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Discussione della proposta di legge: S. 1375 - Senatori Bianco e Sinisi: Disciplina dei soggiorni di breve durata degli stranieri per visite, affari, turismo e studio (Approvata dalla I Commissione permanente del Senato) (A.C. 2427) (ore 18).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 2427)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento, senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole La Forgia, ha facoltà di svolgere la relazione.
ANTONIO LA FORGIA, Relatore. Signora Presidente, signor rappresentante del Governo, il provvedimento in esame reca alcune disposizioni in materia di immigrazione. Si tratta di disposizioni che, con diversa e più ampia formulazione, erano già state introdotte dall'articolo 5 del decreto-legge 15 febbraio 2007, n. 10.
Nel corso dell'esame al Senato del relativo disegno di legge di conversione, l'articolo 5 è stato notevolmente ridimensionato ed alcune delle disposizioni soppresse sono confluite in un autonomo progetto di legge di iniziativa parlamentare, approvato dalla I Commissione permanente del Senato, in sede deliberante, il 20 marzo 2007. Tale progetto di legge, trasmesso dal Presidente del Senato il 21 marzo, ossia l'atto Camera n. 2427, è ora sottoposto al nostro esame.
È utile ricordare, brevemente, per ragioni di contesto, che le disposizioni contenute nel decreto-legge 15 febbraio 2007, n. 10 sono state concepite per dare attuazione ad obblighi comunitari ed internazionali e, in particolare, per superare i rilievi sollevati dalla Commissione europea in due procedure di infrazione, la n. 1998/2127 e la n. 2006/2126.Pag. 72
Il progetto di legge in discussione, conseguentemente, in relazione al percorso richiamato, è volto a sostituire il permesso di soggiorno con una semplice dichiarazione di presenza per gli stranieri non comunitari che intendano soggiornare in Italia per brevi periodi e, in tal modo, intende rispondere particolarmente ai problemi posti dalla Commissione europea con la procedura di infrazione n. 2006/2126. La Commissione europea ha rilevato che la normativa italiana in materia di soggiorno di breve durata degli stranieri, ossia di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea o di apolidi, contemplando l'obbligo di richiedere il permesso di soggiorno per periodi di permanenza non superiori a tre mesi, viola l'ordinamento comunitario, che per tale fattispecie consente agli Stati membri esclusivamente di imporre l'obbligo di una dichiarazione di presenza. Tale obbligo, peraltro, sempre in base alla normativa comunitaria, può essere imposto solo allo straniero e non all'ospitante. L'articolo 1 della proposta di legge, al comma 1, stabilisce pertanto che non è richiesto il permesso di soggiorno quando ricorrano particolari condizioni relative alla durata ed ai motivi del soggiorno. Per quanto riguarda la durata, il soggiorno non deve essere superiore ai tre mesi e per ciò che concerne i motivi, deve essere finalizzato a ragioni di visita del nostro Paese, affari, turismo e studio. È utile ricordare che, per i primi tre casi, il testo unico sull'immigrazione, ossia il decreto legislativo n. 286 del 25 luglio 1998, fissa una durata massima del permesso di soggiorno pari a tre mesi, mentre per motivi di studio la durata massima stabilita è di un anno.
Inoltre, il comma in esame dispone che, per i predetti soggiorni di breve durata, è consentito il soggiorno per la durata indicata nel visto di ingresso, se richiesto. Il medesimo comma prevede, altresì, l'applicazione ai soggiorni di breve durata di quanto previsto dall'articolo 4, comma 2 del testo unico sull'immigrazione, che equipara i visti rilasciati dalle autorità diplomatiche e consolari di altri Stati, emessi in virtù di specifici accordi, a quelli rilasciati dalle autorità italiane.
Il comma 2 introduce, in sostituzione della richiesta del permesso di soggiorno, una dichiarazione di presenza sottoscritta dallo straniero non comunitario, quale titolo sufficiente alla permanenza in Italia per brevi periodi. Per tale dichiarazione sono previste due differenti modalità. Nel caso di ingresso da una frontiera esterna all'aria Schengen, la dichiarazione è resa all'Autorità di frontiera, nel caso di provenienza da Paesi dell'area Schengen, la dichiarazione deve essere presentata entro otto giorni al questore della provincia nella quale ci si trova. Le procedure per la dichiarazione di presenza dovranno essere stabilite dal Ministro dell'interno, con proprio decreto. Analogamente a quanto previsto dal testo unico sull'immigrazione, in riferimento all'inottemperanza agli obblighi relativi all'ingresso e alla permanenza degli stranieri, il comma 3 prevede l'espulsione quale sanzione per la non presentazione della dichiarazione di presenza, salvo casi di forza maggiore, o per il trattenimento nel territorio dello Stato oltre i tre mesi o il termine minore eventualmente stabilito nel visto di ingresso.
Questi tre commi appena descritti costituiscono il primo articolo del progetto di legge; l'articolo 2 disciplina l'entrata in vigore del provvedimento in esame, prevista a decorrere dal giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.
Nel corso dell'esame in Commissione sono stati presentati dieci emendamenti, in parte rivolti a ridurre la misura e il campo di applicazione delle disposizioni contenute nel presente progetto di legge ed in parte, e sono i più numerosi, rivolti in una direzione opposta, estensiva.
Il relatore ha invitato i presentatori degli emendamenti al ritiro, ovvero ha manifestato parere contrario circa il loro accoglimento, prima e più che per considerazioni di merito, per l'intento di pervenire, il più rapidamente possibile, all'approvazionePag. 73del presente provvedimento e quindi nel medesimo testo approvato dal Senato.
Infine, in data 17 aprile, la Commissione giustizia, cui è stato sottoposto il presente provvedimento per il prescritto parere, ha reso parere favorevole.
Non aggiungerei altro per non sottrarre ulteriore tempo; ritengo di avere così ragionevolmente assolto il mio compito.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
EMMA BONINO, Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee. Signor Presidente, onorevoli colleghi, faccio riferimento alla parte finale dell'intervento del relatore proprio per sottolineare come anche lo stesso Governo attribuisca un enorme valore alla celere entrata in vigore di questo progetto di legge sotto molti punti di vista. Non solo, infatti, esso faceva parte del decreto cosiddetto «anti infrazioni» - proprio in quanto sanava una procedura di infrazione - e fu stralciato al Senato, come ricordato dal relatore. Ma ancora di più perché, vorrei dirlo ai colleghi, non vi è missione all'estero né incontro con un nostro ambasciatore o con qualunque imprenditore o categoria di imprenditori (siano essi in Cina, in India o altrove) nel quale non si lamenti la difficoltà di poter visitare a fini di turismo, affari, studio o per visite in generale, il nostro Paese, con le stesse modalità previste per gli altri Paesi europei.
Né è un mistero, ovviamente, che la stagione turistica con le relative prenotazioni e con gli importanti flussi di turismo provenienti soprattutto dal mondo asiatico, che non riusciamo ancora ad intercettare, così come una serie di conseguenze, di follow-up delle missioni imprenditoriali, porti il Governo, senza aggiungere altro rispetto a quanto affermato dal relatore, a sottolineare la necessità di un'entrata in vigore celere del provvedimento in esame.
Il Governo è cosciente, come è già stato detto, del fatto che alcuni degli emendamenti avrebbero potuto estendere la portata delle norme e ci auguriamo che tale aspetto possa essere perfezionato in qualche altro provvedimento legislativo, ma oggi l'urgenza è che il progetto di legge in esame entri in vigore il prima possibile.
Per tale ragione anch'io rivolgo un appello ai presentatori degli emendamenti affinché tengano conto della necessità del provvedimento in esame per l'economia del nostro Paese e non solo per uniformarci ad una normativa europea, cui altri paesi nostri concorrenti si sono già adeguati pur avendo comunque a cuore, come noi, la sicurezza del loro Paese, di chi entra nel loro Paese e dei loro cittadini.
Rinnovo, quindi, ai proponenti degli emendamenti, l'appello a tenere in considerazione la priorità, evidenziata chiaramente dal Governo, relativa alla celerità dell'entrata in vigore della proposta di legge in esame.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.
JOLE SANTELLI. Signor Presidente, comprendo bene le motivazioni della richiesta del ministro Bonino al Parlamento in ordine alla celerità dell'approvazione del provvedimento per evitare il procedimento di infrazione nei confronti dell'Italia, così come comprendo la posizione del relatore: si approva un provvedimento per evitare l'infrazione, rendendo la discussione sul merito una discussione eventuale, dato che l'urgenza ci obbliga a decisioni «affrettate» - per colpa ovviamente di tutti, visto che la norma comunitaria è del 2006 -, comunque non pienamente condivise.
Il provvedimento, come ricordava il relatore La Forgia, ha avuto un iter abbastanza complesso, nascendo comunque da un disegno di legge relativo ad obblighi comunitari, poi stralciato per la particolarità della materia. Oggi, esso presenta una serie di oggettive problematiche, innanzitutto sui motivi che comportano la possibilità di avere la dichiarazione, e quindi di evitare il permesso di soggiorno. Già è un risultato, ritengo, il fatto di avere ottenuto, comunque, la previsione dei trePag. 74mesi e non la loro cancellazione, come era originariamente previsto.
L'ampliamento delle motivazioni del soggiorno, oggettivamente, potrebbe determinare ingressi non controllati nel nostro Paese, ma soprattutto penso che uno dei punti più delicati sia quello riguardante la procedura di espulsione, laddove non si ottemperi a quanto richiesto oppure si rimanga nel nostro Paese al di là del tempo previsto, sia dal visto sia dalla dichiarazione. In questo caso, il rinvio specifico all'articolo sulle espulsioni in generale non fa comprendere quale modalità di espulsione lo Stato dovrà adottare; se dovremo, cioè, utilizzare la procedura che riguarda il questore - quindi le varie autorizzazioni e l'accompagnamento alla frontiera - oppure se bisognerà utilizzare ulteriori strumenti. È una domanda che poniamo, ovviamente, al Governo perché ci dia una risposta, che non traspare in maniera chiara dalla proposta di legge.
Concludo facendo una dichiarazione più generale: credo che la politica sull'immigrazione non possa essere vista a scomparti e non possa essere giudicata per singoli atti. La vostra impostazione, del Governo e della maggioranza, sulla politica dell'immigrazione, oggi abbastanza più definita attraverso quella che già viene chiamata la legge Amato-Ferrero (ancora non abbiamo potuto leggerla, ma il quadro di riferimento è chiaro), è profondamente diversa dalla nostra.
A maggior ragione, credo che non si possa, in generale, approvare singoli atti, sebbene possano anche avere aspetti condivisibili o accettabili, laddove, comunque, non si condivida il quadro generale. Vedremo se riusciremo ad ottenere nel corso del dibattito, almeno su aspetti specifici del provvedimento, alcune modifiche che possano renderlo, a nostro parere, più certo in termini di sicurezza.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.
SANDRO GOZI. Signor Presidente, la proposta di legge in esame si pone l'obiettivo di disciplinare in modo puntuale, soprattutto in modo serio, i soggiorni di breve durata. Bisogna ricordare che la legislazione vigente aveva inasprito le norme previste dagli accordi di Schengen, richiedendo il permesso di soggiorno, e non la semplice dichiarazione di frontiera, anche per gli extracomunitari in possesso di visti inferiori ai novanta giorni, ossia per motivi turistici, di studio o di affari. Si tratta di una misura estremamente restrittiva, che non esiste neppure in modelli, come quello statunitense, che spesso vengono invocati per introdurre misure più restrittive.
Io credo che l'approvazione celere di questa proposta si imponga per ragioni sia giuridiche sia di opportunità. Le ragioni giuridiche sono già state ben ricordate dal relatore: si tratta di corrispondere ai rilievi mossi dalla Commissione europea con due procedure di infrazione, che riguardano varie disposizioni della Convenzione di Schengen, in particolare gli articoli 5, 19, 20 e 22.
È una Convenzione che, ricordiamolo, prevede in tali casi un semplice obbligo di dichiarazione: il cittadino di paesi terzi che si rechi in uno Stato membro è, cioè, soggetto soltanto all'obbligo di conformarsi alla necessità di dichiarare la propria presenza, a norma della pertinente legislazione nazionale.
Emergono questioni di compatibilità comunitaria anche in riferimento ai familiari di un cittadino non avente la cittadinanza di uno Stato membro, dato che l'imposizione dell'obbligo di ottenere un permesso di soggiorno sembra configurare, secondo la Commissione, la possibilità che l'Italia sia venuta meno agli obblighi che le incombono a norma della direttiva n. 38 del 2004.
Venendo al merito specifico della proposta in esame, è chiaro che l'eliminazione dell'obbligo del permesso di soggiorno, ma non del visto, laddove esso sia già previsto (le esigenze di controllo sono, quindi, ben soddisfatte da tale obbligo), è contemplata nei casi di ingresso per visite, affari, turismo e studio. Certamente, si tratta di un passo in avanti. Il permesso di soggiorno,Pag. 75richiesto dalla legislazione attualmente in vigore in aggiunta all'obbligo di visto, rappresenta un doppione burocratico, anche perché sono già forti e stringenti i controlli necessari per ottenere un visto. Non si capisce a cosa serva questo secondo documento, che a mio avviso è piuttosto inutile. L'articolo 1, comma 2, del provvedimento in esame precisa, quindi, che in sostituzione della richiesta di permesso di soggiorno sia prevista una dichiarazione di presenza. Tale dichiarazione diventa titolo sufficiente alla permanenza in Italia per brevi periodi. Credo che le esigenze di controllo, quindi, siano ben soddisfatte da questo duplice meccanismo del visto, qualora necessario, e della dichiarazione di controllo, accompagnato dalla previsione, che è perfettamente compatibile con l'articolo 23 della Convenzione di Schengen, dell'espulsione quale sanzione per la mancata presentazione della dichiarazione di presenza o per il trattenimento nel territorio dello Stato oltre i tre mesi.
Del resto, in generale, la nostra legislazione prevede che l'espulsione sia di norma eseguita con accompagnamento alla frontiera, mentre l'espulsione mediante intimazione a lasciare il territorio dello Stato è prevista unicamente in alcuni casi particolari e specifici. Credo, quindi, che sia da privilegiare nella fattispecie il primo caso, ossia quello dell'espulsione con accompagnamento alla frontiera.
In sostanza, la precisazione dell'articolo 1, comma 2, avrà l'effetto di risolvere una quantità di impedimenti anomali e ingiustificati che danneggiano, in particolare, il movimento turistico verso l'Italia e lo scambio culturale e commerciale, come appena ricordato dal ministro Bonino.
Signor Presidente, tra il nostro Paese ed il resto del mondo già ci sono barriere che molti paesi non hanno: pensiamo alla lingua, pensiamo alla mancanza di voli diretti per molte destinazioni, soprattutto asiatiche. Se a tali problemi strutturali aggiungiamo il fatto che gli imprenditori che vengono a fare affari nel nostro Paese o i turisti delle nuove classi medie indiane o cinesi sono sottoposti a procedure burocratiche infinite, e viene richiesto loro il permesso di soggiorno (laddove altri paesi europei non lo chiedono), poi non ci lamentiamo se l'Italia non «aggancia» le opportunità del futuro.
Non siamo davanti ad una questione politica, ma solo di buonsenso. Non si capisce perché un manager della Toyota debba sottoporsi a pesanti vincoli burocratici per trasferirsi da Londra a Milano. Bisogna chiedersi che senso abbia lasciare agli altri paesi europei il vantaggio competitivo di intercettare il flusso dei turisti dei paesi orientali, che in Francia e in Germania possono già entrare con una semplice comunicazione o dichiarazione. Si tratta di un adeguamento molto pragmatico, che tiene conto dell'esperienza maturata in questi anni. Peraltro, un ennesimo rinvio della nuova disciplina dei soggiorni brevi, magari legato all'approvazione della nuova disciplina generale sull'immigrazione, il cui iter sarà comprensibilmente lungo e complesso, a mio avviso, aggraverebbe innanzitutto la procedura di infrazione in corso, e ci esporrebbe al rischio di sanzioni economiche comunitarie. Inoltre, aggraverebbe il nostro ritardo rispetto ad altri Stati membri che già prevedono procedure più flessibili, continuando a nuocere alla nostra capacità di attrazione.
Si tratta, tra l'altro, nei casi specifici di un'immigrazione, se vogliamo chiamarla così, altamente qualificata. Certo, la disciplina in esame non costituisce un rischio per il Paese, anche in considerazione del fatto che, in caso di inosservanza, sono appunto previsti meccanismi di espulsione.
Signor Presidente, auspico quindi che il Parlamento valuti con l'apporto dell'opposizione il valore di tali argomenti, tenendo presente che il dibattito concernente la disciplina più generale sull'immigrazione si dovrà svolgere, sarà ampio ed approfondito, ma avverrà in un'altra sede.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bocchino. Ne ha facoltà.
ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, il mio intervento sarà molto breve perché il tema è stato già affrontato in Commissione.Pag. 76Non vi è alcuna contrarietà di fondo da parte del gruppo di Alleanza Nazionale ai principi di questo provvedimento. Talune modifiche potrebbero addirittura spingerci ad esprimere un voto favorevole: invece, a queste condizioni, è complicato garantire un tale voto.
Certamente, ci troviamo di fronte ad un problema di rispetto degli obblighi comunitari, poiché è stata aperta una procedura di infrazione. Comprendiamo, inoltre, la questione quando si fa riferimento a coloro che vengono nel nostro Paese per ragioni di studio o d'affari: pensiamo al fatto che una delle più grandi società di telefonia mobile italiana è gestita da un egiziano, che naturalmente può dover venire in Italia per ragioni di lavoro. Il punto che ci lascia fortemente perplessi è un altro: è il quadro generale nell'ambito del quale voi avete affrontato la questione dell'immigrazione. Noi potremmo, infatti, comprendere che ci si ponga determinate problematiche in sede di un disegno di riforma complessivo della materia (vedremo presto se arriverà in Parlamento il nuovo progetto di cui si parla); anziché far questo, però, vi è da parte vostra un tentativo di smantellare il testo della legge Fini-Bossi sull'immigrazione - che, per carità, potete anche non condividere - allargando le maglie a poco a poco: un po' con la legge comunitaria, un po' con il provvedimento sul diritto d'asilo, un po' con questo nuovo testo.
Ministro Bonino, per quanto dunque lo scopo del provvedimento sia condivisibile, non si capisce, ad esempio, la voce che riguarda le «visite». Che cosa significa che non c'è più bisogno del permesso di soggiorno per le «visite»? Siamo d'accordo che il proprietario di Wind, ad esempio, venga in Italia per meno di tre mesi e non abbia più bisogno del permesso di soggiorno: si tratta del proprietario di una grande azienda che viene in Italia per ragioni di lavoro. Siamo d'accordo che non abbia più bisogno del permesso di soggiorno uno studente extracomunitario che venga in Italia per uno, due o tre mesi, magari per studiare l'arte romana per preparare una tesi o un esame. Non riusciamo, però, a capire che cosa significa la dizione «visite» che avete introdotto nel progetto di legge. Che cosa sono le «visite»? Questo non si capisce! Quel che noi comprendiamo è che le «visite» sono come due mani che prendono le maglie della rete e le allargano quanto più possibile, così da permettere, ad esempio, che il parente di un immigrato regolare venga in Italia per visitarlo, salvo che poi, dopo tre mesi, non siamo più in grado di sapere dov'è, poiché finisce in clandestinità. Cosa accade, allora? Accade che questa persona finisce nel solito meccanismo dell'immigrazione clandestina e della gestione da parte di soggetti che non sono noti per la qualità con cui gestiscono l'immigrazione clandestina.
La nostra preoccupazione deriva anche dal fatto che vi è una spinta preoccupante da parte dell'opinione pubblica. Lo dimostrano i fatti della «Chinatown» di Milano, la lettera di un vostro elettore pubblicata su la Repubblica e la risposta del sindaco Veltroni. Anche da sinistra ci si sta ponendo, dunque, il problema del rapporto fra immigrazione, legalità e sicurezza del cittadino: lo state ponendo voi, poiché noi siamo difensori da sempre della stessa tesi.
Tuttavia, se vi ponete il problema, vi deve essere chiaro che esso si può affrontare solo stabilendo che chi viene in Italia regolarmente per lavorare, per studiare, e così via, deve avere tutti diritti possibili ed immaginabili; ma ciò non deve valere per chi viene per altre ragioni. Quel che voi non comprendete è che questo confine va tracciato in maniera netta; anziché far questo, voi inserite una espressione, «visite», che a nostro giudizio complica la situazione.
Per concludere, abbiamo presentato due soli emendamenti: uno, in particolare, interviene proprio sulla parte del provvedimento cui ho fatto riferimento. Se emergesse, dunque, da parte vostra un atteggiamento positivo, potremmo anche valutare di esprimere un voto favorevole sulla proposta in esame, perché essa avrebbe un senso: in quel caso, infatti, ci troveremo davvero di fronte al rispetto della «spinta»Pag. 77comunitaria. Ma se il testo rimane così, sappiate che, nel rispettare la normativa comunitaria, e quindi anche nel rispondere alla procedura di infrazione che viene dall'Unione Europea, non fate altro, a latere, che allargare le maglie e creare ulteriori problemi ad un Paese, il nostro, che, di problemi con l'immigrazione, già ne ha molti.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mellano. Ne ha facoltà.
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, colleghi, anche io voglio esprimere, a nome del gruppo La Rosa nel Pugno, l'interesse e l'urgenza di questo provvedimento, che - come è stato già ottimamente ricordato dal relatore e dagli altri colleghi intervenuti - è nato dal decreto-legge n. 10 del 2007, che tentava di sanare una serie abbastanza importante di infrazioni europee.
Il Senato, nel dibattito avvenuto in Commissione affari costituzionali, ha deciso di stralciare questa parte per una discussione più articolata e complessa, e, per iniziativa di alcuni senatori, abbiamo ora all'esame la proposta di legge che è già stata discussa ed approvata dal Senato; ci arriva con l'urgenza di essere approvata, per dare al settore del turismo, in particolare, una normativa certa e definita che agevoli, almeno già da questa stagione, gli ingressi per breve permanenza in Italia.
Due sono le ragioni alla base della profonda convinzione e dell'interesse del nostro gruppo rispetto al provvedimento. In primo luogo, si tratta di un altro provvedimento volto a sanare una procedura di infrazione, un compito - quello di sanare quante più procedure di infrazione possibili, con provvedimenti di legge d'urgenza - che il Governo e il ministro Bonino, in particolare, hanno assunto e stanno svolgendo in questi mesi. È una strategia, un compito importante, perché l'Europa non può essere soltanto un alibi per quanto non ci piace o non va bene, ma deve rappresentare uno stimolo e uno strumento per adeguare la nostra legislazione alle decisioni che abbiamo condiviso in sede europea, ma che poi, in fase di attuazione, da sempre l'Italia è così recalcitrante e tardiva nell'accogliere.
Il secondo aspetto, sicuramente delicato, è dato dallo specifico argomento di cui si occupa la proposta di legge in discussione, la quale va a toccare la legislazione complicata e complessa - più volte maneggiata dal Parlamento e dal Governo - concernente la regolamentazione dell'immigrazione. Si tratta di un argomento profondamente sensibile, che ad avviso del gruppo La Rosa nel Pugno è stato opportunamente toccato, in queste fasi, relativamente ad aspetti sui quali - con una condivisione larga ed un'attenzione pure critica, ma non negativa, di gruppi anche dell'opposizione - sia possibile intervenire per regolamentare, almeno nell'immediato, le norme di maggior delicatezza, per lasciare ad un provvedimento più complessivo le riforme dovute, necessarie ed auspicabili dell'intera legislazione sui flussi dell'immigrazione, che sono parte consistente di un possibile volano dell'economia italiana.
Anche noi esprimiamo soddisfazione per il fatto che il provvedimento sia giunto all'attenzione dell'Assemblea e speriamo di poterlo portare, assieme, a conclusione, proprio per dare uno strumento di regolamentazione immediata, già per questa stagione estiva, ad un settore che ci deve davvero vedere tutti impegnati per definire regole nuove e più adeguate alle immediate esigenze della globalizzazione, la quale costituisce un elemento positivo di crescita per il nostro Paese e non può essere vista soltanto nei giusti ma limitati confini di una sicurezza che diventa fantasma e anatema per ogni nuova regolamentazione.
Oggi abbiamo ascoltato un collega che, in riferimento ad una vicenda di cronaca nera del pomeriggio, paventava gravi ripercussioni dell'immigrazione clandestina in Italia. Occorre dare regole certe ed applicabili, e superare parte di una legislazione che prevede duplicazione di controlli, senza risultare né efficace né efficiente.
Servono poche regole, dunque, ma chiaramente applicate e definite nella propriaPag. 78pratica applicazione, per poter essere all'altezza dei compiti che l'Europa e l'Italia si sono date in questo campo che riguarda l'accoglienza, e non è soltanto di interesse nel mercato globale.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, signor Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee, signor sottosegretario di Stato all'interno (che ha seguito questo provvedimento anche in sede referente), per ragioni di brevità non ripercorrerò le caratteristiche di questo disegno di legge di iniziativa parlamentare, già approvato al Senato, perché in primo luogo il relatore onorevole La Forgia e successivamente anche altri colleghi, da ultimo l'onorevole Mellano e in modo dettagliato l'onorevole Gozi, hanno ripercorso la vicenda sotto il profilo istituzionale.
Si tratta di una disposizione inserita in un decreto-legge «anti-infrazione», per così dire, come definito in gergo dal Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee, onorevole Bonino, soppressa, non stralciata, dal Senato, successivamente riassunta e ricompresa all'interno di un disegno di legge di iniziativa parlamentare dal presidente della prima Commissione permanente del Senato, senatore Bianco e dal senatore Sinisi, approvata all'unanimità in sede deliberante a Palazzo Madama ed ora all'esame di questo ramo del Parlamento, dopo che il presidente Violante aveva ripetutamente invitato in sede referente i membri della Commissione, anche con il supporto del Governo, a consentire che anche alla Camera dei deputati la proposta di legge - disegno di legge al Senato - potesse essere approvata in Commissione. Essendo mancato, anche in questo caso come già avvenuto in altre circostanze, il consenso da parte dei gruppi dell'opposizione, siamo ora ad esaminare il provvedimento, spero rapidamente, in Assemblea.
Preannunzio subito che da parte del gruppo dei Verdi non ci sarà la presentazione di emendamenti e preannunzio al contempo, come già sostenuto in sede referente, che ci sarà da parte nostra un voto favorevole, accogliendo anche la sollecitazione del ministro in aula e del sottosegretario di Stato all'interno in Commissione.
Vorrei indicare alcuni problemi di carattere non sostanziale ma tecnico e giuridico che il testo, così come è stato elaborato al Senato, lascia aperti. Si tratta di questioni non molto rilevanti, perciò non ostative al nostro voto favorevole, anche senza modifiche; tuttavia in futuro, se potrà servire, proposte di legge di questa natura dovranno essere, in qualche modo, scritte tecnicamente meglio.
Non voglio invece affrontare le questioni di carattere generale che, in particolare, poco fa il collega Bocchino ha posto, perché ritengo che sia assolutamente evidente, si potrebbe dire ictu oculi, a colpo d'occhio, che questa materia non comporta affatto il superamento della legge Bossi-Fini, tanto più che le disposizioni che intendiamo emendare sono comprese nel testo unico sull'immigrazione, la cosiddetta legge Napolitano-Turco. L'intervento appena udito del collega Bocchino mi è parso più una sorta di atto dovuto alla polemica politica e, vorrei ribadirlo, mi sembra che non abbia alcuna attinenza con la materia specifica.
Dobbiamo far fronte - l'hanno già ripetuto tutti i colleghi ed in particolare il relatore - a una procedura di infrazione del n. 2006/2126 da parte della Commissione europea, che ha constatato che la legislazione italiana in materia di soggiorno di breve durata degli stranieri, cioè di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea o di apolidi, contemplando l'obbligo di richiedere il permesso di soggiorno per periodi di permanenza non superiore a tre mesi, viola l'ordinamento comunitario, che per tale fattispecie consente agli Stati membri esclusivamente di imporre l'obbligo di una dichiarazione di presenza. Tale obbligo, peraltro sempre in base alla normativa comunitaria, può essere imposto solo allo straniero e non all'ospitante. Questi sono i motivi chePag. 79giustificano l'iniziativa legislativa di cui stiamo discutendo, che del resto il Governo aveva tempestivamente assunto nell'ambito del decreto-legge più volte citato.
Rimane l'obbligo, per lealtà intellettuale, di riprendere alcune osservazioni che anche nel lavoro del servizio studi della Camera sono state segnalate puntualmente.
Si fa riferimento, al comma 1, al fatto che per l'ingresso in Italia non è richiesto il permesso di soggiorno mentre in realtà, come è noto, il permesso di soggiorno non è un titolo per l'ingresso, ma per la permanenza in Italia. Il titolo per l'ingresso in Italia è costituito dal passaporto e dal visto di ingresso, se richiesto. È, quindi, comprensibile il significato della norma, escludo che vi saranno difficoltà applicative e interpretative, ma la formulazione giuridica non è corretta.
Inoltre, al comma 1, si fa riferimento all'articolo 4, commi 4 e 2, nonché all'articolo 5, comma 3, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero. La segnalazione, che riprendo ancora una volta dal pregevole lavoro del Servizio studi della Camera dei deputati, rileva che: «Non appare evidente la necessità del rinvio alla disciplina dei visti di ingresso, mediante il richiamo all'articolo 4, commi 2 e 4 del testo unico, in relazione a una modifica concernente la diversa fattispecie del permesso di soggiorno. Quanto al richiamo effettuato all'articolo 5, comma 3, del testo unico, parrebbe opportuno un coordinamento più stretto, eventualmente ricorrendo a una novella».
Se non sbaglio, vi è una circolare del Presidente della Camera (uno degli ultimi atti della Presidenza Violante) che giustamente suggerisce che, quando si interviene su una legge, è opportuno inserirsi nel corpo organico della stessa con una novella di carattere giuridico e non prevedere una norma separata che corregge e modifica il testo della legge.
L'opportunità di tale tecnica normativa è tanto più evidente che il richiamo all'articolo 5, comma 3, fa riferimento a un testo che prevede il permesso di soggiorno (il testo inizia: «ai sensi dell'articolo 5, comma 3»), mentre in realtà la norma sopprime il permesso di soggiorno nelle fattispecie che sono state più volte ricordate (soggiorni brevi, casi di ingresso per visite, affari, turismo e studio).
Da ultimo, segnalo una questione che mi pare abbia citato in Assemblea la collega Santelli, la quale, sotto questo profilo, ha svolto l'intervento più equilibrato tra quelli dell'opposizione: quando, al comma 3 dell'articolo 1 della proposta di legge in esame, si fa riferimento all'espulsione ai sensi dell'articolo 13 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, non è specificato a che tipo di espulsione si intenda ricorrere.
Poiché la materia riguarderà più il Ministero dell'interno che non quello del commercio internazionale e per le politiche europee, vorrei permettermi di correggere il suggerimento fornito dal collega Gozi (valuti il Governo come provvedere al riguardo in sede di regolamento di attuazione). Il collega Gozi ha suggerito che si provveda sempre con l'accompagnamento forzato alla frontiera. Immaginando, ad esempio, una visita di un manager di un'industria qualsiasi che si trattiene in Italia 31 giorni o il caso di uno studente del Canada o dagli Stati Uniti che, come già ricordato, sta facendo una tesi di laurea in Italia e si sofferma 33 giorni o il caso di un turista che, visitando il nostro Paese, si trattiene un giorno in più di quanto previsto dal tempo per cui gli è stato rilasciato il visto (in generale, infatti, è previsto un termine di tre mesi, oppure vi è il termine temporale previsto dal visto), non vi è dubbio che si tratti di violazioni della norma; ma in tutti i casi che ho citato, immaginare un accompagnamento forzato alla frontiera (un provvedimento che richiede anche la convalida da parte dell'autorità giudiziaria) non ritengo sia il modo più saggio di intervenire da parte dell'amministrazione dell'interno.
Mi permetto di immaginare di escludere che in tutti questi casi si possa arrivare all'accompagnamento forzato alla frontiera, proprio in virtù della genericitàPag. 80del riferimento all'articolo 13 sul provvedimento di espulsione; forse, per risolvere il problema, sarebbe sufficiente l'intimazione a lasciare il territorio del Paese una volta scaduti i tre mesi.
Quelli che ho esposto sono tutti problemi non rilevantissimi per quanto riguarda la finalità della norma in esame. Si tratta, infatti, di una finalità assolutamente condivisibile, come lo è la tempestività del provvedimento per le ragioni di carattere economico, turistico, culturale e familiare che sono state più volte citate nel dibattito odierno.
Non avendo formulato obiezioni rilevantissime sotto questo profilo, le consegno al dibattito generale e mi guardo bene dal tramutarle in emendamenti. Vorrei, tuttavia, rivolgere una raccomandazione, in particolare al sottosegretario Lucidi, in vista della presentazione di un testo di riforma della disciplina sull'immigrazione per cui comunque questi articoli dovranno essere ad un certo punto rielaborati. Sarà, quindi, il caso che, quando queste disposizioni verranno inserite organicamente nel nuovo testo unico sull'immigrazione, si provveda a correggere gli errori tecnici, che ho segnalato in questa sede sulla scorta del dossier del Servizio studi.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.