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Discussione del testo unificato delle proposte di legge Realacci ed altri; Crapolicchio ed altri; La Loggia ed altri: Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni (A.C. 15-1752-1964-A) (ore 10,37).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 15-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Forza Italia e L'Ulivo ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni V (Bilancio) e VIII (Ambiente) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la V Commissione, onorevole Vannucci, ha facoltà di svolgere la sua relazione.
MASSIMO VANNUCCI, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, svolgerò alcune brevi considerazioni di merito sul provvedimento al nostro esame; lascerò poi al collega Iannuzzi Pag. 2il compito di delinearne le linee generali e di dare conto dell'importante lavoro svolto nelle Commissioni, delle audizioni svolte e, soprattutto, delle convergenze registrate tra le diverse forze politiche, di maggioranza e di opposizione.
In premessa, il provvedimento in esame richiama le condizioni di disagio che vivono oggi i comuni di piccole dimensioni. Ciò è il risultato di una profonda ed epocale trasformazione che ha vissuto il nostro paese nell'ultimo dopoguerra. Vi è stata, infatti, una massiccia urbanizzazione che si è determinata prima lungo gli assi ferroviari, poi lungo quelli stradali. Così, quello che abbiamo di fronte sono città spesso congestionate ed aree interne scarsamente abitate.
Si tratta di problemi analoghi a quelli attualmente all'attenzione di altri Stati europei - Francia, Spagna, Svezia e Irlanda - che stanno investendo per ripopolare aree dei propri paesi che hanno registrato cali demografici. Il tema che stiamo trattando rappresenta quindi un'importante questione europea che merita l'adozione di opportune politiche.
I cittadini che continuano a vivere in comuni di limitate dimensioni ogni giorno incontrano difficoltà con i servizi pubblici, con i servizi fondamentali come, ad esempio, quello scolastico, quello sanitario e quello postale. Questo fa sì che si crei un circolo vizioso: spesso non si organizzano i servizi perché c'è poca gente - anche noi stessi produciamo legislazioni spesso basate su parametri rigidi - e la gente non abita in questi comuni perché in essi i servizi non sono garantiti.
Il provvedimento in discussione cerca di dare risposta a questi problemi. Innanzitutto, prevedendo interventi - contenuti nell'articolo 3 - volti a fornire indirizzi ad enti territoriali e a delineare misure di agevolazione che rimuovano gli ostacoli oggi esistenti, al fine di garantire una gestione più dinamica e fruttuosa di tali realtà. Preliminare a tutto è la scelta di incentivare l'associazionismo tra comuni: le unioni di comuni e, per i territori montani, le comunità montane.
Sono previste poi misure specifiche in materia di attribuzione delle competenze, nonché una serie di misure di semplificazione amministrativa per tutti i 5 mila 800 comuni al di sotto dei 5 mila abitanti. Tra queste la possibilità di usare la rete dei monopoli di Stato per il pagamento di imposte, tasse e tributi; la possibilità di acquisire case cantoniere dell'ANAS ed altri edifici demaniali dismessi per svolgere attività comunali o per affidarle ad organizzazioni di volontariato e comunque per creare attività di insediamento e di incubatori di imprese.
Importante è anche la possibilità di indicare, nei registri dello stato civile, il luogo elettivo di nascita a fianco del luogo di nascita effettivo, nonché la possibilità di stipulare convenzioni con le diocesi cattoliche per la salvaguardia del patrimonio artistico.
Un'altra importante previsione riguarda la possibilità di incentivare la cablatura del territorio e degli edifici anche con nuovi sistemi di maggiore praticità e più basso costo, come il wi-max, che potranno offrire nuove possibilità, rendendo più agevole e concreto il cosiddetto lavoro a distanza.
L'area di intervento oggetto delle restanti disposizioni del provvedimento riguarda i comuni con popolazione pari o inferiore a 5 mila abitanti che vivano particolari situazioni di disagio.
Siamo stati attenti ad operare un'opportuna differenziazione per non generalizzare gli interventi, sia per il loro costo, sia per la loro importanza.
Tali comuni, in base al dettato dell'articolo 2 del provvedimento, saranno individuati con un provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri, sentite le Commissioni parlamentari. I criteri per individuare i comuni in situazioni di particolare disagio sono già indicati nella legge. Vi dovranno rientrare i comuni al disotto dei 5 mila abitanti dove siano presenti fenomeni di dissesto, evidenti criticità ambientali, situazioni di marginalità economica e sociale, anche limitatamente a singole frazioni che rientrino nel territorio comunale.Pag. 3
Saranno esclusi, ovviamente, dalle agevolazioni finanziarie i comuni in cui via sia un'elevata densità di attività economiche e produttive, anche per la vicinanza a grandi centri.
Per i comuni inclusi nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri vi sono due tipologie di intervento. La prima riguarda la rimozione degli ostacoli normativi, la seconda il sostegno finanziario.
Con riferimento alla prima tipologia, merita ricordare quanto previsto all'articolo 4, cioè la possibilità per i comuni di stipulare convenzioni con imprenditori agricoli per lo svolgimento di attività, nonché la possibilità per le regioni di privilegiare, nella ripartizione delle loro risorse, le iniziative finalizzate all'insediamento nei piccoli comuni di centri di eccellenza. Con l'articolo 5, si consentono varie forme di promozione dei prodotti agroalimentari tradizionali mentre, con l'articolo 6, si dispongono canali privilegiati per il finanziamento dei programmi di informatizzazione dei piccoli comuni.
L'articolo 7, tra le altre previsioni, incentiva il mantenimento del servizio postale nei piccoli comuni e l'attribuzione alle Poste italiane della possibilità di gestire la tesoreria dei piccoli comuni (questa può essere la vera chiave di volta per il mantenimento del servizio - spesso messo in discussione per problemi di economicità - che può creare un reciproco interesse, sia da parte dei comuni, sia da parte di Poste Spa).
Significative risultano pure le disposizioni dell'articolo 9, in forza delle quali si potrà prevedere la vendita diretta, a determinate condizioni, da parte di artigiani residenti nei piccoli comuni, di prodotti tipici di loro produzione.
Vi è poi la seconda tipologia di interventi, raccolti negli articoli successivi. Devono essere ricordate in primo luogo le disposizioni degli articoli 14 e 16.
L'articolo 14 prevede che agli interventi nei piccoli comuni sia destinata una quota non inferiore al 30 per cento delle risorse rivenienti dall'otto per mille e dal gioco del lotto da destinarsi a interventi nei beni culturali.
L'articolo 16 interviene sui criteri per la ripartizione, per gli anni 2008 e 2009, delle misure di sostegno per i comuni contenute nella legge finanziaria 2007, al comma 703. Questa norma, infatti, è risultata un po' troppo rigida, creando forti disparità. Noi pensiamo, con l'abbassamento dal 30 al 25 per cento della percentuale di anziani ultrasessantacinquenni, che almeno si possa allargare la platea dei beneficiari.
Gli articoli 13 e 15, sui quali merita da ultimo soffermarsi, rappresentano invece forme di diretto sostegno finanziario ai piccoli comuni rientranti nell'elenco.
Su di esse le Commissioni hanno concentrato i propri sforzi, nella ricerca di una copertura finanziaria sostenibile in un quadro di risorse disponibili assai limitato. Gli interventi, invece, sono puntuali. Nel prosieguo dell'esame potremo verificare, insieme al Governo, la possibilità di incrementare queste risorse finanziarie.
L'articolo 13 istituisce un fondo per l'erogazione, con decreto del ministro dell'economia, di incentivi fiscali in favore dei soggetti residenti nei piccoli comuni. È prevista la possibilità di agevolazioni ICI per le abitazioni e le sedi di attività economiche, nonché agevolazioni concernenti l'imposta di registro per l'acquisto di immobili destinati ad abitazione principale o ad attività economiche e premi di insediamento per chi intenda trasferire la propria residenza o attività economica in un piccolo comune.
Voglio sottolineare - perché appare significativa - la norma del comma 5, che è riassumibile nello slogan: «Adotta un borgo». Si prevede, infatti, che le risorse di un fondo apposito possano essere utilizzate per erogare crediti di imposta a persone fisiche e giuridiche che effettuano operazioni di aiuto, di sponsorizzazione e di sostegno in favore di piccoli comuni, con particolare riferimento ad attività culturali, artigianali, sociali, ricreative, turistiche e sportive.
Altrettanto importante per la possibilità di sviluppo dei piccoli comuni è l'articolo 15, che prevede l'istituzione di un fondo con consistente dotazione di risorse Pag. 4in conto capitale (40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009). Sui criteri per la definizione del decreto verrà sentito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Gli interventi sono di tipo infrastrutturale, con particolare riferimento ai beni culturali, alle infrastrutture stradali e agli istituti scolastici.
Al di là delle esigenze di tutela di tali territori, non può essere ignorato, signor Presidente, onorevoli colleghi, come, per le caratteristiche del tessuto sociale ed economico italiano, che ha sempre trovato nelle realtà medio-piccole un fattore di ricchezza e di progresso («il paese delle 100 città», la «piccola-grande Italia»), le misure previste si possano tradurre in un più generale sostegno all'economia nazionale. Basta pensare ai costi, che spesso sopportiamo, per i fenomeni di dissesto idrogeologico, che sono strettamente collegati alla scarsa o a volte assente manutenzione che si determina per l'assenza dell'uomo. Quindi, conviene investire per poter risparmiare nel lungo periodo attraverso una politica lungimirante per la tutela del territorio e per migliorare la qualità della vita.
Infine, vi prego di considerare questa legge importante in sé, al di là delle forse insufficienti risorse rispetto agli obiettivi ambiziosi delle premesse, perché finalmente si fissa un principio, quello di una legislazione dedicata per i piccoli comuni, che ne riconosce la specificità superando le rigide parametrazioni che spesso troviamo nelle norme che non tengono conto di questa piccola, grande Italia che, secondo noi, rappresenta invece la spina dorsale del nostro bellissimo paese (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Verdi).
Signor Presidente, chiedo infine che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Vannucci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Il relatore per la VIII Commissione, onorevole Iannuzzi, ha facoltà di svolgere la sua relazione.
TINO IANNUZZI, Relatore per la VIII Commissione. Signor Presidente, dopo le puntuali considerazioni sulle singole disposizioni del testo unificato al nostro esame da parte del collega relatore, onorevole Vannucci, mi limiterò ad alcune considerazioni di carattere generale sulla portata e sul senso di questa iniziativa legislativa, preannunciando la richiesta di pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della relazione scritta che ho predisposto.
Voglio sottolineare come il testo al nostro esame sia il punto di sintesi di tre diverse iniziative legislative, avvenuta attraverso un lavoro compiuto con grande accuratezza in seno al Comitato ristretto e alle Commissioni riunite bilancio e ambiente. Si tratta di iniziative legislative sostanzialmente convergenti nello spirito e nelle finalità di fondo nonché nei contenuti qualificanti dei rispettivi articolati che, dal punto di vista dei primi firmatari, si riconducono agli onorevoli Realacci, Crapolicchio e La Loggia.
Questo testo ha già alle spalle un lavoro parlamentare intenso e qualificato svolto nel corso della XIV legislatura, che giunse all'approvazione pressoché unanime, nel gennaio 2003, da parte di questa Assemblea di una proposta che, nei suoi punti essenziali, si trova riprodotta e confermata nell'elaborato normativo al nostro esame.
Dobbiamo sottolineare anche che questo percorso legislativo, che ha suscitato nel paese un crescente interesse ed un crescente consenso e che ha ricevuto avalli particolarmente autorevoli e significativi, come, a più riprese, quello del Presidente emerito della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, nasce da un'intuizione del collega Realacci, ossia che i piccoli e medi comuni costituiscono una grande risorsa e una grande ricchezza per il sistema paese.Pag. 5
Del resto, del clima positivo che è maturato riguardo a questa iniziativa legislativa abbiamo avuto una testimonianza inequivocabile nel corso delle audizioni, svoltesi in sede di Comitato ristretto, dei rappresentanti delle regioni, delle province, dei comuni, di tante espressioni della vita economica e sociale, delle associazioni ambientalistiche e della conferenza episcopale italiana. La consapevolezza che è alle spalle di questo percorso legislativo è che i piccoli comuni sono una realtà che deve essere tutelata promossa e valorizzata per dare una spinta e far compiere un salto di qualità all'intero processo di sviluppo e di crescita armonica del paese. Infatti, quei comuni non soltanto sono depositari di valori profondamente radicati e autenticamente vissuti dalle comunità locali ma hanno notevoli potenzialità, spesso inespresse e inesplorate e che, invece, debbono essere utilizzate a 360 gradi, in termini di bellezze naturali, di patrimonio storico, artistico e culturale, di artigianato e di agricoltura di qualità, di tradizioni culturali, folcloristiche ed enogastronomiche. Complessivamente, si tratta di potenzialità economiche e produttive importanti che, tuttavia, devono essere collegate in una rete per poter configurare un modello organico e complessivo che spinga con forza nella direzione della crescita del paese. Si è sempre considerato il mondo dei piccoli comuni con un atteggiamento che, in qualche misura, potrebbe riecheggiare una sorta di piccolo mondo antico, nel senso che se ne è sempre avuta una considerazione nobile, ma pur sempre malinconica, ripiegata su se stessa e rivolta al passato. Invece, nelle piccole comunità dobbiamo vedere un punto di forza sul quale il paese, nel contesto di un'attività coordinata e complessiva del sistema dei pubblici poteri, deve investire, con una progettualità di respiro generale.
Naturalmente, per poter realizzare questo obiettivo ambizioso occorre una disamina attenta ed obiettiva della situazione che attualmente esiste in tante piccole comunità sparse nelle diverse parti del nostro paese. Dobbiamo arginare, mitigare e combattere quel fenomeno ricorrente in tanti piccoli comuni che comunemente si indica come disagio abitativo ed insediativo e che causa un decremento significativo della popolazione, il quale affonda le sue radici negli anni e prosegue ancora oggi e si accompagna ad un progressivo depauperamento e indebolimento dei servizi pubblici essenziali e anche del complesso delle attività economiche e produttive. Perciò, si realizza un binomio negativo, nel senso che nei piccoli comuni si perde popolazione residente, si perdono nuclei familiari e il diminuisce livello complessivo dei servizi e delle attività economiche. Si tratta di un circuito vizioso e negativo che porta all'abbandono, all'incuria e alla scarsa manutenzione, nel governo di tante parti del territorio, con conseguenze devastanti, tra l'altro, dal punto di vista delle condizioni idrogeologiche.
Queste sono le ragioni da cui scaturisce questa proposta legislativa, con la quale si vuole affermare con forza un valore di fondo che discende da una precisa scelta culturale prima ancora che politica e legislativa. Da ciò discendono tutte le conseguenze nell'impianto amministrativo e finanziario e nel nostro ordinamento giuridico. Qual è il valore di fondo? Qual è la scelta precisa? Quella di vedere nei piccoli comuni, come abbiamo ricordato, una risorsa importante per il paese, ma anche le istituzioni nelle quali più fortemente si avverte e si vive il senso la comunità. Quindi, la tutela e la promozione di tali comuni è in funzione anche di una affermazione e di un rafforzamento di quel senso della comunità inteso quale valore ordinamentale che rafforza il tessuto unitario e la piena e complessiva integrazione del nostro paese.
Naturalmente, questa proposta di legge non può risolvere le tante, annose, importanti e delicate questioni che si legano alla tematica dei piccoli comuni, ma vuole introdurre nell'ordinamento un principio forte e incancellabile, destinato ad impregnare le singole scelte legislative, come peraltro già è accaduto in tanti sentimenti nelle ultime leggi finanziarie. Si tratta di Pag. 6un principio che deve essere sviluppato e accresciuto nel corso degli anni con una politica coerente.
Per questa ragione, la legge in esame si suddivide sostanzialmente in due parti.
Vi sono misure che riguardano tutti i piccoli comuni sino a 5 mila abitanti (la piccola grande Italia, come è stata felicemente ed efficacemente definita). Nell'ambito delle misure di portata generale per tutti i piccoli comuni, sono previste norme precettive immediatamente operative e produttive di effetti, e norme di carattere programmatico. Le norme precettive vanno nella direzione della semplificazione e dello snellimento delle procedure e dell'attività amministrativa dei piccoli comuni; le norme di affermazione di principio di ordine programmatico riguardano la consacrazione di una serie di linee direttive estremamente importanti nel rapporto tra la legislazione dello Stato e l'attività legislativa delle regioni, o disegnano in maniera efficace i rapporti tra lo Stato, le Poste italiane Spa, il concessionario del servizio pubblico radiotelevisivo o l'organizzazione delle istituzioni dei presidi scolastici.
Tra le norme immediatamente operative è stato eliminato, anche alla luce della condizione posta dalla I Commissione (Affari costituzionali), il divieto di più di due mandati consecutivi per i sindaci nei comuni con popolazione sino a 5 mila abitanti, norma che, comunque, a mio avviso, va rapidamente introdotta nel nostro ordinamento giuridico. Infine, vi sono le norme di carattere finanziario-economico. Voglio qui sottolineare che la dotazione finanziaria del provvedimento passa da 60 milioni di euro, previsti nella XIV legislatura, a 120 milioni di euro, più altri 10 milioni di euro: naturalmente, questo fondo va incrementato e potenziato. Il confronto in aula sarà aperto e attento - come è già avvenuto in sede di Comitato ristretto e nelle Commissioni riunite -, per migliorare ed integrare il testo, con grande attenzione alle proposte emendative di tutti i gruppi, ma, naturalmente, avendo come bussola di riferimento la copertura finanziaria e i limiti economici che sono insormontabili. Questa proposta nasce, si è sviluppata e vuole arrivare al traguardo della rapida approvazione finale in quest'aula, e speriamo in questa legislatura anche da parte del Senato, come una proposta autenticamente bipartisan, che coinvolge la maggioranza, l'opposizione e tutti i gruppi parlamentari.
In questo senso ci muoveremo con convinzione con il collega Vannucci per dare un segnale importante ed introdurre un principio di fondo del nostro ordinamento giuridico (Applausi).
PRESIDENTE. La Presidenza consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti, la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della relazione dell'onorevole Iannuzzi.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
ANTONANGELO CASULA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il Governo ha seguito con attenzione il provvedimento nel corso dell'attività istruttoria che si è svolta presso le Commissioni. Sul tema si riserva di intervenire nel corso della prosecuzione del dibattito, in considerazione del fatto che restano da approfondire sul piano amministrativo alcuni argomenti che sono stati introdotti come novità nella discussione.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.
ERMETE REALACCI. Signor Presidente, i colleghi Iannuzzi e Vannucci hanno già egregiamente descritto le finalità e i contenuti del provvedimento in esame. Prendo la parola in particolare per ricordarne la storia ed anche per far comprendere all'Assemblea l'utilità della normativa in esame, anche perché altri colleghi ne hanno seguito l'ampio dibattito nelle due Commissioni. In questo senso voglio ringraziare anche gli eccellenti uffici delle nostre Commissioni, che con il loro proficuo lavoro hanno contribuito a recepire una parte consistente delle indicazioni contenute sia nelle proposte di legge Pag. 7successive a quella di cui sono il primo firmatario, sia derivanti dall'intenso lavoro svolto sugli emendamenti, che magari consentirà di migliorare il provvedimento anche nel passaggio in aula.
Ricordo, pertanto, che il provvedimento in esame - di cui sono il primo firmatario ma che è stato sottoscritto da oltre centoquaranta parlamentari di tutti i gruppi politici - è il primo di iniziativa parlamentare presentato in questa legislatura. In realtà - lo ricordava il collega Iannuzzi - è la riproposizione di una legge che fu approvata già nella scorsa legislatura praticamente all'unanimità dalla Camera. Infatti, in quella occasione fu espresso un solo voto contrario - il presidente Armani lo ricorderà - da un collega che, peraltro, affermò di essersi sbagliato a votare e in quel caso i due relatori erano dell'allora maggioranza, i colleghi Giorgetti e Lupi. Fu un lavoro anche allora molto vasto, che si concluse nella prima parte della legislatura e si arenò successivamente al Senato per la mancanza di volontà politica dell'allora Governo nei confronti di questa proposta.
Il provvedimento in esame, a sua volta, è figlio di un vasto movimento d'opinione - a tal proposito, il collega Iannuzzi ha ricordato il ruolo svolto dal Presidente emerito Ciampi - che era nato precedentemente da un rapporto tra organizzazioni non solo istituzionali - penso al coordinamento dei piccoli comuni dell'ANCI, all'UPI, all'UNCEM, all'ANPCI -, ma anche da una spinta proveniente dalla società, da Legambiente, dalla Coldiretti, dalle altre organizzazioni agricole, dalle organizzazioni artigiane, dalla Confcommercio, da tanti soggetti economici e sociali che intendevano guardare con occhio diverso la questione dei piccoli comuni.
Infatti, lo spirito del provvedimento in esame non è tanto quello di venire incontro a condizioni di disagio, ma di guardare con occhio diverso alla vasta realtà dei piccoli comuni. Nel nostro paese, oltre 5.800 comuni hanno meno di 5 mila abitanti, interessano circa il 50 per cento del territorio nazionale e costituiscono il 72 per cento dei comuni italiani. In tali comuni vivono oltre 10 milioni di cittadini e da tali comuni provengono molte persone che poi si sono inurbate nelle città.
Con il presente testo si sta cercando - al riguardo è stato svolto un lavoro egregio dal collega Vannucci e dalla Commissione bilancio - di rendere più sostanziosa la dotazione finanziaria - nella passata legislatura era di molto inferiore a quella attuale - prevedendo una serie di norme di indirizzo, a costo zero e apparentemente fatue, che tuttavia hanno un grande valore nei confronti di questi comuni. Ad esempio, nel provvedimento in esame si prevede che i bimbi nati negli ospedali - perché le levatrici non si usano più - possono figurare come nati nei piccoli comuni. Si tratta di una misura a costo zero, apparentemente ininfluente, che in realtà cambia molto il senso con il quale si guarda a queste realtà. Il senso di fondo è proprio quello di capire che dai piccoli comuni, dal territorio, passa la scommessa per il futuro dell'Italia.
Un grande sociologo americano, Florida, è diventato celebre sostenendo che la competitività economica nei sistemi produttivi è data da tre fattori: il talento, la tecnologia e la tolleranza. In Italia, vi è un quarto fattore che spesso viene dimenticato: il territorio.
Non si tratta solo del territorio che deve essere tutelato idrogeologicamente, dalle frane, dai dissesti, ma del territorio di relazioni, fatto di storia, di identità, di comunità. Questa è la base della nostra economia!
Leggevo oggi sui giornali delle barche che partecipano alla Coppa America. Una parte consistente degli alberi da competizione più avanzati del mondo si costruisce in Italia in un piccolo comune, a Mandello dell'Ario. E potrei fare decine o centinaia di esempi di industrie italiane che competono nel mondo e che sono collocate in piccoli centri, dove il rapporto con quelle comunità e con quei territori è un fattore di innovazione, di produzione di qualità, di capacità di attingere dalla coesione sociale gli elementi della competizione.
Il nostro paese, oggi, esporta la metà dei paia di scarpe che si esportavano dieci Pag. 8anni, ma il fatturato delle industrie calzaturiere è aumentato. Ciò in quanto si innalza la catena del valore ed è chiaro che l'Italia è forte se compete sulla qualità, sull'innovazione, sulla conoscenza e non se abbassa i salari o i diritti.
Tuttavia, accettare questo terreno di competizione per noi non significa solo una scommessa sull'innovazione, sulla ricerca, sulla conoscenza, ma anche mettere a frutto una capacità di fare che affonda le sue radici nei territori e, in questo senso, anche nelle culture e nelle identità.
Il collega Iannuzzi ricordava, ad esempio, anche il contributo fornito dalla Conferenza episcopale all'elaborazione del precedente testo. Ciò vale per tante culture che attraversano il nostro paese ed è traendo forza da queste culture che l'Italia può essere competitiva.
Molte volte si discute sulla ripresa dell'Italia e, secondo molti, si tratta di una ripresa incomprensibile, in quanto anni fa si diceva che il nostro paese era in declino e che non vi era alcuna speranza di agganciare la ripresa internazionale qualora quest'ultima fosse iniziata. Oggi, scopriamo che le esportazioni, prima ancora che il mercato interno, traggono forza da un sistema esteso di medie e piccole imprese che fanno del rapporto con il territorio la radice della loro forza. Anzi, molto spesso, le delocalizzazioni rientrano in Italia, proprio perché si scommette sulla qualità. Essendo un «portatore di occhiali», so che l'azienda Del Vecchio ha riportato sul mercato italiano tutti gli occhiali al di sopra dei 100 euro, perché, per produrre qualità, si ha bisogno non di lavoratori senza diritti o che guadagnano poco, ma della capacità di stabilire un legame con il territorio attraverso la qualità dei prodotti.
Signor Presidente, a me l'Italia ricorda molto un grande giocatore brasiliano degli anni cinquanta e sessanta, che, nonostante io abbia una certa età, ho visto solo nei filmati d'epoca: si chiamava Garrincha ed era una straordinaria ala destra. Se avessimo dovuto tener conto dei fondamentali, Garrincha non avrebbe dovuto mai indossare gli scarpini da pallone, perché era un ragazzo brasiliano povero e poliomielitico; aveva subito varie operazioni, aveva le gambe molto storte ed una era più corta dell'altra. Non doveva neanche provare a giocare a pallone, ma divenne un'ala destra che fece sognare gli stadi e che permise al Brasile di vincere i mondiali. L'Italia è come Garrincha: se uno vedesse i suoi fondamentali direbbe: «non ce la può fare!». Ma perché ce la fa? Perché questo legame con il territorio, con la storia e con la cultura è un fattore di competizione anche economica, oltre che di qualità della vita e di coesione sociale.
Vorrei rivolgere al Governo un invito: questo mondo non può essere guardato con la miopia delle competenze istituzionali. Costruire un provvedimento su piccoli comuni non è semplice, perché nella Babele istituzionale, fra regioni, province, comuni, comunità montane, parchi e vari ministeri vi è rischio di perdere il filo del ragionamento. Dobbiamo collocare al centro di questo ragionamento non tanto le competenze istituzionali, quanto l'idea di paese.
Se cerchiamo di costruire un provvedimento che accompagni un'idea di paese, che già sta emergendo (infatti, molti sindaci di piccoli comuni hanno capito che non devono aspettare che l'assistenza arrivi da fuori, ma devono scoprire quali sono i loro talenti, valorizzarli e accompagnarli), se poniamo al centro quest'idea di paese, realizziamo un lavoro utile per il paese stesso. Questo è il senso e la finalità della legge.
Un grande scrittore che molti amano (io tra questi), l'autore de «Il piccolo principe», Antoine de Saint-Exupéry, una volta ha detto: se vuoi costruire una nave, non radunare gli uomini per raccogliere legna e distribuire i compiti, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio ed infinito.
Se noi, utilizzando il legame con il territorio e con i piccoli comuni, facciamo capire all'Italia che c'è una modernità a misura d'uomo, in cui dobbiamo sicuramente fare i conti con i grandi fenomeni del mondo, con l'India, la Cina, i mutamenti climatici, l'innovazione tecnologica, Pag. 9ma abbiamo una nostra forza da mettere campo, l'Italia ce la può fare e può essere forte. È molto importante che questo sia un disegno condiviso tra maggioranza ed opposizione, perché quest'idea di Italia può essere interpretata in maniera diversa, ma deve essere un'idea comune (Applausi - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Acerbo. Ne ha facoltà.
MAURIZIO ACERBO. Signor Presidente, credo sia difficile non condividere l'impostazione dell'intervento di chi mi ha preceduto. Infatti, al centro di questo provvedimento vi è ha una visione dell'Italia e del futuro del nostro paese fondata sulla valorizzazione di alcuni elementi essenziali della nostra identità che, nel corso della grande trasformazione degli anni Cinquanta e Sessanta, spesso sono stati visti come disvalori. Mi riferisco soprattutto alla valorizzazione dei piccoli comuni, che un tempo venivano visti come simbolo di arretratezza, scorgendosi invece nella grande città il futuro e lo sviluppo.
Molto è cambiato su questi temi, dopo tanti anni di battaglie culturali, di impegno, e soprattutto di stimolo da parte del movimento ambientalista, che ha invitato tutti ad una riflessione sui caratteri dello sviluppo.
Uno dei più grandi intellettuali italiani del Novecento, Pierpaolo Pasolini, quando, nei primi anni Settanta, parlava dei nostri piccoli centri e della loro salvaguardia e quando, mostrando il profilo di Orte, spiegava come un nuovo palazzo, simbolo di modernità, andasse a colpire a morte un paesaggio costruito attraverso i millenni e che rappresentava un patrimonio che nessuno avrebbe più restituito, veniva visto come un conservatore, nonostante la sua appartenenza alla sinistra; addirittura, la sua veniva considerata come una pulsione reazionaria.
Oggi, invece, tutti ragioniamo intorno al fatto che questo patrimonio caratterizza il nostro paese, facendo, probabilmente, la differenza nello scenario globale tra le potenzialità della nostra Italia e quelle degli altri paesi.
È per questo che ritengo che l'intuizione della legge sia buona ed encomiabile ed abbia meritato il sostegno di tutte le forze politiche, soprattutto nei suoi risvolti - lo dicevo prima al collega Realacci - «pedagogici», perché molto spesso anche chi amministra i comuni, le province e le regioni non si rende conto di quali siano le risorse che costituiscono il suo territorio.
Giustamente, chi mi ha preceduto parlava di «paesaggio» e di «territorio»: quante volte non ci si rende conto che quel paesaggio e quel territorio sono una ricchezza e non un limite e non possono essere saccheggiati. Credo che la proposta di legge in esame, la prima di iniziativa parlamentare dell'attuale legislatura, sia importante e che essa andrà a segno se riusciremo a fare sì che sia l'inizio di un impegno legislativo serio che tocchi un complesso di temi, ad esempio quello del governo del territorio, della salvaguardia del paesaggio e dei nostri beni storici. Si tratta, infatti, di una legge con una impostazione programmatica, che, soprattutto, dà a tutti l'indicazione del modo in cui poter lavorare per valorizzare ciò che abbiamo di buono e per non continuare a colpire la nostra principale ricchezza, che è rappresentata dalla qualità.
Lo scorso sabato mi trovavo nella piazza di Colonnata, un centro che forse, fino a qualche anno fa, nessuno conosceva e che oggi è diventato celebre per il suo lardo. In quella piazzetta c'era una statua dedicata a Giuseppe Mazzini, una lapide che ricordava gli anarchici - sapete che le Alpi Apuane sono state terra di libertà e di battaglie per la libertà -, un'altra lapide che ricordava i caduti di tutte le guerre e un'altra ancora che ricordava l'incendio che i nazisti appiccarono nel paese durante la lotta partigiana. Ebbene, in quel piccolo centro c'era tutta la memoria della nostra Italia e, al tempo stesso, c'era un sapere storico al riguardo, bastava incontrare gli anziani e farsi raccontare da loro persino storie relative al marmo e legate agli antichi romani - e poi si incontravano Pag. 10tutte quelle attività economiche legate alla valorizzazione di qualcosa che prima costituiva un elemento di povertà, di comunità e di gente che faticava molto e mangiava poco, cioè il famoso lardo di Colonnata, che oggi è invece diventato un elemento di economia forte di quella realtà.
Credo che su questo dobbiamo lavorare, avendo il coraggio di guardare dentro noi stessi e alle politiche che in questi anni sono state, a mio parere, purtroppo maggioritarie.
Vengo ora al bicchiere mezzo vuoto, non a quello mezzo pieno. Ad esempio, dobbiamo cominciare a ragionare se davvero vogliamo dare risposte ai temi posti dalla proposta di legge all'esame sull'impostazione neo-liberista delle politiche degli ultimi ultimi anni: dalla sanità alle poste, alla scuola; se i conti e l'economia o, meglio, una malintesa, a mio parere, visione dell'economia domineranno, riusciremo a dare scarse risposte e a fermare con difficoltà quella tendenza che abbiamo definito di «disagio insediativo» che caratterizza il nostro paese.
Badate bene, qui non sto dicendo che non dobbiamo far funzionare la sanità e che dobbiamo riprodurre in maniera clientelare i piccoli presidi ospedalieri inutili: dobbiamo però fare in modo che la sanità e il diritto alla salute siano un diritto esigibile in tutto il territorio nazionale; e la stessa cosa dobbiamo fare per ciò che riguarda la scuola, altrimenti le norme che sono state approvate negli anni precedenti da questo Parlamento, relativamente al ridimensionamento scolastico, andranno a colpire proprio i territori più svantaggiati, e potrei continuare ancora. I tagli alla finanza locale fanno sì che i sindaci dei piccoli comuni vengano spesso costretti a vendere il proprio territorio per rinvenire risorse al fine di far vivere il proprio comune.
Vi sono alcune regioni come la mia, l'Abruzzo, che mancano di un piano cave e dove i sindaci cedono alle proposte dei cavatori o a quelle sul piano dell'urbanistica e dell'edilizia in territori bellissimi pur di avere qualche risorsa per il comune. Vorrei ricordare la vicenda di Monticchiello, protetto dall'Unesco, che fa gridare «vendetta». Su questo dobbiamo riflettere perché non possiamo lasciare soli gli amministratori dei piccoli comuni.
Qualche settimana fa mi sono recato in un piccolo comune delle Marche, ad Apecchio, dove in pratica tutta la popolazione stava discutendo di un gasdotto, di cui ci si occuperà in sede di Commissione. L'aspetto positivo è che in tale discussione, come è tipico dei piccoli comuni, erano coinvolti tutti, dagli insegnanti ai rappresentanti dell'amministrazione, dalle associazioni ai partiti. A mio avviso è questo il cuore della democrazia italiana, che per vivere ha bisogno di meno retorica federalista e di più scelte concrete a tutela del patrimonio edilizio e del paesaggio. Dobbiamo ad esempio chiederci perché, su tanta parte del territorio italiano, le sovrintendenze non funzionino in tale direzione, lasciando soli i comuni ancora una volta. Soprattutto occorre rendersi conto che dove non esiste la consapevolezza di cui prima parlava il collega Realacci, sono gli stessi amministratori locali a rendersi i principali autori della violenza perpetrata ai danni del proprio territorio.
Vorrei fare altri esempi per spiegare meglio quello che intendo dire, su cui poi avremo occasione di parlare durante l'esame degli emendamenti. In Spagna sono state realizzate migliaia di chilometri di piste ciclabili, salvando gli ex tracciati ferroviari dismessi. In alcuni piccoli comuni, che spesso non hanno neppure i soldi per i francobolli, esistono vecchi immobili dell'ANAS, aree o immobili delle Ferrovie dello Stato, ex tracciati ferroviari. Dobbiamo avere il coraggio di dire che è inaccettabile che questi comuni siano costretti all'acquisto dal momento che ANAS e Ferrovie dello Stato sono diventate società per azioni. Sul Sole 24 Ore si legge che il deficit statale è diminuito, mentre è aumentato quello degli enti locali. Si tratta di contraddizioni del liberismo su cui, prima o poi, dovremo discutere con serietà, così come dovremo discutere su un altro problema che so essere a cuore di chi ha presentato questa proposta di legge, Pag. 11ovvero quello delle aree protette. Provengo da una regione che vede una notevole parte del suo territorio destinata a parco. L'Abruzzo è stato definito la regione verde d'Europa. Ebbene, dobbiamo investire maggiormente nelle zone protette proprio perché a quelle porzioni di territorio nazionale chiediamo di non seguire la facile via del cemento e dello sfruttamento selvaggio delle aree come accade altrove. Pertanto, dobbiamo offrire loro opportunità non per sperperare denaro pubblico, bensì per trasformare quelle risorse in un'occasione di sviluppo qualitativo per l'intero nostro paese.
Credo che questa legge sia utile perché mette in agenda un tema fondamentale per l'Italia dei prossimi anni. Infatti, all'interno del processo di globalizzazione vi sono due alternative: perdere ciò che di buono abbiamo, oppure valorizzare quello che caratterizza il nostro paese e farne uno degli elementi di forza per restare a testa alta in un mondo cambiato. Italo Calvino, nel suo Marcovaldo, scrive che si può cominciare ad amare la natura solo una volta compiuta l'esperienza delle città. Un tempo i piccoli comuni, l'entroterra, le montagne e la campagna erano luoghi da abbandonare e da dimenticare per inseguire il miraggio di un triste condominio, frutto della speculazione edilizia degli anni Sessanta, molto spesso ubicato in quartieri invivibili. Oggi, in un'Italia più matura e consapevole, sappiamo che in quelle zone vi è il futuro del nostro paese. Pertanto, dovremmo far sì che con coerenza l'insieme delle politiche della nostra Repubblica vadano verso la valorizzazione di questo pezzo di futuro rappresentato dal meglio del nostro passato (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra europea, L'Ulivo e Verdi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Picano. Ne ha facoltà.
ANGELO PICANO. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, il provvedimento al nostro esame si prefigge lo scopo di promuovere e sostenere le attività economiche, ambientali, sociali e culturali dei piccoli comuni con popolazione pari o inferiore a cinquemila abitanti. Certo, gli stanziamenti sono insufficienti, ma il provvedimento rappresenta un primo passo, anche se l'entità delle somme messe a disposizione consiglierebbe di abbassare il numero degli abitanti da cinquemila a tremila, in maniera che i provvedimenti possano avere più efficacia. In particolare, la proposta legislativa in esame mira alla valorizzazione e alla riqualificazione delle aree protette mediante misure dirette ad incentivare interventi di recupero dei centri storici e dei nuclei rurali compresi nelle aree protette.
Come è noto, infatti, molti dei piccoli comuni del nostro Paese sorgono in aree particolarmente disastrate ove risulta difficile persino l'installazione di un impianto di comunicazione. I piccoli comuni, ormai da molti anni, versano in condizioni di marginalità sociale e culturale e necessitano con urgenza di un intervento normativo diretto a rimuovere gli ostacoli al loro sviluppo socio economico.
Il provvedimento, dunque, reca misure idonee a favorire gli opportuni e necessari interventi di recupero dei comuni svantaggiati anche a causa del significativo decremento della popolazione residente, attribuendo alle regioni il compito di promuovere iniziative dirette all'unione di comuni per l'esercizio di funzioni e servizi in forma associata. Le unioni di comuni potranno adottare piani pluriennali di sviluppo socio economico e concorrere alla formazione del piano territoriale di coordinamento previsto dal Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
Sempre al fine di salvaguardare i beni culturali, storici ed artistici il testo unico in esame autorizza i singoli comuni a stipulare convenzioni con le diocesi cattoliche o con altre rappresentanze di confessioni religiose. Sono previste anche misure dirette a tutelare il territorio, l'arredo urbano, l'ambiente e il paesaggio.
Il provvedimento attribuisce alle regioni la facoltà di promuovere interventi volti alla cablatura degli edifici e alla diffusione dei servizi a banda larga e Pag. 12consente l'utilizzazione delle stazioni ferroviarie disabilitate, delle case cantoniere e delle caserme, ad esempio, adibendole a sedi per la promozione dei prodotti tipici locali.
Allo scopo di favorire un efficiente sistema di istruzione scolastica, il provvedimento prevede l'utilizzo di strumenti di insegnamento a distanza ed attribuisce ai comuni la precedenza nell'assegnazione dei finanziamenti pubblici destinati ai programmi di innovazione tecnologica della pubblica amministrazione, il cosiddetto e-government. Anche l'attività commerciale è favorita mediante deroghe alle disposizioni in materia di apertura degli esercizi commerciali nei giorni festivi ed in materia di autorizzazioni commerciali ed artigianali in apposite aree per non più di quattro giorni al mese.
Per incoraggiare l'insediamento in queste aree sono previsti incentivi e premi in favore di quanti trasferiscano la propria casa o attività economica da un comune con popolazione superiore a cinquemila abitanti ad un piccolo comune ed agevolazioni anche tariffarie per i comuni con scarsa disponibilità di risorse idriche.
Nel pieno rispetto del principio di sovranità popolare, il provvedimento aveva previsto la rimozione della limitazione del numero dei mandati consecutivi alla carica di sindaco per i comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti e noi del gruppo Popolari-Udeur eravamo d'accordo sulla proposta di modifica del comma 2 dell'articolo 51 del Testo unico sugli enti locali, perché consideriamo preferibile, nell'ambito di aree così ristrette, lasciare all'elettore la libera scelta del candidato sindaco.
Del resto, alcune regioni a statuto speciale, segnatamente il Friuli Venezia Giulia, la Valle d'Aosta, il Trentino Alto Adige, già da molti anni hanno previsto con leggi regionali la possibilità di un terzo mandato dei sindaci, con differenti modalità. La legge della regione Friuli-Venezia Giulia 10 maggio 1999, n. 13, prevede che nei piccoli comuni siano consentiti non soltanto tre mandati consecutivi, ma anche un quarto se uno dei precedenti mandati ha avuto durata inferiore a due anni sei mesi e un giorno per cause diverse dalle dimissioni volontarie.
Ricordo a tutti che l'argomento è stato affrontato anche in sede parlamentare. Nella XIV legislatura l'Assemblea del Senato ha approvato un disegno di legge che prevedeva un'ipotesi di deroga al limite di due mandati nell'ambito dei comuni con popolazione inferiore ai tremila abitanti, ma il testo trasmesso dal Senato alla Camera presso la I Commissione non è stato approvato.
Nella attuale legislatura sono state già presentate ben 12 proposte di legge, il cui esame non è ancora iniziato, relative al cosiddetto divieto del terzo mandato.
In particolare, la proposta di legge, d'iniziativa del presidente dei Popolari Udeur, onorevole Mauro Fabris, nasce dall'oggettiva constatazione che, molto spesso, due mandati risultano del tutto insufficienti per avviare e completare un programma di risanamento delle città, ma anche dalla considerazione che, nei piccoli centri, è difficile trovare una classe dirigente che possa essere alternativa a quella del Governo. Peraltro, il divieto di rieleggibilità, oltre ad essere, come detto, limitativo della sovranità popolare, è discriminatorio verso alcune categorie di pubblici amministratori rispetto ad altri, perché il divieto vale solo per la carica di sindaco e di presidente di provincia.
Sull'argomento mi preme, infine, precisare che l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) ha avanzato numerose richieste di modifiche legislative urgenti, volte a superare le attuali limitazioni di eleggibilità.
Risulta, addirittura, che il presidente dell'associazione intenda proporre prossimamente l'eliminazione del divieto del terzo mandato, a prescindere dalle dimensioni dei comuni. L'impegno dell'ANCI in questo senso deve ritenersi estremamente significativo, considerato che le richieste di modifica provengono dall'ente preposto a rappresentare gli interessi degli associati dinanzi agli organi centrali dello Stato.
Il testo unico in esame, inoltre, prevede interventi volti al recupero dei centri storici Pag. 13e dei nuclei abitati rurali, il cui territorio è compreso, in tutto o in parte, entro i confini di un parco nazionale o naturale regionale.
Gli stessi comuni hanno il compito di individuare gli ambiti urbani e rurali di recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente, attraverso programmi integrati di intervento. Tali programmi possono essere presentati anche dai proprietari di immobili ed aree comprese nelle zone di riqualificazione.
Tutte le iniziative previste dalla proposta oggi all'esame sono pienamente condivisibili, perché è interesse e compito di noi tutti sostenere e salvaguardare il patrimonio naturale, rurale, storico e culturale dei piccoli comuni in modo da salvaguardare tutta la tradizione della nostra comunità nazionale (Applausi dei deputati dei gruppi Popolari-Udeur e L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.
MAINO MARCHI. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, la proposta di legge su cui oggi avviamo la discussione in aula è l'occasione per una riflessione non solo sui piccoli comuni a cui sono indirizzate le misure di sostegno e di valorizzazione previste, ma anche sulle autonomie locali nel loro complesso. Siamo, infatti, in un contesto in cui si stanno predisponendo importanti riforme relative agli enti locali.
Dopo il referendum del 25 giugno, in cui gli elettori hanno bocciato la revisione costituzionale approvata unilateralmente dal centrodestra, ora occorre dare finalmente attuazione al titolo V della Costituzione in particolare su due piani.
Il primo è quello dell'ordinamento delle autonomie locali: si sta predisponendo il codice delle autonomie; è importante ridefinire le competenze dei vari livelli istituzionali, riorganizzare e semplificare le forme e le modalità di associazionismo degli enti locali, valutare anche la normativa sugli organi.
Questo piano del quadro di riferimento ha avuto incidenza anche sulla proposta di legge oggi in esame, per un verso con lo stralcio di ogni riferimento all'ipotesi di terzo mandato per i sindaci. Personalmente, ritengo non opportuna in termini generali questa prospettiva. Quanto meno essa richiederebbe di essere accompagnata da una ridefinizione dei poteri dei sindaci, delle Giunte e dei Consigli, rafforzando quella di quest'ultimi.
Ciò però rischierebbe di minare i livelli istituzionali dove si è prodotta stabilità, quando il vero problema del paese è la legge elettorale per l'elezione di Camera e Senato che ha ridotto fortemente il livello di governabilità sul piano nazionale.
In ogni caso, la questione del terzo mandato va esaminata in sede di codice delle autonomie, non in una legge sui piccoli comuni ed è stato perciò opportuno lo stralcio.
Allo stesso modo, è stato opportuno non prevedere ulteriori possibilità di articolazioni istituzionali, dal momento che uno degli obiettivi del codice deve essere quello di una semplificazione delle forme di associazionismo. L'attuale, ampia articolazione produce un eccesso di interlocutori e maggiori costi della politica, oltre ad un'eccessiva frammentazione delle competenze. Quindi, occorre semplificare ed incentivare: il primo comma dell'articolo 3 del testo unificato in esame va, appunto, nella direzione di incentivare.
Il secondo piano sul quale occorre dare attuazione al titolo V della parte seconda della Costituzione è quello finanziario. Il nuovo patto di stabilità interno ha introdotto novità anticipatrici, come il passaggio dai vincoli sui tetti di spesa ai vincoli sui saldi, l'autonomia impositiva e la compartecipazione all'IRPEF. È necessaria una legge organica in materia di federalismo fiscale, con riferimento sia alle regioni sia agli enti locali, ed il Governo è impegnato in tal senso.
È necessario definire presto un quadro di riferimento per il DPEF e per la prossima legge finanziaria, elevando notevolmente il livello di concertazione con gli enti locali. Ritengo che quella da ultimo indicata sia un'esigenza essenziale per l'azione di Governo del centrosinistra. Pag. 14Inoltre, ritengo assolutamente necessario affrontare al più presto, per risolverle, le questioni indicate in una recente risoluzione della Commissione bilancio. Aggiungo che eventuali, prossimi interventi di carattere fiscale incidenti sulla fiscalità locale dovranno essere accompagnati da misure che individuino le modalità per dare copertura finanziaria pienamente corrispondente a favore degli enti locali.
Ho sottolineato questi due ultimi aspetti perché troverei contraddittorio approvare nuove misure a sostegno di una parte degli enti locali senza preoccuparsi di alcuni aspetti che incidono in termini rilevanti sull'azione di tutti gli enti locali, compresi i piccoli comuni di cui oggi ci occupiamo.
Un altro elemento da considerare è la riforma dei servizi pubblici locali, contenuta in un disegno di legge del Governo attualmente all'esame del Senato. Si tratta di un aspetto fondamentale delle liberalizzazioni che, ovviamente, avrà forte incidenza anche sui piccoli comuni.
Siamo pertanto in una fase di discussione di importanti riforme, all'interno delle quali il provvedimento in esame coglie una peculiarità del nostro paese. I relatori, il collega Realacci e gli altri deputati che sono intervenuti in precedenza hanno già messo in evidenza questa caratteristica dell'Italia, che va valorizzata e che può essere un elemento importante nel quadro di politiche di sviluppo sostenibile. In sostanza, si tratta di una particolarità da non mortificare e, anzi, da sostenere: non in modo indifferenziato, ma cogliendo le situazioni che hanno un reale bisogno di sostegno; diversamente, si tratterebbe di un intervento ideologico all'insegna del «piccolo è bello». Non a caso, operando un'opportuna selezione dei comuni che potranno beneficiare di interventi finanziari, l'articolo 2 indica quelli realmente a rischio di marginalità territoriale e sociale od in condizione di maggiore difficoltà per altri aspetti (come la criticità ambientale).
Credo che con il provvedimento in esame ci si prefigga un obiettivo ambizioso: coniugare tradizione, modernizzazione, efficienza e pari opportunità. È essenziale che la normativa e l'attuazione della stessa non alimentino l'idea che con queste misure ogni piccolo comune possa fare da solo. A mio avviso, deve rimanere fermo che l'aggregazione dei comuni e l'associazionismo dei servizi sono indispensabili non soltanto per una sostenibilità finanziaria dei servizi medesimi ma anche per la loro qualità, all'interno di un quadro di nuove opportunità che la legge offre sia per tutti i comuni sotto i cinquemila abitanti sia per i piccoli comuni come definiti dal testo in esame: dai beni culturali, storici, artistici e librari al recupero di edifici pubblici dimessi; dalla cablatura degli edifici alla banda larga, all'arredo urbano, all'ambiente ed al paesaggio; dai servizi di varia natura alle nuove tecnologie; dalla valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali agli interventi per le attività commerciali ed artigiane; dai programmi di e-government ai servizi postali e televisivi, telefonici e di distribuzione dei carburanti; ed altro ancora.
Considero molto importante l'articolo 8, che, dettando disposizioni in materia di istituti scolastici, cerca di favorirne il mantenimento in attività nei piccoli comuni ovvero, poiché in diversi casi ciò non sarà possibile (per ragioni di costo e per la qualità della didattica), prevede un sostegno finalizzato alla riduzione del disagio degli utenti nel caso di chiusura o accorpamento.
Penso che dovremo dedicare un'attenzione particolare, nel prosieguo dei nostri lavori, alle questioni in materia di servizio idrico, avendo riguardo alla conformità alla normativa vigente ed al rispetto delle competenze, nonché alla discussione sulla riforma dei servizi pubblici locali per quanto concerne le peculiarità relative all'acqua.
Mi soffermo, infine, sugli aspetti finanziari. Al riguardo, sono importanti gli articoli 13 e 15, relativi al fondo per gli incentivi fiscali a favore dei piccoli comuni e al fondo per lo sviluppo strutturale economico e sociale degli stessi. A mio Pag. 15parere, però, è possibile rafforzare la dotazione finanziaria della legge, senza aggravi per la finanza pubblica.
La legge finanziaria per il 2007 ha previsto un fondo per i comuni sotto i cinquemila abitanti per il triennio 2007-2009. Le modalità di distribuzione previste dalla normativa hanno però creato scompensi anche rilevanti tra realtà molto simili. Non ho avuto particolari segnalazioni di questo genere nella mia provincia, Reggio Emilia. Mi giungono, però, segnalazioni da molte parti del paese e da vari colleghi.
L'articolo 16 del testo al nostro esame determina già un miglioramento, ma ritengo necessario utilizzare una parte del fondo, previsto dalla finanziaria per gli anni 2008-2009, per finanziare alcune parti qualificanti del provvedimento, che, se non sostenute, rischiano di diventare dei meri messaggi di buona volontà (mi riferisco, in particolare, all'iniziativa per favorire l'associazionismo dei comuni, alla promozione di interventi per realizzare opere che permettono la cablatura degli edifici e la diffusione degli servizi via banda larga, alle misure per l'arredo urbano, l'ambiente e il paesaggio, ai centri multifunzionali, alle convenzioni con gli imprenditori agricoli per le attività di sistemazione e di manutenzione del territorio, alla promozione e alla commercializzazione dei prodotti agricoli tradizionali, a quanto attiene gli istituti scolastici, e così via). In conclusione, insistendo nel porre attenzione ad un emendamento che ho presentato in tale direzione, ritengo indispensabile giungere ad una rapida approvazione da parte della Camera del testo unificato delle proposte di legge al nostro esame (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Verdi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pegolo. Ne ha facoltà.
GIAN LUIGI PEGOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, il testo unificato delle proposte di legge in discussione è di notevole importanza, perché interviene su un ambito rilevante degli squilibri territoriali riguardanti i piccoli comuni, con riferimento, in particolare, a quelli disagiati. La materia è complessa, in quanto interseca un ambito istituzionale con la presenza di fattori critici, così come indicato all'articolo 2, quali il dissesto ambientale, la marginalità economica e sociale, il disagio insediativi e la ruralità.
A mio avviso, era assolutamente indispensabile introdurre questi criteri, relativamente ai comuni al di sotto dei cinquemila abitanti, per evitare rischi di eterogeneità e di mancanza di selettività, che si coglievano in alcune delle proposte iniziali. La materia è particolarmente importante, perché coglie la principale dimensione a livello territoriale degli squilibri intra-regionali ed è evidente l'affinità con le tematiche legate alla questione della montagna e, più in generale, della perifericità, individuabili in tutti i contesti regionali, seppur con una diversa rilevanza, determinate dai processi di impoverimento, legati sia ai fenomeni relativi alle dinamiche di sviluppo sia a quelli inerenti ai processi di urbanizzazione.
Per molti versi, si tratta della riproposizione della classica tematica degli squilibri città-campagna, declinata attraverso i fenomeni della modernità. I costi economici e sociali che questi fenomeni hanno prodotto sono stati rilevanti e, in alcune realtà, in particolare in quelle montane, hanno significato il permanere o l'accentuarsi di una condizione di marginalizzazione sociale, anche con una polarizzazione della popolazione residente in alcune fasce d'età - mi riferisco in particolare agli anziani -, o il permanere, se non, addirittura il degradare, di tessuti produttivi fragili o in declino a causa del calo demografico o dell'esodo delle popolazioni.
Questi processi, come hanno detto anche i colleghi che sono intervenuti poc'anzi, hanno comportato l'abbandono, un ulteriore impoverimento, ma anche un considerevole degrado ambientale. In questo contesto, come è stato detto anche nelle relazioni introduttive, i servizi pubblici hanno svolto un duplice ruolo, perché Pag. 16per un verso sono stati penalizzati in modo particolare dalla riduzione della popolazione a livello locale, ma a loro volta per l'insufficienza dell'offerta dei servizi hanno favorito questi processi di esodo.
La proposta di legge che stiamo affrontando opera attraverso un complesso di interventi. Giustamente, io credo, si è distinto tra gli interventi riguardanti l'insieme dei comuni al di sotto dei 5 mila abitanti, che, come è sottolineato bene nella relazione di presentazione al progetto di legge, sono ben il 72 per cento dell'insieme dei comuni italiani - un'enormità - per i quali non si poteva che intervenire su alcune tematiche comuni a tutti questi enti locali, mi riferisco in particolare alla questione della gestione associata dei servizi, oppure alle possibilità di recuperare beni presenti a livello locale o a favorire il riequilibrio anagrafico. In questo ambito di intervento della legge - l'insieme dei comuni al di sotto dei 5 mila abitanti - mi pare di poter dire che gli strumenti individuati siano largamente condivisibile, anche se mantengo una perplessità relativamente ad una questione in modo particolare: le misure contenute al comma 4 dell'articolo 3, relative ai processi di semplificazione amministrativa, in alcuni casi temo possano in qualche modo ridurre le funzioni delle assemblee elettive, con il rischio che l'efficienza amministrativa possa andare a scapito della qualità della vita democratica. Si tratta di un terreno sul quale ritengo sia necessario operare una riflessione nel corso della discussione di questa proposta di legge.
Intervenendo nel merito, per quanto riguarda le norme relative specificamente ai piccoli comuni disagiati, vorrei fare alcune brevi considerazioni. La legge si muove lungo tre assi fondamentali. Il primo è rappresentato dalla necessità di garantire in questi territori un'adeguata offerta di servizi, anche a fronte dei processi di dismissione o di accorpamento dei servizi pubblici a livello locale (si pensi alla questione delle scuole o dei servizi postali). Il principio è importante e le norme da questo punto di vista sono apprezzabili, esse hanno tuttavia un limite di fondo, che per molti versi, però, non è legato tanto alla volontà di chi ha steso materialmente le norme, quanto al condizionamento dettato dall'esiguità delle risorse. Infatti, queste norme puntano a fronteggiare la carenza dei servizi senza prevedere un assetto certo di questi a livello locale. Vi è insomma molta discrezionalità, che mi auguro venga in parte superata con una dotazione maggiore di risorse per quanto riguarda questo provvedimento. Vorrei anche dire che le problematiche inerenti ai servizi non possono essere compiutamente affrontate attraverso progetti di legge come questo, ma attengono ad orientamenti di politica economica e sociale più ampia sui quali tornerò successivamente.
Il secondo asse di intervento, quello relativo allo sviluppo economico, punta sostanzialmente a valorizzare in parte le risorse endogene (si vedano le norme relative ai prodotti locali e alle vocazioni turistiche), a favorire l'incubazione di nuove attività, a dare dei premi per il trasferimento di attività economiche. Devo dire che su questa materia probabilmente si poteva fare di più, anche se mi rendo conto che le tematiche dello sviluppo per loro natura oltrepassano l'ambito comunale e necessariamente investono un ambito territoriale più ampio. A questo livello, probabilmente, dovremmo recuperare nuovi interventi non solo di potenziamento di attività tradizionali o tipicamente endogene (turismo e agricoltura), ma anche per favorire processi di nuova industrializzazione che si sono prodotti in alcuni casi, magari per effetto di processi di esternalizzazione, anche nei piccoli comuni e perfino nei piccoli comuni montani.
Il terzo asse di interventi è quello relativo al sostegno al reddito. In questo provvedimento ci si muove nella direzione di intervenire sulla riduzione di una serie di tributi a livello locale al fine non solo di sostenere il reddito, ma anche di determinare un incentivo a localizzarsi, a risiedere cioè in quei comuni. Si tratta di elementi che giudico positivamente.Pag. 17
A margine di queste considerazioni ribadisco, come sostenuto in precedenza, il limite di questo provvedimento che è insito soprattutto nella dotazione ancora esigua di risorse, che rischia di rendere in parte incerta l'attuazione di una serie di disposizioni. Un altro limite concerne il carattere essenzialmente programmatorio della norma che rimanda alle politiche, anche di livello regionale, e, come tale, dovrà essere verificata nell'impatto concreto che essa produrrà.
Un'osservazione conclusiva. Il provvedimento in esame pone un problema importante: la salvaguardia delle condizioni economiche, sociali, territoriali e culturali in un ambito territoriale-nazionale che è estremamente esteso, vale a dire quello dei piccoli comuni. La questione di fondo, che a me pare debba essere posta in questa discussione, è che questa norma può inserirsi positivamente nell'ambito normativo complessivo e determinare degli effetti positivi se la sua ispirazione viene recepita anche a livello più generale per quanto riguarda la politica economico-sociale del paese. In assenza di un'integrazione fra l'ispirazione di questa norma e alcune scelte di carattere generale, temo che verrebbero vanificate anche le norme più positive. Faccio soltanto alcuni esempi. È evidente che attraverso questa norma si vuole sostenere economicamente il piccolo comune. Tuttavia, se poi i patti di stabilità interna rendono difficile la gestione di questi enti locali a causa del continuo ridimensionarsi delle risorse disponibili, allora la norma in questione verrebbe ampiamente vanificata. Allo stesso modo, se una politica di liberalizzazione dei servizi dovesse, in nome dell'economicità, andare a scapito della qualità dei servizi offerti, si produrrebbe un'immediata ripercussione negativa anche per i piccoli comuni. Ancora, anche se in questo provvedimento sono contenute positive indicazioni tendenti ad evitare la riduzione di una serie di servizi a livello territoriale, è chiaro che se dovesse continuare questa politica alla quale abbiamo assistito in questi anni che, in nome di una riduzione della spesa pubblica più che di una sua razionalizzazione, ha di fatto compresso l'offerta di servizi a livello territoriale, esse sarebbero irrilevanti ai fini della soluzione dei problemi sociali.
Da ultimo, esprimo il mio personale ringraziamento ai colleghi relatori, Iannuzzi e Vannucci, per il lavoro svolto e per la disponibilità ad ascoltare e recepire le indicazioni emerse nel corso delle discussioni svoltesi nelle rispettive Commissioni (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.
MASSIMO GARAVAGLIA. Questa legge è già adesso una buona legge. Ci auguriamo che la discussione in corso possa migliorarla ancora, tuttavia, si tratta già di una buona legge. In essa vi sono due aspetti di partenza positivi. Si tratta di un provvedimento condiviso (cosa alquanto rara in questa legislatura) e allo stesso tempo organico (cosa ancora più importante in una materia come questa). I punti rilevanti sono già stati citati, mi limito quindi a ricordarne qualcuno. Si parte dall'istituzione di questi centri multifunzionali, che intervengono per dare una mano ai comuni piccoli in difficoltà di organico. Inoltre, attraverso la valorizzazione, la tutela e la promozione delle produzioni tipiche di qualità, in particolare, quelle artigianali, si punta a favorire il turismo locale, una risorsa, questa, che se ben sfruttata, sempre più porterà dei benefici.
Un altro aspetto molto rilevante è dato dall'accenno sulla valorizzazione del patrimonio. Il patrimonio, spesso, è stato inteso unicamente nell'ottica di una valorizzazione come dismissione: si valorizzava il patrimonio procedendo a dismissioni. In realtà, i comuni hanno una grande potenzialità di valorizzazione del patrimonio tenendoselo!
Su questo aspetto si può fare davvero molto, anche nell'ottica dell'incentivo del turismo, vista l'espansione che sta avendo il turismo di qualità, con la riscoperta dell'enogastronomia in generale, non solo nei centri storici ma anche nelle periferie.Pag. 18
Vi è poi un accenno importante sul mantenimento, nei piccoli comuni, di alcuni servizi essenziali: dallo sportello postale alle scuole. In particolare, le scuole sono viste dai cittadini come l'elemento sociale di una comunità. Quando si chiude una scuola, la comunità vive ciò come una ferita molto profonda e difficilmente rimarginabile perché la scuola è uno dei punti fondamentali intorno a cui ruota la vita sociale di una comunità. Quindi, è importante che si faccia di tutto per cercare di tenere in vita queste scuole!
Infine, si parla in generale di come mettere in campo incentivi di varia natura - addirittura si ipotizzano premi di insediamento - ma su questo aspetto noi poniamo l'accento affinché si tratti sempre di misure di natura fiscale per evitare distorsioni del sistema.
Questi, in sintesi, i punti più importanti. Come Lega Nord, vorremmo anche apportare ulteriori - se possibile - aggiustamenti e miglioramenti alla legge, anche perché, leggendo, non si finisce mai di trovare spunti per miglioramenti ulteriori! Ovviamente, ci rendiamo anche conto che, ad un certo punto, si deve pur arrivare ad una definizione finale del testo. Tuttavia, vorremmo porre l'attenzione su un paio di temi. Il primo riguarda le terre incolte.
Quante volte in Italia ci ritroviamo a piangere e a dover spendere milioni di euro per recuperare, a fronte di danni, terreni di varia natura? Perché non prevenire questi danni? Sappiamo benissimo che il problema del dissesto idrogeologico, delle inondazioni - quindi, poi, delle frane - deriva dal fatto che i terreni sono incolti e non vengono più curati.
Quindi, bisogna incentivare queste coltivazioni e il mantenimento dei boschi come Dio comanda!
È vero che nei decenni scorsi c'è stata una tendenza a considerare sempre più residuale l'agricoltura, però, dobbiamo anche fare una riflessione di più lungo respiro. Nel 2013 finirà la politica agricola comunitaria e pertanto non possiamo arrivare, a fine 2012, a scoprire che c'è un problema. Infatti, con la fine degli incentivi comunitari avranno già difficoltà le grandi aziende di pianura che, per esempio, coltivano il mais in maniera intensiva.
Senza incentivi comunitari diventerà economicamente difficile, anche per le grandi aziende, continuare la propria attività in pianura; figuriamoci cosa succederà per le aziende di montagna, che hanno terreni scarsi, in termini di dimensionamento, e pochi mezzi, in termini di possibilità meccaniche.
Se non si agisce per tempo in un'ottica di riconversione dell'agricoltura verso l'unica fonte possibile, ossia la produzione di energia, trovando forme oggettive di mantenimento delle coltivazioni, incontreremo difficoltà ancora maggiori. Per questo motivo, spesso poniamo l'attenzione su questo tema, perché il 2013 non è così lontano e, se non ci muoviamo per tempo, rischiamo di incontrare serie difficoltà.
Il secondo tema sul quale vorrei porre l'attenzione riguarda la gestione dell'acqua. In particolare, sappiamo che avremo problemi enormi quest'anno, soprattutto nel Nord Italia, perché è nevicato poco ed è piovuto poco. Non possiamo ritrovarci a piangere tutti gli anni d'estate perché manca l'acqua. Bisogna adottare un'ottica di lungo respiro, tenendo conto di alcune specificità. Per questo, chiediamo di valutare con attenzione l'obbligatorietà dell'adesione agli ambiti ottimali, perché un conto è un comune che si trova in pianura, dove non ha senso che ognuno faccia di testa sua, un altro conto è un comune di montagna che, per quanto riguarda la captazione, il pescaggio e la distribuzione dell'acqua potabile, ha caratteristiche ed esigenze completamente differenti. Vi è comune e comune, realtà e realtà, e la rigidità della legge Galli comporta oggettive difficoltà.
Al di là di ciò, bisogna intervenire in maniera seria perché l'acqua è e sarà sempre più un bene prezioso, da valutare sotto tutti gli aspetti, incentivando le forme di produzione di energia delle cosiddette microcentrali idroelettriche, che possono dare tantissimo a questo paese. La fonte idroelettrica già rende molto, però presenta difficoltà di gestione dei Pag. 19bacini che vanno tenute in considerazione. Si può fare molto di più e questa legge può costituire un'occasione in tal senso.
Concludo ricordando altre questioni che, secondo noi, non sono poco rilevanti. Prima si è parlato dei terreni incolti, ma vi è anche il problema del mantenimento della pulizia dei boschi. Purtroppo, sono cambiate le abitudini e il fatto stesso che vi sia meno gente in montagna comporta che i boschi non sono puliti come una volta. I boschi non puliti si ammalano e muoiono e noi non possiamo consentirlo.
In Svizzera, nel Canton Ticino, si sta addirittura studiando la tassa per l'accesso al bosco. Può sembrare una cosa folle, ma in realtà non lo è particolarmente, perché se c'è un bene pubblico, l'accesso a tale bene deve comportare un minimo costo.
Noi non diciamo che bisogna istituire le tasse sui boschi, perché probabilmente in Italia ciò non sarebbe fattibile e perché non c'è ancora una cultura di questo tipo. Però, il bosco deve essere inteso in senso più profondo, perché esso non è solo una macchia verde che deve rimanere tale e quale, ma necessita di una cura, senza la quale si ammala.
In questo senso, pensiamo a forme di incentivazione della pulizia dei boschi, connesse alla produzione di energia termica ed elettrica da biomasse. Nel Nord Italia vi sono parecchi esempi virtuosi in tal senso. Si deve favorire lo sviluppo di una forma sana di industria, ossia legata al territorio, altrimenti si possono verificare alcune distorsioni. Il comune potrebbe essere l'ente più adatto a gestire questo fenomeno. Infatti, gli amministratori comunali hanno attenzione per il territorio e possono consentire l'istituzione di modalità di produzione di energia sane e davvero legate ad esso.
Vorrei anche fare un accenno agli istituti scolastici. Si è detto che, laddove è possibile, devono essere tenuti in vita perché sono il cuore delle comunità locali. Tuttavia, per tenerli in vita in qualche caso è necessario anche prevedere alcune deroghe, in casi eccezionali e da valutare. Altrimenti, senza questa previsione è difficile dire che vogliamo incentivare il mantenimento degli istituti scolastici.
Infine, una notazione per quanto riguarda gli incentivi di natura fiscale. Negli emendamenti che presenteremo e, più in generale, nel corso della discussione che si svolgerà sarà posto l'accento sul fatto che gli aiuti debbono essere di tale natura e non debbono essere erogati «a pioggia». Inoltre, ci dovranno essere aiuti di tipo strutturale. I fondi che saranno impiegati sono importanti ma potrebbero essere ben più rilevanti, viste le disponibilità economiche notevoli che sono emerse con il cosiddetto «tesoretto». Al di là degli interventi spot, riteniamo sia opportuno e giusto che, innanzitutto, ogni aiuto sia erogato nella forma di incentivo fiscale e mai nella forma di trasferimento di denaro, che comporterebbe inevitabilmente alcune distorsioni.
In secondo luogo, nell'ottica di un logico e organico federalismo fiscale, gli incentivi che si intende dare alle comunità dovrebbero essere erogati, anziché nella forma di un aumento dei trasferimenti, nella forma di un aumento della compartecipazione. In Spagna, ad esempio, dove il sistema di federalismo fiscale basato sulla compartecipazione funziona molto bene, le aree geografiche e i comuni sottodotati beneficiano di maggiori percentuali di compartecipazione. Questa sarebbe, a nostro avviso, la via corretta via per rendere strutturale questa forma di aiuto ai piccoli comuni e alle aree del paese che sono maggiormente in difficoltà (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.
AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il teso unificato di queste proposte di legge volte al sostegno e alla valorizzazione dei piccoli comuni trova in quasi tutti i settori del Parlamento un certo favore e disponibilità all'approvazione. La stessa circostanza si è verificata anche nella precedente legislatura. Eppure, allora non è stato possibile Pag. 20approvare una legge a causa della complessità della materia. Tale complessità dipende, innanzitutto, dal fatto che queste disposizioni non possono non introdursi in un insieme di altre leggi e norme. In particolare, ad oggi non può esser approvata una normativa che non sia un tassello del futuro codice delle autonomie. O sarà un tassello di quel codice, oppure durerà poco e sarà variata quando lo stesso codice sarà approvato.
Un altro aspetto che sicuramente pone alcune difficoltà all'approvazione di un provvedimento come quello in esame è costituito senza dubbio dalla definizione del comune che ha diritto a beneficiare delle misure previste. Tale definizione, infatti, potrebbe essere troppo ampia e, dal momento che oltre il 70 per cento delle comunità italiane è costituito da piccoli comuni, è chiaro che ogni iniziativa di finanziamento, di incentivazione fiscale e così via riguarda un settore molto ampio della popolazione.
Ciò potrebbe contrastare con le politiche generali di riduzione della spesa, di liberalizzazione e quant'altro, che cercherò di mettere in evidenza esaminando alcuni aspetti della testo unificato delle proposte di legge. Il gruppo parlamentare dell'Italia dei Valori è molto favorevole all'iniziativa in oggetto e lo dimostrerà anche lavorando per migliorare i singoli aspetti che sono contenuti nel testo unificato. Sembra a noi, però, che la definizione di piccoli comuni, così com'è prevista nel provvedimento, lasci troppa ampia discrezionalità all'Esecutivo nella ricerca dei parametri che saranno poi necessari per l'esclusione dei comuni sotto i 5 mila abitanti. Ritengo che le difficoltà verranno dopo, quando si tratterà di fare l'elenco, di riportarlo nelle Commissioni parlamentari e, poi, di restituirlo all'Esecutivo dopo il mese che viene concesso alle Commissioni stesse. Qualora questi parametri non venissero accettati dalle Commissioni parlamentari, si rischierebbe un'impasse dell'attuazione della legge, con conseguenti ritardi che non favoriranno certo i piccoli comuni in difficoltà, che da anni aspettano questa norma.
Venendo al merito, l'articolo 3 risulta, ad esempio, molto interessante perché dà il suggerimento - che, purtroppo, non può essere un vincolo - sulla possibilità di associare i comuni stessi. Credo che non si debbano creare ulteriori sovrastrutture organizzative, ma ritengo che l'associazionismo dei comuni, al fine di affrontare insieme le difficoltà burocratiche che da soli non potrebbero superare, sia un fatto estremamente positivo. Ad esempio, gli sportelli unici hanno dato un contributo eccellente non solo nelle singole comunità urbane, ma anche in territori più vasti delle stesse.
Ciò che è previsto nel provvedimento va in quella direzione e, probabilmente, l'affina e lo migliora. Comunque, occorre una riflessione approfondita in merito a quanto riportato nel comma 3 dell'articolo 3, in cui si prevedono norme più favorevoli sulla possibilità di nomina del responsabile unico del procedimento. In questo caso, starei molto attento. Anche qui ci troviamo nel momento in cui si stanno modificando alcuni istituti del codice degli appalti e delle forniture dei servizi, e, quindi, con il comma 3 ci inseriamo in una discussione e in un'evoluzione di modifica della normativa sui lavori pubblici che credo sia abbastanza pericolosa. Infatti, ritengo che le lettere a), b) e c) di questo comma siano da rivedere, perché non credo che si possa dire che i piccoli comuni non debbano ubbidire a delle priorità che loro stessi hanno stabilito nel piano triennale delle opere pubbliche comunali, oppure che la figura del responsabile unico del procedimento possa coincidere con il direttore dei lavori - e, quindi, anche con il progettista -, scavalcando quanto deve essere ancora fatto e disciplinato nel regolamento previsto dal decreto legislativo n. 163 del 2006.
Quindi, è evidente che alcuni di questi aspetti potrebbero essere trattati in un altro provvedimento, senza prevedere in ciascuna di queste leggi particolari modifiche che dovranno essere contenute in tutte le normative che ci accingiamo ad approvare. Pertanto, non si comprende quale vantaggio possa trarre una piccola Pag. 21amministrazione derogando alle priorità contenute nella legge sui lavori pubblici.
Inoltre, si prevede la possibilità di realizzare una parte di un progetto senza essere in possesso del progetto stesso, senza poter controllare quante risorse finanziarie complessive saranno necessarie per il completamento dell'opera. D'altra parte, questa non è la carenza che abbiamo registrato in passato quando, anche nei piccoli comuni, sono state lasciate a metà diverse opere? A mio avviso, su ciò occorre riflettere approfonditamente, modificando quanto previsto nel presente comma 3.
Vedo molto favorevolmente la stipula di convenzioni con gli enti ecclesiastici, cattolici e non, per salvaguardare e recuperare i beni culturali, storici, artistici e librari degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. Si tratta di un dato estremamente positivo, che consente alle piccole comunità di godere di un aumento di visitatori, di studiosi, che possono incrementare il turismo nelle zone attualmente abbandonate.
Inoltre, le stazioni ferroviarie disabilitate, le caserme dismesse, gli edifici del Corpo forestale dello Stato e quindi tutti gli uffici demaniali dismessi dovrebbero essere ceduti gratuitamente ai comuni, al fine di dotarli di ulteriori strutture che, in tali comunità, appaiono sempre più carenti. Tuttavia, quando si assegnano anche gratuitamente tali beni ai piccoli comuni, è necessario avviare un programma di recupero e di investimenti sulla manutenzione ordinaria e straordinaria per evitare che tali edifici diventino poi terra di nessuno.
Un altro aspetto fondamentale è costituito dalla cablatura che, per i piccoli comuni, non è possibile senza incentivi e senza una visione intercomunale di tale problematica. Ritengo che ciò potrebbe aiutare i piccoli comuni ad essere normalizzati, godendo di quella informatizzazione normalmente vigente nelle città.
È evidente che quella riguardante gli incentivi fiscali in favore dei piccoli comuni è una questione molto importante. Il Fondo per gli incentivi fiscali in favore dei piccoli comuni è destinato alla copertura delle minori entrate derivanti da misure agevolative concernenti l'imposta comunale sugli immobili destinati ad abitazione principale o ad attività economiche, da misure agevolative concernenti l'imposta di registro per l'acquisto di immobili destinati ad abitazione principale o ad attività economiche, da premi di insediamento vari. Ma tale fondo, per la dotazione del quale è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro, è istituito a decorrere dal 2009. L'esiguità di questa misura e la decorrenza del fondo (dal 2009, appunto) non sono corrispondenti al reale bisogno. Occorrerà, dunque, rivedere tali misure nel corso dell'esame del provvedimento.
Per quanto riguarda, invece, il Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni, è prevista una dotazione di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Credo che il fondo, destinato alla concessione di contributi statali al finanziamento di interventi diretti a tutelare l'ambiente e i beni culturali, alla messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e degli istituti scolastici, sia una misura estremamente positiva. Anche in questo caso, se l'economia italiana continuerà a crescere e se miglioreranno i conti pubblici, sarà necessario aumentare la dotazione di questi fondi per attuare interventi nei piccoli comuni adeguati alle loro vere esigenze,
A mio avviso, la questione dei servizi essenziali da garantire ai piccoli comuni potrebbe contrastare con altre misure. Infatti, per quanto riguarda la liberalizzazione del sistema distributivo dei carburanti, è giusto riconoscere che si tratta di un servizio fondamentale. Tuttavia, rispetto agli altri paesi europei anche più grandi dell'Italia, nel nostro paese vi è un numero di impianti di erogazione dei carburanti estremamente elevato. Dunque, ciò va contro l'economicità degli investimenti. Infatti, se non vi è un incentivo reale, in una piccola comunità di 200 abitanti non è conveniente istituire un servizio di erogazione dei carburanti.Pag. 22
Si possono svolgere le stesse considerazioni con riferimento ai servizi di telefonia e agli istituti scolastici.
Sapete benissimo che è in atto una programmazione sul ridimensionamento (si tratta del taglio di rami secchi) del numero degli istituti scolastici aventi sede nei piccoli comuni e sull'utilizzo si strutture diverse. Mi riferisco al trasporto pubblico degli alunni che è molto più sviluppato rispetto al passato, ma che si può incentivare. Non è detto che per forza debbano essere mantenuti in attività gli istituti scolastici statali aventi sede nei piccoli comuni, quelli più sperduti. Tuttavia, va garantito a tutti bambini e a tutti i giovani di quella comunità la possibilità di accedere alla scuola, come accade in tutti gli altri comuni, adeguando i relativi strumenti per ottenere questo obiettivo.
Dunque, per tutti questi argomenti, il provvedimento si presenta piuttosto complesso, ma certamente condivisibile nei suoi scopi e, nello stesso tempo, presenta qualche difficoltà di coordinamento con tutte le altre attività legislative che si svolgono in questo periodo e che, alla fine potrebbero contrastare con alcuni criteri che determineremo attraverso l'approvazione definitiva delle proposte di legge in oggetto.
In conclusione, credo che il provvedimento in esame avrà il merito di avviare e di formare un tassello importantissimo e particolare del codice delle autonomie, che andremo a discutere e che non dovrà costituire la fine di una normativa che invece si presenta molto importante per le piccole comunità.
Non interverrò sulla questione del terzo mandato, o di altro, perché ritengo giusto che la questione si debba risolvere con il codice delle autonomie. Credo però che, così come questo è vero, e cioè che nel codice delle autonomie si dovrà risolvere il problema, probabilmente - se il concetto è lo stesso - la proposta che proviene dalla I Commissione potrà essere estesa anche ad altri argomenti della stessa normativa. A mio modesto parere, poteva essere trattata qui, come poteva esserlo nel codice: tuttavia, se è necessario approvare una siffatta norma, prima si raggiunge questo obiettivo e meglio è.
Ringrazio i relatori e coloro che si sono occupati in questo periodo di redigere il testo unificato all'esame, che rappresenta già una buona base per la discussione.
Anch'io ritengo che sia necessario apportare delle modifiche, come si è potuto capire dal mio intervento, e sono estremamente soddisfatto che tutti i gruppi politici abbiano collaborato con la medesima intensità a realizzare il testo all'esame, che speriamo possa diventare legge in breve tempo (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lupi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO ENZO LUPI. Signor presidente, onorevoli colleghi, prima di iniziare l'intervento, permettetemi di fare una breve premessa su un aspetto già rammentato, tra l'altro, dai colleghi che mi hanno preceduto.
La Camera dei deputati, nell'attuale legislatura, si trova ad esaminare un progetto di legge che, nella scorsa legislatura, la stessa Camera dei deputati aveva approvato, se non ricordo male, all'unanimità, forse vi era stato solo un astenuto o un voto contrario...
ERMETE REALACCI. Contrario; ma il collega aveva detto che si era sbagliato!
MAURIZIO ENZO LUPI. Vi era stato quindi un voto contrario, ma poi, in fase di «pentimento», il collega aveva rivelato trattarsi di un errore di votazione.
Quel progetto di legge al Senato si bloccò: è qui presente l'amico e collega onorevole Boscetto, che era relatore al Senato di quel provvedimento che non riuscì a proseguire il suo iter parlamentare. Non riuscì ad andare avanti perché, secondo il mio modesto parere, si volle quasi snaturare il valore di quella proposta di legge che avevamo allora presentato alla Camera e che oggi abbiamo ripresentato, e cioè il fatto che vi potesse essere uno specifico progetto di legge che Pag. 23riguardasse i piccoli comuni. È evidente che, collegate trasversalmente alla tematica della tutela dei piccoli comuni, vi possono essere tantissime altre questioni, che infatti sono emerse al Senato: ad esempio, la legge sulle comunità montane e le altre problematiche che si potrebbero affrontare rispetto ad una tematica così importante.
Ma se in questa legislatura dovessimo commettere - lo dico anche per i colleghi del Senato - lo stesso errore della precedente, rischieremmo poi, al Senato, di non andare da nessuna parte. Qual è l'errore di fondo rispetto al quale dobbiamo decidere se proseguire verso una direzione piuttosto che verso un'altra? Si tratta di chiedersi se sia o meno necessaria una specifica legge, pur inserita in un contesto più generale, che segnali al paese la necessità di valorizzare i piccoli comuni in quanto essi rappresentano una realtà, un patrimonio, una storia del nostro paese da difendere, da tutelare, da incentivare.
È questo il punto. È evidente che potremmo sostenere - lo ha appena accennato il collega Misiti - che tutto ciò deve inserirsi all'interno del disegno più ampio che regolamenta le autonomie locali e altro ancora: sono d'accordo! Tuttavia, il tema che costituisce il valore principale del progetto di legge in esame - già presentato, ripeto, nella scorsa legislatura e che oggi riproponiamo - è esattamente il seguente: i presentatori delle proposte di legge, i relatori e i gruppi parlamentari che condividono questo provvedimento ritengono che a tale domanda sia indispensabile dare una risposta positiva ed affermativa.
Come seconda premessa, vorrei dire che il provvedimento in esame rappresenta una novità importante. Infatti, esso segna per questa legislatura - come avvenuto per l'altra, perché purtroppo la situazione politica complessiva non è cambiata - una svolta significativa dal punto di vista del metodo, come peraltro già sottolineato. Intanto esso non nasce a tavolino, bensì nel rapporto con la società civile, in quanto raccoglie e valorizza le esigenze rappresentate dalla società del nostro paese e viene costruito sulla base delle stesse. La società civile è varia e raccoglie la ricchezza presente sul nostro territorio. Non è un caso che in essa si ricomprendano figure che vanno da Legambiente alla Compagnia delle opere, dalla Conferenza episcopale italiana alle miriadi di associazioni di categoria presenti in Italia, come ad esempio l'Unione del commercio. Tuttavia, non è il caso di stilare un elenco perché si rischia di dimenticarne qualcuna. Tali figure hanno contribuito insieme al collega Realacci e ad altri a proporre ed elaborare una proposta di legge che avesse determinati contenuti.
Inoltre, non è un caso che, sia nel corso della passata legislatura, quando vi era una determinata situazione politica, sia in quella in corso, dove è presente una situazione politica mutata, vi sia convergenza - che potremmo definire bipartisan - su temi di questo genere. Dobbiamo forse concludere che le convergenze bipartisan si realizzano soltanto su questioni senza senso oppure irrilevanti, su cui non ci si fa del male? A mio avviso tale affermazione sarebbe riduttiva. Infatti, esistono convergenze bipartisan ogni qualvolta la politica e le istituzioni (in questo caso il Parlamento) riconoscono - pur partendo da identità, posizioni politiche e schieramenti diversi - l'esistenza di argomenti e temi che appartengono al bene comune ed alla storia del nostro paese, su cui è necessario un confronto in Parlamento. È giusto che tale confronto avvenga in Parlamento e non a caso la proposta in oggetto è di iniziativa parlamentare e non governativa; il Governo, ovviamente, ha il compito di assumere una posizione chiara e precisa, magari contrastata dall'opposizione, tuttavia temi di questo genere devono trovare in Parlamento spazi di confronto e di convergenza, senza la paura che in base ad una lettura distorta, ormai presente sui media e nella cultura odierna, ciò sia letto come un inciucio. Ritengo che tale aspetto di metodo sia esemplare e mi auguro che possa in prospettiva costituire per il Parlamento (quindi per la Camera dei deputati e per il Senato) un esempio Pag. 24per luoghi e momenti di incontro su temi che rientrano nella concezione del bene comune.
Quindi, tale convergenza non si realizza su una materia irrilevante, priva di importanza. Noi siamo abituati a sminuire alcuni argomenti perché attribuiamo giudizi di irrilevanza alle questioni su cui si vota in maniera unanime. Invece, la convergenza avviene su un tema che ha rilevanza fondamentale non solo per i proponenti, bensì per tutti i presenti.
Entrando nel merito della proposta di legge, sottolineo che certamente esiste un problema oggettivo, rappresentato dalle dimensioni del fenomeno preso in considerazione. Più volte è stato sottolineato come la dimensione del fenomeno non sia indifferente dal punto di vista quantitativo. Infatti, esistono circa 5.800 comuni con meno di 5 mila abitanti, dove vive e risiede circa un quinto della popolazione del nostro paese. Non conosco i dati aggiornati, ma credo che stiamo parlando di circa 10,6 milioni di abitanti residenti in questi 5.800 comuni. Certamente, vi è quindi un aspetto quantitativo non irrilevante.
Ma credo che vi sia un aspetto ancora più importante, determinato da quanto i piccoli comuni rappresentano nella storia del nostro paese, che potrà essere un parametro esemplificativo di come affrontare i problemi che l'Italia attraversa in questo periodo, dalla questione fondamentale della ripresa economica fino ai grandi temi dell'identità, della tradizione, del valore e del confronto. In questo i piccoli comuni rappresentano il paradigma della storia del nostro paese e della difficoltà che essa attraversa.
È evidente a tutti (lo dice uno come me che vive in una grande città, Milano, ma che ha imparato a conoscere i piccoli comuni) che i comuni sotto i 5 mila abitanti rappresentano gran parte dell'identità, dei valori, delle tradizioni e della storia dell'Italia dei secoli passati e oggi dimostrano ancora come, in termini sociali, di aggregazione e di qualità della vita, questi valori e questa identità possano determinare anche la configurazione concreta ed economica di un territorio. Tant'è vero che la maggior parte dei piccoli comuni sono ancora oggi presidio di un territorio che rischia di essere abbandonato. Chi come me fa parte della Commissione ambiente sa benissimo come, non solo da un punto di vista economico, ma anche degli ideali e dei valori, la non esistenza di tanti dei piccoli comuni sarebbe un segnale di degrado totale dell'ambiente circostante, perché oggi sono l'unico presidio anche a tutela del territorio. Eppure, stiamo assistendo ad un fenomeno in cui tale testimonianza avviene con enormi difficoltà.
Per ripartire, il nostro paese ha la necessità di riconoscere quali sono i propri valori, la propria identità, la propria storia, di creare le condizioni perché non si disperdano e di ragionare come ciò non sia in contraddizione con il grande tema dello sviluppo.
Da qui deriva la necessità di presentare una proposta di legge riguardante i piccoli comuni e la necessità (secondo me ben sintetizzata da parte dei relatori, e di ciò li ringrazio) di capire come si possa declinare in termini di incentivi e di snellimento delle procedure questo principio da tutti condiviso.
Questa è la prima grande considerazione: sono aree importanti, cosiddette fragili, in cui si concentra un patrimonio storico, culturale e ambientale di grande valore.
Un'altra osservazione che intendo fare, di cui abbiamo discusso a lungo anche nel confronto con queste realtà, è la seguente. I piccoli comuni e i sindaci che li rappresentano chiedono al Parlamento (sono sicuro che la mia amica Francescato qui presente si metterà a ridere) non una «legge panda», cioè non un provvedimento che deve salvaguardare le minoranze dall'estinzione. Non è questo ciò che ci viene chiesto e sarebbe un errore andare in questa direzione. Ci viene chiesto, invece, di mettere nelle condizioni questi soggetti, che sono vivi, presenti, reali, che svolgono una funzione fondamentale e non hanno bisogno di assistenzialismo, di agire meglio, di essere più efficaci e di capire Pag. 25come possano peculiarmente con le proprie caratteristiche rispondere ai bisogni che incontrano ogni giorno sul proprio cammino.
Non dobbiamo pensare ad una legge, ripeto, di salvaguardia dall'estinzione, ma ad una legge di valorizzazione, di incentivazione, che da una parte segnali il loro ruolo, la loro importanza e ridia loro orgoglio, ma dall'altra si concretizzi con un riconoscimento di procedure diverse.
Da questo punto di vista - mi rivolgo in particolare al collega Misiti - è giusto che vi siano procedure diverse, perché in un paese come il nostro non si può generalizzare tutto. Se si è in un comune di 2 mila abitanti con un ufficio tecnico amministrativo composto da una o due persone, non possiamo pensare che questo soggetto si comporti come il comune di Milano, che ha un ufficio tecnico di 1.300 persone, e chiedere che ci si comporti allo stesso modo nel raggiungimento del medesimo obiettivo, cioè la risposta al bisogno dei cittadini che vivono nel proprio territorio. In questo modo non terremmo conto della realtà e saremmo più interessati alle procedure e alla burocrazia che all'effettivo svolgimento del ruolo che ognuno di noi deve avere. Questo è il punto (bisogna avere il coraggio di intraprendere tali misure), mentre, tendenzialmente, siamo portati a varare leggi che partono da un obiettivo giusto, ma contengono disposizioni talmente generalizzate che non tengono conto di come tradurre nella realtà del nostro paese l'obiettivo che ci si è preposti.
La seconda considerazione è la seguente: in questi anni abbiamo assistito - elemento molto positivo - all'evoluzione del nostro sistema delle amministrazioni locali (ciò è avvenuto a partire dagli anni Novanta, nel 1993 e nel 1994, e mi riferisco alla legge Bassanini o quant'altro); è evidente che tutti gli interventi compiuti nell'organizzazione degli enti locali hanno determinato una trasformazione radicale in tale ambito.
Una volta, il responsabile del procedimento - mi rivolgo all'amico Misiti -, il soggetto deputato al rilascio delle concessioni edilizie, era il politico, l'assessore competente eletto, mentre oggi, grazie alle modifiche intervenute nel sistema delle amministrazione locali, è il funzionario, il dirigente del comune ad essere responsabile del procedimento. Ciò è avvenuto grazie alla sana e alla giusta distinzione tra le funzioni di indirizzo e di controllo, che devono spettare alla parte politica, e quelle attuative, che spettano al funzionario dei comuni.
La ripartizione di competenze tra apparato burocratico ed organi politici, il sistema delle rispettive responsabilità, nonché quello dei controlli sugli atti amministrativi interni ed esterni sono certamente mutati. Il criterio ispiratore di questa riforma è condiviso. Tuttavia, stiamo assistendo ad una certa tendenza (è un tema affrontato molto bene in questo provvedimento; tra l'altro, tale aspetto è stato anche migliorato rispetto alla scorsa legislatura): per i piccoli o medio-piccoli comuni questa riforma non ha comportato un'agevolazione o una facilitazione nel raggiungimento degli obiettivi, ma quasi una sorta di impedimento o di penalizzazione. Il legislatore, a fronte di queste considerazioni, ha introdotto un certo elemento, richiamato anche in questo provvedimento: quello dell'aggregazione tra i diversi comuni.
Sembra quasi che, con la proposta di legge sui piccoli comuni, si voglia procedere in una direzione opposta: intendiamo, infatti, valorizzare la frammentazione e non l'aggregazione.
Credo, tuttavia, che non sia questo il problema: vale a dire la contrapposizione delle piccoli e delle grandi realtà, la frammentazione o l'aggregazione (mi sembra che la legge da questo punto di vista risolva egregiamente la questione), perché si intende rimettere l'ordine dei fattori secondo il modo più consono.
Si parte dall'identità, secondo un sano principio di sussidiarietà, e dalla grande realtà del nostro paese che non vogliamo e non possiamo cambiare, perché l'Italia è l'Italia dei comuni ed è costituita dalle realtà locali che sono vicine ai cittadini.Pag. 26
In tale contesto, senza stravolgere, dissolvere o annientare identità o realtà, occorre facilitare l'aggregazione dei comuni per eventuali erogazioni dei servizi (devono essere incentivati a farlo). È naturale che ciò avvenga; ad esempio, se in una certa realtà locale non vi è un servizio di trasporto (di autobus) per portare a scuola i bambini, i comuni possono aggregarsi per fornire questo servizio, piuttosto che per quanto riguarda questioni riguardanti la polizia locale o l'azienda municipalizzata che raccoglie i rifiuti e via seguitando.
Questo è l'aspetto che abbiamo voluto sottolineare. Non è casuale che un provvedimento volto a valorizzare i piccoli comuni - e, quindi, teoricamente, la frammentazione, o meglio l'identità - espliciti in uno specifico comma l'obiettivo di favorire l'aggregazione dei diversi soggetti.
Tanti aspetti positivi sono stati recuperati dalle proposte presentate nella precedente legislatura. Nel ripresentare le loro proposte in questa legislatura (non poteva che essere così), i colleghi non hanno voluto elaborare un'astratta normativa di principi. Per sottolineare il valore del testo in esame, mi piace citare - l'ho sempre fatto in occasione degli incontri che i piccoli comuni hanno organizzato per discutere la materia - una disposizione che fu introdotta nel vecchio testo a seguito dell'approvazione di una proposta emendativa dell'opposizione (presentata dalla collega Abbondanzieri, dei Democratici di Sinistra, non rieletta) e che, nel testo in esame, è contenuta nel comma 10 dell'articolo 3. In essa sono racchiusi l'orgoglio ed il valore fondamentale - anche se può sembrare una banalità - del provvedimento in esame.
Il predetto comma 10 dell'articolo 3 stabilisce che «per favorire il riequilibrio anagrafico e promuovere e valorizzare le nascite nei comuni di cui al comma 2, il Governo è autorizzato ad apportare all'articolo 30 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, le modifiche e le integrazioni necessarie a prevedere che i genitori residenti in uno dei comuni di cui al medesimo comma 2 possano richiedere (...) che la nascita dei figli sia acquisita agli atti dello stato civile come avvenuta nel comune di residenza dei genitori».
La menzionata previsione può sembrare banale, semplicissima: poiché nei piccoli comuni non vi sono ospedali, i figli dei residenti nascono negli ospedali dei centri vicini (tendenzialmente, in quelli dei capoluoghi di provincia o di altri comuni più grandi, sedi di ospedali). Insomma, coloro i quali vivono nei piccoli comuni non hanno la possibilità di dichiarare che i figli sono nati nel comune nel quale loro hanno vissuto, nel luogo in cui hanno le loro radici e la loro storia. Può sembrare una banalità, ma la disposizione è fondamentale perché riconosce che il legame tra il territorio e la persona non è mai astratto, ma è quello sul quale la persona fonda la propria vita e la propria libertà di azione. Tagliando queste radici, cancelliamo gran parte della forza del nostro paese. Tali radici non si identificano con i dati fisici (le quattro mura, le montagne, la pianura, il verde), ma sono ciò che quella specifica fisicità racconta della storia, dei valori e dell'identità di una famiglia.
La proposta confluita nel comma 10 dell'articolo 3 è, a mio parere, esemplare della «grandezza» del testo unificato al nostro esame. Mi auguro che il Parlamento voglia approvarlo e che il Senato non rompa, come al solito, le uova nel paniere... Non è presente il collega Boscetto, il quale si era tanto prodigato per far approvare la proposta di legge...
ERMETE REALACCI. Tanto...!
GRAZIA FRANCESCATO. Un po'...!
MAURIZIO ENZO LUPI. ... ma io credo che, se riuscissimo a richiamarci all'essenzialità della proposta presentata, potremmo farcela, in questa legislatura, ad approvare il provvedimento ed a dare un segnale importante al nostro paese anche nella direzione della difesa e della valorizzazione dei piccoli comuni, vale a dire quelli con popolazione pari o inferiore ai 5 mila abitanti (Applausi).
Pag. 27PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Francescato. Ne ha facoltà.
GRAZIA FRANCESCATO. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, noi Verdi sosteniamo con convinzione il provvedimento al nostro esame e registriamo con soddisfazione e con gioia l'impegno bipartisan che è stato profuso da tanti colleghi degli opposti schieramenti. Ciò è avvenuto perché quella in esame non è affatto una proposta di minore importanza, ma, al contrario, di grande peso, di grande spessore, perché, com'è stato ripetuto da tanti colleghi, essa interessa ben 5835 comuni che costituiscono una rete capillare, un tessuto connettivo che innerva e tiene insieme tanta parte della nostra penisola.
Sono nata in un piccolo comune di 1200 abitanti sulle rive del lago Maggiore e devo dire che nella mia vita ho avuto la grande fortuna di nascere in un piccolo paese quando i piccoli paesi erano ancora comunità vive ed attive ed i piccoli bambini giocavano per strada sino a tarda sera e si tenevano aperte le porte di casa. Conosco bene, pertanto, il valore dell'appartenenza, del sentirsi parte di un'unica famiglia. Devo dire che a tutto questo ho unito il fatto di essere stata «sbalzata» a soli diciassette anni negli Stati Uniti con una borsa di studio, aggiungendo così alla dimensione del microcosmo quella del macrocosmo; da qui l'importanza di sentirmi glocal, un aggettivo coniato negli ultimi tempi: pensare globalmente ed agire localmente, come recita un fortunato slogan ambientalista.
Essendo nata in un piccolo comune, ho conosciuto anche il duplice disagio che affligge questi centri minori. È un declino fisico, economico, sociale e culturale quello che li ha piagati in questi ultimi decenni. Il declino fisico è anch'esso duplice. Da un lato vi è stato l'abbandono ed il degrado dei centri storici, dei borghi antichi, soprattutto quelli arroccati sulle colline e sulle montagne, oppure il malrestauro, come lo chiamo io, che ha caratterizzato questi ultimi anni, nel cui caso si è tentato sì un recupero, ma all'insegna di un'approssimazione terrificante e grossolana. Cito per tutti la mania dell'infisso anodizzato dorato che possiamo vedere in tutti i nostri piccoli centri storici, le onduline o le piastrelle; ma non voglio ripercorrere la galleria degli orrori urbanistici che si riscontrano in tutti questi piccoli centri, dico soltanto che il malrestauro che si accoppia al degrado o all'incuria a volte è forse ancora più grave.
Dall'altra parte, questo declino fisico si è concretizzato in una sorta di raddoppio: ogni piccolo centro storico italiano, soprattutto quelli di montagna e di collina, ha un proprio gemello moderno, un gemello caotico e disordinato, fatto di case di cemento o di mattoni a vista, con parcheggi e centri commerciali, con un «consumo» quindi, del territorio circostante veramente pauroso. Tutto ciò si è tradotto, dunque, in un duplice scempio urbanistico, paesaggistico e anche identitario (elemento non secondario). C'è un bellissimo libro di Guido Ceronetti, un grande scrittore che ha riflettuto molto sui destini del nostro Paese, dal titolo «Viaggio in Italia», dove è scritta una frase chiave: il brutto cancella l'intelligibilità del mondo. In altre parole, la cancellazione della diversità e la bruttezza diffusa sul territorio rende impossibile riconoscere anche l'identità storica e culturale di un Paese.
La proposta legislativa in esame cerca di garantire la qualità dello sviluppo da un lato e il rispetto delle diversità dall'altro. Sono questi i due cardini su cui la proposta si sostiene, sull'onda di analoghe normative varate in Europa: penso a quello che è stato fatto in Francia, in Gran Bretagna, ma anche ad una recente normativa in corso di approvazione nei Paesi baltici. Si tratta, quindi, di un'onda che percorre tutta l'Unione europea.
La qualità dello sviluppo è un punto cardine che ritorna nell'articolo 4 e nell'articolo 5 del provvedimento ed interessa particolarmente noi ambientalisti e Verdi, perché si parla proprio di sviluppo sostenibile e di come si possono integrare le dimensioni economiche, sociali ed ambientali. Noi abbiamo aggiunto, come Verdi, la necessità di fare di questi piccoli comuni degli avamposti anche a tutela della risorsa Pag. 28idrica (si parlava prima dell'acqua, l'oro blu sempre più scarso e sempre più inquinato): credo che sarà una delle grandi battaglie del nostro tempo quella di garantire che essa rimanga un bene comune e che non si trasformi invece in merce. È fondamentale il ruolo che questi piccoli comuni possono avere proprio nella tutela della risorsa idrica sin dall'inizio, visto che questi comuni sono spesso situati nei pressi di sorgenti dove nascono fiumi e torrenti.
La promozione delle energie rinnovabili e dell'efficienza nel risparmio energetico rappresenta un altro punto cardine. Il collega Garavaglia faceva prima cenno alle biomasse, che insieme ai biocarburanti rappresentano una grande speranza per il nostro futuro energetico. Esse devono essere, però, politically correct: in altre parole, non ha alcun senso importare le biomasse, cioè il legname, dalle foreste del Brasile o della Malesia, distruggendo gli ecosistemi forestali e violando i diritti delle comunità indigene e campesine di quei luoghi; ha senso, invece, fare in modo che le biomasse possano essere originarie del territorio circostante: quindi, ad esempio, che nel Piemonte possa essere bruciato il cippato fatto con il pioppeto, o nel Salento lo stesso cippato sia fatto con i residui degli olivi.
Questo è un punto cardine del provvedimento e riteniamo sia proprio questa la strada giusta per valorizzare il territorio. La lotta contro il dissesto ideologico, la promozione dell'energia rinnovabile, la deficienza energetica costituiscono le vere grandi opere cui dobbiamo dedicare attenzione ed impegno.
Negli ultimi anni, si è assistito ad un'inversione di tendenza da parte dei piccoli comuni: lo scatto di indipendenza e di autonomia ha portato alla rinascita di tanti piccoli centri. Cito, ad esempio, il comune di Abbateggio, per il quale, insieme al collega Acerbo, nutro un vero sentimento di amore; si tratta di un piccolo comune di 450 abitanti ai piedi della Maiella e una serie di iniziative economiche, sociali e culturali hanno saputo recentemente segnarne la rinascita.
A nostro avviso, l'importantissimo principio dettato dalla nuova disciplina dedicata ai piccoli comuni consentirà di farli divenire una grande forza per l'Italia e per l'Europa.
In conclusione, vorrei parafrasare una frase di Leonardo Borghese, un grande intellettuale milanese, che è stato critico d'arte de Il Corriere della Sera; nel libro «L'Italia rovinata dagli italiani», che, a mio avviso, andrebbe fatto leggere nelle scuole, rileva che il problema dell'Italia, a quell'epoca (ma - ahimè - anche oggi), è la presenza di tanti italiani nemici dell'Italia. Con questo provvedimento, riusciremo ad aggiungere un tassello per invertire questa tendenza e fare modo che ci siano tanti italiani nei piccoli comuni, e non solo, amici del nostro Paese.
Ringraziando i relatori per il proficuo ed attivo lavoro svolto, auspico che il testo unico in esame possa essere davvero un tassello luminoso nella vita dei piccoli comuni, che attendono, con grande ansia, la sua approvazione e che, sicuramente, ne saranno soddisfatti (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Margiotta. Ne ha facoltà.
SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, colleghi, svolgerò io l'ultimo intervento di questa mattina, nel corso della quale ho sentito numerosi deputati, di più parti politiche, evidenziare una serie di considerazioni assolutamente condivisibili, a riprova del carattere effettivamente bipartisan del provvedimento al nostro esame, segnale questo - mi rivolgo al collega Lupi - non di irrilevanza del provvedimento, quanto invece di estrema rilevanza dello stesso. È possibile essere tutti d'accordo - come il collega stesso ha detto - su materie meno importanti, ma è anche probabile che si riesca ad essere tutti d'accordo quando i provvedimenti hanno enorme rilievo e credo che proprio questo sia il caso.
Tutta l'Italia deve vivere: questo è il senso ultimo del provvedimento; lo dico mutuando un'analoga espressione utilizzata in Svezia per un provvedimento di Pag. 29egual segno. È necessario mantenere i cittadini su tutto il territorio, laddove essi sono, e non in senso conservazionista, ma in senso dinamico. È proprio a partire dalla valorizzazione dei piccoli borghi che si può riscoprire l'entità più genuina del nostro paese ed agganciarne la ripresa economica. Noi amiamo l'Italia e, proprio in ragione di questo amore, amiamo i piccoli comuni. L'Italia, infatti, è soprattutto sintesi delle ricchezze storiche, culturali, paesaggistiche, ambientale ed enogastronomiche, che troviamo disseminate in tutti borghi nel nostro territorio.
La politica non può avere un approccio meramente economicistico, di analisi dei costi e dei benefici. Se si applicasse un tale approccio, infatti, si potrebbe giungere alla conclusione che è meglio chiudere alcuni municipi e così esattamente non è. Un paese che non riesce a trarre competitività dalla propria storia e tradizione è un paese destinato al declino e noi non vogliamo che l'Italia abbia questo destino.
È giusto e doveroso, in questa sede, esprimere un ringraziamento al presidente Realacci per il lavoro già svolto nella precedente legislatura. È vero, è stato ricordato, la legge si arenò al Senato: fu approvata solo alla Camera il 21 gennaio 2003. Tuttavia, il provvedimento ha già segnato un'inversione di tendenza nel cuore e nell'anima dei cittadini e questo conta ancora di più del fatto che esso non sia stato approvato nella precedente legislatura. Tale provvedimento intercetta un'esigenza, scaturisce da un bisogno, determina aspettative, suscita speranze. Nella scorsa legislatura sovente il provvedimento veniva criticato per mancanza di finanziamenti o per insufficienza della copertura della spesa. I relatori, con i quali abbiamo svolto un buon lavoro nel Comitato dei nove, hanno posto riparo con una serie di previsioni a quello che veniva considerato un limite della legge stessa: 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
Ancor di più conta che questa legge sia già entrata nel cuore e nella testa degli italiani e quando ciò accade si verifica sempre qualcosa di positivo. Quando cioè nella cultura di un paese viene recepita un'esigenza, essa determinerà a cascata effetti positivi anche sul piano normativo, così come sul piano della spesa e dell'investimento. Così va letta anche la previsione della recente legge finanziaria a proposito dei piccoli comuni che hanno ricevuto stanziamenti in funzione del numero di bambini e di anziani ivi residenti, seppure con qualche effetto discorsivo - al riguardo ha ragione il collega Marchi - che bisognerà correggere; ad ogni modo è un elemento certamente positivo quello della spesa di fondi in questi comuni.
Sottolineo con piacere di aver sottoscritto questa proposta di legge d'iniziativa del deputato Realacci il 28 aprile 2006, che non è un giorno casuale, bensì è il giorno di insediamento di questa legislatura, il mio primo giorno da parlamentare: sostanzialmente è stato il primo atto formale che ho compiuto in questo Parlamento, e non a caso. Io vengo dalla Basilicata, una regione di 600 mila abitanti, disseminati in 130 comuni. Si tratta di una regione in cui 97 comuni su 130 hanno una popolazione inferiore ai cinquemila abitanti: in particolare l'80 per cento dei comuni della provincia di Potenza e il 55 per cento dei comuni della provincia di Matera. A fronte di una diminuzione complessiva della popolazione della mia regione del 2,16 per cento tra il 1982 e il 2007, si registra, analizzando tale dato soltanto nei piccoli comuni, una diminuzione del 12,46 per cento in provincia di Potenza, del 19,65 per cento in provincia di Matera e del 13,50 per cento come dato medio regionale. Per dare un'idea, in venti anni i piccoli comuni hanno perduto 27 mila abitanti. Se 27 mila persone si aggregassero in un nuovo comune, sarebbero per grandezza il terzo comune della Basilicata, dopo Potenza e Matera. Per dare ancora qualche dato esemplificativo: vi è stato il 45 per cento di popolazione in meno a San Mauro Forte, il 36 per cento in meno a Oliveto Lucano, il 42 per cento in meno ad Armento, il 44 per cento in meno a San Paolo Albanese, il 45 per cento in meno a Pescopagano, il 58 per cento in meno a San Fele. È dunque necessaria una legge Pag. 30sui piccoli comuni ed è necessario farla bene e in fretta, in modo tale che essa esplichi conseguenze positive su tutto il territorio.
Concludo sottolineando soltanto tre aspetti del provvedimento perché i relatori e tutti i colleghi che mi hanno preceduto hanno ben esaminato il testo nel suo complesso. Vorrei sottolineare la possibilità prevista dal comma 7 dell'articolo 3 di recuperare una serie di edifici, come le case cantoniere dell'ANAS, le stazioni, le caserme del Corpo forestale o dei Carabinieri e, sulla base di un emendamento da me presentato, tutti gli edifici pubblici dismessi, con tutta una serie di finalità di riutilizzo. Ciò è importante perché così si destinano contenitori a servizi sociali e a servizi per la cittadinanza. È importante anche perché così si arresta la condizione in cui versa il patrimonio edilizio - in questo caso pubblico, ma bisognerebbe mettere mano anche al patrimonio edilizio privato, largamente inutilizzato in tutti questi piccoli comuni - che è degradato o è inevitabilmente in fase di degrado se non gli si dà una destinazione d'uso.
Desidero sottolineare l'articolo 4, relativo ad attività e servizi, anche in campo di e-government e di tecnologia ICT. Si tratta di uno degli articoli fondanti di questo provvedimento. Dobbiamo essere chiari e rigorosi: se è vero che non sarebbe corretto promettere lo sviluppo, ad esempio, di tipo industriale sotto ogni campanile in quanto non serve - a questo riguardo va fatta autocritica in quanto è stato un errore destinare territori di ogni comune ad aree industriali, le cosiddette aree per piani di insediamento produttivi, bisogna invece concentrare questo tipo di sviluppo in alcune aree -, è altrettanto vero, giusto e sacrosanto, pensare all'erogazione dei servizi essenziali in ogni comune e in ogni borgo. Questo articolo tenta di porre rimedio a queste problematiche.
L'articolo 5 concerne la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali. Non c'è dubbio che le aree interne del paese possono trovare, in particolare nella valorizzazione turistica, anche a fini di fruizioni enogastronomiche, uno dei punti di eccellenza dei propri piani di sviluppo. Penso a tutti i più importanti prodotti della mia terra, ad esempio all'Aglianico del Vulture, al pecorino di Moliterno e Filiano, ai fagioli di Sarconi, alle acque minerali del Vulture e all'olio di Barile.
Ho presentato anche un emendamento volto a favorire le condizioni per far rimanere in loco i giovani professionisti. Non ci può essere tenuta dei piccoli comuni se le migliori energie, le migliori intelligenze vanno via. Non vogliamo solo che i piccoli comuni siano abitati, ma li vogliamo vivi, vitali e inseriti nella dinamica più ampia e interessante dello sviluppo di questo paese.
Per tutti questi motivi, il gruppo de L'Ulivo ritiene importante e fondamentale approvare subito questo provvedimento qui alla Camera dei deputati - magari migliorandolo, se necessario - e immediatamente dopo al Senato. Sarebbe un esempio di applicazione della bella frase di Bob Kennedy che noi ambientalisti de L'Ulivo ritroviamo, per merito del presidente Realacci, nel nostro manifesto: se la politica serve anche a rendere più dolce la vita dei cittadini su questa terra, questa normativa è un esempio che va proprio in tale direzione (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Caparini, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.