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Informativa urgente del Governo sulle dichiarazioni attribuite a componenti del Governo in merito al giudizio di ammissibilità del referendum elettorale da parte della Corte costituzionale (ore 19,48).
(Intervento del Vicepresidente del Consiglio dei ministri)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Francesco Rutelli.
FRANCESCO RUTELLI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, colleghi deputati, vorrei offrire a nome del Governo con la massima lealtà e con pieno spirito di collaborazione ogni utile elemento di informazione e valutazione alla Camera dei deputati. Lo faccio con atteggiamento di massima apertura ma, devo però sottolineare, proprio la posizione di indipendenza e di assoluta autonomia che spetta istituzionalmente Pag. 78alla Corte costituzionale deve definire rigorosamente nel suo contenuto l'intervento del Governo nell'ambito della presente discussione parlamentare.
Il mio discorso si incentrerà principalmente sulla ricostruzione oggettiva della vicenda per poi riassumere in modo essenziale la posizione espressa dal Governo per la parte in cui esso è stato in qualche modo e, a mio giudizio, del tutto impropriamente, chiamato in causa.
Il Governo è pienamente consapevole della circostanza che in linea generale le dimissioni di un giudice costituzionale prima della scadenza naturale del mandato costituiscono un fatto inusuale e serio. Esse suscitano l'attenzione dell'opinione pubblica e richiamano quella delle istituzioni tanto più per la riservatezza che contrassegna tradizionalmente lo svolgimento dei compiti della suprema Corte. Al riguardo, va sottolineato che in precedenza dimissioni anticipate di un giudice costituzionale si sono verificate solo in due occasioni. La consapevolezza del possibile rilievo delle dimissioni diventa ancor più evidente e acuta quando all'origine dell'atto il giudice dimissionario indica espressamente e pubblicamente il paventato rischio di una limitazione dell'indipendenza della Corte determinata, a suo dire, dalle dichiarazioni rese, secondo alcuni organi di stampa - seppure si siano registrate successive e in alcune parti radicali smentite degli interessati - da ministri e sottosegretari in carica dell'attuale Governo.
Per queste ragioni il Governo, restando accuratamente nei confini delle proprie attribuzioni costituzionali, intende riaffermare con chiarezza, in questa sede, come ha già fatto tempestivamente in altri contesti istituzionali e attraverso i propri comunicati ufficiali e, nella stessa giornata di oggi, presso il Senato della Repubblica, la propria posizione sull'episodio.
Ecco la descrizione cronologica dei fatti che, a mio avviso, conferma l'assoluto rispetto per il ruolo della Corte costituzionale quale istituzione di garanzia suprema del diritto e dell'ordinamento costituzionale. Il 30 aprile di quest'anno il professor Romano Vaccarella rassegna le dimissioni dalla Corte dopo averle verbalmente anticipate dal 28 aprile con comunicazione inviata al Presidente e al Vicepresidente della Corte costituzionale. L'atto viene motivato richiamando espressamente una notizia di stampa secondo la quale alcuni esponenti del Governo avrebbero svolto delle dichiarazioni in materia di ammissibilità del referendum elettorale giudicate - cito - offensive della dignità e dell'indipendenza della Corte stessa.
Ma già il 29 aprile il Presidente del Consiglio, onorevole Romano Prodi, esprimendo il convincimento dell'intero Governo, aveva riaffermato con chiarezza l'indiscussa necessità di rispettare costantemente la divisione dei compiti attribuiti alle massime istituzioni, un riconoscimento del ruolo di autonomia sostenuto, naturalmente, anche con specifico riferimento ai compiti riguardanti il giudizio, sia pure futuro ed eventuale, sulla ammissibilità dei referendum elettorali.
Questa attestazione di piena, e vorrei dire, ovvia conferma del rispetto del Governo per la Corte, i suoi giudici, le sue funzioni, viene ribadita dal Presidente del Consiglio il giorno 30 aprile, anche di fronte alla stampa, e poi ulteriormente ripetuta in una nota ufficiale della Presidenza del Consiglio, secondo la quale - cito - il Governo è pienamente consapevole della necessità di non interferire né direttamente, né indirettamente nel lavoro della Corte costituzionale, verso la quale nutre il dovuto e totale rispetto.
Il 30 aprile il Quirinale dirama un comunicato stampa del seguente tenore: Il Presidente della Repubblica ha ricevuto dal Presidente della Corte costituzionale comunicazione telefonica della lettera di dimissioni del giudice Vaccarella e delle sue motivazioni. In proposito, nel corso della conversazione, il Presidente della Repubblica ha ricordato i suoi precedenti interventi sulla necessità dell'assoluto rispetto, da ogni parte, dell'alta funzione di garanzia della Corte chiamata ad esercitare in piena autonomia tutte le competenze attribuitele dalla Costituzione.Pag. 79
Il 2 maggio la Corte costituzionale, riunita in camera di consiglio, delibera all'unanimità di respingere le dimissioni del giudice Vaccarella con motivata deliberazione. Il 4 maggio il giudice Vaccarella conferma irrevocabilmente le proprie dimissioni dalla Corte costituzionale. Lo stesso giorno la Corte delibera la presa d'atto delle dimissioni. Questo il testo della pronuncia: «La Corte costituzionale ha preso atto che il giudice Vaccarella ha confermato in modo irrevocabile le sue dimissioni dalla carica. Richiamate le considerazioni di cui alla delibera del 2 maggio e riaffermato che la propria indipendenza è garantita istituzionalmente dalla collegialità del suo operare, delibera all'unanimità di accettare le dimissioni del giudice costituzionale, professor Romano Vaccarella».
Colleghi deputati, essendo questa oggettivamente la successione dei fatti che hanno condotto alle dimissioni del giudice Vaccarella, il Governo non intende e non può svolgere commenti o valutazioni sulla personale decisione finale di dimissioni assunta dal professor Vaccarella. L'indipendenza, l'autonomia della Corte e dei suoi giudici impediscono qualsiasi interferenza su scelte che conducono alla nomina, in questo caso parlamentare, dei componenti della Corte e, a maggior ragione, non spetta al Governo prendere posizione sulle autonome determinazioni di singoli giudici di lasciare l'incarico prima del termine di scadenza.
Sarebbe del resto superfluo, signor Presidente, onorevoli colleghi, anche in questo contesto ribadire il senso di altissima considerazione per i profili professionali, culturali, istituzionali che caratterizzano da sempre la storia della Corte, sviluppatasi ormai in più di mezzo secolo di vita della Repubblica.
Non sono mancate, a più riprese, espressioni di giudizio su decisioni della Corte, anche di tenore critico. Esse - va ricordato - sono legittime, come in tutti i casi in cui ci si confronta con l'esercizio della giurisdizione. Si sono registrate in passato anche prese di posizione preventive, da settori sociali, politici, parlamentari, alla vigilia di pronunzie della suprema Corte. Ciò non ha mai portato, tuttavia, a far ritenere che le successive decisioni della Corte siano state condizionate, o in alcun modo influenzate, da tali prese di posizione.
Ho letto oggi un articolo del senatore Manzella, che, citando il Manzoni e il suo celebre «la sventurata rispose», chiarisce, a suo modo, che la Corte costituzionale non è «sventurata», e in generale non risponde in questi casi.
Mi limito a richiamare, a questo proposito, il passaggio della delibera della Corte costituzionale del 2 maggio, in cui si riconosce la presa di posizione del Governo, che contrasta e disapprova ogni condotta diretta a minare l'autonomia e l'indipendenza della Corte stessa.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, proprio la descrizione dei fatti che ho appena compiuto conferma che per il Governo, così come la divisione dei poteri tra le istituzioni della Repubblica costituisce riferimento invalicabile per una condotta costante e inderogabile, lo stesso vale per l'autonomia degli organi costituzionali. In nessun modo si deve confondere questo assunto con l'espressione di valutazioni, di giudizi che, in una democrazia, certamente è legittimo riscontrare, anche se non sempre, come è ovvio, è giusto od opportuno condividere.
Gentili colleghi, questi principi non si manifestano invalicabili solo attraverso dichiarazioni o affermazioni di principio, che pure rispecchiano le convinzioni profonde della nostra idea di democrazia costituzionale, la nostra adesione incondizionata ai principi dello Stato di diritto, ma si concretizza nella dinamica di svolgimento delle funzioni attribuite ai massimi organi costituzionali.
Noi vorremmo, colleghi, e concludo, che la stessa posizione di rispetto della Corte costituzionale, di lealtà verso le istituzioni repubblicane, fosse mantenuta, sempre e da tutti, anche dagli esponenti di forze politiche i quali spesso, anche in un recente passato, rivolgendosi alla Corte costituzionale, hanno utilizzato toni assolutamente inaccettabili.Pag. 80
Credo che la conclusione di questa vicenda, sancita dalla Corte stessa, che, signor Presidente, all'unanimità ha riaffermato sia la propria indipendenza, sia la garanzia assicurata dalla propria collegialità, debba consigliare a tutti - membri del Parlamento e del Governo, altri titolari di cariche istituzionali, esponenti della politica - di concludere ogni polemica ed anche di abbassare i toni, nell'interesse del sereno esercizio dei compiti che la Costituzione affida, in modo libero e responsabile, a tutte le istituzioni repubblicane (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno e Verdi).