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Discussione della proposta di legge costituzionale: Boato ed altri; D'Elia ed altri; Mascia ed altri, Piscitello: Modifica all'articolo 27 della Costituzione, concernente l'abolizione della pena di morte (Approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dalla Camera dei deputati e approvata, senza modificazioni, in prima deliberazione, dal Senato) (A.C. 193-523-1175-1231-B) (ore 10,29).
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 193-523-1175-1231-B)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Boato.
MARCO BOATO, Relatore. Signora Presidente, signor rappresentante del Governo e colleghi, di fronte ad una condivisione unanime del provvedimento in esame, forse una replica non sarebbe neppure necessaria; tuttavia, sia pure molto brevemente, desidero onorare questo dibattito, nonché tutti i colleghi che, intervenendo, hanno affrontato questioni di grandissima rilevanza.
Quindi, desidero ringraziare in primo luogo i colleghi Khaled Fouad Allam, Sergio D'Elia, Giacomo Stucchi, Franco Russo, Jole Santelli ed Alessandro Forlani per i loro interventi. Ringrazio anche il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, il quale ha presieduto per larga parte questo dibattito.
Saluto altresì lei, Presidente Giorgia Meloni, che sta presiedendo la fase conclusiva dell'esame del provvedimento, nonché il sottosegretario di Stato, Stefano Boco, il quale, pur non essendo istituzionalmente deputato a tale materia, ha comunque rappresentato il Governo nel corso dell'intero dibattito. L'Esecutivo è tuttavia rappresentato nella sua collegialità, e mi fa piacere, comunque, che sia egli a farlo in questa occasione.
Vorrei svolgere molto brevemente due ulteriori considerazioni. Credo che abbia fatto bene il collega Fouad Allam - anche grazie al suo impegno politico e civile, nonché alla sua matrice culturale - a sottolineare, sul piano della «grammatica delle relazioni internazionali» (come egli ha detto), il valore e la virtù quasi «pedagogica» della politica del diritto. Egli, in rapporto a questa importante revisione costituzionale, ha infatti evidenziato il valore dei diritti dell'uomo, nell'ambito di una società plurale, con riferimento a certi Stati.
Il collega Allam ha citato alcuni paesi arabi, ma sappiamo, ovviamente, che il discorso vale da una parte per la Cina e, dall'altra, anche per gli Stati Uniti d'America, poiché si tratta di nazioni che mantengono e praticano ancora, purtroppo, la pena di morte.
Credo abbia fatto bene anche il collega Franco Russo, nell'ambito della pluralitàPag. 35delle culture e delle ispirazioni, perfino religiose - segnalo, infatti, che chi vi parla è un credente, anche se è pienamente «laico» sul terreno politico -, a ricordare, proprio in riferimento all'abolizione definitiva e totale, in qualunque ipotesi (anche astratta), della pena capitale, il valore della laicità rispetto ai diritti umani universali.
Questa è anche l'ispirazione della nostra Carta costituzionale, poiché ci stiamo accingendo a deliberare una modifica al quarto comma dell'articolo 27 della stessa. Infatti, stiamo per abolire definitivamente, dal testo di tale articolo, quell'eccezione al principio generale - vale a dire, che non è ammessa la pena di morte - che contempla la pena capitale nei casi previsti dalle leggi militari di guerra.
Tuttavia, la scelta che il Parlamento della XV legislatura finalmente compie, si inserisce pienamente nel solco dell'articolo 2 della nostra Carta costituzionale, che afferma solennemente: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo (...)».
Del resto - non l'ho ricordato nella relazione introduttiva, ma mi fa piacere farlo ora sotto il profilo storico - il primo Stato al mondo che abolì la pena di morte nel proprio ordinamento fu il Granducato di Toscana: siamo in epoca preunitaria, abbiamo ricordato poi il codice Zanardelli, ma il primo Stato al mondo fu il Granducato di Toscana.
Mi colpì da ragazzo una notiziola che lessi sui giornali subito dopo il Concilio ecumenico Vaticano II, forse eravamo nel '66 ma forse mi sbaglio: lo Stato della Città del Vaticano ha abolito la pena di morte. Sia pure come norma tralatizia, come si dice giuridicamente, non più applicata da epoca immemorabile, nello Stato della Città del Vaticano fino a dopo il Concilio Vaticano II esisteva ancora formalmente la pena di morte, che poi venne abolita definitivamente. Ciò in riferimento alle riflessioni svolte dal collega Franco Russo sulla questione della laicità.
Da ultimo, vorrei dire che mentre condivido le preoccupazioni, le esigenze e le istanze che il collega Sergio D'Elia ha qui manifestato perché le ho già espresse sia nella fase della prima lettura durante il dibattito svolto, sia a maggior ragione oggi nella relazione introduttiva, condivido altresì l'appunto che il collega Franco Russo, da una parte, e la collega Iole Santelli, dall'altra, hanno fatto a non sottovalutare l'importanza di questa revisione costituzionale e di questa deliberazione.
Ci sarà pure un motivo se noi arriviamo ad approvarla, credo ormai definitivamente, soltanto nella XV legislatura! Ci sarà pure un motivo se per due legislature un voto unanime, o quasi, della Camera non trovò riscontro adeguato e analogo da parte dell'altro ramo del Parlamento! Ci sarà pure un motivo se, come correttamente e intelligentemente il collega Alessandro Forlani poco fa ha ricordato, meno di trent'anni fa nel Regno Unito la pena di morte veniva ancora eseguita, così come nella Francia pre-Mitterrand essa si eseguiva oltretutto con la ghigliottina e fu Mitterrand stesso insieme al ministro Badinter ad adottare uno dei primi atti della sua Presidenza - siamo quindi negli anni '80, non secoli fa -, abolendo definitivamente la pena di morte anche in Francia! Ci sarà pure un motivo se - e ringrazio il collega Forlani che lo ha ricordato - in occasione del sequestro, prima dell'assassinio, di Aldo Moro nel dibattito politico italiano, non da parte di qualche estremista di destra ma da parte di Ugo La Malfa, che era un leader autorevolissimo del partito repubblicano, si chiese la reintroduzione della pena di morte: allora il baluardo - voglio ricordarlo perché a volte viene misconosciuto - fu il socialdemocratico Giuseppe Saragat, che disse al suo carissimo amico interlocutore Ugo La Malfa: «No! La pena di morte mai!».
Ecco, questo avveniva nella nostra Italia e Alessandro Forlani ha ricordato che, anche dopo l'11 settembre del 2001 vi sono state pulsioni internazionali di tipo emergenziale che andavano in una direzione regressiva. A tale proposito, devo però dire che il Parlamento europeo, il Consiglio d'Europa, la Commissione europea, il Consiglio europeo e tutti gli organismi delPag. 36nostro continente, non solo dell'Unione europea ma anche del Consiglio d'Europa, che è assai più largo, si sono sempre opposti a logiche di carattere emergenziale.
Dico con amicizia al collega Sergio D'Elia che nel condividere - ma mi pare che in quest'aula tutti lo abbiano dichiarato, e io l'ho fatto fin dalla relazione introduttiva - l'impegno e il riferimento anche critico rispetto all'azione che il Governo italiano deve compiere, se non altro perché vi è un atto unanime del Parlamento che glielo chiede, per la presentazione all'Assemblea dell'ONU di una risoluzione per la moratoria universale della pena di morte, ritengo sia un grave errore politico, e anche concettuale e culturale, anche rispetto alla storia del nostro paese e a quella europea, sottovalutare la decisione che prenderemo in quest'aula fra qualche giorno, quella di deliberare la definitiva espunsione di qualunque ipotesi, anche soltanto nel quadro delle leggi penali militari di guerra, della pena di morte dalla Costituzione repubblicana.
Rinnovo il ringraziamento a tutti i colleghi che sono intervenuti, al Presidente, alla Presidente di turno in questo momento e al rappresentante del Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
STEFANO BOCO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, ringrazio tutti i colleghi anche per l'importanza delle loro riflessioni, la ricchezza e la varietà delle opinioni espresse. Non mi dilungherò, ma cercherò di essere preciso su due aspetti che sono emersi nella discussione. Lo ha ricordato l'amico e collega Boato: il mio dicastero non ha competenze specifiche in materia, ma la rappresentanza di Governo che ho in questo momento non pone una differenza di dicastero.
Il primo aspetto che considero importante è che questa discussione, che si è snodata per diverse legislature, per la prima volta è stata affrontata in meno di un anno - lo ricordava il collega Franco Russo - con una velocità che ci fa capire che questa volta ce la faremo, ovviamente lo dico senza fare gli scongiuri, non ho questa attitudine.
Credo che un paese si misuri dalla civiltà che le proprie aule parlamentari, su atti come questi, possono e devono rappresentare, e se questa volta - siamo alla terza lettura - imprimessimo un'accelerazione con il voto che fra pochi giorni verrà espresso, dimostreremmo che stiamo compiendo un atto molto più importante di espungere da un articolo una piccola parte, anche se, nella sua sacralità, si tratta di un atto costituzionale; dimostreremmo che la sensibilità e la cultura del Paese sono cresciuti sotto questo punto di vista.
C'è una sacralità in quello che, come atto parlamentare, come legge costituzionale, state facendo, stiamo facendo e stiamo costruendo come parlamentari di questo paese. C'è tristezza nel percepire che la comunicazione a volte è distratta: senza mancare di rispetto ad essa, tante volte concentriamo le nostre comunicazioni e i nostri interessi su cose sicuramente importanti e indispensabili, ma non percepiamo che atti come questi descrivono le fondamenta non di maggioranza e di opposizione, ma di un «fare» politico. Vedo dei ragazzi nelle tribune: sono onorato e fiero di vederli dentro le aule del Parlamento e della Camera dei deputati; sono doppiamente onorato di condividere con loro quest'aula in questo momento su un atto che, ripeto, rappresenta molto più di quanto non sia nello specifico.
Voglio essere preciso su un altro punto che è stato oggetto della discussione. Condivido moltissimo, e non aggiungo nulla, la relazione dell'onorevole Boato, che come relatore ha toccato tutti i punti. Lo ringrazio per il lavoro svolto, e, se me lo permettete, non solo per quello attuale, ma anche per gli anni che ha dedicato anche a questo tema. Tuttavia, credo che su un punto sollevato dal collega D'Elia ci debba essere chiarezza, senza pensare chePag. 37le due parti di questo lavoro siano poi, per così dire compromesse, o che l'una sottovaluti l'altra.
I Governi, il nostro Governo nel nostro ordinamento repubblicano attua e non interpreta le scelte del Parlamento. Lo dico non per polemica alcuna, ma senza ombra di smentite. Quindi, invito tutti a percepire la centralità di quello che stiamo facendo e a staccarla da una visione che dobbiamo portare avanti perché, per quanto mi riguarda, da parlamentare, da cittadino italiano, da uomo di Governo, questo iter è una straordinaria opportunità, questo iter racconta tante storie, tante battaglie di donne e uomini impegnati nel nostro paese per la crescita civile.
Tuttavia, vi è anche una battaglia diversa dal nostro intervento costituzionale alla quale non possiamo mancare.
Ho rivissuto ora per ora le vicende che il collega D'Elia ha ricordato e ben rappresentato, che hanno visto protagonista lo straordinario ambasciatore Fulci, con il quale bisticciavo moltissimo: era uno straordinario ambasciatore.
Credo che vi siano reali condizioni per una vittoria. Pertanto, dico, senza alcuna vis polemica, che quel passaggio - che non c'entra niente con la straordinaria battaglia che stiamo conducendo - non lo voglio nemmeno considerare come combinato disposto. Non abbiamo bisogno di mettere insieme la pagina così bella che il Parlamento sta costruendo con una pagina diversa, che deve essere altrettanto bella, relativa alla crescita delle istituzioni internazionali.
È una battaglia che dobbiamo condurre nell'interesse della vita e della civiltà giuridica in sede di Nazioni Unite. Vi sono tante storie dietro ciascuno di noi e dietro coloro che hanno portato avanti queste battaglie. È vero che il mondo è fatto di «senza nome», di persone sconosciute che non hanno la possibilità di interfacciarsi con la civiltà di questo nostro paese. Ricordo che ventotto anni fa mi capitò di intercedere per la vita di uno di questi «senza nome» nelle terre d'Africa; in ventotto anni mi è capitato molte volte. Non c'entra niente, ma credo che dobbiamo sentire che quella per la moratoria non è solo una battaglia di principio, bensì un grande passaggio che è atteso e che qualcuno deve porre sulle proprie spalle. Se lo aspettano non solo persone confinate fuori dal diritto, come accade in tanti paesi, ma anche tanti paesi delle Nazioni Unite che hanno bisogno di questo locomotore. Sarebbe stato bellissimo questo locomotore europeo!
Non metto limiti né alla fiducia né alla speranza. Di sicuro, l'Italia è in grado di essere il locomotore di questo passaggio. Tutto ciò rientra in quel fatto che, a nome del Governo, non considero discutibile, perché lo definisce la Costituzione: il Governo attua e non interpreta. Vi è una primizia del Parlamento e sono assunte delle decisioni.
Signor Presidente, concludo e mi scuso con lei: prego tutti noi di non perdere l'occasione di percepire la sacralità dell'atto e del voto (che sarà solo il terzo) che ci accingiamo ad esprimere in questo passaggio legislativo. Vi è ancora una macchia nella nostra Costituzione, vi è ancora un passaggio che dobbiamo concludere, per donarlo ai nostri cittadini e ai figli dell'oggi e del domani.
Credo che questo atto, quando verrà compiuto, sarà inserito nelle pagine più importanti che il Parlamento abbia mai scritto negli ultimi anni. Spero che questo atto giunga il prima possibile (Applausi dei deputati dei gruppi La Rosa nel Pugno, Verdi e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Grazie, sottosegretario Boco.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 14,30 con lo svolgimento di interpellanze urgenti.
La seduta, sospesa alle 12,05, è ripresa alle 14,30.