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Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Zeller ed altri; Brugger ed altri; Benvenuto e Vannucci: Modifiche alla legge 8 luglio 1998, n. 230, in materia di obiezione di coscienza (A.C. 197-206-931-A) (ore 10,55).
(Esame dell'articolo unico - A.C. 197-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del testo unificato della Commissione e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A - A.C. 197 sezione 3).
Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A - A.C. 197 sezioni 1 e 2).
Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, chiedo una brevissima sospensione della seduta per consentire al Comitato dei nove di riunirsi per prendere in considerazione la possibilità di una modifica del termine di due anni contenuto nel testo ai fini della rinuncia all'obiezione di coscienza. Mi sembra che ciò potrebbe consentire, in termini molto rapidi, di realizzare una più larga intesa sul testo.
PRESIDENTE. Chiedo alla relatrice, presidente Pinotti, di pronunziarsi sulla richiesta di sospensione della seduta.
ROBERTA PINOTTI, Relatore. Va bene, signor Presidente, possiamo procedere ad una sospensione di dieci minuti. Il Comitato dei nove potrà riunirsi al proprio tavolo qui in aula.
PRESIDENTE. Sta bene.
Sospendo brevemente la seduta, che riprenderà alle 11,10.
La seduta, sospesa alle 11, è ripresa alle 11,10.
PRESIDENTE. Avverto che, a seguito della riunione del Comitato dei nove, la Commissione ha presentato l'emendamento 1.50, il cui testo è in distribuzione. Il termine per la presentazione di eventuali subemendamenti è fissato alle ore 11,30.
Ha chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti l'onorevole Cossiga. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE COSSIGA. In Commissione, la tematica sollevata in particolare dall'emendamento presentato dall'onorevole Gamba è stata discussa e approfondita e si sono anche confrontate posizioni diverse.
Capisco la preoccupazione in primis dell'onorevole Gamba, che ha seguito con attenzione i lavori sia della Commissione sia del Comitato ristretto che ha elaborato il testo oggi al nostro esame (affinché resti a verbale, ricordo che esiste anche un testo a firma dell'onorevole Brusco, di Forza Italia, che ricalca sostanzialmente il testo di questo provvedimento e che, purtroppo, non è stato abbinato per ragioni legate alla tempistica della presentazione), nonché dei colleghi che sostengono questo emendamento. Questa proposta di legge si introduce, di fatto, nel solco che abbiamo tracciato quando abbiamo anticipato, nel corso della scorsa legislatura, la sospensione del servizio di leva. Con quelle disposizioni, infatti, sono stati toccati anche molti aspetti che riguardano addirittura Pag. 5la renitenza alla leva, tuttavia, a mio avviso, si era dimenticato di mettere ordine anche nella tematica dell'obiezione di coscienza e del servizio civile.
Dunque, le motivazioni della preoccupazione del collega Gamba e degli altri colleghi sono sicuramente condivisibili posto che ci si domanda perché si debba permettere a chi, in coscienza, non ha fatto il servizio militare di partecipare poi, per esempio, ad un concorso per le Forze armate. Questo tema è stato dibattuto in Commissione ma, poiché la maggior parte dei gruppi (come dei parlamentari che hanno seguito i lavori in Commissione) ha ritenuto, comunque, importante procedere con questa proposta, si era trovato, in Commissione, un primo punto di mediazione, cioè l'introduzione di un periodo di tempo - di due anni - dopo il congedo dal servizio civile al fine di poter accedere a questo beneficio (per chi lo vede come tale) o soddisfare un diritto (per chi la pensa in un altro modo).
Quando siamo giunti in aula, altri colleghi, che non avevano avuto modo di partecipare ai lavori della Commissione, hanno sollevato ulteriori dubbi. Personalmente, mi riconosco nel testo licenziato dalla Commissione, ma percepisco le perplessità emerse come un arricchimento fornito dall'Assemblea (come sempre accade, posto che in Commissione si è in pochi mentre in aula si è in tanti). In questo senso, sia la proposta di sospensione dell'onorevole Bosi, sia il lavoro della Commissione, che ha finalmente portato alla presentazione di questo ulteriore emendamento, ritengo che siano in linea con lo spirito del lavoro svolto all'interno della Commissione e da apprezzare quali ulteriori contributi al tentativo di approvare una legge coerente e giusta.
Quindi, preannuncio fin d'ora il nostro voto favorevole anche rispetto all'emendamento della Commissione poc'anzi presentato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, vorrei poter motivare la mia contrarietà rispetto a questo provvedimento. Sono invece favorevole all'emendamento del collega Gamba, di Alleanza Nazionale, se non altro in coerenza con quanto già dissi ad un'associazione di obiettori di coscienza quando ero ministro con delega per il servizio civile nazionale.
Vennero infatti da me a propormi un provvedimento di questo tipo e io risposi - e qui ribadisco la mia posizione di allora - che conoscevo due categorie di persone serie: quella dei ragazzi che, quando avevano ricevuto la cartolina, erano partiti per il servizio militare (finendo in Sicilia, Friuli o ovunque fossero stati assegnati nell'ambito della leva obbligata) e quella dei giovani che, sulla base della legge, per ragioni filosofiche, morali e religiose, ripugnando loro imbracciare le armi, si erano dichiarati obiettori di coscienza, optando, quindi, per il servizio civile sostitutivo.
Ricordo anche che negli anni Settanta ciò comportava il carcere: l'obiettore di coscienza andava in carcere. In seguito, con l'evoluzione legislativa venne stabilito che il servizio civile durava più di quello militare. Infine, i due servizi vennero parificati in termini di tempo.
Io ho sempre sostenuto, contro una pubblicistica che qualificava come cialtroni gli obiettori di coscienza - i quali avrebbero fatto questa scelta solo per convenienza - che, in realtà, c'erano motivazioni serie alla base delle loro convinzioni. Devo anche dire che, in sede di dibattito generale, non hanno dato un grande aiuto agli obiettori di coscienza alcuni colleghi i quali sono intervenuti sostenendo che nella vita si può cambiare idea, che c'erano giovani che dovevano studiare o dare un esame, che erano dispiaciuti per la caserma dove sarebbero andati, che avevano un lavoro, perché tutto ciò capitava anche ai giovani che erano partiti per fare il servizio militare!
La dichiarazione fatta allora in coscienza ha già prodotto i suoi effetti giuridici, perché chi si è dichiarato obiettore di coscienza non ha prestato il servizio militare. Sono contrario ad introdurre per legge una terza categoria: quella dei furbi Pag. 6che, per convenienza, hanno utilizzato una dichiarazione che li impegnava a non utilizzare le armi, salvo poi ripensarci e ritirarla, ad esempio, per andare a caccia. Quale credibilità avrebbe un Paese in cui l'obiettore di coscienza, che ha visto il suo collega partire per il servizio militare, dopo qualche anno decide di andare a caccia per uccidere la selvaggina? Mi domando: chi ha esercitato il diritto all'obiezione di coscienza affermando di non poter imbracciare le armi e, successivamente, va a fare il carabiniere, quando sarà di pattuglia e dovrà usare le armi, dichiarerà di volersi valere della prima dichiarazione o della seconda, considerandola irrevocabile, o, ancora, dirà di avere cambiato nuovamente idea e di aver scelto di arruolarsi perché in cerca di un lavoro?
Milioni di persone hanno fatto il servizio militare; ottocentomila hanno fatto gli obiettori di coscienza; chiunque si è trovato ad un bivio ed ha fatto i calcoli con la propria coscienza sulla scelta da compiere. Io ho fatto il carabiniere di leva, non ho il porto d'armi, non vado a caccia e non capisco quale limitazione costituisca per la vita futura di un giovane obiettore non avere il porto d'armi. Ci sono decine di milioni di italiani che non hanno il porto d'armi e che, per questo, non si sentono diminuiti nei loro diritti, e tra costoro vi è anche chi ha prestato il servizio di leva. Quindi voterò a favore dell'emendamento che propone di portare a cinque anni il termine originario di due anni, ma non a favore del provvedimento, perché l'Italia non può essere sempre il paese di Pulcinella, che mortifica ed umilia le persone che hanno svolto una determinata attività.
Gli alpini sfileranno a Cuneo, il 12 maggio, per manifestare contro la proposta di legge in esame che, come hanno precisato in un comunicato, suona come una beffa nei confronti di chi ha fatto il militare rispondendo alla chiamata alle armi, alla quale, magari, il vicino di casa non ha risposto per ragioni di pura convenienza. Il nostro è un Paese che non premia le persone serie e, ripeto, tali sono gli obiettori di coscienza veri, che hanno esercitato un loro diritto ed hanno fatto il servizio sostitutivo e coloro che hanno prestato il servizio di leva.
Ritengo che introdurre per legge una terza categoria, rappresentata da coloro che hanno fatto gli obiettori di coscienza per convenienza e che oggi non vogliono neppure sopportare la piccola limitazione di non avere il porto d'armi, sia una scelta sbagliata da parte del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ascierto. Ne ha facoltà.
FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, il provvedimento non può vedermi favorevole. Mentre il collega Giovanardi ha fatto il carabiniere di leva, io lo sono tuttora, anche se in aspettativa, e non ritengo giusto mettere sullo stesso piano chi ha scelto di servire la patria, adempiendo un dovere, e chi, in modo molto furbesco, soprattutto negli ultimi tempi, ha optato per l'obiezione di coscienza. Una volta l'obiezione di coscienza era una scelta che era compiuta sulla base di motivazioni etiche e che si pagava anche personalmente; con il passare del tempo è diventata una utilità: invece di servire la patria io scelgo di servire comodamente, vicino alla mia abitazione, in modo civico e sociale, una istituzione. Si tratta chiaramente di una scelta di convenienza, anche perché quando poi un gran numero di persone si è avvalso di tale opportunità, non c'è stata neanche più la possibilità di utilizzare tutti gli obiettori i quali, quindi, sono rimasti a casa ritenendo di avere comunque risposto al dovere di servire la patria.
Oggi, con il provvedimento in esame si vuole cancellare tutto ciò che appartiene al passato, inventando lo status di «obiettore a tempo determinato»: dopo due anni, infatti, l'obiettore di coscienza può partecipare, sullo stesso piano di tutti gli altri, ai concorsi nelle forze dell'ordine (entrando nel mondo militare come volontario Pag. 7in ferma breve), nonché a concorsi nella polizia municipale. Qualche sindaco, in effetti, ha già assunto molti obiettori di coscienza nella polizia municipale, trattandosi di un corpo che non utilizza le armi. Si tratta di una considerazione sbagliata, che abbiamo avversato e continueremo ad avversare, per le possibilità che il testo offre a tutti coloro che non hanno espletato il servizio militare.
Non possiamo consentire tale conclusione: sarebbe una disparità di trattamento nei confronti di chi ha scelto di svolgere il servizio militare molto lontano dal luogo di residenza, di chi ha effettuato la scelta di vita professionale di servire la patria e le istituzioni e di lottare contro la criminalità. Tutto ciò mi sembra assurdo: sostituire all'articolo 2, comma 1, lettera a), della legge in materia di obiezione di coscienza l'attuale dicitura con la dicitura «ad eccezione delle armi e dei materiali esplodenti privi di attitudine a recare offesa alle persone» mi sembra voler dare una «scacciacani» all'obiettore di coscienza; se questo è tutto quello che si vuole realizzare, non è opportuno incaricare il Parlamento di dare una pistola a salve agli obiettori di coscienza.
È importante, però, non diversificare o mettere insieme, in modo opposto, ciò che insieme non può stare: chi, cioè, ha un concetto di patria, avendola servita, e chi, invece, non ha tale tipo di concetto; chi ha voluto fare l'«imboscato» e chi, invece, ha lavorato seriamente per le istituzioni. Rispetto tutti coloro che hanno fatto in passato la scelta di obiezione di coscienza e chi, attraverso il terzo settore, ha potuto dare il proprio aiuto a chi aveva bisogno, ma coloro che lo hanno fatto in modo scientifico e per un'utilità propria non possono essere considerati alla stregua di tutti coloro i quali, invece, hanno servito le istituzioni della patria.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, alle 11,30 è fissato il termine per la presentazione dei subemendamenti all'emendamento 1.50 presentato dalla Commissione su questo strano provvedimento che vuole, in un certo senso, armare gli obiettori di coscienza. È una cosa veramente surreale. Le chiedo, pertanto - in coscienza, con un'obiezione serena e non «armata» -, vista la delicatezza del momento, di prolungare di quindici minuti il predetto termine. Credo che lei, signor Presidente, in coscienza, mi accorderà questa possibilità.
PRESIDENTE. Ritengo di poter accogliere la sua richiesta. Il termine per la presentazione di eventuali subemendamenti all'emendamento 1.50 della Commissione è pertanto differito alle 11,45.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, do atto alla relatrice di avere accolto la proposta di portare a cinque anni il termine per rinunciare alla condizione di obiettore di coscienza.
La questione della quale stiamo discutendo con il provvedimento in esame è molto delicata, in quanto l'obiezione di coscienza consiste in una scelta che scaturisce da una condizione dell'animo e da profondi convincimenti, che può anche essere riconsiderata e meditata maggiormente. Bisogna però stare attenti, poiché l'obiezione di coscienza conosciuta nel periodo in cui vigeva la leva obbligatoria è stata notoriamente abusata come soluzione per evitare il servizio militare, per poter svolgere in sostituzione altre attività a carattere civile.
I giovani - dato che la scelta dell'obiezione veniva prospettata al compimento del diciottesimo anno di età - molte volte hanno optato per l'obiezione per profondo convincimento, ma altre volte per una convinzione meno fondata, elaborata ed assimilata. L'ipotizzato termine dei cinque anni evita questo improvviso ripensamento, che porta a considerare l'obiezione di coscienza come una scelta solo strumentale ad una vita più comoda, come Pag. 8un'opzione meno difficile. Portare il termine a cinque anni, quindi, significa voler dar credito ad un serio ed elaborato ripensamento che matura in un arco di tempo più lungo.
Ovviamente, si potrebbe obiettare sul perché siano stati previsti cinque anni, piuttosto che sette o dieci, ma il problema che abbiamo di fronte è se la decisione in esame possa considerarsi irrevocabile. Credo che l'irrevocabilità possa sussistere solo di fronte a questioni di maggiore importanza, mentre dovrebbe essere maggiormente valutata con riferimento all'obiezione di coscienza rispetto all'esercizio di un'attività militare, che postula l'uso delle armi, la possibilità di aggressione e di utilizzo delle armi contro la persona.
Credo, quindi, che le posizioni radicali debbano essere accantonate, perché è riduttivo dire che l'obiezione si concretizza solo nel non uso delle armi, ad esempio nell'esercizio della caccia. È chiaro, infatti, che si tratta di questioni del tutto diverse, in quanto colpire un uomo è completamente diverso dal colpire un animale, un fagiano.
Allo stesso modo, ritengo che dobbiamo grande rispetto a coloro i quali esercitano l'obiezione di coscienza e la considerano un fatto irrevocabile nella propria vita, per cui credo che proprio l'irrevocabilità debba segnare una scelta così altamente ponderata. C'è da domandarsi, peraltro, se all'età di diciotto anni si possa giungere ad una scelta così ponderata da poter valere per tutta la vita. Per questo motivo ritengo che sia stato giusto prevedere un termine maggiore.
Ciò naturalmente divide anche le coscienze del corpo parlamentare, perché non credo che in questa sede dobbiamo decidere se siamo a favore o contro, in quanto apparteniamo a questo o a quel partito. Ritengo che la questione oggetto del provvedimento in esame, l'obiezione di coscienza, comporti tanto il rispetto del travaglio che può intervenire in una persona e che può portare anche al ripensamento, quanto il rispetto della prerogativa di chi deve decidere, di chi deve legiferare come il corpo parlamentare.
Per questo motivo, credo che gli emendamenti, quello dell'onorevole Gamba come altri che potranno essere presentati nel proseguo del dibattito, debbano essere considerati con grande rispetto e con grande considerazione perché trattano questioni di coscienza. Non esprimerei quindi una valutazione di gruppo, ma farei appello, rispetterei le decisioni dei singoli parlamentari. Ritengo infatti che questo non sia un provvedimento che scaturisce dalla disciplina di partito, ma sia piuttosto un provvedimento che nasce da una intima valutazione del corpo parlamentare in ordine a questioni di grande delicatezza e di seria impostazione.
Questo è quanto ci anima, nella convinzione di dover rendere un servizio al Paese e di dover dare anche un'impronta di civiltà alla nostra comunità nazionale e sulla quale, ripeto, è necessario avere un grande rispetto e una grande accortezza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.
ELETTRA DEIANA. Il provvedimento in discussione, a mio modo di vedere, solleva una serie di gravi problemi che dovrebbero essere discussi in maniera molto più approfondita di quanto sia avvenuto frettolosamente e un po' a latere rispetto ad altre discussioni avvenute in quest'aula. Non credo che la questione possa essere affrontata soltanto dal punto di vista del cambiamento della disciplina che presiede alla formazione delle Forze armate, dell'esercito professionale e all'abolizione del servizio di leva.
Questa trasformazione dei criteri della formazione delle Forze armate pone indubbiamente una serie di conseguenze, tra cui la sussistenza di un diritto all'obiezione di coscienza che non ha più diretta attinenza con il sistema nel suo complesso.
Ritengo che la questione possa essere affrontata anche nei termini di equilibrio e di buonsenso testè illustrati dall'onorevole Bosi, ma ritengo altresì che ci sia un livello della questione molto più radicale. Mi riferisco in particolare agli interventi dei colleghi Giovanardi e Ascierto, che Pag. 9rappresentano in maniera significativa il nodo della questione. Sostanzialmente, vi è una contrapposizione tra due visioni. La prima è totalizzante ed etica e comporta il diritto dello Stato a chiedere il sacrificio per la difesa della patria sino al versamento del proprio sangue e al versamento del sangue altrui.
L'altra visione è quella ugualmente totalizzante ed etica del diritto a sottrarsi a tale obbligo morale, ma soltanto in ragione di una vocazione, altrettanto totale, di rinuncia all'uso delle armi, di sottrazione totale all'obbligo in questione. Tale sottrazione arriva fino a costituire sostanzialmente una sorta di stigma duraturo per tutta la vita: è questo il punto essenziale che rimetto in discussione.
Ovviamente, nel raffronto fra i due imperativi etici - da una parte il sacrificio fino al sangue, dall'altra la rinuncia fino alla cancellazione di una parte di sé - prevale quello etico dello Stato, come è ovvio, che detiene il potere di decidere e di irreggimentare la coscienza dei propri cittadini, secondo una scala non di utilità concrete e di valori, ma di imperativi etici, al punto che la legge sull'obiezione di coscienza - come giustamente ricordava poc'anzi il collega Giovanardi - venne ottenuta in seguito a una mobilitazione, a sacrifici, al carcere e, per un periodo non poco significativo, ha comportato un servizio anche più lungo di quello della leva obbligatoria. Noi contestiamo proprio tale impostazione contrapposta di imperativi etici.
L'obiezione di coscienza ha rappresentato una grande maturazione delle giovani generazioni nel corso degli anni Settanta e Ottanta, che soltanto un dibattito davvero distorto può ridurre, semplicisticamente e anche demagogicamente, al tentativo di alcuni giovani delle nuove generazioni di sottrarsi, di fare i «furbetti», addirittura di imboscarsi. In realtà, matura una consapevolezza che si nutre di valori diversi, di cui la criticità nei confronti dell'uso delle armi a fini bellici, della guerra, è una componente essenziale. Ho sempre pensato che il rifiuto delle armi a fini bellici fosse qualcosa che ha una sua specificità e pregnanza, che non può essere generalizzata a qualsiasi dimensione di uso delle armi o di materiali che abbiano a che fare con le armi, proprio per la specificità e la pregnanza che attribuisco alla critica della guerra e alla critica della soluzione bellica dei conflitti e delle questioni internazionali.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 11,40)
ELETTRA DEIANA. La vocazione alla critica delle armi e alla critica della guerra ha accompagnato un'evoluzione di tipo storico-antropologico della nostra società, che ha come fondamento positivo la maturazione di un diverso concetto della cittadinanza e dei diritti di cittadinanza e, di conseguenza, una critica al dispositivo giuridico che presiede ai rapporti tra lo Stato e i cittadini. Si tratta di un punto che credo vada affrontato con chiarezza nel provvedimento.
Lo Stato non è detentore dell'etica pubblica e non è detentore del foro della coscienza individuale. Lo Stato non può stabilire per legge che un ragazzo di diciotto anni debba essere fedele all'impegno che ha preso per tutta la durata della sua vita. Si tratterebbe di attribuire allo Stato il presidio di un'etica, tra l'altro tutta sottratta alla vita reale delle persone e tutta depositata, alla fine, negli uffici, nelle norme e negli apparati dello Stato. Lo Stato deve regolare i rapporti fra i cittadini, le istituzioni, gli apparati dello Stato.
La legge questo deve fare! Quel dispositivo arcaico, che pure sussiste da lungo tempo negli Stati moderni, per cui su tutta una serie di materie, di questioni - oggi dovremmo discutere di tutte le questioni cosiddette eticamente sensibili, ma non è il caso di aprire questo capitolo - come quella del servizio militare, delle armi, della difesa della patria, che è uno dei capitoli fondamentali, noi abbiamo da parte della tradizione della statualità anche moderna questa idea di detenzione del diritto di stabilire in che modo deve essere Pag. 10servita la patria; il modo è quello del sacrificio e del sacrificare la vita altrui.
Il diritto all'obiezione di coscienza ha rappresentato nel nostro Paese un'esperienza un'importantissima che ha portato alla luce una possibilità di servizio a disposizione del Paese ricca ed articolata, come è stata quella degli obiettori di coscienza.
L'obiezione di coscienza rimane un valore non astratto, che deve essere assunto come strumento per moltiplicare la disponibilità dei giovani e delle giovani a prestare la loro opera per la sicurezza e la tutela, la protezione e la salvaguardia del nostro Paese. Rimane un deposito importantissimo e la modifica di quella legge che manteneva e rispecchiava l'elemento di fondo punitivo - nonostante le trasformazioni positive - nei confronti dei giovani che avevano obiettato, nel senso che attribuiva loro un marchio da qui a tutta la vita. In realtà, era una specie di «cittadinanza dimidiata», perché quei giovani venivano privati e vengono privati di un diritto, quello del ripensamento e quello di rinegoziare i rapporti con lo Stato e al riconoscimento del contributo fondamentale che loro, come quelli in armi, hanno dato per la tutela, per la sicurezza e per il bene del proprio Paese.
Il motivo di fondo, il nucleo, è la rimessa in discussione di un dispositivo normativo che anziché proporre un rapporto ex aequo, pur nella differenze di compiti, ruoli e poteri, perché è chiaro che il potere del legislatore dello Stato è ben altro rispetto al potere del singolo cittadino di obiettare, avvicina il più possibile la scala di valori e di poteri tra cittadini e Stato.
Noi appoggiamo questo provvedimento e non abbiamo nulla da obiettare, anche rispetto alla proposta di portare a cinque anni il termine per rinunciare alla condizione di obiettore di coscienza, anche se eravamo d'accordo per i due anni. La discussione sul tale provvedimento offre l'occasione di un confronto su uno dei nodi che una moderna statualità deve poter affrontare e che è appunto quella delle modalità, delle procedure che regolano i rapporti tra cittadini e cittadine e Stato (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.
EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non mi addentrerò sulle valutazioni di carattere etico che sono state qui richiamate dalla collega Deiana.
Vorrei dire che questo Governo e questa maggioranza, che hanno svolto la campagna elettorale contro la cultura dei condoni, si apprestano, con questa proposta di legge, a dare valore al condono più «grande», relativo al principio generale del diritto positivo, non del diritto etico, in quanto previsto dalla Costituzione e secondo cui è dovere dei cittadini difendere la patria.
Si è peraltro detto, nel corso dell'esperienza parlamentare, che la patria si difende anche col servizio civile e così è voluto dare spazio anche a chi in buona fede riteneva che, fermo restando il dovere dei cittadini di difendere la patria, si poteva comunque farlo anche senza impugnare le armi.
Oggi si vuole con un colpo di spugna, e quindi con un condono vero e proprio, cancellare questo principio: la verità è che noi sappiamo che molti ragazzi, instradati da cattivi maestri, erano dei «furbetti», perché pensavano di eliminare in questa maniera il servizio militare, e di svolgere un comodo servizio civile e - soprattutto negli anni Ottanta - a casa propria; o, peggio ancora, molti altri giovani ricorrevano all'obiezione di coscienza - lo ricordo anche per esperienza professionale - pur non essendo affatto dei non violenti, risultando anzi pregiudicati per reati contro la persona, per atti di violenza politica, e quindi non essendo affatto vero che si trattava di persone contrarie alla violenza.
«La verità più vera» è che quando non erano servi di un'altra nazione, come è capitato a molti per l'Unione Sovietica, erano persone contro la Patria e contro questo Stato.Pag. 11
La proposta normativa in esame è peraltro irrisoria perché in effetti non ha alcuna reale conseguenza giuridica; quindi fanno bene i miei colleghi ad affermare che in realtà non ci sarebbe affatto bisogno di una attività parlamentare. D'altro canto l'Assemblea non riesce ad occuparsi di temi importanti perché la maggioranza non è in grado di portare, in tale sede, argomenti seri, e quindi siamo costantemente chiamati a parlare di mozioni o di altre simili «quisquilie».
La verità è che si vuole con questa proposta portare avanti proprio ciò che afferma la collega Deiana, coerentemente dal suo punto di vista, ovverosia che l'idea della patria non esiste ed è un'idea che sta soltanto nella testa di qualche sognatore o, peggio ancora, di qualche fanatico.
Non condividiamo tale principio, quindi intendiamo esprimere con forza il voto contrario a questa proposta di legge che ha soltanto una valenza ideologica (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, io immagino lo stato d'animo di un giovane che abbia regolarmente espletato il servizio di leva e che partecipi ad un concorso per agenti di pubblica sicurezza o carabinieri, e al quale concorso non vada molto bene, e che, dall'altra, si ritrovi un suo coetaneo, che abbia invece chiesto l'applicazione della legge sugli obiettori di coscienza, affermando che aborriva le armi (scelta ovviamente da rispettare), il quale partecipi invece con successo allo stesso concorso.
Dunque, quel giovane che ha servito lo Stato - io direi anche la patria, e non vedo perché si debba avere timore di questo termine - non potrà fare l'agente di pubblica sicurezza, mentre potrà farlo il suo coetaneo, dichiaratosi obiettore di coscienza. Tale situazione creerebbe non solo il disagio del singolo, ma anche una condizione di assoluta ingiustizia proprio per l'alto riconoscimento che le nostre norme, la Costituzione, attribuivano e tuttora conferiscono all'obiettore di coscienza, riconoscimento che nasce proprio dal rispetto per la coscienza, i sentimenti e i valori della singola persona.
Ora, siccome si sta discutendo del termine di due o di cinque anni, onorevoli colleghi, vorrei osservare che da circa un anno e mezzo nessuno viene più reclutato. Quindi, quando parliamo degli obiettori di coscienza, ci riferiamo a persone che hanno chiesto di potersi avvalere di questo diritto almeno cinque, sei, sette anni fa, visto che negli ultimi anni non venivano più neppure chiamati, poiché si sapeva che il servizio di leva obbligatorio sarebbe stato abolito. In quella occasione vennero anche cambiate le norme che garantivano un maggior rispetto nei confronti degli obiettori di coscienza.
Se non verrà stabilito un tempo congruo, rischiamo che la proposta di legge che stiamo esaminando diventi assolutamente inapplicabile, perché nei prossimi due o cinque anni non esisteranno più obiettori ai quali chiedere di rinunciare al loro diritto. Sarà superato, non ci saranno più soggetti ai quali applicare la norma.
Si tratta di una riflessione a cui invito il relatore e il presidente della Commissione. È questo il motivo per cui ritengo che il numero di anni dal momento della collocazione in congedo debba essere necessariamente superiore a quello in discussione, altrimenti rischiamo di approvare una norma che non serve ad alcuno.
Non so se il rappresentante del Governo abbia seguito questo ragionamento: prevedere un termine di due o cinque anni dal congedo, vuol dire porre in essere una norma inapplicabile, perché - considerato che il servizio di leva obbligatorio è stato abolito negli ultimi anni - il congedo lo ha ottenuto chi ha chiesto l'applicazione della norma sull'obiezione di coscienza almeno due anni fa: parliamo quindi di chi si è congedato nel 1990, nel 1995, nel 1997.
Allora, se verrà stabilito il termine di due o cinque anni dal momento del congedo, ciò significherà impegnare il Parlamento Pag. 12e il denaro pubblico per una norma inapplicabile, perché non ci saranno più soggetti che se ne potranno avvalere.
Ritengo che sia un atto di buon senso aumentare il numero degli anni. Siamo dell'opinione che quel numero di anni debba essere riportato fino al momento in cui non si potrà essere più richiamati nell'esercito, data valida per tutti. Il riferimento dovrà essere l'età anagrafica, che mi sembra sia di 45 anni, oltre la quale non si può più essere richiamati. Gli effetti della richiesta verranno meno a quella data, non prima.
Colleghi, qual è il significato di questa norma? Dichiararsi obiettore non significa solo non voler servire la patria o difenderla in qualunque circostanza, anche nel caso in cui essa venisse attaccata, occupata: non è solo questo! L'obiettore di coscienza aborrisce essere in armi, aborrisce il solo pensiero di organizzare la sua forma mentis per difendersi contro un'altra persona. Aborrisce l'uso delle armi e del conflitto, l'educazione mentale allo scontro e al confronto. Allora, come può una persona che ha sottoscritto questi valori dire: faccio il carabiniere, faccio l'agente di pubblica sicurezza, faccio cose per le quali mi devo porre in contrasto, anche con le armi, anche con la difesa delle armi?
Tale è il punto fondamentale. Chi ha fatto riferimento a tali valori non può accedere a delle funzioni, dei mestieri, delle mansioni che hanno il contrasto alla base. Un responsabile delle forze dell'ordine accetta di difendere la vita dei membri della collettività, e non per niente è armato. È amato perché anche in casi estremi non deve rinunciare al contrasto contro la malavita organizzata o il singolo malvivente.
A chi si è appellato al rispetto di quei valori, neppure lo stato di necessità dovrebbe consentire di avere una pistola in mano. Altrimenti, operiamo una discriminazione tra ricchi e poveri. La maggior parte degli obiettori apparteneva alle classi agiate (basta andare a guardare le statistiche). Approvando l'emendamento in esame, tuttavia, cosa andiamo a creare? Una discriminante anche di natura economica, per la quale può accadere che l'obiettore disoccupato, senza lavoro o con maggior disagio sociale, per bisogno e necessità vince un concorso per l'accesso ad un pubblico impiego che implica l'utilizzo delle armi; pertanto, allo scopo di sostenere economicamente la propria famiglia rinuncia a principi per i quali la Costituzione e la legge italiana hanno garantito il massimo rispetto. Non si cambia, quindi, la ratio della norma - e concludo - passando da due a cinque anni per accedere alla rinuncia allo status di obiettore di coscienza, ma si stabilisce che chi ha chiesto il rispetto delle proprie convinzioni etiche come obiettore mai più possa avere un'arma tra le mani.
PRESIDENTE. Avverto che il gruppo di Alleanza Nazionale ha esaurito i tempi a sua disposizione previsti dal contingentamento, e che, a seguito della richiesta avanzata per le vie brevi di un ampliamento dei tempi, la Presidenza ha concesso tempi aggiuntivi pari a un terzo di quelli originariamente assegnati.
I tempi a disposizione del gruppo a seguito dell'ampliamento sono di 8 minuti.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Menia. Ne ha facoltà.
ROBERTO MENIA. Signor Presidente, la ringrazio per l'ampliamento. Cercherò quindi di essere rapido, esponendo una serie di considerazioni che mi paiono doverose.
Vorrei esprimere in primo luogo una considerazione di ordine generale. Il provvedimento in esame è di fatto un inno all'incoerenza; si tratta di una disciplina normativa dedicata ai voltagabbana, ai «pacifinti», come si dice con recente ironia. Con tale provvedimento si inventa di fatto lo status di obiettore «a termine». Come se si potesse prendere in giro lo Stato! Riprendo a contrario l'argomentazione usata dalla collega Deiana del gruppo di Rifondazione Comunista: come se esistesse un perenne diritto di «ripensarci» anche nei confronti dell'autorità! Diceva bene prima il collega Giovanardi: le Pag. 13persone si dividono in due categorie, quelle serie e quelle poco serie.
Sono serie quelle che operavano la difficile scelta dell'obiezione in anni difficili o coloro che hanno conquistato tale diritto, ma è chiaro che ad esso vanno collegate delle conseguenze che rispondono a criteri di logica e di coerenza. Se un cittadino dichiara che per sua scelta morale, per suoi valori, per sue convinzioni filosofiche, religiose, morali, etiche rifiuta di imbracciare le armi, lo fa poi per tutta la vita e non a tempo, non solo quando poteva scegliere di non fare il militare! Come affermava il collega Buontempo, il problema oggi neppure si pone, perché la leva obbligatoria è finita da due anni fa; ma, signor Presidente, ritengo che a tale proposito vadano dette parole chiare.
Vorrei aggiungere un'ulteriore considerazione. Non è un caso che la proposta di legge in esame nasca dall'accorpamento di iniziative legislative diverse, quelle di Zeller, Widmann e Brugger. Ne spiegherò il motivo: la gran parte di coloro che scelsero l'obiezione di coscienza proveniva dall'Alto Adige. Sapete perché? Perché molti cittadini italiani di lingua tedesca non volevano servire l'esercito italiano, come prescriveva la Costituzione. Scelsero allora di fare gli obiettori di coscienza, in modo da non indossare le stellette dell'esercito italiano. Oggi però costoro vogliono fare i concorsi per diventare, ad esempio, vigili urbani presso i loro comuni, dove magari sono in maggioranza; vogliono andare in giro armati, vestiti da Schulzen, ma non possono farlo in quanto scelsero l'obiezione di coscienza. Questa è la motivazione per cui ben due proposte di legge provengono da tali zone. Su una simile oggettiva e lampante incoerenza vanno espresse parole chiare!
In conclusione, vorrei brevemente esprimere una considerazione, in quanto i nostri tempi sono ristretti: non penso che scrivere una pagina, come quella che stiamo scrivendo oggi, faccia onore al Parlamento! Cercheremo di intervenire sul complesso degli emendamenti, per quanto possibile, in una logica di riduzione del danno, ma il provvedimento in esame grida vendetta al cielo: è assolutamente immorale ed è dedicato ai volta-gabbana (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, a nome del mio gruppo, vorrei esprimere un orientamento favorevole sul provvedimento in esame, che contiene una modifica all'articolo 15 della legge 8 luglio 1998, n. 230, concernente l'eliminazione dei divieti derivanti dalla scelta di obiezione di coscienza al servizio militare di leva.
Desidero motivare il nostro voto a favore con tre considerazioni: la prima riguarda l'obiezione di coscienza quale istituto che, come tanti altri, può aver dato adito ad un certo opportunismo. Può darsi, infatti, che molti obiettori di coscienza non fossero tali, che abbiano cioè approfittato della legge per evitare il servizio militare e svolgere, così, un più «comodo» servizio civile. Non dobbiamo, tuttavia, dimenticare che la legge sull'obiezione di coscienza - voluta dai riformisti, dai liberali e dai libertari di questo Paese - è una legge di civiltà che ha consentito ai veri obiettori, coloro che rinunciano per principio all'uso delle armi, di farlo. La legge 8 luglio 1998, n. 230 è stata votata dal Parlamento della Repubblica italiana e non va, a mio avviso, contestata con le motivazioni rese nei precedenti interventi.
Il secondo ragionamento riguarda, invece, la drammatizzazione, da parte di alcune forze politiche, relativa alla modifica dell'articolo 15 della legge in questione. Una drammatizzazione che si scontra con il fatto che oggi, in Italia, non esiste più il servizio di leva obbligatorio: stiamo parlando di vicende che riguardano il passato, non il presente o il futuro.
Stiamo parlando anche - e questa è la terza motivazione alla base del mio voto favorevole - della possibilità che coloro i quali hanno utilizzato l'istituto dell'obiezione di coscienza cambino opinione nell'arco della vita. Onorevoli colleghi, questo Pag. 14è un punto fondamentale: non si può vincolare una persona ad una scelta per tutta la vita. Può accadere, ad esempio - come è accaduto - che coloro che da giovani pensavano che la nostra società si potesse cambiare con le armi o, al contrario, che mai le armi potessero essere utilizzate neppure per difesa personale cambino opinione crescendo e maturando.
La legge introduce quindi un istituto che consente la rinuncia allo status di obiettore di coscienza. Mi pare effettivamente un elemento utile per affermare che al mondo tutto cambia, non soltanto l'opinione dei partiti; pensiamo, ad esempio, che un tempo la sinistra italiana era contraria agli eserciti di professionisti e che il cosiddetto «popolo in armi», ovvero il modello del servizio di leva obbligatorio per tutti, era una rivendicazione del movimento socialista delle origini. Oggi, al contrario, la sinistra è favorevole ad un esercito di professionisti e non ad un esercito di popolo; quindi abolisce col suo consenso e col suo concorso il servizio di leva obbligatorio.
Capita di cambiare opinione: un tempo la sinistra era per il proporzionale - pensiamo a Turati, a Don Sturzo -, oggi è per il maggioritario. Perché non pensare allora che anche le persone possano cambiare opinione e possano essere in un dato momento della loro vita categoricamente contrari, anche per motivi di difesa personale, all'uso delle armi, ma possano poi cambiare opinione e rinunciare a questo status? Qualcuno dice che lo fanno per motivi opportunistici, perché vogliono poter partecipare a dei concorsi e magari vincerli. Ma perché impedire per tutta la vita ad un giovane - magari in una situazione precaria o senza lavoro -, solo perché in passato si è avvalso della legge sull'obiezione di coscienza, di partecipare ai concorsi per lavori che prevedono l'utilizzo delle armi? Ce ne sono tanti e non sono necessariamente di carattere militare, ma anche di carattere civile, ad esempio per i forestali.
Per quale motivo vincolare una persona per tutta la vita ad una scelta fatta quando aveva diciotto, diciannove o vent'anni?
Questo mi sembra l'argomento fondamentale della nostra discussione, su cui invito a riflettere. Se abbiamo una cultura liberale ispirata all'idea che le persone, così come accade per le forze politiche, possano cambiare opinione, se pensiamo che non sempre le opinioni si cambiano per motivi di opportunismo, ma anche per motivi reali, perché si crede al cambiamento o perché si maturano nuovi convincimenti, allora davvero non si capisce per quale motivo si debba fare un dramma di una modifica della legge vigente, che oggi impedisce a chi ha fatto in passato una scelta di rinuncia alle armi di fare nel corso della propria vita una scelta diversa.
È con questo spirito, di apertura al «revisionismo» e alla libertà di cambiamento delle opinioni, che il mio gruppo voterà a favore della proposta di modifica dell'articolo 15 della legge 8 luglio 1998, n. 230.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa maggioranza umilia la Camera dei deputati impedendole di occuparsi di importanti problemi sociali, economici ed istituzionali che affliggono il paese, ma trova il tempo e si impegna anche sul piano ideologico per approvare una legge che autorizza i cittadini a prendere in giro lo Stato. Ciò è gravissimo, è una pagina oscura, anche al di là della episodica portata del provvedimento stesso.
Non ho nulla in contrario se il cittadino, che anche strumentalmente in passato si sia dichiarato obiettore di coscienza, accede in seguito, per esempio, dopo nuovi percorsi, alla licenza di porto di fucile per uso di caccia, a patto però che egli riconosca che non si tratta di un'attività violenta, né tale da mettere in discussione la civiltà dei rapporti, come invece ideologicamente si rischia di sostenere. Cosa diversa è tuttavia accedere a concorsi per impieghi, uffici, funzioni o missioni che comportano oggettivamente - e probabilmente - l'uso delle Pag. 15armi, pur legittimo, nei confronti anche di altri esseri umani.
La norma al nostro esame è pertanto assolutamente inutile e peraltro tale da autorizzare i cittadini meno ispirati a nobili principi e più strumentali nei loro comportamenti a farsi beffe della legge e dello Stato.
Voterò quindi secondo le indicazioni dei colleghi Giovanardi e Ascierto, vale a dire contro la norma e a favore degli emendamenti che, diciamo così, limitano i danni, ma sottolineo all'attenzione degli onorevoli colleghi che questa non è una bella pagina della dignità parlamentare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, anch'io ero incerto se intervenire o meno: alcuni colleghi mi hanno fatto notare che il Parlamento avrebbe potuto dedicare il proprio tempo a provvedimenti più significativi.
Ritengo che tutti i provvedimenti abbiano una loro valenza ma, indubbiamente, quello al nostro esame lascia perplessi. Tuttavia, nonostante tutto, credo che quando siano in ballo principi morali ognuno di noi debba fare la propria parte, come peraltro è stato detto - credo dall'onorevole Bosi - a prescindere dalle appartenenze partitiche o ideologiche, che pure condizionano.
Il provvedimento in esame contiene alcune previsioni che possono essere condivisibili. Personalmente, rispetto la logica sottostante alla proposta finalizzata ad equiparare i cittadini e a porre rimedio anche a valutazioni diverse che un giovane si trova a fare in età matura. Tuttavia, occorre tener presente che, in ogni momento della propria vita possono farsi delle scelte che necessariamente implicano delle conseguenze. Pertanto, il legislatore deve porsi davanti al cittadino con l'obiettivo di non commettere ingiustizie e di non sanare le medesime, una volta verificatesi.
Questo provvedimento rischia, a mio parere in modo arbitrario, di equiparare situazioni tra loro profondamente diverse: quella dei giovani, dei cittadini che hanno compiuto un dovere verso la propria patria, affrontando rischi, emarginazioni e difficoltà nel continuare gli studi (come coloro che hanno adempiuto agli obblighi di leva), e quella di altri che, per scelte morali, che io rispetto ma sulle quali c'è da discutere, hanno obiettato. Ad esempio, all'epoca in cui l'Italia si è collocata all'interno dell'alleanza alternativa al Patto di Varsavia, che fin dall'inizio degli anni novanta aveva progettato l'invasione dell'Italia, in particolare della pianura padana, come testimoniano gli archivi del KGB, coloro che obiettavano, a mio modo di vedere sono stati dei traditori del proprio paese, pertanto, credo di doverli rispettare in modo relativo. Questi, comunque, hanno fatto una scelta chiara. In quel momento storico, il nostro paese si collocava da una parte e poteva essere attaccato dall'altra: poche persone hanno avuto il coraggio di affrontare, onestamente, una scelta che pure non condivido e che era gravida di conseguenze. Altri hanno scelto la comoda via dell'obiezione di coscienza, che consisteva nel nascondersi nei comuni o nell'essere dislocati presso partiti e sindacati o in ogni caso nel non fare nulla.
Di fronte a questa situazione, ritengo che il ripensamento possa essere ammissibile e che sia altrettanto comprensibile la possibilità di difendersi in situazioni di pericolo, contenuta in parte di questo provvedimento. Tuttavia, l'accesso ad attività che richiedono non soltanto la disponibilità di svolgere una determinata funzione, bensì un'adesione intima a particolari motivazioni (come avviene, ad esempio, per l'appartenenza all'Arma dei carabinieri, alla Polizia di Stato e via discorrendo), ritengo sia qualcosa di profondamente diverso.
Inoltre, come è noto, le giovani generazioni sono spinte ad accedere a questo tipo di carriera e di vita a causa delle situazioni occupazionali nelle quali si trovano, a prescindere dall'ispirazione e dalla motivazione ideale, che però dovrebbe essere sempre presente.Pag. 16
Oggi, che non c'è più la coscrizione obbligatoria, non si pongono queste considerazioni. Tuttavia non si può sanare per il passato una situazione in cui sussisteva una possibilità di scelta ed in cui tanti giovani, come giustamente è già stato detto, appartenenti alle classi più deboli del paese, senza appoggi politici o sindacali, sono stati collocati a distanza di centinaia di chilometri dal proprio paese. Difatti, conosciamo tutti le condizioni di estremo disagio delle nostre Forze armate e dei giovani che si trovavano in Friuli a difendere il proprio paese in una situazione non particolarmente esaltante. Però tali soggetti hanno sacrificato un anno della loro vita, a volte anche di più, per adempiere ad un loro dovere, volontariamente o involontariamente. Non possiamo quindi parificarli ad altri che, con una valutazione di opportunismo o di scelta ideologica - pochi, ad onor del vero - hanno fatto una scelta diversa. Pertanto, io distinguerei tra l'adesione o la possibilità di accedere ad alcuni impieghi o incarichi istituzionali (che a mio modo di vedere assolutamente non può essere concessa, perché richiede, in considerazione del momento in cui fu effettuata quella scelta di vita qualcosa che oggettivamente non c'è) dalla possibilità di difendersi.
Inviterei i colleghi a tenere presente che si parla ovunque di senso dello Stato; quindi manifestiamo un senso dello Stato, in quanto oggi si tende a ricomporre la divisione ideologica del Paese, ma tutto questo non può essere realizzato a discapito della dignità delle istituzioni e delle scelte fondamentali di vita, di politica estera e di difesa, che hanno caratterizzato il nostro Paese.
Con questo provvedimento, che può apparire piccolo e banale, si tratta anche di votare contro un «pezzo» della nostra storia patria, contro quei cittadini che hanno concepito una loro vita civile, sociale e militare a difesa di alcuni ideali di fondo che ci debbono trovare accomunati tutti. Per cui consiglierei maggiore cautela nell'affrontare tale argomento.
Per tale ragione, a titolo personale, esprimerò un voto contrario sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, oggi si sono udite in quest'aula espressioni davvero troppo forti e troppo ideologizzate. Ho sentito parlare, ma non è assolutamente motivo di polemica, di imperativi etici da parte dello Stato. Sicuramente, ho capito male, e sicuramente non era questa l'intenzione della collega che così si è espressa, infatti, se davvero parliamo di imperativi etici questi non possono provenire dallo Stato. Rispetto a imperativi etici dello Stato mi sento di dire: no, grazie!
In ordine, poi, al senso più profondo della discussione, si è parlato anche della possibilità di cambiare opinione. Se da una parte solo i paracarri non cambiano mai opinione, in questo caso non è questione di cambiare o meno opinione, ma siamo di fronte a situazioni paradossali, ad inutili vessazioni che si possono determinare per chi, qualche anno fa, in un'altra fase della vita personale, politica ed istituzionale del nostro paese, ha fatto scelte di un certo tipo.
La vita è piena di contraddizioni, però - e lo dico ai colleghi che, con tanto impeto, hanno fatto riferimento alla patria, ai valori, al sangue e ai caduti - chi ha fatto il servizio militare, oggi, in un concorso pubblico, non è più legittimato di chi ha svolto il servizio civile, facendo obiezione di coscienza, in quanto sono sullo stesso identico piano. Il punto è che dobbiamo capire la differenza che esiste, sul piano internazionale, tra operazioni di polizia, di peace-keeping e operazioni militari o interventi di guerra.
La stessa differenza vale anche per l'uso delle armi che, in ambito civile, possono essere utilizzate per la repressione del crimine o per il mantenimento dell'ordine pubblico rispetto ad un uso militare. Di questo abbiamo cercato di parlare.Pag. 17
Il provvedimento in esame nasce dalla legge n. 772 del 1972, che garantiva la possibilità di obiezione di coscienza, per motivi morali, religiosi e filosofici. Ebbene, nel corso della vita di ciascuno, come cambia la morale, può cambiare anche il credo religioso, e può cambiare - anzi deve cambiare - l'approccio e infine l'approdo filosofico, se è una vita in divenire, se è una vita dinamica.
Quindi, avevamo affermato l'idea di una legge che non punisce l'obiettore, ma che lo garantisce nel suo intento morale, agendo all'interno della legge e non al di fuori di essa. Ma essa, effettivamente, ha prodotto dei paradossi. Sicuramente, nel passato possono essere state perpetrate delle «furbate», e possono essere state escogitate astuzie e furbizie opportunistiche; e può darsi che anche domani, di fronte alla modifica della legge, ci sia spazio per azioni furbesche e strumentali. Tuttavia, dobbiamo capire che questa norma, nel momento in cui non esiste più la leva obbligatoria, deve anche essere protetta. Pertanto, non dovrà più sussistere, ad esempio, l'impossibilità - parlo per assurdo, ovviamente - di ricoprire un ruolo dirigenziale in una fabbrica che costruisce sistemi di sicurezza per le autovetture (penso agli airbag) perché sono considerati oggetti esplosivi; o che non si possa lavorare in una cava o in una miniera perché vi si adopera materiale esplosivo; o che non si possano praticare sport olimpici come il tiro a piattello o il biathlon, trattandosi di attività in cui l'uso delle armi è consentito, perché neppure alla lontana esse sono assimilabili ad alcuna attività bellica o militare in senso proprio.
Per queste ragioni, preannuncio il voto favorevole dell'Italia dei Valori sul provvedimento in esame che consente a tutti di compiere un passo in avanti, in una situazione che dal punto di vista internazionale è francamente molto più drammatica di quella qui rappresentata.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà.
MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ricordo che nella prima legislatura in cui sono stato eletto alla Camera dei deputati - nel 1992 - si discuteva del tema dell'obiezione di coscienza e una legge che introdusse questo principio, quando vigeva ancora l'obbligo della leva, fu rinviata alle Camere dall'allora Presidente della Repubblica Cossiga.
La materia in discussione è sempre stata delicata e controversa, e già allora sostenevamo che era utile accelerare l'abolizione della leva obbligatoria introducendo forze armate volontarie, risolvendo così il problema alla radice. L'obiezione di coscienza che (come molti colleghi hanno detto anche oggi) è stata utilizzata pretestuosamente da molti - accanto a tanti soggetti motivati - per sfuggire all'obbligo della leva, veniva superata dall'abolizione della leva obbligatoria e dalle forze armate volontarie. È stato necessario del tempo, ci siamo arrivati, e durante il Governo Berlusconi è stata anche anticipata l'abolizione della leva obbligatoria e quindi il passaggio completo delle forze armate al volontariato.
Oggi, contestiamo questa proposta di legge perché offre - come è stato detto da molti colleghi, ma voglio aggiungere la mia voce a quella di quanti, nel mio gruppo e non solo, mi hanno preceduto - una serie di vantaggi a chi si professò obiettore di coscienza evidentemente in malafede, perché con questo provvedimento potrebbe ottenere il porto d'armi e partecipare a concorsi nelle forze armate. Allora, quell'obiezione che pronunciò era sincera? Rispondeva a scelte etiche discutibili ma rispettabili, o era l'espediente per sottrarsi al servizio militare e farne uno di altra natura (che poi - com'è stato detto - nel tempo è stato ridotto nella durata e portato allo stesso tempo - dodici mesi - dell'esercito e delle forze armate)?
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MAURIZIO GASPARRI. Concludo signor Presidente.
Siamo dunque contrari a questa «legge pretesto», che premia i furbi e che è una Pag. 18presa in giro, soprattutto nei confronti degli obiettori che fecero quella scelta per motivazioni ideali pagandone il prezzo, quando si poteva correre qualche rischio e incorrere in qualche sanzione.
È una legge di cui non comprendiamo la motivazione reale: perché il vero obiettore dovrebbe andare poi nelle forze armate? Perché dovrebbe utilizzare le armi? Perché dovrebbe sparare, anche solo per cacciare? Riteniamo che sia una «legge-beffa», che non deve essere assolutamente approvata (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Avverto che, essendo stati esauriti dal gruppo Alleanza Nazionale anche i tempi aggiuntivi, secondo la prassi, la Presidenza non consentirà ulteriori interventi da parte dei deputati di tale gruppo, fatta eccezione per un intervento di un minuto per ciascuna singola proposta emendativa, al fine di consentire l'espressione della posizione del gruppo medesimo.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.
ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, a preoccuparmi è soprattutto il fatto stesso che oggi ci troviamo a discutere di questo provvedimento: è infatti da questa mattina che l'Assemblea è impegnata su un provvedimento che certamente è tutto tranne che urgente e non guarda ai veri problemi del Paese. In Commissione giacciono numerose iniziative che riguardano le reali difficoltà che il nostro Paese sta attraversando ed è arduo per noi riuscire a discuterle e portarle avanti fino a farle arrivare in aula. Invece, siamo qui a discutere di un provvedimento che, a mio avviso, non è altro che uno dei prezzi che il Governo Prodi deve pagare alla sua eterogenea maggioranza. Oltretutto, si tratta di un provvedimento che presenta contenuti estremamente seri e che è inaccettabile prendere in giro come si sta facendo.
Ricordo che, negli anni Settanta, quando svolgevo il servizio militare, vi erano i primi obiettori di coscienza, che venivano adoperati da una certa parte politica come una bandiera ideologica, il più delle volte sventolata contro l'esercito e contro un certo tipo di Stato. E ricordo benissimo di aver conosciuto alcuni di questi ragazzi: persone per bene, ragazzi seri, che hanno fatto di quella loro scelta una bandiera vera e che, sono convinto, in questo momento non hanno alcun interesse per un provvedimento di questo tipo. La loro, infatti, era una scelta vera; non era - come ha detto qualcuno stamani - un marchio che rimane per tutta la vita. Poiché le scelte sono scelte, e delle scelte e si è orgogliosi, non vi è motivo di cambiarle. E se anche è vero che nella vita si possono fare dei cambiamenti, va detto che l'obiezione di coscienza non era un marchio: era una scelta.
Di conseguenza, anche l'emendamento che eleva da due a cinque anni i tempi per la rinuncia allo status di obiettore mi pare un escamotage; mi pare cioè uno strumento che va comunque a risolvere i problemi di quei «qualcuno» per i quali, probabilmente, il provvedimento è stato portato avanti. Si è parlato della possibilità di accedere ai concorsi, della necessità di avere un posto di lavoro: ma questi sono aspetti che non hanno nulla a che fare con le scelte che sono state compiute. L'obiezione di coscienza è stata una conquista che il nostro Paese democratico ha permesso a tutti coloro che avevano ed hanno una visione particolare rispetto alle armi, all'esercito e ad un certo impegno nella società.
Per questo motivo, credo sia davvero preoccupante che oggi ci troviamo a discutere di questo provvedimento, anziché affrontare prioritariamente tutti gli argomenti realmente importanti per il nostro Paese. E dunque, per quanto mi riguarda, voterò non solo contro il provvedimento, ma anche contro l'emendamento che eleva da due a cinque anni i tempi per la rinuncia, poiché - come dicevo - si tratta solo di un accordo e di un escamotage, che non risolve alcun problema né va incontro ad una logica.
La preoccupazione - e concludo - è che di prezzi come questo ve ne siano Pag. 19ancora molti da pagare; la preoccupazione è cioè che in quest'aula, per pagare i prezzi del Governo Prodi, daremo priorità a quel che non serve e lasceremo invece da parte i veri problemi del nostro Paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.
DARIO RIVOLTA. Signor Presidente, gran parte della discussione è stata basata sul diritto di cambiare idea: un diritto che io credo nessuno possa contestare.
È naturale che chi, soprattutto da giovane, ha formato un mondo di idee possa, nel corso della vita, con l'esperienza, trovarsi a cambiarlo.
Tuttavia, ciascuno di noi vive la vita di tutti i giorni, ha una casa dove abita, un paese o una città dove è cresciuto, degli amici; alcuni di loro hanno svolto il servizio militare, altri non lo hanno svolto. Tutti sappiamo, nella constatazione pratica di quello che ci è successo, che coloro che hanno chiesto di evitare il servizio militare da arruolati, invocando l'obiezione di coscienza, nel 99 per cento dei casi - ed è una stima prudenziale - l'hanno fatto per opportunismo e non per convinzione: era più comodo pensare, attraverso l'obiezione di coscienza, di rimanere a casa e impegnarsi in un'attività che si conciliasse molto più facilmente con le occupazioni che già si stavano svolgendo, magari anche solo quella di studio. Tale scelta era più facile perché consentiva di rimanere vicino agli affetti, quelli nuovi o quelli familiari, già costruiti, e a qualcuno consentiva anche di continuare un'attività addirittura di lavoro in nero.
Sappiamo e abbiamo constatato - per fortuna, speriamo, in pochi casi - che a volte l'obiezione di coscienza non veniva neppure svolta: bastava l'apparenza, bastava presentarsi un giorno alla settimana, qualche ora, e qualche organismo compiacente avrebbe certificato che veniva svolto il servizio sostitutivo del servizio militare, che si era ottenuto attraverso l'obiezione di coscienza. Questa è la realtà! Una realtà che era consentita dalla legge esistente. Sappiamo anche che l'uno per cento, forse esagero, ma comunque qualcuno, si è avvalso di tale facoltà, perché profondamente convinto che non si dovesse, per quanto lo riguardava, svolgere alcun servizio militare.
Però, proprio con un senso pratico, guardando alla realtà e alla nostra esperienza, se cercassimo di immaginare, facendo delle osservazioni del tutto teoriche, quanti di quell'uno per cento che ha scelto l'obiezione di coscienza per convinzione potrebbero trovarsi a cambiare idea, vedremmo che forse non valeva nemmeno la pena di proporre il provvedimento in esame: infatti, se una piccola percentuale tra tutti coloro che hanno scelto l'obiezione di coscienza era profondamente convinta, la maggior parte di loro - lo sappiamo - continuerà a rimanere convinta, com'è nel suo diritto. Solo pochi di quelli che hanno evitato le armi, che hanno evitato la divisa e il dovere di prestare servizio alla Patria nell'esercito, solo pochi di loro - possiamo pensarlo, direi, con il buonsenso - sarebbero tra coloro che hanno cambiato idea. Invece, tra coloro che rientrano nel 99 per cento che ha scelto per opportunismo, non sappiamo quale percentuale ci possa essere, ma certamente una percentuale maggiore, perché se allora hanno modificato o distorto quelle che potevano essere le proprie idee, se mai ne hanno avute, dicendo e dichiarando di essere obiettori di coscienza, anche oggi, ugualmente, possono modificare o distorcere le proprie idee, se ne hanno, dicendo che adesso non sono più obiettori di coscienza. Molti di questi rientranti nel 99 per cento potrebbero trovarsi nelle condizioni di dire che hanno cambiato idea. Ma a questo punto, se noi approvassimo la proposta di legge in esame, accadrebbe ciò che diceva poco fa il collega Benedetti Valentini: ci troveremmo, oggettivamente, di fronte a una presa in giro dello Stato e delle istituzioni. Perché chi di noi ha fatto il servizio militare sa che non sempre sono state rose e fiori. Fare il servizio militare ha comportato qualche sacrificio psicologico, molti sacrifici pratici, per alcuni di noi, anche perdere degli anni preziosi per il Pag. 20completamento degli studi e il conseguimento della laurea, oppure per cominciare l'attività lavorativa e guadagnare i soldi necessari per poter contribuire al mantenimento della famiglia.
Quelli di noi che hanno fatto il servizio militare, in nome di un'obbedienza a una legge o in nome della volontà di servire le istituzioni ed adempiere a quello che sembrava, all'epoca, essere il dovere di tutti, hanno affrontato questi sacrifici. Quelli più furbi, invece, non hanno affrontato questi sacrifici, hanno ottenuto oggettivamente dei piccoli privilegi - almeno la maggior parte di loro - e oggi, con la proposta di legge al nostro esame, diremo: voi furbi valete quanto coloro che, invece, sono stati meno furbi di voi; voi che non avete avuto il senso del dovere (secondo ciò che in quel momento le leggi dichiaravano essere il dovere) oggi valete come coloro che il senso del dovere lo avevano.
Se, allora, dovessimo suggellare con una legge questo sentimento, questa equiparazione tra chi ha rispettato fino in fondo le leggi di allora e chi, invece, le ha osservate, ma con furbizia; se dovessimo oggi equiparare tra di loro queste due categorie, anche con misure che, come ricordava il collega Buontempo, potrebbero, magari attraverso concorsi, sfavorire chi ha fatto il proprio dovere e favorire chi non l'ha fatto; se dovessimo fare così, noi stessi, con l'approvazione di questa proposta di legge, contribuiremmo a prendere in giro lo Stato.
Forse, però, al fondo della proposta di legge al nostro esame - non certo, immagino, nei proponenti, ma in qualcuno di chi vorrebbe votarla, ad esempio la collega Deiana - c'è veramente una scelta ideologica. Magari vi è una volontà, consequenziale, di affermare, nel momento in cui tale proposta di legge viene approvata, che della Patria non ci interessa niente, che la Patria è un concetto che non esiste e non riconosciamo e che il dovere nei confronti della Patria è una cosa lontana da noi.
L'unico dovere che riconosciamo è quello verso noi stessi o, forse, collega Deiana, verso la nostra ideologia; la comunità che riconosciamo, forse, collega Deiana, è solo quella politica, partitica, ideologica e non quella più grande del Paese.
Se, dunque, si tratta di una scelta ideologica, se le parole della collega Deiana fossero la motivazione, anche se in seconda istanza, di molti che volessero votare questa proposta legge, allora, colleghi, vi dico: siamo veramente molto lontani; assumetelo fino in fondo questo momento di responsabilità; siate espliciti come ha fatto la collega Deiana.
Se la vostra è una scelta pratica e di rispetto delle istituzioni, vi dico, colleghi: non possiamo, non potete equiparare chi ha fatto una scelta di sacrificio con chi ha fatto una scelta di furbizia; ciò sarebbe veramente una presa in giro delle istituzioni medesime.
Se la vostra, invece, è una scelta ideologica, abbiate allora il coraggio di affermarlo e di dire: noi non siamo interessati al senso del dovere, non siamo interessati al senso della Patria, ma ci importa solo il nostro piccolo gruppo, la nostra piccola ideologia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rosso. Ne ha facoltà.
ROBERTO ROSSO. Signor Presidente, tutti i membri dell'Assemblea costituente - dai comunisti, che oggi probabilmente non ricordano più le origini dei loro padri, ai liberali, passando per i socialisti, i democristiani e i repubblicani - «recintarono» rigorosamente i limiti entro i quali il nostro Paese avrebbe potuto essere in armi. Ma, entro quei limiti molto rigorosi, convennero tutti, cara onorevole Deiana, che la difesa della patria fosse sacro dovere del cittadino e non ebbero vergogna a usare un termine che lei oggi dileggia.
Ci fu differenza, nella sensibilità di alcuni, rispetto a questa posizione ed infatti - come ricordavano in precedenza alcuni colleghi - il Parlamento repubblicano scelse di prevedere la possibilità per alcuni di svolgere il servizio civile e di fare obiezione di coscienza.Pag. 21
Vi erano, effettivamente, dei casi nei quali motivi filosofici e religiosi indussero alcuni cittadini a ritenere che portare armi fosse per loro improponibile; ed essi affrontarono anche la galera per questa ragione. Ma, come hanno detto molti, accanto a quei precursori in cui la morale era ferma, molti altri per opportunismo scelsero di scegliere, sulla base della legge, la stessa strada. Era, infatti, senza dubbio estremamente più facile far giocare i bambini due ore alla settimana nell'oratorio presso casa anziché fare il militare a 500 chilometri di distanza. Anche allora la legge non fu capace di evitare le truffe; ma che oggi si proponga una legge per creare nuove possibilità di truffa rappresenta veramente una scelta illogica. È vero, infatti, che ognuno può cambiare idea (viva, anzi, la libertà che consente di farlo!), ma non per questo si deve permettere che chi magari dieci anni fa avesse truffato lo Stato dichiarandosi falsamente obiettore di coscienza , al solo fine di sottrarsi a quegli oneri che altri cittadini si accollavano, oggi partecipi ai concorsi per posti che comportano l'uso delle armi su un piano di parità rispetto ad altri cittadini che avrebbero autonomamente il diritto di farlo.
Poiché questo è un principio di logica repubblicana, mi confonde il fatto che oggi qui vi siano forze politiche di maggioranza che, anziché comportarsi nel senso e nel rispetto dell'etica repubblicana, si comportano come una «società dei magnaccioni». È per questi motivi che, a titolo personale, preannuncio fin da ora il voto contrario sul testo unificato in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, desideravo lasciare una breve traccia del mio intervento; per questo motivo ho chiesto, seppur brevemente, la parola.
Desidero ricordare ai colleghi che il termine «pacifisti», non è una crasi tra pacifisti e opportunisti; in realtà, come ha detto bene l'onorevole Menia, si tratta in questo caso di «pacifinti». Colleghi, io non sono mai stato pacifista. Ho una tradizione di famiglia ed anche personale - avendo svolto gli studi in un collegio navale - che mi porta a criticare il pacifismo, nel rispetto però di tale posizione. Quest'ultima deve essere intransigente; infatti, è troppo comodo essere pacifisti quando si tratta di non espletare il servizio militare per poi poter miracolosamente riprendere le armi grazie ad un provvedimento di legge. Ciò non va assolutamente bene ed è qualcosa che mi sento di condannare.
Per questi motivi, il mio voto sul testo unificato in esame sarà contrario non solo per disciplina di gruppo, ma anche e soprattutto per convinzione personale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Venier. Ne ha facoltà.
IACOPO VENIER. Signor Presidente, intervengo per stigmatizzare come intollerabile il fatto che in questa Assemblea decine e decine di migliaia di persone che hanno scelto di fare il servizio civile siano definiti dei furbi, degli opportunisti o dei truffatori dello Stato. Siamo di fronte ad una legge dello Stato conquistata con molta difficoltà, che è stata applicata. Ciascuno di noi, nel momento in cui ha ricevuto l'invito a prestare il servizio militare, ha fatto una scelta.
A tal proposito, volevo rispondere all'onorevole Rivolta: vi è anche qualcuno a sinistra - il sottoscritto è uno di questi - che ha scelto di prestare il servizio militare. Questa è stata una scelta consapevole, in quanto i cittadini hanno potuto decidere. Essi hanno deciso di espletare il servizio militare oppure hanno deciso di fare il servizio civile poiché entrambe queste forme sono un contributo al nostro Paese, sono una forma di dovere civico, sono un modo di rappresentare e di dare attuazione ai principi e ai doveri sanciti nella Costituzione.
Non credo che questa Assemblea possa tollerare che una parte dei parlamentari insulti centinaia di migliaia di persone che Pag. 22hanno svolto il servizio civile nel nostro Paese. Con l'adempimento di questo dovere costituzionale essi hanno infatti permesso il funzionamento di un sistema di solidarietà, hanno fatto funzionare associazioni e strutture che hanno dato risposte ai bisogni del Paese. Certo, ci saranno stati anche degli abusi, ma quel contributo è talmente importante che oggi una proposta di legge riconosce la necessità di avere una forma di servizio civile, una forma di contributo e di azione dei cittadini a favore della comunità.
Il testo unificato in esame, che regolamenta un problema di dettaglio, diventa pertanto una cartina di tornasole della circostanza che in questo Parlamento, in questo Paese, c'è ancora una parte della destra che considera il militarismo - e non il servizio militare - un valore. Essa disdegna ogni opzione civile ed etica che fuoriesca dal servizio in armi come unico mezzo per espletare il proprio dovere nei confronti del Paese, credendo appunto che questo sia l'unico modo di fornire la propria partecipazione al dovere civico. Credo che questo sia un fatto grave. La discussione del presente provvedimento ci consegna una responsabilità ancora più forte nel fare in modo che l'idea della partecipazione e dell'assolvimento del dovere civico nella costruzione di un'identità di cittadinanza pacifica, nel rispetto del mandato della nostra Costituzione, costituisca un fatto non solo culturale ma anche politico per le scelte che dovremo compiere in questa legislatura.
Per tutte queste ragioni, che ho esposto nel dettaglio, voteremo a favore del provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per un richiamo al regolamento l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, poiché il testo unificato in esame contiene disposizioni, poi confermate dagli emendamenti presentati, che limitano i diritti della persona, a mio avviso si tratta di uno dei casi in cui la Costituzione prevede il voto segreto nelle aule parlamentari, proprio perché con gli emendamenti la Camera amplia, limita o elimina i diritti sacrosanti previsti dalla Costituzione per ogni singola persona.
Nel momento in cui la Camera vota perché una persona possa o meno accedere ad alcuni diritti generali previsti dalle norme di legge e dalla Costituzione, si rientra nei casi previsti dagli articoli 49 e 51 del regolamento e dagli articoli della Costituzione che prescrivono il voto segreto nei casi in cui è in discussione la limitazione della libertà e dei diritti della persona.
Chiedo, quindi, rivolgendomi anche al presidente del gruppo di Alleanza Nazionale, onorevole La Russa, che vengano applicate queste norme e le votazioni abbiano luogo a scrutinio segreto.
PRESIDENTE. La Presidenza si riserva di valutare la questione da lei sollevata alla luce delle previsioni di cui all'articolo 49 del regolamento.
Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori la relatrice, presidente Pinotti. Ne ha facoltà.
ROBERTA PINOTTI. Relatore. Signor Presidente, poiché sono stati presentati cinque subemendamenti riferiti all'emendamento 1.50 della Commissione, chiedo una breve sospensione della seduta per consentire al Comitato dei nove di valutarli.
PRESIDENTE. Sta bene. Sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 12,50, è ripresa alle 13,10.
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 1 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
ROBERTA PINOTTI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Gamba 1.1, nonché sui subemendamenti Gamba Pag. 230.1.50.1, 0.1.50.2, 0.1.50.3, 0.1.50.4 e Buontempo 0.1.50.5. Ovviamente la Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.50.
PRESIDENTE. Il Governo?
MARCO VERZASCHI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Ricordo che, prima della sospensione della seduta, il gruppo di Alleanza Nazionale ha avanzato una richiesta di votazione a scrutinio segreto con riferimento agli emendamenti e ai subemendamenti presentati.
Al riguardo, ricordo che l'emendamento della Commissione incide sul comma 1, lettera b), numero 2), capoverso 7-ter del testo che introduce la facoltà di rinunciare allo status di obiettore di coscienza, prevedendo che essa possa essere esercitata una volta decorsi almeno cinque anni e non già due anni dal collocamento in congedo, come attualmente previsto nel testo.
Tale previsione, a differenza delle altre prevalenti norme del provvedimento, alla luce dei criteri interpretativi enunciati nell'ambito della Giunta per il regolamento del 7 febbraio e del 7 marzo 2002, appare suscettibile di incidere sui principi e sui diritti di libertà di cui all'articolo 21 della Costituzione (libertà di manifestazione del pensiero), richiamati dall'articolo 49 del regolamento, in considerazione del fatto che vengono modificate «le condizioni sostanziali per l'esercizio dei diritti in questione», introducendo la possibilità di una nuova determinazione del soggetto interessato in ordine al proprio status, ricollegando a ciò specifici effetti giuridici.
Analoghe considerazioni valgono sulla base di un giudizio di prevalenza anche per l'ulteriore emendamento presentato, Gamba 1.1.
La richiesta può, pertanto, essere accolta nei termini sopra detti.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Gamba 1.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, non desidero aggiungere ulteriori argomentazioni a quelle già indicate dai colleghi del gruppo di Alleanza Nazionale - mi riservo di far ciò in sede di dichiarazione di voto finale -, tuttavia, l'emendamento fondamentale che abbiamo presentato, insieme con il collega Ascierto, si riferisce alla soppressione della seconda parte di questo testo, soppressione che consentirebbe, perlomeno, il mantenimento della prima parte, quella meno dannosa rispetto al mostro giuridico che si sta creando con questo provvedimento.
Sono sorte preoccupazioni riferite ad alcune storture che si sarebbero verificate in ordine alla previsione di divieti eccessivi disposti dalla legge sull'obiezione di coscienza con riferimento a coloro che hanno esercitato tale diritto. A nostro modo di vedere, tali storture potrebbero essere eliminate con l'intervento previsto dalla prima parte dell'articolo unico e semplicemente con una modifica del decreto in materia di armi da parte del ministro dell'interno. Proponiamo di abrogare la parte dell'articolo che si riferisce ad un meccanismo, assurdo, di dichiarazione di rinuncia ad un diritto, che rappresenta una mostruosità e che non fa altro che premiare i furbi. Peraltro, curiosamente, con tale dispositivo la sinistra vorrebbe dare il permesso di portare le armi, di andare a caccia e di utilizzare gli esplosivi a coloro che per motivi ideologici, a suo tempo, si sono dichiarati contrari all'uso delle stesse. Francamente, è una cosa incredibile! Invito perciò l'Assemblea a riflettere sull'opportunità di esprimere un voto favorevole sull'emendamento soppressivo Gamba 1.1, che manterrebbe le uniche preoccupazioni valide (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Betta. Ne ha facoltà.
Pag. 24MAURO BETTA. Signor Presidente, intervengo per esprimere contrarietà all'emendamento soppressivo Gamba 1.1: il testo della proposta di legge in esame è il risultato di un lungo confronto tra le forze politiche in Commissione, dove si è raggiunto - e credo si sia trattato di un fatto comunque importante - un largo consenso che purtroppo stamani, in quest'aula, non si è manifestato. In secondo luogo, voglio anch'io ribadire la necessità di riconoscere alle persone la possibilità di cambiare idea. A tal proposito, ricordo che, recentemente, modificando un decreto legislativo, il Governo ha ritenuto di abrogare il delitto di renitenza alla leva, per ragioni di contenzioso e dietro sollecitazione della Corte di giustizia europea, in considerazione del fatto che è stata modificata la disciplina della materia. Ciò dà il senso della necessità da parte del Parlamento di affrontare anche il tema dell'obiezione di coscienza con un'attenzione particolare. Infine, voterò contro l'emendamento in esame perché all'interno di quest'aula molti colleghi hanno sostenuto posizioni politiche a mio giudizio fortemente datate, ricorrendo a motivazioni legate più a ciò che è successo in passato che non ai contenuti, comunque innovativi, della legge n. 230 del 1998. Ricordo, infatti, che la legge menzionata partiva dal presupposto che servire la patria è un obbligo per tutti i cittadini, aggiungendo però che la patria si poteva servire sia con il servizio militare sia con quello civile. Ritengo allora che sia utile approvare la proposta in esame per superare anche le molteplici situazioni di contenzioso attualmente pendenti su queste tematiche, considerando che i Tribunali amministrativi regionali stanno accogliendo i ricorsi presentati dai cittadini.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, vorrei far notare che la votazione segreta si giustifica, normalmente, quando vengono in rilievo questioni personali, non di principio; tuttavia, la richiesta di voto segreto avanzata da Alleanza Nazionale sull'emendamento della Commissione che propone il passaggio da due a cinque anni del termine decorso il quale è consentito revocare l'obiezione di coscienza, rischia di incrociarsi con le posizioni della sinistra più radicale e di preludere ad una soluzione peggiorativa, essendo il periodo di cinque anni più ragionevole ai fini di un eventuale ripensamento. Segnalo all'attenzione dell'Assemblea e dei proponenti che tale soluzione rischia di andare in una direzione opposta rispetto a quella conclamata (Applausi del deputato Fasolino). Tutto ciò è sconcertante, anche perché credo che l'utilizzo del voto segreto per questioni di principio e di coscienza sia un'anomalia davvero rimarchevole.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, dichiaro di voler sottoscrivere l'emendamento Gamba 1.1, che mi convince pienamente.
PRESIDENTE. Sta bene. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto in dissenso l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, sono assolutamente contrario a quanto affermato dall'onorevole Bosi. È proprio il voto segreto a dare la libertà, anche ai deputati del centrosinistra che lo ritenessero, di non fare approvare questa norma, che ritengo davvero inquietante, pur rispettando chi ha fatto l'obiettore di coscienza. Quando si chiede il voto segreto non lo si fa per avvantaggiare una parte anziché l'altra: io non l'ho fatto calcolando che potesse portare vantaggi o svantaggi, perché quando sono in ballo i limiti dei diritti della persona, si difende, sempre e comunque, la libertà del Parlamento (Applausi di deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!
Pag. 25LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Vorrei chiedere la cortesia - per me, non per gli altri, che sono tutti esperti - di capire, votazione per votazione, quali siano i singoli emendamenti oggetto di deliberazione; abbiamo ascoltato argomentazioni sull'uno e sull'altro emendamento, che, però, hanno confuso le mie idee. Se lei, quindi, potesse precisare ogni volta l'oggetto della votazione, farebbe una cosa utile almeno a me.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Ricordo che le prossime votazioni avranno luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gamba 1.1, che prevede la soppressione della lettera b) al comma 1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 449
Votanti 408
Astenuti 41
Maggioranza 205
Voti favorevoli 139
Voti contrari 269).
Passiamo alla votazione del subemendamento Gamba 0.1.50.3, riferito all'emendamento 1.50 della Commissione, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, intervengo anche per chiarire all'onorevole Volontè che, adesso, stiamo esaminando i subemendamenti all'emendamento della Commissione, che modifica semplicemente il momento a decorrere dal quale si può effettuare la «strampalata» dichiarazione di rinuncia all'obiezione di coscienza. Come tutti sanno, la leva è stata sospesa ormai da più di due anni: i due anni che sono attualmente previsti dal testo, pertanto, è come se non ci fossero, considerati anche i tempi per l'entrata in vigore del provvedimento in esame. La Commissione propone di portare da due a cinque anni il termine decorso il quale è possibile rinunciare allo status di obiettore di coscienza, ma ciò non fa altro che punire esclusivamente una piccola quota: gli ultimi soggetti che hanno scelto l'obiezione di coscienza. Per tutti gli altri, invece, è tamquam non esset. Con questi subemendamenti, quindi, cerchiamo almeno di diversificare gli effetti in modo da renderli un minimo credibili.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.
DARIO RIVOLTA. Presidente, prima di procedere al voto vorrei sapere dal Governo - chiedendo in modo particolare la cortesia di una risposta - se, qualora il provvedimento fosse approvato senza emendamenti, quindi nel testo voluto dalla Commissione, sarebbe possibile per una persona che ha svolto il servizio sostitutivo come obiettore di coscienza e che poi rinunci al relativo status, assumere l'incarico di Presidente del Consiglio supremo della difesa (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo non intende rispondere (Commenti dei deputati del gruppo Forza Italia).
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Gamba 0.1.50.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 453
Votanti 407
Astenuti 46
Maggioranza 204
Voti favorevoli 133
Voti contrari 274).
Passiamo alla votazione del subemendamento Gamba 0.1.50.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Presidente, con i subemendamenti presentati cerchiamo di limitare l'effetto devastante della prevista dichiarazione di rinuncia all'obiezione di coscienza che - come dirò in seguito - costituisce un diritto soggettivo, come dispone la legge stessa, e non uno status, come, in maniera impropria, prevede il provvedimento in esame. Si intende, quindi, limitare l'effetto della dichiarazione di rinuncia e del divieto di porto d'armi e di utilizzo delle armi, di cui al comma 6. Sul comma 7 torneremo in seguito.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Gamba 0.1.50.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 452
Votanti 404
Astenuti 48
Maggioranza 203
Voti favorevoli 134
Voti contrari 270).
Passiamo alla votazione del subemendamento Buontempo 0.1.50.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Il fatto che il Governo non abbia risposto all'onorevole Rivolta non significa che l'onorevole Rivolta abbia pronunciato una bestemmia.
Non riesco a capire il perché di questa norma e ciò spiega il senso del mio subemendamento che prevede il termine dei venticinque anni. Se non sbaglio, il Presidente della Margherita - l'onorevole Rutelli - legittimamente era un obiettore di coscienza. Allora, mi chiedo se la vera finalità di questo provvedimento, di cui nessuno capisce la motivazione, possa essere proprio la copertura di incarichi presso il Consiglio supremo della difesa o di altri incarichi per i quali è necessario aver assolto il servizio di leva.
Il mio subemendamento, quindi, si propone di fissare l'età giusta, affinché i soggetti che hanno prestato il servizio sostitutivo civile al tempo in cui occorreva apposita dichiarazione di obiezione di coscienza, non vengano protetti da questo provvedimento.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Buontempo 0.1.50.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 450
Votanti 399
Astenuti 51
Maggioranza 200
Voti favorevoli 123
Voti contrari 276).
Passiamo alla votazione del subemendamento Gamba 0.1.50.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Anche in questo caso, cerchiamo ulteriormente di limitare i danni conseguenti a questo strampalato emendamento della Commissione, diversificando gli effetti riguardo alla decorrenza dei termini. Si prevede, infatti, di superare il divieto di cui al comma 6 con il decorso di sette anni, mentre, con riferimento al comma 7, è previsto il decorso di cinque anni.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Gamba 0.1.50.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 454
Votanti 412
Astenuti 42
Maggioranza 207
Voti favorevoli 131
Voti contrari 281).
Passiamo alla votazione del subemendamento Gamba 0.1.50.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Questo subemendamento ha un contenuto che potremmo definire inverso a quello precedente. Anche in questo caso, infatti, si cerca di diversificare il decorso del tempo minimo necessario per avere la possibilità di effettuare la dichiarazione di rinuncia ad un diritto senza che ciò comporti l'assunzione dei relativi oneri, prevedendo che per il divieto concernente il porto delle armi e tutti i permessi conseguenti rimanga fissato il termine di cinque anni previsto dall'emendamento della Commissione e che per l'altro divieto, ossia quello riferito alla prima parte, il termine sia di sette anni.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Gamba 0.1.50.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 458
Votanti 405
Astenuti 53
Maggioranza 203
Voti favorevoli 125
Voti contrari 280).
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.50 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Chiedo la parola per annunciare che, nonostante fortissime perplessità, il gruppo di Alleanza Nazionale voterà a favore di questo emendamento della Commissione perché lievemente limitativo del danno (per rimanere nei termini propri di altri provvedimenti), in quanto dal punto di vista morale perlomeno non consente che la dichiarazione di rinuncia all'obiezione di coscienza sia fatta praticamente nel momento stesso in cui si è esaurito il servizio civile per obiezione di coscienza, prevedendo appunto un termine di cinque anni.
È una norma puramente di principio in quanto, anche in questo caso, l'applicazione sarebbe limitata solo al caso di successive revoche della sospensione della leva.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente mi rivolgo di nuovo al Governo per una chiarificazione dei vari passaggi. In Pag. 28primo luogo, vorrei sapere se il Governo, che ha preso posizione sulle proposte emendative, sul testo finale si dichiari favorevole, contrario o si rimetta all'Assemblea. Vorrei capire la posizione Governo sull'intero provvedimento nel momento in cui lo stiamo per votare.
In secondo luogo, ripropongo anch'io una domanda non banale: vorrei sapere se nella normativa attuale, quella in vigore, l'incarico di ministro della difesa, quello di Presidente del Consiglio e gli incarichi collegati siano incompatibili con chi si è dichiarato obiettore di coscienza e se con questo provvedimento e rimuovendo questo vincolo ci siano personaggi politici che, essendosi dichiarati obiettori di coscienza, beneficerebbero della rimozione del suddetto limite e quindi potrebbero svolgere futuri incarichi che oggi la legge vieterebbe loro. È una domanda precisa che rivolgo al Governo perché, se così fosse, questo provvedimento avrebbe un ulteriore significato politico molto serio da valutare.
MARCO VERZASCHI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO VERZASCHI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, per quanto riguarda la prima parte della domanda dell'onorevole Giovanardi, in Commissione ci siamo rimessi al parere della Commissione stessa, poiché abbiamo riscontrato un'ampia disponibilità, ma soprattutto un'ampia convergenza sul testo che era stato presentato. Abbiamo espresso parere favorevole anche sull'ultimo emendamento presentato dalla Commissione, proprio perché esso andava incontro anche ad altre richieste presentate sia dalla maggioranza sia dall'opposizione. Di conseguenza, ribadisco il parere espresso in precedenza.
Riguardo alla seconda parte della sua domanda, mi pare molto strumentale e non credo sia il caso di rispondere...
CARLO GIOVANARDI. È il caso eccome!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, mi rivolgo a lei, innanzitutto, e ai colleghi, immediatamente dopo, perché il provvedimento in esame per noi è importante, come si è capito. È un provvedimento che non abbiamo compreso nella sua natura, che avremmo potuto votare, se fosse stato in qualche modo condiviso e argomentato, se, per esempio, si fosse previsto, a fronte delle disposizioni contemplate, una norma che riconoscesse un privilegio nei concorsi pubblici, o qualcosa di simile, a chi ha prestato il servizio militare. Vi è uno squilibrio, nel tentativo di rimettere in gioco, come se nulla fosse, chi ha usufruito della possibilità di essere esentato dal servizio militare, nei confronti di chi invece lo ha svolto e non ha alcun vantaggio.
Presidente, mi scuso per la premessa, ma annuncio che noi deputati di Alleanza Nazionale - e ciò vale anche per molti colleghi di Forza Italia - intendiamo tutti svolgere le dichiarazioni di voto, per cui ci sembra più corretto chiedere di rinviare tutto a martedì, quando tutte le dichiarazioni di voto potrebbero essere svolte l'una di seguito all'altra, senza l'interruzione che inevitabilmente, alle ore 14, come previsto, dovrà comunque avvenire. Pertanto, per correttezza chiedo di poter rinviare a martedì la parte finale del dibattito, con le dichiarazioni di voto e il voto finale. Mi rimetto anche all'attenzione dei colleghi degli altri gruppi.
PRESIDENTE. Colleghi, in ogni caso devo precisare che siamo in fase di dichiarazioni di voto; quindi, dovremo comunque procedere al voto dell'emendamento che stiamo esaminando.
Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, tutti riteniamo importante il provvedimento in esame, a prescindere dalla posizione di ciascuno. Sull'argomento i Pag. 29deputati di Alleanza Nazionale sono intervenuti ripetutamente e utilizzando anche i tempi a titolo personale che, come è noto, sono di tutti i gruppi. Noi riteniamo che sia invece molto utile arrivare ad approvare il provvedimento nella giornata di oggi.
Mi rivolgo con molta serenità al collega La Russa, facendogli notare che quello al nostro esame è un provvedimento contingentato; i tempi a disposizione dei gruppi sono esauriti, per cui ciascuno può intervenire solo per il tempo che stabilirà la Presidenza e non necessariamente per un minuto per gli interventi a titolo personale, data la fase a cui siamo arrivati, come insegnano i precedenti dell'onorevole Casini della scorsa legislatura.
Signor Presidente - atteso che la seduta ha avuto inizio alle 10, come richiesto dai gruppi di opposizione, atteso che abbiamo rinviato ulteriormente i lavori perché il collega La Russa, a nome del gruppo di Alleanza Nazionale, aveva l'esigenza di seguire il dibattito fin dall'inizio, essendo impegnato nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo. Le chiedo di andare avanti fino alle 14. Se ci saranno molti interventi, ciò ci aiuterà per la prossima settimana, avendo noi consumato quella quota di tempo che ci consentirà, la settimana prossima, di procedere al voto. Ovvero, se iniziamo le dichiarazioni di voto, com'è noto, signor Presidente, potremmo anche - procedendo magari noi, all'interno della maggioranza, ad un lavoro di sintesi - consentire lo svolgimento degli interventi che l'opposizione riterrà necessari e approvare oggi il provvedimento in esame.
Riassumendo, signor Presidente, essendo noi convinti, come l'onorevole La Russa, che si tratti di un provvedimento importante, riteniamo utile arrivare oggi al voto finale. Intanto, possiamo procedere al voto dell'emendamento 1.50 della Commissione e successivamente verificare il numero degli interventi, il tempo che la Presidenza intende accordare e quindi decidere come proseguire.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, se il collega Giachetti fosse stato un po' più attento alla richiesta dell'onorevole La Russa, forse non avrebbe svolto quell'intervento. A parte il fatto che non siamo stati noi a voler iniziare i lavori odierni alle dieci, ma il Presidente Bertinotti, dato che era prevista la riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo alle 9,30; tant'è vero che il Presidente Bertinotti non ha voluto che riprendessero i lavori dell'Assemblea prima del termine della riunione della Conferenza dei presidenti dei gruppi. Evidentemente, il collega non si è ancora ripreso dallo sciopero della fame.
Il collega La Russa ha fatto una proposta del seguente tenore: finiamo oggi, questa mattina, i voti e rinviamo a martedì - collega La Russa, correggimi se sbaglio - le dichiarazioni di voto e il voto finale. Che senso ha dire: «finiamo, andiamo avanti fino a consumare il tempo»?. Tempo non ce ne sarà più. Rimane solo il tempo per le dichiarazioni di voto, che faremo la settimana prossima insieme al voto finale.
Dunque, è questa la richiesta del collega La Russa che io appoggio e non mi pare che, seguendo la strada del collega Giachetti, rischieremmo di andare a finire ad oggi pomeriggio. Noi siamo anche pronti a riprendere i lavori nel pomeriggio, così come tutti voi sicuramente (Commenti del deputato Giachetti) - eh, ne sono certo! -, per finire comunque alla settimana prossima, portandoci inutilmente dietro ancora l'esame di alcuni emendamenti. Il buonsenso, invece, suggerirebbe di concludere velocemente, intorno alle 14, l'esame degli emendamenti e rinviare, alla settimana prossima - visto che c'è, come diceva il collega Giachetti, interesse su questo provvedimento - soltanto le dichiarazioni di voto - che si vogliono svolgere e non consegnare il testo come qualcuno ha ipotizzato - e il voto finale. Questa è la proposta avanzata dal collega La Russa, che noi riteniamo di appoggiare.
PRESIDENTE. Colleghi, direi intanto di votare l'emendamento al nostro esame per poi riprendere...
MAURIZIO GASPARRI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori per porre un'altra questione. Vorrei sapere quando si discuterà in Assemblea della vicenda, sollevata da numerosi gruppi parlamentari, relativa alle polemiche che hanno investito la Chiesa, il Vaticano, che noi abbiamo ritenuto molto più importanti del provvedimento al nostro esame (Commenti dei deputati dei gruppi L'Ulivo, La Rosa nel Pugno e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Onorevole Gasparri...
MAURIZIO GASPARRI. È giusto che in Parlamento si discuta di quanto accaduto!
PRESIDENTE. Onorevole Gasparri, su tali questioni, come lei sa, bisognerebbe prendere la parola al termine della seduta. Al momento, l'Assemblea sta esaminando e si accingeva a votare un emendamento. Per cui, cortesemente, andiamo avanti con la votazione dell'emendamento 1.50 della Commissione...
IGNAZIO LA RUSSA. Presidente, i colleghi chiedono di parlare in dissenso dal gruppo!
PRESIDENTE. Onorevole La Russa, chi parla in dissenso dal proprio gruppo?
IGNAZIO LA RUSSA. I colleghi Bocchino e Foti.
PRESIDENTE. Onorevole Foti, prego, ha facoltà di parlare.
TOMMASO FOTI. Signor Presidente, a me pare che le argomentazioni che aveva testé sviluppato il collega Gamba, trovino una limitazione nella votazione di questo emendamento.
A noi pare sia difficile sostenere un'obiezione di coscienza di durata limitata, o a tempo. Ci pare più opportuno che, se si vuole approvare un provvedimento serio, non vi siano limiti temporali entro i quali si possa compiere una specie di ravvedimento operoso, perché tale è l'argomento in discussione. Prima si è parlato di un'ipotesi di due anni, poi di una di cinque. Chi ha questi due benefici, oggi, nella misura maggiore del tempo, ha la possibilità di andare a caccia; chi, invece, è da sette o otto anni, non ha più questa possibilità. A me pare, signor Presidente, che per un ragionamento di equità, visto che stiamo parlando di un argomento che genera da una sensibilità di tipo personale...
PRESIDENTE. Onorevole Foti, deve concludere.
TOMMASO FOTI. Signor Presidente, lei non mi ha detto il tempo a mia disposizione...
PRESIDENTE. Onorevole Foti, il suo è un intervento a titolo personale, in dissenso dal gruppo: lei ha disposizione un minuto di tempo. Ha già parlato per più di un minuto.
TOMMASO FOTI. Bisognava dirlo che avevo un minuto di tempo a mia disposizione. Ne prendo atto. Concludo, annunciando che proprio per tale motivo voterò contro.
PRESIDENTE. Prima di dare la parola al collega Benedetti Valentini, che chiede di intervenire, ricordo che i tempi a disposizione del gruppo di Alleanza Nazionale sono esauriti. L'unica possibilità è quindi quella di intervenire in dissenso dal proprio gruppo. Onorevole Benedetti Valentini, intende parlare in dissenso dal gruppo?
Pag. 31
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Sì, Presidente. Le confermo questa ipotesi. Non c'è dubbio che la posizione espressa dal collega che ha attivamente lavorato in seno al Comitato dei nove sia sorretta da intendimenti positivi. È quella che ormai è chiamata la limitazione del danno, e che ormai è diventata la regola generale dei lavori di questa Assemblea: noi siamo qui, sempre o nel 99 per cento dei casi, a limitare i danni. Noi applichiamo una sorta di catenaccio legislativo, ma prima o poi qualche malaugurato goal purtroppo entra e non sono mai goal positivi.
Dissento dunque, e pur condividendo lo spirito della posizione illustrata dal collega a nome del gruppo, affermo che non si può accedere a tale mezza misura, ovverosia a quella che cerca di salvare il principio, ma che per altra via lo compromette.
Quindi, per le ragione esposte e per la coerenza che ci deve informare su argomenti di tale genere, voterò anch'io contro l'emendamento stesso.
PRESIDENTE. Mi pare che vi siano ancora alcune richieste di intervento in dissenso di deputati del gruppo di Alleanza Nazionale.
Poiché - lo ripeto - i tempi sono ampiamente esauriti, posso dare la parola per un massimo di trenta secondi ciascuno.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Zacchera. Ne ha facoltà.
MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, ci sono interventi in dissenso per far perdere tempo ed altri convinti: il mio lo è. È l'intervento di un parlamentare che ha sostenuto che almeno l'articolo 1 fosse, in parte, accettabile.
Però, ci prendiamo in giro se prima bocciamo gli emendamenti, che renderebbero più logico un periodo di tempo credibile, e poi la stessa Commissione propone un periodo di cinque anni che, secondo me, è risibile se si riferisce a chi a suo tempo aveva fatto questo tipo di scelta, probabilmente motivata, ma non al punto tale da maturare nello spazio di cinque anni.
È un opportunismo ed io sono contrario agli opportunismi. Pertanto, voterò in modo convinto contro l'emendamento in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Bocchino. Ne ha facoltà. Le ricordo che il tempo a sua disposizione è di trenta secondi.
ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, anch'io dissento dalla dichiarazione di voto fatta dal collega Gamba a nome del gruppo Alleanza Nazionale.
Il collega Gamba ha affermato che la soluzione offerta dall'emendamento della Commissione è leggermente meno dannosa rispetto al testo originario, che, di fatto, rappresentava una soluzione inesistente, prevedendo un periodo di due anni dal momento in cui si era concluso il servizio da obiettore di coscienza.
Quindi, dissento perché credo che quello del collega Gamba sia un atto di buonismo inutile e che si debba invece votare contro questo emendamento...
PRESIDENTE. Concluda!
ITALO BOCCHINO. ...perché comunque fa parte di un impianto normativo inaccettabile.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Migliori. Ne ha facoltà.
RICCARDO MIGLIORI. Signor Presidente, anch'io intervengo in dissenso rispetto alla posizione espressa dal collega Gamba a nome del gruppo, in quanto è effettivamente originale, come è stato detto ora da alcuni colleghi, introdurre questo elemento, relativo alla tempistica, su una questione di grande valore e di natura complessiva.
Siamo cioè in presenza di un logica che io comprendo e che è stata definita di Pag. 32riduzione del danno da parte del collega Gamba, ma egli comprenderà le regioni profonde per le quali il suo ragionamento non convince il gruppo di Alleanza Nazionale (nella sua maggioranza) e che, come vede Presidente, non a caso si esprime con un forte dissenso rispetto alle dichiarazioni del collega Gamba.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.
MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, dichiaro che, contrariamente a quanto enunciato dal gruppo, mi asterrò. Ritengo, infatti, che sarebbe stato molto più opportuno fissare un termine entro il quale operare con la dichiarazione che rivede la scelta di obiezione di coscienza.
Avendo scelto questa strada noi consentiamo a chiunque, decorso quel tempo, di decidere secondo convenienza, ovverosia quando e come gli convenga effettuare quella dichiarazione.
Non mi sembra una soluzione seria ed è per questo che mi asterrò.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Ascierto. Ne ha facoltà.
FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, intervengo in dissenso, ma mi astengo perché ho condiviso in Commissione tutto il percorso insieme all'onorevole Gamba, ed ho presentato un emendamento soppressivo di una parte dell'articolo, quindi non posso accettare altre modulazioni.
Noi non siamo per uno status di obiezione a tempo determinato, né possiamo valutare la riduzione del danno sotto il profilo della disparità di trattamento, tra chi ha servito la patria e chi non lo ha fatto. Per tali ragioni mi asterrò.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Airaghi. Ne ha facoltà.
MARCO AIRAGHI. Signor Presidente, anch'io intervengo in dissenso rispetto all'indicazione di voto che ha dato il nostro rappresentante, onorevole Gamba.
E pur comprendendo le motivazioni che lo hanno spinto - forse per spirito di partecipazione alla Commissione - a dare un parere favorevole a questo emendamento, non riesco assolutamente a comprendere quale possa essere la ratio migliorativa nell'aumentare il periodo di tempo decorso il quale si possa operare la rinuncia da due a cinque anni, o ad altro lasso di tempo; perciò questa proposta di legge è, secondo noi, assolutamente inaccettabile.
Dunque, per rispetto dell'onorevole Gamba, non mi sento neanche di dare un voto contrario a tale emendamento e annuncio il mio voto di astensione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE CONSOLO. Signora Presidente, mi dispiace che ella abbia mostrato disappunto rispetto alle richieste che legittimamente le stiamo ponendo. Però vede, Presidente, io considero l'obiettore di coscienza, per mutuare un termine militaresco, in «servizio permanente effettivo». Questo servizio permanente effettivo deve durare sempre per l'obiettore di coscienza. Ora, il buonismo che permea la proposta di portare da due a cinque il numero degli anni - sto concludendo, Presidente - mi sembra eccessivo; è questo il motivo per cui io, in dissenso dal gruppo, mi asterrò su questa votazione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.
DARIO RIVOLTA. Presidente, mi pare che il rappresentante di Forza Italia al Comitato dei nove abbia chiesto di intervenire. Se lei lo consente, io mi esprimerei dopo aver sentito la voce ufficiale del rappresentante del gruppo.
Pag. 33PRESIDENTE. Sta bene. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cossiga. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, penso che saranno in pochi che alla radio ci stanno ascoltando in questo momento e ancor meno quelli che capiscono cosa sta succedendo. La tecnica parlamentare si apprende anche seguendo una trasmissione alla radio.
Con il mio intervento intendo esprimere la posizione ufficiale del gruppo a cui appartengo in relazione all'emendamento in esame. I colleghi sanno bene che questo permetterà a molti di loro di intervenire in dissenso e di parlare per circa un'ora. È quello che abbiamo appena visto.
L'onorevole Gamba ha espresso una posizione concordata e ha permesso a molti colleghi del suo gruppo, che la pensavano in maniera diversa, di poter intervenire, cosa che è avvenuta nel corso di tutte le votazioni, perché è agli atti che le indicazioni del capogruppo e del gruppo non sono state praticamente mai seguite dal gruppo di Forza Italia. Questa è la vita parlamentare! (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
La ragione per cui esprimerò parere favorevole sull'emendamento in esame - pur essendo contrario ad accedere alla mediazione su di esso - è quella di mantenere un certo tipo di compattezza su questo punto, motivo per cui si è addivenuti insieme al collega Gamba, ai colleghi della Lega e a quelli dell'UDC, a proporre alla Commissione di passare da due a cinque anni.
Quindi, confermando il mio sostanziale disinteresse per questo emendamento, perché concordo che di fatto non abbia alcun effetto, confermo il voto favorevole del gruppo su di esso (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia e di deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.
DARIO RIVOLTA. Vorrei intervenire in dissenso, come il collega Cossiga aveva previsto. Sono in dissenso perché non cambia la sostanza fra due o cinque anni, soprattutto non cambia alla luce della nuova normativa che ha sospeso il servizio di leva e quindi non può richiedere nemmeno l'obiezione di coscienza. Ben diverso sarebbe stato se, nell'emendamento approvato dalla Commissione, fosse stato previsto un termine di quindici o venti anni, ma da due a cinque non c'è molta differenza: cinque anni sono l'equivalente di due. Non è nemmeno un tamponamento del danno, una sua correzione: il danno persiste. Per questo motivo voterò contro l'emendamento in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.
FABIO GARAGNANI. Anch'io, in dissenso dal gruppo cui appartengo, ritengo che questo emendamento, pur avendo una sua finalità, non risolve il problema di fondo che è quello dell'incompatibilità del presente provvedimento con una situazione come quella dell'obiettore di coscienza, che ha fatto scelte ben precise, che non possano essere assolutamente modificate o attenuate.
È questa la ragione per cui anche questo emendamento, che pure ha una propria logica, non si giustifica perché il provvedimento è in sé sbagliato - errato, a mio modo di vedere - in quanto sanziona un'ingiustizia come quella sulla quale mi sono soffermato e si sono soffermati anche altri colleghi del mio gruppo. Il problema non è di cinque o quindici anni, diceva il collega Rivolta, e io lo condivido: il problema è a monte, va risolto con coerenza, soprattutto tenendo presente alcuni presupposti essenziali che non si sono verificati. Questa è la ragione per cui su questo emendamento mi asterrò.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal Pag. 34proprio gruppo, l'onorevole Patarino. Ne ha facoltà.
CARMINE SANTO PATARINO. Signor Presidente, il mio sarà un voto di astensione critica, ma non nei confronti del collega Gamba che ha voluto aderire all'emendamento presentato dalla Commissione, ma, semmai, nei confronti del Governo e della maggioranza, che ritengono, presentando l'emendamento in esame, di «edulcorare la pillola», o, meglio ancora, di prenderci in giro, di prendere in giro tutti i cittadini che hanno ritenuto fosse un loro dovere fare il servizio militare. Ritengono, invece, di premiare i «furbi», coloro i quali non hanno voluto fare il servizio militare, e adesso vogliono rivedere le proprie posizioni per tornaconto personale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, il mio è un dissenso strumentale, è semplicemente un modo per ribadire, nei pochi secondi che ho a disposizione, che se la maggioranza avesse acconsentito ad una richiesta semplice, come quella di rinviare al pomeriggio di oggi la votazione, il gruppo di Alleanza nazionale avrebbe immediatamente votato a favore dell'emendamento in esame. Così avverrà di fatto: rinvieremo la votazione al pomeriggio; io proponevo invece di rinviare a martedì prossimo. Nel pomeriggio vi saranno delle difficoltà in più: sono certo che otterrete il numero legale, ma troverete una maggiore difficoltà. Anticipo, infatti, che, non essendo stata accolta la nostra richiesta, non parteciperemo alla seduta di oggi pomeriggio se non per il numero di parlamentari strettamente necessario a esporre le nostre opinioni.
Signor Presidente, sono in dissenso dall'emendamento in esame strumentalmente, per affermare che, a volte, un minimo di ascolto in più eviterebbe inutili strascichi come questo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Martinelli. Ne ha facoltà.
MARCO MARTINELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per esprimerle il mio dissenso dal collega Gamba, anche perché, come più volte è stato detto, la questione non è più se si tratti di due, cinque o anche venticinque anni. L'obiezione di coscienza, lo dicono le parole stesse, è una convinzione che nasce all'interno di noi, e non può essere cambiata «a tempo». Ritengo che non sia questo il momento giusto per affrontare una tematica del genere.
Mi trovo d'accordo con il collega La Russa quando afferma che dobbiamo affrontarla con più calma, e forse, se vi fosse stato maggiore ascolto da parte della maggioranza per le tesi che provengono dai banchi dell'opposizione, sarebbe stato tutto più semplice (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Essendo ormai quasi le ore 14, e atteso che alle ore 15 avrà luogo lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata, direi comunque dopo il voto che ci attende, di sospendere la seduta per riprendere al termine del question-time le dichiarazioni di voto ed il voto finale su questo provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Menia. Ne ha facoltà.
ROBERTO MENIA. Signor Presidente, anche il mio è un intervento strumentale in dissenso ed intendo svolgerlo per esaurire questi ultimi minuti.
Ho già avuto modo di affermare in precedenza che trovo sostanzialmente immorale che si introduca oggi con il provvedimento in esame la categoria degli obiettori «a responsabilità limitata» o «a termine», se preferiamo.
D'altra parte, secondo le disposizioni dell'emendamento che stiamo per votare, elevare il termine, originariamente previsto Pag. 35di due anni (ciò significava farlo valere per tutti, posto che la leva è finita due anni fa), a cinque...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ROBERTO MENIA. ...fa sì che siano puniti di fatto gli ultimi ad aver compiuto questa scelta e premiati i primi. Si introduce di fatto un elemento...
PRESIDENTE. Onorevole Menia, dovrebbe concludere.
ROBERTO MENIA. ...che va a creare due categorie, quella dei privilegiati e quella dei meno privilegiati. Sotto tale aspetto, quindi, anche se si ragiona nella logica della «limitazione del danno», trovo che si tratti di un provvedimento fondamentalmente incostituzionale, motivo per il quale mi asterrò.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo l'onorevole Porcu. Ne ha facoltà.
CARMELO PORCU. Signor Presidente, l'amico Gamba mi è molto simpatico, ma in questo momento non posso esprimere il mio voto favorevole nei confronti del suo emendamento, perché, se si è obiettori una volta, lo si è per sempre. Sarebbe come avviene per i falsi invalidi, che diventano ciechi ed invalidi e poi possono guidare anche la macchina. Se una persona dice che gli piacciono le armi, non può poi cambiare idea. Questa è l'Italia che si basa sull'imbroglio e sulla furbizia (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)! Ciò è assolutamente inaccettabile!
Dovrebbero fare un esame di coscienza coloro i quali hanno tenuto un tale comportamento, condannabile dalla coscienza morale del Paese! Questo è un inno alla furbizia ed è totalmente inaccettabile (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, colgo questo minuto di tempo...
PRESIDENTE. Ha trenta secondi, onorevole, non un minuto.
TEODORO BUONTEMPO. Va bene, se preferite posso intervenire per un richiamo al regolamento. Credo che l'Assemblea non debba rimanere prigioniera! Quando i presidenti dei gruppi si riuniscono e stabiliscono degli orari, questi ultimi possono essere sforati di qualche minuto, ma l'Assemblea non può rimanere costantemente prigioniera degli eventi! Alla Camera, i tempi, gli orari, le convocazioni e la chiusura della seduta sono cose certe! Ciò garantisce a tutti i parlamentari di svolgere, secondo coscienza, il proprio dovere. La prassi prevede una sospensione dei lavori che va dalle 13 alle 13,30. Le ore 14, ed oltre, signor Presidente, sono un evento straordinario che solo l'Assemblea può legittimare! Solo l'Assemblea, con un suo voto, può stabilire di modificare una prassi o quanto è stato stabilito in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo.
PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, concluda.
TEODORO BUONTEMPO. Concludo, Presidente. La Presidenza - in questo caso mi riferisco a lei, che si sta attenendo a quanto è stato fatto in passato da altri Presidenti - non può di volta in volta decidere, come una molla elastica, fino a dove si possa arrivare! Quando si stravolgono i tempi della seduta, occorre un voto dell'Assemblea!
PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, non vi è stata alcuna determinazione da parte della Conferenza dei presidenti di gruppo relativa all'orario di sospensione della seduta. Spesso i lavori dell'Assemblea si sono prolungati fino a questi orari; sono le 14 meno cinque (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)... Meno due minuti, va bene, meno due minuti!Pag. 36
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Pedrizzi. Ne ha facoltà.
RICCARDO PEDRIZZI. Signor Presidente, chi ha fatto studi di filosofia, quando sbagliava i ragionamenti, si sarà spesso sentito ripetere dal professore di filosofia questa frase: «per la contraddizion che nol consente». In questo caso, la contraddizione non lo consente per ciò che riguarda l'obiezione di coscienza, perché o si è obiettori di coscienza sempre, o non lo si è mai! Non lo si può essere ad intermittenza e a seconda delle convenienze! Per tale motivo non posso votare come ha indicato il collega Campa.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti (Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)... Mi scuso: ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Germontani. Ne ha facoltà.
MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, intervengo per dichiarare che voterò in dissenso dal mio gruppo, in quanto ritengo che vi siano forme di furbizia non accettabili da parte del Parlamento su un argomento tanto serio e importante come l'obiezione di coscienza e, di conseguenza, la coscienza dei cittadini. Il mio voto sarà, pertanto, un voto di dissenso rispetto a quello dichiarato dall'onorevole Campa.
PRESIDENTE. Faccio presente ai colleghi che sono le ore 14 e che, se procediamo al voto dell'emendamento 1.50 della Commissione, saremo poi in grado di sospendere la seduta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Castellani. Ne ha facoltà.
CARLA CASTELLANI. Signor Presidente, anch'io vorrei esprimere un voto di dissenso, sottolineando che quest'Assemblea ha perso un'intera mattinata a non votare un provvedimento che prende in giro tanti nostri giovani. Si tratta di un testo diseducativo per chi è chiamato ad operare delle scelte e deve poi coerentemente portarne avanti le conseguenze. Credo che...
PRESIDENTE. Onorevole Castellani, concluda.
CARLA CASTELLANI. Concludo, Presidente. Se i cittadini italiani ascoltassero il dibattito che oggi si è svolto in quest'aula, si allontanerebbero sempre più dal mondo della politica. Non stiamo facendo un buon servizio al Paese!
PRESIDENTE. Passiamo ai voti... Onorevole La Russa, le chiedo scusa, lei è già intervenuto sull'ordine dei lavori...
IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Credo che il Presidente abbia ragione nel voler passare alla votazione perché il regolamento non ammette interruzioni nel corso delle dichiarazioni di voto. Quindi, in ossequio al regolamento, ma soprattutto per rispetto e cortesia nei confronti del Presidente, noi sospenderemo alle ore 14 gli interventi.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole La Russa.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.50 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 388
Votanti 367
Astenuti 21
Maggioranza 184
Voti favorevoli 321
Voti contrari 46).Pag. 37
Il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta e riprenderà al termine dello svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata, con le dichiarazioni di voto finale e la votazione finale.