all'uso delle lingue regionali in ambiti amministrativi. Tuttavia, il limite del nostro paese è quello di aver bloccato queste lingue in un elenco che enumerava le lingue: albanese, catalana, germanica, greca, friulana, ladina, occitana e sarda. Tuttavia, occorreva che ci si esprimesse in merito alle regioni, perché solo esse possono saper del parlato dei loro territori e tutelare perciò gli idiomi in modo capillare. Solo le regioni avrebbero potuto assegnare le patenti di lingua minoritaria, sulla base di criteri scientifici e reali e non del subdolo calcolo politico.
È chiaro che promuovere la tutela della lingua ladina non crea grossi problemi al centralismo di questo paese, così come riconoscere gli idiomi, quali per esempio il milanese, l'insubre o il veneto o il piemontese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Mi scusi, signor Presidente, sono depositati fior di progetti di legge, da anni, dalla Lega Nord su questo tema...
PRESIDENTE. La prego, deve concludere.
PAOLO GRIMOLDI. Non è vero che c'è la volontà politica perché questi progetti di legge restano nel cassetto e nessuno li prende in considerazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato La Russa. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Questo emendamento non trova il sostegno di Alleanza Nazionale per i motivi che ho espresso in precedenza. Vorrei ancora rinnovare un appello alla Lega a non offrire spazio, alibi ad interventi farneticanti, come quello del collega Venier.
Il collega Venier - ma rivolgo anche a voi questa riflessione - non ha letto, evidentemente, il testo della proposta di legge costituzionale che è talmente breve, talmente chiaro che se ci si degnasse almeno di guardarlo, probabilmente, si eviterebbero quasi tutti gli interventi che stiamo ascoltando.
Nel testo unificato della proposta di legge, amici della Lega, c'è scritto che l'italiano è la lingua ufficiale della Repubblica, nel rispetto delle garanzie previste dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali. Non c'è nulla che precluda il riconoscimento, che già esiste in altre leggi - in leggi regionali o che potremo approvare - a favore delle lingue storiche, degli idiomi locali per migliorare l'uso dei dialetti, per conservare le tradizioni; anzi, è questo tipo di interventi - scusatemi se mi permetto di dirvelo - che, traumatizzando l'Assemblea, irrigidendo in qualche modo le posizioni, rischiano di creare una dicotomia, un contrasto che non c'è con la volontà di dire che esiste una lingua ufficiale, come in ogni paese che si rispetti. In alcuni Stati, come Belgio o Svizzera, ve ne può essere più d'una, ma il concetto di lingua ufficiale non può essere messo in contrapposizione ad una molteplicità di idiomi che, peraltro, discendono tutti dallo stesso ceppo - il latino - dal quale si è affermata una sola lingua, quella italiana di Federico II e poi di Dante e della cultura fiorentina. Se non capiamo questo, offriamo a Venier la possibilità di dire sciocchezze!
IACOPO VENIER. Stai zitto!
IGNAZIO LA RUSSA. Sto zitto...? Cosa hai detto? Guarda che Stalin è morto da molto tempo!
Pag. 42PRESIDENTE. Prego tutti i parlamentari di non interrompere. Prego il deputato La Russa di proseguire.
IGNAZIO LA RUSSA. Le sciocchezze derivano, molto semplicemente, dal fatto che - chiedo scusa se te lo devo far notare - attribuire alla destra - ma immagino a tutto il centrodestra - la volontà di coartare i diritti delle minoranze linguistiche, cozza con la lettura della gran parte di questa proposta di legge, che è di cinque righe! Tre di queste cinque righe recitano, testualmente: «...nel rispetto delle garanzie previste dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali».
Non si può dire l'opposto di quello che c'è scritto in due terzi dell'unico articolo senza farsi dire che si stanno pronunciando delle sciocchezze (mi devi perdonare, ma è così).
Ritengo che una posizione seria, che invito la Lega e gli amici di Venier a voler considerare, debba portare a sdrammatizzare questa discussione: stiamo solo discutendo della possibilità di dire quello che era pacifico al momento della nascita della Costituzione medesima e che oggi, per mille motivi, è diventato utile affermare in essa, senza velleità nazionalistiche. È utile dire che c'è una lingua ufficiale.
Vedi, caro amico leghista, tu dici che il veneto è sicuramente una lingua: lo è. È una delle tante lingue che nascono dal latino, ma c'è un piccolo particolare, cioè, che se oggi, oltre a parlare in veneto, tu dovessi scrivere in veneto il tuo intervento e consegnarlo subito, non saresti in grado di farlo, mentre sei in grado di farlo in italiano (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Lussana. Ne ha facoltà.
CAROLINA LUSSANA. Intervengo anche per rispondere all'onorevole La Russa. Qui non è questione di Casa delle libertà spaccata, cari colleghi della sinistra: pensate al fatto che al Senato non avete i numeri sulla politica estera!
Purtroppo, su questo provvedimento si sta facendo ancora molta ideologia. Ancora una volta si schiacciano le realtà locali, le tradizioni e le autonomie regionali!
Onorevole La Russa, nessuno è contrario ad introdurre nella Costituzione la disposizione secondo la quale l'italiano è la lingua ufficiale dello Stato, malgrado, come lei ha ben ricordato, siano già molte le leggi ordinarie che lo attestano. Vorrei ricordarle, onorevole La Russa, che l'articolo 3 della Costituzione spagnola dispone, al comma 1, che «Il castigliano è la lingua ufficiale dello Stato» e, al comma 3, che «La ricchezza del pluralismo linguistico in Spagna è un patrimonio culturale che sarà oggetto di speciale rispetto e protezione» (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Forza Italia).
Noi...
PRESIDENTE. Grazie...
CAROLINA LUSSANA. ... vogliamo difendere e salvaguardare il pluralismo del nostro patrimonio culturale!
PRESIDENTE. Grazie molte.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cota 1.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 454
Votanti 415
Astenuti 39
Maggioranza 208
Hanno votato sì 41
Hanno votato no 374).
Prendo atto che il deputato Buontempo non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere un voto contrario.Pag. 43
Prendo atto, altresì, che il deputato Zorzato avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Boato 1.3 e Cota 1.20.
Prendo atto che il deputato Boato non accede all'invito al ritiro del suo emendamento 1.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, credo sia evidente l'orientamento dell'Assemblea: com'era previsto - lo si era capito sia in Commissione sia in Comitato dei nove - gli emendamenti non saranno approvati, ma non mi straccerò le vesti per questo.
Ho già detto - e lo ripeto - che il gruppo dei Verdi ha presentato una propria proposta di legge ed ha sottoscritto quella del collega Zaccaria, il cui testo è giunto all'esame dell'Assemblea. Tuttavia, vorrei far riflettere - se è possibile farlo serenamente in pochi minuti - sul quadro che deriverebbe, sotto il profilo della sistematica costituzionale, dall'eventuale approvazione del mio emendamento, in ordine al quale preannuncio, ovviamente, il voto favorevole del gruppo dei Verdi.
Il testo dell'articolo 12 sarebbe il seguente: «L'italiano è la lingua ufficiale della Repubblica nel rispetto delle garanzie previste dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali». Le garanzie sono contenute nell'articolo 6, nell'articolo 2, dedicato ai diritti inviolabili dell'uomo, nell'articolo 3, che riconosce pari dignità senza distinzione di lingua, e via dicendo. Le leggi costituzionali sono costituite, in particolare, dagli statuti speciali del Trentino-Alto Adige/Südtirol, del Friuli-Venezia Giulia, della Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste e della Sardegna.
L'articolo che è poi divenuto il 6 (il cui testo è rimasto immutato dal 1948) faceva inizialmente parte, secondo gli intenti della Commissione dei settantacinque, del Titolo V della Parte seconda, ma la Costituente volle inserirlo addirittura tra i principi fondamentali, in quanto si trattava di una norma fondamentale (anche se può dispiacere a qualche collega in quest'aula) dopo venti anni di regime fascista e di oppressione e cancellazione delle minoranze linguistiche (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale). L'articolo 6 recita: «La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche»: apposite norme sono state, sin dall'inizio, gli statuti speciali e, successivamente, la legge n. 482 del 1999.
Il mio emendamento prevederebbe - dico prevederebbe perché, probabilmente, non verrà approvato; tuttavia, voglio spiegarne la razionalità e la sistematicità - l'inserimento in Costituzione del principio secondo il quale «La Repubblica valorizza gli idiomi locali». Se fosse approvato, avremmo una disposizione ai sensi della quale l'italiano è la lingua ufficiale della Repubblica nel rispetto delle garanzie costituzionali, un'altra secondo la quale la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche e, infine, una terza in forza della quale la Repubblica valorizza gli idiomi locali. La predetta gerarchia di principi non metterebbe in discussione ciò che è già nell'ordinamento (l'italiano come lingua ufficiale, ma nel rispetto delle garanzie costituzionali) - ribadisco che sono assolutamente favorevole a scriverlo nella Costituzione - e introdurrebbe anche un livello inferiore rispetto a quello della tutela con apposite norme delle minoranze linguistiche.
Il mio emendamento prevede, appunto, che la Repubblica valorizzi gli idiomi locali. Con il termine «Repubblica» si vuole fare riferimento non soltanto allo Stato centrale, ma anche alle regioni ed a tutto il sistema delle autonomie. Mi sembra una proposta razionale e sistematica che so che probabilmente non verrà approvata da quest'Assemblea, ma credo che abbia una sua dignità, una sua coerenza ed una sua piena legittimità costituzionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Presidente, se il mio emendamento non dovesse essere accolto, Pag. 44sarebbe veramente grave perché si tratterebbe di una manifestazione chiara di volontà da parte del Parlamento. Hai voglia a sostenere talune cose, a dire che si vogliono riconoscere le autonomie e le culture locali, che si vuole trasformare lo Stato in senso federale: l'ha detto anche il Presidente della Repubblica qualche giorno fa che il federalismo fiscale è qualcosa che ormai è indifferibile. Hai voglia a fare questo tipo di affermazioni, quando poi nelle aule parlamentari si va nella direzione esattamente opposta. Perché dico «nella direzione esattamente opposta»? Perché quello che stiamo esaminando è, dal punto di vista del contenuto, un emendamento che non dice nulla di eccezionale, ma ribadisce alcuni principi che in Parlamento dovrebbero trovare cittadinanza e che hanno già trovato una presa di posizione precisa in altri atti legislativi.
Prima il collega Boato ricordava - e concludo - gli statuti delle regioni a statuto speciale che hanno valore di legge costituzionale, i quali tutelano le lingue e gli idiomi locali, come pure le norme relative, ad esempio, all'articolo 114 della Costituzione stessa, laddove si parla di «Repubblica» non formata soltanto dallo Stato. Senza contare l'ultimo atto che devo ricordare, proprio ai colleghi che stanno per votare, o meglio per non votare, un'emendamento...
PRESIDENTE. Lo ricordi pure, ma a lei ricordo anche che il tempo a sua disposizione è concluso. Prego...
ROBERTO COTA. Concludo subito. Il 27 giugno del 2000 l'Italia ha sottoscritto la Carta europea delle lingue regionali e minoritarie: vi è un impegno internazionale su questo punto ma questa Convenzione peraltro non è stata ancora ratificata! Allora, come rendete compatibile la sottoscrizione di questo atto con la bocciatura dell'emendamento in esame? Proprio non riesco a capirlo!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rosso. Ne ha facoltà.
ROBERTO ROSSO. L'Organizzazione delle nazione unite (ONU), di cui l'Italia fa parte, ogni anno censisce e pone all'attenzione dei paesi che ne fanno parte l'elenco delle lingue o idiomi in via di scomparsa: ciò a dimostrazione del fatto che una lingua non si difende da sé ma che in epoca di globalizzazione è un valore il riconoscimento, la valorizzazione e la tutela di queste lingue perché con l'estinzione dell'idioma si vengono a perdere anche brandelli di cultura, elementi di civiltà, di sentire popolare comune.
Per questa ragione anche l'Accademia della crusca richiama oggi l'attenzione del Parlamento italiano su questo comma, che tutti mi sembra siamo intenzionati a votare, volto a riconoscere nell'italiano la lingua ufficiale per difenderlo dagli anglicismi, dal depauperamento della lingua che, quotidianamente, si fa strada anche nel linguaggio parlamentare, come ha riconosciuto prima un deputato dei Socialisti italiani.
Ebbene, da questo punto di vista, gli idiomi locali, che sono stati formativi della lingua italiana, sono elemento costitutivo della nostra cultura: non riconoscere questo fatto significherebbe non riconoscere, presidente Violante, quello che lei prima ha invitato a fare in questa Assemblea. Il presidente Violante prima ha invitato i membri della Lega a ritirare i loro emendamenti per arrivare ad una più compiuta e unitaria formulazione di un testo comune. Ma al di sotto del testo presentato dagli onorevoli Boato e Cota non si sa veramente cosa possa esserci ancora di comune.
Perché non potrebbe questo Parlamento, nel momento in cui afferma l'italiano come lingua ufficiale, riconoscere ciò che nel sentire comune sia, credo, tanto della destra quanto della sinistra, cioè il fatto che gli elementi culturali del nostro essere italiani, ciò che preesisteva all'italiano, ciò che ha accompagnato la lingua italiana possano essere valorizzati in termini costituzionali? Se non facessimo ciò, interverrebbe un principio di non contraddizione. Dunque, onorevole Violante, ciò che lei ha dichiarato sarebbe soltanto un Pag. 45meccanismo, un paravento attraverso cui negare un'opportunità che la Costituzione stessa, nel suo testo originario, vuole riconoscere: il contributo di culture che all'Italia è stato dato da tanti «pezzi» autonomi di italianità, prima locale e poi nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Venier. Ne ha facoltà.
IACOPO VENIER. Presidente Bertinotti, mi rivolgo a lei: non può consentire che, in quest'aula, si usino termini come «farneticante» nei confronti di chiunque di noi!
IGNAZIO LA RUSSA. L'argomento «farneticante»! Non tu! L'argomento!
IACOPO VENIER. Siamo di fronte ad un'interpretazione politica - che l'onorevole La Russa consentirà di sviluppare - che riguarda il fatto che il testo che ci viene proposto dalla Commissione, sicuramente, è accettabile nella sua formulazione. Diverso è il discorso riguardante il contesto e gli esponenti di Alleanza Nazionale. Conosco bene, venendo da una terra di confine, quale rispetto nutre quel partito nei confronti delle minoranze linguistiche nazionali presenti sul territorio del Friuli Venezia Giulia (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)...
Conosco bene l'onorevole Menia e le sue azioni in quel territorio (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)...
ROBERTO MENIA. Taci, «Titino»!
PRESIDENTE. Per favore...!
IACOPO VENIER. ... rispetto all'affermazione dei diritti linguistici e di civiltà che sono stati sanciti dalla nostra Costituzione!
Il problema, oggi, di fronte ad un testo che può essere accettabile, riguarda il contesto politico in cui si svolge la discussione su una riforma costituzionale. Vi è un'operazione strumentale di cui abbiamo evitato l'elemento di maggiore pericolosità, vale a dire l'inserimento di una disposizione all'interno dell'articolo 6, ma che resta, nella sua attuale collocazione, per il contesto con cui la destra affronta questo tema: non parlando della questione delle minoranze linguistiche e degli idiomi locali ed utilizzando, con riferimento alla Lega Nord, quest'operazione per un'azione di scardinamento dell'impianto complessivo costituzionale, verso una separazione!
Ecco perché invitiamo ad una riflessione, anche all'interno della maggioranza, sull'opportunità di consentire all'opposizione di portare a casa questo tipo di provvedimento, in questo momento, nonostante il testo non sia non accettabile!
Si tratta di una questione eminentemente politica! Ma voi avrete potuto apprezzare politicamente quali garanzie questo tipo di destra ci dà per il futuro! E stiamo cambiando la nostra Costituzione, Presidente!
PRESIDENTE. Solo per rispondere all'osservazione che ha voluto rivolgermi, le ricordo che il Presidente è tenuto ad intervenire per difendere la dignità di ogni parlamentare. Le proposte, le idee e i giudizi che vengono espressi riguardano unicamente la responsabilità di chi li esprime.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Alia. Ne ha facoltà.
GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, esprimeremo un voto contrario anche su questi emendamenti per le stesse ragioni che sono state esposte in precedenza. Per brevità richiamo solo la circostanza che non si tratta di essere contrari agli idiomi locali; il fatto è che non è questa la sede in cui introdurre questa disciplina.
Torno a dire, fino alla nausea, che stiamo integrando l'articolo 12 della Costituzione che disciplina gli elementi distintivi della Repubblica che, nel caso di specie, oltre alla bandiera tricolore, è anche la lingua italiana.
In questa sede, non ci azzecca in alcun modo, come direbbe qualcuno più autorevole Pag. 46di me, la vicenda degli idiomi locali. Per questa ragione, voteremo contro gli identici emendamenti in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gamba. Ne ha facoltà.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Deputato Presidente, onorevoli colleghi, come numerosi interventi degli esponenti di Alleanza Nazionale hanno già ampiamente dimostrato, da questi banchi non solo non vi è alcuna avversione per gli idiomi ed i dialetti locali, ma anzi, proprio per quel senso di appartenenza, per l'amore che ci lega alla patria comune, composta da tante realtà e da tante specificità che affondano le proprie radici nella storia patria, vi è un affetto, una valorizzazione, una ricerca di ogni utile strumento, perché questo patrimonio, così diversificato, ma che trova unità nella lingua comune, abbia ad essere mantenuto.
Proprio per questo troviamo che non vi sia coerenza con quanto diceva il collega Cota. Non è assolutamente vero che vi sono atteggiamenti contraddittori riguardo alle convenzioni citate, alle quali, certamente, è stata già data ampia attuazione attraverso molti strumenti legislativi ordinari, in particolare con la legislazione regionale. Abbiamo la possibilità, attraverso il potere legislativo delle regioni, che come tutti sanno sono dotate ciascuna di un'assemblea di natura parlamentare, di provvedere all'ulteriore tutela degli idiomi e dei dialetti locali.
Noi ci asterremo nella votazione degli identici emendamenti Boato 1.3 e Cota 1.20, perché riteniamo pleonastico inserire in questo momento una specificazione non necessaria, dal momento che ciò è già insito nella legislazione nazionale e in quella regionale.
Se si avverte la necessità di compiere ulteriori sforzi in questo senso, lo si farà, ma nel momento in cui si prevede di inserisce nella Costituzione l'ufficialità della lingua italiana, non appare necessario questo richiamo, perché è già esistente, e potrebbe sminuire la stessa tutela degli idiomi e dei dialetti nazionale.
Per tale motivo, ci asterremo, anche se certamente non si può prescindere dalla necessità di approvare il provvedimento con la più ampia adesione da parte di quest'Assemblea.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Fugatti. Ne ha facoltà.
MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, provengo da una provincia autonoma di Trento che sancisce i diritti delle minoranze linguistiche, quindi la specificità, il valore aggiunto e l'aspetto positivo di questo minoranze. Bisognerebbe farsi un giro per le valli trentine e vedere qual è l'attaccamento di questi popoli alla loro storia e alla loro cultura che poi viene anche sancito dal nostro ordinamento. È, quindi, una cosa importante, riconosciuta, risaputa, quasi normale.
Vedere il centralismo italiano che si arrocca su varie posizioni per non inserire il riferimento alle lingue locali e regionali all'interno di questo provvedimento è francamente penoso!
Provengo da una zona di confine tra il Trentino e il Veneto. Mio nonno, i nostri nonni, Presidente, chiamavano indistintamente coloro che provenivano dalle regioni sotto il Trentino «taliani». Le posizioni che oggi si manifestano in quest'aula mi fanno capire che i nostri nonni avevano ragione e avevano previsto bene come si sarebbe sviluppato, purtroppo, questo paese. Li chiamavano «taliani» (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Goisis. Ne ha facoltà.
PAOLA GOISIS. Signor Presidente, si afferma che già nella Costituzione lo Stato riconosce le minoranze linguistiche. Ribadisco che noi non siamo una minoranza linguistica, perché il veneto è una lingua. Rispondendo al collega Lucchese, voglio Pag. 47dire che la lingua italiana deriva dal fiorentino di Dante. Il richiamo a Federico II e alla scuola siciliana è errato o perlomeno dovremmo richiamare anche il provenzale (da cui deriva la scuola siciliana) che, a sua volta, deriva dal latino.
La lingua veneta, invece, ha le proprie radici storiche che risalgono a 2600 anni A.C.. Non si tratta di pochi anni, come quella italiana che pretendiamo di riconoscere come lingua ufficiale.
Si tratta di una lingua che è capita dagli abitanti di questa penisola solo da cinquant'anni, dopo la diffusione della televisione. Giustamente, è stato detto che si tratta di una lingua della televisione, non della nazione italiana (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Campa. Ne ha facoltà.
CESARE CAMPA. Signor Presidente, vorrei sottoscrivere gli identici emendamenti Boato 1.3 e Cota 1.20, concordando parola con parola con quanto affermato dal collega Rosso.
Vorrei invitare i colleghi al buonsenso; mi sembra che questo emendamento, che è il risultato di una serie di proposte emendative respinte, altro non dica che la lingua italiana è la lingua ufficiale, ma possiamo e dobbiamo valorizzare anche gli idiomi locali.
Mi sembra che non vi sia nulla di scandaloso e di trascendentale. Pertanto, penso che tali emendamenti si possano approvare tranquillamente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale il deputato Garavaglia. Ne ha facoltà, per un minuto.
MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, vorrei avanzare una proposta «distensiva», seguendo un po' il ragionamento precedentemente svolto dal presidente Violante e dall'onorevole Zaccaria, i quali hanno affermato che le minoranze linguistiche sono già tutelate dalla Costituzione, nonché dagli statuti speciali, che rivestono rango costituzionale, delle regioni autonome.
Anche in questo caso, si è parlato molto di federalismo. Ebbene, facciamo una bella cosa: rendiamo tutte le regioni a statuto speciale, poi decideremo! A noi andrebbe benissimo lo statuto della regione siciliana, tant'è che lo approveremmo domani! Ci accontentiamo anche di quello del Trentino-Alto Adige, così faremmo meno fatica!
Propongo, quindi, di procedere in tal senso, perché, in tal caso, avremmo conseguito un duplice obiettivo. Il primo sarebbe la tutela della lingua, che rappresenta l'elemento fondamentale di un popolo. Quindi, dovete anche capire perché, talvolta, ci «accaloriamo», poiché la lingua è la il primo elemento identitario di un popolo!
In secondo luogo, si risolverebbe anche la questione del federalismo fiscale...
PRESIDENTE. Deve concludere, la prego!
MASSIMO GARAVAGLIA. ...prevedendo venti regioni a statuto speciale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Santelli. Ne ha facoltà.
JOLE SANTELLI. Signor Presidente, preannuncio il voto contrario del gruppo Forza Italia sugli identici emendamenti in esame, per le motivazioni precedentemente esposte.
Se mi consente, signor Presidente, vorrei aggiungere alcune considerazioni. Infatti, con il provvedimento in esame, stiamo semplicemente prevedendo - intendo ribadirlo, perché non mi sembra abbastanza chiaro in questa discussione - che l'italiano è la lingua ufficiale della Repubblica.
Osservo che, su questa tematica, si innestano due argomentazioni estranee da tale contesto. La prima questione riguarda Pag. 48il riconoscimento delle lingue regionali, che è condiviso, ma che può essere per realizzato in altra sede, perché in questo caso non serve!
In secondo luogo, vorrei sottolineare che è stata aperta una polemica inutile sulle minoranze linguistiche. Nessuno sta polemizzando su tali minoranze, onorevole Venier, poiché nessuno vuole toccare o limitare questa parte del nostro patrimonio. Ricordo che stiamo parlando della lingua italiana, e mi stupisce che, in questo Parlamento, non si registri l'unanimità sul progetto di legge in esame. Chi è contrario, per altre motivazioni, abbia almeno il coraggio politico...
PRESIDENTE. La prego di concludere...
JOLE SANTELLI. ...di dirlo in maniera chiara!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Zaccaria. Ne ha facoltà.
ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, come avevo già anticipato, il gruppo de L'Ulivo voterà contro gli identici emendamenti in esame. Desidero intervenire, quindi, soltanto per evidenziare alcuni aspetti.
Gli identici emendamenti Boato 1.3 e Cota 1.20 sono tutt'altro che trascurabili, poiché ricordo che, nella scorsa legislatura, proprio l'inserimento di questa disposizione all'interno del progetto di legge di riforma costituzionale aveva condotto, al Senato della Repubblica, alla «caduta» del testo stesso. Pertanto, chi a cuore l'esito finale del presente provvedimento deve sapere che gli identici emendamenti in esame prefigurano una situazione che, nella scorsa legislatura, ha già avuto un epilogo negativo.
Mi sembra che il secondo elemento importante che intendo sottolineare sia stato già evidenziato dall'onorevole La Russa, con riferimento ad un altro emendamento. Infatti, vorrei ricordare che quando, sempre nella scorsa legislatura, si propose di approvare una normativa simile, non era contemplata la formula attuale, la quale recita: «nel rispetto delle garanzie previste dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali». Tale clausola è stata inserita nel testo del provvedimento per precisare che questa norma non intende affievolire, in alcuna misura, l'insieme delle garanzie costituzionali, nonché quelle assicurate dal nostro ordinamento. I pluralismi, infatti, sono integralmente garantiti dalla nostra Costituzione e la disposizione in oggetto le richiama.
Vorrei formulare, infine, una terza ed ultima considerazione, che nella giornata odierna non è apparsa quasi per nulla, ma che ritengo importante. La disposizione in discussione, infatti, non «mette un coperchio» e non schiaccia le autonomie, il pluralismo, i dialetti, le lingue e tutto ciò che rappresenta una ricchezza del nostro paese, perché ha una proiezione decisamente internazionale.
Infatti, oggi a livello internazionale si discute della partecipazione alla realtà globale attraverso il multilinguismo. Pertanto, come ha detto molto bene la deputata Di Centa, nel suo precedente intervento, in Italia dobbiamo dimostrare il massimo interesse verso il pluralismo linguistico; tuttavia, quando vogliamo partecipare alle assise internazionali, dobbiamo sostenere la nostra identità nazionale in quel contesto. Tale identità, tra l'altro, consente anche di effettuare quella traduzione simultanea che, in qualche modo, si voleva contestare.
La promozione della lingua, anche in una prospettiva internazionale, è, dunque, ciò che la presente modifica costituzionale tende, in maniera eloquente, a sostenere.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Lussana. Ne ha facoltà.
CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, vorrei rispondere al collega Zaccaria chiedendogli di spiegare in quest'aula perché solo nel nostro paese - rispetto al resto d'Europa che egli ha citato - la sinistra stenti a fare delle aperture in Pag. 49senso federalista, valorizzando le autonomie e le nostre realtà territoriali.
In Gran Bretagna la sinistra ha tenuto un atteggiamento diverso e lo stesso sta facendo il Governo Zapatero con le aperture che sono state realizzate (mi dispiace citarlo, perché non condivido le sue posizioni sulla famiglia). Invece, voi siete schiavi di un'ideologia - forse portata avanti dalla sinistra radicale - che vi spinge a non riconoscere le identità locali e a non valorizzarle.
Apprendo da un'agenzia di stampa che l'onorevole Fassino prospetta la possibilità di un'apertura alla Lega. Ma come possiamo dialogare con voi che in quest'aula state perdendo una occasione importante? Stiamo modificando la Costituzione, stiamo scrivendo che l'italiano è la lingua ufficiale, ma perché non vogliamo scrivere che la nostra Repubblica deve valorizzare anche gli idiomi locali (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?
PRESIDENTE. La prego, deve concludere.
CAROLINA LUSSANA. Di cosa avete paura? Così agevolate le spinte secessionistiche, certo non le frenate (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato La Russa. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella scorsa legislatura su questo punto la nostra Assemblea ha espresso un voto favorevole.
In questa legislatura la riproposizione del testo unificato in esame avviene a maggioranza mutata. Nel diverso contesto che si è venuto a creare, abbiamo cercato di riproporre lo stesso concetto, tentando però di assicurare anche l'intesa con chi, avendo i numeri, ha la potestà di far approvare o meno una legge. Ne è scaturita un'intesa assolutamente accettabile - lo dico anche per gli amici leghisti - con un riferimento, cui faceva cenno qualche attimo fa il collega dell'Unione, alla Costituzione, alle prerogative, ai diritti in essa contenuti.
Pertanto, ogni tentativo di reinserire un argomento diverso finisce per mettere in pericolo ciò che per noi è importante: l'affermazione che vi è una lingua ufficiale, ossia l'italiano.
Fermo restando che qualcuno in coerenza si vorrà astenere (e non vi sarà alcun provvedimento nei suoi confronti), la linea del nostro gruppo sugli emendamenti in esame è quella di esprimere un voto contrario (Applausi di deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Bodega. Ne ha facoltà.
LORENZO BODEGA. Signor Presidente, cosa vuol dire sdrammatizzare la situazione, come ha chiesto prima l'onorevole La Russa? Forse, significa che abbiamo paura; ma paura di che cosa? Abbiamo paura di minare l'unità d'Italia?
Non dovete avere paura, cari colleghi. Il nostro è un sentimento di amore per la nostra terra, per le nostre tradizioni e per le nostre identità (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Spiace dover constatare che solo la Lega, forse anche con animosità e con toni accesi, porta avanti queste battaglie!
La risposta che ci viene data, da destra e da sinistra, passando per il centro, è che la sede idonea non è questa. Tuttavia, qual è la sede idonea, signor Presidente, se non questa?
Naturalmente, la Lega continuerà a condurre le sue battaglie nelle piazze e tra la gente, oltre che nelle sedi istituzionali (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Alessandri. Ne ha facoltà.
ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, intervengo solo per terminare il discorso precedente: se c'è un motivo per Pag. 50cui sono qui è per rappresentare la mia terra; non ci sono altre ragioni. Sono qui per rappresentare Reggio Emilia e l'Emilia: sun arzan e sun content d'esserl.
Credo che debba essere trasmesso un messaggio anche all'estensore di questo testo unificato: mi riferisco al deputato Napoli. Qui si vuole cercare di costruire una casa, partendo dal tetto, ma senza aver prima innalzato le mura. Non si può passare attraverso questo procedimento, quando l'Italia non ha ancora recepito la Carta europea delle lingue regionali minoritarie, approvata a Strasburgo nel 1992, ratificata nel 1997, che il nostro Stato ancora non ha mai voluto esaminare.
Signor Presidente, nel chiedere l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna di una documentazione riguardante la suddetta Carta, segnalo che quanto lì indicato, magari, servirà anche a lei, per sua conoscenza personale, così come servirà ai colleghi che, forse, parlano di cose che non conoscono. In particolare, mi riferisco a quanto aveva previsto al riguardo il Parlamento europeo e ad una relazione di uno stimato professore di Bruxelles, che ha spiegato esattamente come stanno le cose. Credo che stiamo veramente parlando del nulla e, se non si parte da tali considerazioni, il tetto che state costruendo crollerà su se stesso.
PRESIDENTE. La Presidenza consente la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna, sulla base dei criteri costantemente seguiti, della documentazione da lei richiamata.
Passiamo ai voti (Commenti di deputati della Lega Nord Padania)...
STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, avevo chiesto di parlare!
PRESIDENTE. Colleghi, vi chiedo di segnalare l'intenzione di intervenire per tempo e non quando si sta per procedere alla votazione.
Deputato Allasia, ha facoltà di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, per un minuto.
STEFANO ALLASIA. La ringrazio, Presidente. Intervengo per ribadire che questa non è una polemica inutile sul riconoscimento delle minoranze linguistiche e per segnalare ai colleghi parte di un articolo di un giornale torinese, dove Giuseppe Fioroni, che conoscete come ministro della pubblica istruzione, ha accolto l'invito a considerare l'esigenza dell'insegnamento della lingua francese come lingua primaria nei territori ai confini piemontesi. Perciò, è evidente che, nel vostro programma di Governo, vi è un'antitesi: da un lato, volete far riconoscere l'italiano come lingua ufficiale della Repubblica italiana e, dall'altra, disconoscete questo progetto sui territori montani.
PRESIDENTE. Deve concludere.
STEFANO ALLASIA. Il nostro disappunto è dovuto al fatto anche che non vorremmo mai vedere cancellati i nomi piemontesi o in dialetto nei paesi...
PRESIDENTE. Ha esaurito il tempo a sua disposizione, deputato Allasia.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Boato 1.3 e Cota 1.20, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 457
Votanti 436
Astenuti 21
Maggioranza 219
Hanno votato sì 63
Hanno votato no 373).
Passiamo all'emendamento Lucchese 1.23. Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Pag. 51FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, con il mio emendamento ho voluto segnalare un problema. Come tutti sappiamo, l'alfabeto italiano è composto da ventuno lettere. Vi sono poi cinque lettere (x, y, k, j e w) che sono usate nelle lingue straniere. La confusione sorge perché, ad esempio, queste lettere sono usate nelle sigle automobilistiche, anche se non appartengono al nostro alfabeto. Tra l'altro, esse non possono essere utilizzate nelle leggi italiane. La mia intenzione era, quindi, di porre all'attenzione dell'aula un problema reale. Comunque, dato che il contenuto del mio emendamento non può essere inserito nella nostra Costituzione, ritiro l'emendamento e presenterò un ordine del giorno di analogo contenuto.
PRESIDENTE. Sta bene.
Ricordo che l'emendamento Santelli 1.21 è stato ritirato.
Prendo atto che anche l'identico emendamento Buontempo 1.22 è stato ritirato.
Avverto che, consistendo il testo unificato in un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale.
All'esame degli ordini del giorno si procederà alla ripresa pomeridiana della seduta, dopo lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo, dunque, la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interrogazioni, a risposta immediata e alle ore 16,30 con l'esame degli ordini del giorno.
La seduta, sospesa alle 13,40, è ripresa alle 15.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI