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DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI SILVIA VELO, VITTORIO ADOLFO, SILVIO CRAPOLICCHIO, AURELIO SALVATORE MISITI, OSVALDO NAPOLI E EUGENIO MINASSO SUL TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE N. 15-A ED ABBINATE
SILVIA VELO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che andiamo ad approvare quest'oggi è un provvedimento molto atteso.
Atteso da tanti sindaci e da tanti cittadini che vivono nel nostro paese in grandissima maggioranza in comuni piccoli e piccolissimi.
Il lavoro che ha preceduto il voto di oggi è il frutto di un ampio dibattito in Commissione. Molti suggerimenti sono stati accolti portando un testo significativamente migliorato in aula.
La proposta di legge parte dalla riproposizione di una proposta di legge della scorsa legislatura che aveva praticamente ottenuto l'unanimità alla Camera.
Tale proposta si arenò al Senato per volontà del precedente Governo.
Per arrivare a questo risultato è stata necessaria la volontà di molti deputati inoltre ed è stata di fondamentale importanza la spinta alimentata dal basso sia dalle associazioni delle Autonomie locali (ANCI-UNCEM-ANCPI) sia dalle organizzazioni degli agricoltori sia dalle associazioni di categoria dell'artigianato e del commercio, nonché da Legambiente, che peraltro è promotrice dell'iniziativa legata proprio ai piccoli comuni nel mese di maggio (la piccola e grande Italia).
Il provvedimento parte innanzitutto dalla consapevolezza delle condizioni di disagio che vivono oggi i comuni di piccole dimensioni.
Si tratta di crescenti difficoltà a garantire ai cittadini livelli essenziali di servizi: scuole, uffici postali, presidi sanitari, eccetera.
Oltretutto ci riferiamo spesso a realtà in cui ad un basso numero di abitanti (e quindi di risorse) corrispondono territori molto vasti e quindi con costi di manutenzione elevati.
In questo quadro di difficoltà si è lavorato comunque ad un provvedimento che non ha sicuramente lo spirito del sostegno assistenzialista ma, al contrario, parte della convinta consapevolezza che nel nostro Paese la rete dei piccoli comuni rappresenta una ricchezza ed una peculiarità che costituisce un valore aggiunto per l'Italia. Una ricchezza alla quale cerchiamo di fornire strumenti di valorizzazione.
I piccoli comuni costituiscono innanzitutto un insostituibile presidio per la tutela del territorio contro i rischi di dissesto idrogeologico e di aree abbandonate. Ma soprattutto i piccoli comuni rappresentano un patrimonio immenso di relazioni, di identità, storia e coesione sociale .
Sono quindi un pezzo importante nella nostra economia e nello sviluppo del Paese.
Naturalmente tutto questo va inteso nell'ottica della tutela e della valorizzazione del territorio, ma anche e direi soprattutto nella logica dell'innovazione, della ricerca, della modernizzazione.
Questa realtà comprende il 50 per cento del territorio nazionale e il 78 per cento dei comuni italiani con oltre 10 milioni di cittadini.
In questo senso il testo che risulta dal lavoro in Commissione ed in Aula, nella Pag. 114stesura finale, fornisce innanzitutto un quadro generale di misure di indirizzo a costo zero che possano comunque rappresentare uno strumento di riferimento importante.
Queste misure riguardano ad esempio l'uso delle proprietà demaniali (case cantoniere) e la governance.
Molto importanti sono inoltre le misure di incentivazione all'associazionismo tra i comuni, che sono fondamentali per raggiungere alcuni obiettivi: più servizi e minori costi e quindi razionalizzazione della Pubblica Amministrazione.
Altro punto importante è rappresentato dalle incentivazioni alla cablatura del territorio e degli edifici. Si tratta quindi di misure a sostegno dei piccoli comuni, che favoriscono la modernizzazione del Paese.
Per quanto riguarda la dotazione finanziaria di questo provvedimento sarebbe stata certamente auspicabile una maggiore quantità di risorse. Tuttavia vale la pena ricordare che comunque il provvedimento prevede risorse più che doppie rispetto a quelle previste nel provvedimento approvato nella precedente legislatura dalla Camera dei Deputati.
Infine, noi consideriamo questo il punto di partenza, un inizio importante sia per risolvere problemi concreti sia per stabilire un principio al fine di rafforzare una delle grandi ricchezze nazionali, ovvero l'Italia dei piccoli comuni. È quindi un ottimo lavoro che darà nell'immediato e nel futuro grandi risultati.
Concludo con due considerazioni di carattere generale: si sta predisponendo il nuovo codice delle autonomie locali; ritengo che sia anche questo uno strumento importante, utile a definire meglio le competenze dei vari livelli istituzionali, e che debba essere improntato alla razionalizzazione, alla semplificazione e all'associazionismo tra enti. Vi è la consapevolezza che al decentramento di funzioni non è corrisposta, nel tempo, anche la riorganizzazione e il decentramento del personale, causando così un aumento dei costi della pubblica amministrazione inaccettabile per i cittadini e per il Parlamento.
Occorre con questo spirito dare attuazione al titolo V della Costituzione in particolare con riferimento al federalismo fisca1e. Con la legge finanziaria si sono fatti molti passi in avanti, ma non è ancora sufficiente: è necessaria una legge organica e il Governo si è impegnato in tal senso. Se si riconosce, infatti, che le amministrazioni locali hanno un ruolo primario nella vita dei cittadini e delle imprese, attraverso l'erogazione dei servizi alla persona e gli investimenti per lo sviluppo, occorre che essi siano messi in grado di operare al meglio con efficienza e razionalità.
Con questo spirito, nella convinzione che su questi principi si possa realizzare un'ampia convergenza in Parlamento, perché sono temi in sintonia con i bisogni del paese, dichiaro il convinto voto favorevole del gruppo dell'Ulivo a questo provvedimento.
VITTORIO ADOLFO. Esprimo il parere favorevole dell'UDC su questo progetto di legge inerente le misure a sostegno dei comuni sino a 5.000 abitanti.
Cerchiamo di cogliere in questo provvedimento gli impegni positivi che si assumono, tenendo presente che la maggioranza dei comuni non arriva a 1.000 abitanti ed è impegnata fortemente nella sopravvivenza amministrativa.
L'UDC condivide la promozione delle attività economiche, sociali, ambientali e culturali, la valorizzazione del patrimonio naturale e rurale, la formazione dei piani pluriennali di sviluppo e del piano territoriale di coordinamento, nonché la pianificazione paesaggistica. Significativa ed importante è altresì la norma inerente la dichiarazione di nascita, mentre il mantenimento dei servizi pubblici essenziali, quali il servizio postale, compresa l'apertura degli sportelli, e la scuola dell'obbligo, rappresentano una necessità inderogabile per il mantenimento della popolazione sul territorio. Gli incentivi per l'insediamento nei piccoli comuni e quelli fiscali, unitamente al sostegno per le realizzazioni Pag. 115infrastrutturali ed alla tutela dei beni culturali di interesse religioso, costituiscono certamente una speranza.
Poiché 150 milioni di euro nel triennio 2007-2009 non sono certamente sufficienti a coprire le richieste, invitiamo infine il Governo a rifinanziare la legge una volta esauriti i fondi.
SILVIO CRAPOLICCHIO. Onorevole Presidente, onorevoli deputati, onorevoli membri del Governo, intervenendo nel presente dibattito, intendo innanzitutto sottolineare come il testo in esame costituisca il positivo risultato di un proficuo lavoro svolto dalle Commissioni riunite, che si è potuto avvalere non soltanto della qualificata attività svolta dal Parlamento nella precedente legislatura, ma anche dei contributi dei numerosi soggetti intervenuti nel corso delle audizioni svolte nella attuale legislatura e della ampia convergenza registratasi nel medesimo frangente tra le diverse forze politiche, sia di maggioranza che di opposizione.
Come è noto, l'intervento legislativo in questione si e' reso necessario a causa della profonda trasformazione che ha vissuto il nostro paese a partire dall'ultimo dopoguerra, quando lo sviluppo economico e sociale ha determinato processi di rapida e massiccia urbanizzazione, con la concentrazione della popolazione nei grandi centri, e di spopolamento delle aree interne del paese, di quelle montane e delle campagne.
I piccoli comuni, negli ultimi anni, hanno costantemente visto decrescere le risorse disponibili, sia per il massiccio taglio di trasferimenti statali, sia anche e soprattutto a causa della costante migrazione della popolazione verso le grandi città, in ragione delle condizioni disagiate di vita in tali comuni, in una sorta di circolo vizioso che, nella gran parte dei casi, ancora purtroppo non si è riusciti a spezzare: infatti, è proprio la scarsa densità di popolazione che riduce l'efficienza dei servizi, sia essenziali che non, nei piccoli comuni, la quale induce a sua volta al progressivo spopolamento con aggravio costante e difficilmente arrestabile del problema.
Sempre più sono i casi nei quali nei piccoli comuni non è assicurato un livello minimo di base dei servizi essenziali, anche a causa della necessità di accorpare tali servizi tra più realtà locali nella necessità di ridurre i costi, per non parlare degli altri servizi di pubblico interesse comunque importanti per assicurare una migliore qualità della vita.
Tuttavia, sono proprio i piccoli comuni ad assumere un insostituibile ruolo nella difesa del territorio e nella politica di riduzione dei costi sociali ed economici dell'urbanesimo che tali comuni, fortunatamente, quasi non conoscono.
L'equilibrata distribuzione della popolazione sul territorio nazionale costituisce una garanzia del nostro sistema culturale e sociale, anche con riguardo alla manutenzione del territorio, dei beni storici, monumentali, artistici e culturali e rappresenta un cardine essenziale per lo sviluppo e per il benessere economico del paese.
Con il presente intervento legislativo, dunque, si è correttamente tentato di riequilibrare la descritta situazione, incentivando la vivibilità in tali comuni attraverso agevolazioni per la fornitura dei servizi essenziali e consentendo sia un afflusso di maggiori risorse economiche, sia il potenziamento delle infrastrutture pubbliche, sia una semplificazione dell'azione amministrativa comunale in taluni importanti ambiti, ove spesso gli oneri burocratici innalzano notevolmente i costi e ostacolano e rallentano notevolmente l'attività in tale settore.
Ulteriormente, con la presente novella legislativa, si è positivamente inteso rilanciare la valorizzazione del patrimonio ambientale e storico-culturale di queste aree, presupposto essenziale per l'incremento dell'afflusso turistico, ed incentivare ed agevolare, in ogni contesto, le iniziative economiche e commerciali dei piccoli imprenditori ivi operanti, nonché consentire maggiori economie di spesa per tali comuni.Pag. 116
Ciò premesso, non possiamo che valutare positivamente, come gruppo dei Comunisti Italiani, che in un unico provvedimento legislativo si sia ritenuto di raccogliere un insieme di disposizioni relative a differenti ambiti normativi, ma tutte finalizzate ad uno scopo unitario e ben definito, che consiste nel contrastare la tendenza sempre più forte allo spopolamento di alcune aree territoriali del paese e, in particolare, di quelle montane e collinari.
Riteniamo infatti che soltanto attraverso la programmazione e l'attuazione di politiche generali e locali di intervento, quale quella in esame, si potranno riportare e stabilizzare le popolazioni nei piccoli comuni, si potrà finalmente avviare una nuova fase di sviluppo e si potranno finalmente arginare preoccupanti fenomeni come quelli dell'assenza di ogni forma di cura nella manutenzione del territorio, con conseguenti gravi fenomeni di abbandono e di degrado estremo.
Per tutte le citate ragioni, il gruppo parlamentare dei Comunisti Italiani, ritenendo che il testo in esame possa senz'altro rappresentare un positivo presupposto per una nuova fase di sviluppo delle realtà dei piccoli comuni, esprimerà un voto favorevole sul provvedimento di legge oggi all'esame.
AURELIO SALVATORE MISITI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, il gruppo parlamentare Italia dei Valori si è già espresso favorevolmente all'approvazione di una legge a favore dei piccoli comuni, così come indica la stessa Costituzione repubblicana.
La proficua discussione, prima nelle Commissioni e poi in aula, ha consentito di varare un buon provvedimento, che avrà effetti positivi in tutte le nostre piccole comunità.
Questa legge rappresenta un segnale e una attenzione dello Stato verso realtà spesso emarginate del nostro paese.
Purtroppo non sono previsti fondi consistenti per incentivare di più il progresso economico e sociale e tuttavia, pur tenendo conto della necessità di non ampliare la spesa pubblica, gli incentivi previsti sono un primo passo per costituire un tassello del codice delle autonomie.
Si sono evitati alcuni errori come la deroga prevista nell'articolo 3 al futuro codice degli appalti e delle forniture, che avrebbero portato a contraddizioni notevoli nella gestione delle opere pubbliche.
Non è stato possibile accogliere altri emendamenti, come ad esempio quelli sulla gestione delle risorse idriche.
Per queste considerazioni e per il clima costruttivo che si è creato in aula e nelle Commissioni il gruppo Italia dei Valori voterà a favore del provvedimento.
OSVALDO NAPOLI. Il gruppo di Forza Italia non può che esprimere un giudizio favorevole su un provvedimento che certamente, per la prima volta, riconosce e garantisce l'esistenza e la valorizzazione dei piccoli comuni sotto i 5000 abitanti.
Voglio ribadire, a rischio di ripetermi, che ritengo fondamentale l'introduzione di un ordinamento differenziato per i piccoli comuni, poiché è assurdo poter solo pensare che un comune con meno di 5000 abitanti possa essere amministrato come il comune di Roma, di Torino, di Milano. Ci vogliono delle leggi ad hoc interamente dedicate ai piccoli comuni che possano tenere conto delle loro criticità e che possano valorizzare le loro peculiarità.
Nel testo sono contemplati, tra l'altro, la valorizzazione dei prodotti agroalimentari, interventi per lo sviluppo e l'incentivazione di attività commerciali e di attività artigiane, il sostegno alla realizzazione di programmi di e-government, alcune misure che garantiscano la permanenza di servizi essenziali (postali, ospedali ecc.), il sostegno all'associazionismo e agevolazioni in materia di servizio idrico che andrebbero estesi a tutti i piccoli comuni che, per la particolare posizione geografica dei propri territori, risultano caratterizzati da difficoltà di comunicazione ed estrema perifericità rispetto ai centri abitati di maggiori dimensioni.
Ed è proprio alle forme di associazionismo fra i comuni che occorre porre Pag. 117grande attenzione. Poiché le unioni dei comuni rappresentano per le amministrazioni comunali uno strumento ottimale per razionalizzare la gestione dei servizi e delle funzioni. A tale riguardo, le circa 200 unioni costituite solo negli ultimi anni testimoniano quanto i comuni più piccoli vivano questa esperienza associativa come una vera chance per la loro stessa sopravvivenza.
Le forme di gestione associata dei servizi comunali andrebbero incentivate attraverso la costituzione di un Fondo per l'associazionismo intercomunale volontario (FAIV), con dotazione finanziaria triennale, in quanto il dibattito sull'associazionismo intercomunale sta mettendo in evidenza la strategicità di individuare un modello tendenzialmente stabile e unico di gestione associata su tutto il territorio nazionale e che, soprattutto, sia riconosciuto dai comuni come ambito sovracomunale in cui ottimizzare la propria governance.
Di questi tempi, poi, si parla giustamente di sicurezza del territorio e dei cittadini, riferendosi però in particolar modo alle grandi aree urbane. È necessario, invece, e proprio in questa legge sui piccoli comuni, ricordare che le caserme delle Forze dell'ordine nei piccoli centri chiudono alle 8 di sera per riaprire alle 8 del mattino successivo, e queste caserme spesso e volentieri servono diversi comuni. Forse questi territori non hanno diritto ad avere una copertura di 24 ore contro la delinquenza? Perché separare le grandi città dai piccoli comuni?
Inoltre, non possiamo che rimarcare come 120 milioni di euro per i tre anni 2007-2008-2009 siano insufficienti e che è necessario che il Governo dimostri non solo buona volontà ma anche concretezza finanziaria, infatti con tale cifra si darebbe ad ogni singolo comune poco più di 6000 euro all'anno.
Se, però, il Governo non modifica la legge finanziaria corriamo il rischio di prendere più di quello che si dà.
In particolare, l'esclusione degli avanzi di amministrazione dalle entrate del saldo risulta penalizzante, in quanto rende di fatto inutilizzabili queste risorse: il rispetto del patto di stabilità interno incentrato sui saldi unitamente alla impossibilità di utilizzare le risorse derivanti dalle precedenti gestioni anche solo per garantire alcune categorie di interventi (ad esempio messa in sicurezza delle scuole) rischia di determinare, in numerose realtà territoriali, la paralisi delle politiche di sviluppo.
Altro grave problema è l'impossibilità, per i comuni e le province che non hanno contratto mutui nel triennio base, di accenderne nuovi durante il 2007. Tale impossibilità si desume infatti dal combinato disposto delle disposizioni contenute in finanziaria che di fatto hanno creato una situazione paradossale, infatti gli enti che nel passato hanno contratto mutui, anche in percentuale rilevante, hanno per il 2007 un ulteriore spazio di indebitamento mentre, al contrario, i comuni e le province che negli anni passati hanno finanziato in modo diverso gli investimenti si trovano ora a dover limitare eventuali programmi di sviluppo attraverso il ricorso al debito. Allo stesso tempo, però, gli enti locali devono far fronte agli impegni finanziari derivanti dalle opere già avviate ed ai relativi stati di avanzamento dei lavori. A tal proposito si pongono gravi problemi per il rispetto dell'obiettivo di cassa, laddove l'ente locale abbia ricevuto dei finanziamenti per la costruzione di opere pubbliche negli anni precedenti e si trovi a doverli spendere nel corso del 2007. In sostanza, allorquando si verifichi uno sfasamento temporale tra cassa e competenza. Inoltre, sul versante delle entrate, è stato posto un ulteriore vincolo rappresentato dal computo dei trasferimenti statali che non consente agli enti locali di poter utilizzare anche i residui attivi.
Sulla base delle suesposte considerazioni, si ritiene fondamentale un urgente intervento da parte del Governo, che non dimentichiamo si è impegnato con l'Anci a risolvere i problemi applicativi cui dà luogo il patto di stabilità e finora nulla è stato compiuto in questa direzione! Un impegno non assolto, che si aggiunge a tutti gli altri; pertanto sui comuni si ripercuotono Pag. 118le colpe del disavanzo, ed essi sono gli unici soggetti cui è demandato il compito di risollevare le sorti del Paese in maniera più che proporzionale alle loro possibilità.
Infatti, il deficit del comparto comuni nel 2005 rappresenta il 4 per cento del deficit complessivo della Pubblica amministrazione. Nel 2005 la spesa totale diminuisce rispetto al 2004 di circa 606 mln di euro, nonostante la costante diminuzione dei trasferimenti erariali. Tuttavia i comuni hanno mantenuto costante il livello delle aliquote dei tributi e delle tariffe, infatti la pressione fiscale locale cresce dal 1998 al 2005 di soli 0,8 punti percentuali, ben al di sotto del tasso di inflazione. Malgrado ciò le amministrazioni locali hanno saputo mantenere un buon livello di servizi ai cittadini, operando evidentemente forti economie ed una profonda razionalizzazione della spesa. Un esempio per tutti è rappresentato dalla diminuzione del numero dei dipendenti comunali - dal 2004 al 2005 di 2000 unità - e dal forte contenimento della dinamica di crescita della spesa. Ricordo 2 miliardi e 600 milioni di euro in meno di trasferimenti ed inoltre faccio riferimento alla questione del taglio dei trasferimenti erariali ai comuni in misura pari al maggior gettito derivante dalle nuove modalità di calcolo dell'Ici introdotte dal collegato fiscale alla legge finanziaria 2007, di conversione del cosiddetto decreto Visco, che in base alla relazione introduttiva ammonterebbero a 610 milioni di Euro.
Il taglio indiscriminato si ritiene assolutamente ingiusto, ed il metodo di riparto crea forti iniquità all'interno dei comuni poiché in base ad una nota del Ministero dell'interno sarebbe effettuato in maniera proporzionale tra tutti i comuni, senza tener conto che in alcuni di essi non esistono le fattispecie di aumento del gettito dell'Ici in relazione alla nuove disposizioni introdotte dal decreto Visco.
In sostanza, alcune disposizioni necessitano di un intervento correttivo urgente, che sia finalizzato ad equilibrare gli impegni tra tutti i soggetti facenti parte del complesso sistema Paese e non solo dei comuni; ma soprattutto è necessario ed improcrastinabile assolvere agli impegni presi dal Governo in relazione ad interventi che devono assolutamente essere effettuati.
È giusto il richiamo all'oculatezza nell'investire i soldi pubblici che i comuni devono fare quotidianamente. Ad una condizione, però: che questa comprensibile insistenza involontariamente non conduca a un pericoloso approdo e cioè alla convinzione che sono gli enti locali i «colpevoli» dello spreco di denaro della collettività. Un Governo non può non essere preoccupato se, ad esempio, pur contraendo la tassazione a livello centrale, di fatto costringe la stragrande maggioranza dei comuni ad inasprire i tributi locali. C'è qualcosa che non funziona se ciò accade. A meno che non si pensi che è un caso che, improvvisamente, migliaia di amministrazioni comunali decidano nel medesimo anno di incrementare i tributi. Desideriamo ringraziare i relatori e tutta la Camera che, trasversalmente in maniera bipartisan, ha dimostrato di conoscere l'importanza di questi comuni che rappresentano il 70 per cento del territorio nazionale.
Ci rammarichiamo certamente del fatto che molti emendamenti, al di là del colore politico di chi li ha presentati, non siano stati accolti per mancanza di copertura finanziaria. Il cosiddetto «tesoretto» non potrebbe essere utilizzato per dimostrare un vero interesse nei confronti dei piccoli enti locali periferici?
Noi di Forza Italia diciamo di sì a questa legge, ma ci aspettiamo dal Governo una presa di posizione forte e un'inversione di tendenza per quanto riguarda la fiscalità locale, inversione di tendenza richiesta sia dalla Commissione bilancio all'unanimità sia dall'ANCI e dall'UPI, due associazioni rappresentative di tutti i colori politici ma che al loro interno possiedono senza ombra di dubbio una maggioranza di esponenti di centro sinistra.
Il Governo abbia l'umiltà di ascoltare e di calarsi nei problemi reali degli enti locali. Se saprà fare questo dimostrerà Pag. 119oculatezza e intelligenza politica, in caso contrario si predicherebbe bene e si razzolerebbe male.
EUGENIO MINASSO. Presidente, onorevoli colleghi, ci avviamo alla votazione finale del progetto di legge sul sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni.
Alleanza Nazionale esprime il voto favorevole al presente documento che però, è bene ricordarlo, nella fase conclusiva dei nostri lavori non esprime, o meglio, non contiene al suo interno soluzioni che possano rappresentare la panacea di tutti i problemi e delle difficoltà che affliggono le migliaia di piccoli centri (inferiori ai 5000 abitanti) sparsi sul nostro territorio nazionale.
Come è noto a tutti, questo testo scaturisce dall'unione di tre proposte di legge afferenti il medesimo oggetto (15 - 1752 - 1964).
Partendo da tale presupposto, si potrebbe ritenere di essere giunti ad un testo che, durante il suo iter, ha progressivamente delineato dei caratteri peculiari, derivanti da molteplici apporti e da svariati spunti che oltremodo venivano e vengono sia dal centro destra che dal centro sinistra.
In tutta sincerità ho l'impressione che il testo finale non sia solo la sommatoria di questi contributi positivi ma è, come sovente accade, il compromesso più accettabile affinché un disegno di legge riceva un consenso allargato se non unanime.
Con questa affermazione non è mia intenzione sminuire il lavoro delle Commissioni e del Comitato dei nove di cui faccio parte ma vorrei semplicemente sottolineare come si sia riusciti a trovare la giusta mediazione che oggi ci permette di approvare una legge che in sé presenta poca sostanza, ma che contiene una serie di principi generali che potranno realizzare dei risultati importanti in un futuro prossimo.
Italia Oggi intitolava «Piccoli comuni, un paradiso fiscale» magari!
Sono convinto che tutti avessimo nel cuore e nelle intenzioni questo risultato , ma non sono certo che questo sia l'esito raggiunto.
È stata elaborata una legge «manifesto» piena di buoni principi e oneste intenzioni.
Diciamolo chiaramente: siamo riusciti a costruire un buon punto di partenza, ma la strada è ancora lunga, molto dovrà essere aggiunto oltre ai buoni propositi.
Sicuramente lo sforzo finanziario da parte dello Stato, la defiscalizzazione e quei vantaggi che in questi articoli si sono intravisti dovranno avere più sostanza e più forza.
Sono stati presentati molti emendamenti bypartisan, ma faccio notare che la stragrande maggioranza (il 90 per cento circa) è stata respinta e soprattutto per mancanza di copertura finanziaria.
Qualcuno ha affermato che con queste norme si desidera invertire la tendenza, si vogliono ripopolare i piccoli comuni e soprattutto i comuni più svantaggiati, non solo per il numero di abitanti ma anche per le condizioni dei comuni stessi (Portofino, bene)!
Vivendo in una terra come la mia, la Liguria, ben conosco e posso comprendere la realtà dello spopolamento dei piccoli comuni dell'entroterra a favore di comuni sul litorale; questi ultimi, anche se piccoli, grazie al mare e al turismo, sono ricchi e agiati mentre quelli dell'entroterra, che dovrebbero rappresentare un valore aggiunto, purtroppo soffrono di gravi disagi.
Ecco, sono certo che da domattina, leggendo questa legge pochi (o forse nessuno) decideranno di ritornare in quei luoghi che 30/40 anni prima i propri genitori con sofferenza erano stati costretti ad abbandonare, per raggiungere realtà che presentavano maggiori prospettive per il futuro.
Sottolineo alcuni punti qualificati, quali: il fatto di poter registrare la nascita dei propri figli nei piccoli comuni di residenza anche se avvenuta in altro comune; gli sgravi ICI sulla prima casa (l'ICI non dovrebbe esistere sulla prima casa) e imposta di registro ridotta per l'acquisto Pag. 120dell'abitazione principale e di immobili destinati ad attività economiche; crediti di imposta per chi effettuerà sponsorizzazioni a favore dei piccoli comuni; possibilità per i piccoli comuni nel cui territorio vi sia un ufficio postale, di affidare il servizio di tesoreria a Poste Italiane SpA (interrompendo la costante chiusura di codesti uffici).
Vi sono poi molti altri punti o spunti interessanti che non sto ad elencare. Ritengo utile però evidenziare alcuni concetti prima di avviarmi alla conclusione: il primo è che vista la moltitudine di piccoli comuni, forse il numero più logico di abitanti sarebbe di 3000 e non di 5.000.
Secondariamente, dobbiamo pensare seriamente di introdurre in quei piccoli centri la possibilità del terzo mandato per l'elezione dei sindaci che, in realtà così particolari, devono essere considerati veri e propri Davide che lottano quotidianamente contro il Golia Stato, provincia, regione, burocrazia in generale. Persone a cui certamente non concediamo un'opportunità ma al contrario, amministratori che dobbiamo ringraziare per la dedizione e il senso di responsabilità che dimostrano nel decidere di assumere su di sé questo grave compito per la terza volta.
Ribadendo nuovamente la soddisfazione per un testo condiviso che ha indicato una strada che abbiamo il dovere di seguire, confermo il voto favorevole di Alleanza Nazionale.