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Si riprende la discussione.
(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1005)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, stiamo discutendo la conversione in legge di un decreto-legge che reca disposizioni urgenti in materia di IRAP e di canoni demaniali marittimi e, in modo particolare, stiamo discutendo degli emendamenti presentati al testo predisposto dal Governo e successivamente esaminato in Commissione.
Credo che si tratti di una materia delicata, poiché si parla di tasse ed imposte, soprattutto di imposte odiose come l'IRAP, che va a colpire le imprese che hanno un elevato contenuto di manifatturiero nei propri costi, le piccole e medie imprese che sono l'asse portante della nostra economia, e dell'economia padana in modo particolare. Noi probabilmente non rendiamo un gran servizio a questo paese, anzi cerchiamo di metterlo in difficoltà: non riusciamo a capire che creiamo degli ostacoli alla competitività di queste aziende sullo scenario internazionale.
Infatti, la concorrenza non avviene più soltanto a livello locale o nazionale: con la globalizzazione, ormai, la competizione è a tutto campo, a 360 gradi. Dunque, non è sicuramente questa la strada da seguire; al contrario, l'imposta in questione deve essere abolita.
Ricordo che, con il precedente Governo, era stata avviata una procedura finalizzata ad eliminare tale tassa. Essa, infatti, è ritenuta odiosa proprio perché colpisce in modo particolare, attraverso una doppia imposizione, il frutto del lavoro di tanti artigiani e di numerose piccole imprese, che oggi vivono...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, un po' di silenzio, per cortesia!
GIACOMO STUCCHI. ... una situazione di precarietà. Intervenire come fa il provvedimento in esame, quindi, rappresenta sicuramente un modo per «fare cassa» ed acquisire maggiori risorse, ma credo che costituisca soprattutto una politica fiscale miope.
Speravo, credevo e mi ero illuso che, almeno nei primi due mesi del nuovo Governo, fosse possibile comprendere le linee di politica fiscale e di politica economica che sarebbero state proposte. Tuttavia, a parte questi interventi di piccolo e marginale maquillage, in effetti non vi è nulla di nuovo, poiché non sappiamo ancora - se non da ciò che risulta dalle dichiarazioni rese dai singoli ministri, che a volte affermano tutto ed il contrario di tutto - come si intenda operare in un settore così delicato non solo per le imprese, ma per la vita di tutti i cittadini.
È forse per questo motivo che attendiamo (ci illudiamo poco, per la verità) di conoscere i contenuti del Documento di programmazione economico-finanziaria. Si tratta di contenuti che, a nostro avviso, non potranno essere evanescenti, dal momento che non potranno eludere i problemi reali di questo paese.
Credo, quindi, che, almeno in ordine a tale documento, il Governo debba essere concreto e far comprendere bene qual è la linea che intende seguire con la prossima manovra finanziaria, che rappresenterà uno dei banchi di prova della maggioranza. Già quanto accade al Senato, infatti, testimonia che esistono problemi legati non solo alla materia fiscale (come la predisposizione del DPEF e del prossimo disegno di legge finanziaria), ma anche ad una serie di fattori che, a partire dalla politica estera, vedono questa maggioranza in notevoli difficoltà.
Tuttavia, a prescindere da tali discorsi, che riguardano quanto sta accadendo nell'aulaPag. 9«sorella» del Senato della Repubblica, ritengo opportuno tornare ad illustrare il contenuto delle proposte emendative presentate al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 206 del 2006.
Intendiamo illustrare tali emendamenti anche con la convinzione che esiste la possibilità di migliorare il testo del provvedimento in esame, evitando che vengano commesse ingiustizie. Vorremmo evitare, sostanzialmente, di far approvare quelle storture, quelle imprecisioni e quelle distrazioni (voglio essere buono questa mattina) che sono ancora contenute nel testo che ci appresteremo tra poco a votare.
Vorrei evidenziare che svolgiamo la nostra attività presentando proposte migliorative che non sono certamente ostruzionistiche: infatti, non abbiamo presentato 500 emendamenti! Non abbiamo presentato numerose proposte emendative, come vedevamo fare dall'allora opposizione di centrosinistra nella passata legislatura, su qualsiasi decreto-legge, pur di perder tempo, di mettere in difficoltà la maggioranza e di ostacolare la regolare prosecuzione dei lavori dell'Assemblea.
No: agiamo con criterio, nonché con quella concretezza che ha sempre contraddistinto il nostro modo di operare, soprattutto nella scorsa legislatura, quando, consapevoli dell'onere e dell'onore che chi è chiamato a governare deve sopportare, abbiamo tentato di impostare una politica fiscale che non mettesse le mani nelle tasche dei contribuenti. Al contrario, vediamo che questi piccoli e timidi segnali di politica fiscale, le prime iniziative adottate dal nuovo Governo in tale settore vanno proprio in quella direzione.
Mi riferisco non solo all'IRAP, ma anche ad altre questioni che tra poco saranno poste all'attenzione dell'Assemblea.
Il provvedimento in esame - richiamo, in particolare, alcuni articoli - contiene una contraddizione. Infatti, se da un lato si compie un intervento sull'IRAP che permette di «fare cassa», dall'altro si prevede una dilazione dell'entrata in vigore dei nuovi canoni del demanio marittimo che, invece, crea un «buco» all'interno del bilancio dello Stato, perché le risorse previste dall'entrata in vigore dei nuovi canoni demaniali sicuramente non arriveranno nelle casse dello Stato. Dunque, vi sarà una mancanza di fondi che, credo, imporrà un intervento al fine di individuare la strada per coprire il «buco», magari piccolo, per carità (non sto parlando di migliaia di miliardi di euro, ma di somme importanti che nelle prossime settimane non arriveranno nelle casse dell'erario). È presente, quindi, una contraddizione: in tre articoli di uno stesso provvedimento siete riusciti a creare una contraddizione che era difficilmente realizzabile. Da questo punto di vista, siete degli specialisti!
Di fronte ad una situazione di questo tipo, non resta che sottolineare come l'impianto del provvedimento non sia assolutamente condivisibile ed augurarci che le proposte emendative presentate siano approvate. Ma l'emendamento più opportuno, forse quello più atteso dalla gran parte degli imprenditori del nostro paese, dovrebbe essere diverso da quelli contenuti nel fascicolo delle proposte emendative e dovrebbe prevedere la soppressione totale dell'IRAP o perlomeno, se non si vuole arrivare a ciò, l'introduzione di una franchigia (lo avevamo proposto nella passata legislatura, alla fine del 2005) di un certo importo (200 mila o 300 mila euro) sul costo del lavoro, una franchigia che permetta alle industrie manifatturiere di non pagare l'IRAP o perlomeno di beneficiare di questa riduzione; ciò consentirebbe una maggiore competitività. Infatti, risparmiare sull'IRAP significa avere più soldi per fare investimenti, significa avere più soldi per fare le fiere, la commercializzazione e la ricerca. Una delle accuse rivolte dal centrosinistra alla nostra maggioranza era che non agevolavamo la ricerca, l'innovazione del prodotto, cosa fondamentale per poter essere oggi competitivi.
Se riuscissimo ad attuare questo tipo di intervento, sicuramente anche le piccole aziende, magari consorziate tra loro, riuscirebbero ad ottenere le risorse necessarie per realizzare, nel loro piccolo, grandiPag. 10innovazioni. Pensate a quante piccole innovazioni - poi dimostratesi grandi ed importanti - sono state prodotte dal genio, dalla capacità, dalle conoscenze per la vita lavorativa vissuta di tanti piccoli imprenditori, nati con gli strumenti da lavoro nelle mani.
Da questo punto di vista, l'attuale Governo non ci sente, tanto è vero che vi è stata una delegittimazione territoriale per quanto riguarda la composizione del Governo. Le aree produttive, quelle aree che avevano dato tanto consenso alla Casa delle libertà, alle elezioni dello scorso aprile non sono state adeguatamente rappresentate, anzi, sono state per nulla rappresentate - se togliamo un paio di ministri, forse tre, piemontesi (mi riferisco, in modo particolare, alla Lombardia, al Veneto e al Friuli) - in settori fondamentali come quello produttivo, dell'industria, o in quei settori legati alle finanze, settori sensibili per la vita del ceto produttivo che si trova in quei territori, che sicuramente non sta dalla parte del centrosinistra; questo va testimoniato.
Forse, questo vi dà fastidio - diciamolo pure - ed è per questo che avete penalizzato quelle zone. Ma quelle zone non saranno mai innamorate dell'assistenzialismo, non saranno mai innamorate di una politica fiscale che punisce chi produce e chi lavora! Infatti, i nostri imprenditori, i piccoli e medi imprenditori, non la grande industria assistita di Torino, vogliono sostanzialmente essere liberi, vogliono avere la possibilità di operare senza tutti quei vincoli e quei laccioli che voi ancora oggi introducete con questo decreto-legge.
La strada da percorrere è un'altra, è quella di rendere lo Stato più leggero, di eliminare le imposte che non servono a nulla, di eliminare tutte quelle tasse che oggi risultano incomprensibili, ma che soprattutto pregiudicano la possibilità di mantenere determinati livelli produttivi e socio-economici nelle zone più avanzate del paese. Forse, voi non avete capito che, se si ferma il nord, se si ferma la Padania, se si ferma il sistema delle piccole e medie imprese, non ce n'é più per nessuno, non ci sarà più IRAP da pagare, non ci saranno più imposte che arriveranno nelle casse dello Stato. Quello sarà il dramma! Ma non sarà solo un dramma per i cittadini di queste aree più avanzate del paese, lo sarà per tutti; questa è una questione su cui riflettere.
Avete liquidato il risultato del referendum dicendo che non esiste più una questione settentrionale, ma vi sbagliate. Continuate pure su questa strada, peccato che a pagarne le conseguenze saranno tutti i cittadini!
Ritengo invece che si debba seguire la strada opposta, perché non sono disponibile a giocare al «tanto peggio tanto meglio». La strada da percorrere deve essere quella del confronto su provvedimenti come questi, che devono essere migliorati e modificati. Quando si tratta di interventi peggiorativi per la vita delle imprese, quando si tratta di incrementare le tasse, noi non siamo sicuramente d'accordo né disponibili. Il confronto si deve impegnare su una politica fiscale che miri alla riduzione di queste imposte e alla eliminazione dei tanti balzelli che ancora oggi sopravvivono. Per carità, ne abbiamo eliminati molti con il Governo Berlusconi, però ne resistono ancora altri.
PRESIDENTE. La prego di concludere...
GIACOMO STUCCHI. Concludo, Presidente.
È per questo che ritengo sia doveroso approvare gli emendamenti presentati dal mio gruppo e da altri colleghi su questo testo, perché così almeno limiteremo il danno. Questo, oggi, è l'obiettivo minimo che noi possiamo ottenere, ma quello che si dovrebbe fare è molto diverso e molto più radicale: si dovrebbe fare una rivoluzione copernicana, ma forse il coraggio di farla non l'avete.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Berruti, che aveva chiesto di parlare: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.
MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci troviamo oggi a discutere sul complesso degli emendamenti presentati al primo provvedimento di politica economica e fiscale del Governo di centrosinistra. Devo dire onestamente che, da neo onorevole, sono assolutamente deluso; se questo è il primo provvedimento di politica economica e fiscale del «fantastico» Governo di centrosinistra, siamo messi molto male!
Proviamo a fare qualche ragionamento in più. Innanzitutto, abbiamo un piccolo provvedimento, che mira a «fare cassa»; quindi, sostanzialmente, si ipotizza ancora di «fregare» le nostre aziende, perché non potranno attivare il ravvedimento operoso. D'accordo, questo «fa cassa» e fa entrare qualche quattrino nelle casse del Governo e dello Stato.
Oltretutto, lo dico per inciso, nei giorni scorsi è stato aumentato il prezzo delle sigarette senza che la notizia fosse stata riportata nei telegiornali, ed anche in questo caso sarebbe necessario fare alcune riflessioni.
D'altronde ciò rientra in uno scenario più complessivo di nulla, di vuoto di idee e di politica di questo Governo. Sono già passati due mesi, ci avviciniamo allo scadere dei cosiddetti cento giorni e non abbiamo ancora visto niente, al di là di dichiarazioni sciolte e roboanti di vari ministri, non ultima quella per l'innalzamento della quantità di cannabis da detenere impunemente. Sono operazioni che danno l'idea di movimento, di azione, ma dietro queste azioni, sostanzialmente gratuite, che consentono di affermare che il Governo fa qualcosa (ma perché non costa), non si scorge nulla sui problemi reali, sulla politica economica e fiscale che si intende realizzare.
Gli italiani, e i padani in particolare, vorrebbero sapere cosa intenda fare il Governo delle tasse sui BOT, sull'IVA. Non ci sono indicazioni chiare. L'incertezza regna sovrana. Ieri, durante l'audizione in Commissione affari sociali, il ministro Turco ha fatto alcune considerazioni in merito al cosiddetto new deal di politica sociosanitaria, affermando che con le regioni si farà un nuovo grande patto sul finanziamento della sanità. Ciò è collegato con il provvedimento in esame, in quanto per le regioni che hanno sforato perché non sono state capaci di gestire i bilanci, e si tratta di regioni quasi tutte amministrate dal centrosinistra (per noi sarebbe facile dire che avrebbero dovuto stare attenti prima), si dice - sono dichiarazioni del ministro Turco - che si farà un patto con cui si allungheranno i tempi, prevedendo un periodo fino al 2009 in cui le regioni potranno sistemare la situazione. Da un lato, vi è la preoccupazione di questo rinvio al 2009, mentre se i conti non tornano vanno fatti tornare subito, e, dall'altro, vi è il caos. Si dice che vi sarà un incremento per chiudere il buco di bilancio ma, per un altro verso, si dice che non vi sarà l'incremento perché si prevede la regola aurea che, come al solito, tutto si sistema automaticamente, anche se sappiamo che non è vero. Insomma, il caos regna sovrano.
In questa incertezza totale, si è persa l'occasione di iniziare a fare qualcosa per le nostre imprese, per le piccole e medie imprese. Sappiamo tutti che l'IRAP andrà eliminata, una tassa voluta da un Governo di centrosinistra, rispetto alla quale la Corte di giustizia europea ha deciso giustamente che vada eliminata, ma le nostre imprese devono ancora - diciamo così - mordere il freno e pagare per far quadrare i conti di uno Stato troppo caro ed incapace di fare i conti.
Il problema è che l'IRAP colpisce soprattutto le imprese ad alto tasso di contenuto di lavoro, ad esempio anche del settore tessile, dove l'incidenza del costo del lavoro è maggiore. Sono proprio queste le imprese maggiormente in crisi perché più soggette ad una concorrenza sciagurata, sciagurata perché l'azione di Prodi, all'epoca commissario europeo, ha consentito questa forte concorrenza liberalizzata e senza freni, in particolare da parte dell'Oriente.
Come ho già detto, l'occasione è stata persa. Non si va verso una linea immediata di riduzione dell'IRAP o, quantomeno, come è stato più volte suggerito,Pag. 12dell'inserimento di una franchigia per le imprese più piccole di 200 o 300 mila euro di costo del lavoro, che rappresenterebbe almeno una boccata d'ossigeno.
Ma l'aspetto divertente è che, nel provvedimento in esame, si proroga in maniera demagogica di qualche mese l'incremento dei canoni di concessione sulle spiagge. Anche in questo caso la demagogia regna sovrana. Se questo è l'inizio della politica di promozione turistica del paese - affermando ad esempio che quest'anno il costo dei lettini e dell'ombrellone non aumenta, perché si aspetta settembre per procedere in tal senso -, di certo ciò non rappresenta un grande passo nell'azione che il ministro Rutelli intende realizzare nel nostro paese.
Dopo il disastro conseguente all'entrata in vigore dell'euro, che ha tagliato del 30-40 per cento gli stipendi e le pensioni, la soluzione proposta dal centrosinistra era quella di controllare. Allora, anche in questo caso, non si può procedere allo stesso modo?
Quindi, si incrementino da subito i canoni di concessione, che ad oggi appaiono ridicoli e poi, se sussiste questa preoccupazione sui prezzi, controllate! Siete così bravi, dunque controllate anche questo!
Tornando al merito del provvedimento, ritengo sia ancora possibile apportare alcuni miglioramenti. È certamente deludente che l'inizio dell'azione sia così scarna in termini di politica economica.
Pertanto, cerchiamo di migliorare il testo in esame evitando di tartassare ulteriormente le nostre imprese, che hanno bisogno di una boccata di ossigeno (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Brancher, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo di fronte al primo atto significativo di questo Governo e, non a caso, ci troviamo a parlare di tasse. È un fil rouge quello che contraddistingue l'azione dei Governi delle sinistre, come abbiamo potuto constatare dal 1996 al 2001 con i quattro esecutivi che hanno messo le mani nelle tasche dei cittadini. Purtroppo, il vostro primo atto conferma il vostro amore incondizionato per un tema tanto spiacevole e tanto sgradito alla maggioranza dei cittadini.
Tornando al merito del provvedimento, l'IRAP è un'imposta che voi avete fortemente voluto, contro la quale ci siamo più volte battuti dai banchi dell'opposizione, utilizzando tutti gli strumenti democratici in nostro possesso per contrastare una tassa profondamente iniqua, una tassa che, alla prova dei fatti, ha dimostrato di costituire un freno allo sviluppo economico del paese, colpendo il lavoro, vale a dire il cuore pulsante dell'azienda.
Pertanto, durante il nostro Governo, abbiamo intrapreso numerose iniziative volte ad ottenere la sostanziale riduzione, fino all'azzeramento, di questa imposta iniqua.
Ci siamo parzialmente riusciti: centinaia di migliaia di aziende non pagano più l'IRAP. Purtroppo, per motivi a tutti noi noti, con i quali oggi siete costretti a confrontarvi nella vostra azione di Governo, non siamo riusciti ad attuare la nostra ultima proposta contenuta nella legge finanziaria del 2005, con cui si chiedeva, perlomeno, di esentare dal pagamento le aziende al di sotto dei 200 mila euro. Certo è che la motivazione che voi adducete a sostegno di questo provvedimento è piuttosto ridicola: l'urgenza da voi richiamata risiede nell'esigenza di disincentivare fenomeni di ritardo ovvero l'omesso versamento dell'imposta con le ovvie conseguenti perdite di gettito. Tuttavia, le tasse, per essere pagate, devono essere percepite come giuste! In questo caso, stiamo discutendo dell'IRAP, ossia di una tassa sulla quale la Corte di giustizia dell'Unione europea deve definitivamente pronunciarsi con particolare riguardo alla compatibilità comunitaria del tributo. Stiamo parlando di una tassa che, oltre ad essere nata sotto i peggiori auspici e prePag. 13supposti, è stata percepita fin da subito dalle imprese come un'imposta iniqua e vessatoria. Stiamo parlando di aumentare l'anticipo, nel momento in cui già sappiamo che la Corte di giustizia dell'Unione europea casserà definitivamente tale imposta, decretandone l'illegalità. Quindi, è una rincorsa disperata a «fare cassa» - questo è evidente - con i soliti metodi a voi tanto cari; metodi che, purtroppo, conosciamo ed ai quali ovviamente non ci rassegniamo. Anzi, li contrasteremo in tutti i modi, come oggi stiamo facendo nel corso di questo primo dibattito della legislatura.
La giustificazione di questa impellente necessità di «fare cassa» sta nella ormai acclarata incapacità gestionale di alcune regioni del nostro paese, che non sono in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini in materia sanitaria. Stiamo parlando di sei regioni, casualmente (è una sottolineatura ironica) governate dal centrosinistra, che hanno palesato quella incapacità tipica dei Governi del centrosinistra a mantenere livelli di servizi di buona qualità e ad operare un contenimento dei costi.
Se l'esito della consultazione referendaria fosse stato diverso - ahimè non è stato così! - non ci troveremmo a parlare dell'ennesima misura tampone tesa a fare cassa ed a raschiare il fondo della botte. Staremmo parlando, invece, di qualcosa di decisamente diverso e di strutturale. Il nostro paese - l'abbiamo più volte sottolineato nel corso degli anni - ha bisogno di riforme ed il nord necessita di riforme. In questo senso, vi è la necessità di fare in modo che si attui il federalismo. Mi riferisco anche al federalismo fiscale: noi l'avevamo previsto nella nostra riforma e lo avremmo attuato entro tre anni dalla sua entrata in vigore. Allora sì che a carico fiscale invariato sui cittadini, ci sarebbe stata la possibilità di redistribuire il gettito, ovviamente tenendo fermo un principio sacrosanto (o, perlomeno, da noi ritenuto tale), ossia che ci debba essere un tetto al carico impositivo sui cittadini e sulle imprese. Noi lo abbiamo sempre identificato con il limite di un terzo. Voi - i fatti lo confermano - andate ben oltre questo carico, che costituisce un limite massimo al quale ogni Stato dovrebbe attenersi.
All'interno di questo 30 per cento, la redistribuzione delle imposte e, quindi, delle entrate avverrebbe in base alle materie di competenza. Quindi, per quanto riguarda la sanità - materia sulla quale stiamo discutendo in questo momento, perché impone misure tampone ed urgenti, necessarie a «fare cassa» -, avremmo la possibilità di definire il gettito e di responsabilizzare gli amministratori e i governatori, che in questo momento sono assolutamente in preda a un delirio di onnipotenza, dato che lo Stato, fino a pochissimo tempo fa, ad ogni buco e ad ogni inefficienza, correva al riparo: e c'erano sempre i contribuenti del nord - diamogli un nome - che correvano a pagare a piè di lista, con il loro lavoro, l'inefficienza altrui.
Nel caso in cui la nostra riforma costituzionale fosse stata approvata definitivamente, tutto ciò non sarebbe più accaduto. Gli amministratori locali avrebbero avuto la responsabilità, oltre che le libertà, di assumere delle decisioni.
Quindi, oggi ci troviamo a discutere di un ennesimo provvedimento tampone proprio perché non abbiamo avuto coraggio, che è necessario, invece, per cambiare e per fare riforme strutturali. Tali riforme consentirebbero alle nostre regioni e all'intero paese di fare un passo in avanti e a tutti noi, finalmente, di dare un nome e un cognome, un volto, ai responsabili degli sprechi e delle inefficienze, senza scaricare per l'ennesima volta sui cittadini l'incapacità di una classe politica - vuoi romana, vuoi dei governi locali - di rispondere alle esigenze, alle istanze e alle richieste dei cittadini, proprio perché, oltre alla conoscenza e alla cultura, non ha gli strumenti per poterlo fare.
Noi abbiamo individuato tali strumenti e li abbiamo sottoposti al giudizio dei nostri elettori, che in Lombardia, in Veneto e nel nord hanno deciso e hanno scelto per il federalismo. Continueremo a portare tali strumenti anche all'attenzionePag. 14di questo Parlamento, perché siamo certi, convinti e sicuri che siano gli unici che consentiranno al nostro paese, finalmente, di uscire dal guado e di dotarsi di quei meccanismi istituzionali che possono garantire, oltre alla capacità di rispondere alle sfide della modernità, anche l'efficienza e la possibilità di fornire i servizi che i cittadini ci chiedono e che, purtroppo, oggi siamo cronicamente incapaci di dare.
Quindi, oggi, ancora una volta, siamo in questa sede a discutere di IRAP e di un provvedimento che, oltre alle inefficienze del servizio sanitario - che, come abbiamo visto, in sei regioni è assolutamente al di sotto dei livelli necessari - scarica ulteriori inefficienze sui cittadini che già contribuiscono con il frutto del loro lavoro.
Il problema vero della competitività del nostro paese sta proprio nel fatto che lo Stato è incapace di rispondere alle necessità dei cittadini ed utilizza strumenti inadatti. Purtroppo, questo sarà il primo di una lunga serie di provvedimenti, come è facile prevedere. Da qui a poco, infatti, ci sarà il DPEF, che disegnerà la vostra azione di Governo. Dunque, questo sarà uno dei primi esempi di un'azione volta ad opprimere quel poco di libera economia che c'è ancora nel nostro paese. Mi riferisco a quelle imprese che ancora vogliono confrontarsi con l'economia globale, quelle imprese che ancora oggi hanno il coraggio di produrre lavoro, di produrre servizi e di confrontarsi con sistemi economici ben più competitivi del nostro.
PRESIDENTE. Onorevole Caparini...
DAVIDE CAPARINI. Mi appresto a concludere, signor Presidente.
La nostra contrarietà al provvedimento in esame è una contrarietà nel merito, nel metodo e, soprattutto, rispetto ad una filosofia, ad una cultura di Governo che non accettiamo e che combatteremo nel corso di questa legislatura che, speriamo tutti, compreso il nord, duri molto, molto poco (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Leo. Ne ha facoltà.
MAURIZIO LEO. Signor Presidente, quando fu introdotta nel nostro ordinamento l'imposta regionale sulle attività produttive era comprensibile e verosimile che vi sarebbero state contestazioni. Innanzitutto, perché la base imponibile dell'imposta è erratica: prende in esame il valore della produzione e non consente la deducibilità di alcuni costi significativi nella determinazione della produzione (mi riferisco, in particolare, al costo del lavoro). Quindi, è un'imposta ibrida, non è un'imposta sui consumi, né un'imposta sul reddito e per questi motivi è stata contestata a livello comunitario.
Come già hanno riferito alcuni colleghi che mi hanno preceduto, c'è una controversia in atto che pende presso la Corte di giustizia europea. Al riguardo, le considerazioni conclusive fatte da due avvocati generali (mi riferisco alle considerazioni conclusive fatte dall'avvocato Jacobs nel 2005 e a quelle fatte dall'avvocato Stix-Hackl nel 2006) hanno sostanzialmente affermato che si tratta di un'imposta che duplica l'imposta sul valore aggiunto. Poiché in base alle direttive comunitarie (in particolare la direttiva comunitaria del 1977 che ha introdotto l'imposta sul valore aggiunto) ci può essere in ambito comunitario una sola imposta sulla cifra d'affari, mi sembra si possa giungere alla conclusione che l'IRAP è un'imposta che duplica l'IVA e, quindi, completamente illegittima.
Bisogna rilevare che di tale imposta il Governo di centrosinistra negli anni dal 1997 al 2001 ha fatto un caposaldo. Il Presidente del Consiglio pro tempore, il Presidente Prodi, sostenne in modo determinato l'imposta regionale sulle attività produttive. Tuttavia, lo stesso Presidente Prodi, quando divenne Presidente della Commissione europea, ritenne - e le sue affermazioni risultano agli atti della controversia dinanzi alla Corte di giustizia - che essa fosse una sorta di duplicato dell'IVA e, quindi, incompatibile con le regole comunitarie.Pag. 15
Quindi, il Presidente Prodi, dapprima ha sostenuto la perfetta compatibilità comunitaria dell'imposta; poi, divenuto Presidente della Commissione europea, ha sostenuto che fosse, invece, incompatibile con le regole comunitarie. Ora, dunque, attendiamo una sua parola definitiva: è o meno compatibile con le regole comunitarie? A quanto sembra - il provvedimento, infatti, è in tale direzione -, dovrebbe ritenere che è compatibile, proprio per il tenore delle norme recate dal decreto; ma la vicenda che ci sta occupando si risolverà sicuramente nel mese di settembre, quando la Corte di giustizia emetterà la sentenza. Bisogna augurarsi che gli effetti di tale pronuncia non si producano prima del 2007; altrimenti, si avrebbero forti pregiudizi per i conti delle regioni, il che rappresenta poi un altro elemento del quale ci si dovrà sicuramente interessare.
Venendo al provvedimento in esame, si tratta quasi di una riproposizione del decreto-legge n. 106 del 2005 presentato nella precedente legislatura; quindi, sull'impalcatura generale del testo il gruppo di Alleanza nazionale non ha particolari osservazioni da formulare. L'obiettivo del provvedimento è, infatti, mantenere il gettito IRAP, perché, altrimenti, proprio in vista delle contestazioni sorte a livello comunitario, i contribuenti potrebbero essere indotti a non eseguire alcun versamento. Per tali motivi, infatti, è stato ritenuto dal legislatore, analogamente a quanto si stabilì nel 2005, di sospendere la disposizione sul ravvedimento operoso la quale consente ai contribuenti di versare il pagamento del tributo in ritardo, pagando delle sanzioni modeste.
Quindi, la norma recata dal provvedimento, da tale punto di vista, è condivisibile; ma sorgono talune preoccupazioni connesse, invece, alla gestione di tale disciplina. Sappiamo, infatti, che con la legge finanziaria per il 2006 è stata modificata una disposizione della precedente legge finanziaria sullo sforamento della spesa sanitaria da parte delle regioni. La legge finanziaria per il 2006 molto opportunamente stabiliva che, se le regioni avessero sforato il limite della spesa sanitaria, il presidente della regione sarebbe stato nominato commissario ad acta e avrebbe dovuto adottare taluni provvedimenti entro una certa data: il 31 maggio; se nessun provvedimento fosse stato adottato, sarebbe automaticamente scattato l'aumento dell'IRAP e l'aumento dell'addizionale regionale all'IRPEF. Ebbene, se tale è la situazione, sarebbe bastato che il Governo avesse dato puntuale attuazione a queste disposizioni; ma cosa ha fatto il Governo? Ebbene, ha raggiunto un accordo con le regioni sulla base del quale, se le stesse, entro il 30 giugno, fossero rientrate nei limiti della spesa sanitaria - e quindi avessero ripianato lo sforamento -, in tali casi le maggiorazioni dell'IRAP e dell'addizionale regionale all'IRPEF non sarebbe state dovute. Ma quantomeno intempestivo è stato l'intervento del Governo, posto in essere in un mese particolarmente sensibile per i contribuenti: il mese nel quale effettuano i versamenti del saldo dell'IRPEF per il 2005 e degli acconti per il 2006. Quindi, in questo mese, si è, per così dire, lasciato in balia delle onde il mondo dei contribuenti e si è indicato agli stessi di pagare più del dovuto: anziché l'aliquota del 4,25 per cento, il 5,25. Tra l'altro, non è stato ufficializzata da nessuna parte l'automaticità di tale aumento, sicché i contribuenti si sono trovati completamente disorientati; sono testimonianza di tale situazione gli articoli apparsi sui giornali specializzati, da Il Sole 24 Ore a Italia Oggi.
Quindi, i contribuenti si sono trovati, appunto, in balia delle onde: taluno ha pagato l'imposta regionale sulle attività produttive con l'aliquota del 5,25 per cento; talaltro, con quella del 4,25. Solo il 30 giugno si saprà se le regioni in questione sono rientrate o meno nei limiti di spesa prestabiliti e a quella data si saprà se i contribuenti hanno versato il giusto o più del dovuto.
È una situazione sicuramente allarmante, kafkiana: uno dei principi cardine dell'ordinamento tributario - principio che poi è riconducibile alla norma costituzionale - è la certezza del pagamento dell'imposta.Pag. 16
Non bisogna scomodare i cultori della materia, Cosciali, Vicentini e quanti altri si sono occupati di questa materia, per dire che primo elemento del pagamento del tributo è la certezza del carico impositivo e la determinazione dei tempi per gli adempimenti. I contribuenti si sono trovati, quindi, in una situazione sicuramente paradossale, ma la situazione è ancora più grave con riferimento alle regioni che hanno sforato la spesa sanitaria.
Se andiamo a vedere bene, le regioni che hanno sforato la spesa sanitaria sono solamente quelle di centrosinistra. Delle sei regioni, Abruzzo, Molise, Lazio, Campania, Liguria e Sicilia, cinque sono di centrosinistra ed una è di centrodestra, ma se vediamo nello specifico, la Sicilia non ha assolutamente sforato la spesa sanitaria. Nel 2004, infatti, è intervenuta una sentenza della Corte costituzionale che ha stabilito che l'imposta sull'assicurazione della responsabilità civile riguardante l'automobile pagata dai contribuenti residente nella regione Sicilia deve essere versata direttamente dallo Stato, che la incamera, alla regione stessa. L'ammontare di tale imposta è di circa 658 milioni di euro. Questa somma avrebbe sicuramente azzerato lo sforamento della spesa sanitaria, se tale spesa fosse stata azzerata per effetto del riversamento, dovuto per legge e consacrato in una sentenza della Corte costituzionale, non vi sarebbero stati problemi per la Sicilia. Ci troviamo, quindi, soltanto con quattro regioni che hanno sforato la spesa sanitaria, perché mi sembra che la Liguria abbia proceduto a ripianare il deficit. Per effetto di tale situazione i contribuenti di queste regioni avrebbero dovuto pagare un'aliquota maggiorata dell'imposta regionale sulle attività produttive.
La situazione di incertezza è stata grande, i contribuenti si sono trovati in questo mese a pagare chi il 5,25 per cento, chi il 4,25 per cento a titolo di IRAP, senza che in nessun documento ufficiale si fosse stabilito esattamente il carico impositivo per l'acconto del 2006. Fino a prova contraria, infatti, Italia Oggi o Il Sole 24 Ore non sono documenti ufficiali dello Stato, come lo è invece la Gazzetta Ufficiale. A questa situazione abbastanza paradossale ha cercato di porre rimedio l'emendamento presentato dal Governo e fatto proprio dalla Commissione, il quale in buona sostanza afferma che i contribuenti che non hanno eseguito il versamento perché si sono trovati in questa situazione di incertezza possono eseguirlo entro il 20 di luglio, senza la maggiorazione dello 0,40 per cento.
Innanzitutto, questo emendamento non copre tutta la vasta platea dei contribuenti interessati, perché parlare di slittamento al 20 luglio senza maggiorazione definisce una situazione ricollegabile solamente alle persone fisiche, mentre non è ricollegabile alle società, il cui esercizio non coincide con l'anno solare. Questi ultimi soggetti si troveranno in una situazione di estrema difficoltà perché non sanno come e quanto debbono pagare, non sanno se devono pagare l'IRAP con la maggiorazione dell'1 per cento o se devono pagare l'IRAP in modo ordinario. I soggetti che hanno un esercizio non coincidente con l'anno solare non sembrano essere interessati dall'emendamento governativo.
Ma la situazione ancora più paradossale è questa: la norma si fa carico di coloro i quali non hanno eseguito il versamento, che potranno eseguirlo entro il 20 luglio, ma non si fa carico, però, di coloro i quali hanno invece eseguito il versamento pagando di più. In questo caso che cosa debbono fare i contribuenti che hanno pagato di più? Io presentai in Commissione un ordine del giorno al riguardo e ricevetti la risposta che era possibile scomputare la maggiore imposta pagata in sede di secondo acconto.
Il secondo acconto, com'è noto, deve essere versato a novembre del 2006; di conseguenza, il contribuente zelante che ha effettuato il pagamento entro i termini, adeguandosi alla situazione nebulosa - diciamo così - determinatasi, non soltanto ha pagato di più, ma per riprendersi quell'1 per cento in più deve aspettare fino a novembre del 2006. La situazione è sicuramente paradossale!Pag. 17
Stando così le cose, la mia proposta era nel senso di concedere un credito di imposta immediatamente utilizzabile da parte delle imprese, le quali, con i primi versamenti utili eseguiti con il modello F24 avrebbero potuto scomputare l'importo versato in più. Il Governo ha già risposto che non è disposto ad accogliere il mio emendamento, ma sembra orientato ad accettare un eventuale ordine del giorno che ne riproduca il contenuto. Spero che l'Agenzia delle entrate chiarisca la situazione mediante apposita circolare: non ha senso impedire di scomputare subito l'importo non dovuto e costringere chi ha pagato in più ad aspettare fino a novembre; eppure, è proprio questa la situazione determinata dal decreto-legge!
PRESIDENTE. Onorevole Leo...
MAURIZIO LEO. L'impianto generale del provvedimento era sicuramente condivisibile ma, cammin facendo, sono state apportate modifiche a dir poco stravaganti. Ora dobbiamo gestire questa situazione. La nostra posizione sull'articolato generale non è certamente favorevole. Speriamo che il Governo si faccia carico di risolvere i nodi fondamentali dell'IRAP (se debbano o non debbano pagarla i lavoratori autonomi ed i professionisti e come debbano pagarla le imprese). L'IRAP è un tributo fondamentale che porta sicuro gettito alle casse delle regioni: con l'IRAP si finanzia la spesa sanitaria, essendo il suo ammontare di circa 32 miliardi di euro! Tuttavia, se non si hanno certezze sui lineamenti e sulla base imponibile, l'imposta genera enormi problemi ai contribuenti, all'amministrazione finanziaria ed alle stesse casse regionali. Pertanto, l'imposta va rivista seriamente.
Vedremo come si muoverà il Governo in materia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ceroni. Ne ha facoltà.
REMIGIO CERONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nonostante la buona volontà della Commissione finanze e lo sforzo da essa compiuto per venire incontro ai suggerimenti che abbiamo espresso in Assemblea ed anche in Commissione, noi restiamo dell'idea che il provvedimento in esame sia inutile, confuso e vessatorio: sospendere il ravvedimento operoso e calpestare lo statuto del contribuente per qualche spicciolo in più è davvero assurdo. Inoltre, non è possibile aumentare l'aliquota IRAP ad anno inoltrato, dopo la scadenza della prima rata d'acconto. Sarebbe stato molto più semplice invitare le regioni a riequilibrare i loro bilanci (anche mediante l'aumento dell'aliquota IRAP dell'1 per cento) e, per il corrente anno, differire di trenta giorni la scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazione e per il versamento.
Il provvedimento è inutile: se veramente si vuole intraprendere un'azione di risanamento della finanza pubblica, è necessario mettere mano ai bilanci delle regioni. Dettare una norma per scoraggiare coloro i quali vogliono evadere l'IRAP o ritardarne il pagamento in attesa della sentenza della Corte di giustizia è un'azione praticamente inutile!
Per quanto attiene ai bilanci delle regioni, ritengo che l'emendamento proposto dalla Commissione chiarisca che si applicano le disposizioni contenute nell'articolo 1, comma 174, quinto periodo, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, limitatamente alle regioni che non abbiano raggiunto entro il 30 giugno 2006 un accordo con il Governo sulla copertura dei disavanzi di gestione del servizio sanitario regionale. Vi è, quindi, l'esigenza di interpretare l'articolo 1 di questo provvedimento, nel senso che l'imposta regionale sulle attività produttive è calcolata maggiorando di un punto percentuale l'aliquota ordinaria - o ridotta - vigente nelle regioni interessate, fatti salvi comunque i regimi di esenzione. Per fare maggiore chiarezza, bisognerebbe considerare quali sono realmente le regioni che hanno bilanci in pareggio. Ho infatti l'impressione che tutte le regioni italiane siano in difficoltà a far quadrare i conti relativi alla sanità, nonostante il grande incremento del fondo sanitarioPag. 18nazionale che è avvenuto in questi ultimi cinque anni. Voglio vedere se il Governo in carica saprà incrementare tale fondo nei prossimi cinque anni tanto quanto ha fatto il Governo Berlusconi nella passata legislatura!
Il problema, tuttavia, è un altro: è che nei bilanci delle regioni vi sono «buchi» incredibili, anzi direi che vi sono «crateri». Se si verificassero con attenzione i bilanci delle regioni, soprattutto nella gestione del servizio sanitario regionale, si scoprirebbero aspetti davvero incredibili. Spesse volte i giornali fanno la graduatoria dei debiti accumulati dalle regioni e del deficit pro capite. Tali graduatorie sono false, perché le regioni, per non apparire in cima a tale graduatoria, comunicano dati veramente artefatti. Dunque, gli «spiccioli» che possono derivare dal mancato versamento di alcuni contribuenti sono nulla rispetto ai debiti che si nascondono nei bilanci delle regioni, debiti che riguardano contenzioso per i danni relativi alla malasanità. Vi è nelle regioni italiane una serie di contenziosi perché i cittadini che sono stati curati male dal servizio sanitario chiedono di essere indennizzati. Vi sono interessi per i ritardati pagamenti nelle forniture e nei servizi. Vi sono contenziosi relativi al contratto di lavoro del personale medico e paramedico. Vi sono, sempre nei bilanci della sanità, crediti inesigibili. Per cui, se si considera bene cosa si nasconde nei bilanci della sanità, certamente il provvedimento odierno pare assolutamente inutile ed ininfluente rispetto al problema che dobbiamo affrontare.
Con riferimento al secondo articolo, diamo atto al Governo di avere concesso, con la presentazione da parte della Commissione dell'emendamento 2.50, una proroga del termine per l'adeguamento dei canoni demaniali al 31 ottobre 2006, proroga, tuttavia, che ci sembra troppo esigua. Sarebbe stato più congruo prevedere una proroga del termine al 15 dicembre 2006, anche perché è impossibile aumentare in corso d'anno i canoni demaniali, tenuto conto ad esempio che già gli stabilimenti balneari hanno fissato le tariffe per quest'anno tenendo conto delle vecchie tariffe dei canoni demaniali. Ribadiamo pertanto la necessità di prorogare ancora il termine oltre il 15 ottobre (come detto potrebbe essere congruo il termine del 15 dicembre 2006) e soprattutto riteniamo importante la necessità di affidare la ricognizione della determinazione dei canoni demaniali e le stesse risorse alle regioni, che hanno necessità di fondi anche per far fronte alle funzioni trasferite dallo Stato alle medesime. Come detto, dunque, probabilmente al 31 ottobre ci troveremo nella stessa condizione attuale, ossia Governo, regioni ed operatori non avranno fatto in tempo a compiere la ricognizione che deve essere fatta e, quindi, si richiederà un'altra proroga. Pertanto, se fin da ora si fosse prorogato il termine dal 31 ottobre al 15 dicembre 2006, certamente avremmo potuto dare il tempo necessario per compiere tale ricognizione e porre così fine ad una storia che ormai dura da diversi anni e che non ha più senso di continuare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bodega. Ne ha facoltà.
LORENZO BODEGA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la storia del nostro paese è caratterizzata negli anni da tutta una serie di elementi, di sigle relative a tasse che sicuramente non hanno semplificato la lettura al singolo cittadino, che sempre più si trova ad avere a che fare con una normativa complessa e di difficile comprensione.
A me pare che il provvedimento in esame rappresenti un sintomo della politica della maggioranza, che non ha esitato e, dico io, non esiterà ad intervenire in termini drastici per modificare la struttura e la natura di un decreto-legge e di futuri provvedimenti su una materia avente carattere economico e fiscale di rilevante importanza.
Ricordando, come hanno già fatto i colleghi che mi hanno preceduto, che la prospettiva del centrodestra, in modo particolare della Lega Nord Padania, era quella di arrivare all'abolizione dell'IRAP, quello odierno è un provvedimento fiscalePag. 19che fa a pugni con l'idea di sviluppo e di rilancio delle imprese, che anche in questi giorni sentiamo sbandierare dai rappresentanti del Governo. Non è in gioco il provvedimento in sé - che ha determinato la presentazione di tutta una serie di emendamenti non accolti in Commissione ed ora presentati in Assemblea, i quali potrebbero avere, se singolarmente presi, un valore migliorativo, in quanto cercano di incidere un po' sulla filosofia del provvedimento -, ma il fatto di esserci avviati verso una china che promette poco e che è destinata ad incidere negativamente sul futuro del nostro paese.
Anche dagli interventi svolti dai colleghi della maggioranza si avverte quella impostazione di fondo che mira a costruire una politica fiscale fortemente punitiva dei ceti produttivi, cioè di quella miriade di piccole e medie imprese i cui imprenditori ci chiedono, soprattutto al nord, come si possa salvare il paese se non si sostiene, non dico si assiste, il loro impegno a misurarsi su mercati internazionali.
Voglio anche rimarcare, come da più parti si fa notare, la confusione e l'incertezza in cui sono costretti a vivere i contribuenti. Si è creata incertezza riscontrabile persino nei mezzi di comunicazione più specialistici, cioè nei giornali economici. Si tratta, quindi, di un quadro di riferimento che genera sicuramente confusione e non aiuta il singolo cittadino.
Noi abbiamo sempre sostenuto che l'IRAP è un'imposta iniqua, che colpisce le piccole e medie imprese, che non prevede la possibilità di dedurre il costo del lavoro, che danneggia quelle aziende che più fanno affidamento sul fattore produttivo lavoro. Fra l'altro, si vive in un periodo nel quale le nostre imprese, soprattutto quelle del settore manifatturiero, dove è alta l'incidenza del fattore produttivo lavoro, stanno entrando in crisi a causa della concorrenza internazionale.
Da ultimo, un'osservazione sulla tassa relativa alle concessioni demaniali. Sappiamo bene come anche qui ci siano tante difficoltà nelle fasi di accertamento e di riscossione. Noi, come gruppo della Lega Nord Padania, abbiamo sostenuto l'aumento di questa tassa anche perché chi verifica di persona la situazione sulle spiagge dei mari e dei laghi osserva come sia complesso l'uso di un bene comune per scopi privati. Tuttavia, è necessario che ciò non ricada sul cittadino, sul cliente in termini di aumenti delle tariffe relative ai servizi offerti dagli operatori.
Il nostro intento è quello di arrivare ad avere un quadro di riferimento normativo-fiscale chiaro, inequivocabile; un progetto complessivo impositivo in materia fiscale che possa assicurare sempre più chiarezza e certezza del controllo.
Tutti devono pagare le tasse, indistintamente, tutti devono contribuire a far crescere questo paese che, sicuramente, negli ultimi anni, nonostante le difficoltà, ha saputo produrre ed ha saputo creare una certa condizione che sicuramente non è degenerata. Noi confidiamo nel fatto che il Governo in carica possa arrivare a presentare provvedimenti in questa materia che siano chiari e non vadano nel senso di mettere, come sempre, le mani in tasca ai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Gianfranco Conte e Della Vedova, che avevano chiesto di parlare: s'intende che vi abbiano rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Jannone. Ne ha facoltà.
GIORGIO JANNONE. Signor Presidente, dopo una lunga campagna elettorale, vediamo come il centrosinistra sia costretto a passare dai proclami alla realtà, e la realtà è molto diversa da come ci era stata prospettata.
Anche in questi giorni, il Presidente del Consiglio dei ministri ha parlato di lotta all'evasione fiscale. Ebbene, noi tutti sappiamo che uno dei motivi per i quali l'evasione fiscale esiste è che in questo paese si creano alcune imposte che costituiscono un unicum a livello europeo e sono assolutamente confuse, nel loro dettato e nella loro applicazione abituale. L'IRAP, un'imposta che abbiamo contestatoPag. 20fin dall'inizio, è una tra queste: è ingiusta, è iniqua, è di difficile applicazione e rappresenta un peso enorme per chi svolge un'attività produttiva. Voi siete riusciti ad approvare una legge che noi abbiamo contestato ab initio, che rimane e le cui difficoltà applicative sono ulteriormente aggravate da questo decreto.
Accade, quindi, che con un provvedimento contraddittorio quanto alla sua esecutività voi creiate una difficoltà ulteriore per le imprese, dovuta ad una incertezza legislativa. Avete messo e mettete in difficoltà le imprese, che si trovano con esercizi a cavallo tra conto e versamento, mettete in difficoltà centinaia di migliaia di lavoratori autonomi e insistete con questa politica assolutamente contraddittoria. Quindi, parlare di evasione fiscale diventa del tutto improprio se lo Stato si pone in maniera vessatoria, come voi state facendo, e non cerca di creare un sistema impositivo che possa essere anche facilmente applicabile e possa essere ritenuto non ingiusto da parte dei contribuenti.
Non dimentichiamo che l'IRAP, tra l'altro, ha generato un contenzioso, ancora in essere, con la Corte di giustizia. Infatti, è stato palesemente contraddetto un principio fondamentale della tassazione, noto come ne bis in idem. Più volte, la Corte di giustizia europea ha richiamato l'Italia a rispettare questo principio basilare e più volte avete insistito nella promulgazione - lo fate ancora oggi - di una legge che si rivela contraddittoria e di difficilissima applicazione. Ciò genera un contenzioso tra il nostro paese e l'Unione europea e ha generato centinaia di migliaia di ricorsi tra i contribuenti e lo Stato. Quando si parla di evasione e quando si chiede ai cittadini e alle imprese di pagare imposte che sono davvero gravose e davvero inique, è chiaro che si compie un'azione pericolosa, non efficiente, un'azione che non può migliorare il rapporto tra contribuente e fisco.
Sotto il profilo politico, voi parlate di dialogo. Chiedete il dialogo, da una parte, e, dall'altra, continuate imperterriti ad attuare le vostre politiche. Chiedete il dialogo politico mentre, al Senato, avete già posto la questione di fiducia e lo farete a ripetizione nelle prossime settimane. Credo che i colleghi presenti in questa Assemblea già nella scorsa legislatura non abbiano dimenticato, in così poco tempo, quanti discorsi, quanti interventi sono stati svolti sostenendo che la posizione della questione di fiducia è un atto cui ricorrere solo come extrema ratio, in determinati casi, e non può diventare uno strumento ordinario di legislazione.
Puntualmente, anche in questo caso, state contraddicendo tutte le vostre affermazioni e tutta la politica che avete svolto nella scorsa legislatura. Da un lato, parlate di risparmio, chiedete e proclamate di voler risanare i conti dello Stato e, dall'altro, chiedete la fiducia - si badi bene - proprio sul provvedimento che mira alla duplicazione dei ministeri (e che è diretto, in ultima analisi, all'aumento dei posti di sottosegretario) e ad altra spartizione di potere, finalizzata solamente a questioni di carattere politico interno di una coalizione quanto mai frastagliata, frammentata e disunita.
Ciò non ha nulla a che vedere con l'azione di risanamento dei conti pubblici che più volte voi avete proclamato di voler percorrere. Per questo, da subito, noi ci opponiamo a questo provvedimento. Infatti, riteniamo che si possa parlare correttamente di lotta all'evasione solo se si pensa, si studiano, si promulgano provvedimenti che chiariscano il rapporto tra Stato e cittadini e che rendano più agevole il rapporto tra contribuente e fisco: non certo disposizioni che si pongano come obiettivo quello di complicare questo rapporto, quello di rendere non solo difficile la norma da cui parte l'imposta, ma contraddittoria, inutile, farraginosa e certamente generatrice di contenzioso persino la modalità di versamento dell'imposta stessa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Alessandri. Ne ha facoltà.
ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, colleghi, è dal 1997 che sentiamo parlare di IRAP e ogni volta, onestamente, ho sempre presente l'immagine di Visco,Pag. 21vestito da vampiro, che viene a succhiare i soldi dei contribuenti. Direi che dal 1997 ad oggi, invece di andare avanti, voi che state ora al Governo pensate che i danni fatti nella legislatura quando ancora governavate siano da riproporre in modo identico.
Abbiamo un paese che sta aspettando una ripresa; l'aspetta con impazienza e si deve preparare, deve essere pronto ad «aggredire» questa ripresa. Invece di dare una ventata di fiducia alle nostre imprese produttive, ritorniamo alle «i-rapine»: rapine nelle tasche di chi lavora, di chi cerca di produrre, di chi cerca di guardare al futuro, di andare avanti, di investire, di assumere, in un momento nel quale questo paese è in grande difficoltà nel cercare di mantenere e sostenere le nostre aziende, preda anche di una concorrenza sleale. Infatti, per quanto si faccia finta e si chiudano gli occhi, purtroppo, si manifesta una sorta di politica governativa dello struzzo. Il settore manifatturiero per primo, oltre a quello tessile, è con l'acqua alla gola e noi non diamo risposte concrete su come possiamo ancora difendere chi ha voglia di rischiare. Infatti, non scordiamoci che in questo paese chi produce e sostiene l'intera economia sono quei milioni di «partite IVA» che tutte le mattine si alzano presto e cercano di lavorare col proprio dipendente per creare una squadra, una famiglia, investire sul futuro, e lo fanno spesso a dispetto anche della stessa politica e contro lo stesso Stato, perché ci credono e hanno fiducia.
Con queste ennesime tasse che vanno a toccare sempre in maniera addizionale le parti produttive, invece di dare una ventata di fiducia, ci ritroviamo ancora una volta a dare una bastonata nei denti a chi invece la fiducia vorrebbe averla (e ce l'ha, a dispetto dei politici). Avevamo criticato, dal 1997 ad oggi, l'introduzione dell'IRAP, ma non l'avevamo fatto solo noi, bensì anche la Comunità europea; poi ci sono state anche delle sentenze. Oltre all'IVA, andiamo ad applicare un'altra imposta, quando invece in questi anni, seppure a fatica, si era cercato di dare un segnale verso la sua riduzione graduale, arrivando - quando possibile - fino alla sua abolizione.
Questi sono i due concetti che abbiamo di fronte: da una parte, un'Europa sicuramente lontana dalla gente (ed è un altro problema delle nostre forze produttive, alle quali questo Governo, ancora una volta, tacendo non sta dando risposte), dall'altra, un paese che è preda, che soffoca, oggetto delle tecnocrazie e delle burocrazie europee, che ci impongono in molti settori, a cominciare da quello agricolo, le quote, l'applicazione delle stesse, le multe, le sanzioni, i vincoli. Questo è un paese che - io credo - oggi ha più bisogno che mai di andare, anche quando serve, a battere i pugni sul tavolo, in sede europea. Infatti, deve avere un principio sacrosanto: il lavoratore va difeso, ma va difeso insieme alla sua azienda e alla importantissima rete delle piccole e medie imprese.
Spesso ci dimentichiamo che questa tassa, l'IRAP, è sicuramente un passo in avanti nel dare a questo settore così importante l'ennesima bastonata.
Vorrei osservare che si è fatta anche confusione. Il tributo in questione riguarda anche le regioni, perché tale imposta è stata aumentata per ripianare, per l'ennesima volta, i «buchi» provocati, guarda caso, da sei regioni che amministrano amici e parenti di questo Governo: si tratta dell'ennesimo tampone!
Affermo ciò perché si è persa una grande occasione, al di là del fatto che vi sia chi è amareggiato e chi, invece, esulta per come si è concluso il referendum svolto domenica e lunedì scorsi. Forse qualcuno non ha ancora capito, infatti, che il referendum costituzionale celebrato domenica e lunedì era l'ennesima, grande occasione per poter dare fiducia a questo paese, procedere verso il cambiamento e dire ai cittadini ed alle classi produttive che non vi è più lo Stato lontano che non si cura di loro, ma che è possibile che lo Stato stesso incominci a cambiare.
Domenica e lunedì abbiamo chiesto ai cittadini di esprimersi per lanciare finalmente un segnale in tal senso, ma credo che la colpa del risultato sia da attribuirePag. 22all'eccesso di politica e ad una campagna elettorale troppo lunga. Si è parlato di tutto e di più, e forse non si è entrati nel reale merito della riforma proposta. O meglio, lo hanno fatto solo alcuni costituzionalisti di sinistra, anche se, purtroppo, forse è accaduto troppo tardi: mi riferisco a Fusaro e Panebianco. Tali uomini di centrosinistra, infatti, hanno affermato che chi avrebbe votato «no» a quella riforma o non l'aveva letta o era in malafede.
Credo che tutto ciò che è avvenuto negli ultimi mesi non abbia condotto solo alla bocciatura di un referendum proposto da una parte politica o dall'altra. È stata respinta, infatti, la possibilità di responsabilizzare quelle regioni che continuano a dilapidare, da sessant'anni, il patrimonio pubblico senza assumersi le loro responsabilità. Questo voleva dire procedere verso il federalismo, poiché l'attribuzione diretta di competenze alle regioni in materia sanitaria avrebbe aperto la strada anche al federalismo fiscale, responsabilizzando le regioni stesse.
Grazie al federalismo fiscale, infatti, una regione può anche decidere di spendere qualcosa in più, tuttavia deve fissarsi un limite temporale nel perseguire l'obiettivo di realizzare un sistema sanitario di qualità e di eccellenza: in tal senso, vorrei portare ad esempio il modello lombardo. A mio avviso, anche la Calabria deve puntare allo stesso obiettivo, senza continuare a spendere il triplo di quanto le è concesso per offrire, invece, servizi peggiori ai propri concittadini. Anche se dovesse impiegarci dieci anni, ogni anno dovrebbe puntare a realizzare, responsabilmente, un sistema di qualità volto ad offrire un valido modello sanitario alla propria gente.
In questo caso, invece, torniamo indietro, offrendo ancora una volta la possibilità, grazie all'aumento dell'1 per cento dell'aliquota IRAP, di coprire i soliti «buchi» senza responsabilizzare le regioni. In questo modo, allora, vengono legittimati i comportamenti di quei presidenti di regione che continueranno a non offrire servizi adeguati ed a spendere il doppio degli altri.
Vorrei osservare che i sistemi sanitari regionali di «serie A» e di «serie B» non li avrebbe creati quella riforma, perché sono la realtà attuale e voi, adottando questo ennesimo provvedimento, ve ne assumete interamente la responsabilità.
Credo che Visco - lo ricordo bene perché, come un vampiro, venne a farsi eleggere nel mio collegio a Reggio Emilia, ma da allora non lo abbiamo più rivisto - abbia grandi responsabilità rispetto all'IRAP. Allo stesso modo, credo che voi, che state riproponendo in maniera anche peggiorativa tale imposta, abbiate una responsabilità doppia. Dovrete andare a spiegarlo a quegli artigiani, a quelle piccole e medie imprese ed a quella gente che ancora sogna di poter lavorare a casa propria: forse non riusciranno più a farlo, perché un Governo di centrosinistra, che aveva raccontato di essere un «fenomeno», tanto partì male che fenomeno non era!
Quando parlo di questi argomenti, mi tornano in mente le parole di un politico inglese, il quale aveva affermato, a grandi linee, che chi non è di sinistra fino a trent'anni magari non ha cuore, ma chi lo è ancora dopo tale età magari non ha testa. Volevo parafrasarlo e concludere il mio intervento dicendo che, magari, chi vi ha creduto fino al giorno delle elezioni con il cuore pensava che voi foste dei fenomeni, ma chi continua a crederci ancora dopo le elezioni magari non ha testa. Credo, infatti, che domani mattina chi comincia a ragionare il voto non ve lo darebbe più (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Miccichè, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Casero. Ne ha facoltà.
LUIGI CASERO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, pur riconoscendo la capacità dei due sottosegretari, l'onorevolePag. 23Lettieri e l'onorevole Grandi - che rivedo solo adesso ai banchi del Governo -, che hanno seguito il provvedimento in Commissione, ci dichiariamo un po' delusi per l'assenza in aula, dove si sta esaminando un provvedimento che consideriamo importante per la politica fiscale di questo Governo, del ministro Padoa Schioppa e del viceministro Visco, colui che, negli anni Novanta, ha inventato questa tassa e l'ha sempre difesa. Forse, oggi, sarebbe dovuto venire in quest'aula sia per difendere questa tassa sia per parlare della politica fiscale di questo Governo.
A due mesi dalle elezioni, non riusciamo a comprendere quale sarà la vera politica fiscale del Governo. I giornali parlano di tagli alla spesa e di incrementi delle entrate. Non riusciamo a capire come il Governo attuerà questi incrementi delle entrate e quali tasse aumenterà per incrementare queste ultime; siamo molto interessati a ciò, ma lo sono anche i contribuenti italiani, che, come sapete, a fronte di ciò, dovranno pagare nuove tasse.
Il ministro dell'economia e delle finanze, nel corso di un'audizione presso la Commissione bilancio, ha parlato di un'azione legata al risanamento, alla crescita e all'equità. Da economista, riconosco la difficoltà nell'unire il risanamento e la crescita: spesso vanno in contraddizione. Unire l'equità a queste due azioni sembra impossibile. A questo punto, abbiamo paura che, a fronte di queste idee che hanno un grande fascino, si attuino azioni di politica di bilancio, e specialmente di politica fiscale, molto pericolose per il paese e per i contribuenti.
Ma, tornando al provvedimento in esame, credo sarebbe stata utile la presenza del viceministro Visco. Infatti, a fronte di un provvedimento che interviene nelle more di una sentenza della Corte di giustizia europea, che contesta l'IRAP come tassa ed una serie di effetti che l'IRAP determina nelle tasche dei contribuenti, sarebbe stato utile capire come il Governo intenda rispondere a queste contestazioni.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 11,35)
LUIGI CASERO. Il Governo, invece, presenta un provvedimento che va a colpire i contribuenti, togliendo agli stessi una possibilità che la legge aveva previsto per i contribuenti in difficoltà finanziarie e che, per una serie di ragioni, erano costretti a rinviare il pagamento dell'IRAP. Si eliminano le agevolazioni sulle sanzioni, penalizzando questi contribuenti come se decidessero in modo scientifico di evadere l'imposta. Quindi, si interviene in modo difforme sul rapporto Governo-contribuenti, creando sicuramente un precedente non bello per questo rapporto.
Sarebbe stato utile conoscere la posizione del Governo a proposito della necessità di intervenire sul problema del costo del lavoro e dell'IRAP. Come sapete, l'IRAP tassa gli utili, tassa gli oneri finanziari, ma soprattutto il costo del lavoro. Per questo motivo, l'IRAP è sempre stata considerata un'imposta iniqua e non degna di un paese moderno. Si tratta di un'imposta nata negli anni Novanta, quando forse esisteva la necessità di favorire le imprese capital-intensive, le imprese con tanto capitale e con poco costo del lavoro.
La globalizzazione internazionale ha portato a far sì che questi schemi economici, su cui spesso la politica industriale veniva scritta ed indirizzata, saltassero. In un mondo economico come quello attuale, ci sono aziende labor-intensive, che producono prodotti di alta specializzazione e che pertanto devono essere premiate e sviluppate. Gli schemi degli anni Novanta sono superati, passati.
In questo deve essere modificato un provvedimento che è stato contestato da tutto il paese, specialmente dalla Commissione europea, fin dalla sua genesi.
Pertanto, ritenevamo che, nelle more della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, si sarebbe potuto almeno aprire il dibattito su questo provvedimento, se non addirittura intervenire con una modifica dello stesso (ma sappiamoPag. 24che è difficile andare a coprire le sue entrate), per valutare come togliere la componente del costo del lavoro.
Vedete, un Governo che in campagna elettorale ha promesso una pesante riduzione del cuneo fiscale - quindi, un intervento sulla componente contributiva del costo del lavoro - non può pensare di sfuggire a questo dibattito, non può pensare di eludere un tema che invece è in discussione in Europa e nel paese.
Forse, avremmo ritenuto più utile un'azione un po' più morbida sul cuneo fiscale. Riteniamo che la riduzione di cinque punti di cuneo fiscale sia inapplicabile nei primi 100 giorni, e penso che ormai tutti ce ne stiano dando dimostrazione; lo stesso Governo ormai sta parlando di far rientrare la riduzione del cuneo fiscale nella legge finanziaria. Ma anche in finanziaria è molto difficile operare su questi cinque punti, senza intervenire anche con un provvedimento di incremento dei prelievi.
Riteniamo che questo provvedimento sia da contestare e da combattere. Se proprio si doveva intervenire sul costo del lavoro in questa sede, si poteva modulare tra l'intervento sul cuneo fiscale e la riduzione della componente del costo del lavoro nella tassazione IRAP. In tal modo, si sarebbe potuto venire incontro a questa possibile sentenza della Corte di giustizia e a tutta una serie di aspettative ed interessi di una parte importante e rilevante del paese, come quella dei professionisti e dei piccoli artigiani, che chiedono al paese un intervento in questo campo. Quindi, in questa sede contestiamo il provvedimento nel suo complesso, che riteniamo sia da bocciare, perché, come dicevo, altera in modo pesante il rapporto tra contribuenti e fisco.
È necessario stabilire delle regole ben precise in termini di rapporto tra contribuenti e fisco, è necessario far sì che queste regole siano migliorative di tale rapporto e non peggiorative. Questo Governo è invece partito con il piede sbagliato, peggiorando tali rapporti. Non vorrei che da domani - ma ne siamo quasi certi - questi rapporti, oltre che dal punto di vista del metodo, come in questo caso, venissero peggiorati anche dal punto di vista della sostanza, con un incremento di nuove tasse.
Pensiamo che questo Governo debba applicare una serie di norme contenute nella vecchia legge finanziaria, come quelle relative alle regioni che hanno «sforato» la spesa sanitaria, per far sì che tali norme, che sono a salvaguardia del bilancio, possano innanzitutto dimostrare quali regioni abbiano operato bene e quali male, in modo che si possa anche intervenire con provvedimenti di salvaguardia in queste regioni, senza uscire da quanto stabilito dalle norme inserite nella legge finanziaria per il 2006. Riteniamo che questo Governo non debba «pasticciare» nel rapporto con le regioni che «sforano» nel deficit finanziario, ma debba applicare quanto inserito nella legge finanziaria per il 2006.
Per concludere, Presidente, il gruppo di Forza Italia voterà contro il provvedimento in esame (poi l'onorevole Alfano lo espliciterà in sede di dichiarazione di voto). Comprendiamo che ci possano essere delle ragioni di bilancio, però non capiamo perché queste ragioni di bilancio, come sempre, non debbano essere risolte all'interno della visione e della definizione della spesa pubblica del paese, ma debbano essere scaricate sempre sul contribuente e sul cittadino.
Questa strada non ci piace, come non ci piace il fatto di non potere in questa sede discutere, parlare di IRAP e di quello che volete fare sull'IRAP in futuro.
Sappiamo tutti che, difficilmente, la sentenza della Corte di giustizia europea salverà la norma, e quindi nei prossimi mesi dovrete affrontare i temi che stiamo mettendo sul tavolo. Spero che potranno essere affrontati dal ministro Visco in modo dialettico, intelligente, così da intervenire sulla norma salvaguardando principi solitamente presenti nella tradizione fiscale del paese e stravolti con l'introduzione dell'IRAP (che, come ho detto, ha colpito il costo del lavoro e le imprese che assumono e fanno lavorare) e tornandoPag. 25così a considerare una tassazione sugli utili, vero principio con cui intervenire negli strumenti di politica fiscale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.
CESARE CAMPA. Signor Presidente, colleghi parlamentari, sull'articolo 1 del provvedimento in esame già altri hanno parlato, meglio di quanto avrei potuto fare io. Vorrei rifarmi all'intervento dell'onorevole Leo che, in riferimento alle politiche fiscali, è sempre un maestro e che ha ricordato come alcune aspettative, che peraltro erano state richiamate nei cinque anni precedenti, oggi vengono disattese con l'articolo in esame.
Mi rifaccio anche, per quanto riguarda l'IRAP, su cui si concentra appunto l'articolo 1, a quanto ha testé dichiarato a conclusione del suo bellissimo intervento, il collega Casero, ricordando le contraddizioni di una maggioranza che promette l'abbattimento del costo del lavoro e di fatto, invece, permane su errori di fondo. Ha ragione l'onorevole Casero quando chiede dove sia il ministro Visco, «padre» dell'IRAP, che forse si vergogna di venire in Assemblea per rispondere delle malefatte compiute a suo tempo che, oggi, vengono pagate pesantemente dalle imprese, soprattutto da quelle che danno occupazione ed hanno difficoltà rispetto alla globalizzazione ed ai costi del lavoro sempre più pesanti, al di là delle dichiarazioni, delle promesse, delle lusinghe del Governo attuale.
Non intendo soffermarmi sull'IRAP. Tutto è già stato detto; le contraddizioni sono presenti nell'articolo 1, come le penalizzazioni nei confronti di chi, volendo utilizzare il cosiddetto ravvedimento operoso, si trova impossibilitato a farlo in quanto le sanzioni sarebbero micidiali. Moltissime imprese saranno, quindi, in seria difficoltà, imprese che non volevano evadere (come dice oggi il capo dell'esecutivo, Prodi, quando parla di più rigore per tutti), ma che si trovano in difficoltà ed avrebbero potuto rinviare il pagamento utilizzando i termini e le agevolazioni giustamente previsti.
Vorrei intervenire, invece, in merito all'articolo 2, relativo ai canoni demaniali marittimi, con cui si differisce al 30 settembre 2006 il termine per l'adeguamento dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime. Una prima domanda pongo a me stesso ed ai colleghi dell'Assemblea: quando, in occasione dell'ultima seduta della passata legislatura, presentai, ed il Comitato dei nove approvò, un emendamento che, in maniera simile a quanto stabilito nell'articolo 2, differiva il termine al 30 settembre 2006, lo stesso fu respinto perché qualcuno sostenne che mancava la copertura finanziaria. Oggi, non trovo riferimenti alla copertura di spesa: se vi era la necessità di tale copertura, allora, questa necessità permane anche oggi; se non vi era allora, avevo ragione io quando sostenevo che bisognava concedere la proroga al 30 settembre.
Proposi la proroga del termine al 30 settembre già quattro mesi fa, per consentire - in base all'articolo 21 del decreto-legge n. 269 del 2003, che attribuiva 60 giorni di tempo alle regioni e alle amministrazioni dello Stato per determinare i canoni - di fare chiarezza rispetto a tale normativa. Allora avevamo quattro mesi in più!
Sono favorevole al termine del 30 settembre, come del resto lo ero quattro mesi fa, tuttavia preciso che si tratta di un termine che non saremo in grado di rispettare, probabilmente - come qualcuno sostiene - mancando alla guida del dicastero persone capaci come quelle del precedente Governo. A tal proposito, intendo ricordare l'opera del nostro sottosegretario Gianfranco Conte, che riuscì a mettere d'accordo tutte le componenti. Infatti, proprio con riferimento al citato articolo 21, la commissione preposta per la rideterminazione formulò delle proposte, mettendo attorno ad un tavolo i grandi e i piccoli concessionari, le regioni, le capitanerie di porto, le agenzie delle entrate, svolgendo un grande lavoro che, peraltro, è stato consegnato a questo Governo, che tuttavia non fa altro che differire senza adottare determinate decisioni. Probabilmente, sarebbe stato più opportuno che,Pag. 26all'articolo 2, fosse precisato il lavoro svolto, individuando la direzione da seguire. Ad esempio, precisando che da parte delle regioni non vi è stata la piena individuazione delle tre categorie A, B e C, che oggi sono praticamente inesistenti, in quanto tutto il territorio nazionale è di categoria C.
Certo, anche noi abbiamo avuto responsabilità e colpe, tuttavia ogni volta che si parlava di canoni demaniali, a vostro avviso, si trattava di provvedimenti sbagliati, ritenendo che non fosse giusto caricare l'impresa principale del nostro paese, l'impresa turistica, di una tassazione così elevata.
Cosa dite rispetto alle promesse che avete fatto prima delle elezioni? Oggi proponete un rinvio, senza essere in grado di esaminare il lavoro già svolto.
Il ministro Tremonti aveva richiamato l'attenzione del Parlamento sul decreto-legge n. 269 del 2003, che faceva anche riferimento ad una sentenza della Corte dei conti, secondo la quale la competenza della determinazione e dell'acquisizione del canone spetta allo Stato. Pertanto, se è vero che il ministro Tremonti, per rispondere a tale esigenza, aveva predisposto quel decreto, occorre anche precisare che non è stata mai inserita in bilancio la voce corrispondente come entrata, evitando di creare un danno agli operatori.
Dal 2004 in poi, abbiamo ribadito la necessità di risolvere tale problema, colpendo i furbi che avevano approfittato di uno Stato a volte farraginoso nelle sue determinazioni e nei suoi controlli. Infatti, in quella commissione presieduta dal sottosegretario Gianfranco Conte, emerse, ad esempio, che per quanto riguardava il Veneto - la regione modello da questo punto di vista, altro che evasori! - gli operatori avevano sempre pagato. Dunque, se la determinazione dei canoni demaniali fosse stata svolta sulla base di una ripartizione che avesse tenuto conto dei metri quadri, della redditività e di quant'altro, in Veneto sarebbe stato sufficiente prevedere un aumento dell'8 per cento - e non del 300 per cento - per rientrare nella media nazionale.
Ciò significa che qualcuno nel nostro paese ha fatto il furbo, che non ha pagato, che vi era una forma di evasione. Quella commissione aveva previsto, proprio per garantire un gettito di 140 milioni di euro, una nuova rivalutazione dei canoni - certo inferiore - non basata solamente sulla superficie, ma che tenesse conto di parametri diversi, come la redditività, l'ubicazione, la redditività dell'intera zona e quant'altro. In tale commissione si era giunti anche alla determinazione che, forse, si potevano recuperare con immissioni grandi superfici che nel nostro paese non erano dichiarate, ma utilizzate a fini turistici.
Allora, la domanda che ci poniamo è la seguente: pensate di essere in grado, entro il 30 settembre, di risolvere questo problema? Perché non avete approvato il nostro emendamento che spostava questo termine al 15 dicembre? Perché non avete accettato la nostra impostazione, secondo la quale non si possono mettere a bilancio queste somme? Infatti, se non saremo in grado di determinare sulla base di quei parametri i nuovi canoni, i nostri operatori, questa volta, sarebbero chiamati a corrispondere un aumento del 300 per cento.
Colleghi parlamentari, ricordo che il precedente Governo non ha applicato l'aumento del 300 per cento. Ha affermato che occorreva rideterminare i canoni, ha istituito una commissione che non ha prodotto il risultato previsto. Da parte del Governo precedente vi è stato solo un richiamo: l'aumento dei canoni nel 2003, nel 2004 e nel 2005 non è stato applicato, non è dovuto e non sarà pagato dagli operatori. Ma l'aumento del 2006 - se questo provvedimento verrà approvato - sarà corrisposto! Allora, questa è la contraddizione e qui sfidiamo il Governo. Quest'ultimo, quando è opposizione, promette tutto a tutti; quando, invece, è Governo, toglie tutto a tutti e crea difficoltà per i nostri operatori, anche rispetto alla programmazione.
Rispetto a questo provvedimento, vogliamo avere la certezza che il termine venga spostato al 15 dicembre. L'aumentoPag. 27dell'imposta del 300 per cento non può e non deve essere applicato in maniera uniforme in tutto il territorio, penalizzando chi ha compiuto il proprio dovere e favorendo, ancora una volta, chi ha fatto il furbo. Infatti, il 300 per cento di zero rimane sempre zero; invece, aumentare i canoni del 300 per cento nei confronti di chi paga centinaia di milioni di vecchie lire significa mettere queste aziende in difficoltà, estromettendole dal mercato, con le relative difficoltà per i livelli occupazionali e quant'altro.
Mi avvio alla conclusione. Credo sia importante che oggi il Parlamento - che su tale questione ha trovato sempre un'unitarietà di intenti per non penalizzare la prima industria turistica del nostro paese - debba convenire, con voto unanime, che la data del 30 settembre è troppo ravvicinata e spostarla al 15 dicembre. Il Parlamento deve pretendere dal Governo un'assunzione di responsabilità, riproporre in Commissione il dibattito e le sue conclusioni per determinare, ai sensi del decreto-legge, quanto previsto dall'articolo 21, ovvero per rideterminare i canoni annui delle concessioni con finalità turistico-ricreative delle aree demaniali e delle loro pertinenze, tenendo conto dell'effettiva redditività e della capacità di attrazione della zona, della superficie e di quant'altro possa essere utile ad una tassazione equa e sostenibile.
Concludo, ringraziando il precedente Governo, che ha avuto la capacità di porre l'attenzione del paese sulla risorsa dei canoni demaniali, che oggi è di competenza dello Stato, e sul fatto che si può e si deve andare verso una corresponsabilizzazione da parte delle regioni. A queste ultime oggi spetta la funzione relativa al rilascio delle concessioni, ma non hanno la capacità di riscuotere i canoni, perché la competenza è statale.
Noi siamo dell'avviso che questa competenza debba essere attribuita alle regioni, senza quella parte di demagogia che, in qualche modo, ha pervaso il dibattito della sinistra.
Mi auguro, signor Presidente, che almeno il nostro emendamento che proroga al 15 dicembre questo termine possa essere accolto. Lo diciamo non tanto per un nostro «sfizio», ma per aiutare l'attuale Governo, che forse è incapace di leggere anche le carte - almeno lo è stato finora -, tant'è che l'articolo 2 non fa assolutamente riferimento a tutti i lavori pregressi.
Il nostro emendamento non ha carattere ostruzionistico. Oggi siamo in presenza dei primi voti di fiducia al Senato rispetto ad un ipotetico atteggiamento ostruzionistico, che tale non mi sembra, visto che tutti i nostri emendamenti sono stati ritirati.
Rimaniamo dell'avviso che questo emendamento costituisca un aiuto al Governo per mantenere gli impegni che esso ha assunto con gli operatori turistici. Per troppo tempo abbiamo sentito la vostra voce reclamare un atto di giustizia. Oggi siete al Governo e dovete avere il coraggio di compiere un atto di giustizia (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare e prima di dare la parola al relatore per l'espressione del parere della Commissione, avverto che il deputato Leo ha ritirato l'emendamento 1.10 e il subemendamento 0.1.50.2, che pertanto non saranno posti in votazione.
Avverto che, subito dopo l'intervento del relatore, passeremo ai voti. Colleghi, ognuno di voi è invitato a prendere posto, trattandosi oggi della prima votazione con assegnazione dei posti. Occorre verificare, pertanto, la corrispondenza tra i posti assegnati e le tessere e predisporsi per la votazione.
Invito pertanto il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
LAURA FINCATO, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo innanzitutto sul complesso delle proposte emendative, per poi esprimere il parere su ognuna di esse, ringraziando tutti i colleghi che sono intervenuti e, soprattutto, quanti hanno lavorato in Commissione per rispondere a tutti gli interrogativi e dirimere le questioni di ordine politico che si sono intrecciate all'esame di questo provvedimento.Pag. 28
Non sfugge a nessuno, tanto meno al relatore, che è stata un'occasione, probabilmente la prima per questioni di tempo, in cui il tema dell'IRAP e, in generale, delle finanze e delle risorse è stato posto e, ovviamente, vi sono stati accenti critici da parte di chi oggi svolge in questo Parlamento una funzione diversa da quella svolta nella passata legislatura.
Vorrei ricapitolare i principi di fondo, perché questo provvedimento parte dalla mancata adozione da parte di alcune regioni dei provvedimenti necessari per il ripiano dei disavanzi di gestione. Ciò ha portato ad una procedura automatica di modifica delle aliquote IRAP, prevista, peraltro, dalla legge finanziaria presentata dal centrodestra. Tale meccanismo ha creato delle situazioni difficili in sede di concreta applicazione. Ecco perché gli emendamenti che sono stati proposti dalla Commissione e dal relatore, che racchiudono anche il parere sui singoli emendamenti presentati che a breve andrò ad esprimere, intendono superare questa situazione.
L'obiettivo posto dall'articolo 1, infatti, è quello di superare il ritardato pagamento dell'acconto IRAP e di evitare il ravvedimento operoso. In alcuni degli emendamenti presentati dai colleghi questi concetti sono ripetuti.
In modo particolare, la Commissione esprime parere contrario sui subemendamenti Gioacchino Alfano 0.1.50.1, Galletti 0.1.50.3 e Filippi 0.1.50.4.
L'emendamento 1.50 della Commissione, come precedentemente illustrato, va a correggere le situazioni di scarsa chiarezza e di scarsa conoscenza ed è legato, pertanto, ad un necessario intervento: la Commissione ne raccomanda pertanto l'approvazione.
La Commissione esprime, inoltre, parere contrario sull'emendamento Gioacchino Alfano 1.1, parere favorevole sull'emendamento Bonelli 2.11, che riguarda le associazioni dei consumatori, e parere contrario sull'emendamento Gioacchino Alfano 2.2, testé illustrato dall'onorevole Campa. Con tale emendamento si chiede di sostituire la data del 30 settembre 2006 con quella del 15 dicembre 2006, mentre la Commissione (ed anche l'onorevole Buontempo) ha fornito come indicazione di ultima data utile il 31 ottobre 2006. Pertanto, la Commissione esprime parere favorevole sugli identici emendamenti Buontempo 2.12 e 2.50 della Commissione.
PRESIDENTE. Il Governo?
ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo esprime parere conforme a quello del relatore, tranne che sull'emendamento Bonelli 2.11, sul quale il Governo si rimette all' Assemblea.
PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Gioacchino Alfano 0.1.50.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 441
Maggioranza 221
Hanno votato sì 195
Hanno votato no 246).
Prendo atto che gli onorevoli Del Bue e Forlani non sono riusciti a votare ed avrebbero voluto esprimere un voto favorevole; prendo atto altresì che gli onorevoli Lionello Cosentino, Codurelli e Iacomino non sono riusciti a votare ed avrebbero voluto esprimere un voto contrario. Prendo atto, infine, che gli onorevoli Bodega, Bafile e Mura non sono riusciti a votare.
Passiamo alla votazione del subemendamento Galletti 0.1.50.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.
GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, intervengo per illustrare il subemendamento da me presentato. Con il provvedimento in esame, si verifica una situazione anomala per quanto riguarda quelle categorie di imprese e di cooperative che le regioni, con le proprie facoltà, hanno voluto aiutare in sede di determinazione delle aliquote IRAP. Infatti, la legge istitutiva dell'IRAP dà la possibilità alle regioni di ridurre l'aliquota ordinaria del 4,25 per cento in presenza di contribuenti che, per il loro valore sociale, abbiano una rilevanza sul territorio. È chiaro che molte regioni, comprese le cinque che si vedranno aumentato l'IRAP di un punto per il disavanzo sanitario, hanno optato per la riduzione dell'aliquota IRAP, in particolare per le cooperative sociali, per le ONLUS e per le aziende in crisi, riducendola dall'aliquota ordinaria del 4,25 per cento all'aliquota agevolata del 3,25 per cento. Solo la regione Sicilia ha addirittura disposto per alcune categorie, comprese quelle prima citate, l'esenzione totale dall'IRAP. Facendo ciò, la regione ha voluto tenere ben presente la funzione sociale che, in particolare, le ONLUS e le cooperative sociali svolgono sul territorio. Ricordo ai colleghi che si tratta di quelle associazioni e cooperative che nei nostri comuni svolgono, ad esempio, attività di assistenza domiciliare agli anziani, che hanno le convenzioni per gli asili nido. Quindi, non vi è dubbio che abbiano un'importanza fondamentale per quella rete di assistenza sociale diffusa sui territori dei comuni, in particolare dei piccoli comuni. Da qui è nata la necessità delle regioni di riconoscere un beneficio in termini di aliquota a tali associazioni e società cooperative.
Così com'è formulato oggi, il provvedimento determina una situazione anomala: le categorie esentate, ad esempio le ONLUS o le cooperative sociali siciliane, vedranno confermata la loro esenzione. Non saranno soggette alla maggiorazione dell'aliquota di un punto percentuale prevista per le regioni in disavanzo sanitario. Invece, alle cooperative sociali e alle ONLUS, che, operando nelle altre quattro regioni indicate, hanno ottenuto, da parte di giunte e assemblee regionali, il beneficio ridotto del tasso di imposta del 3,25 per cento, si applicherà l'aliquota del 4,25, sicché non verranno esonerate dall'aumento dell'IRAP. Ciò, a mio avviso, anzitutto costituisce una discriminazione a favore delle ONLUS, delle cooperative sociali e delle aziende in crisi operanti nel territorio siciliano - le quali, giustamente, hanno già ottenuto dalla propria regione un riconoscimento forte rispetto alle altre quattro, beneficiarie di un riconoscimento solo parziale -; ma, soprattutto, rappresenta davvero un dato in controtendenza rispetto ai dibattiti che abbiamo svolto in questi mesi e in questi anni sugli aiuti a tali organizzazioni, penalizzando oggi quelle ONLUS e quelle cooperative sociali che svolgono - lo ribadisco - servizi essenziali sui nostri territori. Vi assicuro che, per mestiere, conosco i bilanci delle ONLUS e delle cooperative sociali: stiamo parlando di un aggravio, in termini di imposte, forte. Ad esempio, le cooperative sociali che svolgono assistenza domiciliare sul territorio hanno un bilancio condizionato dal ricorso molto consistente alla forza lavoro; esse, infatti, inviano delle badanti a prestare la loro opera a casa degli anziani. Ebbene, su tali cooperative sociali e ONLUS, anche se non hanno un utile di impresa, incide comunque in maniera forte l'IRAP, in quanto tale imposta colpisce prevalentemente la forza lavoro, non il reddito di impresa.
La proposta emendativa in questione non fa altro che estendere il beneficio di cui godevano quelle già esentate - quindi, le ONLUS e le cooperative sociali siciliane - a tutte le cooperative sociali e le ONLUS che operano negli altri settori. Votare contro vuol dire anche penalizzarle molto; perciò, mi attendo un voto favorevole dall'Assemblea (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tolotti. Ne ha facoltà.
Pag. 30FRANCESCO TOLOTTI. Signor Presidente, abbiamo discusso in Commissione di tale proposta emendativa e riconosciamo che ha un fondamento nella necessità di non discriminare le cooperative sociali e le ONLUS. In realtà, però, la radice della discriminazione risiede nel fatto che si possano prevedere regimi diversi: l'esenzione o la riduzione. La ratio che può portare all'esenzione di determinati soggetti dalla contribuzione IRAP rimane ovviamente immodificata rispetto ad un provvedimento che prevede maggiorazioni di aliquota: dobbiamo dunque chiederci se il provvedimento in questione penalizza realmente le cooperative e le ONLUS. Ebbene, dobbiamo altresì concludere, a mio avviso, che così non accade perché la riduzione loro garantita rimane della stessa entità, dal momento che l'aliquota ordinaria si eleva di un punto. Quindi, riteniamo che per tale motivo la proposta emendativa in esame non possa essere approvata.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.
CESARE CAMPA. Signor Presidente, il collega Tolotti fa un ragionamento che mi sembra molto strano; dichiara che non dobbiamo approvare questa proposta emendativa perché l'esenzione o la riduzione, per quanto riguarda le cooperative sociali, sarebbero già presenti. Ma il testo della proposta emendativa è invece teso proprio a dare una garanzia alle cooperative sociali.
Ricordo quanto abbiamo bene operato per il passato rispetto a queste benemerite organizzazioni del terzo settore, le cui difficoltà sono sotto gli occhi di tutti. Proprio rispetto all'IRAP, la difficoltà di tali enti risiede nella circostanza che si tratta di organizzazioni che si basano prevalentemente sulla forza lavoro, elemento che l'imposta colpisce particolarmente - tralascio al riguardo la promessa di riduzione di cinque punti percentuali del famoso cuneo fiscale, di cui non sappiamo più assolutamente nulla -; oltre al costo del lavoro, l'imposta colpisce poi proprio le esposizioni e l'indebitamento.
Quindi, ritengo che la proposta emendativa presentata rappresenti, per così dire, una boccata di ossigeno nei confronti delle cooperative sociali. Peraltro, il Parlamento, che sempre, in ogni circostanza, le riconosce come organizzazioni benemerite, dovrebbe anche dare ad esse, al di là delle parole, un riconoscimento sostanziale.
Sono dell'avviso, allora, che occorra fermarsi un attimo per chiarire questo aspetto e consentire alle cooperative sociali di tipo B, quelle che sono prevalentemente cooperative che utilizzano forza lavoro, di avere questa forma, non di agevolazione, ma di strumento che gli consente di rimanere nel mercato, riducendo peraltro la spesa pubblica, perché se le stesse funzioni fossero esercitate direttamente dallo Stato costerebbero, come tutti sappiamo, dieci volte di più.
Onorevole Tolotti, varrebbe veramente la pena accogliere con grande generosità quanto molto modestamente è contenuto nel subemendamento presentato dai colleghi nella direzione di fornire un aiuto sostanziale alle cooperative sociali.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Galletti 0.1.50.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 486
Votanti 483
Astenuti 3
Maggioranza 242
Hanno votato sì 216
Hanno votato no 267).
Prendo atto che gli onorevoli Compagnon, Pini, Bodega, Bafile, Buontempo ePag. 31Forlani non sono riusciti ad esprimere il proprio voto. Prendo atto altresì che l'onorevole Airaghi non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Passiamo alla votazione del subemendamento Filippi 0.1.50.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.
MAURIZIO FUGATTI. Intervengo per fare chiarezza su questo subemendamento, che a mio modo di vedere è stato poco considerato, e in parte irriso, in Commissione, con la supponenza tipica di chi appartiene al centrosinistra.
Ritengo che questo subemendamento porti equità tra i contribuenti; siamo di fronte ad una maggiorazione dell'1 per cento dell'IRAP applicata alle regioni che non hanno i conti in regola nella sanità. I pasticci del Governo delle settimane scorse, causati dalla scarsa chiarezza nei confronti dei contribuenti su come e su quanto avrebbero dovuto pagare, hanno portato il Governo a stabilire che per le regioni interessate si può pagare entro il 20 luglio senza la maggiorazione ordinaria dello 0,4 per cento. Il Governo, quindi, sana l'imposta e prevede che si possa applicare su tutta l'aliquota, sia sul 4,25 per cento, sia sull'1 per cento di maggiorazione. A nostro avviso, si tratta di un provvedimento iniquo nei riguardi dei contribuenti delle altre regioni, che hanno pagato il 4,25 per cento a giugno e che pagheranno lo 0,4 per cento al 20 luglio, perché il Governo dà la possibilità di pagare il 4,25 per cento più l'1 per cento senza la maggiorazione dello 0.4 per cento su tutta l'imposta.
Poiché è stato il Governo a creare questo pasticcio, a nostro avviso, esso deve assumersi in parte la responsabilità di ciò che ha fatto e, quindi, lo 0,4 per cento va, sì, applicato alle regioni che hanno sforato il deficit sanitario, ma sul 4,25 per cento, perché comunque al 20 giugno l'imposta si doveva pagare e chi non lo ha fatto può averlo fatto per furbizia, mentre va sanato sull'1 per cento in più. In questo modo, si creerebbe una situazione di equità nei confronti di tutti i contribuenti, anche di quelli delle regioni che hanno i conti a posto; e non mi riferisco soltanto alle regioni «padane», perché questo subemendamento non è «padano», ma riguarda anche la Calabria, la Basilicata, la Sardegna e tutte le regioni in regola con i propri conti sanitari.
Questa decisione può essere semplicemente tecnica. Secondo il Governo, si tratta di pochi euro, ma il problema non è questo; il problema è quello dell'equità: se applicare lo stesso metro con tutti oppure se effettuare delle discriminazioni tra i contribuenti che hanno pagato, giustamente, entro il 20 giugno e quelli che, facendo i furbi, hanno atteso il 20 luglio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tolotti. Ne ha facoltà.
FRANCESCO TOLOTTI. In realtà, noi ci troviamo di fronte ad un subemendamento che va in controtendenza con tutte le osservazioni che il centrodestra ha avanzato nei confronti di questo provvedimento.
Noi non riteniamo che vi sia discriminazione tra i contribuenti delle regioni che non hanno sforato il tetto e quelli delle regioni che, invece, si trovano in tale situazione: i contribuenti delle regioni che non hanno rispettato gli equilibri, i tetti di spesa sanitaria, erano in una situazione oggettiva di difficoltà anche il 20 giugno, perché il quadro non era definito. Peraltro, non si tratta del frutto della confusione di questo Governo, ma del riflesso automatico di una decisione assunta in occasione dell'approvazione dell'ultima legge finanziaria del Governo Berlusconi.
Di fronte ad una situazione che avrebbe determinato un'inutile complicazione per i contribuenti delle regioni interessate, sembra ragionevole che l'abolizione della maggiorazione dello 0,40 per cento non sia diversificata, in quota parte, relativamente alle somme che dovrebbero essere versate dopo il periodo 2005. Pertanto, riteniamo che il subemendamento in esame debba essere respinto: di fatto,Pag. 32esso introduce un'inutile complicazione in una situazione che è già abbastanza complessa per i contribuenti delle regioni interessate.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.
CESARE CAMPA. Signor Presidente, l'onorevole Tolotti liquida le nostre proposte - in questo caso, il subemendamento presentato dagli onorevoli Filippi e Fugatti - giudicandole sempre irrilevanti.
FRANCESCO TOLOTTI. Non è irrilevante!
CESARE CAMPA. In presenza di un atto sostanzialmente iniquo - è discriminatorio, infatti, considerare i cittadini come di serie A o di serie B indipendentemente dall'ammontare che viene in considerazione in relazione al concreto provvedimento -, credo, invece, che dovremmo garantire un trattamento uguale a tutti i cittadini.
Il contenuto del subemendamento in esame non è affatto in controtendenza rispetto alle altre proposte emendative presentate dalla Casa delle libertà. Noi vogliamo che si faccia un discorso di equità: tutti dobbiamo essere trattati nella stessa maniera. Peraltro, la Casa delle libertà afferma che chi ha fatto il proprio dovere ed ha versato l'acconto, non può essere penalizzato nel caso in cui le regioni che non hanno garantito l'equilibrio dei conti fossero costrette ad introdurre, successivamente, una maggiorazione dell'imposta. Coloro che hanno pagato non possono essere chiamati a pagare differenze. Ma le due cose sono completamente diverse: in questa sede, stiamo evitando l'applicazione di sanzioni nei confronti di chi ha omesso di effettuare i versamenti.
Quindi, mi permetto di replicare all'onorevole Tolotti che le due cose non sono in contraddizione e che il Governo farebbe bene ad accogliere la proposta emendativa. Poiché avete sbandierato per cinque anni che tutti siamo cittadini uguali con pari diritti e pari doveri, cominciate a dimostrare dalle piccole cose (per arrivare, poi, alle grandi) che i vostri discorsi non erano soltanto fumosi, persecutori contro qualcuno e strumentali, ma erano basati su sentimenti diffusi.
Pertanto, sarei - anzi, sono - per l'approvazione del subemendamento Filippi 0.1.50.4, il cui contenuto non è affatto in contrasto con altre proposte emendative presentate dalla Casa delle libertà: alla base di tutte le nostre proposte - lo ripeto - vi è l'idea che i contribuenti che hanno già pagato non possano essere chiamati a pagare una seconda volta!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leo. Ne ha facoltà.
MAURIZIO LEO. Signor Presidente, l'onorevole Tolotti, che stimo, ha fatto un'affermazione non convincente. Egli dice che la confusione determinatasi dipende dal contenuto della legge finanziaria per il 2006 (essa sarebbe ascrivibile, quindi, al precedente Governo).
Ma andiamo a verificare cosa stabilisce la legge finanziaria per il 2006. Essa prescrive che, qualora si verifichi uno sforamento della spesa sanitaria, il governatore diventa commissario ad acta e deve adottare i conseguenti provvedimenti entro una certa data. Entro il 31 maggio, indipendentemente da quanto abbia fatto il governatore di ogni regione, scattano automaticamente, per il 2006, l'aumento dell'IRAP e dell'addizionale regionale all'IRPEF.
Quindi, indipendentemente da qualsiasi comportamento del governatore, scatta automaticamente la maggiorazione. Come si è venuta a determinare tale confusione? Il Governo ha convocato una riunione con le regioni e ha sostenuto che le regioni avrebbero potuto rientrare nei parametri fissati per la spesa sanitaria entro un determinato termine, ossia entro il 30 giugno 2006. Se le regioni avessero fatto in tempo a rientrare entro tale termine, la maggiorazione non sarebbe dovuta. RitengoPag. 33pertanto che nel momento in cui si adotta un comportamento di tal genere, in primis bisogna comunicarlo ai contribuenti.
Ho già detto che il mese di giugno è importantissimo: i contribuenti versano i saldi delle imposte del 2005 e gli acconti delle imposte del 2006. Quindi, sarebbe logico pensare anzitutto che il Governo deve mettere il contribuente a conoscenza che deve pagare una somma maggiore. Invece, nulla è stato detto e pertanto il contribuente si è trovato nella massima incertezza; sapeva solo, dalla stampa specializzata - Il Sole 24 Ore, Italia Oggi - che vi era stata una riunione tra il Governo e le regioni e se le regioni fossero rientrate nel tetto di spesa, l'aliquota sarebbe tornata al 4,25 per cento. La colpa di tale situazione pertanto non è assolutamente del Governo di centrodestra, perché quest'ultimo aveva stabilito che in caso di sforamento sarebbe automaticamente scattata la maggiorazione. È il Governo attuale che ha comunicato la variazione non nei modi rituali e formali, ossia attraverso la Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Infatti, quando si modificano le imposte bisogna dirlo con norma di legge, con decreto-legge o con decreto ministeriale, insomma con un provvedimento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, altrimenti i contribuenti cosa pagano? Non sanno neppure come pagare le imposte! Si è detto: no, vi è un mese di tolleranza e in tale mese di tolleranza vi è stato massimo disorientamento. Ricordo, dunque, all'onorevole Tolotti - che, ribadisco, stimo - che il problema non è imputabile al Governo di centrodestra, ma al pressappochismo con cui l'attuale Governo ha gestito una vicenda molto delicata quale il pagamento delle imposte (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.
GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, diceva il collega Leo che la colpa non è del precedente Governo, ma non è nemmeno dei contribuenti! Quindi, propongo al mio gruppo di astenersi dalla votazione di questo subemendamento. Voglio rilevare, infatti, che stiamo discutendo di ciò dopo la scadenza stabilita. Se questo provvedimento fosse stato approvato prima del 20 giugno ed il contribuente avesse potuto decidere di pagare l'aliquota del 4,25 per cento, e fosse stato rinviato solo l'1 per cento per le regioni che erano sottoposte alla penalizzazione, avrei compreso la ratio della norma e l'avrei anche condivisa. Ma poiché i contribuenti delle menzionate regioni non hanno pagato, dal momento che non avevano la possibilità di farlo, non conoscendo l'aliquota da utilizzare (ricordo che in Commissione abbiamo discusso diverse volte di tale problema) e dunque perché voglio difendere non solo le ricordate regioni, ma tutti i contribuenti che non hanno pagato l'IRAP il 20 giugno perché non era chiaro quale fosse l'aliquota, sono d'accordo sulla logica che ispira il subemendamento in esame. Se il contribuente, il 20 giugno 2006, non ha pagato nemmeno la quota che avrebbe dovuto versare, perché - si propone - non gli attribuiamo un beneficio pari allo 0,40 per cento su tutto l'importo?
Per tale motivo, invito il mio gruppo ad astenersi nella votazione di questo subemendamento.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Filippi 0.1.50.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 488
Votanti 334
Astenuti 154
Maggioranza 168
Hanno votato sì 54
Hanno votato no 280).
Prendo atto che gli onorevoli Bodega e Schirru non sono riusciti a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.50 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 504
Votanti 500
Astenuti 4
Maggioranza 251
Hanno votato sì 271
Hanno votato no 229).
Prendo atto che gli onorevoli Cesa e Bodega non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Ricordo che, per effetto del risultato della votazione testé effettuata, l'emendamento Gioacchino Alfano 1.1 è precluso.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bonelli 2.11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.
GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, se non sbaglio, il Governo si è rimesso all'Assemblea, perché, in effetti, questo emendamento prevede di modificare gli enti che partecipano all'organismo interministeriale per i canoni demaniali marittimi.
Su ciò sono contrario perché bisognerebbe verificare quali sono i soggetti utili a questo organismo al fine di stabilire, una volta per tutte, se i canoni demaniali marittimi sono dovuti o meno. È, a mio avviso, inutile aggiungere un soggetto a quelli già esistenti, che sono numerosi, su materie delegate alle regioni. Se oggi il legislatore interviene sull'organismo che deve valutare i canoni demaniali marittimi quasi con l'intento di voler assumere un potere, non si comprende, tenuto conto che a seguito dell'esito del referendum tale potere ritorna alle regioni, il senso dell'emendamento in esame il quale, pur essendo apprezzabile in ordine al soggetto che si intende aggiungere, non fa però comprendere per quale motivo non se ne possano aggiungerne degli altri.
Desidero, infine, ricordare all'Assemblea le difficoltà che incontrò la nostra maggioranza nel mettere d'accordo tutti i soggetti interessati ai canoni demaniali marittimi. Il rinvio su cui oggi si discute, il famoso rinvio del pagamento al 31 ottobre dei canoni demaniali, nasce proprio perché non è stato possibile mettere d'accordo i soggetti che si dichiaravano interessati a tali canoni. Che senso ha con un emendamento aggiungere un soggetto ad un organismo, dato che ormai tale potere non è più del Governo centrale ma delle regioni?
In conclusione, il nostro giudizio rimane contrario e mi auguro che su tale aspetto il Governo faccia chiarezza.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bonelli 2.11, accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si è rimesso all'Assemblea.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 497
Votanti 476
Astenuti 21
Maggioranza 239
Hanno votato sì 268
Hanno votato no 208).
Prendo atto che gli onorevoli Nicchi, Schirru, Mura e Volontè non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gioacchino Alfano 2.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 496
Maggioranza 249
Hanno votato sì 206
Hanno votato no 290).
Prendo atto che gli onorevoli Compagnon, Schirru, Rocco Pignataro, Bodega e Bafile non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Buontempo 2.12 e 2.50 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, desidero innanzitutto ringraziare la Commissione che ha accolto, nel ripresentare in Assemblea un testo sostanzialmente identico, un mio emendamento. A me pareva di buonsenso il termine del 31 ottobre tra una scadenza di settembre, che chiaramente non consente il tempo necessario per i nuovi parametri dei canoni in ordine all'uso di beni demaniali e il mese di dicembre, che rischia di far saltare di un altro anno l'applicazione di un piano relativo all'utilizzazione del demanio.
Non sono favorevole ad un canone unico, sia per situazioni in cui si può guadagnare con attività commerciali, sia per altre situazioni che sono a servizio di quelle attività commerciali. Inoltre, bisogna differenziare il tipo di attività commerciale per poter definire un equo canone. Faccio presente che è dal 1993, anno in cui fu approvata una legge per adeguare i canoni demaniali, che ci troviamo in questa situazione. Chiaramente, un aumento dall'oggi al domani del 300 per cento di tali canoni può mettere in crisi anche un'azienda sana. La questione andava, quindi, affrontata con una certa gradualità. Però, si tenga conto che dal 2003, anno in cui comparse nella finanziaria il primo aumento dei canoni, ad oggi, nulla è avvenuto.
In conclusione, ritengo che il 31 ottobre sia la data giusta per consentire al Governo e alle regioni, per le rispettive competenze, di presentare come data ultima - ho presentato in questo senso un ordine del giorno - un nuovo piano che eviti ingiustizie incredibili, tali per cui alcuni si trovano a dover pagare poche migliaia di euro per qualche chilometro di spiaggia, mentre altri pagano un canone eccessivo in rapporto all'effettiva utilizzazione.
Quindi, quella del 31 ottobre mi sembra una data di buonsenso purché, per quella data, ciascuno faccia il proprio dovere anche in rapporto agli utenti, ai cittadini, i quali devono essere tutelati per quanto riguarda l'accesso al mare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.
GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, esprimeremo voto favorevole sugli identici emendamenti Buontempo 2.12 e 2.50 della Commissione. Tuttavia, le motivazioni che l'onorevole Buontempo ha espresso poc'anzi ci spingono ad effettuare una precisazione. Noi non stiamo parlando della proroga del termine di un pagamento soltanto per agevolare i contribuenti. Non si tratta, infatti, di un adempimento nato all'improvviso; questo tributo è previsto già da diversi anni. Noi avevamo chiesto un termine più ampio, quello del 15 dicembre, non per aiutare i contribuenti nel senso di concedere loro più tempo. Anzi, adesso pronuncio una dichiarazione a difesa di questi contribuenti perché sembra che si stia parlando di soggetti che non sanno che cosa debbono fare. Al contrario, all'inizio dell'esercizio ogni imprenditore sa quali sono i costi fissi che deve sostenere. Possiamo mai immaginare che un imprenditore, conoscendo i canoni demaniali marittimi, non sappia di dover pagare, ad oggi, il 300 per cento di quanto pagava in precedenza? Questo vale non solo per il 2006, ma anche per il 2005 e per il 2004. Perciò, non ritengo di chiedere una proroga soltanto perché i contribuenti hanno bisogno di piùPag. 36tempo per pagare il canone, dato che i concessionari sapevano già all'inizio di ogni anno quale fosse l'importo da pagare.
La questione è un'altra. Infatti, noi non siamo d'accordo sul calcolo del canone perché la norma prevede una maggiorazione automatica. Perciò, abbiamo detto chiaramente al Governo che se la volontà è questa - noi sappiamo qual è l'importo e non lo condividiamo - vogliamo utilizzare questo tempo per modificare il metodo di calcolo. Allora, se così è, votiamo a favore degli identici emendamenti in esame che, comunque, concedono più tempo rispetto al termine del 30 giugno. Tuttavia, rimaniamo convinti che il termine più giusto sia quello del 15 dicembre e confermiamo il concetto iniziale, ricordato dall'onorevole Campa e da tutti coloro che sono intervenuti, cioè quello di voler rivedere il calcolo di pagamento. Lo ripeto: non chiediamo più tempo per i contribuenti. Mi risulta anche, dalla lettura degli organi di stampa e da quanto ascoltato in questi giorni, che neppure c'è una richiesta di rinvio da parte dei contribuenti e delle associazioni di categoria affinché abbiano più tempo e possano reperire le risorse finanziarie per il pagamento. Essi chiedono una rideterminazione del calcolo e, quindi, una modifica della norma.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.
CESARE CAMPA. Signor Presidente, per quale motivo posso intervenire solo a titolo personale?
PRESIDENTE. Perché è già intervenuto l'onorevole Gioacchino Alfano...
CESARE CAMPA. A che proposito?
PRESIDENTE. Su questa votazione...
CESARE CAMPA. No, non su questa! Non stiamo svolgendo le dichiarazioni di voto sull'emendamento Buontempo 2.12?
PRESIDENTE. Su tutti e due: sull'emendamento Buontempo 2.12 e sull'emendamento 2.50 della Commissione, che sono identici.
CESARE CAMPA. Signor Presidente, questo emendamento non è firmato da me. Io sono già intervenuto sul complesso delle proposte emendative. Comunque, posso anche intervenire a titolo personale, se vuole, soltanto per un minuto.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Campa, ne ha facoltà.
CESARE CAMPA. Intervengo, signor Presidente, per ribadire che quanto il collega Buontempo aveva proposto certamente fa onore a lui ed al suo buonsenso, consistente nel voler effettuare i cambiamenti in progress. Però, rimanga agli atti di questa Assemblea che, comunque, al 31 ottobre prossimo il problema non sarà risolto. In altri termini, noi avevamo proposto il termine del 15 dicembre proprio per dare un aiuto all'attuale Governo e per consentire a quella commissione, i cui lavori sono quasi conclusi, di determinare il vero aumento entro tale data. Potremmo anche essere garantiti se il Governo dicesse che, in ogni caso, se al 30 settembre la commissione non avrà concluso i lavori ci sarà un ulteriore rinvio o, meglio ancora, non ci sarà l'iscrizione nelle poste di entrata dello Stato dell'aumento del 300 per cento e, quindi, del corrispettivo pagamento da parte degli operatori. Infatti, di questo si tratta. Per quella data, saremo già a fine esercizio e gli operatori avranno già concluso la stagione balneare nella più completa incertezza. Credo che noi abbiamo assolutamente bisogno di portare questo termine al 15 dicembre. Forse, l'onorevole Buontempo, come sempre con buonsenso, si è accontentato, oggi, del termine del 31 ottobre per poi effettuare un ulteriore intervento - come ha ribadito - prorogandolo al 15 dicembre.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.Pag. 37
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Buontempo 2.12 e 2.50 della Commissione, accettati dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 469
Votanti 463
Astenuti 6
(Maggioranza 232
Hanno votato sì 458
Hanno votato no 5).
Prendo atto che gli onorevoli Mura, Bafile e Schirru non sono riuscite a votare. Prendo atto altresì che gli onorevoli Iacomino, Viola, Grimoldi e Rocco Pignataro non sono riusciti a votare ed avrebbero voluto esprimere voto favorevole.
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale.
(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1005)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 1005 sezione 5).
Avverto che è in distribuzione la nuova formulazione degli ordini del giorno Buontempo n. 9/1005/1 e Leo n. 9/1005/2.
Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno.
ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, per quanto riguarda l'ordine del giorno n. 9/1005/1, a firma Buontempo, vorrei evidenziare che ci siamo trovati ad affrontare una situazione delicata. Infatti, nel 2003 era stato previsto un aumento del 300 per cento dei canoni demaniali, che però ha subito ben cinque rinvii fino ad oggi. Che questo aumento fosse poco credibile è confermato dal fatto che la Ragioneria, nel 2005, non ha previsto nessuna entrata reale nel bilancio. Dunque, ci troviamo con una norma che minaccia una possibilità, ma non la realizza. Oggi dobbiamo cercare una soluzione in grado di ottenere un risultato ragionevole, che è stato quello, innanzitutto, di darci un po' di tempo - onorevole Campa siamo già al 31 di ottobre! - e questo, in una certa misura, accoglie le osservazioni che erano state formulate.
In questo arco di tempo, il Governo si ripromette di ridisegnare l'insieme della norma; anche perché l'onorevole Conte che qui è stato opportunamente citato per il lavoro svolto precedentemente, ha consegnato il risultato di un lavoro che non ha raggiunto l'obiettivo perseguito. Infatti, ci sono enormi difficoltà a far attuare la normativa che è stata individuata. Bisogna quindi scriverne una nuova: in questo senso dico all'onorevole Buontempo che l'impegno è quello di riscriverla in tempo utile, tenendo conto naturalmente anche del percorso della legge finanziaria.
Per tale motivo il Governo non può accogliere un ordine del giorno che impegna ad emanare dei provvedimenti nel solco di ciò che c'era prima, perché è del tutto chiaro che l'articolo 2 del decreto-legge da convertire, si propone di modificare la normativa. Non siamo in grado di proporre oggi una nuova normativa, ma l'impegno è di modificarla entro il 31 ottobre.
Ecco la ragione per cui, non potendo accogliere l'ordine del giorno, pur non esprimendo un dissenso radicale su di esso perché in fondo spinge il Governo a fare, inviterei l'onorevole Buontempo a ritirarlo, anche perché un'altra sua proposta potrà essere accolta. Questa è la ragione per cui chiederei di ritirare l'ordine del giorno.
TEODORO BUONTEMPO. Vorrei sapere se accoglierete il mio ordine del giorno come raccomandazione.
ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Una sua raccomandazione, onorevole Buontempo, è naturalmente sempre accolta...!Pag. 38
Per quanto riguarda la formulazione dell'ordine del giorno sottoscritta dai deputati Buontempo, Leo e Gioacchino Alfano, che impegna in sostanza il Governo a vigilare sui prezzi, vorrei dire che questa questione è esattamente una delle preoccupazioni che ha mosso il Governo a ridisegnare la normativa. Qualcuno sostiene che, in pratica, sarebbero già addirittura incamerate le previsioni di aumento: non sembra essere così; ma la preoccupazione che catapultare un 300 per cento di aumento possa avere un effetto inflattivo effettivamente molto pesante è anche del Governo. Questa è la ragione per cui occorre ridisegnare un meccanismo diverso e, naturalmente, è del tutto ragionevole quanto è stato richiesto da diversi parlamentari, di maggioranza e di opposizione in Commissione e in aula, in ordine alla necessità di studiare più approfonditamente il problema, verificare quanto i canoni incidono, qual è la redditività delle imprese che operano su concessione di canoni demaniali e qual è, in sostanza, l'influenza sui prezzi di questa manovra.
Il Governo non ha oggi tutte le risposte alle richieste avanzate, ma ci procureremo gli elementi necessari nel più breve tempo possibile; in ogni caso, si tratta di informazioni che verranno sicuramente fornite all'atto dell'adozione della nuova normativa. Per questa ragione, accogliamo questo ordine del giorno nella formulazione presentato dai deputati in oggetto.
L'ordine del giorno Leo n. 9/1005/2
(nuova formulazione) chiede invece di fornire alcuni chiarimenti. Ringrazio gli onorevoli Leo e Gioacchino Alfano di aver accettato di presentare sotto forma di ordine del giorno alcune raccomandazioni che accogliamo, poiché ci sembra che si tratti di questioni già risolte oggi dalla normativa; in ogni caso, qualora dovessero emergere difficoltà, potrebbero essere oggetto del necessario chiarimento da parte dell'Agenzia delle entrate.
Ricordo che l'onorevole Leo, anche in un suo recente intervento, ha chiesto che l'informazione sull'applicazione delle norme ai contribuenti sia resa in tempo utile e nel modo più chiaro possibile, cercando di stabilire un rapporto trasparente di fiducia tra contribuente ed amministrazione finanziaria. Si tratta di un principio che ritengo del tutto giusto ed accoglibile.
Vorrei ricordare che la confusione che è stata denunciata - anche se comprendo i numerosi interventi svolti da deputati dell'opposizione, i quali hanno condotto, come è naturale che sia, la loro battaglia politica - è stata determinata, in realtà, dalle norme in vigore, approvate nella scorsa legislatura su iniziativa del precedente Governo. È la vigente legge finanziaria, infatti, ad aver fissato la verifica dei conti al 31 maggio, senza tuttavia chiedersi cosa sarebbe accaduto nelle regioni che avrebbero dovuto applicare automaticamente l'incremento dell'1 per cento dell'aliquota IRAP entro quel benedetto 20 giugno. In altri termini, è stato stabilito che i contribuenti avrebbero dovuto pagare un'imposta maggiore anche se una regione avesse successivamente perseguito per altre vie l'azione di risanamento fino a quel momento non avviata.
Ricordo che la normativa introdotta nel decreto-legge in esame dall'approvazione di proposte emendative (preannunziata oralmente dal Governo) differisce al 30 giugno 2006 la possibilità, per le regioni, di conseguire il risanamento. Di conseguenza, oggi abbiamo dovuto rimodulare l'imposta in un modo che ha certamente creato problemi ai contribuenti: non a caso, infatti, alcuni quotidiani hanno condotto alcune campagne su questo argomento. Segnalo che anche commercialisti ed intermediari di vario tipo si sono rivolti all'amministrazione finanziaria per tale motivo.
Ritengo essere stato un vanto del Governo aver ascoltato le richieste avanzate dagli operatori, nonché avere affrontato il problema stabilendo non solo la scadenza del 30 giugno per le regioni, ma anche quella del 20 luglio per i contribuenti. Si tratta di termini che non comportano ulteriori oneri e che garantiscono una piena compensazione per coloro che avesseroPag. 39dovuto, nel minimo di confusione che si era creata, versare più di quanto effettivamente dovevano.
Mi sembra un risultato importante e credo che, se analizziamo i fatti con obiettività, a tale risultato si sia giunti non solo per una precisa volontà del Governo, ma anche per la sua capacità di avere ascoltato quanto hanno voluto rappresentare numerosi deputati sia di maggioranza, sia di opposizione.
Permettetemi di svolgere, infine, un'ulteriore considerazione sull'ordine del giorno Leo n. 9/1005/2
(nuova formulazione). Vorrei fornire all'Assemblea dati che ho già illustrato in occasione della discussione sulle linee generali, poiché non tutti i colleghi hanno potuto acquisirli. Il versamento dell'IRAP relativo all'anno 2005 è stato pari a 35 miliardi e 995 milioni di euro. La riduzione del gettito IRAP nella XIV legislatura è stata di 1 miliardo e 200 milioni di euro, pari a circa un trentesimo del versamento complessivo.
Questo, permettetemi, la dice lunga su questa «IRAP-demonio», in realtà ridotta in termini assolutamente insufficienti, anche per chi ne propone l'abolizione. Sarei un po' più cauto sull'attesa della sentenza della Corte di giustizia europea, perché gli uffici affermano che la richiesta del procuratore europeo che sta giudicando l'IRAP, vale a dire la richiesta di valutare in termini di diagrammi il rapporto tra IVA ed IRAP, sta dando risultati che rendono molto meno certo il fatto che ci sarà una sentenza a favore dell'abolizione dell'IRAP.
Quindi, vi prego di credere che in occasione dell'esame di un provvedimento che, in fondo, è di mera proroga, vi è la possibilità di prevedere una discussione che non sarà così semplice, come qualche collega ha ritenuto di fare immaginando che in futuro tale imposta sarà spazzata via. Infatti, il precedente Governo ha sbattuto la testa contro le difficoltà, pur avendo la maggioranza parlamentare, nel modificare questa imposta. Oggi, probabilmente, il problema si presenterà in termini di modifica, di miglioramento, di adattamento, ma non in altri termini. In fondo, vi è stata la responsabilità non piccola nel creare quella confusione e quelle aspettative che hanno costretto ad adottare decreti per chiarire ai contribuenti che, comunque, è un'imposta che deve essere pagata. Quindi, in questo senso, il Governo accetta l'ordine del giorno Leo n. 9/1005/2
(nuova formulazione).
Infine, per quanto riguarda l'ultimo ordine del giorno...
PRESIDENTE. Sottosegretario Grandi, la pregherei di esprimere i pareri in modo più sintetico.
ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Bonelli n. 9/1005/3. Trattandosi (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia)...
ANTONIO LEONE. Togli la mano dalla tasca!
ENRICO LA LOGGIA. La mano...!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia, silenzio! Lasciate parlare il rappresentante del Governo (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia)!
GIOVANNI MARRAS. Presidente, la mano nella tasca!
ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Per quanto riguarda l'ordine del giorno dell'onorevole Bonelli, trattandosi di un provvedimento di natura fiscale che non ha la possibilità, in questa sede, di influire nel dettaglio delle misure indicate, il Governo lo accoglie come raccomandazione.
PRESIDENTE. Il sottosegretario, dunque, ha espresso il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati. In particolare, ha accettato l'ordine del giorno Leo n. 9/1005/2
(nuova formulazione). Per quanto riguarda, invece, l'ordine del giorno Bonelli n. 9/1005/3, il Governo lo ha accolto come raccomandazione.Pag. 40
Chiedo all'onorevole Bonelli se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1005/3, accolto dal Governo come raccomandazione.
ANGELO BONELLI. Signor Presidente, vorrei dire al rappresentante del Governo che il decreto ministeriale n. 342 del 1998, quando determina la classificazione delle tariffe, prevede la possibilità per i cittadini di accedere liberamente al mare. Per facilitare e semplificare l'azione del Governo, non insisto per la votazione, ma l'ordine del giorno era ben inserito e strutturato all'interno della manovra fiscale, come testé indicato dal sottosegretario.
TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per l'accettazione dell'ordine del giorno Buontempo, Leo e Gioacchino Alfano, nel quale - lo ricordo all'onorevole Bonelli - è ricompresa la previsione da lui richiamata, vale a dire il diritto del cittadino di accedere al mare gratuitamente e di pagare, qualora vi siano, per accedere ai centri di servizi. Il Governo, insieme alle regioni, deve fare in modo che l'accesso al mare possa essere garantito e gratuito.
Mi sembra che il Governo abbia accettato questo ordine del giorno, mentre chiedo al Governo di accogliere come raccomandazione il mio ordine del giorno n. 9/1005/1, perché altrimenti insisterei per la votazione.
PRESIDENTE. È pacifico che ogni deputato possa presentare soltanto un ordine del giorno; di conseguenza, il testo sottoscritto dai deputati Buontempo, Leo e Gioacchino Alfano sostituisce l'ordine del giorno Buontempo n. 9/1005/1 e deve intendersi quale nuova formulazione dello stesso.
Prendo atto che l'ordine del giorno Buontempo n. 9/1005/1, nel testo riformulato, nonché l'ordine del giorno Leo n. 9/1005/2
(nuova formulazione) sono stati accettati dal Governo e che l'onorevole Bonelli non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1005/3, accolto come raccomandazione.
Chiedo all'onorevole Leo se insista per la votazione del suo ordine del giorno.
MAURIZIO LEO. Signor Presidente, ringrazio il Governo per aver accettato il mio ordine del giorno, che, come si diceva, fa chiarezza per una serie di imprese, in particolare per le imprese per cui l'esercizio non coincide con l'anno solare e per coloro i quali hanno versato un ammontare maggiore rispetto al dovuto; però, mi permetto di dissentire sulle motivazioni che sostiene l'onorevole Grandi, che stimo, in merito al mancato riconoscimento delle riduzioni dell'IRAP da parte del precedente Governo. Basti ricordare tre questioni.
Innanzitutto, la ricerca. Il precedente Governo ha ridotto l'IRAP sulla ricerca e mi sembra che questo sia un dato incontestabile e incontrovertibile: laddove l'imprenditore assume ricercatori detassa il costo del lavoro relativo ai ricercatori assunti. Qualche cosa di più è stato fatto anche per i nuovi assunti, in particolar modo per i nuovi assunti che si trovano nelle cosiddette aree sottoutilizzate (segnatamente il Mezzogiorno e le aree depresse del centro nord). Addirittura, per questi imprenditori, se si assume un lavoratore a tempo indeterminato, si triplica la deduzione fino all'azzeramento dell'IRAP. Quindi, mi sembra che il Governo precedente, tenuto conto anche delle ristrettezze economiche in cui svolgeva la sua azione, non potesse fare di più.
Da ultimo, vorrei ricordare che la Corte di giustizia dell'Unione europea, che dovrà decidere sulla vicenda IRAP, di regola si uniforma alle considerazioni dell'avvocato generale. Ci sono state due considerazioni dell'avvocato generale, una nel 2005, a cura dell'avvocato generale Jacobs, poi andato in pensione, un'altra nel 2006, a cura dell'avvocato generale Stix-Hackl: entrambi hanno confermato che l'IRAP èPag. 41una duplicazione dell'IVA. La divergenza tra le due posizioni, secondo quanto sostenuto, consiste nell'effetto, che deve valere dal 2007, ma il discorso sulla duplicazione mi sembra incontrovertibile.
Quindi, alla luce di questo, andrei cauto nel dire che la Corte di giustizia potrà adottare un orientamento conforme a quanto sostiene l'attuale Governo, cioè che si tratta di un'imposta compatibile con l'ordinamento comunitario, perché dalle considerazioni dei due avvocati generali, che ho ricordato, le cose non stanno in questi termini.
Penso che il Governo dovrà approfondire molto questa questione e dovrà farsi carico di misure alternative per assicurare il gettito - ricordava prima il sottosegretario Grandi - di 30-32 miliardi di euro per le casse regionali.
GIOACCHINO ALFANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIOACCHINO ALFANO. Il Governo mi chiedeva se avessi sottoscritto l'ordine del giorno Buontempo n. 9/1005/1
(nuova formulazione)... Non solo l'ho sottoscritto, ma volevo precisare anche una cosa, se il Governo mi ascolta.
Se capisco bene, l'ordine del giorno si riferisce al potenziale aumento dei prezzi del biglietto degli utenti nei luoghi delle concessioni. Quindi, poiché si rinvia il termine di pagamento e poiché si modifica la tecnica del calcolo dell'importo, l'ordine del giorno spinge i concessionari ad evitare di aumentare il prezzo, con la giustificazione dei canoni. Come ho detto in precedenza, non riesco a capire questo discorso. Il meccanismo legato ai canoni è partito nel 2003 e i concessionari non solo dovrebbero pagare per il 2003, ma anche per il 2004, per il 2005 e per il 2006; ma, poiché parliamo di una modifica del calcolo del canone, come facciamo ad impegnare il Governo a verificare se ci sono degli aumenti - e questi aumenti vengono calcolati sui canoni -, considerato che comunque i concessionari devono aumentare e pagare i canoni?
Un fatto è certo: siamo convinti che per gli anni 2003, 2004 e 2005, oltre che per il 2006, debbano essere pagati i canoni o si ha in mente un condono per fare in modo che non debbano essere pagati?
Questa è un'occasione utile per chiarire ciò. Se il Governo addirittura si impegna a controllare l'aumento dei prezzi dei concessionari, funzionali ad ammortizzare l'aumento dei canoni, bisogna fare chiarezza. Allora, diciamo oggi ai concessionari che i canoni non sono dovuti. L'impresa che gestisce un'area per concessione ha già indicato nei bilanci del 2003, 2004, 2005 e 2006 quel costo, indipendentemente dal fatto che non lo abbia pagato. Sono preoccupato dal fatto che il Governo accolga l'ordine del giorno perché dovrebbe essere coperto da un parere della Commissione bilancio, in quanto potrebbe comportare un costo. Infatti, diciamo ai concessionari di mantenere il prezzo dell'attività che svolgono per concessione in quanto i canoni non sono ancora aumentati, ma i canoni sono aumentati.
PRESIDENTE. Onorevole Gioacchino Alfano, lei si rende certamente conto che, avendo già parlato l'onorevole Buontempo, le ho concesso di intervenire per avere, diciamo così, un'occasione di dialogo con il Governo, ma ciò non costituirà precedente.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
Dovremmo ora passare alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento. Poiché hanno chiesto di parlare ventisei colleghi, a seguito di consultazioni informali intercorse con i gruppi, il seguito del dibattito è rinviato alla ripresa pomeridiana della seduta, al termine dello svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.