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Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Questioni attinenti all'utilizzo delle intercettazioni telefoniche da parte della procura di Potenza - n. 2-00023)
PRESIDENTE. L'onorevole Mazzoni ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00023 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).
ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, l'interpellanza urgente presentata dal gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) circa dieci giorni fa conserva ancora oggi la sua attualità. Ricordo che fu proposta allorquando il cosiddetto «Savoiagate» campeggiava su tutte le prime pagine dei giornali; tuttavia riteniamo importante parlare ancora della materia oggetto degli articoli di giornale che allora furono pubblicati, benché i quotidiani stessi l'abbiano poi retrocessa nelle ultime pagine.
I quesiti formulati, infatti, toccano la parte seria e preoccupante per la tenuta del sistema delle garanzie, che fa riferimento: alla violazione di diritti personali fondamentali (quale quello alla riservatezza), all'uso di delicati e non sostituibili strumenti d'indagine (intercettazioni telefoniche ed ambientali), al rispetto delle norme di procedura - predisposte proprio al fine di garantire l'equilibrato bilanciamento dei diritti -, ai costi della giustizia ed alla gestione accorta delle, pur ingenti, risorse destinate a tale importante settore.
Noi del gruppo dell'UDC siamo fortemente preoccupati per la disinvoltura con la quale ci si muove e riteniamo necessari e non più rinviabili degli interventi correttivi.
Il malsano clamore che è stato dato alla vicenda attraverso la trasformazione degli atti di un'indagine giudiziaria seria in materiale da soap opera può recuperare una marginale utilità diventando spunto Pag. 51serio per una svolta che, chiaramente, chiama in causa prima di tutto il Governo e questo Parlamento. Qualcosa non è andato in quell'indagine, come in altre che l'hanno preceduta, a Potenza come in altre sedi: qualcosa di molto allarmante.
La giustizia, a nostro avviso, deve far luce, deve portare a galla delle verità, non gettare altre ombre ed aumentare il senso d'insicurezza dei cittadini. Nel caso di specie, tardivamente, si muove il procuratore Galante inviando, dopo che la tragicommedia è già andata in scena, al CSM i suoi rilievi formali. Interviene il procuratore Grasso, cosa ancor più grave, per alcuni riferimenti, non chiariti e molto gravi, a presunti collegamenti con un soggetto legato alla DIA, come si legge sui giornali.
Il ministero, qualche giorno fa, dispone un'ispezione a Potenza e da via Arenula si dice che è un atto dovuto, ma, chiaramente, questo possiamo considerarlo un atto dovuto di un procedimento complesso, che deve portare ad una conclusione e, soprattutto, ad un intervento chiarificatore dell'intera vicenda.
Inoltre, debbo dire che i quesiti che abbiamo posto in questa interpellanza urgente diventano ancor più attuali, e ciò alla luce del piano presentato dal Guardasigilli alle Commissioni: mi riferisco al piano del dicastero della giustizia. Infatti, il Guardasigilli denuncia un'arretratezza dell'apparato giudiziario, che stenta ad articolare - estraggo dalla relazione - la gestione delle risorse secondo modelli propri della cultura dell'organizzazione. Egli denuncia anche una tendenziale deresponsabilizzazione dei protagonisti di giustizia (magistrati e funzionari), che spesso mancano di cultura dell'organizzazione.
Riguardo alla parte relativa alle intercettazioni, il ministro dichiara la necessità di un intervento normativo in materia di intercettazioni telefoniche tale da rafforzare gli aspetti di garanzia individuale dei soggetti coinvolti in uno strumento probatorio molto invasivo. Il ministro segnala anche come obiettivo quello di contemperare l'efficienza di un mezzo di ricerca della prova, correlato allo sviluppo tecnologico delle comunicazioni, con la tutela della riservatezza; ciò non solo sotto il profilo della repressione del comportamento illecito dei soggetti preposti all'utilizzazione del mezzo. Sempre il ministro parla di un impatto delle misure amministrative e normative allo studio di grande rilievo e conclude annunciando e spiegando, anche se in maniera sommaria, l'intervento che immagina di realizzare, che può esplicarsi su un duplice versante. In riferimento al versante legislativo, attraverso modifiche che introducano adeguate sanzioni pecuniarie a carico di testate giornalistiche che illegittimamente pubblichino documenti coperti dal segreto d'indagine o, comunque, dal segreto d'ufficio. Sul piano legislativo, non viene aggiunto altro.
Non credo che i gravi problemi emersi e da noi denunciati nell'interpellanza urgente presentata possano risolversi con questo intervento normativo e possano essere definiti con un semplice attacco agli organi di stampa.
Da ultimo, non posso pensare che di fronte ad una simile situazione di difficoltà e ad un tale allarme sociale il Governo possa essere così disinteressato da concludere la parte relativa alle intercettazioni con questa frase: «I modi per arrivarci li scelga il Parlamento».
Credo che il Governo, a tale riguardo, abbia una seria responsabilità, in ordine alla quale, quindi, osservo come, alla luce delle riflessioni testé svolte, quanto da noi rilevato con l'interpellanza in esame postuli la necessità di un chiarimento e di una risposta; per tale ragione, brevemente ripropongo all'attenzione del sottosegretario che mi ascolta in sostituzione del ministro i quesiti già formulati e le considerazioni a loro sostegno.
Noi riteniamo che la pubblicazione sui quotidiani di trascrizioni ed intercettazioni contenute nell'ordinanza di oltre duemila pagine, firmata dal giudice per le indagini preliminari di Potenza, dottor Iannuzzi, con cui sono stati emessi tredici provvedimenti di arresto su richiesta del pubblico ministero Woodcock, abbia fatto riemergere le problematiche connesse al bilanciamento Pag. 52di diritti di pari rilevanza costituzionale, quali il diritto di libertà di stampa, il rispetto della sfera privata dei cittadini e della dignità della persona, nonché il diritto dello Stato all'esercizio dell'azione penale; che la divulgazione di trascrizioni integrali, spesso contenenti aspetti intimi o notizie anche familiari di soggetti non coinvolti abbia messo in discussione la legittimità delle procedure e la violazione dei diritti fondamentali; che la pubblicazione di materiali probatori, utilizzata più per i risvolti scandalistici che per gli aspetti sostanziali, abbia creato, oltre ad un danno per i singoli soggetti coinvolti, un vero e proprio vulnus per il sistema giudiziario, con conseguente scadimento della fiducia dei cittadini nei riguardi del sistema stesso; che la spettacolarizzazione dell'inchiesta potentina abbia posto seri interrogativi riguardo alla congruità delle procedure rispetto alle posizioni dei soggetti coinvolti, alla funzionalità del sistema riguardo ai tempi e alle modalità, ed infine al rapporto costi-benefici degli strumenti impiegati.
In ordine a tale ultima considerazione, cito anche i dati emersi dall'ispezione condotta dal procuratore generale Tufano, che ha monitorato, insieme agli ispettori del Ministero della giustizia, le attività della procura di Potenza e ha calcolato in circa 1,5 milioni di euro annui - pari a circa 4.089 euro al giorno, comprese le domeniche - le spese per intercettazioni di tale procura. Ha tra l'altro rilevato, nella sua relazione, che tale attività non ha trovato conferma in conseguenti provvedimenti giudiziari; infatti, su 197 ricorsi al tribunale della libertà contro provvedimenti cautelari che si erano basati sull'utilizzazione dello strumento dell'intercettazione, ben 139 sono stati accolti, pari quindi al 70 per cento dei provvedimenti di custodia cautelare emessi.
Ecco, dunque, le ragioni dei quesiti, delle domande e dei dubbi per i quali chiediamo al Governo un chiarimento.
Chiediamo al sottosegretario se corrisponda al vero la richiesta di personale aggiuntivo rispetto a quello a disposizione della procura avanzata dal pubblico ministero e quali siano stati i motivi eccezionali e d'urgenza che, a norma del codice di procedura penale, hanno determinato tale richiesta. Chiediamo, altresì, se il ministero non intenda verificare, nell'ambito dei suoi poteri ispettivi, se le trascrizioni di intercettazioni esorbitanti dall'inchiesta siano state fatte nel rispetto delle procedure di garanzia e del diritto alla riservatezza dei soggetti non coinvolti nell'inchiesta.
Infine, domandiamo di conoscere a quanto ammontino le spese per intercettazioni telefoniche che la procura di Potenza ha sostenuto nel corso di questi due anni di indagine.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, risponderò punto per punto all'interpellanza testé illustrata.
Per quanto riguarda il personale aggregato su richiesta della procura della Repubblica di Potenza e utilizzato nell'indagine definita «Savoiagate», posso fornire i numeri quali ci sono stati comunicati dagli organi della polizia di Stato, nonché dalla procura di Potenza.
Nel corso delle indagini, a partire dal 2004, sono stati aggregati alla procura di Potenza quindici agenti di polizia giudiziaria, appartenenti alla polizia di Stato, e sei unità della polizia municipale, che peraltro già operavano da oltre due anni al servizio dell'autorità giudiziaria. Delle quindici persone appartenenti alla polizia di Stato, una ha cessato il periodo di aggregazione alla data del 31 dicembre 2004, quattro hanno cessato l'aggregazione dell'intero periodo alla data del 26 agosto 2005, tre nel maggio 2006, una ad aprile, cinque a giugno e una cesserà l'aggregazione alla data del 1o luglio 2006.
La ragione di tale aggregazione risiede nel fatto che l'attività investigativa svolta è stata particolarmente complessa, riguardando operazioni di intercettazioni telefoniche su decine di utenze, servizi di osservazione, Pag. 53pedinamento e controllo, servizi di osservazione transfrontaliera, interrogatori di decine di persone, acquisizione ed esame di voluminosa documentazione e riferendosi a 104 persone indagate.
Per quanto riguarda il problema dei costi delle intercettazioni telefoniche, la procura di Potenza ha comunicato che, nel corso delle indagini, l'autorità giudiziaria ha liquidato la somma globale di 41.087,78 euro.
Sul profilo dell'eventuale iniziativa in ordine a possibili responsabilità anche disciplinari dei magistrati della procura di Potenza, il ministro ha attivato i suoi poteri incaricando l'ispettorato generale di compiere un'indagine conoscitiva finalizzata a verificare la regolarità delle procedure con le quali sono state effettuate le intercettazioni disposte dalla procura di Potenza. Ciò al fine di valutare l'eventuale sussistenza in capo ai magistrati di condotte rilevanti sia sotto il profilo disciplinare, sia sotto quello dell'incompatibilità ambientale e/o funzionale.
In ordine al problema generale posto dagli onorevoli interpellanti, ossia sull'uso dello strumento delle intercettazioni telefoniche ed ambientali - fermo restando che lo strumento di indagine finalizzato all'acquisizione probatoria è ritenuto assolutamente indispensabile nel nostro sistema -, il Governo ritiene che, accanto alla ritenuta insostituibilità del mezzo di indagine, debba essere tutelata la posizione delle persone, specie se esse non siano soggetti di indagine.
Gli strumenti enunciati dal ministro nel corso della relazione resa alla Camera e al Senato sono ovviamente di natura normativa e saranno predisposti - ritenendo, peraltro, il Parlamento sovrano nell'adottare altre eventuali iniziative - nel tentativo di trovare una soluzione ad un problema che non è di facile soluzione.
Si pensa alla possibilità di un presidio a monte nella materia delle intercettazioni, ossia ad assegnare alle stesse una particolare qualità, attribuendo (ma siamo ancora in una fase di studio) a tutti gli atti di indagine il requisito della segretezza intesa come qualità dell'atto. Ciò significa che l'atto sarebbe utilizzabile nell'ambito della sua destinazione processuale. L'atto secretato riceve una tutela giuridica attraverso la sanzione prevista dall'articolo 326 del nostro codice penale sostanziale e non attraverso l'articolo 684 del codice penale sostanziale. Ossia, non si configura il reato contravvenzionale della pubblicazione indebita di atti di un processo penale, ma la violazione di un segreto di indagine, fattispecie sanzionata con una pena più rigorosa, in quanto trattasi di un delitto e non di una contravvenzione. Questo è il presidio a monte che intende tutelare l'atto. Ovviamente, colui che ne venga a conoscenza, sapendo che l'atto è secretato, si assume la responsabilità della successiva divulgazione.
L'altro possibile intervento in fase di studio è quello di imporre normativamente che i nominativi delle persone non soggetti d'indagine vengano «omissati» negli atti adottati dall'autorità giudiziaria e, per loro natura, destinati alla comunicazione alle parti.
PRESIDENTE. Il deputato Mazzoni ha facoltà di replicare.
ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la sua risposta. Certo, non posso ritenermi soddisfatta. Devo precisare che, rispetto all'elencazione contabile di cifre e di numeri, sono assolutamente insoddisfatta. Ho chiesto al Governo non solo la possibilità di conoscere dati, che tutto sommato avremmo potuto acquisire, bensì le considerazioni che, in relazione ad essi, lo stesso ritiene di dover elaborare. Rimangono, quindi, degli elementi aggiuntivi che oggi possiamo offrire alla conoscenza dei più e che riguardano un numero elevato di soggetti aggregati sulla base di una generica complessità dell'indagine.
Vorrei aggiungere che un'indagine durata due anni, che ha coinvolto ben centoquattro persone, si è risolta con tredici soggetti imputati, e tale numero oggi si sta ulteriormente riducendo: questo è un altro dato che avrebbe meritato una maggiore attenzione da parte del Governo anche in Pag. 54termini di considerazioni politiche e di attività legislativa. È un costo elevatissimo sul quale il Governo non ha svolto alcun tipo di osservazione. Rimangono in piedi le considerazioni allarmanti espresse dal procuratore generale Tufano nella sua relazione rispetto a ciò che lo stesso ha ritenuto di dover definire un «abuso di intercettazioni» da parte della procura di Potenza.
Aggiungo, per correttezza, che sono più rasserenata per quanto il sottosegretario ha voluto cortesemente aggiungere rispetto alla relazione del ministro sulla materia delle intercettazioni. Infatti, ritengo che quel misero riferimento, oltretutto preoccupante, rispetto ad un eventuale intervento legislativo solo nei confronti degli organi di stampa (quindi, per qualcosa che sta a valle) fosse un dato da arricchire (come lei ha fatto, rispondendo alla mia interpellanza) con la previsione di un intervento legislativo a monte. È lì, infatti, che si radica il problema. Poi, a seconda di come il legislatore ritiene di dovere intervenire a monte, si determinano gli atteggiamenti conseguenti, anche normativi, da assumere per i problemi che si verificano a valle.
Questo, tra l'altro, è l'orientamento che il nostro gruppo ha rappresentato in una specifica proposta di legge.
Avendo il conforto anche del Governo e, quindi, potendo confidare sulla sua collaborazione, che dalla relazione del ministro non era possibile evincere, possiamo sperare in una rapida soluzione di un problema che non è solo di giustizia, ma è un problema sociale gravissimo, che dovrebbe essere posto ai primi punti dell'agenda di Governo.