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Si riprende la discussione (ore 17,28).
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1318-A)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, presidente della Commissione affari costituzionali, onorevole Violante.
LUCIANO VIOLANTE, Relatore. Signor Presidente, innanzitutto ringrazio i colleghi che sono intervenuti e colgo l'occasione per ringraziare in maniera non formale il sottosegretario Naccarato, per il modo attento, prudente e competente con il quale ha seguito i lavori della Commissione; anche il suo intervento di stamattina, non formale, ma seriamente di merito, è la conferma di questo atteggiamento del Governo nei confronti della materia.
Sono stati svolti numerosi rilievi nel corso della giornata. Il relatore è tenuto a tenerne conto e lo farà nel corso dei lavori successivi. Naturalmente leggerò tutti gli emendamenti insieme agli altri membri della Commissione: vedremo in che termini e in quali punti il testo può essere corretto.
Mi sarei aspettato una risposta da parte dei colleghi che hanno criticato l'istituzione dell'autorità su un punto che ho posto: se, cioè, rispondesse ad un meccanismo democratico un regolatore unico tanto per il mercato quanto per la politica. Questo è il punto sul quale avrei chiesto un chiarimento e credo che lo avremo nel corso del dibattito. La Commissione, in sostanza, non ha nulla in contrario a lasciare all'Antitrust tali competenze. Si tratta di capire, però, se vada bene lo stesso regolatore tanto per il mercato quanto per lo Stato: questo è un punto delicato sul quale credo sia utile continuare a riflettere.
Devo poi sottolineare, in relazione ad alcune osservazioni del presidente Bruno, che lo scopo di questo tipo di legislazione non è impedire - e se così fosse andrebbe rivisto - ma favorire la partecipazione di personalità che si sono misurate sul mercato a partecipare alle responsabilità pubbliche; proprio perché ciò avvenga, però, è necessario che vi sia - come avviene dappertutto - una separazione tra interessi privati e funzione pubblica; ma finché la separazione non c'è è inevitabile che queste persone portino con sé un elemento di conflitto di interessi - come si dice dovunque - che rende più debole la loro collocazione politica.
La proposta di legge in esame, quindi, favorisce la partecipazione, tant'è che si presenta in tutti quei paesi in cui il problema si è posto e in cui soggetti che si sono misurati sul mercato intendano poi partecipare al governo del Paese o al governo di enti locali e così via. Non si tratta, quindi, di un rischio di impoverimento, ma quel che si vuole fare è proprio il contrario.
Devo poi dire, a proposito di una seconda osservazione importante del presidente Bruno, che il trust non è scelto dall'autorità, ma dalla carica di governo, d'intesa con l'autorità. Comunque, percepisco il senso di alcune considerazioni anche in relazione agli interventi effettuati dagli altri colleghi. Mi chiedo, ad esempio, se non dovremmo rivalutare il rapporto tra l'articolo 11, sulle due tipologie di incompatibilità, e l'articolo 12, sulla separazione degli interessi: è stato osservato, infatti, nel corso degli interventi di alcuni colleghi del gruppo Italia dei Valori e di altri, se non ci debba essere omogeneità di trattamento, perché non si spiegherebbe una differenza tra i casi previsti dall'articolo 12 e quelli previsti dall'articolo 11.
Il collega Marone ha fissato un punto di particolare rilievo quando ha detto chePag. 65il sistema dei conflitti nel nostro ordinamento è sempre preventivo e che la legge Frattini, sostanzialmente, evade a questo tipo di principio e rappresenta un'eccezione: valuteremo anche questo. Sia l'organismo del Consiglio d'Europa, sia l'OCSE, sia tutti coloro i quali si sono pronunciati a livello internazionale sul conflitto di interessi hanno, comunque, posto in rilievo la necessità che si tratti di un intervento preventivo e non successivo.
In relazione a ciò, permettetemi di anticipare un argomento, puntualizzando alcune questioni. Innanzitutto, dobbiamo tener conto dei rilievi mossi dalle due autorità? La legge ne tiene conto, perché afferma che la legge Frattini non è operante per 19 rilievi che sono stati fatti.
In secondo luogo, deve verificarsi un'altra volta che un ministro delle infrastrutture sia contemporaneamente titolare di una grossa società di grandi lavori e che poi passi tale società alla moglie e alle figlie, perché ciò è compatibile con l'ordinamento democratico? Deve verificarsi ancora una volta che un ministro avvantaggi considerevolmente il patrimonio di un altro componente del Governo, cosa verificatasi nella scorsa legislatura e denunciata dall'Autorità? Sono cose che rientrano...
DONATO BRUNO. Il blind trust non serve.
LUCIANO VIOLANTE, Relatore. La legge serve a risolvere questo tipo di problemi e quanto al trust - la ringrazio presidente Bruno per l'interruzione - il progetto della XIII legislatura lo prevedeva in forma persino più severa di quella ora proposta, che è più meditata. Il predetto progetto, inoltre, fu votato all'unanimità e molti colleghi che siedono oggi in quest'aula votarono quel testo.
Al Senato - ricordo l'intervento dei colleghi La Loggia e D'Onofrio - si ritenne che le proposte del Senato non andassero bene e che invece dovesse essere approvato il testo della Camera. Un collega della Lega presentò addirittura emendamenti correttivi al testo presentato dalla maggioranza al Senato, che ripristinavano il testo della Camera.
Non si può dire quindi, come ha sostenuto il collega Cicchitto in un intervento molto animato, che il blind trust è un mostro, perché - lo ripeto - esso fu votato all'unanimità e al Senato i colleghi dell'attuale opposizione riproposero il testo approvato alla Camera, ritenendolo buono. Si può, quindi, discutere di tutto, ma non si può dire che il blind trust sia una soluzione così pregiudiziale e del tutto sbagliata, un mostro, come si è detto.
Intendo, inoltre, precisare una questione: consiglio a tutti di guardare con maggior attenzione l'intervento del professor Mattarella sul tema, che è stato richiamato, a mio avviso, in termini non corretti.
In relazione a quello che qui si è detto, non vogliamo fare la lezione a nessuno, come ha affermato il collega Cicchitto. Scusate se tocco questo argomento non particolarmente nobile, ma non vogliamo fare la lezione a nessuno. Una volta che le Autorità indipendenti hanno mosso rilievi pesanti sulla efficacia della legge in vigore e una volta che si sono verificati episodi gravi sotto il vigore di questa legge, ai quali la stessa non poneva rimedio, il fatto che la maggioranza e il Governo si pongano il problema di come affrontare queste situazioni fa parte dei loro doveri specifici e credo che questo debba essere accolto da tutti.
Sulla questione della eleggibilità, posta da alcuni colleghi, voglio affermare con chiarezza che essa riguarda i membri del Parlamento e non quelli del Governo. Ho già sostenuto in Commissione che, quando vengono presentate proposte di legge - il collega Russo ha presentato una proposta di legge su questa materia - sarà compito della Commissione prenderle in esame nel più breve tempo possibile. Lo faremo, ma, ripeto, è una questione che riguarda altra materia, essendo chiaro che i membri del Governo possono anche non essere parlamentari. Il problema della eleggibilità è una questione del tutto diversa dal conflitto di interessi.Pag. 66
Il collega Borghesi, inoltre, si chiedeva per quale motivo una persona condannata con sentenza definitiva possa accedere al Parlamento e non a cariche amministrative. Questo fa parte della storia delle democrazie europee. Il fatto che in Parlamento potessero accedere anche persone condannate storicamente nasce come una forma di tutela delle minoranze in Europa e di separazione tra potere politico e potere giudiziario. Essendo allora il potere giudiziario legato al sovrano, e quindi all'Esecutivo, il Parlamento si tutelava in questo modo. Oggi naturalmente la storia è del tutto diversa e bisogna distinguere tra reato e reato, ma il fatto che in Parlamento possano accedere coloro che non possono accedere a cariche di tipo diverso in altro tipo di organismi ha una ragione profondamente democratica, che si lega anche all'immunità parlamentare.
Anche il collega Adenti ha criticato il blind trust, però lo stesso collega Adenti e il partito al quale fa riferimento, con tutti i colleghi della maggioranza, hanno firmato un programma di Governo - mi pare che lo abbia citato oggi l'onorevole Boato, quando ha enunciato con grande chiarezza i punti del programma di Governo - che prevedeva specificamente il blind trust. A quel punto, essendo stato firmato, credo che sia un impegno per tutti.
Devo aggiungere che la governance societaria - cui ha fatto riferimento molto puntualmente il collega Adenti - purtroppo non prevede la distinzione tra proprietà e management, soprattutto non prevede la possibilità della separazione della proprietà dei beni dal titolare. Il problema è tutto qui: come si separa la gestione dei beni dal titolare. Mi pare che oggi l'unico strumento sia il blind trust, a meno che non si voglia modificare anche il codice civile, riscoprendo il mandato fiduciario, sia pure con modifiche, per stabilire che il proprietario non possa dare indirizzi al gestore su come deve amministrare e che il gestore non comunichi al proprietario cosa sta facendo. È questo il punto di fondo, perché se io, ministro o Presidente del Consiglio, so comunque come è fatto il mio patrimonio, che cosa sta facendo chi lo gestisce e dove è investito, è chiaro che il problema del conflitto di interessi si ripropone nella stessa maniera.
Il collega Cota ha fatto alcuni riferimenti che andranno ripresi, per esempio quando ha parlato dei piccoli imprenditori (come è noto, i piccoli imprenditori sono esclusi in base ad un emendamento del collega Bruno, che noi accogliemmo accanto ad altri 29, se non ricordo male, emendamenti dell'opposizione).
Quanto all'istituzione di un organismo parlamentare, di una Commissione parlamentare (è una proposta anche di Forza Italia), francamente ho davvero dubbi che una Commissione parlamentare possa intervenire sulla materia, perché si politicizzerebbe eccessivamente la questione.
PRESIDENTE. La invito a concludere, presidente Violante.
LUCIANO VIOLANTE, Relatore. Ho solo venti minuti a disposizione. Va bene, signor Presidente, sto concludendo. Spetterà, naturalmente, al Parlamento presentare ad un certo punto - se lo riterrà - la mozione di sfiducia.
Sulla questione che molti hanno posto, onorevole Presidente, della decadenza, rifletteremo ancora, però è un problema molto delicato, quello della possibilità che essa derivi dall'incompatibilità (essendo la carica di ministro frutto di un'intesa tra Presidente del Consiglio e Capo dello Stato, con firma di un provvedimento). Alcuni costituzionalisti lo escludono, altri lo ammettono. Discuteremo anche di ciò, naturalmente.
Il collega Bondi ha fatto una serie di riferimenti che sintetizzo brevemente: ha parlato della necessità di ascoltare le ragioni degli avversari. Sono del tutto d'accordo su ciò: l'avremmo gradito anche noi nella scorsa legislatura, tanto sulla legge Frattini, quanto sulla riforma costituzionale e sulla riforma elettorale. Ciò non vuol dire che dobbiamo ripetere gli errori che ha fatto il centrodestra nella scorsa legislatura: siamo assolutamente disponibiliPag. 67a discutere insieme. Naturalmente, lo scopo deve essere arrivare ad un provvedimento funzionale ed efficiente, non come la legge Frattini.
Il collega Biondi ha trattato altri argomenti, più politici, ma il tempo non mi consente di affrontarli.
Il collega Licandro ha parlato di decadenza e sul punto rimando a quanto ho già esposto.
Infine, Presidente, sarà compito della Commissione e del relatore - naturalmente con l'aiuto della Commissione - valutare insieme tutte le proposte di correzione. L'onorevole Del Bue si è stupito che stamattina io abbia detto che siamo disponibili a correggere il testo, ma se il dibattito dell'Assemblea serve a qualcosa, la sua finalità è proprio quella di correggere un testo che la Commissione presenta. Credo che il tipo di discussione che si è svolta oggi e gli emendamenti presentati ci consentano di affrontare, forse meglio di quanto non sia stato fatto finora, il problema del conflitto di interessi.
Ciò che, in ogni caso, deve essere chiaro è che l'intendimento della maggioranza è di pervenire alla formulazione di un testo non punitivo per alcuno, ma che sia davvero efficace in ordine alla separazione fra interessi privati e funzioni pubbliche.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intendo anzitutto ringraziare il relatore, presidente Violante, per il lavoro molto impegnativo e molto serio, ed anche la Commissione, al di là delle diverse posizioni, perché oggi discutiamo un testo; voglio ringraziare in modo non formale il sottosegretario Naccarato, che, su mio incarico, ha puntualmente seguito, rappresentando il Governo, il lavoro quotidiano della Commissione sulla proposta di legge in esame.
Sul merito potrei riferirmi al suo intervento e concludere, ma voglio svolgere talune considerazioni su alcuni temi politici affrontati in molti interventi, soprattutto di esponenti dell'opposizione, e che, in particolare, sono stati al centro dell'intervento dell'onorevole Bondi il quale ha svolto alcune considerazioni politiche che vanno oltre la presente proposta di legge. Sinceramente, non condivido alcune sue affermazioni. Non condivido, ad esempio, la sua lettura di Tangentopoli, su cui occorrerebbe ricostruire un comune sentire delle forze politiche.
Ciò non perché - lasciando da parte la vicenda giudiziaria al suo comporsi - dal punto di vista politico non vi sono stati, tra le forze politiche, atteggiamenti di giustizialismo. L'oggettività però dovrebbe consigliare la prudenza da questo punto di vista, perché alcune forze politiche ed alcuni esponenti, diciamo così, fortemente giustizialisti erano presenti proprio nella coalizione di cui fa attualmente parte l'onorevole Bondi, e in Forza Italia. Tralascio queste polemiche, così come voglio dire, rispetto al confronto con un'altra legge, ossia la legge Gentiloni, che è ancora all'esame della Commissione: lasciamo gli approfondimenti, le valutazioni e il confronto alle scelte ...
DONATO BRUNO. Ne parliamo dopo che sarà approvata!
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Credo che il confronto tra le forze politiche, onorevole Bruno - poi specificherò il perché - vada condotto sul merito dei provvedimenti: se non si è d'accordo che per portare a termine la transizione italiana si debba procedere con alcune riforme, allora veramente questa è una proposta che è difficile recepire. Dicevo che voglio tralasciare queste polemiche e venire al cuore del problema, cioè alla necessità di far terminare l'infinita transizione politica ed istituzionale del nostro Paese. Sono convinto anch'io che tale transizione terminerà, sarà completata quando ci saranno alcune scelte condivise che riguardano le regole comuni delle istituzioni, della legge elettorale, anche del conflitto di interessi - perchéPag. 68questa è una grande regola comune, decisiva per la democrazia moderna -, quando ci saranno responsabilità comuni, ad esempio nei confronti delle scelte di politica estera, della politica internazionale. Ma se è così, non si possono evitare i problemi mettendo la polvere sotto il tappeto, lasciando la stanza non pulita: si tratta di confrontarsi in modo corretto e trasparente.
Intanto voglio dare una risposta in questa sede: perché il Governo ha scelto non di presentare un suo disegno di legge su questo tema, preferendo partecipare ad un confronto e dando il suo contributo ad una proposta di iniziativa parlamentare? Non è vietato! Tant'è che la legge vigente, come l'onorevole Bruno diceva nel suo intervento, si chiama legge Frattini e fu fatta dal Governo Berlusconi! Non è per nulla vietato! La nostra scelta ha voluto sottolineare come il Governo voglia contribuire a stabilire regole sul conflitto di interessi che, in questo caso, non fossero preventivamente circoscritte all'ambito della maggioranza. Un'iniziativa parlamentare può dare maggiormente il segno della volontà di un confronto e della ricerca di una soluzione; poi, non è detto che quest'ultima si trovi; ma tale, anche se siamo ancora lontani dal suo perseguimento, era la nostra volontà.
Ciò che si tratta di ricercare, come è stato detto questa mattina e come ha ripetuto più volte, in Parlamento e nel dibattito pubblico, l'onorevole Violante, sono regole della democrazia moderna che concilino il diritto di ognuno di svolgere una funzione pubblica - non vogliamo impedire, ma far svolgere le funzioni pubbliche, i ruoli di Governo! - e contemporaneamente garantiscano il perseguimento, come recita la Costituzione - l'onorevole Zaccaria la citava - non di un interesse personale o di gruppo e neppure l'apparenza, ma l'interesse generale del Paese (in una democrazia, in cui la selezione della classi dirigenti non avviene più, e non avverrà mai più, soltanto attraverso la vita del partito, ma anche con le esperienze e con le presenze dei soggetti che operano sul mercato). Ciò è nell'interesse dei cittadini, non di una parte politica. Sulla modifica della legge Frattini, non siamo partiti soltanto da un nostro impegno, che comunque c'è e che, come abbiamo detto ai cittadini, vale per noi del centrosinistra (potrei dire all'onorevole Bocchino che questi sono gli impegni che si prendono prima delle elezioni).
I rilievi, però, sulla legge Frattini, da parte dell'Autorità di garanzia della concorrenza e del mercato, e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, riguardano tutti, e si riscontra soprattutto una differenza di filosofia tra il disegno di legge che esaminiamo e quello vigente.
Su questo bisogna confrontarsi, perché è vero quanto da lei detto, onorevole Bruno: c'è una differenza di fondo e su questo dobbiamo misurarci. Intendo ripetere le parole dell'onorevole Bruno che afferma che l'attuale progetto di legge si muove nell'ottica di una concezione preventiva del conflitto di interessi; per la legge vigente, la legge Frattini, si prendono in esame, a certe condizioni, le conseguenze di un atto (ovverosia l'atto che è avvenuto).
Si è sostenuta tale seconda impostazione proprio negli interventi di merito di tutti gli esponenti dell'opposizione, compresi quello dell'onorevole Bondi, nonchè, in modo un pochino agitato, quello dell'onorevole Cicchitto.
Secondo quanto detto dall'onorevole Bruno (che cito testualmente) «il conflitto di interessi preventivo è un po' la filosofia della sinistra, non solo italiana, ma internazionale». Le potrei allora replicare che, rimanendo sul suo terreno, il provvedimento in esame non è ad personam. Se infatti è questa l'impostazione delle forze progressiste a livello internazionale (o di sinistra: all'estero vengono chiamate in tanti modi) non credo che le stesse forze un bel giorno si siano riunite per vedere che cosa sarebbe successo, in Italia, al momento della discesa in campo dell'onorevole Berlusconi.
Il problema non sta semplicemente in questi termini. Allora rivolgo una domanda all'opposizione, perché è sul terreno della filosofia che prima di tuttoPag. 69dobbiamo chiarirci le idee (in quello spirito di fine della transizione): appartiene alla filosofia della sinistra il concepire il conflitto di interessi come qualcosa da prevenire, o è invece una filosofia della legislazione condivisa in tutte le più avanzate democrazie del mondo? Credo che si tratti di una filosofia condivisa in tutte le democrazie più avanzate del mondo e, stando così le cose, ciò vuol dire che anche nel mondo la destra, non solo la sinistra, si muove su tali comuni regole, affrontando l'equilibrio cui facevo riferimento.
Se questo fosse vero - e lo ritengo tale - allora non è forse (vorrei invitare su questo ognuno di noi ad una riflessione seria e approfondita) una riserva «di origine», o una pregiudiziale, a caratterizzare invece l'impostazione e la lettura di questi temi da parte della destra italiana o di componenti prevalenti della stessa?
Può la rimozione di tali vincoli ed orientamenti rappresentare la precondizione perché si verifichi, nel nostro Paese, non solo la fine di una transizione infinita ma anche un bipolarismo serio e rispettoso, capace di darsi regole comuni, e di assumersi responsabilità comuni? Se fosse così, allora il confronto sul provvedimento in esame potrebbe essere (e deve poter essere) un banco di prova e un terreno di confronto serio.
Questa proposta di legge è quanto serve alla democrazia italiana e non deve essere temuta - lo dico con chiarezza - bensì voluta dalle forze del centrodestra, perché non c'è nessun patteggiamento nascosto, o chissà quale riserva sulla legge elettorale. Il conflitto di interesse è una regola che va affrontata in modo trasparente dalle forze della democrazia italiana, ma al tempo stesso non deve essere evocata per intraprendere altri discorsi, per mettere in campo pregiudiziali, per richiamare, sempre, il concetto della legislazione ad personam di tipo punitivo. Deve invece essere ricercata dal centrodestra, ed è questa la nostra sfida.
Se si vorrà «uscire dalle secche», il terreno di confronto non potrà essere quello del ritorno alla filosofia della legge Frattini. La scelta infatti di una soluzione di correzione minimale, che consista nella rifinitura di quella legge, non è giusta né convincente. Se si vuole affrontare il problema del conflitto di interesse nella sua oggettività, giudichiamo indispensabile un salto di qualità.
È la logica della prevenzione - come è stata bene evidenziata oggi nell'intervento dell'onorevole Marone - quella che sta dietro ad ogni normativa sulle incompatibilità, una logica che non è stata messa in discussione perchè è «autoevidente» e solo la legge Frattini, secondo me un po' assurdamente, ha pensato di ribaltare questa logica introducendo rimedi a posteriori che si sono rivelati, non a caso, come ci segnala l'authority, del tutto inefficaci.
Se operiamo un confronto sulla filosofia ispiratrice e se, su questi punti di fondo, troviamo un chiarimento, possiamo approfondire e mettere a fuoco una serie di misure che sono state individuate, come l'astensione, l'incompatibilità, il trust «cieco» che, fuori da ogni richiamo ideologico, ritengo siano strumenti adeguati di una democrazia moderna che vuole affrontare questi temi. A me pare un fatto nuovo e condivisibile, ad esempio, che il soggetto che si trovi in situazioni di conflitto di interessi, concordi con l'autorità, che non ricopre in questo caso soltanto una funzione punitiva, gli adempimenti necessari per conseguire l'obiettivo di eliminare la causa di incompatibilità; quindi è data una facoltà di scelta. Questa impostazione mi pare importante e vi lavorerei sopra; poi vedremo se spetterà all' authority o ad altro organismo.
Il blind trust, il trust «cieco», non è il centro della legge, ma uno degli strumenti di questa legge. Il centro di questa legge è l'incompatibilità e il fatto di rimuovere gli impedimenti per l'esercizio di una funzione pubblica, è un ampio arco di scelta che viene offerta al titolare della carica di governo. La legge fa affidamento sulla leale collaborazione di questo, garantendogli una ampia capacità di proposta, di interlocuzione con l'autorità, di conoscenza degli elementi sui quali quest'ultima si basa. Quindi, non mi pare chePag. 70esistano seri dubbi su rilievi di ordine costituzionale riguardanti strumenti previsti dalla proposta di legge.
Si è contestato da alcuni rappresentanti di Forza Italia - ho letto l'intervento nella discussione generale dell'onorevole Cicchitto, che, ripeto, mi è parso esageratamente forte - che, con questa proposta di legge, la maggioranza si riproporrebbe l'obiettivo di estromettere dall'accesso alle cariche di governo, anche regionale e locale, una grossa fetta del mondo imprenditoriale e industriale del Paese. Ma, se vogliamo stare al merito almeno su questo, non è così né per quanto riguarda i piccoli imprenditori, né per quanto riguarda il patrimonio, ma per quel tipo di patrimonio in relazione con quello specifico ruolo che può esercitare nell'azione di governo. Non ci sono quindi normative «antiricchi», ma normative per un'uguaglianza di opportunità dei cittadini.
Termino con due considerazioni, la prima breve, schematica. È stata sollevata la questione - la riproponeva l'onorevole Zaccaria e l'ha ripresa ora l'onorevole Violante - se debba essere applicata una normativa avente ad oggetto il conflitto di interessi a tutti i comuni con più di quindicimila abitanti. Penso che la norma sul conflitto di interessi debba mantenere una sua impostazione generale che riguarda, proprio perché non è ad personam, il rapporto tra politica e ruolo nelle istituzioni. Può darsi che sia giusto, in una prima fase di applicazione, limitarlo alle regioni, non estenderlo ai comuni che hanno fino a quindicimila abitanti - non so -, ma starei attento a limitarlo alle sole città metropolitane, perché le città capoluogo di regione, ad esempio, o le province non sono tutte città metropolitane, ma in esse si concretizza una parte consistente nel rapporto tra politica, società e ruolo nelle istituzioni che, credo, richieda un approfondimento. Quindi lo pongo come elemento da esaminare con attenzione.
L'ultima considerazione riguarda ciò che si riferisce alla ineleggibilità.
Sono assolutamente d'accordo con le considerazioni svolte dal presidente Violante e con le impostazioni seguite in Commissione. A mio avviso, infatti, non c'è niente di peggio che varare su qualsiasi argomento, ma soprattutto su provvedimenti così delicati, leggi-omnibus, che riguardano argomenti e temi diversi. Il provvedimento in esame riguarda le compatibilità o incompatibilità con le cariche di governo, alle quali si può essere chiamati, come giustamente ricordava il presidente Violante, anche non essendo parlamentari, né consiglieri comunali, provinciali o regionali. A mio avviso, il provvedimento deve attenersi a ciò.
È altresì evidente la necessità che il Parlamento adotti una legge generale, che non riguardi il conflitto di interesse, ma che affronti in modo generale la questione delle incompatibilità e dell'ineleggibilità, perché esistono, ormai, situazioni diverse, anche tra regione e regione ed anche rispetto al rapporto tra cittadini e istituzione regionale. Il Parlamento della Repubblica ha il compito di prevedere una normativa generale, all'interno della quale, poi, si possano muovere le regioni. Ciò è giusto, anche per quanto riguarda la vita stessa del Parlamento e l'elezione a deputato o a senatore. Ritengo quindi valida la proposta avanzata su questo tema, secondo la quale si deve procedere con un apposito provvedimento di iniziativa parlamentare, segno di un confronto necessario nel momento in cui si affrontano temi che riguardano la vita stessa di una democrazia.
Sono assolutamente convinto - lo dico senza ambiguità, altrimenti non servirebbe a nulla - che sarebbe un errore imperdonabile introdurre, all'interno di un provvedimento sul conflitto di interessi, una materia come l'ineleggibilità, che riguarda temi generali della vita delle nostre istituzioni.
Concludendo, vorrei ringraziare ancora per il lavoro svolto, e reputo che le considerazioni del presidente e relatore Violante rivelino la presenza di un'apertura al confronto da parte della maggioranza di centrosinistra. Per quanto riguarda il contributo che, come Governo, possiamo continuare ad offrire, non ci troverete insensibili rispetto ad uno sforzo per migliorarePag. 71ancora un provvedimento così importante e complesso. Certamente, non ci trovereste disponibili, se vi fosse la volontà di affossare, o modificare con un maquillage, un provvedimento che, in materia di conflitto di interessi, non fosse all'altezza di una democrazia moderna (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).