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Si riprende la discussione.
(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 2534-A).
PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta sono iniziati gli interventi in discussione sulle linee generali.
È iscritto a parlare il deputato Caruso. Ne ha facoltà.
FRANCESCO SAVERIO CARUSO. Signor Presidente, ci troviamo a discutere di un provvedimento non auspicato, ma necessario, in quanto, da alcuni anni, dobbiamo fare i conti con il deficit del sistema sanitario che in alcune regioni è sempre più profondo e drammatico. Ritengo vadano messe in evidenza le responsabilità politiche e amministrative di tale deficit, Pag. 30un buco nero della sanità che si allarga a dismisura su un tema così delicato, quale il futuro del diritto alla salute, che rientra in quei diritti e servizi essenziali che un paese cosiddetto civile e democratico dovrebbe garantire.
Si tratta di una responsabilità politica e amministrativa che investe quasi tutto il mondo politico. Mi riferisco alle amministrazioni della regione Lazio, succedutesi in questi anni, e a quelle della regione Campania, dove esiste una particolare responsabilità del centrosinistra e degli assessori che si sono succeduti in questi anni, senza che questo rinnovamento, il cosiddetto «rinascimento bassoliniano» di tanta decantata memoria, abbia affrontato i nodi al pettine su un tema così delicato e su una vicenda particolarmente rilevante dal punto di vista sociale.
Provando per curiosità a digitare le parole «condanna assessore sanità» su un motore di ricerca, ho trovato risultati che vanno dalle inchieste sulla «Lady ASL» della regione Lazio, che ha portato in carcere un assessore della giunta di centrodestra, ad altre inchieste che hanno attraversato il sud d'Italia, e non solo, e che hanno visto inquisiti amministratori sia del centrodestra che del centrosinistra.
Ritengo che il provvedimento in esame, e in particolare gli investimenti che l'amministrazione pubblica centrale riconosce ad alcune regioni, così come il ticket e altri strumenti di tassazione del servizio, che reputo ignobili e deplorevoli, non servono a pagare il sistema sanitario, ma a pagare le reti di clientele e tangenti e di potere colluso e connivente, anche con una parte del mondo politico.
I cittadini devono pagare la gestione, ormai pluridecennale, di queste reti di clientele su cui si è fondato il sistema sanitario e su cui hanno fatto fortuna tanti politici, ieri della Democrazia cristiana, oggi di ambedue gli schieramenti. Dobbiamo soffermarci con particolare attenzione sulla corruzione e sugli sprechi che investono il sistema sanitario, trovando soluzioni per renderlo più efficiente e colpire tale meccanismo di corruzione e sprechi.
Ho letto con particolare attenzione l'accordo fra la regione Campania e lo Stato sul ripiano del disavanzo. Questo documento sancisce il meccanismo per il quale il Governo nazionale concede un miliardo di euro alla regione, che deve ottemperare a tutta una serie di obblighi, dal blocco parziale del turn over all'impossibilità di nuove assunzioni. Nel 2007-2008, a fronte di 100 infermieri che escono, ne potranno essere assunti solo 25, mentre per quanto riguarda il resto del personale, a fronte di 100 che escono, se ne possono integrare solo 100. Questo è un esempio, analogo al contenimento delle prestazioni che prevedono indennità accessorie ai casi di effettiva necessità.
Mi sembra che tali norme, a partire da quelle relative ai tagli del personale, vadano a colpire i lavoratori da una parte e gli utenti del servizio sanitario dall'altra. Il meccanismo delle indennità, in questi anni, è stato strumento di elargizione di favori, finalizzato a consolidare consensi politici o sindacali. Tuttavia non si può pretendere, contemporaneamente, di ridurre gli stipendi e il personale, di aumentare i carichi di lavoro, garantendo allo stesso tempo i LEA e i servizi aperti senza personale; ciò mi sembra un po' esagerato. È vero, una parte di responsabilità ricade anche sui lavoratori, ma questo accade per necessità e ignoranza, non certo per complicità.
In base a questo accordo si può prevedere da una parte un peggioramento drastico della qualità dei servizi e dell'assistenza, che in Campania è già al di sotto degli standard minimi, e dall'altra un aumento delle malattie, degli infortuni, delle morti per cause di servizio e dell'assistenzialismo.
Se questa previsione si avvera, i cittadini rischiano di trovarsi di fronte a costi maggiori, mentre la domanda si orienterà sempre di più verso la sanità privata, smantellando il servizio pubblico e favorendo i privati che lucrano. Di lucro, infatti, si tratta: non si può definire diversamente l'attività di chi cerca di arricchirsi, anche in modo poco trasparente, sul diritto alla salute. I processi di privatizzazione Pag. 31e di esternalizzazione che hanno contraddistinto in questi anni il sistema sanitario fanno presagire che la logica del profitto schiaccerà e renderà un privilegio quello che dovrebbe essere invece diritto sacrosanto, il diritto alla salute.
Da questo punto di vista sono dunque particolarmente preoccupato. Ritengo tuttavia che questo provvedimento vada varato, proprio per cercare di costruire una diga anche a tale meccanismo di privatizzazione e di esternalizzazione e per cercare di individuare delle linee di sviluppo e di gestione pubblica efficace ed efficiente nell'ambito della riorganizzazione del servizio pubblico; questa è la scommessa.
Credo che su un punto particolare di questo provvedimento, però, dobbiamo accendere i riflettori e cercare di fare quanto è necessario. Mi riferisco all'articolo 1-bis e all'abolizione del ticket, che ritengo indispensabile per coprire una delle macchie nere della legge finanziaria approvata a dicembre. A questo riguardo, credo che sia stato importante il lavoro svolto dal Senato che ha inizialmente ridotto l'entità del ticket, anche se la sua riduzione a 3,5 euro potrebbe comportare costi maggiori dei proventi. L'abolizione totale del ticket, proposta infine approvata dalla Commissione, è a mio parere non solo necessaria ma anche un primo segnale di inversione di tendenza. Tale decisione mette la parola fine ad uno strumento fra i più sconcertanti e deplorevoli.
È difficile andare in giro per i quartieri popolari o nelle sedi dei movimenti dei precari e non sentirsi accusato di aver adottato quello che credo sia veramente uno dei provvedimenti più nefasti contenuti nella legge finanziaria.
Ritenendo necessario ragionare anche su altre misure, ho scelto di non ritirare l'emendamento che abbiamo presentato, come gruppo di Rifondazione Comunista, in Commissione affari sociali. Mi riferisco alla copertura finanziaria, altro tema molto discusso, ossia alle modalità con cui reperire questi fondi. Ritengo che l'accordo raggiunto sulla possibilità di una copertura del ripiano dei debiti pregressi e sulle politiche comunitarie sia accettabile a fronte dell'ipotesi prima paventata relativa ai tagli indiscriminati sulle politiche sociali, per la ricerca e per la famiglia. Questo è già un primo passo.
Con il nostro emendamento, inoltre, segnaliamo un'altra pagina nera della legge finanziaria, su cui prima o poi dovremo mettere mano, che riguarda quei 4 miliardi e mezzo di euro che si è scelto di destinare alle spese per l'innovazione tecnologica del Ministero della difesa. Ci riferiamo all'acquisto di aerei e di elicotteri da combattimento, che, a mio avviso, non servono e spero non serviranno mai, non solo perché sono strumenti di guerra e di morte ma, soprattutto, perché gravano sulla spesa pubblica. Difatti, questi 4 miliardi e mezzo di euro potrebbero trovare ben altra destinazione, andando a coprire l'erogazione di un reddito minimo garantito per tutti i precari disoccupati. Il Ministro Damiano, in sede di incontro tra i ministri del lavoro, ha sottoscritto la necessità dell'erogazione di un reddito minimo garantito per tutti cittadini dell'Unione europea. Tuttavia, in Italia ancora non si riesce a configurare una misura del genere, che è attesa ormai da più di dieci anni, ovvero da quando è finita la sperimentazione del provvedimento relativo al reddito minimo di inserimento, previsto dalla legge Turco-Napolitano.
Pur ritenendo che i 500 milioni necessari per l'abolizione del ticket non verranno sottratti alle spese per l'acquisto dei nuovi aerei, come chiedeva il nostro emendamento, ci possiamo ugualmente ritenere soddisfatti, in quanto i fondi non intaccheranno le spese sociali come inizialmente previsto dal testo approvato dal Senato.
Pertanto ritengo che l'abolizione del ticket, che spero venga approvata dalla Camera con largo consenso, costituisca anche un segnale per il Governo, il quale ha tentennato non poco su questo tema, non avendo espresso un parere favorevole in sede di dibattito in Commissione, ma scegliendo di rimettersi all'Assemblea. Ritengo che questi tentennamenti e queste ambiguità non paghino. È importante, invece, Pag. 32che dal Parlamento provenga il segnale chiaro che i soldi pubblici vanno investiti in modo massiccio sul fronte sociale del risarcimento per le fasce popolari, le quali hanno pagato, fin troppo, in questi anni, le politiche della ristrutturazione neoliberista, quelle berlusconiane, e l'aderenza alla logica di Maastricht e ai suoi parametri, che sembrano la Bibbia su cui nessuno può discutere e confutarne la priorità.
Quindi, spero che l'approvazione del provvedimento in discussione e dell'emendamento che ho richiamato costituisca un segnale chiaro anche nei confronti del Governo, a cominciare dal ministro Padoa Schioppa, affinché imparino ad ascoltare di più le istanze e la voce dei senza voce, dei precari, dei lavoratori e dei disoccupati e meno quella delle istituzioni monetarie internazionali e dei poteri forti della nostra società.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mazzaracchio. Ne ha facoltà.
SALVATORE MAZZARACCHIO. Signor Presidente, il disegno di legge in esame reca la conversione in legge del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario, in attuazione di quanto disposto dall'articolo 1, comma 796, lettera p), della legge n. 296 del 2006. Il Senato ha introdotto alcune modifiche al testo iniziale, delle quali sarà dato conto nel seguito con apposita nota di cui parleremo successivamente.
La norma prevede il concorso dello Stato al ripiano per il periodo 2001-2005 nei confronti delle regioni che sottoscrivono con lo Stato l'accordo per i piani di rientro: è autorizzata, a titolo di regolazione debitoria, la spesa di 3 mila milioni di euro per l'anno 2007, da ripartire fra le regioni interessate sulla base dei debiti accumulati fino al 31 dicembre 2005.
La norma non parla di tutte le regioni, bensì delle «regioni interessate», che, - da quello che il Governo riferisce - dovrebbero essere non più di cinque, ossia Lazio, Campania, Abruzzo, Molise e Sicilia; mentre Veneto e Piemonte avrebbero provveduto per proprio conto, come anche la Liguria, eccetera.
Ebbene, onorevoli colleghi, è mai concepibile che chi ha provveduto per conto proprio, tassando i propri elettori e i propri cittadini, aumentando l'IRPEF, l'IRE, il bollo auto e, insomma, tutto il carico fiscale, non venga preso assolutamente in considerazione? Vengono premiate le regioni che qualcuno ha definito «regioni-canaglia» - il termine mi sembra un poco esagerato, ma questa è stata la definizione - e le regioni virtuose vengono accantonate.
Ma voi pensate davvero che in quest'aula è possibile sostenere una tesi di questo genere? Anche nel 2001, nel 2002 e nel 2003 lo Stato ha contribuito al ripiano dei disavanzi sanitari. Forse, onorevoli colleghi, poiché prima vi era un Governo di centrosinistra e poi un Governo di centrodestra, questo, probabilmente, è un Governo di sinistra e crede di agire per scienza infusa. Ma in quelle occasioni, quando si è trattato di ripartire queste somme, il Governo non ha nemmeno partecipato, in quanto le regioni si sono riunite per conto loro.
Per questa ragione siamo andati a Venezia e dalla presidente della regione Umbria Lorenzetti, per parlare del riparto dei fondi statali alla sanità, ma anche dei ripiani. Insieme, in quelle occasioni, abbiamo trovato una sintesi, un accordo.
Poi, siamo andati dal Governo (del problema si occupavano prima il professor Giarda e poi, sotto il Governo di centrodestra, Tremonti) a riferire su ciò che le regioni avevano concluso, confrontandosi fra di loro.
Oggi, invece, non so se il Governo abbia ascoltato le regioni prima di procedere con questa iniziativa; certo è, comunque, che esso accantona gli interessi delle regioni virtuose e si occupa esclusivamente di quelle cosiddette «canaglia». Non possiamo assolutamente accettare una simile impostazione: una parte dei 3 mila milioni non può non essere attribuita anche alle regioni che hanno provveduto per proprio Pag. 33conto a regolare la situazione finanziaria, che non è brillante da nessun punto di vista. Del resto, è lo stesso Governo a dirci di non essere oggi nelle condizioni di definire la massa debitoria della sanità. Ed è vero: vi sono molte regioni che non sono in regola e si sottraggono al dovere di porre oggi il Governo in condizione di conoscere con precisione la loro situazione debitoria. Questa è una responsabilità gravissima.
Credo dunque che il Governo, prima di procedere al riparto dei fondi, debba assolutamente verificare, regione per regione, quali sono quelle che hanno provveduto per proprio conto e con quali imposizioni fiscali al ripiano del disavanzo e quali sono quelle che invece ancora non vi hanno provveduto, rimanendo in silenzio, nonostante le sollecitazioni del Governo. Credo che, di conseguenza, si possa procedere con l'approvazione del disegno di legge con riferimento a questo aspetto (parlerò fra un momento delle modifiche apportate dal Senato) esclusivamente a condizione che una parte dei 3 mila milioni venga riservata alle regioni virtuose, come dimostrazione di serietà nei confronti di chi ha compiuto il proprio dovere.
Per quanto riguarda le modifiche apportate dal Senato - mi riferisco in particolare a quelle poste in essere da una sottocommissione (mi pare che a tale riguardo il Governo non fosse completamente d'accordo, poiché sembra che lo stesso ministro del Tesoro non fosse convinto che esse potessero essere accolte) -, per la verità in quest'aula maggioranza ed opposizione si sono trovate d'accordo nel ritenerle inaccettabili. L'articolo 1, comma 3, del decreto-legge, nel testo modificato dal Senato, recita infatti: «Nelle regioni interessate dal presente decreto, per garantire il puntuale pagamento dei debiti accertati nel rispetto dei piani (...) non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive», e via dicendo.
Poi, per garantire il puntuale pagamento nei confronti dei creditori, si sospendono per 12 mesi il pagamento e gli atti esecutivi dei creditori.
Signori, ma stiamo scherzando? Invece di punire le regioni inadempienti, di penalizzare i presidenti e le regioni inadempienti, di assumere delle iniziative nei confronti degli amministratori di queste regioni, si pensa di punire chi ha consentito a quelle regioni di erogare le prestazioni sanitarie; senza le forniture, infatti, le prestazioni sanitarie in queste regioni sarebbero state sospese da un pezzo! Pertanto, come si può immaginare di punire coloro che hanno retto fino ad oggi queste regioni!
Vi pare davvero una strada percorribile, anche se non vorrei riferirmi all'aspetto giuridico (vorrei infatti risparmiarvi il giudizio dei costituzionalisti più qualificati, da Sandulli a Crisafulli e ad altri, per non tediare gli ascoltatori)? Anche se volessimo usare la ragione ed il buon senso, come è possibile punire chi ha aiutato queste regioni inadempienti ad andare avanti?
Qualcuno ha detto che i grandi fornitori sono stati pagati; pertanto, si tratta di pagare i piccoli. Va bene, se i grandi fornitori sono stati già pagati e bisogna pagare i piccoli nulla questio e il problema non esiste. Va cancellata la norma, punto e basta, perché se i grandi sono stati pagati e abbiamo detto che i piccoli devono essere pagati, allora a cosa serve questa norma?
Vi risparmio, ripeto, la disquisizione giuridica, perché credo che prevalga il buon senso, che del resto è prevalso, e ringrazio per questo anche i due relatori di maggioranza e tutti i gruppi di maggioranza e di opposizione, che su questo punto si sono trovati d'accordo.
Poi c'è l'articolo 1-bis. Spero che il Governo ci annunci questa sera che questo articolo è stato superato. Ma come è concepibile pensare di eliminare o ridurre il ticket di 10 euro per la specialistica, attingendo risorse dalle categorie sfortunate?
Signori, parliamo di categorie obiettivamente sfortunate, le più disagiate! Ma a chi è potuto mai venire in mente un suggerimento di questo genere? Si vogliono togliere 50 milioni di euro ai paesi Pag. 34in via di sviluppo, 50 milioni alla ricerca - non generica, ma per la salute -, 30 milioni alle famiglie, 30 milioni ai non autosufficienti, 30 milioni alle politiche giovanili, 100 milioni al Fondo per l'estinzione dei debiti pregressi!
Ma questo credo non sia nemmeno legittimo, perché le regioni stesse che hanno presentato il piano di risanamento li hanno già inclusi. Allora, sarebbe come pagare con le cambiali anche le cambiali! Qualcuno ha visto o no il provvedimento al nostro esame?
Qualcosa viene tolto, infine, anche allo spettacolo, convinti che si sarebbe offerto un cattivo spettacolo a tutto il Paese, se fosse passato o se dovesse passare questa misura normativa prevista al Senato. Ma ciò non è possibile né immaginabile, ed ha destato sgomento in tutta la maggioranza e in tutta l'opposizione, perché si tratta di un'interpretazione un po' pasoliniana del passo del Vangelo secondo il quale «a chi ha sarà dato, a chi non ha sarà tolto pure quello che ha».
Può davvero un Governo di sinistra concepire una procedura di questo genere? Credo, almeno dalle avvisaglie che arrivano, che le modifiche apportate al Senato - sia quella di negare ai fornitori i loro diritti che quella di punire le categorie sfortunate - saranno superate.
Il Governo - interrogato - ha risposto: non vi preoccupate, a giugno faremo la manovra di assestamento e ripristineremo praticamente le cifre che oggi togliamo. Signori, siamo nati facendo politica; siamo da anni in circolazione e non siamo degli ingenui: io so, e voi sapete, che il Governo dovrà comunque dare una parte del famoso «tesoretto» a queste categorie. Non si tratterà delle cifre che reclama Ferrero - Ferrero le reclama, ma poi si dimentica -, né saranno, logicamente, cifre che ammontano a 7.500 milioni di euro, ma, probabilmente, i 2.500 che ipotizza la Bindi.
Una parte, allora, andrà a questa categoria, ma deve essere aggiuntiva: non è possibile prendere in giro i più sfortunati, per cui si toglie da una parte e si dà qualcosa dall'altra. Ciò non è possibile né per un mese, né per un giorno, non fosse altro che per un grande problema morale che prescinde dalle forze e dagli schieramenti politici e riguarda esclusivamente la coscienza di tutti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Colleghi, è iscritto ora a parlare il deputato Garavaglia, che ancora non ha raggiunto l'aula, ma sta arrivando in taxi dall'aeroporto di Fiumicino. Quindi, per usare una cortesia nei suoi confronti, sospendo la seduta per dieci minuti, in attesa che possa raggiungerci. La seduta è sospesa, e riprenderà alle ore 17,15.
La seduta, sospesa alle 17,05, è ripresa alle 17,20.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.
MASSIMO GARAVAGLIA. La posizione della Lega su questo provvedimento è, come tutti sapete, fortemente contraria. Innanzitutto, vorrei evidenziare alcuni problemi importanti e qualche dato per fornire un quadro della situazione. Porto ad esempio il caso più semplice ed emblematico: i numeri dei dipendenti nelle ASL. In Lombardia vi sono 1,8 dipendenti ogni mille abitanti; il Lazio, ossia la regione che presenta l'ammanco maggiore, ha ben 7,5 dipendenti ogni mille abitanti.
Evidentemente si tratta di una stortura, una situazione che non si giustifica, né trova una spiegazione dal punto di vista dell'efficienza del servizio erogato. Qualcuno potrebbe pensare che, se vi fossero più dipendenti, le cose andrebbero meglio o che, in ogni caso, l'esternalizzazione dei servizi sia utilizzata per migliorarne l'efficienza. Ebbene, anche qui le cose vanno talmente male che dovrà intervenire la magistratura.
Risale a qualche settimana fa il servizio della trasmissione televisiva Report, che evidenziava come spesso le esternalizzazioni hanno comportato incrementi anche notevoli dei costi ingiustificati. Si faceva l'esempio dell'ospedale Sant'Andrea, dove i costi ammontano a circa 2 milioni in più Pag. 35rispetto all'uso di personale interno, oppure del Policlinico, dove essi sono 3 milioni in più. Quindi, la situazione è completamente negativa sia per la struttura effettiva, sia per l'organizzazione del servizio, anche in capo alle esternalizzazioni.
Ebbene, a fronte di un contesto così negativo, la soluzione del Governo è perfino peggiore; anziché usare il buonsenso e proseguire nell'azione corretta di responsabilizzazione delle regioni sulla spesa sanitaria, si è proceduto a questo ulteriore rimedio: ancora una volta il Governo è intervenuto per ripianare gli ammanchi, in deroga al principio di autonomia e responsabilità delle regioni.
Ciò è particolarmente grave, perché solo il 28 ottobre del 2006 - quindi pochissimo tempo fa - è stato siglato il cosiddetto «nuovo patto della salute». Esso prevede un fondo per il recupero delle perdite dei disavanzi sanitari delle regioni in difficoltà. La cosa grave è che, successivamente, appena approvata la legge finanziaria, si è scoperto che queste risorse non bastano e il Governo ancora una volta dovrà porre rimedio agli ammanchi. Questa terza deroga - la terza, perché già ve ne era stata una in precedenza e, successivamente, quella prevista nella legge finanziaria - non fa altro che demotivare fortemente le regioni che, invece, hanno i conti a posto.
Mettetevi una buona volta nei panni degli emiliani, dei toscani, dei veneti, dei lombardi, dei piemontesi, che hanno una sanità che funziona, ma che compartecipano alle spese sanitarie, laddove necessario, per rispettare i vincoli di bilancio. Perché i cittadini di queste regioni devono essere penalizzati e obbligati a pagare per l'incapacità degli amministratori delle regioni che non rispettano questi patti?
Questo disincentivo è molto più pesante di ciò che può sembrare. La Lega Nord riceve costantemente messaggi di posta elettronica, telefonate, lettere di cittadini, che invitano gli amministratori delle nostre regioni a «sforare» anch'essi il patto sanitario.
Il ragionamento è semplice: perché noi dobbiamo essere sempre in regola e sempre corretti quando c'è chi (bontà sua) non rispetta le regole e poi si trova sempre favorito? Il ragionamento, purtroppo, non fa una piega per cui la situazione sta diventando davvero grave.
Il sospetto che, in particolare con la regione Lazio, vi sia stato una sorta di «patto segreto» è abbastanza evidente, anche perché di «segreto» non c'era un bel niente: nel piano di rientro della regione Lazio venivano già computati quei 2,3 miliardi di euro che devono ancora essere stanziati. Ditemi voi come sia possibile fare una cosa del genere! È come se l'amministratore di un comune prevedesse in entrata un finanziamento regionale oppure statale prima ancora che fosse concesso. Qualsiasi revisore dei conti prenderebbe quel bilancio e lo getterebbe nel tritarifiuti: non è possibile agire in questo modo, eppure in Italia succede anche questo!
Inoltre, è assolutamente grave lo scandalo del mutuo simulato che, ancora una volta, favorisce la regione Lazio: 5,8 milioni di euro cash (pagati) con la previsione di un rimborso trentennale di 310 milioni annui in forma di minori trasferimenti. Si tratta di una «balla colossale»: chi può credere che, davvero, per trent'anni ci saranno meno trasferimenti? Dove sta scritto? Basta metterli sotto un'altra voce, basta aumentare un po' i finanziamenti di Roma capitale e la partita è chiusa.
Ci troviamo di fronte ad una enorme, colossale presa in giro. La Lega Nord Padania assolutamente non ci sta e come sempre propone una soluzione che è l'unica vera soluzione in questo caso: il federalismo fiscale, quello vero!
Chi non riesce a far quadrare i conti con il bilancio della sanità è meglio che cambi mestiere: lo abbiamo già detto e lo ripetiamo. La sanità rappresenta una quota pari all'80 per cento del bilancio di una regione. Se un amministratore non è in grado di gestire l'80 per cento del bilancio, a nostro avviso, è meglio che cambi mestiere. Su questo non deve esserci ombra di dubbio, tanto è vero che abbiamo presentato un emendamento, che Pag. 36speriamo sarà approvato, che prevede che l'amministratore che per tre anni consecutivi «sfori» il patto sanitario cambi mestiere, cioè sia ineleggibile. Ci sembra onestamente il minimo, anche perché il Governo ha giustamente applicato (dico «giustamente»!) lo stesso principio per i manager dell'amministrazione pubblica e non vediamo la differenza tra un manager dell'amministrazione pubblica ed il presidente di una regione incapace di gestire l'80 per cento del bilancio regionale.
Si tratta di un principio, a nostro avviso, sacrosanto e ci auguriamo sinceramente che sia accolto. Ciò sarebbe un segnale per poter dire, come ha fatto l'onorevole Ventura in Commissione bilancio, che questa è l'ultima volta. Può essere l'ultima volta se responsabilizziamo davvero, fino in fondo, gli amministratori, altrimenti fra un anno ci troveremo nella stessa situazione. Su ciò la Lega Nord Padania sarà molto ferma e ci auguriamo che lo sia l'intero Parlamento.
Infine, riguardo agli scempi di cui ho parlato all'inizio del mio breve intervento, concludo dicendo che depositeremo al più presto una proposta di legge per l'istituzione di una Commissione d'inchiesta, anche perché sono state costituite Commissioni d'inchiesta su tutto. Ci troviamo di fronte a buchi di miliardi di euro (quindi enormi) ed è giusto che il Paese sappia chi li ha creati e per quale motivo.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.