Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI DONATELLA PORETTI, ROBERTO ULIVI, LUISA CAPITANIO SANTOLINI, FRANCESCO NAPOLETANO, ROCCO PIGNATARO, DOMENICO DI VIRGILIO, FRANCESCO SAVERIO CARUSO, GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2534-A
DONATELLA PORETTI. Voteremo a favore di questo provvedimento con un'unica motivazione: lo consideriamo un intervento «straordinario» per cercare di mantenere in piedi il servizio del Sistema sanitario nazionale per chi evidentemente non ha altre possibilità di cura. Un intervento che potrebbe in qualche modo tentare di invertire la rotta e modificare un meccanismo virtuoso per quelle regioni che hanno male amministrato il denaro dei contribuenti creando delle situazioni debitorie enormi. Un aiuto economico in cambio della presentazione dei piani di rientro e con l'imposizione di una serie di obblighi per invertire la rotta.
Voteremo a favore con questo spirito ben sapendo che, tuttavia, la straordinarietà dell'intervento è per certi versi divenuta ordinaria. Due miliardi di euro, infatti, sono già stati stanziati nel 2004 (legge n. 311 del 2004 relativamente ai debiti contratti negli anni 2001, 2002 e 2003) e nel 2005 (legge n. 266 del 2005 sempre per gli anni 2002 e 2003 con l'aggiunta del 2004). Tanto che nell'ultima finanziaria è stato perfino predisposto un fondo transitorio a cui stiamo accedendo oggi.
Oggi decidiamo di stanziare 3 miliardi di euro, una goccia nel mare dei debiti regionali, basti pensare che il Lazio ha debiti per 9,9 miliardi e la Campania per 6,9 miliardi.
La straordinarietà è data anche dal fatto che quando il Parlamento legifera in materia sanitaria è sempre molto attento a non invadere quella che per Costituzione è una competenza regionale, ma quando le regioni hanno utilizzato male le loro risorse finanziarie ed hanno creato una situazione di disavanzi sanitari come delle vere e proprie voragini, ben venga l'intervento dello Stato!
Chi paga? Il cittadino contribuente e le aziende, con l'innalzamento ai livelli massimi dell'addizionale regionale, rispettivamente dell'IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche) e dell'IRAP (imposta regionale sulle attività produttive).
Non è un bel segnale per un Governo e un Parlamento che - pur timidamente - stanno agendo in favore dei consumatori/contribuenti con i vari decreti del ministro Pierluigi Bersani; e in favore delle aziende con la semplificazione delle procedure per l'avvio delle stesse (vedi la recente approvazione da parte della Camera della proposta di legge di iniziativa dell'onorevole Daniele Capezzone cosiddetta «7 giorni per aprire un'impresa», e vedi le grandi aperture dei mercati extra-italiani grazie all'attività del Governo, e in particolare del ministro per il commercio internazionale, Emma Bonino).
Sì, proprio un brutto segnale.
Il federalismo è auspicabile a tutti i livelli del nostro ordinamento, e su questo il Governo e il Parlamento stanno già lavorando. Ma se quello in questo momento più realizzato, il sanitario, ha bisogno dello «Stato-babbo» per continuare ad esser tale, siamo proprio messi male ed è un campanello d'allarme che qualcosa di grosso non funziona.
Questo accade proprio nei giorni in cui la malasanità si conquista le prime pagine dell'informazione. Il messaggio civico e politico di questo provvedimento è quantomeno diseducativo, sembra che dica: «Regioni potete mal gestire le finanze, potete indebitarvi senza organizzare come ripagarle, tanto in deroga a tutte le leggi arriverà una misura straordinaria che rimetterà a posto le vostre casse». Nessun licenziamento, nessun 'colpevole' per il danno alle casse, così come nessun colpevole per la malasanità, tutto fa capo al 'sistema', nessuna responsabilità individuale, nessuno che ci rimetta di tasca propria.
È chiaro che occorre una profonda riforma che rivolti come un calzino l'organizzazione sanitaria nazionale e regionale: Pag. 61il federalismo dovrebbe portare positività - politica ed economica - ad un centro agile, snello e con pochi soldi in tasca, perché le proprie funzioni dovrebbero essere essenzialmente di indirizzo.
Allo stato dei fatti e delle norme, però, non si potrebbe agire in modo diverso: Stato e regioni non hanno avuto finora un approccio in questo senso, e per evitare che a pagarne le spese sia l'anello debole e finale della catena - il paziente/malato - è bene che il decreto varato dal Governo vada in porto.
Ovviamente sarà impegno della Rosa nel Pugno creare condizioni politiche e normative che evitino di ritornarci sopra in questo termini.
Voteremo a favore del provvedimento perché l'articolo uno è tornato alla sua formulazione iniziale, quella del Consiglio dei ministri, dopo che come Comitato dei diciotto, come Commissioni affari sociali e finanze abbiamo votato un emendamento soppressivo del comma 3 aggiunto dal Senato.
Su questo devo rivendicare una battaglia che abbiamo portato avanti come maggioranza che, anche forzando il Governo e il Ministero dell'economia in particolare, abbiamo vinto.
È stato infatti eliminato un punto palesemente incostituzionale: il divieto per i creditori, per 12 mesi dall'entrata in vigore della legge, di intraprendere o proseguire azioni esecutive relativamente ai debiti sanitari nelle regioni interessate; gli eventuali pignoramenti eseguiti non vincolavano gli enti debitori ed i tesorieri; i relativi debiti insoluti producevano esclusivamente interessi legali. Il principio espresso nel secondo articolo della Costituzione che riconosce il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, veniva di fatto negato, o meglio congelato per almeno 12 mesi.
Si paventava il rischio che un tale provvedimento potesse determinare effetti negativi a carico della finanza pubblica, sia per il prodursi di interessi sia per la possibilità che si determinasse un contenzioso in relazione a tali debiti.
Ulteriori sanzioni che lo Stato si sarebbe trovato a pagare per l'attivazione di procedure di infrazione contro la direttiva europea relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali: la direttiva 2000/35/CE recepita con il decreto legislativo n. 231 del 2002, in cui si stabilisce che, in casi di contenzioso tra imprese e pubblica amministrazione, il livello degli interessi di mora debba essere maggiorato di almeno 7 punti percentuali con decorrenza immediata e automatica rispetto al tasso di interesse legale. Una norma creata per garantire il creditore che nei confronti della pubblica amministrazione potrebbe rivelarsi l'anello più debole.
Le regioni fanno i debiti e lo Stato li ripaga: questa pillola per ora la mandiamo giù, ma congelare i debiti realizzati dalle regioni coi privati, che però non avrebbero potuto fare altrettante leggi per congelare gli stipendi dei propri dipendenti o per pagare i fornitori o le tasse sarebbe stato eccessivo!
Purtroppo aver intrapreso la strada della questione di fiducia ha impedito al Parlamento di aggiungere altre migliorie al decreto: se la Lega Nord, per esempio, invece che fare ostruzionismo avesse cercato di modificare il testo favorendo le regioni virtuose e sanzionando quelle non virtuose forse qualche risultato lo avremmo ottenuto. Ma abbiamo perso una buona occasione e, soprattutto, l'occasione l'ha persa il Paese, che si ritrova con un Parlamento più attento alla supremazia o opposizione di parte piuttosto che ad affrontare e risolvere i problemi dei cittadini.
ROBERTO ULIVI. Intervengo in dichiarazione di voto dopo aver ampiamente ed accuratamente seguito in prima persona questo provvedimento sia nelle sedute delle Commissioni riunite V e XII sia in aula.
Quello che salta agli occhi è la dimostrazione di confusione o pressappochismo data dal Governo in più di un'occasione. Cito, ad esempio, il comportamento avuto durante l'esame presso il Senato, quando Pag. 62il Governo ha accettato di modificare il testo inserendo l'ormai famoso articolo 1-bis con le coperture per la riduzione del ticket sulle prestazioni sanitarie che aveva pochi mesi prima sancito con il comma 796, lettera p), della legge finanziaria. A parte le naturali considerazioni generali su un ticket che va e viene nel giro di pochi mesi, vale la pena sottolineare il fatto che questo Governo, che si dice tanto attento alla famiglia (solo per citare uno dei capitoli previsti per la copertura dei disavanzi) ed ai più deboli, aveva accettato di emendare il proprio testo proprio espropriando il fondo per la famiglia (30 milioni), e poi il fondo per i paesi in via di sviluppo (50 milioni), la ricerca sulla salute (50 milioni), il fondo per le non autosufficienze (30 milioni), il fondo per le politiche giovanili (30 milioni), il fondo unico per lo spettacolo (60 milioni). Ma forse si deve chiarire ancora le idee di base, perché su temi così fondamentali per la vita dei cittadini, come il ticket sulle prestazioni sanitarie, o la tutela delle non autosufficienze o le politiche giovanili, non si può giocare, prima prevedendo fondi e poi togliendoli per devolverli a favore di una problematica contingente (e speriamo unica) legata per di più all'insipienza di alcuni amministratori spendaccioni.
Per fortuna il lavoro delle Commissioni congiunte e di Alleanza nazionale, in particolare, ha costretto il Governo ad eliminare l'odioso ticket sulla diagnostica e la specialistica ed a reperire fondi in maniera meno dannosa.
Senza considerare la liceità in sé del provvedimento, che penalizza molti per le colpe di pochi, davvero appare assai singolare che tutti i cittadini italiani debbano fare sacrifici aggiuntivi per ripianare i forti debiti fatti da alcuni che a volte hanno raggiunto vette davvero ragguardevoli.
Ma se proprio vogliamo o dobbiamo ripianare penalizzando i virtuosi, vogliamo almeno prevedere dei premi a favore di quelle regioni virtuose che si sono adoperate per rientrare nel proprio budget magari rinunciando ad opere necessarie e che adesso si vedono ulteriormente ed ingiustamente tassate?
Passando ad altro argomento, voglio spendere qualche parola a favore del privato sociale, che sarebbe stato assai penalizzato nel suo costante e proficuo lavoro nei riguardi di tutti i cittadini, se non fosse stato eliminato il divieto di intraprendere azioni esecutive per poter recuperare le cifre dovute. A questo scopo ho presentato un ordine del giorno affinché il Governo si impegni almeno a tutelare questo settore così importante per la sanità.
E in assoluto vorrei essere certo che questo decreto-legge che ripiana debiti ingenti non costituisca un precedente per le future azioni degli amministratori regionali. Non vorrei infatti che certi amministratori continuassero a sforare liberamente perché tanto «paga Pantalone».
Insistiamo nel dire che non è giusto che i virtuosi si trovino a scontare le pene dei colpevoli, soprattutto considerando che tutto questo avviene in un ambito, quello sanitario, che tutela un bene costituzionalmente sancito e che richiede la messa in atto di tutti quegli accorgimenti che spingano tutti gli amministratori - e quando dico «tutti» intendo a qualsiasi livello - a comportarsi in maniera virtuosa e non potenzialmente dannosa per tutto il Paese.
Il lavoro che abbiamo svolto durante le sedute delle Commissioni congiunte è stato tanto proficuo e spesso tanto concorde da spingere il Governo a ritornare sui propri passi e questa è la prova che ciò che ci veniva addebitato come sterile ostruzionismo era in realtà una scelta ponderata e saggia. Ma non appare a tutti evidente che eliminare un ticket significa ridurre le spese delle famiglie già penalizzate dalle tasse imposte per ripianare debiti fatti da altri? Non è ovvio che impedire alle aziende, e massimamente a quelle a scopo sociale, di vedersi rimborsare le cifre dovute per le prestazioni già erogate avrebbe creato un ulteriore danno economico e sociale che si sarebbe arrotolato su se stesso in maniera dannosissima per gli Pag. 63italiani? Non era ovvio che si stavano violando la Costituzione italiana e le norme comunitarie? Evidentemente non lo era, e noi lo abbiamo detto in tutti i modi.
Inoltre in questo provvedimento non sono previste norme e strumenti per garantire ai cittadini che, in caso di mancato rispetto degli obblighi assunti dalle regioni, gli amministratori vengano immediatamente rimossi e sostituiti da commissari ad acta.
L'aver riportato il testo a ciò che sostanzialmente era in precedenza non fa che evidenziare lo stato di confusione esistente in chi ci governa. Ritengo che comunque permangano i dubbi di liceità e costituzionalità del provvedimento. Pertanto annuncio il voto contrario di Alleanza nazionale che non vede riconosciuti alcuni diritti fondamentali mentre vede attaccare la virtù di molte regioni che non intendono confondere il federalismo solidale con i sacrifici inutili e dannosi.
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, dopo lunghe giornate di dichiarazioni e di interventi siamo giunti all'ultimo atto di questa che non si può definire una bella pagina nella storia del Governo e del Parlamento e la dimostrazione di quanto affermo consiste nel fatto che il Governo è stato costretto a mettere la fiducia su un provvedimento che non fa onore a nessuno, neanche ai destinatari di questo decreto e cioè le regioni che beneficeranno del ripianamento dei bilanci. Non ne escono bene perché tutto il Paese verrà a conoscenza della loro cattiva, anzi pessima amministrazione e i responsabili di questi buchi di bilancio faranno fatica a spiegare alla gente, non solo della loro regione, i motivi di questo decreto-legge e i motivi per i quali hanno sperperato tanto denaro pubblico.
Onorevoli colleghi, dopo quelli previsti dalle leggi finanziarie 2006 e 2007, il provvedimento oggi al nostro esame costituisce il terzo intervento in due anni da parte Stato per il ripiano dei disavanzi sanitari regionali, in deroga all'obbligo per le regioni di ripianare i disavanzi sanitari con oneri interamente a loro carico, come previsto dalla legge n. 405 del 2001.
Un intervento, vorrei ricordarlo, su cui continuano a gravare pesanti indizi di illegittimità costituzionale. Possiamo capire la disciplina di coalizione applicata la settimana scorsa, in occasione del voto sulle pregiudiziali sollevate dai colleghi, ma sembra veramente ardito non voler tener conto che sotto molteplici aspetti il testo viola apertamente alcuni fondamentali principi della nostra Carta.
Vorrei capire se, quando si attua una evidente discriminazione tra regioni che hanno accumulato disavanzi nel periodo 2002-2005 e ammesse al finanziamento e quelle che hanno adottato comportamenti virtuosi, non si violi il principio di eguaglianza, o se possa essere considerato buon andamento della pubblica amministrazione il sanare l'inefficienza di alcune regioni disincentivando e demotivando nel contempo le altre regioni che hanno adottato invece comportamenti virtuosi.
Onorevoli colleghi, la modifica delle competenze e degli assetti istituzionali, operata con la riforma del Titolo V, comporta una maggiore assunzione di responsabilità per le politiche e per le scelte attuate nelle materie attribuite alla competenza regionale. Con il presente decreto-legge, invece, lo Stato diventa paradossalmente il tutore di quelle amministrazioni regionali che hanno prodotto un maggior deficit sanitario, sollevandole di fatto da ogni responsabilità e, anzi, premiandole con il trasferimento di ingenti risorse finanziarie per il ripiano del disavanzo. È certamente vero che quella dei disavanzi sanitari delle regioni è una grandezza invariabile del nostro sistema sanitario e che anche i precedenti Governi hanno dovuto mettere mano al portafogli per il ripiano, ma è anche vero che a partire dal 2001, con l'accordo tra Stato e regioni, il debito dovrebbe essere responsabilità delle regioni, che possono utilizzare a tal fine alcuni strumenti di controllo della spesa sanitaria come la leva fiscale o lo storno di risorse da altri capitoli di bilancio. Ora, però, dal dettaglio delle risultanze regionali contenuto nelle certificazioni trimestrali Pag. 64prodotte dalle regioni per l'anno 2005 rileviamo una difformità di comportamenti. A fronte, cioè, di regioni che hanno puntato sul controllo della spesa o che hanno introdotto maggiorazioni sulle addizionali IRAP e IRPEF, accanto a regioni che hanno impiegato risorse autonome stornate dal bilancio troviamo un gruppo di regioni che non hanno adottato alcune misura di copertura.
Ecco perché il provvedimento rappresenta una violazione del principio di uguaglianza e una grave iniquità nei confronti di quelle regioni serie e responsabili che hanno saputo gestire in modo oculato la spesa sanitaria, anche attraverso l'introduzione di imposte impopolari, ma necessarie per far fronte ad essa.
Se ragionassimo nell'interesse esclusivo dei cittadini più deboli, dei malati, cui occorre certamente garantire eguaglianza di assistenza, se fosse cioè interpretato come una forma di solidarietà nazionale verso le regioni più deboli, potremmo esimerci dall'affrontare la questione. Abbiamo rispetto per i malati incolpevoli ma non per quegli amministratori e dirigenti, incapaci e irresponsabili, che ancora siedono sulle loro poltrone. Su questo punto occorre una riflessione: la legge prevede, punendo le regioni che non applicano la disciplina vigente della decadenza dall'incarico degli amministratori responsabili dei dissesti sanitari, l'impossibilità di accedere alle risorse messe a disposizione dallo Stato per il ripiano dei disavanzi; ma il Governo non ha ritenuto oggi di prenderlo in considerazione; tuttavia, noi speriamo in un suo ravvedimento operoso!
Pur prevedendo piani di rientro, l'innalzamento delle aliquote dell'addizionale IRPEF e dell'IRAP, l'affiancamento ministeriale, il monitoraggio ed il controllo costanti, riteniamo che la logica del provvedimento tampone sia iniqua e dannosa, se è vero come è vero che con la sanatoria in finanziaria e nel «mille proroghe» per gli enti locali che hanno sforato il patto di stabilità 2006 e l'ennesimo stanziamento per l'emergenza rifiuti in Campania non facciamo che incentivare continuamente i comportamenti irresponsabili.
Dobbiamo finirla con i ripiani ex post dei disavanzi con fondi statali, che conducono all'irresponsabilità e al mantenimento delle disfunzioni, generando altresì sperequazioni ingiuste per chi è più virtuoso.
Occorre una riforma organica, tesa a riorganizzare il settore sanitario, ad adottare una revisione e una razionalizzazione dei criteri di spesa e, soprattutto, occorre una maggiore responsabilizzazione delle regioni, con l'attribuzione di adeguati strumenti finanziari senza eccezioni e senza deroghe.
Prima di concludere, desidero fare due ulteriori considerazioni sul provvedimento. La prima riguarda il balletto di cifre e di riduzioni cui abbiamo assistito in merito alla riduzione del ticket premettendo che siamo stati contrari alla sua introduzione già nel corso del dibattito sulla finanziaria. Dopo una prima formulazione dell'articolo 1-bis in cui era prevista una copertura dei 350 milioni con il fondo di rotazione per le politiche comunitarie (cui la sottocommissione per i pareri della Commissione bilancio si era opposta perché si trattava dell'utilizzo di fondi di natura di conto capitale per coprire oneri di natura corrente), si era presentata una copertura che andava ad incidere sulla dotazione di risorse di fondi per la realizzazioni di interventi in settori delicati, quali la famiglia e i non autosufficienti. La maggioranza ed il Governo, accortisi della enormità scandalosa della proposta, erano ritornati alla vecchia copertura prevedendo un reintegro successivo delle risorse utilizzate. Ma ci domandiamo innanzitutto come si spera di creare un clima di fiducia con i cittadini di fronte ad un comportamento schizofrenico del Governo che prima mette il ticket in finanziaria poi lo diminuisce al Senato, qui alla Camera lo elimina avvertendo però che si tratta di una sospensione temporanea solo per il 2007, insomma di tutto e di più; e poi ci domandiamo se non sarebbe stato forse più utile impiegare una piccola parte delle risorse del famoso «tesoretto» per la completa soppressione definitiva di una tassa invisa ai cittadini.Pag. 65
In questa confusione mentale l'unico dato positivo è la decisione del Governo di modificare la norma circa la sospensione delle procedure esecutive e dei pignoramenti nei confronti delle aziende fornitrici di materiali. Siamo stati subito contrari ad una simile misura, innanzitutto perché esistevano profili di incompatibilità rispetto alla disciplina comunitaria in materia di transazioni, che avrebbe sicuramente determinato l'attivazione di procedure di infrazione della direttiva 2003/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, determinando conseguentemente riflessi finanziari non previsti in termini di sanzioni e spese.
Ad oggi lo Stato rimborsa in media dopo un anno, quando i termini di legge sono di 150 giorni massimo.
Bloccare per un anno i pignoramenti e i decreti ingiuntivi da parte dei creditori del Servizio sanitario nazionale non poteva che creare allarme: da qui la decisione di cancellare quella norma.
Secondo la normativa vigente, la esecutività dei decreti ingiuntivi scatta 150 giorni decorrenti dalla notifica del titolo ed il relativo pagamento (mai per intero) avviene dopo circa due anni, attese le lungaggini dell'iter processuale. Quindi, circa tre anni di attesa, anche se con interessi, che sarebbero diventati quattro.
Per avere una dimensione del fenomeno basterebbe ricordare che la Corte dei conti, in un rapporto del luglio 2006, ha calcolato in 22 miliardi di euro l'esposizione complessiva del Sistema sanitario nei confronti dei soli fornitori, cui vanno aggiunti i crediti del 2006 e del 2007.
La situazione sarebbe diventata insostenibile per molte aziende che, oltretutto, avrebbero subito anche l'aumento, ove applicato, delle addizionali IRAP proprio per sanare i disavanzi sanitari.
Ancora una volta si sarebbero penalizzati soggetti estranei ai dissesti e premiati coloro che ne erano i responsabili. Insomma una vicenda pasticciata, iniqua e poco edificante! Per queste motivazioni il gruppo UDC esprimerà un voto contrario.
FRANCESCO NAPOLETANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le Commissioni di merito di questo ramo del Parlamento, la V e la XII, hanno fatto un lavoro egregio, mettendo al cospetto dell'Aula del Governo un testo del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23 che merita il sostegno ed il voto favorevole del gruppo dei Comunisti italiani.
Il ripiano dei disavanzi pregressi nel settore sanitario appare urgente e necessario. La legge finanziaria per il 2007 lo aveva, infatti, previsto ed il decreto-legge di che trattasi non è altro che l'attuazione dell'articolo 1, comma 796, lettera b), della stessa legge n. 296 del 2006.
Tuttavia, il testo pervenutoci dal Senato della Repubblica ha presentato delle modificazioni che, pur apprezzabili in talune intenzioni, ad una più attenta e non superficiale verifica si sono rilevate abnormi. Ciò, sotto il profilo giudiziario, sociale e della copertura finanziaria, con fondate perplessità anche sulla rispondenza al test istituzionale ed alla disciplina comunitaria.
L'iniziativa dei Comunisti italiani, unitamente a quella di altri gruppi, ha consentito di eliminare quelle che apparivano delle vere e proprie storture.
La norma dispone, relativamente ai disavanzi sanitari del periodo 2001-2005, il concorso dello Stato nel predetto ripiano, relativamente alle regioni interessate.
L'intervento dello Stato rappresenta una deroga all'obbligo, per le regioni, di far fronte ai propri disavanzi sanitari con oneri interamente a loro carico. È un intervento che si rende necessario perché talune regioni non sarebbero in grado di provvedere da sole e con immediatezza al ripiano sanitario, senza provocare gravi ed inaccettabili conseguenze sul piano sociale. Una gestione poco attenta alla gestione dei capitoli di bilancio regionali della sanità sarebbe stata pagata a caro prezzo dai cittadini, specie da quelli meno abbienti. Questo andava scongiurato, unitamente ad un drastico ridimensionamento dei servizi offerti. Tuttavia, le regioni interessate potranno beneficiare del concorso statale solo ed unicamente a condizione che sottoscrivano Pag. 66con lo Stato un accordo sui piani di rientro dal disavanzo, con specifiche misure fiscali e la maggiorazione delle principali leve addizionali e tributarie.
Chi è causa del suo mal piangerà se stesso: non lo farà in un solo colpo, ma in modo graduale.
Gli amministratori regionali dovranno, però, essere più attenti per il futuro, poiché non sarà più possibile una gestione contabile allegra, nel capo sanitario, con il convincimento che tanto, alla fine, ci penserà lo Stato. D'ora in avanti, sarà la Corte dei conti, proprio in seguito al nuovo testo del decreto-legge de quo, ad esaminare gli esiti della verifica annuale dei pieni di rientro, con possibili giudizi di responsabilità contabile. Appare, dunque, priva di solide motivazioni la consueta invettiva di taluni gruppi di opposizione contro il Governo, che premierebbe le regioni non virtuose rispetto a quelle che, invece, lo siano.
È opportuno fare uno sforzo, neppure tanto grande, di memoria, per ricordare come anche il precedente Governo abbia proceduto al ripiano del disavanzo di alcune regioni nel settore sanitario. Con la differenza, però, della totale insensibilità verso la responsabilità degli amministratori e verso il diritto alla salute dei cittadini meno abbienti, che, senza colpe, dovrebbero sempre pagare per le gestioni allegre dei primi.
A differenza del passato, non è più tollerabile una crescita a dismisura della spesa sanitaria dovuta alla incapacità, alla clientela, allo sperpero. È assai positiva, anche a questo riguardo, l'attività e di monitoraggio che verrà svolta dall'apparato dello Stato sulla spesa sanitaria, così come appare innovativo ed importante che il Parlamento stesso abbia la possibilità di conoscere l'andamento della spesa sanitaria, al fine di meglio verificare gli equilibri di bilancio.
Il nuovo testo del decreto prevede tutto questo.
Il testo del Senato, invece, prevedeva per i creditori il divieto, per 12 mesi, di intraprendere o proseguire azioni esecutive per i debiti sanitari, nelle regioni interessate, giungendo perfino a consentire di non effettuare pagamenti per i pignoramenti già eseguiti: un incomprensibile obbrobrio giuridico che in Commissione è stato saggiamente eliminato!
Si pensi a tutti quei lavoratori che non avrebbero potuto richiedere i loro crediti per le prestazioni lavorative fornite nella sanità.
Si pensi a tutte quelle aziende, specie a quelle di piccole dimensioni, che avrebbero vissuto momenti di grave difficoltà, particolarmente nei rapporti con le banche. Quanti lavoratori dipendenti di queste aziende avrebbero rischiato di non percepire le retribuzioni? Per non dire delle chiare violazioni della disciplina comunitaria, che apertamente combatte il ritardo nei pagamenti delle transazioni commerciali. Tali violazioni avrebbero esposto il Paese ad una procedura d'infrazione, costringendo gli enti al pagamento di interessi ulteriori ed al risarcimento dei danni.
Siamo lieti di avere contribuito, con il nostro emendamento soppressivo, a sbloccare l'impasse che si era creato in Commissione. Se tutte queste rilevanti modificazioni e novità presenti all'interno del decreto-legge, su cui il Governo ha chiesto ed ottenuto la fiducia, non bastassero, una da sola giustificherebbe un voto positivo. Si tratta dell'abolizione del ticket di 10 euro sull'assistenza specialistica ambulatoriale! Il Senato l'aveva ridotto a 3,5 euro. La Camera, con questa maggioranza e questo Governo, l'ha completamente azzerato. Ci siamo sempre battuti per l'eliminazione degli odiosi ticket sanitari: oggi realizziamo un importante obiettivo. L'eliminazione del ticket sulla diagnostica, peraltro, viene raggiunta cambiando completamente l'imputazione della spesa che, non ponderandone appieno le conseguenze, ne aveva dato il Senato.
Nessun taglio per i Paesi in via di sviluppo, per i fondi sulla ricerca, la famiglia, i non autosufficienti, le politiche giovanili, lo spettacolo. Questi fondi, colleghi senatori, credo abbiano bisogno piuttosto di essere incrementati. Più corretto ed utile appare l'utilizzo di fondi per Pag. 67l'attuazione delle politiche comunitarie, ad oggi non utilizzati e sempre incrementabili in sede di assestamento di bilancio, in caso di successive necessità.
La strategia, da parte dell'opposizione, del perenne ricorso all'ostruzionismo, nel mentre svilisce ed immiserisce quella che, un tempo, era una eccezionale pratica parlamentare, denota l'irresponsabilità, ma anche l'inadeguatezza e la mancanza di progettualità di chi la persegue.
Le chiacchiere di certa opposizione, poco incline ad un reale confronto, si rivelano inutili, perché il Governo va avanti per la sua strada.
Vedremo successivamente quali scelte dovranno essere compiute (nella collegialità!) perché all'importante sfera di risanamento dei conti pubblici seguano provvedimenti all'insegna dell'equità e della redistribuzione del reddito, in favore dei ceti meno abbienti. Oggi, però, è evidente come, nel settore della spesa sanitaria, vi siano segnali positivi ed innovativi.
L'abolizione del ticket sulla diagnostica, il mantenimento dei livelli sanitari in alcune grandi regioni, la verifica ed il monitoraggio della spesa, la accresciuta responsabilità degli amministratori regionali, costituiscono elementi significativi per un'azione di Governo che dovrà sempre tendere alla tutela del diritto alla salute. I cittadini, specie i più deboli, si aspettano tanto da questo Governo.
Le chiacchiere e gli ostruzionismi lasciamoli all'opposizione, troppe volte silente sugli sprechi, il clientelismo, il malaffare, che da anni hanno imperversato nella sanità e che dobbiamo combattere con sempre maggiore decisione.
ROCCO PIGNATARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono consapevole che l'ora è tarda e non invoglia di certo ad ascoltare ampie dichiarazioni di voto. Cercherò pertanto di esporre rapidamente le ragioni per le quali il gruppo dei Popolari-Udeur voterà convintamente, dopo aver rinnovato con il voto di fiducia l'appoggio a questo Governo, il provvedimento in esame.
Mi sia concesso, però, anche se molto brevemente, di esprimere la solidarietà mia e del gruppo che rappresento, all'onorevole Katia Zanotti, relatrice di questo provvedimento per la V Commissione, per quanto accaduto nella seduta di ieri.
Dispiace aver ascoltato frasi offensive e gratuite nei confronti di una collega che ha, per di più, ampiamente dimostrato in Commissione ed in Aula il proprio intendimento di pervenire a soluzioni condivise delle questioni più spinose che si sono registrate intorno al provvedimento che stiamo per approvare.
Tornando al provvedimento che ci occupa in questa lunga giornata, esprimo subito a nome dei Popolari-Udeur il voto favorevole e ne illustro i motivi.
Come più volte ricordato, sia da colleghi della maggioranza che da esponenti del Governo, il provvedimento che ci accingiamo a votare risulta essere non soltanto importante ma addirittura strategico direi per la politica improntata alla serietà messa in atto dall'attuale Governo.
Perché qui di serietà si tratta.
È stato più volte detto e ribadito che non si può non convertire in legge il decreto-legge n. 23 del 2007, per un semplice motivo: lo si deve ai cittadini di questo paese, lo si deve ai contribuenti onde garantir loro, ovunque essi risiedano, eguali livelli essenziali delle prestazioni sanitarie.
E questo, onorevoli colleghi, non si può fare se prima non si eliminano quegli enormi disavanzi che alcune regioni hanno accumulato nel corso degli anni dal 2001 al 2005.
Come ben si evidenziava nella seduta di ieri, qualsiasi Governo avrebbe dovuto affrontare questa situazione e solo un Governo totalmente privo di serietà avrebbe rinviato o, peggio ancora, non fronteggiato in maniera adeguata il problema del disavanzo che oggi impegna la Camera dei deputati.
Questo Governo lo ha fatto, lo ha fatto nella maniera che più ha ritenuto idonea e, dato che più ci soddisfa, ha registrato e fatte proprie le istanze e le perplessità che da questo ramo del Parlamento venivano Pag. 68mostrate su alcuni punti, piuttosto spinosi non c'è dubbio, contenuti nel provvedimento.
Esprimo, pertanto, piena soddisfazione per il lavoro svolto dalle Commissioni riunite, dai relatori e dal Governo che si sono impegnati profondamente affinché per tali questioni potesse trovarsi una via di soluzione che fosse soddisfacente per tutti.
L'abolizione del ticket, infatti, sebbene limitata al 2007, è una misura che non può che incontrare il favore dei cittadini di questo Paese, così come incontra il plauso dei Popolari-Udeur l'aver trovato una copertura finanziaria per questa misura che non andasse ad intaccare quei fondi specificamente finanziati per venire incontro alle esigenze delle famiglie italiane.
Favore e plauso che ovviamente si registrano anche per la decisione del Governo di far proprio l'emendamento dei relatori relativo all'abrogazione del tanto famigerato emendamento introdotto al Senato, che aveva notevolmente preoccupato i creditori delle Aziende sanitarie locali: creditori che di certo non potevano essere vittime della cattiva gestione del settore sanitario in alcune delle nostre regioni.
Non vedo dunque ragioni, se non quelle di carattere puramente strumentale, per non votare a favore di un provvedimento che si inserisce, per il suo contenuto, nella stagione di riforma del sistema sanitario nazionale, inaugurata da questo Governo, che con il «patto per la salute» stipulato con le regioni e con alcune delle misure contenute nella manovra finanziaria, fa registrare l'intendimento di questa maggioranza di intervenire con una decisa inversione di tendenza in questo settore.
Vorrei, infatti, ricordare che oltre alle modifiche fatte proprie dal Governo, cui prima accennavo, il provvedimento contiene molto di più: si pensi solo alla previsione del monitoraggio e al controllo che verranno effettuati da parte dei Ministeri dell'economia e delle finanze e della salute; al cosiddetto «tutoraggio» che verrà effettuato su queste regioni; alla previsione della tempestiva comunicazione al Ministro dell'economia e al presidente della Corte dei conti degli esiti della verifica annuale dei piani di rientro, al fine dell'accertamento di eventuali responsabilità degli amministratori regionali.
Questo, senza considerare il sistema che era già stato posto in essere con la manovra finanziaria come il divieto, contenuto nel comma 734 della legge finanziaria, di nominare coloro i quali si siano resi responsabili di disavanzi per tre esercizi consecutivi in enti, aziende od istituzioni analoghe; o, ancora, la previsione dell'attivazione automatica dell'incremento dell'addizionale all'IRPEF e dell'addizionale all'IRAP nella misura necessaria a coprire il nuovo disavanzo che non si riuscisse a coprire con i mezzi a disposizione delle regioni.
Si tratta dunque, a ben vedere, di una serie di misure necessarie per porre fine ad una situazione che ormai aveva raggiunto le dimensioni di un vero e proprio disastro. Si pensi solo all'esempio del Lazio, cui il Governo doveva trovare soluzione e non, come si è ripetuto nei giorni scorsi, per fare un regalo ad amministrazioni «amiche» ma per garantire ai nostri cittadini uguale trattamento ed assistenza in ogni parte del Paese in omaggio, e non in dispregio della nostra Carta costituzionale, senza, poi, ricordare che le amministrazioni «amiche» che oggi governano le regioni cui è indirizzato questo provvedimento, nel periodo cui i disavanzi si riferiscono erano, nella maggior parte dei casi, governate da uomini del centro-destra. Pertanto, trovo di scarsa onestà intellettuale l'aver proposto, da parte dell'attuale opposizione, un simile ragionamento a quest'Aula.
La «serietà al Governo» questa maggioranza l'ha dimostrata in passato, la sta dimostrando con questo provvedimento e la dimostra tutte le volte in cui si assume la responsabilità di approvare misure impopolari, anche al fine di porre rimedio a drastici errori commessi nella passata legislatura; vogliate allora essere voi, almeno ogni tanto, colleghi dell'opposizione, a dimostrare serietà a questo Paese.
DOMENICO DI VIRGILIO. Ci troviamo di fronte ancora una volta, e lo ripetiamo per i distratti, dinanzi ad un uso distorto da parte di questo Governo dello strumento normativo della decretazione d'urgenza, in quanto - trattandosi del ripiano di disavanzi relativi al periodo 2001-2005 - si può escludere che ricorrano i requisiti di straordinaria necessità ed urgenza che l'articolo 77 della Costituzione individua come presupposti affinché il Governo possa adottare decreti-legge.
Per quanto riguarda il merito del provvedimento, dobbiamo ricordare che il Governo Berlusconi ha lavorato per tutta la durata della passata legislatura per contenere l'espansione della spesa sanitaria regionale: a tal fine sono stati conclusi una serie di accordi con le regioni con i quali si è passati da un sistema di semplice monitoraggio e di garbato controllo della spesa regionale a un sistema di obiettivi, con la previsione di un meccanismo sanzionatorio in caso di mancato raggiungimento del risultato e di un meccanismo premiale in caso di raggiungimento dello stesso.
Con questo decreto-legge, invece, si dà un segnale di senso contrario in quanto, da un lato, si penalizzano le regioni virtuose e i cittadini residenti in tali regioni - i quali si sono trovati a dover pagare più tasse e contemporaneamente a poter usufruire di minori risorse statali per il servizio sanitario nazionale - e, dall'altro, si incentivano le regioni meno virtuose le quali possono contare, come in questo caso, nel ripiano a posteriori degli sfondamenti di spesa prodotti.
In particolare il Governo ha trasmesso, nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, una documentazione sui disavanzi sanitari regionali per il periodo 2001-2004: Piemonte 662 milioni di euro; Liguria 310 milioni di euro; Lazio 2.048 milioni di euro; Abruzzo 523 milioni di euro; Molise 126 milioni di euro; Campania 2.144 milioni di euro; Sicilia 777 milioni di euro. A ciò vanno ad aggiungersi i disavanzi non coperti per il 2005, così ripartiti: Piemonte 216,494 milioni di euro; Veneto 55,660 milioni di euro; Liguria 252,716 milioni di euro; Lazio 1.800 milioni di euro; Abruzzo 197,994 milioni di euro; Molise 79,650 milioni di euro; Campania 1.132,181 milioni di euro; Basilicata 8,865 milioni di euro; Sicilia 625,928 milioni di euro, anche se Piemonte, Basilicata, Veneto e Liguria hanno recentemente provveduto ad adottare misure di copertura.
Con questo provvedimento, tra l'altro, il Governo contraddice anche gli obiettivi di finanza pubblica definiti a livello europeo: ad inizio legislatura, infatti, il controllo della spesa sanitaria figurava tra gli interventi da realizzare nell'ambito delle riforme strutturali mentre ora è evidente come il Governo abbia rinunciato a qualunque tipo di controllo e non solo sulla spesa sanitaria.
Ma - udite, udite - con un colpo a sorpresa al Senato è stato approvato un emendamento della maggioranza che prevede la sospensione delle attività esecutive nei confronti dei creditori del servizio sanitario nazionale: tale disposizione oltre ad essere in contrasto con la direttiva 2000/35/CE, concernente la lotta contro i ritardi nel pagamento delle obbligazioni di natura commerciale, rischia di comportare conseguenze gravissime per molte aziende operanti nel settore e conferma - ove ce ne fosse bisogno - l'incertezza del Governo sulla reale entità delle risorse necessarie al ripiano dei disavanzi in oggetto.
Per quanto riguarda tale assurda sospensione delle procedure esecutive e dei pignoramenti il Governo deve chiarirci se questo non possa determinare effetti negativi a carico della finanza pubblica sia per il prodursi comunque di interessi, sia per un contenzioso che certamente si determinerà per il congelamento di questi debiti.
Insomma, un'altra tegola per la finanza pubblica!
Da non sottovalutare poi i possibili profili di incompatibilità della sospensione delle procedure esecutive rispetto alla disciplina comunitaria in tema di transazioni commerciali che potrebbero dar luogo a nuovi e maggiori oneri non previsti!Pag. 70
Infine, in merito all'intenzione del Governo di ripianare i debiti delle regioni, a parte che questo «soccorso» contrasta con gli accordi Stato-regioni per cui queste, una volta stabilito il riparto del fondo sanitario nazionale, debbono essere in grado di realizzare una gestione economica autonoma ed oculata, va sottolineato che il sostegno statale non può essere definito in base ai piani di rientro, altrimenti si realizzerebbe un sistema distorto per cui si darebbe l'impressione che il disavanzo sanitario venga ripianato a piè di lista, e così non può essere!
Ma è chiaro anche che si debba adottare un criterio di serietà per cui, se si danno risorse economiche a quelle regioni che sono in difficoltà, prevedendo un intervento finanziario straordinario come quello previsto, occorre anche pretendere che le regioni rispettino gli impegni assunti e, ad esempio, che non vengano ridotti i livelli di eccellenza, che si garantiscano i LEA, cui ogni cittadino ha diritto a norma dell'articolo 32 della nostra Costituzione!
Da qui l'esigenza che si preveda una verifica delle Commissioni parlamentari competenti sui piani di rientro e sull'accordo sottoscritto dal Governo con le singole regioni. Ed è anche necessario che gli interventi ipotizzati o sottoscritti dal Governo siano accompagnati da forti sanzioni per gli enti locali coinvolti che incidano sugli amministratori non competenti o distratti!
Onorevoli colleghi, troppi e ripetuti sono i casi eclatanti di disservizi in campo sanitario e troppo spesso questi si fanno ricadere esclusivamente sugli operatori sanitari quando altre, o di altri, sono le responsabilità, le competenze non osservate, le inadempienze, che rischiano di diffondere tra i cittadini discredito e disaffezione per il nostro servizio sanitario nazionale che ha aree di eccellenza ed altre critiche per cui, sempre più spesso, i cittadini sono costretti a rivolgersi alla sanità privata (e noi siamo per una giusta competizione tra pubblico e privato) e non tutti hanno le risorse economiche per farlo. Si lascia allora la gente in coda ai CUP per una prestazione prevista in tempi troppo lunghi, le liste di attesa si gonfiano, e il ministro pone la sua attenzione su altre problematiche meno urgenti o su iniziative che vengono sconfessate dalla stessa maggioranza (come quella sulla droga!).
Mentre ci si vuole accanire, ad esempio, contro i medici i cui contratti si tarda a chiudere e che si penalizzano con provvedimenti sulla libera professione intra moenia, la cui mancata piena realizzazione è dimostrato essere colpa delle regioni. E cosa dire del contratto per i medici specializzandi che tarda ad arrivare nonostante esistano fondi da noi previsti nella nostra ultima finanziaria, quella per il 2006?
Non è questa certo la sanità che desiderano i cittadini. Per tutto questo Forza Italia è chiaramente contraria, tanto nella sostanza quanto nel merito, a questo decreto-legge!
E noi voteremo contro!
FRANCESCO SAVERIO CARUSO. Signor Presidente, ci troviamo a votare un provvedimento non auspicato, ma necessario, in quanto, da alcuni anni, dobbiamo fare i conti con il deficit del sistema sanitario che in alcune regioni è sempre più profondo e drammatico. Ritengo vadano messe in evidenza le responsabilità politiche e amministrative di tale deficit, un buco nero della sanità che si allarga a dismisura su un tema così delicato, quale il diritto alla salute, che rientra in quei diritti e servizi essenziali che un paese cosiddetto civile e democratico dovrebbe garantire a tutti.
Ritengo che il provvedimento in esame, così come il ticket e le altre assurde tasse sulla malattia, non servano a pagare disfunzioni del sistema sanitario, ma a pagare le reti di clientele di democristiani di ieri e di oggi.
I cittadini devono pagare la gestione, ormai pluridecennale, di queste reti di clientele su cui si è fondato il sistema sanitario e su cui hanno fatto fortuna tanti politici, ieri della Democrazia cristiana, oggi di ambedue gli schieramenti. Dobbiamo soffermarci con particolare attenzione Pag. 71sulla corruzione e sugli sprechi che investono il sistema sanitario, trovando soluzioni per renderlo più efficiente e colpire tale meccanismo di corruzione e sprechi.
Ho letto con particolare attenzione l'accordo fra la regione Campania e lo Stato sul ripiano del disavanzo. Mi sembra assurdo pretendere, contemporaneamente, di ridurre gli stipendi e il personale, di aumentare i carichi di lavoro, garantendo allo stesso tempo i LEA e i servizi aperti senza personale.
In base a questo accordo si può prevedere da una parte un peggioramento drastico della qualità dei servizi e dell'assistenza, che in Campania è già al di sotto degli standard minimi, e dall'altra un aumento delle malattie, degli infortuni, delle morti per cause di servizio e dell'assistenzialismo.
Se questa previsione si avvera, i cittadini rischiano di trovarsi di fronte a costi maggiori, mentre la domanda si orienterà sempre di più verso la sanità privata, smantellando il servizio pubblico e favorendo i privati che lucrano. Di lucro, infatti, si tratta: non si può definire diversamente l'attività di chi cerca di arricchirsi, anche in modo poco trasparente, sul diritto alla salute. I processi di privatizzazione e di esternalizzazione che hanno contraddistinto in questi anni il sistema sanitario fanno presagire che la logica del profitto schiaccerà e renderà un privilegio quello che dovrebbe essere invece un diritto sacrosanto, il diritto alla salute.
Da questo punto di vista sono dunque particolarmente preoccupato. Ritengo tuttavia che questo provvedimento vada varato, proprio per cercare di costruire una diga anche a tale meccanismo di privatizzazione e di esternalizzazione e per cercare di individuare delle linee di sviluppo e di gestione pubblica efficace ed efficiente nell'ambito della riorganizzazione del servizio pubblico; questa è la scommessa.
Credo che su un punto particolare di questo provvedimento, però, dobbiamo accendere i riflettori. Mi riferisco all'articolo 1 bis e all'abolizione del ticket, che ritengo indispensabile per coprire una delle macchie nere della legge finanziaria. A questo riguardo, credo che sia stato importante il lavoro svolto dal Senato che ha inizialmente ridotto l'entità del ticket, anche se la sua riduzione a 3,5 euro avrebbe comportato costi maggiori dei proventi. L'abolizione non è necessaria ma è anche un primo segnale di risarcimento sociale per le fasce popolari che hanno pagato, fin troppo, in questi anni, le politiche di ristrutturazione neoliberista, quelle berlusconiane, e l'aderenza alla logica di Maastricht e ai suoi parametri, che sembrano la Bibbia su cui nessuno può discutere e confutarne la priorità.
Quindi, il nostro voto favorevole a questo provvedimento è anche un segnale chiaro nei confronti del Governo, a cominciare dal ministro Padoa Schioppa, affinché impari ad ascoltare più le istanze e la voce dei senza voce, dei precari, dei lavoratori e dei disoccupati e meno quella delle istituzioni monetarie internazionali e dei poteri forti della nostra società.
GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, esprimo, a nome del gruppo dell'Ulivo, il voto favorevole alla conversione in legge del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23, recante disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregresso nel settore sanitario.
Non c'è dubbio, al di là delle sterili polemiche, che il provvedimento adottato dal Governo è di grande importanza.
Infatti, dopo anni di permanente conflittualità istituzionale in materia sanitaria tra Governo centrale e governi regionali e di sistematico sottofinanziamento, finalmente il Governo di centrosinistra è riuscito a disegnare un percorso di condivisione, collaborazione e responsabilità per garantire un governo integrato del servizio sanitario nazionale da parte dello Stato e delle regioni. Tale processo, è opportuno ricordarlo, ha avuto inizio con il «Patto per la Salute» siglato da tutti i soggetti interessati il 22 settembre 2006 e successivamente recepito nella finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) attraverso l'istituzione Pag. 72di un fondo transitorio con una dotazione di 1.000 milioni di euro per il 2007, 850 milioni di euro per il 2008 e 700 milioni di euro per il 2009, destinato ad aiutare le regioni con disavanzi elevati, subordinatamente alla sottoscrizione da parte di queste di un apposito accordo che preveda un piano di rientro dei disavanzi.
Dobbiamo dire, dunque, che la situazione debitoria emersa in alcune regioni è stata ed è talmente grave da mettere in discussione non solo la credibilità delle stesse istituzioni regionali, ma dell'intera pubblica amministrazione. Da qui la necessità e l'indifferibilità del provvedimento, che è strutturato in modo da permettere, almeno in partenza, la soluzione del problema.
Le responsabili scelte operate per ripianare i disavanzi sanitari prevedono il concorso dello Stato al superamento dei disavanzi del servizio sanitario nazionale per il periodo 2001-2005 nei confronti delle regioni che sottoscrivono con lo Stato l'accordo per i piani di rientro ed accedono al fondo transitorio e che adottano, per la copertura dei disavanzi sanitari, specifiche misure fiscali, soprattutto l'applicazione automatica dell'innalzamento dell'addizionale IRPEF e delle maggiorazioni dell'aliquota IRAP, a seguito della deliberazione della giunta regionale di approvazione dell'accordo con lo Stato per il rientro dei disavanzi.
I piani di rientro, oltre a prevedere le misure necessarie per i ripiani ed indicare i mezzi di copertura e la loro articolazione nel tempo fino, e non oltre, al 2010, prevedono obbligatoriamente: l'istituto dell'affiancamento, ovvero la nomina da parte del Governo di un nucleo tecnico incaricato di esaminare e valutare i provvedimenti in materia sanitaria che dovranno assumere le regioni; l'istituto della sottoposizione al Governo, ai fini di un preventivo esame e della preventiva approvazione, di tutti i provvedimenti significativi nel settore sanitario, quali i piani di organizzazione, distribuzione dei posti letto, creazione di strutture, personale e relativo trattamento, tariffe, accreditamenti, tetti di spesa e tutto ciò che attiene alla materia farmaceutica.
Sono questi atti fondamentali che corresponsabilizzano Stato e regioni con un impegno che deve tendere alla garanzia del diritto alla salute dei cittadini.
Infine, il ticket di dieci euro sulle visite specialistiche ambulatoriali introdotto con la legge finanziaria 2007 viene abolito. Nell'opinione pubblica questo ticket è apparso come una odiosa tassa sulla malattia ed ha alimentato un clima di sfiducia nei cittadini verso il sistema sanitario nazionale.
Dunque, bene hanno fatto Governo e maggioranza di centrosinistra ad abolirlo, dando una risposta positiva soprattutto agli anziani, ai pensionati, alle famiglie con maggiore disagio sociale.
L'impegno delle istituzioni, però, deve essere non solo quello di vigilare sull'effettiva necessità delle prestazioni, ma anche di migliorare la qualità e garantire l'universalità del diritto alla salute.