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Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Espulsione di una cooperante italiana effettuata dalle autorità di sicurezza israeliane - n. 2-00424)
PRESIDENTE. L'onorevole Burgio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00424 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, ringrazio il viceministro di essere presente in aula per rispondere alla mia interpellanza urgente che solleva una problema, prendendo spunto da una vicenda specifica che già è stata oggetto di un atto di sindacato ispettivo presentato nella Commissione affari esteri dal collega Alì Khalil e già discusso con il viceministro Sentinelli.
L'episodio in questione vede come protagonista una cooperante italiana, inserita in un progetto di cooperazione finanziato dalla regione Toscana e portato avanti dal comune di Vinci. Tale progetto è volto all'insediamento di reparti pediatrici in quattro ospedali palestinesi ed è stato elaborato con il partenariato di Medical relief di Ramallah.
La cooperante, dottoressa Dametti, è stata nominata dalla regione Toscana e, in particolare, dal comune di Vinci come persona addetta al monitoraggio sullo sviluppo del progetto di cooperazione. Margherita Dametti è una cooperante ormai sperimentata, con una grande esperienza. Attualmente, frequenta un master presso l'università di Pavia sulla cooperazione internazionale e lo sviluppo e, da molto tempo, collabora con il Medical relief di Ramallah e con la alcune regioni italiane, fungendo, come prescrive la cooperazione, da interfaccia tra i destinatari dei progetti e le autorità mittenti che sovrintendono queste operazioni. Nel tempo, come cooperante, ha avuto rapporti con le regioni Campania, Emilia e Piemonte e attualmente con la regione Toscana. Ha seguito le pratiche riguardanti il trasferimento dei bambini palestinesi all'ospedale Cardarelli. Ha mediato vicende che si sono concluse con alcuni trapianti di fegato. Questo è il pregresso.
Il 9 gennaio 2007, la dottoressa Dametti si reca in Israele per svolgere la sua attività, munita preventivamente di tutti i documenti e dei visti necessari (sulla faccenda dei visti tornerò in sede di replica). L'ambasciata italiana, preventivamente avvisata di questo viaggio, ha informato, a sua volta, le autorità dell'aeroporto di Ben Gurion, destinazione del volo. All'aeroporto di Ben Gurion si verifica l'episodio che è all'origine di questa interpellanza.Pag. 41
La dottoressa Dametti, appena scesa dall'aereo, è fermata dalle autorità di sicurezza israeliane, le quali le requisiscono i documenti, le comminano un provvedimento di espulsione e la sottopongono ad un trattamento che potremmo definire rude, visto che vogliamo usare degli understatement: una perquisizioni corporale molto analitica e minuziosa, che la stessa dottoressa Dametti, in un resoconto, avrebbe definito umiliante; le vengono requisiti il bagaglio e la macchina fotografica e le viene sottoposta un dichiarazione in ebraico che solo dopo lunghe trattative le viene tradotta affinché la sottoscriva. Viene reclusa in un centro di detenzione particolarmente fatiscente, come ha descritto la dottoressa Dametti. Non le viene dato da bere né da mangiare e non le viene detto nulla in ordine al proprio destino.
Finalmente, alle 5,30 del mattino seguente viene rispedita in Italia, dopo una notte turbolenta, frequentemente interrotta dalla richiesta del personale carcerario di consegnare i biglietti di viaggio che, tuttavia, erano in possesso dell'autorità carceraria medesima.
Con questa interpellanza, vorrei che si ragionasse intorno a tale caso specifico; vorrei, in particolare, che il viceministro ci dicesse quali iniziative il Governo italiano ha intrapreso per ottenere dalle autorità israeliane una motivazione accettabile e ragionevole di questo trattamento. L'ambasciata israeliana si è pronunciata sulle motivazioni dell'accaduto, inviando una lettera che è in nostro possesso: nella suddetta sono state opposte ragioni che riguardano i visti.
Si afferma che la dottoressa avrebbe dovuto svolgere un certo lavoro (in realtà, in questa lettera vi è una certa confusione circa le funzioni svolte in passato e attualmente dalla dottoressa Dametti, ma sorvolo sulla questione) per il quale i visti turistici non risultavano sufficienti.
In realtà, sulla questione dei visti (tornerò sull'argomento in sede di replica), vi è una confusione abbastanza problematica. Sarei curioso di sapere quali reali motivazioni il nostro Governo abbia individuato. Non vorrei che tra le motivazioni implicite o inconfessate via sia il fatto che la dottoressa Dametti, dopo essersi recata più volte in questi anni nei territori occupati, si è radicata nella società palestinese, in particolare a Ramallah; ha legami affettivi con palestinesi, ci risulta che il suo fidanzato sia un cittadino palestinese impiegato attualmente nell'ufficio di un Health Development Institut (Istituto della sanità dell'Autorità nazionale palestinese) diretto da Mustafa Barghouti.
Non vorrei che vi fosse una sorta di accanimento nei confronti di questa persona e che il trattamento al quale è stata sottoposta (a noi pare davvero inaccettabile!) abbia un valore di deterrenza; in altri termini, non si vuole che questa persona in particolare si rechi in Israele. Naturale, il nostro problema non riguarda solo la dottoressa Dametti, ma si inquadra in un contesto generale, ma di questo secondo aspetto del problema intendo occuparmi in sede di replica.
PRESIDENTE. Prima di dare la parola al viceministro, vorrei salutare un gruppo di anziani e di giovani della città di Carpi che hanno lavorato in questo periodo sui temi della Costituzione.
Il viceministro degli affari esteri, Patrizia Sentinelli, ha facoltà di rispondere.
PATRIZIA SENTINELLI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, l'onorevole Burgio ha ricordato che a questa interpellanza, presentata qualche giorno fa in Commissione esteri, ho avuto già modo di rispondere. Ciò nonostante, mi pare importante che sia stata presentata anche in Assemblea, perché effettivamente il tema sollevato richiede particolare cura ed attenzione anche da parte del nostro Governo.
L'opera svolta dalla cooperante Margherita Dametti è, infatti, nota e apprezzata da tempo da parte del Governo e dal complesso delle organizzazioni che operano in loco e l'episodio avvenuto, oggetto dell'interpellanza, è particolarmente preoccupante.
Effettivamente, come già richiamato dall'onorevole Burgio anche nell'esposizione Pag. 42odierna, la signora Dametti, che opera nell'ambito di iniziative realizzate in collaborazione fra l'Onlus «Amicizia Italo-Palestinese» di Firenze, la regione Toscana ed il comune di Vinci, dunque anche all'interno di una cooperazione decentrata, è stata bloccata dalle autorità frontaliere al suo arrivo all'aeroporto di Ben Gurion.
Il suo arrivo era stato precedentemente notificato alle autorità israeliane dalla nostra ambasciata, che era stata informata del viaggio dal comune di Vinci.
Che cosa è stato fatto da noi, subito dopo? Non appena avuta notizia del diniego di accesso alla connazionale, la nostra rappresentanza non solo si è adoperata per prestarle la massima assistenza, ma ha anche attivato, contemporaneamente, tutti i canali (la polizia di frontiera, la sicurezza aeroportuale, l'unità di crisi e desk Italia) affinché si potesse far luce sulla situazione.
Sino al suo rientro in Italia, avvenuto il 10 gennaio, la nostra rappresentanza è rimasta in continuo contatto telefonico con la nostra connazionale (cui è stato consentito di tenere il telefono cellulare), per verificare se ella necessitava di ulteriore assistenza.
Abbiamo immediatamente sollecitato le autorità israeliane, le quali hanno motivato il provvedimento facendo rilevare che alla signora Dametti era già stato negato l'ingresso in Israele, nello scorso agosto, alla frontiera terrestre di Allenby, dopo che era stata accertata una sua precedente, irregolare permanenza nel paese, per un periodo di un anno, provvista di solo visto turistico.
Dobbiamo altresì rilevare che la vicenda di Margherita Dametti non costituisce un caso isolato, in quanto il problema del rinnovo dei visti di soggiorno ai dipendenti di organizzazioni non governative attive nei Territori palestinesi riguarda, più in generale, tutti i cittadini italiani e quelli di altri paesi europei operanti nei Territori stessi.
Considerato il rifiuto delle autorità israeliane - per asserite ragioni di sicurezza - di rilasciare permessi di soggiorno stabili ai cittadini europei che risiedono anche temporaneamente, a vario titolo, nei Territori, i cooperanti solevano uscire da Israele verso l'Italia, la Giordania e l'Egitto, per poi far rientro dopo un periodo variabile di tempo, al fine di ottenere un nuovo visto trimestrale. Tuttavia, tali rinnovi incontrano, ormai, grandi difficoltà e numerosi sono stati i casi di rifiuto di ingresso alla frontiera, provocando, così, numerosi problemi pratici per i cooperanti stessi, il personale amministrativo delle ONG ed i donatori.
Tali problemi d'ingresso nei Territori palestinesi formano dunque, da tempo, oggetto di una controversia tra molti paesi europei e le autorità israeliane e, a tal fine, sono stati effettuati diversi passi tanto a livello bilaterale che da parte della Presidenza dell'Unione europea.
Secondo le informazioni che risultano a noi disponibili, gli impegni a suo tempo presi dalle autorità israeliane con la passata Presidenza finlandese dell'UE, al fine di definire in maniera soddisfacente la questione, non hanno ancora avuto, purtroppo, piena attuazione e si continuano ad applicare procedure diversificate a seconda dei singoli casi.
L'Italia - e rispondo alla domanda posta dall'onorevole Burgio - intende continuare, anche nell'ambito dell'Unione europea, a tenere aperta la questione e a porla con evidenza ancora maggiore, preparandosi a compiere ulteriori passi a livello politico appropriato, fino a quando il problema, di cui siamo perfettamente consci, non sarà risolto.
PRESIDENTE. L'onorevole Burgio ha facoltà di replicare.
ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, sono soddisfatto della risposta fornita dal viceministro, soprattutto perché mi pare che il Governo abbia presente - e si tratta dell'aspetto che mi sembra, di gran lunga, più rilevante - la dimensione generale di questo problema. Vede, signor Presidente, il caso specifico è già di per sé increscioso; tuttavia, siamo effettivamente in presenza di una problematica che mi sembra mettere a rischio il prosieguo stesso di una attività di interscambio umanitario.Pag. 43
Vorrei osservare che viviamo un periodo in cui, come sappiamo, si fa un uso disinvolto e, talvolta, anche un po' paradossale di tale aggettivo, ma in questo caso specifico si tratta effettivamente di iniziative umanitarie.
I paesi europei - tra essi, l'Italia - promuovono iniziative che si concretizzano nell'insediamento di unità ospedaliere, piuttosto che di asili nido o di imprese, volti ad alleviare la condizione di popolazioni in gravi difficoltà. Sappiamo che tra queste popolazioni vi è indubbiamente quella palestinese coinvolta da svariati decenni in una vicenda particolarmente dolorosa e traumatica e che attualmente versa in condizioni di grande difficoltà: mi riferisco all'esistenza quotidiana, agli aspetti concernenti la sanità, le relazioni sociali, la coesione sociale nell'ambito di un territorio frammentato, dove spesso e volentieri si impedisce ai membri dei singoli nuclei familiari di instaurare tra loro normali relazioni affettive. Il problema della sanità è particolarmente drammatico. In questo contesto, accade che i nostri cooperanti non riescano a giungere e a rimanere nei territori palestinesi per il tempo necessario a svolgere la propria attività.
Vi è anche il problema dei tragitti e degli attraversamenti: queste persone non chiedono di rimanere in Israele, bensì di restare nei territori palestinesi. Tuttavia, per raggiungere i territori palestinesi occorre attraversare i territori israeliani: non si consente a queste persone di giungere a destinazione, proprio perché non si dà loro il diritto di attraversare i territori israeliani. Questo è un paradosso!
Vi è anche un altro paradosso: mi permetto di sottolinearlo perché il viceministro Sentinelli ha avuto modo di evidenziare questo aspetto anche nella risposta fornita in Commissione affari esteri, l'8 marzo, quando si è discusso di questa vicenda. Tale situazione viola anche precisi impegni assunti dalle autorità israeliane. Con la Presidenza finlandese dell'Unione europea, le autorità israeliane avevano riconosciuto il problema e si erano impegnate a superarlo.
Adesso, invece, stiamo compiendo dei passi indietro. La lettera dell'ambasciata derubrica a motivi consolari e burocratici quanto avvenuto: non è così, purtroppo! In questo caso, non voglio dire che vi sia una strategia, ma ricorre sicuramente un costume, un'abitudine. Credo che noi tutti - il Governo in primis, ma anche le autorità istituzionali nazionali centrali e territoriali - dobbiamo esercitare una pressione. Non voglio arrivare a declinare in maniera un po' rigida il principio di reciprocità, che è stato pure più volte brandito in altre situazioni simili. Tuttavia, certamente, se teniamo alla nostra attività di cooperazione - lo ripeto: un'attività effettivamente umanitaria - non possiamo accettare che le persone incaricate di dare gambe e concreto svolgimento a queste attività non vengano poi messe in condizione di svolgerle.
Dunque, vi è piena soddisfazione rispetto alla risposta del viceministro e all'attività dispiegata dalle autorità di Governo. Tuttavia, contestualmente, rivolgo anche una fervida preghiera: tradurre questa esperienza e queste preoccupazioni in iniziative efficaci, affinché tale condizione di disagio venga effettivamente superata.