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Si riprende la discussione.
(Esame dell'articolo 1 - A.C. 15-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 15 sezione 2).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Pelino. Ne ha facoltà.
PAOLA PELINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci troviamo ad esaminare un provvedimento che reca sostanziali provvidenze a quelle regioni, come l'Abruzzo, ricche dei cosiddetti 'piccoli comuni', nell'accezione di cui al provvedimento in esame, vale a dire con popolazione pari o inferiore a 5 mila abitanti e compresi nelle tipologie dettagliatamente indicate dalle lettere da a) ad e) del primo comma dell'articolo 2 del testo unificato in esame. Comuni purtroppo afflitti da disagio Pag. 4insediativo, come recita il testo del medesimo articolo 2, poveri e poco popolosi, ma tuttavia dotati di forti potenzialità in termini di turismo, produzioni tipiche e risorse culturali e ambientali.
La scelta adottata dal testo unificato all'esame di definire i piccoli comuni attraverso tale doppio criterio, a mio avviso, è condivisibile visto che, come è emerso nei dibattiti svoltisi nelle competenti Commissioni, anche sulla base dei dati statistici prodotti dall'ISTAT e dal Censis, ci si può rendere conto che, in realtà, una definizione basata unicamente sull'indicazione numerica relativa alla popolazione, cioè, pari o inferiore a cinquemila abitanti, potrebbe non essere soddisfacente.
Ben vengano, perciò, delle norme dirette a migliorare le condizioni dei piccoli comuni, migliorando le condizioni di vita e di lavoro, valorizzandone il patrimonio, promuovendo il riequilibrio anagrafico, migliorando l'efficienza e la qualità dei servizi essenziali e valorizzandone i prodotti tipici e agroalimentari.
Per quest'ultimo aspetto, l'articolo 5 del provvedimento prevede l'apposizione di cartelli in ambito regionale in cui si citi testualmente: «Territorio di produzione del (...)», indicazione posta sotto il nome del comune e scritta con caratteri minori rispetto a quelli di quest'ultimo, con la caratteristica che l'indicazione dei prodotti non è costitutiva di diritti e non determina il riconoscimento di origine e provenienza del prodotto tipico dal territorio al quale è associato. Su questo particolare punto, come imprenditrice, segnalo la necessità di un raccordo di detta disposizione con la normativa che tutela i prodotti tipici e doc.
Parlo a nome - presumo - di tutti quei colleghi nati in regioni connotate da elementi di criticità, in quanto zone di disagio insediativo, afflitte da spopolamento e impoverimento di vaste aree, colpite da fenomeni ad alto rischio geologico e di natura ambientale (terremoti, alluvioni, eruzioni, eccetera), dal dissesto idrogeologico, da malversazioni del suolo pubblico e dall'abusivismo; fenomeni assai gravi, peggiorati anche dalla mancanza di manutenzione e di incuria, che determinano disagio crescente nelle popolazioni che vi risiedono in termini di qualità della vita e di servizi ai cittadini.
Sono zone, quelle contemplate dal presente intervento normativo, che presentano profili di criticità, ma anche ricche di bellezze paesaggistiche e di risorse da valorizzare, cosa alla quale tende l'iniziativa legislativa in esame nel suo complesso, frutto dell'unificazione di tre testi parlamentari in cui - mi preme, altresì, evidenziare - sono stati tuttavia espunti importanti elementi innovativi; mi riferisco, in particolare, a quanto previsto dalla proposta di legge La Loggia A.C. 1964, di cui sono cofirmataria. Il provvedimento in esame si prefigge di assicurare un'armonica distribuzione della popolazione sul territorio, cosa che rappresenta un obiettivo fondamentale per l'equilibrio del nostro sistema sociale ed economico e una certezza per la manutenzione del territorio e lo sviluppo produttivo del Paese.
Richiamo l'articolo 3, comma 10, che interviene per favorire il riequilibrio anagrafico e valorizzare le nascite in detti comuni, prevedendo che, nel caso in cui i genitori risiedano in uno dei comuni con popolazione pari o inferiore a cinquemila abitanti, ovvero con caratteristiche di cui all'articolo 2 del testo unificato, essi possano richiedere che la nascita dei figli sia acquisita agli atti dello stato civile del comune di residenza anche qualora il parto si sia verificato in altro comune, purché ricompreso nel territorio della medesima provincia.
Condivido le osservazioni che la II Commissione ha formulato in sede consultiva, cioè, che occorrerebbe prevedere che, nel caso in cui uno dei genitori risieda in uno dei suddetti comuni, sia comunque possibile dichiarare il luogo elettivo di nascita qualora vi sia l'accordo tra i medesimi, nonché precisare che, comunque, dagli atti dello stato civile risulti, oltre al luogo elettivo di nascita, anche quello dove effettivamente il parto è avvenuto.
Fenomeni di disagio affliggono particolarmente le regioni di montagna visto che, oltre alla legge sulla montagna n. 97 del 1994, non si prevedono ulteriori strumenti Pag. 5a sostegno e sviluppo di politiche di accoglienza nei piccoli comuni montanari. In tal senso soccorrerebbe il testo in esame all'articolo 4.
Tornando al provvedimento in esame, il testo sottoposto all'esame dell' Assemblea recepisce in parte il contenuto della proposta di legge presentata dal collega onorevole La Loggia - di cui, come statolo già detto - sono convinta cofirmataria e che fu presentata, peraltro, fra le prime.
Vorrei, per questo motivo, soffermarmi sulle disposizioni volte a scongiurare il progressivo impoverimento di molte piccole realtà, situate anche nella mia regione, che rischiano di perdere competitività territoriale, di compromettere il livello minimo di servizi essenziali offerti ai cittadini e di perdere opportunità di introiti finanziari legati alle risorse paesaggistiche e di produttività artigianale.
Mi soffermerò brevemente su un punto che non è stato recepito nel complesso impianto normativo, frutto delle sinergie dei tre provvedimenti, e diretto principalmente a promuovere e sostenere le attività economiche, sociali, ambientali e culturali dei cosiddetti piccoli comuni e a tutelarne e valorizzarne il patrimonio naturale, rurale e storico -, promuovendo altresì l'adozione di misure a favore dei cittadini residenti e delle attività produttive, con particolare riferimento al sistema dei servizi territoriali e all'ambiente, in modo da incentivare e favorire anche l'afflusso turistico. Dalla relazione si evince che, nel nostro Paese, i comuni con meno di 5 mila abitanti rappresentano il 72 per cento del totale. Essi costituiscono l'ossatura delle autonomie locali e sono fondamentali nella politica di decentramento e di sviluppo locale e di mantenimento dei livelli minimi dei servizi pubblici essenziali.
L'articolo 6 del testo unificato in esame prevede programmi di e-government, coinvolgendo il ministro per le riforme e l'innovazione tecnologica. Per svolgere al meglio la loro funzione, i piccoli comuni hanno bisogno di una organizzazione più efficiente per l'erogazione dei servizi e di politiche di sviluppo che non vadano a vantaggio soltanto dei comuni di maggiori dimensioni. Ultimamente, i piccoli comuni hanno visto decrescere le risorse disponibili, sia a causa del taglio di trasferimenti statali, sia a causa dello spopolamento causato dalle condizioni disagiate di vita in tali centri, con conseguente impoverimento di aree che sono diventate di disagio insediativo (termine coniato dal presente provvedimento ed assai efficace), fenomeni che interessano una parte importante del territorio nazionale. Proprio per consentire ai comuni di svolgere al meglio tali funzioni è, a mio avviso, fondamentale favorire il miglioramento dell'organizzazione e dell'erogazione dei servizi alla cittadinanza e delle politiche di sviluppo ed evitare, quindi, norme limitanti gli assetti organizzativi di dette piccole realtà. Ciò si potrebbe attuare, ad esempio, non considerando l'erogazione delle provvidenze statali e regionali esclusivamente a vantaggio dei comuni di maggiore dimensioni.
Riprendendo il discorso cui ho accennato precedentemente, arrivo al punto. Particolare attenzione va dedicata - ed è stata di fatto dedicata - al raccordo delle competenze in ordine alla potestà legislativa che la Costituzione attribuisce allo Stato e alle regioni, ai sensi delle disposizioni del Titolo V della Costituzione e, in particolare, dell'articolo 117. Per questo motivo, con l'atto Camera n. 1964, di cui sono cofirmataria, ed il cui testo è stato parzialmente trasfuso nel testo unificato oggi al nostro esame, si è voluto dare, con riferimento all'originario complesso normativo ora parzialmente eliminato, un rilancio sociale ed economico per permettere un incremento della vivibilità in tali comuni, introducendo disposizioni in linea con la riforma di detto Titolo, che ha ben delineato i confini di competenza dello Stato e delle regioni nell'esercizio della potestà legislativa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ambireiPag. 6 disporre di pochi attimi di attenzione - in particolare da parte del Presidente, dei relatori e dei colleghi in generale - per dire che, nell'apprestarci ad esprimere un voto sicuramente favorevole all'articolo 1 ed al provvedimento in generale, è necessario, a mio modesto parere, lasciare traccia, almeno in questa occasione, di due osservazioni di principio. Il nostro voto sarà senz'altro favorevole, poiché credo che tutti i parlamentari - e in particolare noi che abbiamo l'onore di rappresentare territori molto diversificati ed articolati su piccole realtà locali - non possano che avvertire come epocale questo problema e non possano che misurarsi in maniera positiva sulle conseguenze che ne derivano. Questa è sicuramente una delle sfide del nostro tempo.
La prima osservazione che intendo sottoporre ai colleghi delle Commissioni di merito e all'intera Assemblea è la seguente: ben venga ogni norma particolare, ogni legge specifica, come quella in esame (non la definirei infatti «leggina», bensì legge), che preveda misure di sostegno, di incentivazione e di potenziamento delle risorse in favore delle comunità demograficamente minori. Ben vengano le norme che accorpano servizi per potenziare le risorse economiche di tali comuni; ben vengano le valorizzazioni dei prodotti tipici locali; ben vengano sgravi di carattere fiscale per incentivare la richiesta di insediamento. Ben vengano tali misure specifiche, ma a mio modesto parere il principio del decentramento e dell'insediamento antropico diffuso sul territorio dovrebbe essere un principio di carattere generale, che informi come una «griglia», come un criterio di valutazione qualitativa, tutti i provvedimenti legislativi che si adottano.
Ricorro ad un esempio. Quando introduciamo norme in materia di edilizia, di ristrutturazioni o di mezzi di trasporto, prevediamo sempre uno standard relativo all'accessibilità da parte dei portatori di handicap. Si tratta di un principio generale di carattere etico e solidaristico, di una scelta politica che informa tutte le normative che vengono varate. Ebbene, quando licenziamo leggi che attengono al trattamento fiscale, ai trasporti, agli investimenti di vario genere, dovremmo prevedere un criterio specifico relativo al modello di insediamento antropico sul territorio che scegliamo. Se il Parlamento decide che il modello di insediamento antropico verso il quale ci indirizziamo in questo secolo - parlo dunque in termini epocali, non contingenti - è quello di venti grandi insediamenti urbani e del progressivo spopolamento delle aree che a questo punto possiamo definire periferiche, si tratta di una scelta, non so quanto condivisibile. Se invece scegliamo, conformemente alla nostra tradizione e alla morfologia del nostro Paese, un insediamento «spalmato» e ben diffuso nel reticolo delle nostre realtà territoriali, compiamo una scelta opposta, che va in altra direzione.
Dunque, ben venga una legge specifica come quella in esame, ma mi auguro passi anche la filosofia che la informa, che non resti un principio declamato e professato nei convegni di studio e negli amabili dibattiti tenuti in occasione delle festività ricorrenti in questo o in quel piccolo centro di periferia, interno o montano, ma diventi un principio ispiratore, selettivo della nostra legislazione nei vari campi. Questa è la prima osservazione, che affido alla maggioranza e all'opposizione della legislatura in corso, nonché di quelle future.
La seconda osservazione, altrettanto importante, è la seguente: mi sono spesso battuto, insieme ad altri - non moltissimi - colleghi, perché fossero salvaguardati i presidi erogatori dei servizi fondamentali nelle piccole o medie città italiane, che fanno la ricchezza dell'identità dei nostri territori. Mi riferisco a servizi fondamentali come i tribunali, gli ospedali, tutto ciò che fa, essendovi insediato, di una città una città, e che, se soppresso, riduce la città a un borgo periferico. Sono stato spesso accusato, insieme ai colleghi con me solidali, di particolarismo, perfino di campanilismo, comunque di privilegiare la micro-dimensione dei problemi rispetto a un principio di economie di scala che vorrebbe invece accorpamenti più drastici. Pag. 7Dunque, ogni volta che si è difesa l'esistenza di un presidio giudiziario, di un tribunale che abbia la sola colpa di non essere insediato in un capoluogo, oppure di un ospedale che deve servire un territorio di medie e non grandissime dimensioni, si è stati accusati spesso di particolarismo, di voler frammentare i servizi e di non voler perseguire giuste economie di scala.
Ebbene, si tratta di un principio che, nel momento in cui si discute il provvedimento in esame, deve essere contestato. Ci confrontiamo nuovamente sul modello di insediamento antropico al quale ho fatto riferimento. Intendo dire che non è molto risolutivo pensare di poter fornire misure di supporto a comuni con popolazione inferiore a 5 mila abitanti quando si smantellano i servizi di area media, che sono insediati nel vicino centro di 40-50 mila abitanti, come un ospedale, un tribunale, un'azienda di servizi, un'agenzia delle entrate.
Si tratta di servizi fondamentali ai quali afferiscono, per usufruirne, quel reticolo di 15, 20, 30 piccoli o piccolissimi comuni di quell'area comprensoriale.
Quando vengono smantellati, in un'area di 70 mila, 80 mila o 100 mila abitanti, 4 o 5 servizi fondamentali, è perfettamente inutile pensare di risolvere i problemi di spopolamento e di incentivazione all'esodo che oggi si è messo in moto, mettendo il cartello che valorizza il prodotto locale oppure offrendo qualche contributo, affinché il servizio di segreteria comunale possa funzionare insieme ad un comune vicino e via seguitando. Tutto questo è lodevole, utile e sicuramente prezioso, ma non risolutivo. Dobbiamo capire, considerando le dimensioni medie della nostra provincia (intendendo per provincia non l'ente provincia, ma i nostri territori), se vogliamo mantenere, anche affrontandone i relativi costi e benefici, quei servizi fondamentali che garantiscono la centralità di un territorio.
Nell'apprestarci ad esprimere sicuramente l'adesione a questo specifico provvedimento, vorrei che, successivamente, quando verranno affrontati altri argomenti come, ad esempio, le misure delicatissime e strategiche alle quali ho fatto riferimento, mostrassimo un atteggiamento coerente, ponendo in essere una politica che va in questa direzione, senza pensare di avere risolto i gravissimi problemi delle nostre periferie, con l'applicazione dei tradizionali, pur lodevoli, antichi pannicelli caldi (Applausi del deputato Realacci). Grazie per l'attenzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Osvaldo Napoli. Ne ha facoltà.
OSVALDO NAPOLI. Signor Presidente, il testo unificato delle proposte di legge concernenti misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni non può che essere accolto favorevolmente dal gruppo di Forza Italia, anche in considerazione dell'importanza e della grande e sentita attesa da parte dell'intero sistema delle autonomie locali. Tuttavia, proprio per l'obiettivo che tale atto legislativo intende realizzare, ovvero quello di costituire un quadro normativo di riferimento nazionale atto a consentire una definitiva inversione di tendenza a vantaggio dei 5.800 piccoli comuni del nostro paese, si ritiene che il testo possa essere certamente migliorato con gli emendamenti e reso più incisivo, valorizzando maggiormente anche gli aspetti e le caratteristiche istituzionali delle stesse amministrazioni locali.
Vorrei, però, inoltre, porre l'accento su un aspetto quanto mai singolare. Da una parte, scriviamo una giusta legge per tutelare i piccoli comuni e, dall'altra, però le stesse amministrazioni comunali vengono ampiamente penalizzate con la legge finanziaria per il 2007. Occorre, quindi, anzitutto, che la proposta di legge tenga conto dei tagli imposti agli enti locali, riparando in qualche modo ai minori introiti che li riguardano.
I trasferimenti ai comuni per il 2007 sono stati determinati al lordo della riduzione complessiva di 609 milioni di euro operata dal ministro dell'economia sul fondo ordinario che dovrebbe essere compensato dal presunto maggiore introito ICI. Considerato però che, difficilmente, Pag. 8entro il prossimo ottobre saranno emanati i previsti decreti del ministro dell'economia, il Ministero dell'interno procederà ad applicare la detrazione nei confronti di tutti i comuni, ma senza aver prima accertato il maggior gettito ICI sul catasto dei terreni e sugli immobili di categoria.
I comuni sono posti di fronte alla sicurezza del taglio del 10 per cento e all'incertezza dei trasferimenti dovuti.
Inoltre - mi rivolgo all'amico Realacci, a Tino Iannuzzi ed ai relatori -, con una interpretazione unilaterale e forzata dal patto di stabilità da parte del ministro dell'economia, si impedisce agli enti locali un pieno utilizzo degli avanzi di amministrazione per la spesa sociale e gli investimenti, penalizzando così le comunità locali più virtuose.
Inoltre, inibire la possibilità dei comuni di procedere con le politiche di investimento che rappresentano il 70 per cento del comparto pubblico significa compromettere seriamente la crescita economica del paese.
Con il provvedimento in esame, attribuiamo delle risorse ai piccoli comuni in una percentuale modesta (bene ha fatto il collega Zanetta a proporne l'aumento).
Tuttavia, vorrei rivolgermi ai colleghi del centrosinistra che sono amministratori: attenzione! Hanno bloccato tutti gli avanzi di amministrazione degli enti locali, mettendo in grande difficoltà gli enti locali periferici. Sono soldi dei comuni e delle province, non sono soldi del Governo. È questo il vero federalismo?
Da una parte, ci riempiamo la bocca di promesse, colleghi del centrosinistra, dall'altra parte, introduciamo forti penalizzazioni.
Rivolgo al sottosegretario Sartor e al ministro Padoa Schioppa l'invito ad andare in mezzo ai comuni piccoli e medi per capire cosa significa amministrare la cosa pubblica.
Inoltre, mi rivolgo al relatore Iannuzzi, che stimo tantissimo per il lavoro che ha compiuto: quando sento che molti emendamenti presentati a questo testo unificato non possono essere approvati perché manca la copertura finanziaria, mi pongo il problema di quale sia il comportamento del Governo quando afferma che esiste un «tesoretto», ma non si sa come usare questi soldi. L'esclusione degli avanzi delle entrate rispetto al saldo rende di fatto inutilizzabili tali risorse.
Ebbene, voglio soprattutto richiamare l'attenzione del Parlamento sulla gravità della situazione in cui versano le nostre città, piccole o grandi che siano. Infatti, con questa finanziaria non si risolve nemmeno uno dei problemi e delle emergenze che si vivono nelle nostre città. Mi riferisco alla sicurezza, al trasporto pubblico locale e alla casa: dove sono finite le politiche strutturali e le grandi riforme che il Governo aveva promesso? Due miliardi e 600 milioni di euro in tagli agli enti locali, 600 milioni di euro ridati ai Comuni, ma assorbiti dai mancati trasferimenti erariali. Credo sia una presa in giro nei confronti degli enti locali periferici.
Si è parlato molto di costi della politica. Personalmente, non ho mai messo in dubbio la necessità di migliorare le procedure per il contenimento dei costi della politica. Rimango in attesa di vedere, al posto del polverone mediatico, una bella inchiesta giornalistica che ci racconti come vivono i piccoli sindaci degli oltre 5.600 comuni con meno di cinquemila abitanti. Se proprio si vuole capire chi sono gli amministratori italiani, si vada a cercare in questo immenso esercito di volontari, molti dei quali, da anni, non hanno mai percepito l'indennità.
Ma il costo della politica si riduce anche in maniera diversa, sapendo razionalizzare la spesa attraverso la modifica del testo unico degli enti locali. Regioni, province, comuni, comunità montane, unioni collinari, parchi, circoscrizioni, unioni dei comuni, consorzi, ATO, BIN, circondari, aree metropolitane, eccetera: è questo il costo della politica che bisogna avere il coraggio di tagliare, non il resto! Il sindaco di un piccolo comune prende 300 euro al mese e si trova costantemente sulla piazza, instaurando anche un rapporto umano con il proprio elettore. Lo Pag. 9dobbiamo tenere presente ed in questa legge che stiamo per approvare dobbiamo rimarcarlo fortemente.
Ebbene, da tempo leggiamo sui giornali la volontà del Governo di un taglio non meglio precisato dell'ICI sulla prima casa. Non vi sono dubbi che sia un fatto positivo e lo prendiamo come esempio, in quanto il presidente Berlusconi, in campagna elettorale, ne ha parlato per primo ed allora era stato deriso da tutti. Oggi, invece, corrono tutti dietro a quella proposta.
I comuni però aspettano ancora oggi di sapere dove si vanno a trovare le risorse finanziarie per coprire eventualmente la mancata differenza di introito.
Vi sono state, finora, tante dichiarazioni, ma nessuna proposta. Noi chiediamo di fare chiarezza su questo aspetto. Voglio leggervi una dichiarazione del sindaco di Rimini, che non può certo dirsi di centrodestra. Il sindaco di Rimini Ravaglioli, rivolto a Padoa Schioppa e a Sartor, ha affermato: «Il ministro guardi in casa propria quando parla di sperperi e non se la prenda con i comuni, costretti a mettere tasse per fare bella la faccia del Governo; una parte di quel "tesoretto" è frutto della rapina subita dai comuni, province, regioni ai quali il Governo ha tagliato quasi cinquemila miliardi di vecchie lire».
Questo lo dice il sindaco di Rimini e ripeto che non vi sono dubbi da che parte egli stia.
Tornando al contenuto del testo unificato delle proposte di legge al nostro esame, i tipi di intervento previsti sono prevalentemente di carattere generale e richiamano ad una azione più specifica le regioni che, in relazione al dettato costituzionale, assumono un ruolo significativo di promozione, incentivazione e sostegno dei piccoli comuni.
A tal proposito, ritengo fondamentale l'introduzione di un ordinamento differenziato per i piccoli comuni, una seconda tornata, poiché è assurdo pensare che un comune con meno di cinquemila abitanti possa essere amministrato come il comune di Roma, di Torino o di Milano. Ma, colleghi, volete mettere il comune di Coazze, quello di Valgioie, in provincia di Torino, con 3.000 abitanti, o quello di Squillace in Calabria con il comune di Roma? Le differenziazioni sono enormi e sono necessarie leggi ad hoc, interamente dedicate ai piccoli comuni, che possano tener conto della loro criticità e valorizzarne la peculiarità.
Nel testo sono contemplati la valorizzazione dei prodotti agroalimentari e gli interventi per lo sviluppo e l'incentivazione delle attività commerciali ed artigiane. Ben vengano misure di questo tipo! E bene fa questa legge! Permettere un corretto sviluppo di questi concetti sarà decisivo per l'affermazione concreta del rafforzato protagonismo costituzionale dei comuni di dimensioni demografiche più forti. Questi ultimi debbono potersi dotare di forme organizzative flessibili, di risorse finanziarie sufficienti, di disponibilità di personale e di mezzi materiali, in modo da garantire una gestione efficace, economicamente vantaggiosa e, soprattutto, funzionale alla migliore erogazione dei servizi ai cittadini e contribuire a mantenere vivo e competitivo il 70 per cento del territorio nazionale.
Occorre, però, abbandonare ogni residuo e chiuso municipalismo, sostenendo un'adeguata accelerazione politica alla strategia dell'associazionismo tra i comuni, soprattutto quelli di minore dimensione demografica, strumento ottimale per razionalizzare la gestione dei servizi.
Si dovrebbe prevedere, inoltre, la riduzione di oneri a carico dei piccoli comuni: per esempio, nel caso dell'affidamento esterno di una progettazione, essa risulterebbe troppo onerosa e potrebbe essere evitata, se il responsabile di procedimento del piccolo comune potesse provvedere alla progettazione stessa; oppure, si potrebbe prevedere la compensazione delle minori entrate determinate dall'agevolazione di imposta comunale, per i beni riconosciuti come beni di interesse culturale, in quanto al comune viene meno la relativa, e rilevante, quota di ICI.
Le forme di gestione associata dei servizi comunali andrebbero incentivate e non vi sono dubbi che noi ci riferiamo all'unione dei servizi e non all'unione dei Pag. 10comuni. È indispensabile che gli amministratori locali capiscano che l'unione dei servizi è importante per l'abbattimento dei costi. I 40 milioni di euro all'anno, certamente, sono un primo passo, ma ripeto che è indispensabile aumentare questo bacino di risorse per i piccoli comuni.
Se, però, il Governo - ed invito, in tal senso, tutti parlamentari del centrosinistra - non sblocca gli avanzi di amministrazione nei confronti dei piccoli e dei grandi comuni, questa legge, che noi voteremo, da una parte darà e, dall'altra, prenderà. Se questo è il comportamento del Governo, non potremmo che essere rammaricati, perché sarebbe una presa in giro nei confronti non solo dei piccoli comuni, ma di tutti i comuni italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Rivolgo un saluto, anche a nome dell'Assemblea, ai docenti ed agli studenti delle classi V dell'Istituto professionale di Stato per i servizi commerciali, turistici, sociali e pubblicità, Luigi Einaudi di Ferrara, che, dalle tribune del pubblico, seguono i nostri lavori (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Ceroni. Ne ha facoltà.
REMIGIO CERONI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, cercherò con il mio intervento di dare un modesto contributo al dibattito che si è aperto con questo progetto di legge, che contiene misure a sostegno dei comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti.
Sono stato eletto sindaco, lo scorso anno, del comune di Rapagnano, un piccolo comune di duemila abitanti nella Marche, del quale sono stato già sindaco nel 1990, nel 1995 e nel 1999.
Chiarisco subito che sono ampiamente condivisibili tutte le ragioni e le motivazioni addotte dai relatori a sostegno di questo provvedimento.
Non vi è dubbio che i piccoli comuni vivono una situazione di grave disagio che, se non affrontata, rischia di procurare la fine di tante piccole comunità, ricche di storia, di cultura e custodi di tradizioni e di valori che hanno fatto grande il nostro paese.
Però, mi dispiace dover rilevare che il provvedimento in esame affronta solo relativamente i problemi dei piccoli comuni, anzi dimostra che non vi è la volontà di affrontarli.
Attraverso il provvedimento in discussione non si vuole entrare nel merito delle questioni. Siamo di fronte ad una proposta - simile a tante altre che ci troviamo a discutere in questa Assemblea - pensata per poter mostrare all'opinione pubblica sensibilità ed attenzione verso le piccole comunità e poter dire di aver risolto i problemi dei piccoli comuni, tanto che l'onorevole Realacci, assieme a Legambiente, ha già organizzato una festa, che si terrà nelle prossime settimane, per propagandare questo provvedimento. In realtà, la proposta di legge al nostro esame non risolve, non affronta nulla, produce benefici molto limitati ai piccoli comuni, è, in ultima analisi, un palliativo rispetto alle reali necessità.
I piccoli comuni non hanno bisogno di enunciazioni di principio, ma di interventi concreti, capaci di rilanciare la speranza di sopravvivenza e allontanare la prospettiva di diventare vecchi borghi abbandonati.
Se veramente abbiamo a cuore gli interessi e la sopravvivenza dei piccoli comuni dobbiamo guardare al problema da due diverse angolature. È necessario intervenire affrontando l'aspetto normativo (ordinamento degli enti locali) e l'aspetto finanziario (risorse a disposizione degli enti locali).
Per quanto riguarda l'aspetto normativo è evidente - è stato già ricordato - che è un errore sottoporre alla stessa normativa tutti i comuni, piccoli e grandi. Si tratta di una questione che andava affrontata prioritariamente, come ha già fatto osservare qualche collega intervenuto in precedenza, mentre la proposta in discussione si occupa in minima parte di questo aspetto.
Un tentativo di mettere mano alla questione è rappresentato dall'articolo 3, Pag. 11comma 3, attraverso cui viene facilitato il compito dei piccoli comuni nello svolgimento delle loro funzioni. Si stabilisce che le competenze di responsabile del procedimento per l'esecuzione degli appalti di lavori pubblici spettano al responsabile del servizio, al quale attiene il lavoro da realizzare in mancanza del responsabile dell'ufficio tecnico; in ogni caso, si tratta di una cosa ovvia che viene stabilita per legge.
Ritengo che sarebbe stato più opportuno procedere alla modifica dell'articolo 107 del decreto legislativo n. 267 del 2000; allo stesso tempo è da considerarsi positivo il comma 8 dell'articolo 3, attraverso cui si esentano i piccoli comuni dal rispetto di alcune disposizioni che per ragioni di tempo non elencherò.
Comunque, ciò che è stato fatto non basta, serve un intervento più organico; per esempio, si sarebbe rivelata utile la definizione del numero delle posizioni organizzative che ogni comune può istituire. Infatti, lasciare tale compito alla libera contrattazione, a livello locale, tra amministrazione, dipendenti e sindacato ha fatto salire a dismisura il numero delle posizioni organizzative, poiché ogni dipendente ne vuole una. In questa maniera, nel corso degli anni, si sono gonfiati i costi per il personale. Si tratta di costi che sono piombati sulle spalle delle piccole comunità (7-13 mila euro per dipendente) e che rappresentano molto di più delle somme a disposizione per ogni comune stanziate attraverso questo provvedimento.
È condivisibile, ad esempio, il principio contenuto nell'articolo 51 del decreto legislativo n. 267 del 2000, introdotto con la legge n. 142 del 1990, per cui i poteri d'indirizzo e di controllo spettano agli organi elettivi, mentre la gestione amministrativa è attribuita ai dirigenti. Però, bisognava comprendere che questo principio ha determinato costi suppletivi alle piccole amministrazioni locali. Nei piccoli comuni questo principio andava in maniera chiara derogato perché gli enti locali hanno funzionato attraverso forme di volontariato che per tanti anni hanno visto protagonisti gli amministratori.
Un'altra osservazione che mi sento di fare è che la proposta di legge in esame risulta vaga anche nell'individuazione dei comuni che avranno diritto a usufruire delle scarse provvidenze previste, perché non vi è dubbio che i criteri introdotti sono troppo generici e indefiniti. Per esempio, all'articolo 2 si fa riferimento ai comuni collocati in aree territorialmente dissestate. Forse ci si voleva riferire ai comuni della Valtellina. Ma agli altri comuni che cosa diciamo?
Per esempio, condivido quanto previsto nell'articolo 2 lettera b), relativamente ai comuni nei quali negli ultimi dieci anni si sia verificato un significativo decremento della popolazione residente, perché qui siamo di fronte a un criterio oggettivo, per cui si va a vedere se sia aumentata o diminuita la popolazione e si stabilisce se quel comune possa entrare in queste provvidenze.
Viceversa, faccio rilevare che con quanto previsto dall'articolo 2 lettera d) in merito ai comuni siti nelle zone montane si sovrappongono competenze di questa proposta di legge con quelle stabilite dalla normativa relativa alle comunità montane. In questo modo determineremmo una sovrapposizione di interventi in comuni che sono già interessati da altre leggi.
Una buona legge deve definire in misura chiara quali sono i comuni che possono usufruire di una normativa più semplice e quali sono le provvidenze che sono messe a disposizione. Non possiamo illudere 5.830 comuni che stanno aspettando una legge a loro favore come la «manna dal cielo» e far loro scoprire che nel provvedimento ci sono poche disposizioni che li riguardano.
Veniamo poi al secondo aspetto, quello economico. È evidente che le risorse messe a disposizione dalla proposta di legge sono troppo esigue: 40 milioni di euro sono una miseria rispetto alla necessità, 40 milioni diviso 5.830 comuni sono circa 6 mila euro a comune. Quali problemi possiamo risolvere con 6 mila euro a comune?
Voi non vi rendete conto della situazione economica in cui versano i piccoli comuni. Sapete che da anni vivono una Pag. 12situazione di grave sperequazione, perché i trasferimenti dello Stato sono agganciati alla spesa storica: ci sono comuni che ricevono tanto ed altri che ricevono niente. Nel momento in cui è arrivata la stretta governativa alcuni comuni si sono trovati in grave difficoltà nel far quadrare il bilancio.
Vi vorrei informare che dal 1989 al 2006 sono entrati in dissesto circa 425 comuni e gran parte di questi, oltre il 25 per cento, sono centri con una popolazione compresa tra i mille e i duemila abitanti; 110 comuni sono andati in dissesto in questi ultimi quindici anni. Ecco, oggi per far quadrare il bilancio di un comune si utilizzano gli oneri di urbanizzazione, che sono previsti per realizzare altri interventi.
Allora era necessario mettere mano alle entrate degli enti locali. Oggi queste entrate sono date dall'ICI sui di terreni (ci sono molti comuni svantaggiati che sono esenti da tassazione ICI), dall'ICI sui fabbricati, che nei piccoli comuni hanno un reddito basso e danno luogo a un'entrata molto relativa, e dall'addizionale IRPEF. I redditi dei piccoli comuni, spesso con una popolazione anziana composta da pensionati, determinano entrate molto modeste; abbiamo comuni lungo la costa che sono ricchissimi e comuni situati all'interno che hanno difficoltà a sopravvivere.
La proposta di legge avrebbe dovuto porre rimedio a queste disuguaglianze. Non capisco come l'ANCI abbia potuto dare parere positivo a questo provvedimento. Per la verità la meraviglia è molto contenuta perché da anni l'ANCI ha perso il suo spirito originario, essendo divenuta un'organizzazione per la promozione dell'immagine di qualche sindaco di grande città piuttosto che un'organizzazione a difesa dei sindaci e dei comuni piccoli. Immagino che l'ANCI abbia voluto dare il proprio parere favorevole perché nel disegno di legge era contenuta l'eliminazione del limite del mandato (ma poi avete visto che fine ha fatto questo questo articolato).
Aggiungo un'ulteriore considerazione osservando che c'era un ultimo aspetto che avrebbe dovuto essere contenuto nel testo, cioè che gli enti locali piccoli non hanno più risorse per gli investimenti. Nelle leggi finanziarie di alcuni anni fa era previsto un fondo per lo sviluppo degli investimenti, che veniva integrato anche da provvidenze delle regioni. Ricordo che la Lombardia, la Toscana e le Marche hanno previsto un fondo per incentivare gli investimenti degli enti locali, che, nella condizione attuale, non riescono a fare neanche gli interventi di manutenzione delle opere pubbliche.
Per tutte queste ragioni, ritengo che questo provvedimento sia insufficiente per affrontare i problemi reali dei comuni più piccoli.
Come ha detto il collega Osvaldo Napoli, che ha seguito da vicino questo lavoro e si è fatto interprete delle esigenze che ho rappresentato, spero che il Parlamento torni presto ad affrontare le questioni reali che riguardano i piccoli comuni. Infatti, se continuiamo a perdere tempo, rischiamo di determinare l'agonia dei piccoli comuni.
PRESIDENTE. Avverto che il Governo ha testé presentato gli ulteriori emendamenti 13.200 e 15.200, il cui testo è in distribuzione.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, nel mio intervento riprenderò alcune riflessioni svolte dai colleghi del gruppo di Forza Italia, che, da punti di vista diversi, hanno evidenziato alcuni elementi problematici ravvisabili nel provvedimento in esame. Sia la collega Pelino che il collega Ceroni hanno individuato, da un lato, la necessità di un provvedimento che si faccia carico della difficoltà dei piccoli comuni, dall'altro - lo sosteneva il collega Ceroni - la necessità altrettanto evidente di non illuderli e di essere concreti nella predisposizione di interventi che possano incidere sullo sviluppo dei più piccoli enti locali. Non posso non fare a meno di esprimere in questa sede le mie perplessità, non tanto sulla bontà dell'iniziativa, ovvero sulla necessità di individuare le Pag. 13esigenze presenti nel territorio in cui si trovano ad operare i piccoli comuni, quanto sulla genericità del provvedimento.
Nell'ambito dell'espressione del parere da parte della Commissione cultura - parere sul quale quasi tutti i componenti della Commissione hanno concordato (ognuno con le proprie motivazioni) -, ho detto - e lo ribadisco ora - che questo provvedimento rischia di competere con le regioni su un terreno delicato quale quello dell'autonomia degli enti locali e di avviare un contenzioso in una materia delicatissima. Già quasi tutti i consigli regionali hanno adottato leggi ad hoc per i piccoli e medi comuni, con particolare riferimento ai comuni montani, evidenziando le zone di sofferenza ed intervenendo sia finanziariamente, sia predisponendo una serie di servizi che concernono il diritto allo studio, i trasporti, l'allocazione di determinate risorse e la tutela del territorio.
Alla luce di questi provvedimenti, mi chiedo come il Governo possa intervenire in maniera concreta, evitando di essere stancamente ripetitivo ed inefficace. Anche la copertura finanziaria, che mi sembra tutta da definire, al di là di alcune ipotesi sulle quali ognuno di noi si è confrontato, è evidentemente limitata.
Il primo problema da risolvere è il rapporto che questo provvedimento avrà con analoghe leggi approvate dalla regione. Non posso sottacere, tuttavia, che assistiamo ad un centralismo regionale molto accentuato, in cui molto spesso viene meno non solo l'autonomia dei comuni medi e grandi, ma anche quella delle assemblee regionali, ad un presidenzialismo esasperato, che identifica solo nella figura del presidente della giunta l'attività della regione tout court, con il rischio che le regioni possano ripetere difetti peggiori di quelli che hanno caratterizzato lo Stato centralista fino a poco tempo fa.
Di fronte a questo, per la necessità di valorizzare i piccoli comuni - che, a differenza dei medi, dei grandi e dei capoluoghi di provincia, hanno minori possibilità di interagire con il tessuto regionale e vedono diminuire progressivamente la loro importanza dal punto di vista demografico, sociale ed economico -, indubbiamente il provvedimento si giustifica e può avere una sua valenza, purché, ripeto, si configuri in modo più netto anche con il ruolo delle province. Prima parlavo delle regioni, ma le province stesse, in una materia così delicata - basti pensare all'agricoltura, alla formazione professionale, al diritto allo studio, soprattutto per i servizi di mensa per le fasce della scuola primaria e secondaria di primo grado -, hanno una competenza particolare e intervengono già in modo significativo.
Allora, rischiamo di creare una serie di conflittualità che, se non fossero ben definite, non risolverebbero il problema che ci siamo voluti porre. Occorre altresì distinguere - e vedo che c'è una distinzione piuttosto ampia - i comuni montani, che sono le vere aree di sofferenza, da altri comuni piccoli e medi che, se non altro per facilità di comunicazioni, hanno minori problemi.
Nei comuni montani sussiste certamente un problema di conservazione del territorio, dell'ambiente e della popolazione, soprattutto per il venir meno della medesima in certe fasce e in certe aree - non sono tutte uguali - dove è indispensabile il mantenimento della popolazione. Ovviamente, faccio riferimento ai comuni montani veri e propri, ai comuni dell'Appennino. La regione da cui provengo, l'Emilia Romagna, è caratterizzata da fasce diverse di popolazione, però indubbiamente sussiste un problema di fondo: occorre favorire il permanere della popolazione. Tuttavia, tale questione non può essere risolta solo mantenendo nella scuola primaria e secondaria un numero di classi e di alunni inferiori a quello prescritto dalla normativa per tutto il territorio nazionale, ma in modo diverso; non semplicemente limitandosi, come purtroppo si sta verificando, a sostenere la permanenza dell'ufficio postale, della caserma dei Carabinieri o di altri edifici pubblici che non hanno più una loro possibilità, stante la situazione economico-finanziaria del Paese, di mantenersi. In questo senso, nella proposta di legge ho Pag. 14colto la positività di favorire l'aggregazione dei comuni e, soprattutto, quelli piccoli debbono mettersi nell'ottica di gestire - e già lo fanno - tutta una serie di servizi in rete che non possono fare riferimento al singolo.
L'altra questione, sulla quale dobbiamo spostare l'attenzione, riguarda la valorizzazione delle zone montane dal punto di vista turistico, favorendo insediamenti anche industriali, ma soprattutto turistici. Comunque, anche in questo caso siamo in presenza di una legislazione regionale ben precisa, volta alla tutela di determinate aree. Sottolineo, infine, l'importanza di definire modalità precise per quanto riguarda la rete dei trasporti, che incidono pesantemente sui bilanci dei comuni, delle province e delle regioni senza nessuna distinzione fra comuni montani e comuni di pianura, in cui la «veicolabilità» è molto più facile e in cui non c'è la necessità permanente di servizi pubblici di linea, cosa che, invece, è essenziale soprattutto nelle realtà montane.
L'altro punto fondamentale riguarda alcuni servizi pubblici essenziali, cioè quelli che fanno riferimento all'erogazione di luce, gas ed acqua. Oggi le grandi aziende monopolizzano questi servizi soprattutto per quanto riguarda i capoluoghi di: si tratta di vere e proprie holding. Il problema fondamentale non è tanto quello di creare piccole holding o piccole municipalizzate consorziate, quanto di garantire che le grandi holding, che riassumono in sé i servizi delle vecchie municipalizzate, servano anche i piccoli comuni in modo significativo, coprendo tutte le esigenze.
Questo è il problema fondamentale che, per quanto riguarda la mia regione, mi è stato posto con insistenza; il rischio invece è quello di creare - mi si perdoni il termine - delle succursali di queste grandi municipalizzate che non risolvono il problema di fondo, perché non hanno prospettive economiche di sviluppo e, soprattutto, non hanno un bacino d'utenza significativamente vasto in grado di recepire la loro programmazione e, in particolar modo, determinate attività. Anche su ciò ritengo opportuno che si debba insistere.
Infine, devono essere fatte una graduatoria e una selezione, perché non si può essere generici e approssimativi come in alcune parti del provvedimento si prevede; tutto ciò va fatto nell'interesse del turismo e della tutela dei beni artistici che sono tantissimi in molti comuni. Anche in questo caso, però, ritengo sia opportuno stabilire un coordinamento con le varie competenze statali, regionali, provinciali e con la sovraintendenza ai beni artistici e culturali, presente in ogni regione, allo scopo di non generalizzare i finanziamenti, di per sé limitati, e quindi rischiare di non risolvere il problema alla fonte.
Esistono autentici patrimoni d'arte che debbono essere valorizzati, nel presupposto del riconoscimento della ricchezza artistica dei medesimi e non genericamente, senza alcun criterio stabilito previamente, ad esempio, da particolari commissioni; altrimenti ogni sindaco può sentirsi in diritto di richiedere contributi per quella importante chiesa o monumento e quant'altro.
L'aspetto positivo di questo provvedimento, che raccoglie un'istanza ormai generalmente diffusa, è che anche il patrimonio culturale rappresentato dalle chiese risponde ad un'esigenza culturale diffusa: è la storia d'Italia, la storia del nostro Paese. Pertanto, il collegamento con gli uffici diocesani, con la CEI, mi pare più che mai opportuno proprio al fine di salvaguardare quei punti di eccellenza, in materia artistico-culturale, che oggi rischiano il degrado. Punti di eccellenza, lo ripeto, che sono molti ma non tantissimi e che debbono essere valorizzati con un'opera attenta di monitoraggio fatta nell'interesse dell'intera collettività, evitando interventi a pioggia, che non risolvono il problema di fondo, ma procedendo, in quanto necessarie, alla definizione di talune ipotesi. Lo stesso discorso vale per quanto riguarda le peculiarità paesaggistiche che, dal punto di vista ambientale e culturale, caratterizzano determinati comuni. Conseguentemente, anche su questo aspetto ritengo che non si possa essere Pag. 15così generici. Occorre un filtro, fissare alcuni obiettivi e caratterizzare alcune aree per la loro specificità dal punto di vista culturale, professionale e artistico.
In conclusione, ho voluto fare queste considerazioni perché a me pare che il provvedimento in esame, in sé buono, necessiti di alcune modifiche, di alcuni aggiustamenti che lo rendano concretamente attuabile.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Martinello. Ne ha facoltà.
LEONARDO MARTINELLO. Signor Presidente, onorevole colleghi, il testo unificato delle proposte di legge all'esame dell'Assemblea si propone di adottare una serie di misure che accrescono la convenienza ad abitare nei piccoli comuni, attraverso un complesso di interventi volti a sostenere le attività agricole, commerciali e artigianali, le quali potranno rappresentare un investimento per il rilancio sociale ed economico e la valorizzazione del patrimonio ambientale e storico-culturale dei piccoli comuni.
Abbiamo piccoli comuni che si trovano sulle montagne, distesi sulle fasce del mare, sulle dolci colline toscane, nell'entroterra della Sicilia, poco importa. Tali comuni con le loro produzioni artigianali ed enogastronomiche e con le loro risorse rappresentano dei punti di forza per il nostro Paese.
Dal Nord al Sud, dalle aree montane a quelle insulari, l'Italia è così costellata da migliaia di piccoli centri abitati, da secoli culle di un patrimonio straordinario fatto di beni culturali e ambientali, di tradizioni e abilità manifatturiere, di sapori e di sapere. Si tratta di territori che offrono quel valore aggiunto in termini di turismo e di produzioni tipiche artigianali, capace di trasformarli in importante volano per l'economia italiana.
Al tempo stesso però la cosiddetta Italia minore vive oggi una condizione di forte disagio, dovuto alla preoccupante rarefazione dei servizi territoriali: le scuole che sono mancanti o che vengono chiuse, i presidi sanitari insufficienti, gli uffici postali chiusi, gli esercizi commerciali che vengono anch'essi chiusi e sostituiti dai grossi centri commerciali. Nasce da questa considerazione l'impegno del Parlamento nel portare oggi all'esame di quest'aula un provvedimento a favore dei piccoli comuni per dare all'Italia un futuro di talenti nascosti.
Per questo, tra gli obiettivi primari della iniziativa legislativa in esame, di cui sono firmatari molti parlamentari, vi è il miglioramento, o almeno ci si propone di farlo, delle condizioni di vita di queste zone dell'Italia minore e la valorizzazione di un patrimonio dalle grandi potenzialità, miglioramento e valorizzazione attraverso un pacchetto legislativo fatto di incentivi e di agevolazioni fiscali, ma anche di una fattiva collaborazione da parte di regioni e province.
Questo è l'intento del provvedimento in esame, ma se poi entriamo nel contesto e andiamo a vedere di cosa si tratta, possiamo dire che è una proposta di legge certamente importante, ma su cui occorre fare alcune precisazioni, in particolare, laddove si richiama ad un fantomatico asserzionismo o si favoriscono le unioni, di cui abbiamo visto l'esito alquanto infelice, certo, vi sono contenuti elementi importanti, come ad esempio l'impegno economico sulle reti telematiche, una garanzia di servizi minori, un servizio di telefonia e di copertura televisiva, necessario soprattutto nei comuni sperduti, così come positive sono le agevolazioni sulla prima casa e il trasferimento di attività imprenditoriali.
Si tratta però di un provvedimento che mescola proposte strutturali e con altre invece formali e poco sostanziali: si parla di sponsorizzazioni con il credito di imposta, di cessione dei computer delle pubbliche amministrazioni e delle scuole. Potrebbe sembrare una proposta di legge che interessa tutti, ma proprio per questo potrebbe trovare difficoltà in sede di attuazione, perché troppe sono le diversità tra i comuni di 5 mila abitanti che si trovano a ridosso delle grandi città, e quelli sparsi, come dicevo prima, tra isole, coste di mari e montagne.Pag. 16
Sarebbe stato allora necessario, secondo me, fare una suddivisione tra queste piccole realtà, ricche di tradizione e storia, con provvedimenti ad hoc, per passare poi all'altro aspetto delle grandi o non così piccole realtà.
Quello che preoccupa del provvedimento è l'inadeguatezza delle risorse stanziate per la sua attuazione, principale problema dei piccoli comuni che sono costretti costantemente a dibattersi e ad affrontare nella parte dei loro sindaci ed amministratori. Sarebbe stato opportuno prevedere maggiori risorse per dare giusto completamento delle misure che andiamo oggi ad affrontare.
Il gruppo dell'UDC è, certo, a favore di questi piccoli comuni, che rappresentano l'ossatura democratica e l'intelaiatura essenziale dello sviluppo economico della nostra penisola, ma certamente è il provvedimento è limito: molte cose restano ancora da fare e noi speriamo che gli emendamenti proposti da noi dell'UDC e dagli altri amici della minoranza siano accolti per rendere migliore questa proposta di legge.
Speriamo che sia anche la volta buona per iniziare a parlare dei piccoli comuni: certo un piccolo passo lo faremo oggi, votando a favore di questa iniziativa, ma altre cose restano ancora da fare e soprattutto dobbiamo prestare maggiore attenzione al sistema delle risorse finanziarie. Potremmo fare tutte le più belle leggi che vogliamo o assumere tutta una serie di iniziative, ma se non vengono stanziate adeguate risorse economiche gli enti locali essi saranno comunque destinati a morire e ciò sarebbe un tragico evento per l'Italia [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Loggia. Ne ha facoltà.
ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, svolgerò un intervento molto breve, avanzando una proposta che vorrei il Governo e il relatore prendessero in considerazione. Una brevissima premessa: l'argomento è talmente noto che non occorre insistere sull'attenzione dovuta nei confronti dei piccoli comuni. Mi compiaccio molto del fatto che la mia proposta di legge, così come quella dell'onorevole Realacci ed altri, siano giunte alla fase procedurale in cui siamo, ottenendo anche l'attenzione del Governo.
Rispetto ad una materia di questo genere non si può mai essere completamente soddisfatti e ritengo che si possa compiere un piccolo sforzo in più in ordine alle modalità di copertura della legge. È ovvio: sarebbe bene che vi fosse una copertura maggiore e la mia richiesta sarebbe quella di elevarla ulteriormente, al di là dell'emendamento che il Governo ha appena presentato. Tuttavia, mi rendo conto delle difficoltà.
Ad ogni modo, le modalità di finanziamento potrebbero esser certamente migliorate. Se il Governo, accogliendo la mia proposta, potesse a sua volta presentare un'ulteriore proposta emendativa del testo, credo farebbe cosa buona e giusta.
Mi spiego: in questo testo unificato vengono trattati opportunamente molti argomenti. Mi chiedo perché non definire gli interventi per ciascuno di questi argomenti, anziché pescare da un unico fondo generale, fissando le percentuali di spettanza. Propongo, quindi, di scegliere un'altra via, ossia la suddivisione già da ora dei singoli investimenti, dei singoli benefici fiscali, ed una ripartizione dei fondi che dia ai piccoli comuni la certezza di conoscere l'ammontare delle risorse su cui potranno contare.
Comprendo bene che anche la procedura per la definizione delle caratteristiche dei piccoli comuni e per l'accesso alle misure di sostegno sia abbastanza complessa: occorre una proposta del ministro di concerto con l'altro, una conferenza unificata e via dicendo. Lo comprendo bene. Ma sarebbe opportuno che, già in partenza, in base al testo di legge, fosse possibile una ripartizione dei fondi. Ad esempio, si potrebbe definire per ciascuna voce - quando si parla degli interventi per lo sviluppo e l'incentivazione di attività commerciali, del sistema distributivo dei Pag. 17carburanti, dei servizi di telefonia, delle agevolazioni in materia di servizio idrico e via dicendo - l'ammontare degli incentivi. Credo che, anche dal punto di vista legislativo, sarebbe un'innovazione estremamente interessante. Ciò potrebbe addirittura costituire un precedente su come procedere in analoghi casi di ulteriori eventuali provvedimenti concernenti altri argomenti.
Per questo motivo - e concludo, poiché il mio intervento era volto solo a richiamare l'attenzione su questo aspetto - invito il Governo ad esaminare la possibilità di modificare il sistema di finanziamento del testo unificato nella direzione da me indicata.
Signor sottosegretario, credo che su questo tema potremo sicuramente trovare una facilissima intesa. La mia non vuole essere una richiesta di rinvio: me ne guardo bene. Anzi, prima si approva il provvedimento, meglio è. Questa è l'intenzione del nostro gruppo ed è anche il mio personale intendimento. Tuttavia, dove fosse necessario anche un minimo raccordo in corso d'opera, credo la mia proposta possa essere utile. La ringrazio per l'attenzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Astore. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE ASTORE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono nato in un piccolo comune, ho fatto il sindaco, e risiedo un piccolo comune; pertanto, credo di parlare con cognizione di causa. Domani, quando l'Assemblea concluderà i suoi lavori, rientrerò nel mio paesino di circa mille abitanti, per di più terremotato, come tutti sapete. Ecco il motivo per cui ho apposto la mia firma per sostenere questo testo unificato che viene da lontano.
Credo che debbano essere restituiti i diritti a quei dieci milioni di cittadini che vivono nel nostro Appennino, nelle Prealpi, diritti che da diversi anni sono loro negati. Io credo che il problema vada affrontato anche a livello istituzionale, sebbene apprezzi questo primo sforzo che gli amici della Commissione hanno compiuto: lo considero l'inizio di un percorso che, come diceva il collega La Loggia, ci deve portare a ripristinare una giustizia di fatto per quei cittadini che vivono nelle aree emarginate e nei piccoli comuni.
Io ritengo che i nostri padri costituenti, nel delineare lo Stato, abbiano pensato ad una Repubblica delle autonomie. Qualche anno fa dicevamo tutti «Repubblica dei municipi»: il popolo italiano abita sotto un campanile ed è orgoglioso di farlo; però, ha bisogno anche dei servizi e del rispetto dei diritti.
Ecco perché io credo che la sensibilità dimostrata da questo nuovo Governo - mi dispiace per il collega che ha parlato poco fa - sia da apprezzare. Non è vero che nella legge finanziaria sono diminuiti i trasferimenti: per la prima volta (e ringrazio il Governo; lo critico qualche volta, ma oggi devo ringraziarlo) essi sono aumentati nelle piccole comunità, dove ci sono anziani e bambini. Questo è stato il parametro per la definizione dei trasferimenti (Commenti)... Se volete, posso citare anche i singoli casi di comuni di 800 e di 1000 abitanti che hanno avuto 100 mila, 18 mila, 20 mila euro in più.
Dobbiamo pensare ad uno Stato, a livello generale, caro sottosegretario, in cui non si mettono i poteri l'un contro l'altro; stiamo invece fondando una nuova Repubblica in cui assistiamo a una lotta tra Stato, Regioni ed autonomie locali. Al contrario, dobbiamo ridisegnare un equilibrio di poteri tra questi tre livelli. Ecco perché è importante un riordino istituzionale.
Come si fa, ad esempio, a tenere ancora in piedi comunità montane e unioni dei comuni nelle stesse aree? Io sostengo che questo coraggio ci vuole! Lo dovremo avere fra qualche mese, quando discuteremo il codice delle autonomie. Nel ringraziare di nuovo per il provvedimento che ci accingiamo ad approvare, ribadisco che esso dovrà essere solo l'inizio. Non dobbiamo fare demagogia, colleghi deputati.
Vi risparmierò i dati, perché li avete letti tutti. Permettete di aggiungere qualcosa a chi conosce e vive in queste aree, Pag. 18e vi ritornerà domani (anche se il mio paese è terremotato, non ci sono case, ed è ormai abitato da vecchi). L'invecchiamento è un problema europeo: l'ultima ricerca ONU ha affermato che, nel 2030, perderemo in tutto il continente 50 milioni di abitanti. È una preoccupazione che i Governi europei devono assolutamente avere. Quello che danneggia maggiormente queste piccole comunità povere, questi piccoli comuni, è di nuovo - nel Sud e non solo - l'emigrazione interna. Nella mia regione, colleghi, su cinque laureati due vanno via; credo che sia un dato che possiamo osservare un po' ovunque: vengono a mancare le persone che hanno un titolo di studio, ma viene soprattutto a mancare la gioventù. Il collega che è intervenuto prima di me, essendo stato eletto nella stessa regione, credo che conosca bene questi dati, che sono peraltro generalizzati.
Io non mi illudo. Ho sempre fatto politica a tutti i livelli, fallendo clamorosamente sull'idea delle aree interne: lo dichiaro, l'ho sempre dichiarato. Ero stato eletto al Consiglio regionale per cercare di fare qualcosa. Credo che dobbiamo tenere i piedi per terra, ma permettetemi di dire che possiamo almeno fermare l'emigrazione, fermare la desertificazione totale.
Sempre il rapporto ONU, amici del Governo, afferma che, tra pochi anni, ci saranno zone in Europa in cui prevarrà la desertificazione.
Ciò avverrà non solo in Italia, ma anche in Germania, Francia, zone, comunque, di difficile gestione anche da un punto di vista ambientale.
Come si fa a non considerare che i coltivatori e gli agricoltori italiani hanno superato, nel 60 per cento dei casi, i 65 anni d'età? Di questa situazione - credo - dovremmo preoccuparci, certamente non obbligando i giovani ad intraprendere l'agricoltura, ma incentivandoli e avvicinandoli a questa nuova professione. Ma quanto io non vedo in questa legge sono soprattutto i livelli di assistenza. Avevamo di fronte a noi la sfida di delineare i livelli di assistenza, cioè di fissare il diritto della gente, riservando alle regioni i compiti esecutivi. So bene che sulla base del Titolo V non possiamo invadere le competenze regionali, ma permettetemi di auspicare che questo Parlamento - spero lo faccia dopo - possa fissare i livelli di assistenza di cui ha diritto un cittadino che abita in un comune di 300 abitanti.
In Italia vi sono 8.800 comuni, in Francia circa 35 mila, ma quelle comunità hanno gli stessi diritti. Chi ci va e chi li visita? Io credo che su questo punto questo Parlamento ci debba ritornare. Non è vero che ci vuole un ospedale in ogni contrada: chi vi parla, da assessore alla sanità, ha chiuso ospedali! Ci vuole l'assistenza legata a rete, che è cosa ben diversa! Si può anche chiudere un ospedale, ma l'emergenza, l'assistenza e la rete territoriale sono diritti da tutelare.
I ministri devono capire che questi servizi hanno un costo aggiuntivo e dunque nella ripartizione dei fondi questo Governo, come quello precedente e quello che verrà, deve tener conto di una giustizia distributiva basata su questi parametri di presenza di popolazione, di altitudine del territorio e di altro. Ma vorrei ricordare a questo Parlamento che le zone povere di cui parliamo non sono quelle di ieri, in quanto da un po' di anni prevale la devianza giovanile.
Faccio tali considerazioni perché io vivo in quelle zone, e sono stato insegnante in una di queste scuole di periferia. L'altra volta vi ricordavo che il primo morto di droga nel 1972 nel Molise è stato un mio alunno con il quale ho colloquiato fino a pochi giorni prima che morisse. Oramai sono dati sconvolgenti, spesso superiori a quelli delle aree urbanizzate. Questo dato, peraltro, il Parlamento lo può recepire anche dalle statistiche che spesso vengono pubblicate.
E che dire dei centri storici totalmente disabitati? Stiamo ricostruendo, ad esempio, il mio comune, ma nessuno intende riavere la casa nel centro storico. Possiamo riflettere su queste cose? Il Governo e lo Stato italiano negli ultimi cinquant'anni, con la Cassa del Mezzogiorno ed altri interventi analoghi, hanno stanziato miliardi e miliardi di vecchie lire (e Pag. 19adesso se ne stanziano altrove). Ecco perché dobbiamo assolutamente «inventare» qualcosa. Cosa dovremmo fare? Le strade forse? No! Chi è calabrese sa bene che ci sono alcuni comuni accanto all'autostrada che sono disabitati. Oggi, ci va giusto qualche pittore a passare il tempo e ad esprimere la sua arte. Risolvere il problema con le strade è stata un illusione degli anni cinquanta e sessanta, e lo vediamo oggi in maniera molto chiara. Tale illusione - quella cioè di investire nelle strade - l'abbiamo potuta registrare anche nel nord del Paese, cari amici della Lega, poichè siamo di fronte ad un problema interpartitico e non di una sola maggioranza.
Riflettiamo con attenzione, dunque, sul provvedimento al nostro esame, mirando piuttosto ad uno sviluppo integrato e, soprattutto, a finanziare fortemente l'associazionismo comunale, sino a renderlo quasi obbligatorio. So bene che i comuni sono autonomi, ma sono anche gelosi del proprio campanile, e chi ci vive lo sa!
Avevamo proposto nell'area del terremoto di fare una sola scuola, come era giusto fare, e non mantenere pluriclassi in comuni di 500-600 abitanti. Ma né il Governo, né la regione, né i comuni hanno avuto questo coraggio.
Queste sono le soluzioni giuste che devono assolutamente essere portate avanti e per la cui adozione si può anche legiferare. Io propongo, amico Realacci, che si incentivi il più possibile l'associazionismo; ma propongo soprattutto che tutte le leggi di settore tengano conto di questa parte dell'Italia che, amici della Lega, non è solo l'osso appenninico. Sappiamo bene quanti milioni di abitanti risiedono nelle Prealpi; ebbene, costoro hanno anch'essi gli stessi diritti. È un'idea, amici; a chiusura di questo discorso, ve la offro affinché, se possibile, la si trasformi in legge.
Che fare dei nostri favolosi centri storici? L'Italia è uno di quei paesi che, amici, per la sua storia e per il suo modo di essere possiede tali gioielli.
Realacci, sei venuto tante volte nella mia regione e abbiamo dibattuto tali aspetti; avvertiamo spesso una sensazione di impotenza contro la quale dobbiamo reagire.
Cosa fare, dunque, dei nostri centri storici? Vogliamo realizzare dovunque «alberghi diffusi»? No, sarebbe un errore; dobbiamo realizzare gli 'alberghi diffusi' nelle aree turistiche, in quelle che possono recepire i flussi del turismo, nelle aree vicine al mare. Che dire dell'emanazione di bandi internazionali, come ha fatto un 'comunello' italiano a me noto? Questo «comunello» ha emanato un bando, e oggi sessanta famiglie olandesi abitano in queste aree interne, hanno acquistato la casa, l'hanno ristrutturata. Però, tali scelte vanno incentivate affinché costoro possano venire a passare le vacanze in questi luoghi. Si tratta di centri storici che da un punto di vista storico sono favolosi; centri che - permettetemi di osservare - rappresentano anche la storia di questa Repubblica: centri dei secoli VIII, XI, XII e via dicendo. Tali sono le date di quasi tutti i nostri centri storici. Tentiamo dunque qualche sperimentazione in qualche parte d'Italia. È difficile, lo so; non abbiamo la bacchetta magica per andare avanti su questa strada.
Quanto all'agricoltura, ho già osservato prima come il 60 per cento degli operatori abbia 65 anni; chi si dedicherà all'agricoltura, settore di qualità della quale giustamente si parla sempre? Incentiviamo i nostri giovani! Ho visto qualche mio alunno che con la V liceale ha deciso di fare l'agricoltore e lo fa con gioia. Ma si incentivano tali scelte con il reddito, con il plurireddito; quando avrà una redditualità forte, il giovane resterà in agricoltura.
Un dato non sarà sfuggito a chi studia questi problemi; da un po' di tempo grandi città come Torino e Milano hanno perso centinaia di migliaia di abitanti, che però si trasferiscono in piccoli centri come Pescara, Teramo o l'Aquila, centri più vivibili. Con gli incentivi, dobbiamo fare in modo che le persone possano trasferirsi anche per una parte dell'anno in questi piccoli centri perché è un diritto che non Pag. 20dobbiamo negare ed è un dovere di solidarietà, soprattutto per chi milita come me.
È un problema di ordine generale cui richiamo soprattutto i miei amici della coalizione di centrosinistra; anche Prodi, prima delle elezioni, scrisse una lettera su questo argomento.
Ritengo che dobbiamo assolutamente impegnarci per dare la massima solidarietà agli abitanti di queste aree sfortunate. Non si tratta di ripopolarle, amici; dobbiamo cercare di invertire il processo, ma soprattutto dobbiamo almeno tenere in piedi il tessuto sociale di queste comunità anche - e concludo, amici - per far sì che tutti questi numerosi finanziamenti in tali aree possano essere utilizzati.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 11,48)
GIUSEPPE ASTORE. Poiché abbiamo realizzato scuole, fognature - miliardi e miliardi di investimenti -, ritengo sia un peccato creare, come si sta verificando, nuovi inurbamenti in altre parti delle stesse regioni. Mi piace considerare questo provvedimento l'inizio di questo percorso e pertanto invito i colleghi che sono seduti al tavolo dei relatori a tale impegno. Credo possiamo tutti insieme continuare a lavorare perché spesso non si tratta di una questione solo di fondi. Chi reclama solo fondi sbaglia; spesso è questione anche di regole: spesso, anzi, in politica, è questione anche di utopia (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mario Pepe. Ne ha facoltà.
MARIO PEPE. Signor Presidente, mi rivolgo all'onorevole Realacci per osservare che questo provvedimento nasce, per così dire, con i piedi gracili, e non andrà lontano! Non andrà lontano in quanto considera piccoli comuni quelli inferiori a 15 mila abitanti e anche a 5 mila abitanti. Ma una cosa è un comune con 5 mila abitanti, altra cosa sono invece quei comuni a rischio di sopravvivenza.
Nella provincia di Salerno, nei prossimi 25 anni, sarà cancellato dalla carta geografica il 30 per cento dei piccoli comuni. L'onorevole Astore si preoccupava dell'assistenza nei comuni con 300 abitanti: fra un po', onorevole Astore, il problema non si porrà più perché quei comuni saranno chiusi!
Per capire e fare qualcosa di utile, dobbiamo comprendere le ragioni per le quali sono nati i piccoli comuni. Questi - parlo dei comuni con un numero di abitanti inferiore a mille - sono nati intorno all'agricoltura, alla pastorizia, attività che ora non esistono più. Quindi, dobbiamo reinventare le ragioni della sopravvivenza di questi piccoli comuni.
Mi dovete spiegare perché un'impresa o una famiglia che vive in un piccolo comune, lontano dagli ospedali, dalle strade, dalle scuole, paga le stesse tasse di un'impresa di Milano. Onorevole Realacci, dobbiamo offrire nuove ragioni di sopravvivenza a chi ritorna nei piccoli comuni, come si augurava prima l'onorevole Astore.
Queste ragioni sono sì date dagli incentivi, ma non dobbiamo ripetere gli errori del passato, con incentivi amministrati dall'alto, che favoriscono i più intriganti, quelli che sono politicamente protetti. Noi dobbiamo predisporre degli incentivi automatici e questi hanno un nome: fiscalità di vantaggio (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Ovviamente, signor Presidente, anche se con tutte le critiche del caso, finalmente, questo Parlamento sta per votare una legge per le misure, il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione inferiore o pari a 5 mila abitanti. Certo, ovviamente, il ringraziamento nostro va alle iniziative dei gruppi e di onorevoli come i colleghi Realacci, Crapolicchio, La Loggia, che hanno avuto la forza di ripresentare, anche in questa legislatura, un provvedimento che, in precedenza, rimase fermo alla Camera perché Pag. 21il Senato della Repubblica non ebbe la forza di approvare.
È ovvio che, dopo la modifica del Titolo V della Costituzione - che, secondo il parere del sottoscritto, è stata un errore - i comuni sono in sofferenza. Questo provvedimento consente a questi comuni di avere una boccata di ossigeno. Non dimentichiamo che i comuni sotto i 5 mila abitanti non sono tutti uguali. Ci sono comuni sotto tale soglia che sono ricchi, potendo contare su attività turistiche (comuni di montagna con stazioni sciistiche o di mare con attrezzature e strutture grandissime a disposizione) ma ce ne sono altri che sono in condizioni di grande povertà. Quindi, è su questi comuni che deve essere rivolta la nostra attenzione.
Condivido in pieno le osservazioni del collega La Loggia. Egli invitava il Governo, nella persona del sottosegretario, ed i relatori ad investire di più in questi comuni che ho chiamato poveri, dove, effettivamente, si registrano dei problemi che riguardano ogni struttura dei medesimi. Pensate che un comune di 800 abitanti ha le stesse necessità, gli stessi bisogni di uno di 2 milioni di abitanti, ma manca del personale adeguato: gli manca, magari, l'ufficio tecnico, l'ingegnere o il geologo, mentre altri comuni possono contare su strutture di 150 o 200 persone. Tuttavia, anche questi comuni devono affrontare in piccolo gli stessi problemi, a cominciare dalle opere pubbliche, dal rischio idrogeologico, fino alla costruzione di scuole, di fognature e di acquedotti.
Di conseguenza, serve più coraggio in questo provvedimento, al quale, come ho già detto, do la mia adesione ed è già positivo di per sé.
Dobbiamo permettere a questi comuni di contare su una manodopera anche esterna nel tentativo di portare avanti opere pubbliche che, altrimenti, al loro interno, non sarebbe possibile avviare.
Un altro esempio riguarda il corpo di polizia municipale. Vi sono comuni che hanno 5 mila, 6 mila, o 8 mila vigili, e altri comuni che hanno una rete stradale enorme, con un solo vigile o addirittura nessuno. Come fanno tali comuni a esercitare la prevenzione sulle strade - pensiamo per esempio al tema di cui si è parlato all'inizio di questa seduta: le stragi del sabato sera -, se manca il personale? È dunque necessario ottimizzare le risorse: alcuni colleghi che mi hanno preceduto hanno chiaramente sottolineato che, dove vi sono le comunità montane, non vi possono essere contemporaneamente associazioni intercomunali; né vi possono essere contemporaneamente altre ATO delle acque, dei rifiuti, o aziende municipalizzate, sommando competenze e, di fatto, non risolvendo assolutamente nulla.
A questi piccoli comuni sono attribuite competenze in fatto di trasporti, anche quello scolastico, e di strutture scolastiche: constato che nella proposta in esame si fa riferimento all'ipotesi di ottimizzare le strutture dell'ANAS o le vecchie stazioni, nonché strutture pubbliche abbandonate, ma - vivaddio! - ci vogliono le risorse per metterle a norma. Non possiamo dare tali strutture alla protezione civile se esse non rispondono ai requisiti di antisismicità, di non esondabilità che sono necessari per collocarvi la protezione civile.
Credo che con questo provvedimento si compirà un importante passo in avanti: si tratta di una proposta necessaria, che avrebbe già dovuto essere avanzata; siamo in ritardo di diversi anni. Tuttavia, essa è perfettibile: dobbiamo migliorarla, e, soprattutto, dobbiamo invitare il Governo a intervenire con maggiori risorse, ma non distribuite «a pioggia» a tutti i comuni con popolazione inferiore ai 5 mila abitanti. Tali comuni sono infatti diversi a seconda del contesto in cui sono ubicati: bisogna ovviamente favorire l'unione di questi comuni, agevolandone l'interscambiabilità, l'aggregazione ed il sostegno. Non sono fra coloro che sostengono che avere 8.100 comuni sia un bene: quando tali comuni sono stati istituiti vi erano delle ragioni, che oggi non sussistono più. Bisogna dunque avere il coraggio di favorire la fusione di zone omogenee, purché si tratti effettivamente di zone omogenee.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 12)
LUCIO BARANI. Il Parlamento deve avere il coraggio di favorire la loro fusione e di far sì che chi va a risiedere in quei comuni goda effettivamente di agevolazioni dal punto di vista dell'ICI, della tariffa sulla nettezza urbana e di ogni genere di tassazione. Bisogna dare motivazioni forti affinché ciò si possa realizzare.
Signor Presidente, bisogna soprattutto fare in modo che, nei suddetti comuni, le strutture possano essere appaltate anche all'esterno, perché questi sono i comuni dove si rischia di più. In essi, infatti, i sindaci e gli assessori - alcuni miei colleghi dicevano che rivestono tali cariche quasi gratuitamente, percependo 200 o 300 euro al mese, un'indennità simbolica - rischiano nei confronti della magistratura e della Corte dei conti molto di più, in maniera esponenziale, rispetto a quanto non accade in comuni in cui vi sono apparati e strutture assai pletoriche, anche se più competenti. Oggi lasciamo tali sindaci «al fronte»: rischiano personalmente dal punto di vista giuridico e patrimoniale, e non stiamo facendo nulla per cercare di rimuovere questa «spada di Damocle» che pende sopra le loro teste.
Gli emendamenti di cui mi riservo quindi di raccomandare l'approvazione da parte dell'Assemblea sono volti a migliorare il provvedimento in esame, per far sì che i piccoli comuni siano tutelati, almeno in parte, come lo sono i grandi comuni, che sono dotati di strutture e di personale competente.
Il turn over nei piccoli comuni è stato bloccato dalla legge finanziaria: pensate a quegli uffici tecnici in cui vi sono due geometri: se ne va in pensione uno, perdono il 50 per cento del personale. Tali comuni devono continuare a curare la manutenzione delle strade, la distribuzione delle acque, le fossette, l'adeguamento alle normative delle strutture pubbliche (scuole, palazzo comunale, e via dicendo): si comprende allora come ciò sia abbastanza difficile.
Esprimiamo dunque un giudizio largamente positivo sul provvedimento in esame, che avrebbe dovuto essere approvato già da tempo. Avvertiamo tuttavia l'esigenza di invitare il Governo, come ha già fatto l'onorevole La Loggia, a dare di più, ad investire di più, ad investire il «tesoretto», anziché buttarlo via, in quella che è la cellula vitale della nostra nazione, vale a dire i piccoli comuni. Se facciamo in modo che tali comuni vengano a perdere la vitalità, produciamo una degenerazione della democrazia: i comuni perdono le loro funzioni, e quindi il tessuto vitale viene a morire e lo Stato perde vitalità.
Rivolgo dunque un appello ai relatori e al rappresentante del Governo affinché il famoso «tesoretto» venga investito non nell'industria privata o in favore degli amici degli amici o di certe cooperative, che guarda caso sono sempre «rosse», ma nei piccoli comuni, quelli poveri, ai quali è necessario dare sostegno. Inoltre, occorre ottimizzare la burocrazia, evitando la sovrapposizione di competenze e cercando di cancellare gli enti inutili, che sono troppi, e che servono a mantenere una pletora di funzionari dei partiti, che, non sapendo più come pagare , li lasciano in tali enti inutili. I risparmi derivanti andrebbero investiti nei piccoli comuni, ovvero quelli poveri; non quelli ricchi, che non sono neppure in grado di impegnare le risorse dell'ICI, al punto che hanno fissato l'aliquota al livello minimo, bensì quelli poveri, che hanno bisogno di risorse per erogare i servizi di cui altrimenti i cittadini non dispongono, e non sono dunque stimolati a stabilire la residenza nei numerosi comuni con meno di 5 mila abitanti, lontani dai centri importanti e dai servizi, con una viabilità difficoltosa, senza prevenzione e con l'effettivo rischio di spopolamento.
Ribadiamo comunque il giudizio positivo sul provvedimento in esame e ci auguriamo l'approvazione di emendamenti migliorativi del testo (Applausi dei deputati del Pag. 23gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI).
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 1 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito i relatori ad esprimere il parere delle Commissioni.
MASSIMO VANNUCCI, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere favorevole sull'emendamento Piro 1.6 e invitano i presentatori al ritiro di tutte le altre proposte emendative riferite all'articolo 1.
PRESIDENTE. Il Governo?
PIETRO COLONNELLA, Sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie locali. Signor Presidente, il Governo esprime parere conforme a quello delle Commissioni. Mi consenta inoltre di ringraziare preliminarmente il Parlamento per il provvedimento di grande rilievo che ci accingiamo ad approvare e che riguarda 5834 comuni su 8201. Ringrazio tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione, e segnatamente i relatori Vannucci e Jannuzzi e il primo firmatario della proposta di legge n. 15, onorevole Realacci.
Mi è sembrato che tutti gli interventi fossero convergenti, anche quelli espressione della minoranza. È importante questa convergenza parlamentare, anche perché siamo all'inizio di una stagione importante di riforme nel nostro paese.
Il nuovo codice delle autonomie locali verrà esaminato nelle prossime settimane; seguiranno un secondo provvedimento importante sul federalismo fiscale, nonché un terzo provvedimento sulla riforma dei servizi pubblici locali.
Il provvedimento in esame precede simbolicamente gli altri provvedimenti annunciati ed è di particolare rilievo, perché pone in capo ai comuni l'esigenza di fornire un contributo importante allo sviluppo del nostro paese, alla ripresa dell'economia dell'Italia. Il motore dello sviluppo è senz'altro rappresentato dai comuni, nel contesto di un federalismo nuovo cooperativo e solidale. Vorrei sottolineare, accogliendo le sollecitazioni provenienti anche dall'onorevole La Loggia, che una prima sede di confronto sarà la Conferenza unificata, in cui i diversi ministeri e le diverse istituzioni si dovranno confrontare.
Sono anche tra quelli che pensano che il cosiddetto «tesoretto» o comunque i provvedimenti che daranno sostanza e carburante a questa riforma potranno prevedere nuove risorse da destinare agli enti locali.
Se oggi gli enti locali non redigono più solo certificati, ma elaborano progetti per lo sviluppo del nostro paese, è importante accogliere la sollecitazione ad erogare nuove risorse e nuove energie per i piccoli comuni.
Siamo di fronte ad un provvedimento rilevante, ad una nuova stagione: è importante che il Parlamento nel suo complesso, pressoché all'unanimità, sia protagonista di questa nuova stagione di riforme per un nuovo sviluppo dell'Italia.
PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Osvaldo Napoli 1.2 non accedono all'invito al ritiro formulato dai relatori.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Osvaldo Napoli 1.2, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 441
Votanti 440
Astenuti 1
Maggioranza 221
Hanno votato sì 209
Hanno votato no 231).Pag. 24
Prendo atto che i deputati Volontè e Delfino non sono riusciti a votare.
Passiamo all'emendamento Buontempo 1.50.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dai relatori.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, invito il Governo e le Commissioni a chiarire una questione.
Secondo le disposizioni contenute nell'articolo 1 del provvedimento in esame, la presente legge «ha lo scopo di promuovere e sostenere le attività economiche, sociali, ambientali e culturali esercitate nei piccoli comuni e di tutelare e valorizzare il patrimonio naturale, rurale, storico-culturale e architettonico custodito in tali comuni, favorendo altresì l'adozione di nuove tecnologie e di misure in favore dei cittadini residenti e delle attività produttive».
Con il mio emendamento intendo sopprimere dal testo in questione la parola «residenti». Qualora questo termine fosse applicabile a qualsiasi contesto, saremmo di fronte ad una situazione incredibile. Nel caso in cui un imprenditore o un cittadino volessero sviluppare un'attività agroalimentare o altro, non sarebbe possibile richiedere l'obbligo della residenza. Dovremmo piuttosto prevedere l'obbligo della lavorazione e dell'assunzione di eventuale nuovo personale nell'ambito di quel comune. Non possiamo però pretendere che chi vuole investire nello sviluppo agroalimentare, architettonico e via seguitando di un piccolo comune debba necessariamente avere la residenza in quel comune.
Allora, qual è il confine tra speculazione e valorizzazione del piccolo comune? Chi voglia svolgere attività produttive in un comune e non è residente, deve necessariamente svolgerle in quel luogo e non può prenderne i prodotti per lavorarli in un'altra regione. In secondo luogo, il personale da assumere deve essere scelto nell'ambito del piccolo comune.
Poiché ciò non costa nulla allo Stato, perché a chi è emigrante o figlio di emigranti e vuole investire nel paese di origine per creare attività socio-culturali o agroalimentari non viene riconosciuto, se non è residente, ciò che viene riconosciuto ai residenti? Ciò significa approvare una legge che non crea miglioramenti in quel comune, perché la maggior parte dei residenti ha già fatto quello che poteva fare.
Se il termine «residenti» non fosse applicabile alle attività produttive, il discorso sarebbe diverso. Però, è bene esplicitarlo. Altrimenti, propongo di sopprimere la parola «residenti».
Caro relatore, riconosco le buone intenzioni di questa legge: abbassiamo al massimo i costi dello Stato, dove è possibile, ma, almeno rispetto agli investimenti privati, riconosciamo un valore aggiunto a chi investe in un comune sotto i cinquemila abitanti!
Quindi, mantengo il mio emendamento e spero che le Commissioni lo vogliano accogliere e svolgere un'ulteriore riflessione.
MASSIMO VANNUCCI, Relatore per la V Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMO VANNUCCI, Relatore per la V Commissione. Credo vi sia un malinteso. Ho compreso le parole dell'onorevole Buontempo, ma rinnovo l'invito al ritiro del suo emendamento. Chiedo che rimanga agli atti la seguente interpretazione: non ci si riferisce alle attività produttive - che sono distinte -, ma solo, ovviamente, ai cittadini residenti dei comuni al di sotto di cinquemila abitanti. Per le attività produttive, ovviamente, non c'è alcun vincolo.
PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, accede all'invito al ritiro?
TEODORO BUONTEMPO. Ritiro il mio emendamento 1.50, purché resti a verbale la mia dichiarazione.
Avverto, però, che torneremo sull'argomento quando si parlerà di interventi sugli edifici e sulle case, perché anche lì si ripropone questo problema, soprattutto per gli emigranti.Pag. 25
In questo passaggio, però, ritengo che l'interpretazione delle Commissioni mi possa soddisfare.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo all'emendamento Di Gioia 1.5.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dai relatori.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, abbiamo ritenuto di presentare questo emendamento pur apprezzando lo sforzo che le Commissioni e i relatori hanno sostenuto in questa tormentata vicenda della legge sui piccoli comuni.
Il nostro emendamento tende a dare più organicità alla legge e, quindi, maggiori possibilità ai piccoli comuni di inserirsi in un circuito virtuoso volto a garantirne la crescita, lo sviluppo e - perché no? - quelle risorse finanziarie necessarie affinché il concetto di utilizzazione e di rilancio dell'economia e dello sviluppo dei piccoli comuni possa ricevere grande impulso.
È per tale motivo che abbiamo presentato questo emendamento, volto a modificare alcuni articoli del testo, in modo che alcune competenze delle regioni siano espletate ed incentivate, cosicché si determinino situazioni di grande rilancio economico e produttivo per i piccoli comuni.
Mi auguro che i colleghi, sia di maggioranza sia di opposizione, vogliano accogliere con grande entusiasmo il mio emendamento, che sicuramente metterà i piccoli comuni nelle condizioni di uscire da una crisi endemica che, ormai, vivono da moltissimi anni.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Gioia 1.5, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 454
Votanti 282
Astenuti 172
Maggioranza 142
Hanno votato sì 53
Hanno votato no 229).
Prendo atto che il deputato Buontempo non è riuscito a votare ed avrebbe voluto astenersi.
Prendo atto, altresì, che i deputati Borghesi e Evangelisti non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Passiamo all'emendamento Zanetta 1.51.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dai relatori.
VALTER ZANETTA. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VALTER ZANETTA. Signor Presidente, quando nel testo si dice che le regioni, nell'ambito delle funzioni ad esse riconosciute dal Titolo V della Parte Seconda della Costituzione, possono definire ulteriori interventi, credo si abbia davvero poco coraggio nello stimolare le regioni. Il mio emendamento, che sostituisce le parole «possono definire» con la parola «definiscono», è volto proprio a richiamare le regioni, cogliendo, tra l'altro, lo spirito con il quale il provvedimento nella scorsa legislatura è arrivato al Senato, ove è stato definito legge manifesto. Se non cambiamo questi termini e non diamo indicazioni precise, si riproporranno le stesse considerazioni. Invito i relatori, il Governo e l'Assemblea a considerare questo aspetto, che viene sollevato anche in altri emendamenti a mia firma. Come già espresso dai colleghi Osvaldo Napoli, Garagnani e Ceroni, bisogna avere coraggio, mentre così rischiamo alla fine di indicare Pag. 26tanti enunciati e non riusciamo a passare da un «possono definire» ad un «definiscono».
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.
CESARE CAMPA. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere con forza l'emendamento del collega Zanetta che è molto importante e che, peraltro, non va a ledere l'autonomia delle regioni, alle quali rimane affidata la volontà di concedere le agevolazioni. A mio avviso, inoltre, dovremmo affrontare concretamente un discorso più ampio in relazione al federalismo fiscale, che stiamo in questi giorni discutendo in Veneto, riguardo a tutti i comuni, non solo a quelli più piccoli.
Mi associo all'appello del collega Zanetta, affinché l'Assemblea possa accogliere questo emendamento, volto a far sì che le regioni, in qualche misura, siano spinte a realizzare quanto indicato nel testo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zanetta 1.51, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 460
Votanti 458
Astenuti 2
Maggioranza 230
Hanno votato sì 211
Hanno votato no 247).
Prendo atto che il deputato Buontempo non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Piro 1.6.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Piro 1.6, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 461
Votanti 456
Astenuti 5
Maggioranza 229
Hanno votato sì 446
Hanno votato no 10).
Prendo atto che il deputato Buontempo non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 462
Votanti 461
Astenuti 1
Maggioranza 231
Hanno votato sì 459
Hanno votato no 2).
(Esame dell'articolo 2 - A.C. 15-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 15 sezione 3).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.
TINO IANNUZZI, Relatore per la VIII Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono un parere contrario su Pag. 27tutte le proposte emendative e, quindi, invitano i rispettivi presentatori a ritirarle. Fa eccezione l'emendamento Garavaglia 2.51, di cui si chiede una riformulazione nei termini che seguono: «Al comma 3, aggiungere, in fine, le parole: , che devono essere uniformi».
PRESIDENTE. Il Governo?
GAETANO PASCARELLA, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dai relatori.
PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Osvaldo Napoli 2.3.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dalle Commissioni e dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Osvaldo Napoli 2.3, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 463
Maggioranza 232
Hanno votato sì 217
Hanno votato no 246).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Lucchese 2.53.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Germanà. Ne ha facoltà.
BASILIO GERMANÀ. Signor Presidente, intervengo per sottoporre un'osservazione ai relatori: non capisco qual è la differenza tra un comune come Lipari, che ha 7 mila abitanti e cinque isole, e gli altri piccoli comuni. Quindi, invito i relatori a rivedere le proprie posizioni ed aggiungo la mia firma all'emendamento in esame.
PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore non accede all'invito al ritiro formulato dalle Commissioni e dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lucchese 2.53, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 466
Votanti 458
Astenuti 8
Maggioranza 230
Hanno votato sì 67
Hanno votato no 391).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Oliva 2.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Neri. Ne ha facoltà.
SEBASTIANO NERI. Signor Presidente, la ratio di questo emendamento non credo abbia bisogno di essere ulteriormente spiegata poiché il testo è assolutamente chiaro.
Vi sono comuni certamente più grossi di quelli con il limite di 5 mila abitanti - anche se al di sotto dei 10 mila - che sono detentori di un patrimonio artistico di rilevante importanza, tanto da essere stati riconosciuti come patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO.
Desideriamo che questi comuni, la cui tipologia è peraltro certa poiché individuata secondo quanto spiegato nello stesso emendamento, possano beneficiare delle ricadute di questo provvedimento. Essi, infatti, possono essere destinatari di un'attenzione e di un interesse tali da rappresentare un oggettivo sovraccarico rispetto alle potenzialità che le loro normali strutture offrono.
Pertanto, confidiamo che la ratio di questo emendamento possa portare ad un voto favorevole dell'Assemblea, utile al riconoscimento di queste ragioni.
TINO IANNUZZI, Relatore per la VIII Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TINO IANNUZZI, Relatore per la VIII Commissione. L'intento dell'emendamento Oliva 2.4 è sicuramente apprezzabile e condiviso perché riguarda alcuni comuni di particolare rilievo e pregio, tanto da essere stati riconosciuti dall'UNESCO come patrimonio mondiale dell'umanità. Il problema, purtroppo, è diverso e di natura ordinamentale; siamo in presenza di una legge che riguarda, solo ed esclusivamente, i comuni con popolazione sino a 5 mila abitanti. Questo è lo spartiacque, la linea di confine rispetto alla quale si rivolgono tutte le disposizioni di questo provvedimento. Per cui, è evidente che questa proposta emendativa - ricordo che da parte delle Commissioni vi è stato un invito al ritiro - va riconsiderata e collocata in un testo legislativo con oggetto diverso e non unicamente circoscritto ai comuni sino a 5 mila abitanti.
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Oliva 2.4 non accedono all'invito al ritiro formulato dalle Commissioni e dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Oliva 2.4, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 462
Votanti 451
Astenuti 11
Maggioranza 226
Hanno votato sì 28
Hanno votato no 423).
Prendo atto che i presentatori degli emendamenti Oliva 2.5 e 2.6 non accedono all'invito al ritiro formulato dalle Commissioni e dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Oliva 2.5, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 466
Votanti 462
Astenuti 4
Maggioranza 232
Hanno votato sì 10
Hanno votato no 452).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Oliva 2.6, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 445
Votanti 439
Astenuti 6
Maggioranza 220
Hanno votato sì 7
Hanno votato no 432).
Passiamo all'emendamento Osvaldo Napoli 2.52.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.
OSVALDO NAPOLI. Signor Presidente, per quanto riguarda l'emendamento in esame i piccoli comuni vicini a grandi centri urbani, con elevata attività economica e produttiva risentono, proprio per questo motivo, di problematiche specifiche collegate ai trasporti, alla viabilità, all'edilizia e ad altri problemi. Quindi reputo necessario che possano beneficiare delle agevolazioni finanziarie. Mi auguro che l'emendamento, che va incontro a tali Pag. 29esigenze dei comuni che hanno un grosso impatto, trovandosi vicino ai grandi centri urbani, sia approvato.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Osvaldo Napoli 2.52, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 466
Maggioranza 234
Hanno votato sì 218
Hanno votato no 248).
Prendo atto che la deputata Nicchi non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Ceccuzzi 2.50.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro del suo emendamento formulato dal relatore.
FRANCO CECCUZZI. Signor Presidente, nell'annunciare il ritiro del mio emendamento 2.50, vorrei cogliere l'occasione per ringraziare le Commissioni e i relatori. Tuttavia non posso nascondere il mio rammarico perché, come si nota dallo stampato, la Commissione finanze della quale sono stato relatore ha reso un parere favorevole con ben sedici osservazioni, sulle quali, per il fatto che il termine per la presentazione degli emendamenti è stato fissato a mio parere troppo presto, non è stato possibile lavorare per presentare proposte di modifica. Queste sarebbero state, a mio parere, assolutamente migliorative della proposta di legge per ciò che riguarda la questione delle risorse per i piccoli comuni e della loro fiscalità, essendo necessario produrre dei miglioramenti al testo della legge finanziaria 2007 e, naturalmente, anche all'attribuzione delle risorse e al loro conteggio che il Ministero dell'interno sta conducendo su parametri sbagliati.
Per questo preannuncio la presentazione di alcuni ordini del giorno insieme ad altri colleghi e mi riservo in futuro, all'interno della Commissione finanze e in Assemblea, di intervenire nuovamente con emendamenti e altre proposte per migliorare il provvedimento che tuttavia considero positivo (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Ceccuzzi ritira il proprio emendamento 2.50.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Garavaglia 2.51, sul quale vi è un parere favorevole delle Commissioni e del Governo subordinato a una proposta di riformulazione.
Onorevole Garavaglia, accetta la riformulazione proposta?
MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, accetto la riformulazione e brevemente le spiego la finalità di questa proposta emendativa. Il mio emendamento 2.51 era diretto a richiedere criteri uniformi su tutto il territorio nazionale, per evitare una discriminazione al contrario. Infatti, nel marasma legislativo degli ultimi anni si sono create una serie di norme che ogni volta propongono redistribuzioni, per cui alla fine non si capisce più niente. Quindi, nell'ottica del federalismo fiscale, con cui veramente possiamo realizzare la redistribuzione di reddito, c'è già l'IRPEF. Per quanto riguarda le infrastrutture facciamo in modo che, una volta per tutte e in maniera chiara e trasparente, i provvedimenti che approveremo d'ora in avanti abbiano criteri uniformi su tutto il territorio nazionale. Non si aggiungono le parole «su tutto il territorio nazionale», previste dall'emendamento da me presentato perché evidentemente sono considerate sottintese. Ripeto, accetto la riformulazione, ma volevo spiegarne lo spirito.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.Pag. 30
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Garavaglia 2.51, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 469
Votanti 468
Astenuti 1
Maggioranza 235
Hanno votato sì 466
Hanno votato no 2).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Osvaldo Napoli 2.13.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro del suo emendamento formulato dal relatore.
OSVALDO NAPOLI. Signor Presidente, non riesco a capire il motivo del parere contrario della Commissione e del Governo, considerato che l'emendamento ha un'unica finalità: quella di produrre un elenco più aggiornato degli enti a cui questa normativa fa riferimento. Mi auguro che la stessa Commissione riveda il suo atteggiamento, perché si tratta semplicemente di essere più precisi e aggiornati nell'elencazione degli enti stessi.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Osvaldo Napoli 2.13, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 460
Votanti 458
Astenuti 2
Maggioranza 230
Hanno votato sì 217
Hanno votato no 241).
Prendo atto che il deputato Piro non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 470
Maggioranza 236
Hanno votato sì 461
Hanno votato no 9).
(Esame dell'articolo 3 - A.C. 15-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 15 sezione 4).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.
MASSIMO VANNUCCI, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere favorevole all'emendamento Osvaldo Napoli 3.60, a condizione che venga riformulato nel seguente modo: Al comma 1, sostituire le parole da: «l'associazionismo dei comuni» fino a: «nelle forme dell'unione» con le seguenti: «la gestione associata dei servizi e delle funzioni comunali, in particolare tra comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti, nella forma delle unioni».
Le Commissioni inoltre esprimono parere favorevole sugli identici emendamenti Margiotta 3.50, Verro 3.55 e Alberto Giorgetti 3.63, raccomandano l'approvazione dei propri emendamenti 3.100 e 3.101 ed esprimono parere favorevole sugli emendamenti Pag. 31Garavaglia 3.56, Nannicini 3.53 e Dussin 3.57. Le Commissioni, infine, invitano al ritiro di tutti i restanti emendamenti.
PRESIDENTE. Il Governo?
PIETRO COLONNELLA, Sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie locali. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Avverto che, qualora i presentatori non comunichino il ritiro delle proposte emendative per le quali vi è stato un invito in tal senso, la Presidenza li porrà in votazione con parere contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Osvaldo Napoli 3.59. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Napoli.
OSVALDO NAPOLI. Signor Presidente, l'emendamento è finalizzato esclusivamente ad evitare una eccessiva frammentazione della rappresentanza degli enti locali. Quindi, esso andrebbe incontro ad esigenze di concretezza. Anche per questo, non riesco a capire il parere contrario del Governo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Osvaldo Napoli 3.59, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 459
Votanti 457
Astenuti 2
Maggioranza 229
Hanno votato sì 214
Hanno votato no 243).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Osvaldo Napoli 3.4, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 462
Votanti 460
Astenuti 2
Maggioranza 231
Hanno votato sì 218
Hanno votato no 242).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Zanetta 3.64.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zanetta. Ne ha facoltà.
VALTER ZANETTA. Signor Presidente, anche questo emendamento è teso a limitare quell'effetto annuncio che è giunto anche in quest'aula, proponendo di sostituire, al comma 1 dell'articolo 3, le parole «possono promuovere» con le parole «promuovono».
Credo che dobbiamo avere il coraggio - noi siamo lo Stato - di indicare alle regioni un'azione vera e concreta. Invito le Commissioni a riflettere sulla modifica proposta; visto che la concretezza viene sollecitata da più parti per adottare un provvedimento vero, mi sembra logico che almeno in un articolo come questo ci sia un qualcosa di più concreto. Di conseguenza, invito l'Assemblea a riflettere e ad esprimere un voto favorevole sul mio emendamento 3.64.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zanetta 3.64, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 466
Votanti 454
Astenuti 12
Maggioranza 228
Hanno votato sì 207
Hanno votato no 247).
Prendo atto che la deputata D'Ippolito Vitale non è riuscita a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Osvaldo Napoli 3.60, sul quale vi è un parere favorevole delle Commissioni e del Governo, subordinato ad una proposta di riformulazione.
Onorevole Osvaldo Napoli, accetta la riformulazione proposta dal relatore?
OSVALDO NAPOLI. Signor Presidente, non posso che accettare la riformulazione, in quanto il tema delle gestioni associate assume un ruolo centrale nella definizione di un sistema più efficace e razionale per l'erogazione dei servizi. Quindi, accetto la riformulazione proposta dalle Commissioni.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Osvaldo Napoli 3.60, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 473
Votanti 469
Astenuti 4
Maggioranza 235
Hanno votato sì 467
Hanno votato no 2).
Passiamo all'emendamento Acerbo 3.10.
MAURIZIO ACERBO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURIZIO ACERBO. Signor Presidente, annuncio il ritiro del mio emendamento 3.10.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo all'emendamento Osvaldo Napoli 3.12.
Onorevole Osvaldo Napoli, le ricordo che in relazione al suo emendamento 3.12 era stato formulato un invito al ritiro.
OSVALDO NAPOLI. Signor Presidente, il mio emendamento 3.12 è volto a determinare minori oneri a carico dei piccoli comuni - mi rivolgo in modo particolare ai colleghi del centrosinistra -, che a volte si trovano nell'impossibilità di avviare determinati progetti. Infatti, in alcuni casi l'affidamento esterno di progettazioni risulta molto oneroso e, quindi, non conveniente per l'ente.
Per ovviare a tutto ciò, se internamente il comune avesse un responsabile di procedimento con determinati requisiti, questi potrebbe provvedere anche alla progettazione, in maniera tale da unificare le figure ed ottenere un risparmio notevole per l'amministrazione.
Tenete presente tutto ciò, perché credo che in questa maniera potremmo concretamente andare incontro alle esigenze dei piccoli comuni. Quindi, mi auguro che anche in questo caso ci sia un ripensamento dei colleghi parlamentari.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Osvaldo Napoli 3.12, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 470
Votanti 467
Astenuti 3
Maggioranza 234
Hanno votato sì 227
Hanno votato no 240).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pegolo 3.14, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni - Commenti).
(Presenti 465
Votanti 461
Astenuti 4
Maggioranza 231
Hanno votato sì 234
Hanno votato no 227).
Colleghi, un attimo di pazienza, perché stiamo verificando le modifiche intervenute a seguito dell'approvazione dell'emendamento Pegolo 3.14.
Passiamo all'emendamento Caparini 3.15.
MASSIMO GARAVAGLIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, in relazione agli emendamenti Caparini 3.15 e Dussin 3.16, e anche alla votazione...
PRESIDENTE. Le chiedo scusa, onorevole Garavaglia, ma debbo avvertire che l'emendamento successivo, Dussin 3.16, è stato precluso dall'approvazione dell'emendamento Pegolo 3.14, in quanto relativo alla lettera b), che è stata soppressa. Prego, prosegua pure.
MASSIMO GARAVAGLIA. Intervengo proprio per annunciare che ritiriamo gli emendamenti Caparini 3.15 e Dussin 3.16, pur precluso dalla votazione precedente. Abbiamo già predisposto un ordine del giorno che mira alla semplificazione degli appalti per i piccoli comuni, per cui a questo punto chiediamo un impegno formale da parte del Governo affinché, anche alla luce della votazione precedente, nella prossima riforma del codice degli appalti si affronti la materia in maniera organica e coerente, arrivando ad una effettiva semplificazione degli appalti sia per gli affidi sia per il piano triennale.
PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Garavaglia. L'emendamento Caparini 3.15 è stato dunque ritirato come l'emendamento Dussin 3.16, già precluso dall'approvazione del precedente Pegolo 3.14.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Margiotta 3.50, Verro 3.55 e Alberto Giorgetti 3.63, accettati dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 467
Maggioranza 234
Hanno votato sì 467).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Osvaldo Napoli 3.61.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barbieri. Ne ha facoltà.
EMERENZIO BARBIERI. Presidente, la ringrazio, ma pensavo che lei guardasse più volentieri a destra che a sinistra: vedo, però, che bisogna farsi sentire...!
Pag. 34ROBERTO GIACHETTI. Fattene una ragione!
EMERENZIO BARBIERI. Vorrei sollevare un problema molto serio alla Commissione e al relatore Iannuzzi. La Commissione cultura all'unanimità, presidente il comunista Folena, ha posto una condizione di cui le vostre due Commissioni non hanno tenuto conto in alcuna misura e che ora vorrei richiamare all'attenzione dell'Assemblea.
Noi chiedevamo di sopprimere il comma 6 dell'articolo 3, in considerazione del suo contrasto con i principi istituzionali in materia di beni culturali, nonché - e questo davvero è ben strano che, onorevole Iannuzzi, conoscendo la sua formazione e la sua militanza politica, lei non ne abbia tenuto conto - «con i principi costituzionali in materia di rapporti tra Stato e Chiesa cattolica, ai sensi dell'articolo 7 Cost.».
Vorrei capire per quale motivo non si sia tenuto conto - e chiedo soltanto di spiegarne la motivazione non solo al sottoscritto, ma a tutti i suoi componenti - della condizione espressa in modo unanime da una Commissione. Vi segnalo, tra l'altro, che l'ipotizzata copertura finanziaria delle indicate convenzioni non è in alcun modo realizzabile con i fondi assegnati al Ministero per i beni e le attività culturali, sulla base delle risorse provenienti dal gioco del lotto, perché in relazione ad essi vi è già una programmazione in atto che, per gran parte, va a beneficio di beni culturali di interesse religioso.
Allora, chiedo ai relatori la cortesia di spiegare all'Assemblea per quale motivo non si è voluta tenere assolutamente in considerazione tale questione. Mi rivolgo ai due relatori e, in particolare, all'onorevole Iannuzzi, se avesse il piacere di ascoltarmi. Se invece di ascoltarmi, egli continua a parlare con i suoi colleghi, diventa difficile interloquire tra maggioranza e opposizione.
Il mancato ritiro di questo comma è un fatto grave, e non so se è stato valutato. Vi pregherei, per cortesia, di fornirmi una risposta.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Osvaldo Napoli 3.61, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 467
Votanti 459
Astenuti 8
Maggioranza 230
Hanno votato sì 217
Hanno votato no 242).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Nannicini 3.51.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.
ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, il testo unificato stabilisce che le convenzioni di cui al comma 6 dell'articolo 3 sono finanziate dal Ministero per i beni e le attività culturali per una quota non superiore al 20 per cento delle risorse messe a disposizione. Ora, ciò renderebbe possibile il finanziamento per una quota che va dallo 0 al 20 per cento; quindi, occorre fissare un limite minimo. Infatti, potrebbe accadere che nessuno impieghi le risorse ottenute con il gioco del lotto per la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale presente nei piccoli comuni. Quando si stabilisce una quota non superiore al 20 per cento, non si fissa un limite, perché per arrivare a 20 si parte da zero.
Il mio emendamento proponeva di inserire un limite minimo della quota non inferiore al 10 per cento: ciò darebbe certezza nelle scelte da compiere nel settore delle convenzioni per valorizzare il patrimonio artistico. Non ho compreso perché le Commissioni abbiano espresso un parere contrario sul mio emendamento 3.51.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Nannicini 3.51, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 469
Votanti 460
Astenuti 9
Maggioranza 231
Hanno votato sì 86
Hanno votato no 374).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Acerbo 3.58.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acerbo. Ne ha facoltà.
MAURIZIO ACERBO. Signor Presidente, non condivido il parere espresso dai relatori e dal Governo sul mio emendamento 3.58, anche se si è compiuto uno sforzo rispetto ad un successivo emendamento.
La questione di fondo è se pensiamo di aiutare o meno i piccoli comuni oppure se intendiamo fare soltanto chiacchiere, senza mettere in discussione i dogmi delle politiche che in questi anni li hanno resi più poveri.
Se i piccoli comuni non hanno nemmeno la possibilità di ricevere in comodato le case cantoniere dell'ANAS e altri manufatti dismessi, per destinarli ad attività sociali, turistiche, ricreative e di rilancio del loro territorio, e sono costretti ad acquistarli, vuol dire che non siamo capaci di dare una risposta concreta neanche rispetto ad una piccolissima questione che, però, nel nostro territorio ha un valore simbolico importantissimo. Non c'è brandello d'Italia dove non vi sia una casa cantoniera dell'ANAS: facciamo in modo che diventino dei punti di rinascita dello spirito pubblico e che non siano consegnate alla speculazione.
Non ritengo soddisfacente la proposta di mediazione avanzata. Dire che l'ANAS può decidere se vendere questi immobili ai comuni o concederli loro in comodato significa che ci saranno comuni di serie A e di serie B.
È bene che il patrimonio comune rappresentato dai resti di infrastrutture create dalla collettività nazionale torni alle comunità locali, ai loro territori, per valorizzarli. Credo vi sia la necessità di dare un segnale forte rispetto a tale questione. Davvero, in molti casi, si parla di comuni, soprattutto quelli montani, con problemi di risorse economiche: certamente dobbiamo chiedere loro di investire sul recupero edilizio; ma addirittura prevedere che debbano acquistare dall'ANAS o da altri soggetti pubblici tali immobili mi pare francamente eccessivo. Chiediamo, quindi, un voto favorevole sul mio emendamento 3.58.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, a titolo personale, debbo riconoscere che il nostro ottimo collega Minasso mantiene gli impegni presi in Commissione, e questo gli fa onore. Io vorrei sollecitare una riflessione sull'emendamento al nostro esame. Questi comuni hanno visto gli edifici e le strutture in parola abbandonati al degrado per qualche decennio, spesso recintati, comunque inutilizzati e fatiscenti. Nel momento in cui si vuole giustamente affrontare il problema, perché non si vuole dare al piccolo comune, che ne faccia richiesta e che presenti un progetto finalizzato, la possibilità di acquisire in comodato tali immobili? L'ANAS, se teneva a questi edifici, li avrebbe dovuti utilizzare nel corso dei decenni! Adesso non possiamo permettere che si facciano affari sulla pelle di comuni che non hanno strutture per gli asili nido, che non hanno strutture espositive, che non hanno sedi per i soggetti che proteggono l'ambiente. Con l'emendamento in Pag. 36esame, che pure è stato presentato da una parte a me politicamente avversa, si avanza una proposta di grande buon senso. Non si regala nulla: si propone, invece, che il comune che fa richiesta di strutture abbandonate, e che ha un progetto di utilizzo, le possa ottenere in comodato.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
TEODORO BUONTEMPO. Sto per concludere, signor Presidente. Altrimenti, cosa accadrà? Che questi edifici resteranno abbandonati qualora non si potrà realizzare un affare; se, invece, si potrà realizzare l'affare, si investirà e si speculerà. Insomma, nei piccoli comuni mancano le strutture, ma questi edifici restano abbandonati!
Esprimerò sull'emendamento Acerbo 3.58 un voto favorevole, ed invito i colleghi a fare altrettanto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Francescato. Ne ha facoltà.
GRAZIA FRANCESCATO. Signor Presidente, anche noi vorremmo sostenere la proposta del collega Acerbo, perché riteniamo che essa consenta di perseguire un duplice obiettivo: da un lato, contrasteremmo il degrado urbano e, quindi, ricuciremmo il tessuto delle città, recuperando gli edifici dismessi; dall'altro, poiché tali edifici dovrebbero poi essere consegnati a gruppi che si occupano di volontariato o di cittadini attivi, che sono veramente il motore del cambiamento, otterremmo anche l'obiettivo di ricucire le comunità e i fili dei rapporti sociali. La formula del comodato garantisce questi due obiettivi. Grazie.
MASSIMO VANNUCCI, Relatore per la V Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMO VANNUCCI, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, ho ascoltato e comprendo le motivazioni dei colleghi, da ultimo dell'onorevole Francescato. Siamo di fronte ad un passaggio delicato che rischia di compromettere l'esito finale del nostro lavoro. Io credo che non possiamo obbligare società di capitali di diritto privato a cedere i loro immobili. Comprendo le ragioni dei precedenti oratori; volevo segnalare, però, con specifico riferimento all'intervento dell'onorevole Buontempo, che la Commissione ha presentato un emendamento - lo esamineremo in seguito - ai sensi del quale, attraverso apposite intese, questi immobili possono essere affidati in comodato. Quindi, le fattispecie che rimangono in campo per i comuni sono due: la prima è quella di acquisire gli immobili al valore minimo di mercato, certificato dall'UTE, con diritto di prelazione; la seconda è quella di stipulare intese con le società, per ottenere gli immobili medesimi in comodato. Diversamente, l'emendamento Acerbo metterebbe in discussione la compatibilità finanziaria della norma e gli effetti che essa avrebbe sulle società proprietarie.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Delfino. Ne ha facoltà.
TERESIO DELFINO. Signor Presidente, a titolo personale, aggiungo la mia firma a questo emendamento, anche avendo riguardo ad una vicenda ormai pluridecennale: l'ANAS ed il Corpo forestale dello Stato hanno prodotto nel tempo una serie di elenchi di questi beni che non hanno mai creato una reale conoscenza della loro consistenza da parte del Parlamento, delle istituzioni e di quanti erano interessati. Ritengo che almeno per quei beni che insistono nelle zone montane e nei piccoli comuni si debba svoltare decisamente per evitare che nel tempo questo grande patrimonio degradi sempre di più. Quindi con il mio intervento si vorrebbe sollecitare il Governo e con esso una puntuale ed incisiva iniziativa sull'ANAS (che, pur essendo oggi privatizzata, risponde comunque ad una funzione pubblica), sulla quale Pag. 37il Governo ha una funzione di controllo e di indirizzo, e chiedere all'Ente foreste notizie sulla situazione attuale di questo patrimonio. Inoltre, credo che, là ove emerga una esigenza della comunità locale e della comunità montana, la possibilità di utilizzare questo patrimonio sia una finalità pubblica assolutamente rispondente all'esigenza di fermare il degrado di un patrimonio che in questi anni - come ho potuto constatare nelle parti del territorio dove vivo - è andato sempre accentuandosi, offrendo così anche una possibilità concreta - come altri colleghi hanno detto - di rivalutare questo patrimonio e di rispondere alle vere esigenze pubbliche che sul territorio si manifestano.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rosso. Ne ha facoltà.
ROBERTO ROSSO. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per sottoscrivere l'emendamento. Vediamo tutti come la presenza dello Stato in alcuni piccoli comuni - ma sarebbe da auspicare che questa norma si estendesse anche a quelli di media o grande dimensione - si riduca in molti casi, all'interno di realtà locali, ad una manifestazione di purulenza, di degrado e di decadenza, che vede, purtroppo, le ex-caserme, gli ex-presidi dell'ANAS e le ex-ferrovie ridotte a luoghi in cui si accumulano porcherie e brutture, e in cui circolano ratti.
Pertanto, davvero credo che non ci sia ragione, da parte del relatore, di fare riferimento ad un collasso finanziario di chissà quale soggetto: le società in questione sono solo apparentemente private, ma mantengono prepotentemente il capitale statale interno.
Sarebbe giusto, quindi, collocare questa norma non solo all'interno della normativa dei piccoli comuni ma, più in generale, di quegli efferati casi di putrescenza del patrimonio pubblico che anche nelle medie e grandi città si registrano.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Castellani. Ne ha facoltà.
CARLA CASTELLANI. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere a titolo personale l'emendamento Acerbo 3.58, richiamando i colleghi e l'Assemblea in ordine alla formulazione di questo emendamento, il quale si riferisce ai comuni che sono inferiori ai 5 mila abitanti, e cioè ad enti locali che mai e poi mai avrebbero nel loro bilancio le risorse finanziarie per acquistare queste strutture. Potendole invece utilizzare in comodato d'uso per ragioni sociali, essi potranno sicuramente dare una risposta a problematiche sociali che diversamente non potrebbero essere affrontate. Quindi, ribadisco la mia volontà di sottoscrivere l'emendamento in esame e dichiaro sullo stesso voto favorevole.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Osvaldo Napoli. Ne ha facoltà.
OSVALDO NAPOLI. Signor Presidente, non vorrei rientrare nella passione di quanto è scritto che, certamente, in termini di immagine è molto importante. Avendo fatto il sindaco come tanti altri colleghi, posso affermare che se si modifica la previsione da «comodato gratuito» - lo dico anche al collega Rosso - a «cessione gratuita» può anche andare bene, ma se è previsto il comodato gratuito per il quale un certo comune avvia dei lavori su un determinato tipo di bene che poi, dopo due, tre o cinque anni gli viene tolto, quel comune, dopo aver speso in termini di investimento con pagamento di mutui, non è nelle condizioni di pagarli.
Allora, caro collega Acerbo, se si modifica la previsione del comodato gratuito in cessione gratuita, rendiamo un grande favore ai comuni; ma, se manterremo il comodato, avremo fatto un grave affronto ai comuni stessi, perché tali enti non avranno, nella loro vita amministrativa, la possibilità di mantenere quel bene. Quindi, se tutti insieme siamo d'accordo a modificare il testo in esame in questo senso ben venga allora una tale proposta; altrimenti, considerate che dai sindaci un tale tipo di accordo non potrà essere accettato: sarebbe Pag. 38una spesa talmente eccessiva da determinare il rischio del fallimento (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).
MASSIMO VANNUCCI, Relatore per la V Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Vannucci, lei, in qualità di relatore, è già intervenuto su questo emendamento.
MASSIMO VANNUCCI, Relatore per la V Commissione. Volevo solo proporre l'accantonamento di tutte le proposte emendative riferite al comma 7 dell'articolo 3.
PRESIDENTE. Sta bene.
Se, dunque, non vi sono obiezioni, l'esame dell'emendamento Acerbo 3.58, nonché, conseguentemente, di tutti quelli riferiti al comma 7 dell'articolo 3, deve intendersi accantonato.
MAURIZIO ACERBO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURIZIO ACERBO. Signor Presidente, annuncio il ritiro del mio emendamento 3.65.
PRESIDENTE. Sta bene.
Pertanto, sono da intendersi accantonate le proposte emendative Acerbo 3.58, 3.100 delle Commissioni e Osvaldo Napoli 3.62.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Osvaldo Napoli 3.24, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 452
Votanti 451
Astenuti 1
Maggioranza 226
Hanno votato sì 212
Hanno votato no 239).
Passiamo all'emendamento Garavaglia 3.56, sul quale le Commissioni ed il Governo hanno espresso parere favorevole.
MASSIMO VANNUCCI, Relatore per la V Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMO VANNUCCI, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, intervengo per modificare il parere precedentemente espresso e di questo mi scuso con l'onorevole Garavaglia e con l'Assemblea. Richiamandomi pur sempre alle problematiche di principio sulle competenze, propongo una riformulazione dell'emendamento Garavaglia 3.56, nel senso di sostituire le parole: «le regioni promuovono» con le seguenti: «le regioni possono promuovere».
PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo concorda.
Onorevole Garavaglia, accetta la riformulazione proposta dal relatore?
MASSIMO GARAVAGLIA. Sì, signor Presidente, accetto la riformulazione proposta dal relatore, che, anzi, è migliorativa del testo, perché si colloca nell'ottica di una maggiore autonomia delle regioni pur mantenendo, in quanto legge quadro - legge che dunque non affronta direttamente i problemi ma reca talune indicazioni -, il principio di favorire il recupero delle biomasse. Quindi, accetto la riformulazione.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pag. 39Garavaglia 3.56, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 459
Maggioranza 230
Hanno votato sì 452
Hanno votato no 7).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Osvaldo Napoli 3.26, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 461
Maggioranza 231
Hanno votato sì 222
Hanno votato no 239).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lupi 3.27, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 466
Votanti 464
Astenuti 2
Maggioranza 233
Hanno votato sì 216
Hanno votato no 248).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Pedrini 3.28.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.
CESARE CAMPA. Signor Presidente, avevo chiesto di intervenire precedentemente, ma vi è stato un attimo di disattenzione; volevo infatti interloquire sulla cessione dei fabbricati. Intervengo, tuttavia, su questo emendamento del collega Pedrini per chiedere di apporre anche la mia firma alla sua proposta; trovo veramente inqualificabile l'atteggiamento del Governo quando sostiene che la copertura integrale del segnale televisivo non possa rimanere a carico dello Stato.
Uno dei compiti dello Stato è quello di garantire che tutti i cittadini siano messi nella stessa identica condizione; stiamo varando una legge a favore dei piccoli comuni ed escludiamo la possibilità - anzi, il diritto-dovere dello Stato - di far sì che la copertura televisiva sia garantita a tutti i cittadini italiani. Questa sarebbe la sinistra? È questa la sinistra di Governo? Ma non vi vergognate (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia - Commenti dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Delfino. Ne ha facoltà.
TERESIO DELFINO. Ritengo questo emendamento molto importante. Non credo che vi sia gruppo parlamentare che non abbia sollecitato il Governo per la carenza, in zone montane, sia del segnale televisivo sia del servizio telefonico.
Questo è un tema che attiene ad un diritto, dal momento che i nostri concittadini montani pagano sia il canone televisivo sia il contributo fiscale per tutti quelli che dovrebbero essere servizi generali. Ritengo che questo emendamento colga nel segno e sia volto a garantire effettivamente una risposta alle popolazioni montane e anche a tutte le realtà dei piccoli comuni che non godono dei collegamenti in questione in modo efficace. Per questa ragione, sottoscrivo l'emendamento Pedrini 3.28 e ne raccomando l'approvazione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.
GIOVANNI FAVA. Vorrei apporre anche la mia firma a questo emendamento. Ritengo, associandomi in ciò alle considerazioni dei colleghi che mi hanno preceduto, che se di servizio pubblico si deve trattare, a maggior ragione in termini di servizio pubblico si debba ragionare quando si va a discutere di questioni che riguardano le zone più lontane del paese, nonché del mantenimento delle identità culturali, storiche e sociali di quelle popolazioni, offrendo a quei cittadini che non vivono a ridosso dei grandi centri urbani la possibilità di continuare a vivere tranquillamente ed agevolmente.
Per questi motivi chiedo quindi che venga apposta anche la mia firma all'emendamento Pedrini 3.28, annunciando, a titolo personale, il mio voto favorevole.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Osvaldo Napoli. Ne ha facoltà.
OSVALDO NAPOLI. Signor Presidente, non possiamo che accogliere favorevolmente questo emendamento. Vorrei fare soltanto l'esempio della provincia di Cuneo, dove non arriva alcun segnale televisivo e rispetto alla quale la RAI stessa - voglio denunciare ciò - nel rispondere ai rappresentanti del popolo locali afferma che in quella zona non c'è segnale, né provvederà ad attivarlo a causa dei pochi residenti. Anche al riguardo, vorrei che il sottosegretario si assumesse l'impegno di prendere un'iniziativa: la RAI non può rispondere in questi termini! I cittadini sono uguali dappertutto, sia nelle zone disagiate, sia in quelle più comode. Su questo punto mi aspetto un impegno da parte del Governo per risolvere definitivamente queste problematiche.
TINO IANNUZZI, Relatore per la VIII Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TINO IANNUZZI, Relatore per la VIII Commissione. Vorrei rilevare come dalla discussione in quest'aula, a ulteriore conferma di quanto sia utile il confronto delle opinioni fra noi, se svolto in maniera costruttiva come questa mattina, emergano elementi che ci inducono ad una riflessione ulteriore e ad un approfondimento.
Per questa ragione, propongo di accantonare l'esame dell'emendamento Pedrini 3.28.
PRESIDENTE. Sta bene. Non essendovi obiezioni, l'esame dell'emendamento Pedrini 3.28 deve intendersi quindi accantonato.
GIUSEPPE ROMELE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Romele, l'emendamento Pedrini 3.28 è stato accantonato! Prendo atto della sua intenzione di sottoscrivere l'emendamento; tuttavia, ripeto, esso è stato accantonato.
Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, vorrei far presente che all'articolo 7 c'è un emendamento a mia firma, l'emendamento 7.56, che solleva questo problema, con riferimento anche ad una risposta che il Governo aveva dato ad una mia interrogazione risalente al 1998.
Nel mio emendamento 7.56 - ripeto - si solleva lo stesso problema, quello cioè della copertura del segnale RAI in alcuni territori, nei quali io chiedo che non si paghi il canone.
In aula, il Governo rispose che la RAI avrebbe provveduto in tempi brevi a risolvere il problema delle mancate coperture. Dal 1998 ad oggi ciò non è avvenuto; in qualche maniera, quindi, dobbiamo pur tutelare quei cittadini. Ora, decida lei se è il caso di accantonare anche il mio emendamento affinché si faccia una discussione unica, altrimenti andiamo avanti così.
PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, ovviamente non stiamo ancora esaminando gli emendamenti riferiti all'articolo 7. Comunque, il Comitato dei diciotto, presumibilmente durante la sospensione, avrà modo di valutare la possibilità di prendere in considerazione l'emendamento da lei segnalato insieme a quello che abbiamo appena accantonato, ossia l'emendamento Pedrini 3.28.
Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento 3.101 delle Commissioni.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.
ROLANDO NANNICINI. Anche se non ho presentato alcun subemendamento all'emendamento delle Commissioni che stiamo esaminando, mi soffermerò su di esso con molta attenzione, poiché credo che nello svolgere l'attività parlamentare ognuno di noi debba portare l'esperienza territoriale: non c'è solo l'esperienza politica, c'è anche l'esperienza del nostro territorio. Gli organismi che sovrintendono alla programmazione sanitaria danno una definizione dei punti nascita abbastanza estesa: per essere certo, un punto nascita deve avere una casistica di almeno cinquecento nati all'anno; se è al di sotto di tale cifra, non ha casistica, non ha risultati rilevanti per i cittadini.
Nei piccoli comuni, pertanto, si sono chiuse, per così dire, le dichiarazioni di «paternità» in un modo molto razionale, per dare alla madre la necessaria attenzione e la certezza di essere in un ambiente protetto, legando appunto la maternità al punto nascita. Se si riconosce, nel provvedimento, che solo i comuni con popolazione inferiore a 5 mila abitanti possono, per la tutela del diritto alla salute, alterare il collegamento dei cittadini con il proprio luogo di nascita - e ripeto, se lo si dispone solo per i comuni con popolazione inferiore a 5 mila abitanti - si escludono le realtà dei comuni con una popolazione di dieci, quindici, o ventimila abitanti. Questo non è un problema per Roma, nel cui territorio vi sono centri nascita e cliniche, non è un problema per le città di 100 mila abitanti, ma lo è per quei comuni italiani che hanno compiuto un buon lavoro nella razionalizzazione dei servizi sanitari. Mi sembra che, facendo ciò, i relatori, il Governo e, più in generale, le Commissioni di merito stiano commettendo un errore. Comprendo infatti il limite di 5 mila abitanti per questioni quali il patto di stabilità, le agevolazioni, l'acquisto dal demanio, ma non è concepibile porre un simile limite su un diritto che rende tutti i cittadini uguali, quello cioè per cui i genitori possono andare all'anagrafe e dire: determinate la residenza non in base al punto nascita zonale, ma in base alla nostra residenza. Consentire dunque una simile possibilità solo per i comuni con popolazione inferiore a 5 mila abitanti mi sembra un grave errore.
Inoltre, mi sembra sbagliata anche la riformulazione: cosa c'entra infatti il riequilibrio demografico, com'è stabilito dall'attuale testo del provvedimento? Non vi è da riequilibrare nulla, vi è solo da escludere che il diritto alla salute durante il parto possa alterare il collegamento dei cittadini con il proprio comune di residenza. Era solo questo, quindi, lo scopo del mio emendamento il cui contenuto è stato trasfuso nell'emendamento in questione. Quindi, invito le Commissioni a svolgere un'analisi su questo aspetto, perché nella realtà della mia provincia, su trentanove comuni, solo undici potrebbero godere di tale opportunità. Gli altri sono tutti comuni con popolazione inferiore a 25 mila abitanti e non avrebbero questa possibilità. È una facoltà dei genitori, non è un obbligo. I genitori possono richiedere di correlare il luogo di nascita del figlio alla propria residenza e non al comune in cui questi è nato.
Mi scuso per il calore con cui ho sostenuto questa argomentazione. Aggiungerei, anzi, che sopprimere la competenza provinciale e istituirne una regionale è una scelta giusta, perché vi sono ASL interprovinciali. Condivido lo spirito della proposta dell'onorevole Realacci, perché quest'ultimo ha posto un tema serio; ma è un tema che bisogna valutare attentamente, perché il parametro è di cinquecento nati nel punto nascita, e quindi vi possono Pag. 42essere anche realtà cittadine di 40 mila abitanti che non avrebbero più il punto nascita. Credo, quindi, che sia corretto estendere la portata di tale disposizione e il diritto dei genitori in questo senso.
ERMETE REALACCI, Presidente della VIII Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERMETE REALACCI, Presidente della VIII Commissione. L'onorevole Nannicini ha posto un problema serio: è vero che questo principio può valere anche indipendentemente dalla dimensione dei 5 mila abitanti. Noi dobbiamo mantenere, in tutta la discussione che svolgiamo, anche sugli emendamenti che accantoniamo, un criterio di equilibrio, per capire come tenere insieme tutta la materia.
In particolare, sottolineo che le Commissioni hanno espresso parere favorevole su una successiva proposta emendativa dell'onorevole Nannicini volta ad estendere l'indicazione del luogo di nascita dalla provincia alla regione: è infatti frequente il caso di parti che non avvengono in ospedali della provincia di residenza, ma in quella limitrofa.
Dal momento che il Comitato dei diciotto dovrà comunque riunirsi per esaminare le proposte emendative accantonate, propongo di accantonare l'esame di questo emendamento, al fine di pervenire ad una soluzione che risponda anche ad esigenze di buon senso e praticabilità: se infatti estendiamo molto i criteri previsti dalla legge, non riusciamo più a «mirarla» adeguatamente.
Propongo dunque, ripeto, l'accantonamento dell'emendamento in esame, invitando l'onorevole Nannicini a trovare una formulazione che ci consenta di non snaturare la proposta.
PRESIDENTE. Avverto che, non essendovi obiezioni, deve intendersi accantonato l'esame dell'emendamento 3.101 delle Commissioni e, conseguentemente, degli emendamenti Nannicini 3.52, Osvaldo Napoli 3.30, Nannicini 3.54 e Nannicini 3.53, nonché la votazione dell'articolo 3.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Dussin 3.57.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.
MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, ho chiesto di parlare per rimarcare l'importanza della cura del nostro territorio in un'ottica preventiva: favorire il recupero dei terreni incolti consentirà di prevenire le emergenze, quali alluvioni e altri disastri, per fare fronte alle quali ogni anno si vanno a spendere ben più dei 5 milioni di euro che vengono stanziati dal provvedimento in esame. Riteniamo dunque assolutamente importante agire in tal senso.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.
CESARE CAMPA. Signor Presidente, intendo sottoscrivere l'emendamento in esame, presentato in modo molto puntuale dai colleghi Dussin, Garavaglia, Caparini e Armani.
Ricordo all'Assemblea che la proposta emendativa si limita a prevedere che le regioni favoriscano il recupero dei terreni incolti ricadenti nel territorio dei piccoli comuni. Ritengo si tratti di una proposta di buon senso. Vi sono comuni montani in cui non si taglia neppure più l'erba e siamo invasi dalle vipere. Il degrado ambientale è sotto gli occhi di tutti. Il fatto di prevedere che le regioni possano dare contributi ai piccoli comuni per il recupero dei terreni incolti credo costituisca una scelta di buon senso: non capisco per quale motivo il Governo, ancora una volta, dica di no. Sarebbe opportuno capire qual è l'orientamento del Governo...
PRESIDENTE. Onorevole Campa, le chiedo scusa, il parere delle Commissioni e del Governo sull'emendamento in esame è favorevole...
CESARE CAMPA. E allora, se siamo tutti favorevoli, non perdiamo tempo (Applausi - Commenti)...
Pag. 43
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Campa.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dussin 3.57, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 450
Votanti 449
Astenuti 1
Maggioranza 225
Hanno votato sì 446
Hanno votato no 3).
Essendovi alcuni emendamenti accantonati, non possiamo procedere alla votazione dell'articolo 3.
Passiamo all'articolo aggiuntivo Osvaldo Napoli 3.02.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Osvaldo Napoli 3.02, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 447
Votanti 446
Astenuti 1
Maggioranza 224
Hanno votato sì 213
Hanno votato no 233).
(Esame dell'articolo 4 - A.C. 15-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 15 sezione 5).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.
TINO IANNUZZI, Relatore per la VIII Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sulle proposte emendative riferite all'articolo 4.
Per quanto concerne l'emendamento Franci 4.6, si è svolta una discussione approfondita, partendo da una posizione favorevole. Successivamente, sono state espresse preoccupazioni ed individuati ostacoli in ordine alla compatibilità finanziaria da parte del Governo.
Tuttavia, in relazione alla circostanza che questo emendamento risulta essere particolarmente avvertito (è stato praticamente proposto da tutti i componenti della Commissione agricoltura), avendo rilevato la finalità positiva della norma, inviterei il Governo a valutare le condizioni necessarie per rimuovere gli ostacoli di ordine finanziario e, se necessario, accantonare l'esame dell'emendamento - dal momento che ve ne sono altri nello spirito di un miglioramento del testo della legge - una volta acquisito il suo punto di vista.
PRESIDENTE. Il Governo?
PIETRO COLONNELLA, Sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie locali. Signor Presidente, poiché sono sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie locali, la propensione del Governo non può che essere positiva, ma ritengo utile un accantonamento per effettuare una verifica con il Ministero dell'economia.
PRESIDENTE. Qual è il parere sulle restanti proposte emendative?
PIETRO COLONNELLA, Sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie locali. Signor Presidente, per le restanti proposte emendative il Governo esprime parere conforme a quello espresso dal relatore.
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PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Sgobio 4.1, Ruvolo 4.50 e Garavaglia 4.51.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Napoletano. Ne ha facoltà.
FRANCESCO NAPOLETANO. Signor Presidente, l'attuale formulazione dell'articolo 4, a nostro avviso, appare insufficiente; lo Stato, le regioni e le province devono assicurare l'efficienza e la qualità dei servizi essenziali, ma non l'esistenza dei servizi medesimi.
Credo sia importante che, nel nostro paese, dal comune più grande al comune più piccolo, vi debba essere l'ubicazione di servizi essenziali. Con questo importante provvedimento abbiamo l'occasione di istituire in ogni comune almeno un ufficio postale, un istituto scolastico dell'obbligo ed una farmacia. Sarebbe, pertanto, importante inviare un segnale importante nel nostro paese che vada in questa direzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.
CESARE CAMPA. Signor Presidente, il Governo e le Commissioni hanno espresso parere contrario sugli emendamenti in esame che mi onoro di sottoscrivere immediatamente; un parere inqualificabile, perché bisogna garantire a tutti i nostri cittadini il rispetto di una vita civile: in ogni comune devono essere ubicati almeno una farmacia, un istituto di istruzione scolastica dell'obbligo ed un ufficio postale. È il minimo che un paese civile possa pretendere!
Mi chiedo veramente con che faccia possiamo parlare se non garantiamo ai nostri cittadini, specie quelli che si trovano nei piccoli comuni, nei comuni montani, questi servizi essenziali! Poi diciamo che è in atto lo spopolamento di questi enti, che questi territori vengono abbandonati a loro stessi!
Signor Presidente, chiedo a questa sinistra con che faccia parliamo di diritti, di garanzie, di interessi dei cittadini! Dobbiamo assolutamente garantire a tutti i cittadini l'obbligo scolastico che questa sinistra sbandiera in ogni occasione, accusando la Moratti di aver tolto chissà che cosa. Siete voi che togliete i diritti ai cittadini!
Pertanto, credo che farebbe bene il rappresentante del Governo a dire che dovrebbe essere accantonato anche questo articolo per ridiscutere la questione e garantire a tutti i cittadini i diritti fondamentali, vale a dire la farmacia, un ufficio postale, un istituto di istruzione scolastica dell'obbligo e, io aggiungo, i servizi di prima necessità nel mondo del commercio che, grazie alla liberalizzazione di Bersani, abbiamo di fatto depauperato. Non vi è più un servizio commerciale nei nostri piccoli comuni!
Pertanto, a fronte di un provvedimento che concerne misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni dovremo porre in essere misure conseguenti. Non dobbiamo essere contraddittori: se questo è il testo della legge, dobbiamo garantire non solo questi servizi essenziali, ma forse qualche cosa in più!
Allora, Presidente, mi rivolgo a lei affinché possa chiedere all'Assemblea almeno di soffermarsi ad analizzare questa proposta e di votare gli identici emendamenti in esame, perché costituiscono un segno di grande civiltà e di coerenza (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro).
PRESIDENTE. L'onorevole Campa ha formulato una richiesta di accantonamento. Chiedo al presidente Realacci qual è il parere delle Commissioni al riguardo.
ERMETE REALACCI, Presidente della VIII Commissione. Siamo d'accordo. Credo sia la stessa proposta dell'onorevole Quartiani.
Colleghi, credo che molti abbiano a cuore la questione dei piccoli comuni, ma è necessario, affinché si agisca in modo serio, che si tenga conto delle condizioni concrete in cui ci si trova ad operare.
Voi sapete che in Italia ci sono comuni che hanno trenta, quaranta, cinquanta, Pag. 45sessanta abitanti: un conto è lo spirito giusto della legge di garantire i servizi essenziali, anche quelli che non sono pubblici, come il servizio commerciale, i benzinai, eccetera; un altro conto è sostenere che obbligatoriamente in tutti questi centri ci deve essere una farmacia, una scuola e l'ufficio postale.
Capite bene che, se introduciamo questo obbligo, dobbiamo cambiare la finanziaria, nel senso che dobbiamo riscriverne un'altra. In un comune che ha sessanta abitanti condanniamo quegli studenti ad avere una scuola di serie B e i cittadini ad avere un ufficio postale del tutto inutile. Quindi, sono favorevole ad accogliere lo spirito degli identici emendamenti in esame, come di tutto il provvedimento, ma riformulandoli, perché francamente in tal modo creiamo un danno a quei comuni. Infatti, gli forniamo un'assistenza che non li fa evolvere e non gli dà i servizi essenziali.
Cogliendo lo spirito degli interventi dei colleghi, accetto la proposta di accantonamento, chiedendo una riformulazione degli identici emendamenti al fine di non stabilire regole assurde.
Conosco molto bene il nostro paese e so che ci sono comuni in cui pretendere queste cose è una assurdità. Cerchiamo quindi di leggere correttamente le reali necessità, altrimenti si finisce per parlare di un altro paese (Applausi).
PRESIDENTE. Colleghi, vi sono altre sette richieste di intervento sugli identici emendamenti dei quali si è chiesto l'accantonamento. Quindi, chiedo ai colleghi che hanno chiesto di parlare di intervenire allorquando verranno esaminati.
TERESIO DELFINO. Presidente...!
PRESIDENTE. Colleghi, mi dispiace...
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, per dare un po' di ordine ai nostri lavori, vorrei capire che cosa è accaduto. Mi pare che sia stata avanzata una richiesta, peraltro condivisa, di accantonamento e che vi sia un orientamento delle Commissioni in tal senso. Sono le 13,30 e, dal momento che dovremmo sospendere la seduta a breve, potremmo rinviare il dibattito al pomeriggio.
PRESIDENTE. Sono d'accordo con lei, onorevole Giachetti.
Secondo le intese intercorse tra i gruppi parlamentari, il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta.
Ha chiesto di parlare il presidente Realacci. Ne ha facoltà.
ERMETE REALACCI, Presidente della VIII Commissione. Presidente, vorrei informare i colleghi interessati che il Comitato dei nove è convocato immediatamente presso la V Commissione per esaminare gli emendamenti accantonati e gli altri punti critici emessi.