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Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 12 giugno 2006, n. 210, recante disposizioni finanziarie urgenti in materia di pubblica istruzione (A.C. 1092) (ore 12,20).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1092)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare di Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la VII Commissione (Cultura) si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, onorevole Sasso, ha facoltà di svolgere la relazione.
ALBA SASSO, Relatore. Signor Presidente, oggi discutiamo la conversione in legge del decreto-legge 12 giugno 2006 n. 210, recante disposizioni finanziarie urgenti in materia di pubblica istruzione.
Questo decreto-legge è stato approvato su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri Romano Prodi e del ministro Fioroni e garantisce la corresponsione dei compensi per i docenti impegnati negli esami di Stato di questo anno scolastico.Pag. 29
Nella percezione di tanti, gli esami di Stato sono una tappa fondamentale nel percorso scolastico, ma direi nella vita, di ogni ragazzo e di ogni ragazza. Lo sono stati per tutti noi: letteratura, filmografia, senso comune - basta ricordare la celebre frase «gli esami non finiscono mai» - ne sottolineano l'importanza come momento di passaggio all'età adulta. Penso quindi che dovrebbe esserci maggiore attenzione per questo appuntamento, per il lavoro degli insegnanti e degli studenti.
Invece, anche quest'anno gli esami di Stato sono iniziati senza che ci fosse lo stanziamento dei fondi per pagare gli insegnanti, e mancano anche i fondi per completare il pagamento per gli esami dello scorso anno: è da anni che le risorse destinate agli esami di Stato sono erogate con il contagocce.
Quello al nostro esame è un provvedimento molto semplice, che rappresenta un atto dovuto. La stessa onorevole Aprea ha dichiarato in Commissione che, se il centrodestra fosse rimasto al Governo, avrebbe adottato lo stesso provvedimento. Si tratta di un atto dovuto per un motivo semplice, ovvio direi: ogni lavoratore ha diritto alla legittima retribuzione per il lavoro svolto. Il provvedimento in esame costituisce anche un segnale di attenzione da parte del nostro Governo, una piccola riparazione al disinteresse mostrato nei confronti dei docenti, delle loro condizioni di vita e di lavoro. Disinteresse più volte dimostrato nel corso di questi anni dal Governo e, spesso, anche dalla società. Credo che molti altri passi andranno fatti in questa direzione.
Il disegno di legge in esame intende adeguare lo stanziamento di bilancio per la corresponsione dei compensi ai componenti le commissioni per gli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore, al fine di commisurare le dotazioni all'effettivo fabbisogno e assicurare il regolare svolgimento della sessione d'esame per l'anno scolastico 2005-2006. Dove nasce il problema? Perché non ci sono i soldi per pagare gli insegnanti componenti le commissioni d'esame? Ritengo che il problema nasca dalle modifiche apportate alla disciplina degli esami conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore per le scuole del servizio nazionale di istruzione dall'articolo 22, comma 7, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002). Quella norma modificò la composizione delle commissioni d'esame prevedendo la costituzione di una commissione d'esame per ciascuna classe in luogo della precedente disciplina, che assegnava un presidente unico e commissari esterni comuni ogni due commissioni. Tale norma ha esteso inoltre la corresponsione dei compensi ai docenti delle scuole paritarie facenti parte delle commissioni di esame e fissato in 40,24 milioni di euro il limite di spesa per il compenso dei commissari. Quella norma, varata in finanziaria, nata come misura per il contenimento della spesa, in realtà ha aumentato notevolmente la spesa per le commissioni d'esame. Tant'è vero che già l'articolo 1, commi 2 e 3 del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 212, ha elevato il limite di spesa previsto, di 40,24 milioni di euro, di ulteriori 28, 411 milioni di euro, per un totale di 68, 651 milioni di euro per l'anno 2002 e di 44,608 milioni di euro, per un totale di 84,848 milioni di euro, per l'anno 2003. Lo stanziamento previsto, quindi, non aveva fatto i conti con la realtà. Questo ritengo sia un fatto abbastanza singolare.
Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa del Governo, i monitoraggi effettuati dagli uffici scolastici regionali negli anni 2004 e 2005 hanno confermato l'impossibilità di soddisfare il fabbisogno con le risorse stanziate dalla citata legge del 2001. Di qui l'urgenza del provvedimento al fine di conformare il limite di spesa previsto dalla legge n. 448 del 2001 alle previsioni di spesa effettuate sulla base dei dati effettivamente rilevati.
L'articolo 1 del decreto-legge prevede quindi, al comma 1, che il limite di spesa per la corresponsione dei compensi ai componenti delle commissioni per gli esami di Stato sia elevato di 63 milioni di euro, per l'anno 2006, oltre l'importo previsto dalla normativa vigente, pari - come Pag. 30dicevo in precedenza - a 40,24 milioni di euro, per un totale di 103,151 milioni di euro, secondo quanto si evince dalla relazione tecnica. Il comma 2 del medesimo articolo prevede che al relativo onere si provveda mediante la riduzione dell'autorizzazione di spesa prevista dall'articolo 3, comma 92, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, la legge finanziaria per il 2004. Quest'ultima legge autorizzava, nell'ambito del piano programmatico di interventi finanziari previsto dalla cosiddetta legge Moratti, una spesa pari a 90 milioni di euro a decorrere dall'anno 2004, destinata ai seguenti interventi: sviluppo delle tecnologie multimediali, interventi di orientamento contro la dispersione scolastica e per assicurare il diritto-dovere alla istruzione e formazione, interventi per lo sviluppo dell'istruzione e formazione tecnica superiore e per l'educazione degli adulti e, infine, istituzione del servizio nazionale di valutazione del sistema di istruzione. Sempre secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, attualmente dette risorse sono peraltro imputate al capitolo 1284 dell'unità previsionale di base 2.1.5.3 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione per l'anno finanziario 2006, che reca le spese per compensare la funzione tutoriale dei docenti per un importo pari proprio a 63,8 milioni di euro.
L'articolo 1, comma 3, del decreto-legge in esame autorizza il ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le opportune variazioni di bilancio.
Infine, l'articolo 2 detta le norme relative all'entrata in vigore.
Per concludere, signor Presidente, voglio sottolineare che questo provvedimento è stato approvato all'unanimità in sede di VII Commissione proprio perché - come dicevo in precedenza - si tratta di un atto dovuto: pagare gli insegnanti per il lavoro che stanno svolgendo, per ora. Presto, però, si tratterà di affrontare anche più complessivamente il tema della riforma degli esami di Stato, a partire da una valutazione attenta e serena di quanto è avvenuto con le modifiche previste dalla legge n. 448 del 2001. Infatti, in questi anni, nonostante la buona volontà degli operatori e nonostante il lavoro delle scuole, le commissioni «tutte interne» non hanno migliorato la disciplina degli esami. Hanno alimentato «diplomifici» che hanno regalato promozioni e voti alti. Noi riteniamo che siano importanti il rigore e la serietà per quello che definivo un passaggio importante di crescita nella vita delle persone. Voglio ricordare che la scuola, nel passato, con le commissioni esterne o, perlomeno, miste, si confrontava con altre esperienze, si apriva e si sottoponeva ad una valutazione esterna.
A nostro avviso, la centralità dello studente - uno slogan spesso abusato - dovrà essere onorata con i fatti, con la riforma di questi esami, prevista dal programma dell'Unione, per restituire valore al lavoro dei tanti che nella scuola vivono ed operano e per dire che la scuola è importante per questo paese e che di essa occorre avere rispetto e cura.
PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Costantini. Ne ha facoltà.
CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci accingiamo ad approvare il primo intervento, nella XV legislatura, relativo all'istruzione, un intervento che credo contenga in sé l'espressione di una sensibilità e di una attenzione nuova ai problemi della scuola, che va ben oltre la natura apparentemente solo tecnica del decreto-legge n. 210 del 2006.
Come ha ricordato la relatrice, da un punto di vista tecnico, il decreto-legge serve ad assicurare copertura finanziaria alle disposizioni che, nel 2001, hanno modificato la disciplina degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio d'istruzione secondaria superiore, rendendo insufficienti i fondi che prima dovevano coprire i compensi destinati ai componenti le commissioni d'esame, ognuna delle quali era impegnata in due classi; oggi infatti gli stessi fondi dovrebbero coprire i compensi destinati alle medesime commissioni Pag. 31d'esame, ognuna delle quali, però, è impegnata per una sola classe, oltre ai compensi dei docenti delle scuole paritarie facenti parte delle commissioni d'esame costituite presso le stesse scuole.
Da un punto di vista politico, il decreto-legge esprime invece una evidente volontà di cambiamento. Negli anni passati, ed anche nell'ultima legge finanziaria, il Governo aveva costantemente dimenticato di assicurare la copertura delle somme necessarie per il pagamento dei compensi ai componenti le commissioni d'esame, scaricando le conseguenti tensioni sugli uffici scolastici regionali e sul sistema scolastico in generale. Per la prima volta dalle modifiche del 2001, ed a distanza di soli pochi giorni dal suo insediamento, il nuovo Governo di centrosinistra, che pure avrebbe potuto trovare tante motivazioni per non intervenire e per sottolineare le responsabilità di chi, ben conoscendo l'inadeguatezza degli stanziamenti, avrebbe dovuto trovare da tempo la copertura finanziaria dei costi di funzionamento delle commissioni d'esame, ha ritenuto invece di dover agire immediatamente ed iniziare questo nuovo corso assicurando, ad esami di Stato avviati, il diritto dei professori impegnati al pagamento dei compensi che proprio in questi giorni stanno maturando.
Rispetto ad una condizione quantomeno di scarso interesse, o comunque ad interventi costantemente tardivi, con conseguente costante trasferimento sulle scuole delle difficoltà che la scarsa disponibilità delle risorse necessarie per pagare i professori impegnati negli esami di Stato inevitabilmente determinavano, assistiamo invece oggi ad un'immediata assunzione di responsabilità da parte del Governo, a dimostrazione tangibile di una nuova sensibilità nei confronti del mondo della scuola che, tra le tante difficoltà che ogni giorno è costretto ad affrontare e a vivere, da quest'anno, risulterà liberato dal problema delle indisponibilità delle risorse necessarie per pagare gli insegnanti impegnati nell'esame di Stato.
È, come dicevo, un primo segnale significativo di cambiamento, è l'espressione di una ritrovata consapevolezza del ruolo e della funzione della scuola per le future generazioni, è la prima manifestazione concreta di quello che nel programma dell'Unione è definito come il bisogno di investire nella scuola. L'azione del centrosinistra per una completa ed efficiente riforma del mondo della scuola parte, quindi, dalla considerazione che la scuola non è un costo, ma un investimento. E l'investimento più importante che un paese può fare, per il suo sviluppo e per l'elevazione complessiva della sua società, è quello di rendere la propria scuola il perno del sistema formativo, capace di dare spazio alle differenti metodologie dell'apprendimento e di dare fiducia alle diverse capacità e modalità di crescita delle persone.
Un investimento sarà anche il rilancio dell'autonomia del sistema scolastico, non solo in funzione del decentramento burocratico e della flessibilità organizzativa, ma anche in funzione della costruzione di una nuova prospettiva del sistema-scuola, realmente capace di elaborare percorsi di studio flessibili e in grado di incontrare le esigenze degli studenti, con i loro diversi contesti territoriali, culturali, sociali ed economici e sempre in stretto rapporto con la realtà di un mondo del lavoro in continuo mutamento.
Un investimento sarà anche il costante, positivo ed aperto confronto con l'Europa, per puntare ad una reale modernizzazione del sistema scolastico e ad una forte sintonia, in un quadro di sussidiarietà e cooperazione tra Stato, regioni e scuole autonome, per stabilire le rispettive funzioni e le rispettive competenze.
Un investimento sarà la valorizzazione, per tutti i docenti, dell'autonomia professionale nello svolgimento dell'autonomia didattica, scientifica e di ricerca, per restituire alla figura dell'insegnante quella dignità che l'attuale sistema di reclutamento mortifica sin dall'inizio, costringendone decine di migliaia ad una condizione di precariato che, in alcuni casi, davvero non termina mai e che, quando termina, risulta comunque subordinata al continuo e contraddittorio succedersi di revisioni Pag. 32normative che hanno più volte provocato scavalcamenti e sovvertimenti delle posizioni in graduatoria.
Un investimento, ancora, sarà il definitivo superamento dell'esasperazione delle supplenze, che risultano per le scuole un onere più gravoso rispetto alle assunzioni a tempo indeterminato, danneggiano il percorso formativo dello studente e determinano una condizione di dequalificazione complessiva dell'istruzione.
Un investimento sarà rendere l'insegnamento una scelta appetibile per i migliori talenti, attraverso il loro coinvolgimento nei processi di riforma del sistema educativo, la costante valorizzazione delle loro professionalità e l'esplicita affermazione della loro dignità e del valore strategico della professione di insegnante per il futuro del paese.
Un investimento, infine, sarà la previsione di un nuovo stato giuridico degli insegnanti, che comprenda livelli di carriera da realizzarsi con un moderno sistema in grado di valorizzare le risorse umane.
Questi ed altri investimenti dovremo sostenere nella legislatura in corso, molto più con il coraggio di adottare scelte realmente innovative che con il reperimento di risorse finanziarie ragionevolmente sempre meno disponibili, nonché nella consapevolezza che l'obiettivo di un reale ed incisivo miglioramento del sistema scolastico possa consentire di incassare, nel corso dell'intera legislatura (e non solo oggi), il contributo costruttivo di tutte le forze politiche presenti in Parlamento.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, pur non addebitando al presidente della VII Commissione o ad altri un inconveniente che si è verificato, vorrei innanzitutto far presente alla Presidenza della Camera l'opportunità di significare, con una certa severità, a tutti i presidenti di Commissione il divieto di convocare le stesse quando siano contemporaneamente in corso sedute dell'Assemblea, poiché si tratta di un problema che si trascina sin dalla passata legislatura.
So bene che tutti noi abbiamo diversi problemi e mi rendo altresì conto che vi sono obblighi istituzionali connessi; tuttavia, come è stato affermato ad ogni piè sospinto anche nella passata legislatura, la dignità della Camera dei deputati, nonché dei parlamentari e del loro ruolo, richiede sia la valorizzazione dei lavori dell'Assemblea, sia la distinzione, necessaria ed indispensabile, tra l'attività delle Commissioni permanenti e quella dell'aula parlamentare vera e propria. Ciò per consentirci di svolgere il nostro lavoro nel rispetto delle nostre competenze e delle nostre conoscenze, garantendo soprattutto la possibilità di approfondire gli elementi di cui abbiamo bisogno per intervenire in sede di Assemblea.
Ribadisco che non addebito al presidente della mia Commissione il fatto che ci sia pervenuta la «sconvocazione» della Commissione stessa - so bene che il termine è improprio e brutto, Presidente, ma questo mi viene in mente -, tuttavia ritengo sia bene troncare una volta per tutte, all'inizio della legislatura, l'insorgere di possibili equivoci, precisando in modo tassativo quanto ho testé rappresentato. La invito pertanto, signor Presidente, a farsi carico della mia richiesta in sede di Ufficio di Presidenza.
Premesso ciò, ritengo innanzitutto di dover smentire quanto affermato dal relatore, il quale, anche esulando parzialmente dall'aspetto meramente tecnico della sua relazione sul provvedimento in esame (si tratta non di un addebito personale o particolare, ma di una valutazione di ordine politico), ha accusato l'opposizione, che era maggioranza nella passata legislatura, di disinteresse nei confronti dei docenti.
Vorrei allora evidenziare, in primo luogo, il fatto stesso della nostra presenza oggi in Assemblea; ricordo inoltre quanto dichiarato in sede di Commissione dall'onorevole Aprea, particolarmente impegnatasi nella passata legislatura, in qualità di sottosegretario di Stato per l'istruzione, Pag. 33l'università e la ricerca, in questa materia. L'onorevole Aprea ha infatti affermato, e noi tutti concordiamo con lei, che si tratta di un provvedimento conclusivo che, proprio per la sua valenza significativa, necessita di un voto favorevole anche da parte della minoranza (e, nel caso di specie, da parte del gruppo di Forza Italia).
Riteniamo, ovviamente, che gli esami di Stato siano una questione particolarmente significativa ed emblematica e non possiamo esimerci, pur essendo stato il provvedimento in esame adottato dall'attuale maggioranza, dal nostro dovere «tecnico» di convertirlo in legge, al fine di consentire a tutti gli studenti ed a tutti gli insegnanti di partecipare agli esami senza che vi sia alcun disguido.
In merito al decreto-legge in esame ed alle considerazioni che sono state svolte, vorrei rilevare che si tratta di un provvedimento estremamente limitato, il quale, tuttavia, fa riferimento ad una situazione delicata, poiché interessa la scuola italiana. Approfittando del fatto di stare in Assemblea, desidero allora chiedere ai componenti del Governo di rispettare la dignità dell'Assemblea. Affermo ciò in riferimento alle numerosissime esternazioni fatte dal ministro Fioroni, nonché da altri componenti dell'Esecutivo, su provvedimenti che il Governo dovrà adottare, ma senza che vi sia stato alcun riscontro con la Commissione competente, né tantomeno in sede di Assemblea.
Proprio perché parliamo di esami di maturità, abbiamo appreso dai giornali l'intenzione del ministro Fioroni di modificare in parte significativa la composizione delle commissioni di esame - o, perlomeno, di definire in modo diverso rispetto al passato i test -, e soprattutto di valutare in modo diverso la professionalità degli studenti e di definire la composizione delle commissioni. Questo è un esempio, al quale se ne sono aggiunti tanti altri, di tentativi e di preannuncio di modifica dell'attuale legislazione scolastica senza nessuna previa discussione in sede di Commissione. Rivolgo pertanto al ministro un addebito di scarsa considerazione delle competenze e del rispetto dell'Assemblea, anche a proposito di ciò che è stato detto in precedenza da alcuni colleghi della maggioranza, e soprattutto di scarsa considerazione delle componenti scolastiche. Infatti, questi annunci a gettito continuo sulla stampa prescindono non solo da un confronto corretto nella Commissione competente, ma anche da un confronto e da audizioni con le più variegate componenti della scuola: il complesso mondo docente, il sindacato, gli studenti. Di conseguenza, vi è mancanza di rispetto anche verso queste persone.
Entrando nel merito del provvedimento, proprio perché si fa riferimento alla composizione delle commissioni per gli esami di Stato, credo di dover innanzitutto precisare una cosa. Noi abbiamo dimostrato in questa sede - nel passato e, probabilmente, anche nel futuro, con la definizione in termini più precisi dello stato giuridico degli insegnanti, sul quale immagino si soffermerà la collega Aprea, che di fatto ha seguito più da vicino la complessa normativa e problematica del corpo docente - che ci facciamo carico in modo significativo delle esigenze dei docenti. Infatti, nella passata legislatura, da parte nostra sono venute numerose proposte per differenziare il trattamento normativo riservato ai medesimi, per non omologare in un'unica struttura indistinta il corpo docente, per selezionare all'interno dello stesso quelli che effettivamente hanno doti di professionalità elevata da coloro che, invece - esistono anche questi -, interpretano il loro lavoro come un puro compito privo totalmente di risvolti sociali e culturali, nella migliore delle ipotesi.
Allora, credo che non si possa dire che noi non ci facciamo carico di queste problematiche. Ce ne facciamo carico eccome, distinguendo e stabilendo anche una serie di misure contenute nei decreti attuativi della legge di riforma, che hanno introdotto per la prima volta il principio della meritocrazia, della valutazione dell'operato dei docenti e della possibile differenziazione anche in termini economici. Tutto ciò di fronte ad una situazione di Pag. 34completa frustrazione del corpo docente derivante dalla prevalenza della dimensione ideologica, dalla sua sindacalizzazione esasperata, dalla presenza in cattedra di numerosi «sessantottini» frustrati, che hanno interpretato la cattedra come un pulpito per fare azione politica ed ideologica. Allora, credo che anche su questo dobbiamo misurarci, distinguendo la parte del corpo docente che interpreta il proprio ruolo come una funzione altamente educativa dall'altra parte, pure presente, che interpreta il proprio ruolo come una pura missione politica, venendo meno al ruolo di lealtà verso lo Stato e le istituzioni che compete ad un docente e ad un dirigente scolastico.
Nella scuola italiana sono numerosissimi gli esempi di questo tipo, e credo che vadano una volta per tutte chiariti e definiti. So benissimo che questi esempi sono in sintonia con una parte dell'attuale maggioranza, ma questo non mi esime dal denunciarli pubblicamente, dal denunciare un'eversione continua presente nella scuola italiana in alcuni operatori - non tutti - particolarmente sindacalizzati e politicizzati, che si avvalgono della scuola medesima per fare opera di propaganda politica o, a volte, anche di invito all'eversione vera e propria delle istituzioni. Tutto questo è inaccettabile e va chiarito e sanzionato regolarmente: esistono gli strumenti che, ahimè, sono stati disapplicati anche troppo nella passata legislatura.
Questo per ribadire che sappiamo benissimo quanti insegnanti meritevoli ci siano - e non entro nel merito delle opinioni politiche dei medesimi -, però credo che la distinzione fra insegnanti che svolgono il loro lavoro nel rispetto della personalità del discente e insegnanti che invece non svolgono questa precisa funzione debba pur essere fatta, almeno in quest'aula, e mi auguro anche dagli organi preposti al controllo e alla tutela di queste situazioni.
L'aspetto fondamentale è però un altro. Di fronte ad una variegata composizione, ad un numero notevolmente elevato di insegnanti, credo sia ineluttabile porsi, prima che sia troppo tardi, anche il problema di una libertà di educazione che deve caratterizzare la nostra Repubblica, il nostro Stato. L'Italia è l'unico paese d'Europa - non mi stancherò mai di dirlo - in cui vige il monopolio statale della pubblica istruzione: una cosa che non si giustifica più, perché di fatto limita la libertà del singolo. E non mi si venga a richiamare in questa sede l'articolo 33 della Costituzione, perché basta leggere le relazioni che hanno accompagnato quell'articolo (anche il famoso emendamento Corbino) per interpretare quell'articolo in modo giusto!
La vera libertà scolastica, qual è quella riconosciuta dalla Costituzione, si avrà soltanto il giorno in cui, all'interno di un sistema pubblico, la scuola statale e la scuola paritaria potranno competere su un piano di efficienza e di offerta di un modello educativo alternativo, mettendo la famiglia e gli studenti in grado di scegliere il tipo di modello educativo - rientrante globalmente in alcune ipotesi definite a livello statuale - più confacente alla propria ispirazione culturale. Tutto ciò nell'ambito della legge dello Stato, perché qui non si parla di scuole confessionali o islamiche! Si parla di un modello culturale di tipo diverso, qual è presente in molti paesi d'Europa, mentre non lo è in Italia, dove ancora vi è una sorta di giacobinismo permanente, che invoca ancora, in pieni anni Duemila, la scuola di Stato - che non ha più ragion d'essere, almeno com'è nata, com'è cresciuta e come si è moltiplicata in questi anni -, forse perché in questi anni si è dimostrata troppo funzionale ai disegni egemonici della sinistra. Basta frequentare licei o scuole superiori per rendersi conto del livello di politicizzazione che la nostra scuola ha molto spesso raggiunto.
L'altra considerazione che voglio fare riguarda gli esami di maturità. Anche in questo caso dobbiamo essere particolarmente attenti nel proporre revisioni di un modello rispetto ad un altro senza misurarci sulla valenza, sull'utilità e sui risultati di questo modello. Le modifiche introdotte nel 2001 mi pare che abbiano risposto ad un'esigenza profondamente Pag. 35sentita, quella di elevare il livello di questi esami, che negli anni precedenti si erano ridotti ad una semplice «burletta»: poche materie, molto spesso sorteggiate, senza nessuna accentuazione di un particolare aspetto della formazione dello studente, per il tipo di scuola che frequentava.
La modifica che è stata introdotta e che è ancora in vigore ha risposto a mio modo di vedere a questa esigenza, definendo in maniera diversa la presenza della commissione interna. Le modifiche proposte dal ministro Fioroni saranno, se attuate, intempestive, in quanto prescindono da una valutazione complessiva, anche rispetto ai parametri europei, di ciò che è stato raggiunto con questo tipo di esame di maturità. Esse non ci forniscono un panorama completo delle necessità degli studenti maturandi, della loro preparazione e, soprattutto, come dicevo prima, esse non ci relazionano sui nuovi bisogni di questi studenti e sulla necessità di un esame di maturità che non può ripetere vecchi schemi ormai stantii e superati.
Questo è il problema di fondo. Non è che la presenza di un commissario esterno possa aumentare il livello di preparazione, ma soprattutto di selezione dei giovani che arrivano alla maturità!
In questo senso, invece, sarebbe più che mai opportuno (abbiamo predisposto un ordine del giorno in tal senso) riconsiderare l'automatismo di ammissione agli esami finali, prevedendo ad esempio la reintroduzione dello scrutinio finale del corso e le relative procedure di ammissione. Anche questo sarebbe un problema da tenere ben presente, nel momento in cui parliamo di una nuova dimensione da dare agli esami di maturità.
Ho definito gli obiettivi del gruppo di Forza Italia (che saranno ulteriormente precisati da altri colleghi del gruppo, in particolare dall'onorevole Valentina Aprea), dai quali traspare un miraggio, che poi non credo sia tale ma piuttosto un obiettivo di fondo, cioè far conseguire ai nostri studenti una maturità «vera», non soltanto in alcune materie tecniche, una maturità che permetta il loro inserimento nella collettività, li sappia rendere osservatori attenti e critici - sottolineo attenti e critici - nei confronti della società in cui vivono. Questo è l'obiettivo che dobbiamo porci, perché vogliamo non dei robot, preparati in tutto però incapaci di una dimensione critica, ma persone pronte non soltanto a recepire ma anche a criticare, attente ad ogni fenomeno ed in grado di essere particolarmente sensibili al nuovo che si muove nella società, con la consapevolezza di appartenere ad un'identità, ad una storia, ad una tradizione che non può essere facilmente dimenticata.
Proprio perché si parla di esame di maturità, mi sembra importante anche questo: i nostri studenti (mi pare che negli obiettivi dati alle scuole di ogni ordine e grado ciò sia fissato in modo significativo e mi auguro sarà confermato anche dalla nuova maggioranza) debbono essere consapevoli, nel rispetto dell'integrazione, della multiculturalità e della dignità di ogni persona, di appartenere ad un paese che ha una propria storia, una propria tradizione, una propria civiltà che non può essere dimenticata e che si richiama ai fondamenti della tradizione giudeo-cristiana.
Ritengo ciò essenziale ed indispensabile in presenza di una tendenza nichilista, pressappochista (chiamatela come volete) presente nelle scuole di ogni ordine e grado, anche in sede di esame di maturità, che tende a svalutare questo dato, per non dire a trascurarlo del tutto. Mai come in questo momento, in cui in ogni Stato europeo si cerca un'identità, si cerca la ragione dello stare insieme, è importante fornire agli studenti la consapevolezza di appartenere ad un popolo che ha una sua religione, una sua storia, una sua identità, non per chiuderlo in se stesso, ma perché soltanto partendo dalla consapevolezza delle proprie radici forti, se sono forti e sentite come tali, si potrà dialogare con altri ed essere considerati cittadini di uno Stato.
Queste sono le considerazioni che ho inteso svolgere, ampliando un po' il discorso (come del resto ha fatto chi mi ha preceduto) meramente tecnico relativamente al provvedimento, così da ribadire Pag. 36che, a monte dell'approvazione del decreto-legge, a monte di questo voto tecnico, vi sono valutazioni di fondo sulla scuola italiana che ci trovano nettamente dissenzienti dal centrosinistra, o quantomeno da una parte del medesimo, sulle quali vigileremo con costanza, con impegno e con tenacia, non permettendo che la legge sia violata. Ai componenti del Governo chiederemo, al di là delle loro idee, di essere rigidi tutori del rispetto della legge, che - ripeto - in molti casi non è stata rispettata.
PRESIDENTE. Onorevole Garagnani, relativamente alla questione da lei posta in apertura del suo intervento, le ricordo che è prassi consolidata la possibilità per le Commissioni di essere convocate quando in Assemblea siano in corso discussioni sulle linee generali. Tuttavia, mi rendo perfettamente conto delle difficoltà che la sovrapposizione tra i lavori dell'Assemblea e quelli delle Commissioni comporta e sottoporrò, pertanto, la questione da lei prospettata all'attenzione del Presidente della Camera.
PIETRO FOLENA, Presidente della VII Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIETRO FOLENA, Presidente della VII Commissione. Signor Presidente, lei ha già precisato che vi è una prassi ed è bene ricordarlo. Tuttavia, vorrei aggiungere che non vi è stata alcuna convocazione della VII Commissione durante la discussione sulle linee generali in corso e che la convocazione della Commissione è sempre stata prevista al termine dei lavori dell'Assemblea.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Affronti. Ne ha facoltà.
PAOLO AFFRONTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i deputati Popolari-UDEUR salutano con favore la conversione in legge del decreto-legge in materia di rifinanziamento della pubblica istruzione, così come hanno accolto favorevolmente, due settimane fa, la decretazione d'urgenza in tale settore.
Infatti, siamo certi, data l'esperienza maturata negli scorsi anni, che le disposizioni finanziarie previste dall'articolo 22, comma 7, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, che dettano la nuova disciplina per la composizione delle commissioni per gli esami di Stato, non tutelano i membri delle commissioni d'esame sotto l'aspetto remunerativo, essendo insufficiente il compenso corrisposto ai membri delle suddette commissioni.
Siamo ormai al quinto anno consecutivo in cui, alla vigilia degli esami di Stato o in pieno svolgimento degli stessi, come in questo caso, ci si accorge che la dotazione finanziaria prevista relativamente alla corresponsione dei compensi ai membri delle commissioni non è adeguata.
Infatti - come già riferito dalla relatrice, onorevole Sasso -, la legge finanziaria del 2002, dopo aver dettato una nuova disciplina, ha anche disposto il raddoppio del numero dei componenti delle commissioni, prevedendo appunto la costituzione di una commissione per ciascuna classe impegnata negli esami di Stato, al contrario del precedente dettato normativo, che prevedeva una commissione ogni due classi.
Come già più volte sottolineato nella scorsa legislatura all'allora maggioranza parlamentare di centrodestra, siamo convinti che quella dell'allora ministro dell'economia non fosse solo finanza creativa, ma fosse - come poi si è rivelata - una carenza evidente dal punto di vista finanziario. Infatti, nel disposto della prima legge finanziaria presentata dal secondo Governo Berlusconi, si specificava lo sdoppiamento delle commissioni esaminatrici, stabilendo inoltre che i compensi previsti si sarebbero dovuti erogare anche ai docenti delle scuole paritarie, senza prevedere aumenti dello stanziamento di bilancio, come sarebbe stato logico aspettarsi all'interno dello strumento principe che stabilisce trasferimenti e dotazioni, qual è appunto la legge finanziaria.Pag. 37
Nonostante la carenza fosse evidente fin dal primo anno di attuazione della nuova disciplina in materia, l'allora maggioranza non ha mai accettato - come purtroppo troppe volte è successo nella scorsa legislatura - di modificare i testi normativi ricorrendo ai disegni di legge, preferendo sempre lo strumento della decretazione d'urgenza da parte del Governo.
Infatti, sia nel 2002 sia nel 2003, sempre attraverso un decreto-legge, è stata aumentata la dotazione finanziaria per far fronte all'aumento di spese che la stessa legge finanziaria del 2002 prevedeva. Inoltre, confermata anche per gli anni 2004 e 2005 l'impossibilità di far fronte al fabbisogno effettivo, si era tentato più volte, su suggerimento degli uffici scolastici regionali, di inserire già nel disposto del disegno di legge finanziaria per gli anni 2005 e 2006 quanto effettivamente necessario per soddisfare le esigenze economiche già emerse con la disciplina introdotta nel 2001.
Concludendo, il nostro gruppo ritiene indispensabile - come più volte dichiarato dal ministro Fioroni a mezzo stampa nei giorni scorsi - voltare pagina sin dal prossimo e ormai imminente anno scolastico, aprendo in tempi brevi un ampio dibattito, sollecitato in questa sede da tutti i colleghi.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà.
PAOLA GOISIS. Signor Presidente, il decreto-legge in discussione rientra nell'ambito di provvedimenti aventi carattere d'urgenza. Si può affermare politicamente che la Lega Nord non ha mai smesso di impegnarsi affinché in forma strutturale vi fossero stanziamenti di fondi adeguati e necessari al decollo di una politica scolastica responsabile. A solo titolo di esempio, la Lega Nord ha introdotto alcune novità nella legge finanziaria del 2002, in particolare l'incremento stipendiale degli insegnanti legato al tasso programmato di inflazione, ben conoscendo la condizione umiliante della classe docente, relegata, fino ad allora, agli ultimi posti in Europa per quanto concerne il riconoscimento economico.
Per quanto attiene il finanziamento della riforma Moratti, storicamente la Lega Nord ha presentato importanti iniziative, impegnando il precedente Governo a prevedere un controllo parlamentare sulla definizione del relativo piano finanziario. A questo proposito, si ricorda che la precedente maggioranza di Governo, per non gravare sul bilancio dello Stato, ha disposto che ciascuno dei decreti legislativi attuativi della riforma Moratti sia corredato da relazione tecnica e che quelli che determinano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica possano essere adottati solo dopo l'approvazione di un'apposita legge di spesa che stanzi le occorrenti risorse.
È stato altresì previsto che sui decreti legislativi sia espresso non solo il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, ma anche quello relativo alle conseguenze di carattere finanziario.
Tutto ciò premesso, ci auguriamo che questo Governo continui nell'azione di riforma introdotta dalla legge Moratti. Al di fuori dell'eccezionalità di un provvedimento che comunque ci vede favorevoli, nel merito avanziamo l'auspicio che alla scuola siano sempre riservati stanziamenti strutturali adeguati, ben consapevoli del valore intrinseco della funzione del docente, che si relaziona non con macchine, ma con persone nella cui formazione culturale ed umana il docente ha tanta parte e tanta responsabilità.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.
VALENTINA APREA. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, Forza Italia - come ha già avuto modo di dire l'onorevole Garagnani, capogruppo in Commissione - esprime un «sì» tecnico ad una modifica tecnica (aumento dei tetti di spesa per il pagamento delle commissioni per gli esami di Stato) ad una nostra legge relativa alla modifica della composizione delle commissioni per gli esami di Stato.Pag. 38
Si è giunti a ciò solo ora, onorevole Sasso, non già per disattenzione nei confronti dei docenti, tant'è vero che suppongo il ministro Fioroni abbia trovato il provvedimento già pronto sul proprio tavolo. Si tratta, infatti, di una modifica tecnica che avevamo già studiato anche con il ministro Moratti e che era giusto presentare alle Camere. Il problema era quello di trovare le modalità per giungere ad una modifica di tipo legislativo.
D'altra parte, non avete neanche stanziato risorse economiche fresche: il ministro dell'economia e delle finanze Padoa Schioppa o il ministro Fioroni non hanno trovato finanziamenti per la copertura del provvedimento.
Pertanto, nell'ambito di questo confronto sereno, almeno in ordine ai provvedimenti in esame, vi pregherei di essere onesti. Onesti siamo stati noi: vorremmo onestà anche da parte della relatrice, della maggioranza e del Governo. Non vi è stata né disattenzione né volontà di ignorare le difficoltà che i docenti incontrano quando si assumono questa responsabilità, essendo nominati membri di commissione d'esame.
Tuttavia, Forza Italia esprime grandi riserve proprio sulla copertura finanziaria, che utilizza in modo leggero e disinvolto fondi destinati alla valorizzazione dei docenti, quelli accantonati per il compenso dei docenti tutor. È proprio così!
Il ministro Moratti ha rispettato la non volontà delle forze sociali di destinare questi compensi alla funzione dei docenti tutor. Però, non si è mai sognata e non ha mai voluto toccare questi finanziamenti, ancorché - lo ripeto - ci sia stata una sorta di non volontà ad utilizzare questi soldi, proprio perché erano fondi destinati alla valorizzazione dei docenti. Mi si potrebbe rispondere che, in fondo, si tratta di un lavoro aggiuntivo svolto dai docenti e, quindi, sicuramente esso rientra in una sorta di compenso dovuto. Non c'è dubbio; tuttavia, vorrei sottolineare anche questo aspetto.
Tutto questo per quanto riguarda la natura del finanziamento. Naturalmente, pur sapendo che i fondi presi in considerazione potranno essere riassegnati con il nuovo esercizio finanziario, resta il dubbio che, anche attraverso questo atto, si sia voluta depotenziare la riforma Moratti. Questo, semmai, è l'aspetto che ci preoccupa di più. Nel primo caso, quindi, si tratta di una questione di stile: noi non abbiamo toccato i soldi per la valorizzazione dei docenti. Nel secondo caso, invece, si tratta di un attacco politico, perché, evidentemente, la funzione tutoriale non sembra godere di molta popolarità tra la maggioranza e, forse, anche tra i membri del Governo. Comunque lo vedremo.
Da questo punto di vista, Forza Italia annuncia un'opposizione dura e severa, senza sconti, se il Governo, con i prossimi atti, intenderà svolgere la propria azione all'insegna di quanto è stato già annunciato dal ministro, che mi auguro possa presto venire a riferire in quest'aula e, prima ancora, in Commissione (è prevista un'audizione questa settimana). Il ministro Fioroni ha avuto modo di dire che è meglio abrogare che riformare: credo si tratti di un programma di Governo veramente minimalista. Comunque vedremo nei fatti cosa ciò vorrà dire.
Preoccupano, infine, gli annunci del ministro e della maggioranza in merito al ripristino della vecchia strutturazione degli esami di Stato, che riporterebbe indietro le lancette dell'orologio della scuola italiana - devo supporre - almeno fino alle modifiche introdotte dall'allora ministro Berlinguer. Stiamo parlando di modifiche di dieci anni fa: correva l'anno 1997!
Siamo in grado di dimostrare, invece, anche qui stamane, nel corso di questo dibattito, che le nostre scelte, anche con riferimento agli esami di Stato, sono state improntate a modernizzare l'impianto del sistema educativo, nel rispetto dell'autonomia delle istituzioni scolastiche e degli standard europei. Successivamente, dirò qualche altra cosa rispetto ai modelli ideali.
Ma perché riformare gli esami di Stato? Cosa colpisce l'opinione pubblica? In questi giorni si è già aperto un grande dibattito sui giornali. L'esame di questo provvedimento coincide con lo svolgimento Pag. 39degli esami e cogliamo l'occasione per rivolgere gli auguri a tutti i ragazzi impegnati in questo momento nelle prove. Sostanzialmente, colpiscono due elementi: la composizione della commissione e l'alta percentuale di promossi, dai quali si dedurrebbe che l'esame non è più serio. Questo è ciò che abbiamo letto sui giornali.
La prima considerazione è come far sì che questi esami siano seri. Chi vuole che questi esami siano seri? Cosa significa proporre una formula che garantisca serietà all'esame?
Prima di tutto, un po' di storia. Devo dirvi, purtroppo, che gli ultimi esami «seri» di questo paese ci furono nel 1925. Ci provò Mussolini, nel 1925, con un esame «fascistissimo» - si può dire? Non lo so - che produsse in prima sessione ben il 75 per cento di bocciati. Lo ripeto: 75 per cento di bocciati! Ma Mussolini, in piena dittatura totalitaria, dovette cedere alle proteste di piazza organizzate dai comitati dei padri di famiglia. In effetti, durante il fascismo l'uomo contava di più, ma dietro vi erano le mamme dei giovanotti e questi comitati ottennero in un batter d'occhio l'istituzione di ben tre sessioni riservate per recuperare i bocciati. Alla fine, i ragazzi bocciati risultarono solamente il 25 per cento dei candidati. Era il 1925.
Da quel fatidico anno le cose sono andate sempre «migliorando» - lo dico tra virgolette - per quanto riguarda l'esito finale con una progressione costante fino al 98 per cento di maturati dello scorso anno, ma con punte anche del 99,99 per cento registrate negli anni scorsi e, soprattutto, negli anni di applicazione della legge Berlinguer che aveva modificato gli esami di Stato apparentemente riportando rigore poiché era stato ripristinato l'esame su tutte le materie. In realtà, quella legge aveva introdotto un meccanismo pazzesco di crediti e di punteggi: come disse Vertecchi nel suo rapporto del 2000 - il monitoraggio venne effettuato a tre anni dall'entrata in vigore della legge - anche gli studenti che avevano conseguito insufficienze gravi agli scritti, alla fine, con il sistema dei punteggi, dei crediti e dell'esame orale, venivano promossi.
ANTONIO RUSCONI. È così anche adesso!
VALENTINA APREA. Infatti, onorevole Rusconi, ci sto arrivando.
Stiamo parlando delle modifiche della cosiddetta legge Berlinguer e di un unico aspetto preso in considerazione dal dibattito nazionale: la composizione delle commissioni. Ora spiegherò quali altri provvedimenti abbiamo adottato nei cinque anni - non entrati ancora in vigore - che vanno ad insistere sulle altre variabili dell'esame di Stato se vogliamo che quest'ultimo diventi una cosa seria; altrimenti, lasciamo che gli intellettuali, di sinistra e di destra, che hanno fatto gli esami negli anni Trenta possano avere nostalgia del loro esame e svolgere un ragionamento che, però, guarda al passato e non al futuro.
Troppe persone - soprattutto i nostri intellettuali, come dicevo - sognano un esame selettivo, severo, esigente, impegnativo, una specie di rito di iniziazione per la maturità e l'età adulta. Sognano un vero e proprio massacro di giovani sacrificati sull'altare del merito. Ovviamente, questo esame dovrebbe essere riservato ai figli degli altri, e qui mi fermo perché sapete benissimo qual è il comportamento che, mediamente, viene tenuto dalle famiglie italiane: per i nostri figli l'esame dovrebbe essere sempre comprensivo, tollerante, pieno di piccole attenzioni.
Al di là di queste battute, esistono cause e motivazioni tecniche per cui oggi non possiamo parlare di esami seri. Innanzitutto, programmi di esame impossibili su tutte le materie: solo gli ipocriti possono pensare che un ragazzo normale affronti con completezza, impegno e serietà un esame in cui gli si chiede poco meno che il contenuto di un'intera enciclopedia. Un manuale di storia della letteratura italiana dell'ultimo anno (Ottocento-Novecento) supera le 3 mila pagine. È paradossale che questo grave difetto del Pag. 40nostro esame sia evidente a tutti ma nessuno sia disposto a rinunciare al fasto, alla fashion delle conoscenze per la modestia di poche, obiettive e controllabili competenze. Questo è quanto avviene nel resto del mondo, soprattutto in Finlandia, paese al primo posto di tutte le graduatorie, europee ed internazionali, in materia di competenze essenziali degli studenti. Sono i migliori perché quei ragazzi studiano la lingua madre, matematica e scienze per molte ore ed in modo continuativo, con approfondimenti e con verifiche costanti che noi ci sogniamo. Noi vogliamo sentirci gratificati dai grandi programmi che chiediamo ai nostri ragazzi, dalle tante ore di studio, però poi i ragazzi non riescono neanche a dare quel minimo che sarebbe legittimo pretendere dopo 13 anni di studio. Ciò non avviene in nessun paese civile e democratico!
Inoltre, vi sono prove non obiettive, non pertinenti con il programma, non valutabili seriamente e, soprattutto, oggettivamente. A fronte di prove uniche, quelle del Ministero, la correzione è soggetta a criteri diversi, a valutazioni soggettive. Poi tutto si aggiusta con il colloquio su tutte le materie, come ha dimostrato uno scienziato come Vertecchi che si è accorto - ma non poteva accorgersene prima? - della facilità di promuovere anche chi non raggiunge la sufficienza nelle prove scritte aggiustando il voto dell'orale. Questa operazione - sostiene Vertecchi nel rapporto del 1999 - riguarda almeno il 25 per cento dei candidati; anche questo non avviene in alcun paese civile e democratico.
Quanto all'inversione delle prove, ho la fortuna di ricordare il dibattito che si svolse nel 1997 con la modifica degli esami di Stato; ebbene, rammento che già allora suggerimmo all'allora ministro Berlinguer di tenere conto che la modifica interveniva in un settore dell'ordinamento profondamente mutato a seguito del riconoscimento dell'autonomia delle istituzioni scolastiche. Quindi, osservammo che probabilmente le prove dovevano essere strutturate in modo differente e che dovevano esserci prove di istituto e prove nazionali. Peccato che poi alla fine si decise di assegnare alle scuole la prova che, invece, avrebbe avuto senso solo a livello nazionale ovvero quella strutturata!
Dunque, noi adesso abbiamo affidato ai commissari interni la confezione della prova potenzialmente obiettiva e strutturata - per il momento, però, poiché, al riguardo, una modifica che non si è ancora sperimentata è recata da un provvedimento da noi proposto - e al Ministero, e anzi al ministro di turno, le prove che strutturalmente non possono essere corrette secondo i criteri universalmente condivisi dalla docimologia: oggettività, validità, pertinenza, fedeltà. In sostanza, quella che oggi si chiama la terza prova dovrebbe essere davvero nazionale, e non il solito tema che, tra l'altro, come si sa, è difficile anche da valutare, e via dicendo.
Quanto all'esclusione delle prove pratiche, si tratta di un'altra causa tecnica; in omaggio alla liceizzazione, tutte le prove, anche quelle degli istituti tecnici e professionali, sono di tipo teorico o meglio mnemonico. Persino l'educazione fisica viene piegata ad essere materia che si apprende sui libri e la cui conoscenza viene valutata in base all'apprendimento dei testi.
Dunque, si tratta di un'occasione perduta? L'attuale Governo, attraverso il ministro Fioroni, si appresta a varare la sua riforma dell'esame, a cominciare dalla reintroduzione delle commissioni miste? Ebbene, non voglio essere offensiva, ma osservo in senso tecnico la stupidità di tale esame. Come rileva il grande storico Cipolla, lo Stato danneggia gli alunni e gli insegnanti senza averne alcun vantaggio in termini di prestigio e fiducia. Si è scelta una strada che dovrebbe, secondo il ministro Fioroni ed i vari intellettuali, reintrodurre la serietà. Ma la questione della composizione delle commissioni è vecchia quanto la scuola italiana; ribadisco che è una delle tante variabili, ma è vecchia quanto la scuola italiana. All'inizio, erano formate dagli insegnanti universitari, poi da insegnanti di altre classi della stessa scuola; Gentile, la voleva tutta di esterni, con gli «universitari» in maggioranza e con un solo commissario interno; Bottai Pag. 41rivendicò una giuria composta dai giudici naturali, ovvero dagli insegnanti dei ragazzi; quindi, si tornò alla commissione tutta esterna, con il commissario interno in funzione di consigliere e avvocato difensore. Alla fine, il 1968 inventò la commissione mista, ma le materie vennero ridotte all'osso e quelle orali furono scelte dal candidato.
Comunque, nonostante tutto questo lavorio riformistico, i candidati continuavano ad essere promossi sempre più in massa. In realtà, la commissione mista che probabilmente vi accingete a ripristinare non ha nulla a che fare con la serietà dell'esame; mi basterebbe mandare questo messaggio, oggi, in questo dibattito. Una sola ragione, forse, vi spinge a premere l'acceleratore della riforma e risiede nella circostanza che la riforma, per così esprimermi, dice a nuora perché suocera intenda. In altri termini, essa viene proposta per fare dispetto alle scuola paritarie che, secondo una concezione diffusa - soprattutto tra gli intellettuali «giardinieri», come osserverebbe il sociologo Baumann - sarebbero l'erba selvaggia da estirpare dal giardino fiorito della scuola tutta statale. Tale pregiudizio non considera, invece, che le commissioni miste non hanno mai corretto o limitato i difetti di un'esame come il nostro e, quindi, sarebbero una falsa soluzione; costerebbero ancora di più dell'attuale esame, nonostante gli aumenti che oggi stanziamo, oltre tre volte il costo attuale; rischierebbero di restare sulla carta - nel 1998 il 40 per cento dei commissari esterni era scelto tra volenterosi supplenti iscritti in appositi elenchi che i CSA, ex provveditorati, tenevano a disposizione per la bisogna -; ricreerebbero situazioni imbarazzanti e dannose per i candidati, data la perfetta fungibilità del commissario esterno.
Ma vi prego! Premesso che so di parlare, almeno in parte, a deputati consapevoli di ciò che sto per dire, ecco l'insegnante di inglese del classico, la quale insegna cultura inglese, che si arrabatta a chiedere qualcosa di inglese commerciale in una scuola per ragionieri, o l'insegnante di sociologia che interroga in ragioneria, o l'insegnante di greco che pretende di colloquiare sul XX canto della Divina Commedia in un istituto professionale: è la festa dell'ipocrisia e dell'arrangiarsi! Già visto!
Infine, queste commissioni riprodurrebbero conflitti e contenziosi su tutto: criteri di valutazione, modalità di conduzione del colloquio, scelta delle prove, orali, rimborsi spese, calcolo delle missioni.
Per la verità, nessuno di questi commissari esterni, che dovrebbero essere la panacea di un esame ormai «bollito», sono veri esaminatori - questo è il punto! -, ma semplicemente insegnanti di altre scuole presi a caso, spesso non soltanto esterni, ma anche estranei al contesto che devono valutare (come ho cercato di dimostrare). Tra l'altro, non ha mai suscitato scandalo la decisione di introdurre, con riferimento all'esame di Stato della scuola media, la commissione tutta interna (nemmeno ora tale decisione viene messa in discussione).
Comunque, voglio essere costruttiva. Per il tipo di responsabilità che ha ricoperto, nell'ambito della maggioranza, nella precedente legislatura, Forza Italia vuole porre le premesse per un dialogo corretto, per un confronto corretto. Allora, non è vero, com'è stato detto in questi giorni (l'affermazione è stata ripresa dalla stampa), che l'unica riforma approvata dal Governo Berlusconi nella precedente legislatura abbia riguardato le commissioni, le commissioni interne: altri interventi modificano notevolmente il vecchio esame di Stato mantenendo la commissione interna, che è rispettosa, a nostro giudizio, dell'autonomia delle istituzioni scolastiche (vale a dire, dell'interpretazione che le scuole danno al proprio progetto educativo e, quindi, della flessibilità che, peraltro, viene loro riconosciuta).
Quali sono, secondo noi, le modifiche che andrebbero sperimentate prima di modificare la composizione della commissione d'esame (non l'esame di Stato, ma la commissione dell'esame di Stato)? Innanzitutto, viene in rilievo la disposizione contenuta nell'articolo 13, comma 4, del Pag. 42decreto legislativo n. 226 del 2005 (che, come sapete, è relativo al secondo ciclo di riforma della scuola superiore). Il comma in parola recita: «Al termine del quinto anno sono ammessi all'esame di Stato gli studenti valutati positivamente nell'apposito scrutinio». Come accennava l'onorevole Garagnani, la norma reintroduce lo scrutinio di ammissione malauguratamente cancellato dalla cosiddetta legge Berlinguer del 1997, l'unico vero strumento di selezione in mano al consiglio di classe: esso impediva che andassero agli esami quelli che si ispiravano al principio del «O la va o la spacca!».
ALBA SASSO, Relatore. E perché non l'avete modificato?
VALENTINA APREA. Adesso tutti vanno all'esame di Stato!
Se parliamo di serietà, un elemento che noi abbiamo previsto nel decreto sul secondo ciclo è la reintroduzione dello scrutinio di ammissione (prima selezione). Al riguardo, desidero sottolineare un dato storico: nel 1998, la percentuale dei non ammessi era almeno del 6 o 7 per cento. Ebbene, nessuno dice che l'esame inaugurato nel 1999 portò i promossi, con grande ira di Berlinguer, dal 92 al 97 per cento dei candidati: il salto fu più ampio in considerazione del fatto che non vi era più quel 6 per cento che, l'anno prima, veniva «fermato» dai consigli di classe. Insomma, una vera pacchia per un esame che lo stesso ministro (sempre Berlinguer) avrebbe voluto più rigoroso, impegnativo e severo del precedente.
La seconda disposizione che viene in rilievo è quella contenuta nell'articolo 14, comma 5, del citato decreto legislativo n. 226 del 2005, che recita: «I candidati esterni sono ripartiti tra le diverse commissioni degli istituti statali e paritari ed il loro numero massimo non può superare il cinquanta per cento dei candidati interni; nel caso non vi sia la possibilità di assegnare i candidati esterni alle predette commissioni, possono essere costituite, soltanto presso gli istituti statali, commissioni apposite». Questa è un'altra norma che limita ad un livello controllabile la corsa dei privatisti a sostenere gli esami nelle scuole paritarie. Ancorché bloccata, in questa sessione, dai ricorsi amministrativi (in quanto inserita in un decreto che non è ancora entrato in vigore), la norma può rispondere anche alle riserve - legittime od illegittime - che, magari, parti della nuova maggioranza o del Governo hanno nei confronti delle scuole paritarie.
Un'altra questione importante è relativa all'articolo 14, comma 1, che introduce, per la prima volta - sempre nel decreto legislativo relativo al secondo ciclo - nella struttura dell'esame di Stato una specificità esclusa da tutte le leggi precedenti - in modo particolare dalla legge n. 425 del 1997, meglio nota come riforma Berlinguer -: la possibilità di sostenere prove anche laboratoriali. Quindi, nel decreto relativo al secondo ciclo, con riferimento all'esame di Stato, è presente tale riferimento alla possibilità di sostenere prove laboratoriali per i licei ad indirizzo, dando pertinenza e significatività al rapporto tra il curriculum di studi, ossia ciò che si apprende, e la valutazione finale delle competenze, ossia ciò che si sa fare. Si tratta di un altro aspetto che si potrebbe sperimentare.
Infine vi è la disposizione, sempre del decreto relativo al secondo ciclo, contenuta nell'articolo 14, comma 3, che recita: «(...) sono altresì ammessi all'esame di Stato, nella sessione dello stesso anno, gli studenti del penultimo anno del corso di studi che nello scrutinio finale del primo periodo biennale abbiano riportato una votazione non inferiore alla media di sette decimi e nello scrutinio finale del secondo periodo biennale una valutazione non inferiore agli otto decimi in ciascuna disciplina, ferma restando la particolare disciplina concernente la valutazione dell'insegnamento di educazione fisica (...)», che frena il cattivo uso che alcune scuole, anche paritarie - in base a quanto contenuto nel rapporto che il ministro Moratti ha presentato alla Commissione cultura - hanno fatto della media dell'otto - si tratta degli «ottisti» famosi: ve ne ricordate? Ne abbiamo parlato in Commissione -, per Pag. 43anticipare l'esame a diciotto anni, anziché sostenerlo a diciannove. La commissione, tutta interna, magari avrà anche incentivato tale malcostume. La norma che abbiamo previsto rimanda all'obbligo di ottenere la media del sette in seconda e la media dell'otto in quarta; quindi, l'operazione truffaldina risulta quasi impossibile. Nessuno vi aveva mai pensato prima. Credo che ciò che è emerso da una serie approfondimenti e confronti che abbiamo svolto è un altro di quegli aspetti buoni che potreste salvare nella modifica degli esami di Stato. Queste sono le norme che vanno a modificare complessivamente l'esame di Stato.
Vi sono ancora tre questioni, le ultime, che voglio segnalare alla vostra attenzione. Su ciò, signor Presidente, mi piacerebbe aprire un dibattito in Commissione con il ministro competente.
Anzitutto vi è la questione che riguarda le prove d'esame e la corrispondenza dei criteri della certificazione delle competenze agli standard europei. L'Italia ha adottato Europass, insieme a tutti gli altri Stati europei. Ciò significa che noi possiamo dire ciò che vogliamo nelle nostre scuole, dare i voti che vogliamo negli esami di Stato, ma alla fine i ragazzi, per vivere pienamente la propria cittadinanza europea, la mobilità europea e sentirsi lavoratori dell'Europa dovranno dimostrare di possedere le competenze che sono state individuate quali assolutamente necessarie per essere cittadini europei, rispetto alle qualifiche professionali, alle professioni ed a tutto l'ampio e vasto mercato del lavoro. È su ciò che ci dobbiamo confrontare! Non basta dire: si chiama la commissione esterna e si fa attribuire a tutti il massimo dei voti, se successivamente a tali voti non corrisponde un determinato tipo di competenze certificabili e riconoscibili, a livello regionale per alcuni mestieri e nazionale per altri, ma sopratutto europeo ed internazionale, stiamo solo prendendo in giro i nostri ragazzi! Su ciò dobbiamo aprire il nostro confronto.
Vi è, poi, il nuovo ruolo dell'Invalsi; il superamento del ministro nel ruolo di insegnante, commissario, «seminatore d'Italia», di tutti ragazzi d'Italia! Lo stato educatore di Mussolini è finito! Probabilmente, è proprio la sinistra che vuole farlo vivere e rivivere con le predette scelte.
Abbiamo bisogno che l'Invalsi, l'Istituto nazionale di valutazione, si faccia carico delle prove strutturate finali. Quindi, non si tratta più di prove autoreferenziali e ministeriali, sottoposte al ministro e mandate alle scuole.
Abbiamo bisogno, proprio per svolgere il nostro ruolo di paese europeo che cerca il confronto internazionale, di sdrammatizzare - se volete - questo appuntamento, di rendere più laiche le prove mirandole e centrandole maggiormente sulle competenze.
L'Italia è ancora uno dei due paesi al mondo, l'altro è la Francia, in cui il ministro - come fece per la prima volta Gentile nel 1925 - sceglie le prove d'esame. La scelta di Gentile almeno era motivata dalla sua concezione dello Stato educatore, di cui il ministro era ed è la personificazione, ma aveva anche una ragione razionale, anzi due: una rispetto al numero di alunni che sostenevano gli esami di Stato e l'altra rispetto al tipo di cultura dei professori e di quella scuola. Ho parlato di numero degli alunni poiché, ovviamente, si trattava di una scuola di élite, quindi coloro che sostenevano l'esame di Stato erano pochi e selezionati - allora sì che vi era davvero una selezione per tutti gli anni, non soltanto quella grave, gravissima che vi è oggi al primo ed al secondo anno -. Come ripeto, si trattava di una scuola di élite, nell'ambito della quale contavano prevalentemente i licei classici. D'altra parte, Gentile, come tutti i ministri usciti dai licei e dalle università di allora, era perfettamente in grado di controllare le prove di un curricolo in fondo caratterizzato dalla cultura estetico-letteraria, con qualche aggiunta di cultura generale.
Attualmente l'esame riguarda anche i tecnici-professionali e 670 corsi, prove d'esame, vengono tutti gli anni autorizzati dal ministero; quindi quale ministro oggi può avere la pretesa, decisamente comica, Pag. 44di abbracciare curricoli che solo per la seconda prova esigono la conoscenza di almeno 500 materie specialistiche? Perché dobbiamo mantenere questo rito?
Dunque, ecco l'importanza di recuperare anche un altro aspetto che abbiamo introdotto sempre a modifica dell'esame di Stato; mi riferisco cioè alle prove organizzate dalle commissioni di esame su prove predisposte e gestite dall'Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione, sulla base degli obiettivi specifici di apprendimento del corso in relazione alle discipline di insegnamento dell'ultimo anno.
È questo quello che abbiamo fatto, mentre il Governo, invece di alimentare la solita ipocrisia di massa a cui ha chiamato a collaborare gli intellettuali - non so se lo ha fatto, ma gli stessi interessati lo avranno fatto spontaneamente - che, come dicevo, hanno sostenuto l'esame negli anni Trenta, dovrebbe utilizzare il tempo e le opportunità offerte dalla legislazione attuale per iniziare una vera e propria rivoluzione nell'organizzazione dell'esame finale di Stato del secondo ciclo!
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Aprea.
VALENTINA APREA. Insomma, per tutte queste ragioni, il nostro modello ha fatto riferimento - appare evidente - all'autonomia delle scuole, all'Europa e, soprattutto sul piano ideale ma non solo, al pensiero politico di don Sturzo. Egli, negli anni Cinquanta, affermava che, secondo i propri ideali, ogni scuola, qualunque sia l'ente che la mantenga, deve poter dare i sui diplomi non in nome della Repubblica, ma in nome della propria autorità. Dicendo questo, si riferiva sia alla scuoletta elementare di Pachino o di Tradate sia all'università di Padova o di Bologna.
PRESIDENTE. Onorevole, per favore...
VALENTINA APREA. Il titolo vale la scuola se quest'ultima ha una fama riconosciuta, una tradizione rispettabile: come ripeto, egli parlava negli anni Cinquanta.
Insomma, il nostro modello si ispira a tutto questo: voi a cosa vi ispirate? Dalle dichiarazioni del ministro e della maggioranza sembrerebbe che finora vi stiate ispirando ad una scuola del passato, non ancora di massa, ottusamente gentiliana, più fascista che democratica.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rusconi. Ne ha facoltà.
ANTONIO RUSCONI. Signora Presidente, onorevole sottosegretaria, colleghi, interverrò a nome dei componenti del gruppo dell'Ulivo in Commissione cultura e devo premettere che parlerò anche come docente tuttora in ruolo, perché ritengo che chi ha lavorato nel mondo della scuola conosce la concreta necessità di adottare con urgenza un provvedimento rispetto al finanziamento delle risorse sugli esami di Stato che stanno ultimando, dopo le prove scritte, le loro ultime fasi.
Mi si conceda una punta di sarcasmo: sarebbe opportuno che il Parlamento approvasse questo provvedimento prima della fine degli esami di maturità. Devo invece manifestare incredibile stupore per l'intervento svolto dall'onorevole Valentina Aprea che ci ha segnalato in un lungo - sicuramente eccessivo, visto che ha superato il tempo che le era consentito - intervento tutti i mali della scuola italiana, dimenticando però che fino a maggio 2006 lei era sottosegretario all'istruzione di questa stessa scuola italiana e, come tale, avrebbe dovuto e potuto magari accorgersi prima di questi errori e avrebbe dovuto e potuto proporre ai colleghi, che come me e come l'onorevole Alba Sasso erano in Commissione cultura, come rimediare ad essi.
VALENTINA APREA. Ma l'ho proposto...!
ANTONIO RUSCONI. Lo dico perché, anche qui senza voler fare polemica, ritengo che chi ama la scuola abbia il dovere di dare un di più di serenità. Oggi, forse, Pag. 45possiamo dare un di più di serenità dopo l'esito del referendum di ieri e dell'altro ieri proprio perché adesso sono chiari due aspetti. Innanzitutto il riferimento di valutazione sarà la cosiddetta legge Moratti - la legge n. 53 in caso di approvazione delle modifiche alla Costituzione doveva essere comunque rivista - e, soprattutto, abbiamo evitato allo Stato italiano un inutile costo di burocrazia, come ben ha evidenziato in numerosi interventi Galli Della Loggia. In particolare, avremmo evitato sia il male derivante dalla frammentazione culturale italiana sia l'assurdità di venti sistemi scolastici a fronte di quello che l'onorevole Garagnani ha opportunamente definito come l'unico sistema scolastico pubblico.
Invito i colleghi a leggere compiutamente don Sturzo. Io ho avuto la fortuna di avere un grande maestro come docente, il professor Rumi, che mi ha fatto amare don Sturzo il quale sosteneva che la scuola italiana ha unito questo paese e che essa non ha nulla a che fare - e dico ciò il giorno dopo l'esito del referendum che ha evitato di dividere il paese - con un sistema di autonomie locali cui si attribuiva un ruolo basato su un'idea di federalismo fatto per rompere: un patto che divide e non unisce. Non solo, ma noi abbiamo evitato con l'esito del referendum che entrassero in crisi i diritti della persona e, quindi, la prima parte della Costituzione, cui ha fatto riferimento l'onorevole Garagnani, ovvero gli articoli 32, 33 e 34 che riguardano la salute e l'istruzione che sono la garanzia data dalla Costituzione dei padri costituenti a tutti i cittadini italiani.
Dicevo che occorre restituire serenità alla scuola. A questo riguardo, riflettevo su alcune osservazioni fatte sugli emendamenti presentati al provvedimento su come trovare i finanziamenti e su alcune critiche emerse nel corso delle sedute della Commissione di merito.
Con la scelta compiuta con questo provvedimento non si vuole oggi discutere il ruolo del tutor; non ci sono cioè volontà abrogative di fare in fretta, come peraltro fu fatto per la legge n. 30 da parte del precedente Governo. Oggi giustamente non si chiede nessuna vendetta verso la legge Moratti, tranne poi dimenticare che la stessa cosa fu fatta in pochi giorni per la cosiddetta legge Berlinguer che era già in vigore.
GUGLIELMO ROSITANI. Ma quella non era completa!
ANTONIO RUSCONI. In realtà, il problema è dove trovare in pochi giorni risorse adeguate se non all'interno del mondo della scuola, mentre i vari ministeri stanno ancora verificando la situazione degli impegni economici assunti dal precedente Governo.
Devo ringraziare gran parte della minoranza per l'atteggiamento positivo tenuto in Commissione e, in particolare, l'onorevole Aprea per aver preannunciato, sempre in quella sede, il voto favorevole su questo provvedimento. Rimane il problema di trovare le risorse anche per gli anni precedenti. Il mondo dei docenti attende risposte concrete.
Penso - mi rivolgo ora ai colleghi della maggioranza - che il nostro impegno rispetto al programma presentato ed enunciato dal Presidente Prodi e dall'Unione debba essere di grande coerenza, soprattutto quando riafferma la necessità di dare un ruolo centrale agli insegnanti, la cui professione riveste una importanza strategica per il paese, e l'impegno a rendere l'insegnamento una scelta appetibile per i migliori talenti, uomini e donne, cosicché la qualità della scuola possa beneficiare della loro formazione e qualificazione. Altrove, si evidenzia come non c'è processo di riforma del sistema educativo - questo è l'errore della riforma contenuta nella legge n. 53 del 2003 - se non c'è coinvolgimento degli insegnanti che ne condividano progetto e percorsi. Quindi, sono necessarie politiche di valorizzazione della professionalità di coloro che operano nella scuola, per restituire loro la dignità e il senso di una professione strategica per il paese. Lo stato di forte disagio in cui versa il mondo della scuola deriva anche dal disconoscimento e dalla sottovalutazione Pag. 46della funzione e dell'autorevolezza sociale degli insegnanti. Non sono possibili riforme senza che i destinatari ne siano anche protagonisti, non si fanno buone riforme nonostante gli insegnanti.
Dico all'onorevole Garagnani, senza polemiche, che noi ci siamo impegnati nel nostro programma con gli insegnanti italiani per la loro valorizzazione perché siamo orgogliosi di quanto essi hanno fatto in questi anni, nonostante la politica e nonostante le leggi del Governo. Lo devo rivendicare, e non è una scelta, diciamo così, di lobby, di professione: ritengo che la scuola italiana sia una scuola valida e sarebbe assurdo affermare il contrario.
Infine, nello spirito di restituire serenità al mondo della scuola, a cinque anni dalla riforma degli esami di maturità, e seguendo il percorso che la democrazia parlamentare prevede - ho molto apprezzato l'intervento di insediamento del Presidente Napolitano, quando ha rivendicato il ruolo centrale e fondamentale del Parlamento -, penso che, dopo cinque anni di sperimentazione del nuovo esame di Stato, la VII Commissione, il Parlamento, il ministro Fioroni ed il Governo debbano svolgere una riflessione attenta ed una verifica di questa scelta, proposta nel novembre 2001 insieme alla legge finanziaria, votata il 28 dicembre 2001, e motivata, da un punto di vista didattico, da una circolare successiva. Infatti, lo schema era: prima togliamo i soldi in bilancio, poi andiamo a spiegare perché quei soldi non servono più.
Onorevole Aprea, non partirò dal 1925 perché l'età non me lo consente e il periodo non mi è di grande riferimento culturale. Almeno questo penso lo condivida.
VALENTINA APREA. È la storia del paese! L'esame di Stato nacque allora: non l'ho scelto io quel periodo.
ANTONIO RUSCONI. Onorevole Aprea, penso che tutti e due gli schieramenti presenti in Parlamento dovrebbero affermare che, per la democrazia del paese, da quel periodo abbiamo poco da imparare e poco da citare.
VALENTINA APREA. Lo penso anch'io.
ANTONIO RUSCONI. Sono contento che su questo sia d'accordo.
L'unico criterio che ho osservato in questi cinque anni e che mi è parso palese è stato il criterio del risparmio. C'era una sintonia, un criterio ragionieristico: il taglio delle supplenze e le 18 ore, con il taglio delle ore a disposizione. Secondo questo criterio ragionieristico, per cui il ministro Tremonti ogni tanto rischiava di assumere il ruolo di vero ministro dell'istruzione, si comprendeva chiaramente il perché si passava a questi esami di Stato solo con insegnanti interni. Io ho una valutazione che viene dalla mia esperienza di docente che ha fatto l'esame di Stato. Il mio dubbio è: didatticamente è valido e opportuno che gli stessi insegnanti, dopo un minimo di tre anni che esaminano gli stessi alunni, diano una valutazione - e dopo un'ulteriore prova, che in che modo debba essere diversa da quella stessa valutazione che hanno dato per tre anni riesce difficile da capire -, mantenendo il valore legale del voto?
Allora, cosa significa e cosa c'entra il modernizzare con questo? L'avete detto anche fino all'altro giorno, e il paese vi ha risposto chiaramente con un voto di democrazia. Cosa c'entra il modernizzare col fare gli esami di Stato con gli stessi insegnanti che hanno avuto gli stessi alunni minimo per tre anni? Vuol dire che ripeteranno le stesse valutazioni, con un rischio che è evidente in questi anni: una gara fra le stesse classi, magari dello stesso istituto, a cercare di dare le valutazioni più alte, affinché sembri, ad esempio, che un gruppo di insegnanti è più valido rispetto ad un altro. In più, c'è un altro fatto: in Commissione ho chiesto all'onorevole Aprea se l'importante obiettivo di risparmiare fosse stato calcolato bene, perché in realtà abbiano avuto, in questi anni, una commissione per ogni classe e non ogni due classi, come avveniva precedentemente. Sarebbe interessante - lo dico al sottosegretario anche ai fini della valutazione che la Commissione farà nei prossimi mesi - capire se questo tentativo Pag. 47di risparmio, oltre ad essere, a mio modesto parere, didatticamente negativo, non ha portato neppure a quella che era l'ambizione, cioè ridurre i costi degli esami di Stato.
Io penso che il ministro Fioroni non abbia fatto un'esternazione, ma abbia ripetuto quanto è contenuto nel programma dell'Unione. Questo era un programma pubblico e il centrodestra ha più volte evidenziato, con un sarcasmo incomprensibile, le sue 281 pagine, di cui una quindicina dedicate alla scuola; a nostro parere, il mondo della scuola ha diritto ad una serietà di approfondimento che meritava almeno quindici pagine e in queste c'è tale serietà, da parte del programma dell'Unione. Quindi, non vedo quale sia il problema dell'esternazione del ministro Fioroni e del passaggio all'esame di maturità riportando una parte della commissione ad essere esterna, per una valutazione più oggettiva e più obiettiva degli alunni. Allora, cosa c'entri questo con il modernizzare o con il guardare indietro è una valutazione di tipo didattico, rispetto alla quale penso ci sia spazio, anche in Commissione, per una riflessione e per un dibattito di vera democrazia. Quindi, da parte nostra, è opportuno al più presto portare avanti una riflessione al fine di pervenire ad una proposta condivisa ed aperta ai contributi che verranno da tutti i componenti della Commissione e, successivamente, da tutto il Parlamento.
Vedete, onorevoli colleghi, oggi iniziamo l'esame di un provvedimento - che probabilmente approveremo, mi auguro all'unanimità, nella seduta di domani - che sana una parte del passato, poiché gli esami di Stato di quest'anno sono già iniziati. Tale provvedimento, inoltre, non sana totalmente una parte della situazione pregressa: pertanto, e mi rivolgo all'onorevole sottosegretario di Stato, dovremmo reperire risorse finanziarie anche per gli anni precedenti, nei quali non erano previsti adeguati stanziamenti per i compensi dei membri delle commissioni.
In realtà, considerando le difficoltà economiche in cui vive l'Italia, che nessuno vuole nascondere o strumentalizzare, la domanda più seria che dobbiamo porci è se la scuola rappresenti una priorità per questo paese, vale a dire un investimento per il futuro. Questo, allora, potrebbe essere quel primo piccolo ed indispensabile segnale che è necessario lanciare, al fine di restituire orgoglio e dignità al mondo della scuola e ringraziare, per l'impegno continuo, tutti i soggetti (dirigenti scolastici, docenti ed ausiliari) che, comunque, offrono un contributo generoso di competenza e di passione a tale settore.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, quando si ha di fronte un disegno di legge di conversione di un decreto-legge largamente condiviso, perché ritenuto necessario da tutte le forze politiche, in un sistema falsamente bipolare, nel quale vengono sempre esaltate le differenze e viene marcato il conflitto, si tende naturalmente ad «allargare il tiro», per approfondire tale provvedimento nell'ambito di un contesto che richiede una discussione più complessiva. Si tratta, in questo caso, della riforma della scuola e degli esami di maturità.
Innanzitutto, penso sia giusto attenersi al provvedimento legislativo in esame per sottolineare come, in questa fase di passaggio di consegne tra un Governo ed un altro, l'attuale esecutivo abbia varato giustamente il presente decreto-legge, così come avrebbe fatto un Governo di colore diverso. Riteniamo doveroso sottolineare, quindi, questo elemento di consenso generale, alla luce di tale valutazione oggettiva dei fatti, per spendere poche parole in ordine alla questione più generale della riforma della scuola e degli esami di maturità; reputiamo altresì doveroso affrontare, con riferimento al provvedimento in esame, alcune questioni particolari, soprattutto per ciò che riguarda - come ha precedentemente sottolineato, a mio avviso con correttezza, l'onorevole Aprea - il reperimento delle necessarie risorse finanziarie.
Senza andare troppo indietro nel tempo, basterebbe pensare alla mia generazione, Pag. 48quando nei licei, alla fine degli anni Sessanta, rivendicavamo una riforma della scuola volta a superare il vecchio ordinamento, voluto da Gentile durante gli anni del fascismo. In fondo, se ci pensiamo bene, in questo dopoguerra (e sono passati tantissimi anni, oltre sessanta, dalla Liberazione ad oggi) l'unica riforma organica del sistema educativo italiano è stata quella voluta, sotto il precedente Governo, dal ministro Moratti.
Di tale ministro si può pensare tutto il bene o tutto il male che si vuole, ma non si può non registrare questo elemento, vale a dire come l'unica riforma organica del sistema educativo di questi decenni - la cui mancanza è stata sottolineata, paradossalmente, proprio dai grandi movimenti di protesta degli anni Sessanta e Settanta e dagli studenti, tra i quali allora vi era chi vi parla - sia stata proprio il citato provvedimento adottato dal precedente Governo.
Su questo punto, allora, attendo che il Governo in carica pronunci al più presto una parola chiara; vorrei, cioè, che rispondesse al seguente interrogativo: qual è, concretamente, la sua posizione in merito alla riforma Moratti? In altri termini, desidero sapere quali sono le parti che l'esecutivo intende modificare, se è vero, come ha sostenuto più volte Prodi in televisione, che, rispetto alle leggi approvate dal Governo Berlusconi, egli userà non la tecnica «della ruspa», ma quella «del cacciavite» (modificandone, quindi, solo alcune parti).
Ebbene, noi attendiamo una risposta dal Governo - magari non oggi, ma al più presto - che ci dica con chiarezza, visto che sono state sospese le sperimentazioni previste dalla legge, qual è la sua opinione in merito a questa legge, quali parti intende cambiare, per quali ragioni intende cambiarle, aprendo così un dibattito nella Commissione cultura - presieduta dall'onorevole Folena e della quale faccio parte - e, più in generale, in quest'aula.
Per quanto riguarda la questione dell'esame di maturità, paradossalmente in Italia non si è mai riformata la scuola secondaria e primaria, mentre si è riformato quasi sempre l'esame di maturità: quando non si sa cosa fare, in questo paese si cambia l'esame di maturità. Io ho fatto la maturità classica nel 1971 e ricordo benissimo che allora l'orale si svolgeva sulla base di due materie: una scelta dallo studente e l'altra dalla commissione, con commissari tutti esterni, tranne un commissario interno. Poi si è cambiato, si è ritornati all'antico e si sono discusse tutte le materie con commissari tutti interni; adesso si parla di riformare ulteriormente questo esame, in particolare la commissione, introducendo commissari misti, in parte interni e in parte esterni.
Mi chiedo se si voglia davvero procedere ancora a riformare un esame anziché riformare la scuola, perché penso che l'esame sia un elemento - vorrei usare un termine desueto - sovrastrutturale rispetto alla struttura scolastica, all'ordinamento scolastico, alla vita di una scuola, dove prevalenti devono essere gli studenti, gli insegnanti, le materie da insegnare, i metodi di insegnamento, la capacità di apprendimento, i testi, e non questo momento di pathos, in cui uno studente deve rivelare la propria onniscienza attraverso un esame: meglio se con una commissione composta da commissari che conoscono lo studente, peggio se, invece, tale commissione è composta da commissari esterni che vedono lo studente per la prima volta.
Quindi, non valuterei positivamente questa ulteriore modifica dell'esame di maturità: in primo luogo, perché non sono d'accordo che si continui a modificare l'esame di maturità anziché la scuola; in secondo luogo, perché, se volessimo introdurre ancora i commissari esterni, si tratterebbe di tornare indietro. Io sono contrario in linea di principio all'esame di maturità, ma, se questo proprio deve esserci, almeno che non sia un elemento di selezione in mano a persone che non conoscono gli studenti ed una prova del fuoco a cui lo studente viene costretto, ma un bilancio di un ciclo di studi fatto dagli stessi insegnanti che hanno avuto uno studente come allievo nel corso degli stessi Pag. 49anni: questo mi sembra più logico, più giusto, più equo nei confronti dell'intera popolazione studentesca.
Sul decreto in oggetto non ho molto da aggiungere a quanto già è stato sottolineato da chi mi ha preceduto, se non che si tratta di un provvedimento che corrisponde ad un fabbisogno che non era stato stimato tale quando sono entrate in vigore le normative che, appunto, hanno introdotto una commissione di esame ogni classe al posto di una commissione d'esame ogni due classi. La spesa prevista era di 40 milioni di euro nel 2002, poi portata a 68 milioni di euro dal decreto-legge n. 25 dell'ottobre 2002, a 84 milioni di euro nel 2003 e, oggi, a 103,151 milioni di euro per corrispondere al pregresso, al passato, cioè al 2006, agli esami che, di fatto, si stanno effettuando e ai commissari d'esame che in questo momento stanno svolgendo gli esami in tutta Italia.
Si è obiettato che il reperimento di queste risorse va ad intaccare un punto nevralgico della normativa vigente, quello che riguarda i tutor dei docenti. Su questo punto vorremmo capire cosa pensa il Governo. Vorremmo cioè capire se intende abolire la figura dei tutor per i docenti, dal cui capitolo di spesa vengono sottratte le risorse. Infatti, queste risorse vengono reperite da tale capitolo di spesa per essere destinate alle finalità del provvedimento in esame, come ha giustamente sottolineato l'altro giorno l'onorevole Alba Sasso nella sua preziosa relazione in Commissione cultura. Resta dunque l'interrogativo di come finanziare questo capitolo di spesa, che prevede l'istituzione della figura dei tutor per i docenti. Oppure il Governo, attraverso il reperimento delle risorse per questo provvedimento proprio in quel capitolo di spesa, pensa invece di abolire per il futuro questa figura?
Questi sono gli interrogativi, a cui spero il Governo possa già da oggi fornire una qualche risposta. Queste sono le considerazioni che ho voluto svolgere a nome del mio gruppo, preannunciando peraltro sin da ora un nostro voto favorevole sul provvedimento in esame. Mi riservo naturalmente di tornare su questo argomento sia in Commissione cultura sia in Assemblea, quando la discussione si farà più completa attorno ai temi della riforma della scuola, e in particolare sulla posizione che il Governo vorrà assumere su questa complessa materia.
PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato alla ripresa pomeridiana della seduta.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15,10.
La seduta, sospesa alle 14,05, è ripresa alle 15,10.