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Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Zeller ed altri; Brugger ed altri; Benvenuto e Vannucci: Modifiche alla legge 8 luglio 1998, n. 230, in materia di obiezione di coscienza (A.C. 197-206-931-A) (ore 16,25).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge d'iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Brugger ed altri; Benvenuto e Vannucci: Modifiche alla legge 8 luglio 1998, n. 230, in materia di obiezione di coscienza.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 197 ed abbinate-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la IV Commissione (Difesa) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il presidente della IV Commissione, deputata Pinotti, ha facoltà di svolgere la relazione.
ROBERTA PINOTTI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori membri del Governo, la sospensione della leva obbligatoria ha determinato, nel nostro paese, un cambiamento epocale, la cui effettiva portata sul piano normativo sta gradualmente emergendo, anche in sede giurisdizionale, in tutte le sue molteplici sfaccettature. Al fine di eliminare possibili incongruenze dell'ordinamento vigente, il legislatore è, quindi, chiamato a svolgere un delicato lavoro di adeguamento normativo, che assume un particolare rilievo con riferimento all'obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio.
In proposito, ricordo che, ai sensi dell'articolo 15, commi 6 e 7, della legge 8 luglio 1998, n. 230, agli obiettori è preclusa qualsiasi autorizzazione per la detenzione, l'uso ed il commercio di armi e materiali esplodenti, nonché l'assunzione di ruoli imprenditoriali o direttivi nella fabbricazione e commercializzazione degli stessi. Inoltre, agli obiettori è vietata la partecipazione a concorsi per l'arruolamento nelle Forze armate, nell'Arma dei carabinieri, nei Corpi di polizia o in altri impieghi che richiedano l'uso delle armi.
Si tratta di vincoli che, nella loro concreta applicazione, hanno condotto, in alcuni casi, all'imposizione di divieti paradossali, che non risultano in alcun modo giustificati dalle motivazioni etiche alla base dell'obiezione di coscienza, come, ad esempio, il divieto per i veterinari di utilizzare fucili lanciasiringhe o il divieto di assumere la direzione di fabbriche di airbag o, ancora, il divieto di praticare sport olimpici come il biatlhon o il tiro al piattello. Addirittura si è resa necessaria la sentenza della Corte costituzionale n. 141, del 7 aprile 2006, per stabilire che un obiettore di coscienza può dirigere un'attività di cava e tenere un registro di detenzione esplosivi per uso civile.
In tale contesto, la sospensione a tempo indeterminato della leva obbligatoria ha accentuato ancora di più il carattere discriminatorio di tali vincoli. Infatti, mentre per coloro che hanno svolto il servizio civile come obiettori di coscienza rimangono pienamente vigenti i vincoli di legge, non essendo per essi ammissibile alcun ripensamento rispetto alla scelta a suo tempo compiuta, per coloro che, invece, grazie alla sospensione della leva obbligatoria, per mere ragioni anagrafiche, non Pag. 20hanno svolto né il servizio militare né il servizio civile non si applica alcun vincolo. Ma vi è di più: si è giunti al paradosso che i renitenti alla leva finiscono per avere maggiori diritti ed opportunità professionali rispetto agli obiettori di coscienza, giacché, ai sensi dell'articolo 11-quinquies del decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, come da ultimo modificato dall'articolo 3 del decreto legislativo 6 ottobre 2006, n. 275, i renitenti stessi possono ottenere la cancellazione della nota di renitenza, purché forniscano un giustificato motivo del proprio comportamento omissivo, senza la successiva applicazione di alcun vincolo.
Per eliminare tutte queste gravi discrasie appare, quindi, necessario ed urgente un intervento legislativo, da un lato per tenere conto del fatto che i convincimenti personali sottesi all'originaria scelta dell'obiezione di coscienza possono subire mutamenti nel corso degli anni, e, dall'altro lato, per modificare il regime dei vincoli applicabili agli obiettori, al fine di escludere l'imposizione di divieti del tutto ingiustificati. Proprio in questa prospettiva, la Commissione difesa, partendo dalle proposte di legge Zeller (A.C. 197), Brugger (A.C. 206) e Benvenuto (A.C. 931), a conclusione di un approfondito dibattito e di un'intensa attività conoscitiva, che ha riscontrato la partecipazione sia di associazioni di obiettori, sia di associazioni di ex obiettori, è giunta all'elaborazione di un testo unificato sul quale hanno concordato gran parte dei gruppi parlamentari.
Tale testo non si pone nell'ottica di una semplicistica quanto ingiustificata eliminazione dei vincoli di legge, ma si muove lungo le seguenti tre linee guida: l'eliminazione di quei divieti previsti dalla legislazione vigente che non sono giustificati dalle motivazioni etiche che sono la base della scelta compiuta dagli obiettori; la possibilità per ciascun obiettore di rinunciare al proprio status mediante una dichiarazione irrevocabile; infine, la disapplicazione dei vincoli di legge nei confronti degli obiettori che abbiano rinunciato al proprio status e il conseguente richiamo di questi ultimi in caso di mobilitazione.
In particolare, la lettera a) del comma 1 dell'articolo 1 del testo unificato prevede che non costituisca impedimento all'esercizio dell'obiezione di coscienza essere titolari di licenze o autorizzazioni relative ad armi e materiali esplodenti privi di attitudine a recare offesa alle persone ovvero non dotati di significativa capacità offensiva, conformemente all'interpretazione della legislazione vigente risultante dalla citata sentenza della Corte costituzionale n. 141.
La concreta individuazione di tali armi e materiali esplodenti, ai sensi del successivo comma 2, è affidata ad un decreto del ministro dell'interno, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del testo unificato, sentita la commissione consultiva centrale per il controllo delle armi, di cui all'articolo 6 della legge 18 aprile 1975, n. 110, e successive modificazioni, recante «Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi».
Ricordo che tale commissione è composta, tra gli altri, da due rappresentanti del Ministero dell'interno, di cui uno della Polizia di Stato, e da due rappresentanti del Ministero della difesa, di cui uno dell'Arma dei carabinieri. Con questa disposizione, in sostanza, si affida ad un atto amministrativo il compito di provvedere ad una ricognizione completa delle predette armi e materiali esplodenti, eliminando eventuali certezze.
La lettera b) del comma 1 dell'articolo 1, al punto 2) prevede, invece, che l'obiettore, ammesso al servizio civile, decorsi almeno due anni dalla data in cui è stato collocato in congedo secondo le norme previste per il servizio di leva, possa rinunciare al proprio status, presentando apposita dichiarazione irrevocabile. Si tratta di una rinuncia già riconosciuta da recenti sentenze di diversi tribunali amministrativi regionali.
Il termine di due anni è stato determinato tenendo conto di quanto previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera b), della Pag. 21stessa legge 8 luglio 1998, n. 230, che, escludendo dal diritto all'obiezione di coscienza coloro che abbiano presentato domanda da meno di due anni per la prestazione del servizio militare nelle Forze armate, nell'Arma carabinieri, nel Corpo di polizia penitenziaria e nel Corpo forestale dello Stato, sostanzialmente non ammette la possibilità di un ripensamento prima di due anni dal momento della scelta compiuta. L'irrevocabilità della domanda ha invece lo scopo di inibire eventuali successivi ripensamenti rispetto alla rinuncia allo status di obiettore.
La norma prevede altresì che la citata dichiarazione sia presentata presso l'ufficio nazionale per il servizio civile, giacché, sulla base della legislazione vigente, tale ufficio ha il compito di provvedere alla tenuta della lista degli obiettori soggetti a richiamo in caso di necessità.
La medesima lettera b), al punto 1) prevede, invece, che gli obiettori che abbiano rinunciato al proprio status siano soggetti a richiamo in caso di mobilitazione, al pari degli obiettori decaduti per violazione dei divieti previsti dalla legge. A tal fine, il citato punto 1) della lettera b) dispone che l'ufficio nazionale per il servizio civile sia tenuto a trasmettere tempestivamente le dichiarazioni di rinuncia alla direzione generale del Ministero della difesa di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 6 ottobre 2005, n. 216, che, ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 6 ottobre 2006, n. 275, collabora con il ministro della difesa in caso di riattivazione del servizio militare obbligatorio.
Secondo il punto 2) della citata lettera b), agli obiettori che abbiano rinunciato al proprio status, invece, non si applicano i divieti previsti a carico degli obiettori.
Infine, il comma 3 dell'articolo 1 del testo unificato, al fine di evitare lacune normative, prevede che, nelle more dell'entrata in vigore del decreto del ministro dell'interno, continui ad applicarsi la disciplina vigente in materia prima dell'entrata in vigore del testo unificato in esame.
Onorevoli colleghi, in conclusione, ritengo che il testo unificato elaborato dalla Commissione difesa elimini numerose incertezze derivanti dall'interpretazione della legislazione vigente in materia di obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio, salvaguardando al tempo stesso la libertà di autodeterminazione di ciascun individuo. Per tutte queste ragioni, quindi, ne raccomando vivamente l'approvazione.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Betta. Ne ha facoltà.
MAURO BETTA. Signor Presidente, con queste proposte di legge i proponenti - che, come ricordava la relatrice, presidente Pinotti, sono i colleghi Benvenuto, Brugger e Zeller -, hanno voluto affrontare la necessità di cancellare una ingiustizia o almeno di superare una forte incongruenza, che si era venuta a creare nel trattamento riservato agli obiettori di coscienza al servizio militare, così come disciplinato dalla legge n. 772 del 1972, poi abrogata e ricompresa nella legge n. 230 del 1998, che ha organicamente riformato la disciplina dell'obiezione di coscienza.
Sono stati circa 800 mila i cittadini che in Italia dal 1972 ad oggi hanno prestato il servizio civile, o meglio, come recita l'attuale disposizione, hanno scelto di prestare il servizio civile in sostituzione del servizio militare, che, come il primo, è del tutto rispondente al dovere costituzionale di difesa della patria e ancora del tutto rispondente ai principi enunciati dalla Costituzione.
La legge citata, che risale al 1998, pone precisi vincoli per chi compie questa scelta; in particolare la legge specifica le cause ostative all'esercizio dell'obiezione di coscienza, prevedendo tre grandi categorie: coloro che sono titolari di licenze di Pag. 22produzione o autorizzazioni all'uso delle armi, comprese le armi da caccia o quelle usate per le attività sportive; coloro che nei due anni antecedenti alla domanda di esercizio del diritto all'obiezione di coscienza abbiano fatto richiesta di essere arruolati nelle forze armate; infine, coloro che sono stati condannati, anche con sentenze in primo grado, per l'utilizzo di armi o per aver commesso reati con mezzi violenti.
Come conseguenza di questa impostazione e in modo quasi simmetrico, la legge dispone i divieti a carico delle persone che hanno scelto di fare gli obiettori. Questi divieti sono stabiliti nell'articolo 15, ai commi 6 e 7: è esclusa la possibilità di essere imprenditori in fabbriche di armi o commercianti di armi; è esclusa la possibilità di avere autorizzazioni per detenere o per usare le armi; viene vietata (all'articolo 7) agli obiettori la partecipazione ai concorsi per l'arruolamento nelle forze armate, nei Carabinieri, nella Guardia di finanza, nella Polizia penitenziaria, nel Corpo forestale dello Stato o in qualunque altra attività professionale che preveda l'uso delle armi.
Molte sono state le normative e le modifiche di leggi che hanno inciso, dopo il 1998, sull'organizzazione delle Forze armate e, quindi, sul servizio militare e sul servizio civile; in particolare, ai fini di questo nostro ragionamento, dobbiamo ricordare la legge n. 331 del 2000, che stabilisce la graduale trasformazione dell'esercito e delle Forze armate, sulla base della leva obbligatoria, in una organizzazione professionale su base volontaria (legge che - ricordiamolo - si intitolava «Norme per l'istituzione del servizio militare professionale»); la legge n. 64 del 2001, istitutiva del servizio civile, che stabilisce il concetto che il servizio civile concorre alla difesa della patria con mezzi ed attività non militari, per favorire la realizzazione di principi costituzionali di solidarietà sociale; infine, le leggi del 2004, ovvero i decreti-legge che hanno definitivamente previsto la trasformazione delle Forze armate italiane in una organizzazione su base volontaria e retribuita e che hanno profondamente mutato la natura del servizio di leva, che è diventato, come ricordavamo, volontario e professionale. Di conseguenza, è stato modificato anche lo stato giuridico dell'obiettore di coscienza, così com'era stato stabilito nella legge n. 230 del 1998; quindi, i limiti stabiliti agli articoli 15, in particolare ai commi 6 e 7, non sono più giustificabili e si è realizzato uno svuotamento dell'istituto dell'obiezione di coscienza, così com'era stato realizzato nel corso degli anni.
Il 1o gennaio 2005, infatti, è stata sospesa la leva obbligatoria e quindi sono stati emanati due provvedimenti (vedi anche la legge del 17 agosto 2005, n. 168) ove è stata riconosciuta la possibilità per gli obiettori ancora in servizio di richiedere la concessione del congedo anticipato al 1o luglio 2005.
Venendo meno il servizio di leva obbligatorio, la stessa obiezione di coscienza risulta essere superata. Per la verità, i richiami sopra ricordati permettono di sostenere che già prima del 2005 il significato dell'obiezione di coscienza - come testimonianza di valore etico e di personale impegnativa scelta - si era profondamente modificato. Infatti, a partire dal 2001 il servizio militare e quello civile sono considerati per legge pienamente alternativi. Inoltre, il servizio civile si è rivelato nel tempo un modo prezioso di impegno giovanile documentato e positivamente valutato e condiviso a livello sociale e culturale.
Per tutte queste ragioni, pare inaccettabile che chi ha compiuto il servizio civile debba proprio per questo essere soggetto a limitazioni e vincoli per sempre. Questo «per sempre» nella nostra società, quella in cui viviamo, suona anacronistico e francamente punitivo. Infatti, il nostro ordinamento prevede altre possibilità nelle quali l'obiezione di coscienza può essere legittimamente cambiata e modificata secondo la libera decisione di chi compie questa scelta.
La Commissione ha ritenuto opportuno, piuttosto che rimuovere e cancellare tali limitazioni, introdurre una gradualità e compiere valutazioni prudenziali. In particolare, Pag. 23mi sembra qualificante e saggia la possibilità di richiedere la cancellazione dello status di obiettore, trascorsi due anni dal congedo. Tale soluzione - che come detto sopra ritengo assai condivisibile - ha tenuto conto della necessità di moderazione e di procedere in modo molto prudente, emersa durante la discussione su queste proposte di legge. Soprattutto essa ha fatti salvi i timori e le preoccupazioni di chi ritiene l'obiezione di coscienza una scelta importante e personale, legata a convinzioni profonde e non rinunciabili. Queste preoccupazioni, questa testimonianza, questi timori sono stati esposti alla Commissione durante le audizioni, come ricordava anche la relatrice, presidente Pinotti, in particolare dai rappresentanti degli obiettori appartenenti alla Caritas e alla LOC. A mio avviso il meccanismo voluto dal relatore risponde in pieno a tale preoccupazione.
Nel confermare che il gruppo dell'Ulivo sosterrà il testo unificato delle proposte di legge in oggetto, voglio infine far notare che fino a questo momento la discussione sul tema ha evidenziato una larga condivisione tra le forze politiche. Sono assolutamente d'accordo sul fatto che provvedimenti come quello in esame non possano sottostare a logiche di maggioranza e di opposizione o a scelte di schieramento. Pertanto, auspico una rapida approvazione del provvedimento.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Duranti. Ne ha facoltà.
DONATELLA DURANTI. Signor Presidente, la legge oggetto delle modifiche è la legge 8 luglio 1998, n. 230, recante nuove norme in materia di obiezione di coscienza. Essa all'articolo 1 recita: «I cittadini che, per obbedienza alla coscienza, nell'esercizio del diritto alle libertà di pensiero, coscienza e religione riconosciute dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, opponendosi all'uso delle armi, non accettano l'arruolamento nelle Forze armate e nei Corpi armati dello Stato, possono adempiere gli obblighi di leva prestando, in sostituzione del servizio militare, un servizio civile, diverso per natura ed autonomo dal servizio militare, ma come questo rispondente al dovere costituzionale di difesa della patria e ordinato ai fini enunciati nei »Principi fondamentali« della Costituzione. Tale servizio si svolge» - così termina l'articolo 1 «secondo le modalità e le norme stabilite nella presente legge».
La legge n. 230 del 1998 ha istituito, nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri, l'Ufficio nazionale per il servizio civile, per curare il servizio civile degli obiettori di coscienza. Successivamente, la legge n. 64 del 2001, ampliando le possibilità di prestare servizio civile, ha istituito il servizio civile nazionale, che si svolge su base volontaria ed è rivolto a ragazze e ragazzi dai 18 ai 28 anni.
La legge n. 230 sancisce il pieno riconoscimento giuridico dell'obiezione di coscienza che, da beneficio concesso dallo Stato, diventa un diritto della persona. Il servizio civile rappresenta un modo alternativo di servire la patria, con durata pari al servizio militare; la sua gestione non è più nelle mani del Ministero della difesa, cambiamento reale ed importante rispetto alla precedente normativa.
Tutti sappiamo che il cammino dell'obiezione di coscienza in Italia è stato difficile e lungo, basti pensare alla prima legge del 1972, la quale rese possibile la scarcerazione dei giovani obiettori di coscienza ed introdusse la possibilità di rifiutare il servizio militare con le armi, ma era anche restrittiva e punitiva. Il servizio civile era più lungo di otto mesi rispetto a quello militare, era prevista una commissione giudicante, l'esclusione delle motivazioni politiche per accedere all'obiezione di coscienza, la sottoposizione ai codici ed ai tribunali di guerra.
L'obiezione di coscienza ha rappresentato e rappresenta un valore altissimo nella società italiana. Approfitto di questa occasione ricordando un importantissimo esempio di lotta per l'affermazione del diritto all'obiezione di coscienza. Credo che questo esempio sia stato rappresentato dall'opera di don Milani e di padre Balducci. Pag. 24Don Milani fu autore dell'opuscolo L'obbedienza non è più una virtù, attraverso cui difendeva padre Balducci, attaccato dalla Chiesa ufficiale per aver difeso gli obiettori di coscienza. L'opuscolo sopra citato contiene la risposta ai cappellani militari che, in un ordine del giorno pubblicato su La Nazione di Firenze, scrissero di considerare un insulto alla patria e ai suoi caduti la cosiddetta obiezione di coscienza che, essendo estranea al comandamento cristiano dell'amore, è espressione di viltà. La vita di padre Balducci è stata piena di momenti in cui ha testimoniato il suo amore per l'uomo; una delle più significative battaglie da lui sostenute è, sicuramente, l'intervento sulla questione dell'obiezione di coscienza. Era il 1962 quando il giovane cattolico Gozzini si rifiutava di indossare la divisa militare per motivi di fede; egli fu difeso proprio da padre Balducci che, a causa di questo intervento, subì un processo che si chiuse con una condanna ad otto mesi con la condizionale.
Per padre Balducci l'ideale era essere liberi di servire la patria senza indossare necessariamente una divisa militare.
Le condanne di Balducci e di Gozzini aprirono un forte dibattito nel nostro paese, che renderà possibile, con molti anni di ritardo, la stesura della legge sull'obiezione di coscienza.
Ho voluto ricordare don Milani e padre Balducci anche perché essi vennero processati per questa loro battaglia di civiltà; addirittura, don Milani venne condannato dopo morto.
Dall'entrata in vigore della prima legge sull'obiezione di coscienza sono stati oltre 800 mila gli obiettori nel nostro paese; ciò è segno che la lotta per l'obiezione di coscienza è stata condivisa dal paese.
Con il servizio civile prestato dagli obiettori si concretizzarono gli articoli 2, 4, 11 e 52 della nostra Costituzione. Il diritto all'obiezione di coscienza rispetto all'uso delle armi e la difesa del paese secondo un modello alternativo a quello militare sono diventati valori di riferimento della società italiana, condivisi e praticati da migliaia di giovani.
La legge n. 230 - è questo il motivo per cui abbiamo lavorato in Commissione - prevede, però, vincoli con carattere permanente per tutti coloro che abbiano effettuato il servizio civile sostitutivo, a norma della legge n. 772, e quello alternativo, a norma della legge n. 230, di fatto stabilendo l'irreversibilità di una scelta rendendo l'obiezione di coscienza immodificabile a vita.
L'attuale normativa non consente a chi ha modificato i propri convincimenti nel corso della vita la facoltà di chiedere una revoca del proprio status di obiettore. La normativa vigente discrimina, di fatto - noi crediamo -, chi ha compiuto in un momento della sua vita una scelta di alto valore sociale, perché ne limita la libertà personale riconosciuta dalla Costituzione e finisce per porre in essere per quei soggetti una sorta di ulteriore discriminazione.
Le modifiche di cui si discute si inseriscono proprio nel contesto della possibilità di riconoscere un mutamento di coscienza. La coscienza di una persona può mutare nel corso del tempo; conseguentemente, la normativa deve prevedere la facoltà per i soggetti interessati di chiedere la revoca dello status di obiettore in modo da potere godere degli stessi diritti di cui godono tutti i cittadini.
Proprio gli ex obiettori di coscienza nel corso di audizioni svolte in Commissione difesa hanno ricordato casi di discriminazioni - acquisiti agli atti - perpetrati nei loro confronti che dimostrano la necessità di apportare alla normativa in vigore le modifiche previste dal provvedimento al nostro esame. A tale proposito, desidero citare, a titolo di esempio, alcune discriminazioni di cui sono oggetto gli ex obiettori di coscienza. Un cittadino laureato in medicina, che ha prestato dieci mesi di servizio civile in un centro di assistenza per anziani, che non può partecipare al concorso per psicologo nella Guardia di finanza o a quello di odontoiatra nella Marina militare; un cittadino che ha prestato venti mesi di servizio civile presso associazioni di tutela ambientale, assunto in servizio di polizia provinciale in forma Pag. 25disarmata, impossibilitato ad avere, a tutela della propria incolumità, le stesse dotazioni di servizio dei colleghi nel corso dei pattugliamenti notturni; un cittadino ingegnere, che ha prestato ventisei mesi di servizio civile presso un ente locale, che non può dirigere quelle attività di miniera in cui si fa uso di dinamite o impossibilitato ad essere ammesso, prima di laurearsi, al concorso per agente di polizia municipale in quei comuni che armano il proprio personale; un cittadino che ha prestato dodici mesi di servizio civile guidando autoambulanze e che, divenuto medico veterinario, non può utilizzare il fucile lancia-siringhe, in quanto considerato arma comune da sparo, per narcotizzare grandi animali selvatici a scopi scientifici in un parco naturale.
Per tali ragioni, crediamo che la legge 8 luglio 1998, n. 230, vada modificata e che agli obiettori di coscienza debba essere riconosciuta la facoltà di revoca del loro status; ciò consentirebbe a questi soggetti di essere considerati cittadini uguali a tutti gli altri e, conseguentemente, di avere pari opportunità di accesso nel mondo del lavoro.
Le deputate e i deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea ritengono, per gli stessi principi ispiratori che stanno alla base delle modifiche contenute nel provvedimento in esame, che l'obiezione di coscienza rispetto all'uso delle armi sia un diritto - nella normativa italiana è un diritto che appartiene alla persona - e, come tale, debba appartenere anche ai militari professionisti. Con le modifiche di legge intervenute in questi anni, quali, ad esempio, la professionalizzazione delle Forze armate, molti militari compiono la scelta di entrare nelle Forze armate in età molto giovane, quando ancora il loro percorso formativo non è definito e concluso. Riteniamo, pertanto, che anche agli appartenenti alle Forze armate e ai corpi di polizia ad ordinamento militare debba essere riconosciuta la facoltà di dichiararsi in qualsiasi momento obiettori di coscienza nell'esercizio del diritto di libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Noi sosteniamo questa linea di pensiero perché ci basiamo sul principio che una scelta compiuta in un certo momento della propria vita possa essere cambiata.
Per tali motivi, il gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea auspica che le modifiche alla legge 8 luglio 1998, n. 230, contenute nel provvedimento al nostro esame, siano approvate.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mellano. Ne ha facoltà.
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, colleghi, desidero far sentire la voce del gruppo La Rosa nel Pugno su questo particolare tema e, inoltre, voglio raccontare l'esperienza politica che ho vissuto all'interno del Partito radicale e del mondo dei radicali italiani.
È al nostro esame un provvedimento sollecitato da varie associazioni - dall'Associazione tutela diritti ex obiettori, dalla Lega obiettori di coscienza e da altre ancora -, le quali ci hanno chiesto di intervenire su quello che potremmo definire un residuato bellico in un panorama politico e culturale che è profondamente cambiato ed in un panorama legislativo che è totalmente modificato a seguito del superamento della leva obbligatoria e dell'approvazione della disciplina concernente il servizio civile.
Ci troviamo a dover regolamentare casi che sono già all'esame dei tribunali amministrativi regionali, i quali sono sempre più chiamati a risolvere contenziosi che nascono dai residui dell'impostazione di cui alle leggi n. 772 del 1972 e n. 230 del 1998. I casi citati dalla collega di Rifondazione Comunista sono assolutamente eclatanti ed illuminanti circa la ratio legis e l'urgenza di un provvedimento che intervenga in qualche modo per dare certezza, per chiudere una situazione non più rispondente ad un panorama politico completamente mutato.
Una cosa è certa: in tale nuovo panorama, dobbiamo essere capaci di riconoscere - e si tratta dell'aspetto più convincente del provvedimento al nostro esame - che il diritto di ciascuno a cambiare Pag. 26opinione è sacrosanto e non può essere limitato. Non credo sia ancora tollerabile avere normative che «inchiodano» per sempre il singolo individuo ad un'opinione, ad un parere, ad una scelta che egli ha espresso una volta nell'arco della sua vita: cambiano le situazioni personali ed anche i contesti internazionali all'interno dei quali il nostro paese si inserisce; quindi, la possibilità di cambiare opinione deve essere prevista e regolamentata.
Del resto, siamo in una situazione nella quale anche il servizio militare è profondamente cambiato: il ruolo del nostro esercito e le nostre missioni militari negli scenari internazionali sono profondamente mutati: le tante missioni di pace nelle quali il nostro esercito è impegnato in giro per il mondo, in situazioni delicate e complicate, rappresentano un'altra espressione, un altro modo di intendere la forza di un esercito, di intendere l'utilizzo di una forza militare. Ciò non implica necessariamente che si debbano fare scelte a senso unico; al contrario, occorre che la legge sappia riconoscere - laicamente - le singole impostazioni culturali, di pensiero e spirituali di ciascuno.
La legge n. 772 del 1972 nasceva, com'è stato ricordato in quest'aula, a seguito del lungo e doloroso calvario di singole persone, le quali scelsero l'obiezione di coscienza per motivi inizialmente attinenti alla sfera religiosa: è stata ricordata l'esperienza di padre Balducci, ma desidero ricordare anche quelle dei tanti, solitari e sconosciuti testimoni di Geova, i quali, per esigenze etiche e religiose personali, scelsero di obiettare in un momento in cui l'obiezione di coscienza era un'opzione pesante, complicata e non priva di conseguenze anche dure. Ricordo, altresì, la battaglia politica alla quale hanno contribuito il mio partito politico, Roberto Cicciomessere, segretario del Partito Radicale, e l'autodenuncia dei radicali, i quali, con la loro disobbedienza civile, ricorrendo all'obiezione di coscienza in modo politico - insieme a tanti altri, ma effettuando una scelta attinente all'agenda politica -, riuscirono a costringere il Parlamento a legiferare ed a regolamentare il servizio civile sostitutivo.
Le cose sono davvero molto cambiate: il residuato bellico che ci viene qui testimoniato dalle audizioni e dalle dichiarazioni rese in Commissione richiede davvero un intervento specifico che deve portarci oltre, a voltare pagina, a scorgere un contesto nuovo e a ragionare, quindi, su come sia profondamente cambiato anche il senso e il valore del servizio civile medesimo.
Non nego che un certo servizio civile, in qualche modo parastatalizzato, un certo servizio civile quasi di «volontariato obbligatorio» non mi piace affatto, ma è un dato nuovo, diverso, da valutare in un senso totalmente differente rispetto al contesto in cui questo provvedimento andrà ad incidere.
Voglio ricordare qui come quel processo di legiferazione che portò tanti paesi europei a riconoscere, pur con difficoltà, il servizio civile, parta dalla pagina gloriosa di una Inghilterra bombardata durante la seconda guerra mondiale, in cui Churchill seppe riconoscere il valore e la fondamentale valenza etica e politica dell'obiezione di coscienza, del non abbracciare le armi, pure in un contesto così difficile e così delicato.
Noi non siamo più in quel contesto, però occorre riconoscere per legge una regolamentazione che tenga conto della possibilità di cambiare opinione e di superare situazioni come quelle «kafkiane» che ci sono state testimoniate e che, sostanzialmente, davvero devono essere superate.
Occorre una norma specifica che sani e che - lo spero - riesca a superare i contenziosi ancora aperti nei tribunali italiani per voltare pagina, per guardare ad una affermazione di coscienza che non sia obbligata dalla legge, non condizionata da una scelta fatta a diciott'anni, magari semplicemente per non fare il militare...
CARLO GIOVANARDI. Bravo!
BRUNO MELLANO. ... in una caserma che non piaceva, ma una affermazione di Pag. 27coscienza che sappia costruire uno scenario nuovo di valori, di impegno, di costruzione di una politica in un contesto internazionale di sicurezza. Nel contempo si deve tener conto dei bisogni di realizzazione della singola persona, dei propri valori e sentimenti, in modo che la scelta sia del tutto consapevole, e non la mera firma di un modulo che ad un certo punto era divenuto una dichiarazione corrente per richiedere il servizio civile alternativo a quello militare.
Si tratta di una pagina che abbiamo superato e voltato: questo provvedimento può portarci a superare i residuati bellici di una normativa che ormai è davvero fuori da un panorama legislativo in cui la leva non è più obbligatoria e il servizio civile è riconosciuto come di altra ed alta natura.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Caruso. Ne ha facoltà.
FRANCESCO SAVERIO CARUSO. Signor Presidente, credo che il provvedimento che ci accingiamo a discutere e a votare metta ordine ad una questione che riguarda decine di migliaia di giovani, i quali hanno in questi anni optato per il servizio civile, e metta fine ad una logica vendicativa, che io credo sia il cuore del problema che noi dobbiamo risolvere in questa sede.
Mi sembra evidente, infatti, come attorno a questa vicenda i casi che prima venivano citati di persone (ingegneri) che non possono partecipare ai lavori di un cantiere perché vi viene utilizzata la dinamite, così come tante altre casistiche, ci dicono che la questione dell'obiezione di coscienza è ancora troppo relegata ad una logica di critica all'utilizzo delle armi, logica che oggi dobbiamo avere anche il coraggio di superare, inquadrando la questione dell'obiezione di coscienza non come un privilegio che viene dato a qualche persona che ha un moto di ribellione verso le armi, ma come la scelta legittima di servire lo Stato attraverso le Forze armate, così come attraverso il servizio civile.
Quindi, rispetto alla questione della centralità delle Forze armate, credo che oggi, nel 2007, si possa servire lo Stato in tantissimi modi, anche se capisco che ciò possa arrecare disturbo a qualcuno.
Ritengo che la questione dell'obiezione di coscienza vada considerata al di là della critica della propria coscienza rispetto all'utilizzo delle armi; credo che essa debba essere inquadrata in un'ottica più ampia. La critica che una persona a diciotto, a trenta, a cinquant'anni può muovere nei confronti della guerra e delle istituzioni militari - che hanno un fine che non può essere condiviso a livello personale - non può precludere l'accesso ad una serie di attività che contemplano l'uso delle armi.
Per essere più chiaro, il fatto che una persona non si senta di servire lo Stato attraverso l'arruolamento nelle Forze armate e, quindi, attraverso l'impegno militare non può pregiudicare il suo eventuale desiderio di lavorare per la difesa e la sicurezza dei cittadini attraverso altri corpi armati.
Penso che non si debba fare un uso strumentale di questo tema, cercando, nell'ambito di una logica vendicativa, di colpire coloro i quali hanno compiuto una scelta del tutto legittima, come quella di svolgere il servizio civile per fare del bene, aiutare i più deboli e risolvere i tantissimi problemi presenti nel nostro paese. Credo che con questo provvedimento si debba porre la parola fine a questa logica vendicativa.
Spero che nel nostro paese, in occasione della discussione di questo provvedimento, si apra un dibattito sulla necessità di estendere la logica dell'obiezione di coscienza non solo alle logiche militari, ma anche a quelle che la propria coscienza ritiene incompatibili di fronte a leggi ingiuste e di fronte ad ordini che la propria coscienza non si sente di seguire.
Rispetto a tale vicenda, in questa sede vorrei portare l'esempio di alcuni soldati nazisti delle SS, che sono le persone più distanti ideologicamente dal mio percorso personale. Vorrei ricordare il loro valore rispetto alla scelta che compirono il 30 Pag. 28settembre del 1944, quando venne loro ordinato di sparare addosso a cittadini inermi rinchiusi nella chiesa di San Martino a Marzabotto: scelsero di passare dall'altra parte e il plotone di esecuzione fucilò, insieme alle donne, ai bambini e ai vecchi, anche questi tre soldati delle SS naziste. Credo che anche in loro memoria dobbiamo cercare di estendere quanto più possibile la logica e la dimensione della «disobbedienza» rispetto alle leggi ingiuste.
Questo provvedimento ripristina anche un minimo di uguaglianza di diritti - e non di privilegi - degli obiettori rispetto ai militari. Ritengo che ciò non possa che essere accolto con favore, anche se personalmente credo che la questione della revoca dello status sia superflua. Ritengo che, forse, anche una persona che si è rifiutata di aderire alle logiche di arruolamento nelle Forze armate possa tranquillamente ottemperare ad un servizio di sicurezza per i cittadini e, forse, anche meglio, visto la sua consapevolezza dell'utilizzo della forza come limite estremo, come estrema ratio: ciò può contribuire ad evitare forme di degenerazione sull'altro versante, di cui oggi non si parla, ossia quello dell'eccessiva violenza.
Oggi, invece, con questo provvedimento, discutiamo di coloro i quali rivolgono una critica radicale alla violenza della guerra e delle armi ovvero a quella logica che ha insanguinato per tanti anni le nostre terre (mi riferisco alle grandi guerre mondiali) e che, purtroppo, ancora oggi insanguina alcune parti del mondo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giovanardi. Ne ha facoltà.
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, intervengo per motivare la mia completa, totale e incondizionata opposizione su questo provvedimento. Dichiaro il mio totale dissenso sia come parlamentare sia in qualità di ex ministro il quale, per quattro anni con delega per il servizio civile nazionale, più volte disse «no» a questi «sindacati» di ex obiettori. Ex obiettori che chiedono si rivedano oggi gli impegni da loro stessi assunti quando, sulla base della legge del 1998, si proclamarono obiettori di coscienza dichiarando, nell'esercizio di un loro diritto, di opporsi, per ragioni di coscienza o religiose, all'uso delle armi: non potevano maneggiare le armi!
Conosco benissimo la storia dell'obiezione di coscienza; conosco benissimo i primi eroici casi di chi doveva scegliere tra adempiere gli obblighi del servizio militare e la reclusione in carcere. Tali casi si contavano sulle dita di una mano ma veramente costituivano momenti di scelta forte, che costavano l'incarcerazione per chi non accettava di fare il servizio militare. Successivamente, è intervenuta un'evoluzione legislativa a seguito degli interventi della Corte costituzionale che, in una prima fase, subordinò l'esercizio dell'obiezione di coscienza anche ad una verifica che effettivamente chi si dichiarava obiettore di coscienza lo fosse davvero. Poi, a seguito di una ulteriore evoluzione, è stata sufficiente una semplice dichiarazione, fondata, però, sul presupposto che liberamente, per le loro convinzioni profonde, religiose, filosofiche e morali, taluni, diversamente da milioni di loro coetanei, dichiarassero dinanzi allo Stato di non poter vestire la divisa e di non poter fare il servizio militare. Da poche decine di casi si è passati a centinaia, a decine di migliaia e, infine, ad 800 mila; si è quindi addivenuti all'abolizione della leva obbligatoria e ad un esercito di volontari. Anche i militari hanno così dovuto prendere atto che l'espandersi dell'obiezione di coscienza era giunto ad un punto tale che il sistema della leva obbligatoria non era più adeguato al nostro paese.
Poi, vi è stata la grande apertura verso il servizio civile nazionale, servizio non obbligatorio (come invece ha detto il collega dianzi intervenuto) ma volontario, sostenuto dal Capo dello Stato quando si cominciò a promuoverlo. Fu un successo straordinario; sono quasi 80 mila, ogni anno, le domande di ragazzi e ragazze che «scelgono». Oggi, infatti, è possibile scegliere: il servizio civile nazionale è infatti Pag. 29inquadrato sempre nel concetto di difesa della patria; ha pari dignità del servizio militare. Oggi, dunque, vi è chi, in ottemperanza al principio costituzionale, difende la patria nelle Forze armate e chi difende la patria attraverso il servizio civile nazionale. Una delle misure più interessanti che mi è capitato di assumere nella scorsa legislatura è avere insediato una commissione mista sulla difesa civile non violenta, composta sia da pacifisti non violenti sia da esponenti delle Forze armate per dare anche una qualche realizzazione pratica al concetto di collaborazione tra Forze armate e chi predica la non violenza nell'ottica della difesa della patria. Costoro hanno lavorato presentando una bella relazione e trovando dunque dei punti di convergenza.
Quindi, conosco benissimo la storia di questa vicenda dell'obiezione di coscienza, ma io difendo, onorevoli colleghi, un'alleanza, l'alleanza delle persone serie. Considero persone serie i giovani che, quando gli è stata notificata la cosiddetta cartolina, hanno svolto il servizio militare - alpini, bersaglieri, fanti -, a volte a centinaia di chilometri da casa, interrompendo le loro attività lavorative e di studio e ritenendo in coscienza di dover rispondere a quella chiamata. Considero persone altrettanto serie quelle che, dinanzi al precet, hanno obiettato che, per ragioni personali di convinzioni profonde morali, civili e religiose, non potevano imbracciare le armi e si sono dichiarati obiettori di coscienza svolgendo un servizio sostitutivo.
Io voglio difendere queste persone, chi ha fatto il militare e chi ha fatto l'obiettore di coscienza: non voglio difendere, invece, i cialtroni Non tutti, certo, sono cialtroni, ma, quando sento le obiezioni cui accennava il collega: ma la caserma non mi piaceva; ma dovevo andare via da casa; ma potevo fare l'obiettore di coscienza vicino a casa, ma, ma, ma...!
Non si può fare una dichiarazione vincolante sulla base della legge affermando che, diversamente dagli altri, non si adempie al servizio militare per ragioni di coscienza, di pensiero e di religione e poi venire adesso a raccontare che non si è assolto tale dovere per ragioni di convenienza. Allora, vogliamo dare ragione a tutti quegli ambienti che, per anni, hanno affermato che l'obiezione di coscienza non era una cosa seria, ma solo un metodo per evitare il servizio militare? Vogliamo dipingere così il fenomeno dell'obiezione di coscienza? Vogliamo marchiare così decine di migliaia di giovani che l'obiezione di coscienza l'hanno fatta sul serio?
Tutto questo perché - salvo alcuni casi limite che, a mio avviso, sono facilmente risolvibili - ci sono persone che hanno fatto obiezione di coscienza e che adesso, ad esempio, vogliono andare a caccia, persone che non hanno fatto il servizio militare perché non potevano portare un'arma e che adesso vogliono andare a caccia, vogliono fare il carabiniere o il finanziere.
Quando si conclude un contratto, lo si adempie; quando ci si è dichiarati obiettori di coscienza, gli effetti di tale dichiarazione si sono già consumati, in quanto il servizio militare non è stato svolto. O forse si potrebbe pensare che, prima di poter andare a caccia, occorre svolgere un anno di volontario nelle Forze armate. Anche questa potrebbe essere una soluzione seria! Quello che non è serio, che è offensivo per tutti, è affermare che la storia dell'obiezione di coscienza e del servizio militare finisce in una specie di pulcinellata generale, per cui chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto, chi ha scherzato ha scherzato e chi ha svolto il servizio con convinzione viene in qualche modo mascherato da coloro che, invece, con una semplice dichiarazione, possono dichiarare di aver cambiato idea rispetto all'obiezione di coscienza fatta in precedenza.
In realtà, l'unica limitazione che l'obiettore di coscienza si assume è quella di non maneggiare le armi. La cosa inaccettabile è macchiare la storia italiana gloriosa dell'obiezione di coscienza, di coloro che hanno fatto questa scelta seriamente, che ci hanno creduto e che ci credono ancora nonché dei milioni di giovani che hanno svolto il servizio militare e che, qualche volta, guardavano con un po' di sospetto coloro che, invece di Pag. 30partire per destinazioni lontane - magari alla frontiera o in Sicilia -, svolgevano il loro servizio civile nella biblioteca vicino a casa.
La scelta di non voler usare le armi è assolutamente rispettabile; infatti, nel servizio civile nazionale, il concetto di servire la patria attraverso l'assistenza agli anziani, ai poveri, attraverso la protezione dei beni culturali ed ambientali nonché nella protezione civile per intervenire in casi di calamità è davvero importante. Si tratta di in un modo diverso di servire lo Stato e il prossimo.
Allora, esaltiamo gli aspetti positivi: esaltiamo chi ha svolto il servizio militare seriamente e chi ha scelto l'obiezione di coscienza altrettanto seriamente, ma non portiamo avanti questo provvedimento, non diamo vita a questa «sanatoria di coscienza»!
L'obiezione di coscienza comporta esclusivamente il rifiuto di usare le armi, questa è l'unica limitazione. Si tratta di una questione di serietà da parte di chi, facendo questa scelta, non ha svolto il servizio militare, che era obbligatorio per tutti i giovani italiani maschi.
Quindi, prego davvero il Governo, che non si è dichiarato, di pronunciarsi nelle prossime sedute proprio per una questione di principio, e chiedo anche ai colleghi che hanno presentato le proposte di legge di fare una riflessione su quello che propongono. Non so quali associazioni siano state sentite, ma vi assicuro che alcune associazioni di obiezione di coscienza e alcune associazioni d'arma (come l'Associazione nazionale alpini e tantissime altre) prenderanno malissimo queste proposte di legge, proprio perché si rischia di premiare non le persone oneste, ma coloro che in qualche modo hanno sfruttato la legge per obiettivi diversi. Tutte le volte che sento ripetere, come dal collega intervenuto prima, che questi obiettivi sono anche comprensibili perché a quell'età un soggetto può seguire le proprie convenienze, la cosa mi convince ancora meno, perché vuol dire che per legge riconosciamo l'opportunismo, per legge riconosciamo che la dichiarazione firmata di obiezione di coscienza era solo un mezzo per evitare di fare qualcosa che costava, ma che è costato a milioni di persone che lo hanno fatto. Occorre pensare a tutte le conseguenze negative che potremmo produrre se venisse «coltivato» questo progetto di legge: quindi, chiedo ai colleghi, se non altro, di ritirarlo e di rimandarlo in Commissione per un approfondimento della materia.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 197 ed abbinate-A)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, presidente della Commissione difesa, deputata Pinotti.
ROBERTA PINOTTI, Relatore. Gli interventi svolti hanno evidenziato punti di vista molto diversi, mi permetto tuttavia di far rilevare all'onorevole Giovanardi che non si è scelto di abolire la leva obbligatoria e passare all'esercito professionale perché il numero degli obiettori di coscienza la rendeva difficile, ma vi è stata una ragione molto più profonda rispetto al ruolo e ai compiti che devono svolgere oggi le Forze armate. Quindi, la motivazione della scelta è legata ad un modello e alle attuali necessità rispetto allo strumento militare, piuttosto che al problema richiamato.
La discussione svolta in Commissione, alla quale hanno partecipato tutti i gruppi, è stata ampia ed approfondita. Ho ascoltato con estrema attenzione il punto di vista dell'onorevole Giovanardi: credo che non si debba mai pensare di approvare leggi che, in qualche modo, favoriscano i cosiddetti furbi, ma questo è un punto di vista. Tutte le sentenze che pervengono dai TAR, e non soltanto, evidenziano che, rispetto ai vari contenziosi esistenti, la giurisprudenza si sta orientando nel senso delle indicazioni contenute nel testo unificato in esame. Quest'ultimo, di fatto, da Pag. 31un lato stabilisce quali strumenti non possono essere considerati armi perché non sono offensivi - e, quindi, non possono essere preclusi dall'utilizzo di chi ha fatto l'obiezione di coscienza in quanto non hanno motivo di offendere la persona - e, dall'altro, consente, a chi avesse cambiato idea, di dichiararlo ed anche - senza più svolgere l'anno di volontariato nelle Forze armate perché questo non è più possibile, trattandosi ormai di un modello diverso -, di essere richiamato in caso di mobilitazione (ovviamente è un'eventualità che nessuno di noi si augura).
Questo può agevolare i furbi o è il riconoscimento di diritti? Peraltro in tante situazioni si concede la possibilità di modificare un proprio orientamento. Ringrazio comunque l'onorevole Giovanardi - l'unica voce che si è levata anche con toni molto sentiti ed appassionati - perché credo che, quando si approvano leggi, si debbano ascoltare punti di vista diversi: quindi, ritengo che le sue riflessioni siano utili.
Devo aggiungere, però, che nel corso dell'analisi svolta in Commissione la maggior parte dei gruppi non ha rilevato motivi di contrasto rispetto al provvedimento. In Assemblea potrà svolgersi una discussione più ampia e approfondita e, quindi, non soltanto i membri della Commissione ma tutti i colleghi potranno esprimere il proprio punto di vista, frutto anche, come in questo caso, di autorevole esperienza, visto che l'onorevole Giovanardi è stato anche ministro.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Rinuncio alla replica, signor Presidente.
PRESIDENTE. Sta bene.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.