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Informativa urgente del Governo sulla recente uccisione di tre persone di religione cristiana avvenuta in Turchia (ore 14,32).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sulla recente uccisione di tre persone di religione cristiana avvenuta in Turchia.
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo misto.
(Intervento del sottosegretario di Stato per gli affari esteri)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Famiano Crucianelli.
FAMIANO CRUCIANELLI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. L'assalto del 18 aprile scorso a Malatya, nel sud della Turchia, ha avuto tre vittime: due cittadini turchi ed uno tedesco, che lavoravano in una piccola casa editrice impiantatasi in quella città. Le tre persone sono state uccise, dopo essere state sottoposte a lunghe torture, nel momento in cuiPag. 41la polizia, avvertita da un loro collega, stava per fare irruzione nell'appartamento.
L'ipotesi più verosimile è che il movente fosse di carattere religioso, dato che la casa editrice era di ispirazione cristiano-protestante e stampava testi religiosi. Le stesse vittime facevano parte della piccola comunità presbiteriana locale. Quanto agli autori, le prime ipotesi sono riconducibili o agli estremisti nazionalisti, in particolare il partito della Grande unione, o a quelli religiosi di Hezbollah turco. Questi ultimi, per le modalità del delitto, sono al momento i principali indiziati.
I primi arresti hanno messo in evidenza la matrice religiosa: sono stati infatti arrestati dieci studenti che alloggiavano presso un collegio gestito da una nota associazione caritatevole di ispirazione islamica, legata al variegato panorama di sette religiose vicine anche al partito al Governo, che peraltro ha condannato prontamente e in modo netto il crimine e messo in moto tutte le procedure investigative e di polizia necessarie.
Il presunto capo del commando Emre Gunaydin, piantonato in ospedale per le ferite riportate gettandosi dal balcone per sfuggire alla polizia, sarebbe stato espulso un mese fa dal collegio per comportamento violento.
Ad oggi sono stati convalidati sei arresti: il Gunaydin e altre quattro persone con l'accusa di omicidio, nonché la fidanzata dello stesso con l'accusa di favoreggiamento; altre sei persone sono a piede libero ma in attesa di processo per associazione a delinquere.
Questi i fatti. Vale la pena comunque di spendere due parole per evidenziare il contesto in cui sono maturati.
Malatya è un centro a prevalente vocazione agricola, nella Turchia profonda, toccata solo marginalmente dall'impetuoso sviluppo economico delle aree costiere, ma anche di altri centri anatolici.
La comunità cristiana si limita a qualche decina di unità ed è un facile obiettivo in un contesto di diffuso degrado socio-economico, nel quale l'estremismo e la xenofobia trovano facili adesioni.
Secondo quanto emerge dalle prime indagini, l'attentato sarebbe in definitiva maturato negli ambienti giovanili di una galassia di piccole formazioni radicali nella quale si realizza una progressiva e sicuramente preoccupante saldatura tra le motivazioni religiose e quelle nazionaliste. Rileva al riguardo quanto dichiarato dagli arrestati, ovvero l'aver agito per la religione e per lo Stato.
Tramite la presidenza di turno tedesca e la Commissione, l'Italia e l'Unione tutta hanno immediatamente condannato, nei termini più fermi, l'orrendo episodio ed hanno chiesto al Governo turco di prendere tutte le misure necessarie per portare i responsabili del triplice assassinio davanti alla giustizia e per garantire la piena libertà di culto. In questo senso l'istanza italiana ed europea è che l'Esecutivo turco agisca con particolare vigilanza e attui una capillare opera di prevenzione contro le derive estremiste che minacciano la stabilità dello Stato stesso, assicurando altresì nel contesto del vasto e complesso programma di riforma il pieno rispetto della libertà religiosa in favore degli appartenenti alle confessioni minoritarie.
La Turchia insomma, deve essere consapevole che partecipare al processo che porta all'ingresso nell'Unione europea significa accettare, all'interno del complesso dei valori e dei principi condivisi, anche il rispetto della libertà religiosa.
Va sottolineato, ad ogni buon conto, che le autorità di polizia turche stanno svolgendo con determinazione le attività investigative e che sul piano politico si è registrata una netta ed inequivocabile condanna del crimine ai massimi livelli delle istituzioni turche. Unanime è stata altresì la sconfessione da parte di tutti gli organi di stampa e della società civile turca nel suo insieme.
(Interventi)
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.Pag. 42
Ha chiesto di parlare la deputata Bimbi. Ne ha facoltà.
FRANCA BIMBI. Signor Presidente, il gesto orrendo di Malatya si colloca in un duplice scenario che non possiamo riferire esclusivamente a problematiche di tipo religioso o alla persecuzione dei gruppi minoritari cristiani, che pure è evidente. È in corso una guerra che una minoranza di fondamentalisti politici e religiosi conduce contro il pluralismo religioso e culturale, per minare la separazione tra politica e religione e ridurre l'identità turca alle sue radici tradizionali di cultura islamica. Tale cultura è interpretata surrettiziamente come egemonia della religione di maggioranza nella sfera pubblica, come univocità del costume familiare inteso in senso patriarcale, come sovrapposizione tra religione e nazione. Tutto ciò che si discosta da questi paradigmi, la laicità dello Stato, la critica intellettuale, il pluralismo religioso, l'uguaglianza uomo-donna e le domande di cittadinanza delle minoranze etnico-linguistiche, è semplicemente negato e il prezzo è il sangue di chi si assume il coraggio di testimoniare, nella parola o nell'azione, una diversità di interpretazione della democrazia e della presenza delle minoranze relative alla sfera politica.
Tuttavia l'uccisione di cristiani, giornalisti e magistrati, i processi intentati a noti intellettuali, tra cui alcune donne eminenti, e le minacce più o meno velate ad un premio Nobel si collocano in un quadro più vasto della crisi di modernità della Turchia di oggi. L'Islam politico, anche nella sua veste moderata, pretende troppo spesso che una maggioranza culturale relativa, a religione musulmana, traduca i precetti religiosi e soprattutto i costumi che si ritengono coerenti ad essi in leggi dello Stato. La classe politica troppo spesso è chiamata ad interpretare il proprio credo religioso come norma positiva da imporsi per legge a tutte le minoranze ma, soprattutto, a quell'altra maggioranza relativa che ritiene quale principio ineliminabile per lo Stato turco la separazione tra religione e politica, anche se fino a ieri ha ritenuto talvolta legittimo imporre la laicità con la forza. Quindi gli estremisti, che si fanno persecutori delle minoranze religiose, lavorano anche per radicarsi all'interno della popolazione e per tradurre la valorizzazione della cultura religiosa islamica in un progetto di egemonia politica.
Alla Turchia che vuole entrare in Europa non abbiamo da offrire che l'esperienza culturale europea di un pluralismo religioso ottenuto dopo aver fatto memoria del molto sangue versato, dell'intolleranza e anche del passato dell'Olocausto. A questo riguardo chiediamo alla moderna Turchia di riflettere sul proprio passato.
Il pluralismo religioso è la garanzia per la costruzione di una sfera pubblica plurale e di una legislazione fondata sul dialogo, sui princìpi che uniscono e non sulle credenze che dividono, al fine di costruire una democrazia non perfetta per sempre ma continuamente perfettibile.
Ci ricorda Hans Kung nel suo ponderoso volume Islam. Passato, presente e futuro che non c'è pace tra le nazioni senza pace tra le religioni, non c'è pace fra le religioni senza dialogo tra le religioni, e non c'è dialogo tra le religioni senza una ricerca sui fondamenti stessi delle religioni.
Questo è anche l'appello che noi dobbiamo rivolgere, da politici, alle autorità religiose nello spirito di Assisi, che riteniamo anche Benedetto XVI abbia testimoniato quando si è raccolto in preghiera nella Moschea blu. Si tratta dello stesso spirito che hanno portato per le strade di Istanbul i cittadini turchi che hanno reagito agli assassini di Hrant Dink, gridando «siamo tutti armeni», e di Malatya, gridando «siamo tutti cristiani». Noi non dobbiamo chiudere le porte all'adesione della Turchia all'Unione europea ma dobbiamo restare giustamente molto esigenti con essa. Credo che, ribadendo chiaramente questa determinazione, insieme con la difesa del pluralismo e della libertà religiosa, facciamo la nostra parte anche come Parlamento e Governo italiano.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cossiga. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, penso che questo doloroso episodio ci debba indurre ad una riflessione su due piani distinti, che sono stati trattati anche in maniera distinta dall'intervento del Governo. Il primo è quello che riguarda chiaramente la reazione del nostro Governo e della Comunità europea nel suo insieme nei confronti di questo omicidio; il secondo piano è rappresentato dal rapporto con il Governo turco e il comportamento tenuto da quest'ultimo sulla vicenda.
Debbo dire che ho trovato leggermente dissonante nella relazione del Governo il riferire che alcune delle comunità estremiste che potrebbero essere coinvolte in questo delitto farebbero parte sostanzialmente dell'area culturale generale che sostiene il Governo turco. Mi sembra importante mantenere il rapporto con questo Governo amico e alleato su una base più concreta e senza nasconderci dietro a un dito, per i rischi potenziali dell'ingresso della Turchia nell'Unione, ma mantenendo gli occhi fissi sullo sforzo che comunque anche questo Governo compie per portare la Turchia in una realtà democratica e culturalmente omogenea. Sicuramente dobbiamo tutti aiutare il Governo turco in questo cammino e differenziare la nostra valutazione per quanto riguarda l'ambiente culturale e sociale globale della Turchia.
Non sempre e non solo si può pensare che l'ingresso nell'Unione europea sia legato agli sforzi e agli atteggiamenti di un Governo. Ritengo che si debba fare una valutazione più globale anche sulla situazione reale della società turca, che evidentemente è non più indietro, ma più distante dai desideri di questo Governo. È necessario, quindi, porre grande attenzione a ciò che di positivo sta tentando di fare il Governo turco in un ambiente complesso. Nella società turca un laicismo anti-religioso quasi si oppone ad un ritorno di una religione, quale l'Islam, che non comprende il senso della laicità, così come lo comprende la nostra cultura. Si pone dunque un problema rilevante per chi opera su questi due terreni. Quella turca è una società molto diversa dalla nostra, in cui forse difficilmente potrà attecchire il valore della laicità dello Stato in un ambiente democratico, che rappresenta invece la base e la radice dell'Unione europea e del nostro Paese. Grande attenzione, quindi, all'opera del Governo turco, ma grande preoccupazione per chi tenta di accelerare l'ingresso di un Paese la cui società forse non è pronta ad entrare in Europa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mazzocchi. Ne ha facoltà.
ANTONIO MAZZOCCHI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, il 18 aprile, dopo l'efferato delitto - e non l'assalto - avvenuto in Turchia, monsignor Ruggiero Franceschini, presidente della Conferenza episcopale turca disse che quella era la sconfitta del dialogo. Noi del gruppo di Alleanza nazionale riteniamo che quell'efferato delitto sia stato anche la sconfitta di un dialogo con la Turchia, un paese che aveva intrapreso con tutte le nazioni, compreso l'Italia, un dialogo. Il nostro Paese voleva e vuole un'Europa delle nazioni - in cui sia ricompresa la stessa Turchia - che rispetti in ogni singolo Paese quel pluralismo religioso, che nasce proprio dalla presenza di più religioni i cui usi e costumi debbono liberamente integrarsi nella società e nel Paese che li ospita. Tuttavia, per fare ciò è necessario che vi siano delle regole ben precise, che ogni nazione deve rispettare. Per tale motivo, noi ci siamo battuti e continueremo a batterci affinché nella Carta costituzionale europea sia previsto il richiamo alle radici cristiane. Solo chi crede, chi si rifà, ai valori culturali e laici del cristianesimo in Europa può ambire ad essere inserito nell'Europa delle nazioni.
La Turchia sappia che questa è la condizione che l'Italia deve porre perché essa possa entrare nell'Unione europea.
Signor sottosegretario, la Turchia è consapevole che non si tratta di un gruppoPag. 44isolato, ma di uno zoccolo duro di quel fondamentalismo fanatico, che proprio il 14 aprile, quattro giorni prima dell'efferato delitto di cui discutiamo, aveva già avvisato il Governo. In quel giorno, ad Ankara hanno sfilato centinaia di migliaia di turchi gridando frasi contro le religioni, e in favore di un pazzesco laicismo che il Governo turco continua a sostenere.
Poco fa, le agenzie di stampa ci hanno informato che Erdogan ha indicato Abdullah Gul come nuovo presidente della Repubblica turca. Sappiamo che egli è un moderato, ma anche che faceva parte del Partito della Virtù. Si tratta di uno di quei partiti islamici fondamentalisti, che da un lato avvisano la polizia che bisogna trovare i responsabili dell'efferato delitto, però poi, attraverso la stampa, controllata interamente dal Governo, continuano a battersi contro qualsiasi forma di religione.
Le autorità percepiscono che qualcosa di grave sta per succedere in Turchia; per questo è importante, signor sottosegretario, che il Governo italiano stia bene attento. Pochi giorni fa monsignor Luigi Padovese, vicario apostolico per l'Anatolia, ha affermato di essere stato avvisato dalle autorità turche di stare molto attento nell'uscire e di avvisare i nostri sacerdoti di stare attenti nel mostrarsi in pubblico, ed egli stesso ha confermato che qualcosa di grave sta per avvenire in Turchia. Visto che sappiamo che il 29 aprile, fra poco, ci dovrebbe essere il «bis» di quello che è accaduto il 14, attraverso il nostro intervento non soltanto vogliamo condannare questo efferato delitto, non soltanto vogliamo dire che siamo vicini a tutti coloro che in Turchia professano qualsiasi religione, non soltanto apprezziamo la grande apertura di un dialogo che sua Santità Benedetto XVI ha inaugurato durante la sua recente visita in Turchia, ma chiediamo al Governo che convochi con urgenza l'ambasciatore turco in Italia, per far presente che il mantenimento di una libertà e di un multiculturalismo religiosi è la premessa e la condizione affinché l'Italia dia l'assenso all'entrata della Turchia nell'Unione europea.
Signor sottosegretario, non sottovaluti quanto monsignor Luigi Padovese pochi giorni fa ha detto, cioè che l'Italia non rimanga ancora una volta, per così dire, assente di fronte ai delitti che quotidianamente avvengono nei paesi dove non è ammessa qualsiasi religione. Noi italiani non possiamo sicuramente stare con coloro che non vogliono e non accettano un multiculturalismo religioso nel proprio paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mantovani. Ne ha facoltà.
RAMON MANTOVANI. Signor Presidente, la condanna verso ciò che è avvenuto da parte nostra, com'è ovvio, è totale. La libertà religiosa è un diritto fondamentale dell'uomo. La laicità dello Stato presidia e garantisce tale diritto, e gli Stati devono difendere il diritto alla libertà religiosa anche da gruppi come quelli che hanno agito in Turchia. Devono farlo in modo efficace, quindi è giusto che il Governo italiano abbia chiesto al Governo turco di garantire che giustizia sia fatta, e che attraverso questa giustizia nei confronti dei responsabili della strage, del delitto, si garantisca maggiormente la libertà religiosa, che è uno dei fondamenti della democrazia.
Nell'informativa del sottosegretario Crucianelli ho colto un punto che mi ha allarmato. Mi pare sia la prima volta che ci troviamo di fronte a un attentato che coniuga il fondamentalismo religioso con una rivendicazione di natura nazionalistica. Come sapete, colleghe e colleghi, in Turchia vi sono due fondamentali linee di pensiero che seguono strade diverse.
Ci sono i militari che hanno garantito, anche con la forza, come è stato ricordato, la laicità dello Stato e che, a loro volta, sono profondamente nazionalisti e duramente repressori di qualsiasi minoranza etnica. Essi non vogliono sentir parlare di ciò che è avvenuto in Armenia e tutt'oggi sono persecutori dei curdi e anche di altre minoranze nazionali. Se si assiste allo svilupparsi di un fenomeno che coniuga entrambi questi aspetti, allora assistiamo aPag. 45qualcosa di veramente pericoloso che bisogna stroncare sul nascere.
Quindi, proprio per questo, cosa possiamo fare oltre che condannare questi episodi, oltre che dare la nostra solidarietà alle vittime di questi episodi, oltre che sollecitare il Governo turco a fare in fondo il suo dovere? Dobbiamo essere coerenti sino in fondo, introducendo nel negoziato sull'ingresso della Turchia nell'Unione europea condizioni precise circa il rispetto delle libertà religiose ed il rispetto delle minoranze nazionali etniche. Sappiamo bene che questo è un punto dolente, perché l'Unione europea non è coerente da questo punto di vista e fa finta di non vedere che in Turchia non si riconosce il diritto all'esistenza di una cultura, di un autogoverno, da intendersi diverso dall'indipendenza, ma equivalente all'autogoverno garantito ai baschi, ai catalani, o, per fare un esempio più vicino a noi, al Trentino-Alto Adige. Anche per questa via passa un'efficace azione dell'Unione europea.
La trattativa con la Turchia per il suo ingresso nell'Unione europea, al contrario di altri negoziati, è aperto nel suo esito finale circa l'ingresso o meno in Europa. Ci troviamo, quindi, in una trattativa in cui si può influenzare l'andamento delle cose in quel paese. Peraltro, il Governo italiano è impegnato da una risoluzione, recentemente votata all'unanimità in Commissione esteri - come il sottosegretario Crucianelli sa bene - ad introdurre all'interno del negoziato con la Turchia questi elementi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Volontè. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Non ripeto le osservazioni di molti colleghi, degli ultimi due in particolare, perché le condivido. Ricordo al sottosegretario che il Vicepresidente del Consiglio di allora, l'attuale senatore Follini, rispondendo ad una nostra interrogazione urgente del 20 gennaio di due anni fa, ci confermava che il Consiglio europeo tenutosi il 16 ed il 17 dicembre del 2004 aveva deciso che la Turchia soddisfaceva i criteri politici di Copenhagen per l'avvio al negoziato di adesione. Si trattava di verificare questo percorso iniziato nel dicembre 2004 tenendo conto soprattutto di alcuni elementi che abbiamo sentito riecheggiare anche qui: i diritti umani; il diritto alla libertà religiosa; il diritto al rispetto dell'etnia.
Ci viene ricordato ora che questo confronto tra Unione europea e Turchia è aperto; chiedo pertanto esplicitamente al Governo di prendere atto che i criteri di Copenhagen non sono confermati nella loro evoluzione applicativa, perché, caro sottosegretario, un anno fa eravamo qui a parlare di Don Santoro - non di «mio cugino in carriola» - morto in un'altra regione della Turchia certamente non perché era moro piuttosto che biondo. Oggi parliamo di un attentato avvenuto il 18 aprile e lei ha giustamente portato elementi che, pur essendo realistici, aggravano la situazione: non solo la conferma della barbarie, ma anche il collegamento tra alcuni esponenti dei gruppi responsabili di questo macabro omicidio rituale ed il partito del presidente Erdogan. È chiaro che un capo di un partito, ancor più se ha anche una carica di rilievo istituzionale, deve innanzitutto rifiutare questi voti ed espellere queste persone dai propri partiti democratici, mettendoli al bando.
Dico questo non perché siamo contro quella democrazia, ma perché una democrazia non può prevedere che venga ufficializzato il collegamento tra chi ritiene di far politica sgozzando i cristiani e chi vuole invece portare avanti una evoluzione dei diritti per tutta la Turchia. Noi chiediamo quindi un impegno esplicito nelle prossime ore.
Mi sembra francamente incredibile che il nostro Paese, in una terra lontana come l'Afghanistan, faccia giustamente pressione per verificare che ci sia correttezza nel processo che riguarda un collaboratore di una ONG italiana (mi riferisco ad Hanefi, collaboratore di Emergency) rispetto ad alcune accuse, mentre noi ci fermiamo ad un telegramma di rammarico nei confronti di un Governo che più volte - abbiamoPag. 46ribadito - deve entrare assolutamente, dal nostro punto di vista, nell'Unione europea.
Mi sembra francamente allucinante, lo ripeto, allucinante! Non so se sia frutto del caldo che è arrivato velocemente nel nostro Paese o di qualche altra riflessione. Non si dice niente, se non un forte rammarico, ma non si prende alcuna iniziativa nei confronti della Turchia per chiedere un impegno reale, non teorico, o uno stop alla verifica fino a quando i criteri di Copenhagen non vengano accettati rispetto alle etnie e alla libertà religiosa.
Non si dice niente sulla Turchia o sulla Indonesia. Sono stati ammazzati cinque cristiani nel giro di sei mesi, ma non abbiamo nulla da dire. Eppure l'Indonesia siede di fianco al ministro degli esteri al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Eppure, per quanto riguarda la Turchia, ho ricordato Don Andrea Santoro e posso ricordare anche il giornalista armeno-cristiano ucciso qualche giorno fa. Sembra che parliamo di un avvenimento rispetto al quale non sappiamo di essere di fronte ad una escalation.
Ora io ritengo che ci sia bisogno da parte del nostro Governo di un'azione chiara, decisa e trasparente, che riguardi i rapporti bilaterali tra noi e la Turchia e tra l'Italia e l'Unione europea, perché il processo iniziato il 16-17 dicembre 2004 abbia un punto di verifica. La verifica peraltro non impone una decisione politica astratta da parte dell'Italia o dell'Europa; la impongono i morti sgozzati che in questi mesi hanno costellato le strade turche. Nessuno vuole processare il primo ministro Erdogan, ma certamente non si può immaginare che in quel paese nasca e fiorisca la democrazia, si rispettino i criteri per entrare in una partnership o addirittura nell'Unione europea quando i parametri di Copenhagen, che sono il rispetto della libertà religiosa e della propria etnia popolare, vengono distrutti. Le chiediamo ufficialmente, signor sottosegretario, una presa di posizione che superi il rammarico e vada verso un'azione chiara nei confronti della Turchia [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Grimoldi. Ne ha facoltà.
PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, sentendo gli interventi precedenti, fa piacere che evidentemente quanto la Lega anni addietro ha denunciato per prima sul problema dell'ingresso della Turchia in Europa venga oggi recepito anche da altre forze politiche.
Il fatto di cronaca efferato che ci giunge dalla Turchia è l'ultimo di una serie (e anche noi avremmo voluto sentire dal Governo una presa di posizione in merito all'ingresso della Turchia in Europa), perché un anno fa parlavamo di Don Santoro e qualche giorno fa abbiamo parlato del giornalista e intellettuale armeno Hrant Dink che è stato ucciso in Turchia. Il Governo, però, ha riferito che i colpevoli dell'ultimo efferato omicidio hanno dichiarato di averlo commesso per la religione e per lo Stato. Evidentemente, è proprio all'interno di questa frase che vanno ricercate le motivazioni.
Riflettiamo sul fatto che quando è stato arrestato l'assassino dell'intellettuale Dink, il colpevole è stato celebrato come un eroe nazionale, non da una parte esigua della minoranza, bensì dalle forze dell'ordine e dai poliziotti che l'hanno arrestato. È stato celebrato dalla polizia che aveva l'incarico di effettuare i controlli e, quindi, evidentemente da chi dovrebbe tutelare la laicità dello Stato e il rispetto delle leggi e della vita in un paese che invece celebra come eroe un assassino.
Evidentemente c'è qualcosa di fondo nel sistema turco che non funziona. È un paese pervaso in molti ambiti da intolleranza e integralismo e tutti dovremmo chiederci sino a che punto meriti l'ingresso in Europa. Anche perché questi sono fatti di cronaca dai quali - come ci ha detto anche il Governo - vengono poi prese facilmente le distanze da parte degli esponenti politici turchi.
Ma il problema che lo Stato turco oggi non ha ancora risolto nella sostanza è ilPag. 47rispetto delle minoranze curda e armena. Ricordiamo, inoltre, che la Turchia, di fatto, ha chiuso le frontiere, ha interrotto le relazioni diplomatiche e commerciali con l'Armenia e non mi pare che stia cercando di riallacciare questi rapporti.
Oggi la Turchia occupa militarmente metà del territorio di Cipro, paese membro dell'Unione europea, e non mi pare che ciò possa essere vagamente ricondotto allo spirito democratico e partecipativo dell'Unione europea. Sta occupando militarmente metà di un paese europeo! Bisogna prendere in considerazione questo aspetto e denunciarlo con forza ogni volta.
Il problema è che, nell'ultimo efferato episodio dei tre cristiani uccisi, gli autori sono dieci studenti, come ha detto lei, signor sottosegretario. Quindi, dovremmo anche interrogarci su cosa viene autorizzato o, quanto meno, permesso all'interno del sistema scolastico turco per capire, ancora una volta, la situazione di quello Stato, non solo in ambito religioso.
Inoltre, le normative vigenti oggi in Turchia inevitabilmente penalizzano le richieste di autonomia delle minoranze. Vi è poi l'ingerenza da parte dell'esercito: la Turchia, con tale ingerenza, non può assolutamente definirsi un paese veramente democratico e, quindi, sicuramente non può sperare di entrare nell'Unione europea in termini democratici e di rispetto della democrazia.
Ma ciò che più ci preoccupa e che vogliamo denunciare è che, nonostante questa mancanza di democrazia, la Turchia, qualora entrasse nell'Unione europea, sarebbe il paese più popoloso e con la popolazione anagraficamente più giovane in Europa, per cui avrebbe all'interno del Parlamento europeo la rappresentanza più cospicua, ma, al tempo stesso, evidentemente, anche quella meno democratica e meno integrata rispetto ai valori e i principi dell'Europa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Misiti. Ne ha facoltà.
AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, credo che dobbiamo essere grati al sottosegretario Crucianelli perché ci ha informato con grande sensibilità e rapidamente su questo avvenimento luttuoso, che tutto il Parlamento certamente condanna.
Come hanno messo in evidenza tutti gli intervenuti, si tratta di un attacco grave alle istituzioni democratiche e alla cultura del popolo turco. Si vuole tornare indietro, evidentemente, rispetto alle conquiste che questo popolo ha raggiunto in passato in termini di laicità, attraverso i suoi uomini, tra cui viene ricordato Ataturk, che è stato fondamentale nella storia della Turchia per aver avvicinato questo paese ai grandi Stati dell'Occidente.
È ovvio che ci sono delle contraddizioni e delle carenze. C'è sempre di più la necessità di passare dalla teoria ai fatti, ossia alla concretezza. La separazione tra religione e politica è stata messa in crisi nell'ultimo decennio proprio con l'affermarsi di partiti che fanno direttamente capo a personaggi religiosi, anche se laici.
Quindi, con questo atto e con quelli che sono stati perpetrati nel recente passato, attraverso attacchi terroristici organizzati contro i cristiani, si vuole certamente allontanare questo grande paese musulmano dalla possibilità di entrare nell'Unione europea.
In effetti, noi riteniamo che vi sia bisogno di dialogo tra le religioni e anche tra le popolazioni che compongono questo grande paese. È evidente però che, se ancora vi sono grandi problemi da risolvere da parte del Governo e della classe dirigente turca, grandi passi in avanti siano stati compiuti dalla stessa società turca, sebbene ancora rimangano problemi riguardo al rapporto tra la maggioranza della popolazione e i curdi: sappiamo benissimo quanta sia la crudeltà, soprattutto dei militari, contro questa popolazione! Inoltre, vi è la questione non risolta di Cipro, come anche l'attacco alla cultura. A tale proposito, vorrei ricordare che il premio Nobel per la letteratura ha deciso di abbandonare la sua amata città Istanbul e di trasferirsi negli Stati Uniti.
È però evidente che noi, come Italia e come Europa, non possiamo abbandonarePag. 48la Turchia né la maggioranza della popolazione turca che vuole convivere con l'Occidente. Credo sia inoltre necessario condividere lo sforzo che le forze politiche e democratiche turche fanno per cercare di avvicinarsi a noi, di avvicinarsi all'Europa: anche questo va sottolineato.
Tuttavia, esaminando l'episodio, ci rendiamo conto che sembra esserci un filo rosso tra i gruppi che hanno commesso diversi attentati (diverse associazioni segrete), le città dove essi sono avvenuti e i legami che ci sono tra le città. Tutto sembra partire dall'attentato al nostro amato papa Wojtyla, proseguire con quello a Don Santoro dello scorso anno, e passando anche per questo ultimo: questi eventi sono tutti legati da un filo rosso e ispirati da chi non vuole che il popolo turco faccia progressi e vada a collocarsi tra i paesi che possono incidere in modo da evitare a livello internazionale una guerra tra religioni. Infatti, l'islamismo turco è molto diverso da quello di altri paesi.
PRESIDENTE. La prego di concludere!
AURELIO SALVATORE MISITI. Concludo, dicendo che l'Italia dei Valori, come tutti gli altri gruppi che si sono espressi, condannano con forza questi efferati delitti e suggeriscono all'Europa di non cambiare la propria posizione, anche se è giusto essere molto rigidi.
Per questo motivo invito il Governo italiano a chiedere al Governo turco, facendosi garante, di assicurare che giustizia sia fatta su tutti gli episodi e su questo in particolare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mellano. Ne ha facoltà.
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, colleghi, ringrazio anch'io il sottosegretario per la sollecitazione con cui ha risposto alla richiesta di informativa urgente. Non sembri strano che proprio un deputato radicale della Rosa nel Pugno voglia intervenire leggendo un passo dell'intervista fatta da un importante giornale nazionale al nunzio apostolico, monsignor Antonio Lucibello, rappresentante e ambasciatore di Benedetto XVI ad Ankara. Alla precisa domanda a lui rivolta, se esista un clima di generale ostilità verso i cristiani, monsignor Lucibello ha risposto: «Assolutamente, direi di no. Come nel caso di don Andrea, e come in quello del giornalista Hrant Dink, l'opinione pubblica è stata presa di sorpresa; e la maggioranza delle persone vive questi episodi con molta amarezza. Non dobbiamo dimenticare la reazione, e il senso di civismo che ha mostrato la società turca in occasione dell'assassinio di Hrant Dink. C'è stata una grande manifestazione, a cui ha partecipato un numero veramente imponente di uomini e donne, e mi ricordo quei cartelli: Siamo tutti armeni» (...). «Non dobbiamo dimenticare quelli che sono i piani delle aspirazioni della società turca, e cioè l'ingresso in Europa. Sarebbe un errore imputare a tutto il paese quella che può essere una situazione culturale locale» (...). «Come ha detto il Primo ministro proprio in occasione dell'uccisione del giornalista Dink, chi è responsabile di questi assassini è certamente qualcuno che non vuole bene alla Turchia. E anche in questo caso io penso si debba dire la stessa cosa».
Anche noi della Rosa nel Pugno diciamo la stessa cosa: chi vuole approfittare di questo efferato delitto, che tutti condanniamo, che tutti abbiamo condannato, è qualcuno che non vuole bene alla Turchia, che in modo miope non vede quanto sarebbe utile, necessario ed urgente proseguire, incentivare ed aiutare il percorso di avvicinamento e di rispetto dei requisiti che si richiedono alla Turchia per l'ingresso in Europa.
Non si può pensare però che tutto si risolva immediatamente, saltando i passaggi previsti dal negoziato di adesione della Turchia all'Unione europea: sono già previsti dei passaggi che richiedono atti puntuali entro il 2014. Non possiamo pensare che tutto possa essere fatto subito, anche se lo auspichiamo.
Auspichiamo che la Turchia si adegui il più velocemente possibile ai nostri paraPag. 49metri, alle nostre richieste, alle richieste dell'Unione europea e ai precisi requisiti che le si chiedono per poter finalmente accoglierla nell'Unione europea. Però non possiamo sottovalutare né dimenticare quanto è successo in questi giorni. Immediatamente il Primo ministro Erdogan ha condannato e attivamente operato per assicurare alla giustizia turca gli assassini. Hanno fatto immediati arresti, hanno tempestivamente individuato - speriamo con efficacia e con efficienza, quindi individuando precisamente gli assassini - la matrice da cui deriva questo efferato delitto.
Però occorre - e ciò è stato qui rappresentato - non entrare nel teatrino che ci vede tutti discutere di questi atti in chiave antiturca. Noi dobbiamo chiederci come possiamo aiutare la Turchia in questo processo, come possiamo essere al fianco della Turchia in questo processo, sapendo che molti passi sono stati fatti.
La Turchia ha ratificato il Patto internazionale per i diritti civili e politici, ha ratificato la Convenzione europea per i diritti umani, ha ratificato il XIII Protocollo per abolire la pena di morte. Noi non possiamo dimenticare che qualcuno vuole, rivendicando un fanatismo - io lo ritengo tale -, cioè quello di riconoscere le radici cristiane dell'Europa, confrontarsi con chi in qualche modo ha un altro fanatismo, ovvero quello di volere il «tutto e subito» dei diritti civili, magari misurati con il metro del nord Europa ed applicati immediatamente anche in una realtà così diversa e così complicata come è ancora oggi la Turchia.
Occorre davvero aiutare questo percorso, superando questi fanatismi e sapendo che la strada che abbiamo scelto in altre situazioni ci porta a dire che, per ottenere l'abolizione della pena di morte, si opera per ottenere in questo momento una moratoria. Il paragone è lo stesso. Noi siamo per riconoscere pari dignità e ingresso immediato della Turchia nell'Unione europea proprio perché si tratta un percorso di avvicinamento che ci aiuta a tenerla agganciata ai nostri valori e al valore attrattivo dell'Europa come Unione europea, permettendoci di dire ai fratelli della Turchia che questa è la loro casa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Tana de Zulueta. Ne ha facoltà.
TANA DE ZULUETA. Signor Presidente, anch'io ringrazio il Governo per l'informativa che ci ha reso. Come i colleghi, ritengo che questo orrendo delitto sia avvenuto in un momento molto delicato per la Turchia. Un momento in cui erano in corso fortissime pressioni e manifestazioni di massa dei partiti nazionalisti per far desistere il Primo ministro dal candidarsi alla Presidenza della Repubblica. In questo clima di forte tensione è avvenuto un crimine terribile. Il Parlamento non può che condividere la condanna e l'appello ad assicurare alla giustizia i colpevoli e soprattutto la vigilanza delle autorità turche nei confronti di questi movimenti estremisti.
La condanna è stata espressa dalla Presidenza tedesca dell'Unione europea: ricordo che una delle tre vittime era, giustappunto, un cittadino tedesco.
Condividiamo la preoccupazione espressa dal rappresentante del Governo circa la saldatura apparentemente in atto tra il peggiore fondamentalismo e le più profonde e pericolose pulsioni nazionaliste in Turchia. Le modalità dell'assassinio, l'ora in cui è avvenuto sembrano suggerire che i colpevoli erano convinti che avrebbero avuto l'impunità. A questo proposito, ricordo che il giovane assassino di padre Santoro l'anno scorso fu fotografato mentre veniva festeggiato dai poliziotti che l'avevano arrestato. Malatya, il luogo del delitto, è una tranquilla e - oggi - grande città semirurale; però, è collegata ad eventi molto oscuri anche per noi. È la città di Mehmet Ali Agca, l'uomo che tentò di assassinare Papa Woytila. Ma è anche la città di Hrant Dink assassinato a Istanbul nel gennaio di quest'anno. Probabilmente, c'è un motivo per queste correnti oscure. Malatya era una delle più importanti città armene della Turchia e la popolazione armena è stata quasi interamente uccisa o cacciata. Infatti, una delle vittime fu seppellitaPag. 50proprio nel cimitero armeno di Malatya.
Credo che dobbiamo prendere atto che i due poteri che si scontrano in Turchia in questo momento - da una parte, le forze armate e i campioni kemalisti della laicità dello Stato e, dall'altra, il partito islamista moderato al Governo - sembrano sempre meno interessati in queste ultime fasi della vita politica turca alla tutela dei diritti umani.
Un altro segno preoccupante è che, nello stesso giorno in cui è avvenuto l'assassinio dei tre protestanti, la Corte turca ha dichiarato non colpevoli gli assassini di un padre e un figlio in un processo considerato simbolico nella zona curda del paese, verdetto che suscitò scandalo anche in Turchia.
Se è vero che la tutela dei diritti civili e umani in Turchia è diventata una preoccupazione sempre meno urgente delle autorità, credo che l'Europa debba riconoscere che ne ha, in qualche misura, la responsabilità. La maggioranza dei cittadini della Turchia, secondo gli ultimi sondaggi, hanno perso la speranza di poter accedere all'Unione europea e molti sostengono che nemmeno vogliono entrarvi. La speranza di entrare a far parte dell'Unione europea - finché c'era - ha spinto la Turchia verso una straordinaria stagione di riforme, compresa l'abolizione della pena di morte, e di fermento culturale con la pubblicazione di molte riviste.
Perdere questa speranza vuol dire perdere lo slancio riformista che è nel nostro interesse sostenere. Pertanto, credo che, nel chiedere alle autorità turche di vigilare sempre più sulla libertà di culto e sul rispetto dei diritti umani, dobbiamo consentire a questo importante Paese, in uno spirito di vera buona fede, ossia senza precostituire scuse per escluderlo in futuro (quando avrà sostenuto gli esami necessari), di entrare in Europa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Cioffi. Ne ha facoltà.
SANDRA CIOFFI. Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, vorrei innanzitutto ringraziare il rappresentante del Governo per l'informativa urgente e per la chiarezza con cui ha riferito sul tragico episodio del massacro di Malatya. L'orrore dei tre cristiani sgozzati da un gruppo di giovanissimi - voglio sottolinearlo - appartenenti alle forze fondamentaliste islamiche ci pone certamente una serie di profondi interrogativi nei confronti del processo di adesione della Turchia all'Unione europea. Se il Governo di Ankara vuole entrare in Europa, come sappiamo, deve assolutamente tener conto delle richieste dell'Unione europea tra cui, in primis, vi è quella di isolare e combattere ogni estremismo con forza e senza mezzi termini. È intollerabile, infatti, che si possa morire in un paese islamico solamente perché si è cristiani. Infatti, il rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa è un aspetto fondamentale di tutti i paesi democratici e, per ciò che ci concerne, di quelli che vogliono entrare a far parte dell'Unione Europea.
Certo, non si può negare che i progressi compiuti dalla Turchia negli ultimi tempi, che le hanno permesso di ottenere nel 2005 lo status di paese candidato ad entrare in Europa, sono significativi. Ma non basta, perché il massacro di Malatya dimostra che ci sono ancora molte cose che devono essere fatte. Perciò è necessario che il Governo turco dia concreta testimonianza - non solo in questo caso, ma sempre, in ogni caso - di rispettare, anzi, di farsi garante, delle libertà religiose.
Il capitolo dei diritti umani e, soprattutto, la protezione delle minoranze e delle libertà religiose restano infatti uno dei punti caldi, anzi nodali, del negoziato di adesione turca all'Europa. Per questo è necessario che dal monitoraggio costante che Bruxelles effettua sulla Turchia emergano con chiarezza i progressi fatti ed i problemi che ancora restano da affrontare. È necessaria una valutazione costante al riguardo, per aiutare quel processo di europeizzazione che sta facendo - bisogna dirlo - dei passi in avanti.
Da parte nostra, pur consci dell'importanza economica e strategica della Turchia,Pag. 51riteniamo che, finché i diritti umani e religiosi non saranno completamente garantiti, non si potrà accogliere tale Paese nell'Unione Europea, ma si dovrà in tutti i modi lavorare insieme affinché questo percorso possa compiersi in maniera chiara ed inequivocabile. Per questo auspichiamo che il Governo di Ankara abbia sempre una posizione chiara non solo verso questa crudele e inumana tragedia, così com'è avvenuta, ma verso tutto ciò che può rappresentare, anche in futuro, un attacco durissimo ai principi della libertà e della tolleranza.
È necessario sventare ogni strategia destabilizzante tesa a colpire le minoranze e a rallentare il processo di integrazione europea. A tale proposito, non si può far a meno di sottolineare, come lei stesso, signor sottosegretario, ha fatto, che tutti gli episodi di violenza sono maturati nelle regioni dell'est, che sono luogo di degrado socioeconomico e covo sia dei nazionalisti sia dei fanatici dell'islam.
Si tratta di una vera e propria lotta non solo al cattolicesimo, ma alla libertà religiosa di tutte le minoranze. Infatti, a Malatya sono stati colpiti, nell'ultimo caso, anche i protestanti. Queste barbare uccisioni di esponenti di tali minoranze, se non sono bloccate con forza, possono rappresentare, ripeto, non solo un attacco alla stabilità, alla pace ed alla tolleranza, ma un vero e proprio ostacolo all'entrata della Turchia, auspicabile, nell'Unione Europea.
È necessario, a tal proposito, non sottovalutare il ruolo dei movimenti estremistici (vorrei ricordare, per esempio, quello dei Lupi grigi, il gruppo cui apparteneva Alì Agca e che ha rafforzato l'ideologia ultranazionalista, mischiandola con il fondamentalismo islamico). Questi fenomeni vanno combattuti ed isolati perché solo così può prevalere il rispetto dei diritti umani. Vorrei ricordare che questo percorso nasce anche dal dialogo che deve partire dal basso, coinvolgendo i giovani sui valori democratici. Un paese come la Turchia, che rappresenta varie sfaccettature politiche, economiche e religiose, deve tenere conto di ciò.
Noi Popolari-Udeur auspichiamo che questo processo avvenga e siamo certi che il nostro Governo si farà garante di sollecitare al Governo turco una maggiore sorveglianza delle regole elementari della convivenza internazionale ed il rispetto degli impegni presi in ambito europeo, tra cui, in primis, il rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, mentre stiamo parlando dei gravi avvenimenti accaduti in Turchia, dei tre protestanti e, ancora prima, di padre Santoro e del giornalista Dink - circostanze che non fanno altro che alimentare seri dubbi sull'ingresso di questo paese in Europa - è bene ricordare in questa Assemblea, dove alcune condoglianze volano miste a tanta demagogia, un fatto che pochi sanno o ricordano. Mi riferisco al fatto che, nel 2005, il sindaco di Roma, Valter Veltroni, forse futuro leader del partito democratico, ha inaugurato all'Eur un monumento a Kemal Atatürk consistente in un libro bianco in marmo statuario di Carrara - marmo che si estrae da una montagna situata nella mia zona - eseguito dallo scultore Luciano Massari. Il nome dello scultore mi ha aiutato a ricordare l'evento, essendo egli lo stesso artista che ha eseguito la statua di Dante Alighieri (ben altra figura) in Villafranca in Lunigiana, comune di cui mi onoro di essere sindaco.
Voglio comunque leggere l'intitolazione fastosa ideata dal comune di Roma: «Nel sessantesimo anniversario della scomparsa di Mustafa Kemal Atatürk, il grande statista turco, simbolo di liberalismo e democrazia non solo per la Turchia ma per l'Europa intera, la città di Roma dedica alla memoria del fondatore del popolo turco un monumento per riflettere sul tema della pace universale, dell'identità e del rispetto per tutti i popoli». Per riflettere sul rispetto dei popoli? Singolare! Ma Veltroni sa chi era Atatürk davvero?Pag. 52
Cominciamo allora, per quanto è possibile, a fare chiarezza. Kemal è considerato padre della Turchia moderna perché firmatario del trattato di Losanna che vide nascere la Turchia dalle ceneri dell'impero ottomano, già decaduto nel 1908 con l'avvento dei Giovani turchi. Le sue immagini, statue e quadri ritrovati in ogni angolo della Turchia, sicuramente le avrà viste anche Emma Bonino che è la strenua sostenitrice di una Turchia europea. Le troverete a sovrastare qualsiasi capo politico straniero che varchi i confini turchi. Non a caso il primo atto della visita di un Capo di Stato estero è l'omaggio al mausoleo di Kemal. Questa idolatria dell'uomo cara a Veltroni, che somiglia tanto a quella di Lenin o Stalin nella Russia sovietica, è un dato di fatto quotidiano in Turchia.
Noi parlamentari del Nuovo PSI vi dobbiamo però dire chi era Kemal Atatürk. Quando nel maggio del 1919 la Grecia ebbe, in qualità di vincitrice della prima guerra mondiale, il mandato di controllare la regione di Smirne, abitata in maggioranza da greci, Kemal vi portò il suo esercito, dando il via a nuovi omicidi di massa culminati nel grande eccidio di Smirne che, nell'agosto del 1922, diede la morte a migliaia di greci ed armeni. Kemal è all'origine dello sradicamento di due milioni di greci e dello sterminio di un milione di greci del Ponto in Asia minore; è complice, inoltre, nonché sicario, degli assassini che organizzarono il genocidio armeno ed è all'origine della discriminazione nei confronti delle popolazioni curde dell'Anatolia. Purtroppo per gli innalzatori di Stato, la realtà parla di un uomo che, al pari di Hitler o di Stalin, ha costruito una patria sullo sterminio sistematico di coloro che non si riconoscevano nel suo progetto di «ottomanizzazione» degli abitanti dell'Anatolia.
Inoltre, i poco documentati innalzatori di Stato del leader turco sono poco documentati e non sanno che in Turchia è tuttora in vigore una legge del 1951, nonostante i 20 milioni di euro sborsati da noi contribuenti europei per la riforma del codice penale turco. Questa legge è davvero singolare già nel titolo: «Legge concernente i crimini contro la memoria di Kemal Atatürk». Il primo articolo di questa legge punisce ogni offesa contro i fondatori della Repubblica turca con una pena da uno a tre anni di prigione. Il secondo articolo raddoppia la condanna se il crimine è commesso attraverso i mezzi di comunicazione. Il risultato di questa legge è che nessuno in Turchia può dire la verità ovvero che Kemal Atatürk è responsabile di genocidio. Il sindaco Veltroni dovrebbe ricordare, inoltre, che nel 1942 quando la Turchia e l'Italia erano alleate dei nazisti, fummo noi a costruire il monumento a quell'uomo democratico. Cito da una rivista fascista: «Vittoria dell'architettura italiana all'estero. L'Italia indice il concorso internazionale del monumento ad Atatürk Kemal Pascià ad Ankara». Anche in questo caso Veltroni è stato battuto sul tempo.
Contemporaneamente, nell'anno 2005, a Milano, ad Oriana Fallaci è stato negato l'Ambrogino d'oro, forse perché non le era 'simpatica' la Turchia. Queste vicende hanno a che fare con la morte dei religiosi cristiani molto più di tante parole vuote ascoltate in quest'Assemblea (Applausi dei deputati dei gruppi DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie - Partito Socialista-Nuovo PSI e Misto-Movimento per l'Autonomia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Neri. Ne ha facoltà.
SEBASTIANO NERI. Signor Presidente, desidero ringraziare il rappresentante del Governo per la chiarezza con cui ha svolto l'informativa, senza edulcorarla nei suoi essenziali dati di fatto. Desidero ringraziare quanti hanno dato un contributo importante in questo dibattito e in particolare, non solo perché ha parlato prima di me, il collega Barani. Il suo intervento mi consente di evidenziare una preoccupazione di fondo: stiamo cercando di valutare con la dovuta sensibilità democratica un fatto che sfugge, a mio modo di vedere, alla logica democratica.
Tre cristiani sono stati massacrati in Turchia da esponenti del fondamentalismoPag. 53islamico solo ed esclusivamente in quanto cristiani. Questa è la negazione di quelli che sono i principi fondamentali di libertà che l'Italia e l'Europa riconoscono. Agli articoli 19, 20 e 21 della nostra Costituzione sono enunciati in maniera chiarissima i principi di libertà di culto e di espressione del pensiero, i quali sono gli stessi principi condivisi da tutti gli Stati che fanno parte dell'Unione europea. Quest'ultima, nel sancire come principi fondamentali di libertà queste manifestazioni che devono per l'appunto essere libere, ha recepito la dottrina della tolleranza, la capacità di accogliere e comprendere l'altro, la capacità di aprirsi in un rapporto di fattiva e fraterna collaborazione con l'altro; concetti che costituiscono i fondamenti del cristianesimo, inteso in senso non confessionale ma culturale.
Ecco perché l'Europa oggi non può non dirsi cristiana ed ecco perché da laico - come ho già avuto modo di dire, esercitando in quest'Assemblea la funzione di parlamentare sono un laico rappresentante del popolo italiano - sento il dovere di rappresentare in questa Camera i fondamenti dell'identità culturale del popolo italiano che non possono non dirsi cristiani, per quel portato di civiltà e di democrazia che il cristianesimo oggi rappresenta nel mondo e che comunque è carattere fondante dell'Europa.
Perché dico questo? Perché negare l'evidenza di un'aggressione sistematica da parte del mondo islamico ai valori e ai rappresentanti della cultura cristiana è un pericolo dal quale dobbiamo rifuggire, affermando innanzi tutto la nostra identità.
Chiedo che il Governo si faccia fermamente promotore nei confronti della Turchia della richiesta di rispetto dei valori fondamentali di libertà dell'Europa e che si faccia deciso sostenitore dell'inserimento nella Costituzione europea del riferimento alle radici cristiane, senza le quali saremo destinati a soccombere all'aggressione di un fondamentalismo islamico sempre più forte (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Movimento per l'Autonomia e DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-nuovo PSI).
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 16.
La seduta, sospesa alle 15,35, è ripresa alle 16.