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Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Qualità della normativa relativa alle dichiarazioni dei redditi - n. 2-00556)
PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Leo rinuncia ad illustrare l'interpellanza La Russa n. 2-00556
(Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3), di cui è cofirmatario.
Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Alfiero Grandi, ha facoltà di rispondere.
ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, la ragione per cui si è prodotto un avvicinamento delle scadenze per le dichiarazioni fiscali è relativa, in primo luogo, ad un quadro europeo. L'Italia è un Paese fortemente in ritardo rispetto alla media europea. Ricordo che dieci anni fa circa c'era già un periodo di scadenze molto più ravvicinato, e le scadenze fiscali sono relative anche all'obiettivo, che si realizzerà gradualmente ma va perseguito, di avere la possibilità non solo del ravvedimento operoso in autunno, ma di avere anche le scadenze con tempi tali da poter iniziare l'esperienza della dichiarazione per via telematica, almeno per una prima parte di contribuenti.
Quindi, sono molte le ragioni che militano a favore di un accorciamento dei tempi, anche se questo, naturalmente, ha creato qualche problema, come tutte le norme di prima applicazione. Tutte le associazioni e le rappresentanze delle categorie presenti al tavolo tecnico istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, nella sede dell'Agenzia delle entrate, hanno indicato dei punti di sofferenza. Inoltre, in sede parlamentare si è proposto di affrontare il tema delle scadenze, almeno per quest'anno e tenuto conto dei punti di sofferenza e di criticità esistenti, rivedendo i termini nei quali effettuare le dichiarazioni dei redditi.Pag. 37
C'è stata, al riguardo, una discussione e le posizioni sono abbastanza note e chiare. Per quanto riguarda la Camera, in particolare, la discussione è avvenuta nella VI Commissione sulla base di una risoluzione, ma anche in sede di question time ed in altre occasioni, richiamando l'attenzione del Governo sull'esigenza di riflettere su tali questioni. Il Governo non si è sottratto; anzi, di fronte a reali problemi di criticità, che sono stati segnalati dall'Agenzia delle entrate, ha individuato la possibilità di variare le cadenze di presentazione delle dichiarazioni dei redditi. La presentazione delle dichiarazioni, quindi, può avere una diversa articolazione delle modalità, ma lo stesso non può avvenire per il pagamento, perché questo è previsto dalla legge in date precise e quelle debbono rimanere. La ragione non sta nella risposta ad una generica richiesta di rinvio dei termini, ma in precise, motivate e fondate esigenze. Ecco perché il Governo, accogliendo il principio che qualcosa occorreva fare per rispondere a punti di criticità, ha rinviato alla sede tecnica - quindi all'Agenzia delle entrate - il compito di individuare gli effettivi punti di criticità.
Ad esempio, un punto di criticità sicuramente riguarda un certo ritardo, da parte delle società che presentano i programmi informatici, nell'adeguamento alle nuove normative. Alcune altre incertezze, che potevano esserci per taluni aspetti della disciplina fiscale, oggi sono però risolte attraverso provvedimenti già in discussione, in particolare un disegno di legge all'esame del Senato, che ci auguriamo venga rapidamente approvato, in modo da consentire la soluzione degli aspetti che presentavano delle criticità. Quindi, non si è trattato di una risposta generica, ma di una risposta che aveva un fondamento e delle motivazioni.
Questa è la ragione per cui l'Agenzia delle entrate, proprio sulla base di una richiesta e di un mandato preciso da parte del Governo, il 7 maggio ha emanato un comunicato, che, nell'impostazione del rapporto tra amministrazione e cittadini, non è uno strumento banale o un'informazione generica, ma un impegno a fare. Del resto, si tratta di uno strumento, che è stato usato anche dal precedente Governo e dalla precedente coalizione, in alcune occasioni in cui occorreva intervenire su alcune criticità.
La validità dello strumento risiede nel fatto che, quando si dice: «Si faccia» fino ad oggi quello che si è detto, si è sempre fatto.
Ecco la ragione per cui il comunicato dell'Agenzia delle entrate, che rimodula le scadenze soltanto per quest'anno e ribadisce l'obiettivo di arrivare al loro anticipo, per allineare il nostro Paese al resto d'Europa, ha individuato quelle che di seguito voglio ricordare. Anche se il collega Leo naturalmente è perfettamente informato di ciò, tutte le occasioni sono utili per informare i cittadini e ricordare loro quali sono le scadenze.
Il comunicato dell'Agenzia delle entrate stabilisce che le persone fisiche titolari di redditi di impresa, di lavoro autonomo e di partecipazione potranno procedere all'invio telematico del modello unico entro il 25 settembre; tutti i soggetti sottoposti all'IRES potranno effettuare l'invio telematico entro il 10 settembre; resta invariato il termine di presentazione per tutti gli altri contribuenti e nessuna modifica viene operata per ciò che riguarda i versamenti, sia di saldo, sia di acconto. La rimodulazione è stata decisa, appunto, tenendo conto delle osservazioni e delle richieste che provenivano da diverse parti, per cercare di riallineare in modo corretto le scadenze.
L'informazione che posso dare in questo momento, a ulteriore sostegno del corretto rapporto tra quanto si dice e quanto si fa, è che proprio ieri sera è stato firmato l'avvio della procedura per emanare il DPCM che deve attuare le disposizioni annunciate dell'Agenzia delle entrate e confermate nello strumento normativo adottato.
Confermiamo, quindi, completamente l'orientamento, del resto precedentemente ribadito nella sede della Commissione finanze e nelle altre sedi di sindacato parlamentare. Le scadenze per quest'annoPag. 38hanno subìto una rimodulazione e il Governo intende dare seguito alle rimodulazioni preannunciate attraverso lo strumento amministrativo che ha cominciato il suo iter esattamente ieri sera, in modo da dare certezza ai contribuenti sulle nuove scadenze: 31 luglio, 10 settembre e 25 settembre sono le date che sono state reindicate.
Voglio aggiungere, inoltre, che l'onorevole Leo ha naturalmente pienamente diritto di insistere su una opinione, che probabilmente non è solo la sua, ma anche quella di ampi settori della società. In fondo, il rapporto tra Governo e Parlamento, se lo guardiamo per un attimo astraendo dalle posizioni politiche, serve ad una dialettica tra le due istituzioni che aiuti tutti a lavorare meglio. Egli ha pienamente diritto - lo ripeto - di insistere sulla sua posizione. Ricordo, però, che quella posizione è già stata bocciata dalla maggioranza della Commissione finanze e che proprio da tale bocciatura abbiamo ricavato la conferma che il Governo doveva mantenere, attraverso lo strumento amministrativo di attuazione, la rimodulazione delle scadenze preannunciata dal comunicato dell'Agenzia delle entrate.
Colgo l'occasione - perché questo è il momento adatto - per confermare che tale trasformazione, tale miglioramento del funzionamento dell'amministrazione non ha carattere vessatorio verso coloro che fanno le dichiarazioni fiscali o quant'altro ma, al contrario, ha l'obiettivo di mettere in grado il cittadino, in un futuro che spero sia prossimo, di effettuare una dichiarazione fiscale per via telematica senza particolari complicazioni, attraverso un modello precompilato telematico che verrà messo su INTERNET direttamente dalla Sogei e dall'Agenzia delle entrate. L'obiettivo, semmai, è quindi esattamente il contrario: velocizzare per rendere più reale e più semplice il rapporto tra contribuente e amministrazione.
Il lavoro, che si sta effettuando, va anzitutto attribuito al Viceministro Visco, che oggi è oggetto di una campagna inqualificabile e indegna e che ritengo, invece, abbia il grande merito di avere contribuito a riportare il nostro Paese nell'alveo del «no ai condoni, sì ad un fisco che funziona», nell'ambito del quale i risultati finanziari derivanti dalla lotta all'evasione ed elusione fiscale possano essere ripartiti sui cittadini onesti.
Il contributo sicuramente determinante che il Viceministro ha fornito nel corso di questi mesi di attività del Governo va riconosciuto e mi auguro che esso sarà riconosciuto anche al Senato quando verrà esaminato il problema, che, come sapete, è oggi all'ordine del giorno.
PRESIDENTE. L'onorevole Leo ha facoltà di replicare.
MAURIZIO LEO. Signor Presidente, avrei davvero voluto dichiararmi soddisfatto. Purtroppo, però, le considerazioni e le affermazioni del sottosegretario Grandi mi lasciano assolutamente sconcertato: esse non prendono atto, infatti di una situazione di grave malessere che è stata denunciata dai Consigli nazionali degli ordini dei dottori e dei ragionieri commercialisti.
Ricordo che il 24 maggio - quindi ben dopo la comunicazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze del differimento dei termini - i Consigli nazionali dei dottori commercialisti e dei ragionieri commercialisti hanno unanimemente acquistato alcune pagine sulla stampa specializzata (Il Sole 24 Ore, Italia Oggi) e sul Corriere della Sera.
Affinché tutti abbiano contezza di quel che sta avvenendo, debbo leggere tali comunicati, cominciando con quello dei ragionieri commercialisti: «Lettera aperta al Viceministro per l'economia Vincenzo Visco. Signor Viceministro Visco, in quale paese vive? Non avverte il diffuso e crescente malcontento che pervade la società italiana: contribuenti, operatori economici, professionisti di ogni orientamento politico? Tutti d'accordo, per una volta, nel denunciare uno stato di cose che non appare più sopportabile». Vengono, quindi, enucleati tutti i profili sotto cui il Ministero dell'economia ha creato seri problemi ai contribuenti ed ai professionisti.Pag. 39Il comunicato conclude così: «A questo si aggiunge un atteggiamento di arroganza e protervia che mortifica il lavoro e la dignità degli operatori del settore, professionisti e dipendenti degli studi, nei confronti dei quali, Signor Ministro, pare Ella non mostri alcun rispetto. La gente non ne può più! In questo contesto, abbreviare i tempi per la presentazione delle dichiarazioni è stato e viene vissuto come una vera e propria provocazione. Non crede sia giunto il momento di dimostrare sensibilità politica e coerenza tecnica e giuridica? Forse il Paese se ne gioverebbe». Questo è quanto scrivono i ragionieri commercialisti.
A loro volta, i dottori commercialisti - non un ordine locale, ma il Consiglio nazionale - affermano: «Da anni i dottori commercialisti assistono i contribuenti per l'adempimento dei loro doveri e nell'interesse del Paese. Ora basta! La misura è colma. Ci rifiutiamo di sottostare a scadenze impossibili e a subire diktat immotivati, confusi e contraddittori che continuano a vessare i contribuenti con inutili e controproducenti provvedimenti che creano soltanto gravissimo disagio al nostro lavoro e mettono a dura prova il senso di responsabilità della professione». Essi procedono con questo tipo di affermazioni.
Signor Presidente, appare strano che, da quando il re Vittorio Emanuele III, nel castello di Racconigi, pose la propria firma sotto la legge che istituiva l'ordine dei commercialisti, è questa la prima volta, dopo oltre 100 anni, che i commercialisti muovono una protesta così vibrata: vibrata e al tempo stesso giustificatissima! Tale protesta è collegabile al caos normativo che si è determinato in questi mesi, dal giugno 2006 fino all'approvazione della legge finanziaria e alla predisposizione dei modelli per la dichiarazione dei redditi. Si è generata una sorta di bulimia legislativa: vi sono leggi contraddittorie e decreti-legge le cui norme sono state contraddette dalle leggi di conversione. È una situazione a dir poco paradossale.
Il sottosegretario Grandi ha ricordato l'azione svolta dal Viceministro Visco e ha affermato che il Viceministro ha svolto un importante ruolo tecnico. Non parlerò del ruolo del Viceministro Visco come decapitatore di comandi della Guardia di finanza, né come gaffeur nei rapporti con altri membri del Governo: desidero parlare del Viceministro Visco da un punto di vista tecnico. Ed intendo esaminare puntualmente ciò che è stato fatto dal giugno 2006 ad oggi.
Sono stati posti in essere tre provvedimenti: il cosiddetto Visco-Bersani, il cosiddetto collegato fiscale e la legge finanziaria per l'anno 2007. Attraverso tutti questi provvedimenti si è ingenerata un'enorme confusione per i contribuenti e per i professionisti.
Faccio alcuni esempi, partendo dall'IVA sugli immobili. Tutti noi ricordiamo che con il provvedimento Visco-Bersani è stata introdotta una disposizione che ha cambiato il regime di tassazione ai fini delle imposte dirette per le compravendite immobiliari, passando da una imponibilità IVA a un'esenzione IVA. Non so chi non abbia illuminato il Viceministro Visco sul fatto che quando si cambia regime cambiano anche le regole di detrazione. L'operazione posta in essere dal Viceministro Visco ha provocato uno sconquasso nei mercati finanziari: gli investitori istituzionali - mi riferisco ai fondi immobiliari - hanno consigliato di non venire più ad investire in Italia, perché il sistema era così confuso che non era prudente venire a lavorare in Italia. Ci rendiamo conto del grave problema creato dal Viceministro Visco?
Ma abbiamo tanti altri punti su cui si è ingenerata un'incertezza totale. Parliamo di imprese e dello scorporo dei terreni sottostanti ai fabbricati. Ancora oggi, mentre i contribuenti e i professionisti stanno presentando le dichiarazioni, non si conosce la legislazione applicabile, perché vi è un disegno di legge pendente al Senato che ancora non si sa se verrà esaminato, convertito o cos'altro. I professionisti devono così fare le dichiarazioni dei redditi in base a disposizioni che ancora non esistono.Pag. 40
Prendiamo in considerazione anche la vicenda degli studi di settore. In questo caso non parliamo di cinquanta o cento contribuenti, ma di 5 milioni di partite IVA. Ci rendiamo conto di cosa è stato fatto nella legge finanziaria? Si è detto che dobbiamo recuperare dai soggetti sottoposti agli studi di settore 2 miliardi e 700 milioni di euro. Come si è andati a recuperarli? Lo si è fatto introducendo meccanismi di aggiornamento automatico dei ricavi! Chi studia questa materia sa bene che il reddito tassabile è dato dalla contrapposizione tra i ricavi e i costi, mentre il reddito effettivo è dato dalla contrapposizione tra i compensi e le spese e non può essere fondato su meccanismi matematico-statistici. Che cosa si è fatto? Si è stabilito che il soggetto titolare di partita IVA, siccome non risponde a certi indici di normalità economica, deve maggiorare i ricavi dal 20 al 50 per cento. Di conseguenza, tutte le imprese in questi giorni - il 18 giugno è il termine per il versamento delle imposte - dovranno pagare cifre di gran lunga superiori a quelle pagate nell'anno precedente, anche se non c'è stata una crescita economica che abbia giustificato tale tipo di intervento.
Ma, continuiamo. Cosa è stato fatto per le auto aziendali? Oggi un imprenditore che possiede un'auto aziendale non sa come gestirne la deduzione. Che cosa è successo? È intervenuto dapprima il provvedimento Visco-Bersani che ha stabilito che non si possono più fare ammortamenti anticipati, non si può più dedurre il canone di locazione finanziaria. Poi è intervenuta la cosiddetta sentenza strada-asfalti, cui ha fatto seguito un decreto-legge del Governo che ha disposto il blocco dei rimborsi IVA, in spregio totale alle direttive comunitarie.
Infine, con il collegato fiscale nessun imprenditore potrà più dedurre i costi relativi alle auto aziendali. Ci rendiamo conto di cosa sta succedendo? Un imprenditore che possieda un'auto aziendale, bene strumentale che serve per lo svolgimento della sua attività, non può portare in deduzione nulla.
È una situazione grave, anzi gravissima. Andiamo a spiegare agli imprenditori del Nord - coloro che poi hanno visto qual è la politica fiscale del Governo - che l'auto che serviva, faccio un esempio, al panificatore o al soggetto che vende generi alimentari per trasportare e consegnare la merce alla clientela non potrà più essere dedotta a partire dal 2006. Tutto ciò è merito della politica fiscale del Viceministro Visco.
Ma continuiamo. L'ultima è di questi giorni: il cuneo fiscale, una cosa a dir poco risibile. In primo luogo, quando denunciammo, in sede di esame del disegno di legge finanziaria, che un intervento selettivo avrebbe potuto provocare conseguenze perniciose da parte dell'Unione europea, non siamo stati ascoltati. Voi tutti ricordate bene che quando si operano interventi che riguardano talune imprese e non altre, trattandosi di aiuto selettivo, si determina un contrasto con due principi fondamentali del Trattato di Roma, quelli che disciplinano, agli articoli 87 e 88 del Trattato, la materia degli aiuti di Stato, per cui è necessaria la preventiva autorizzazione da parte dell'Unione europea. Ma tale autorizzazione non è stata chiesta e il Governo, quindi, a più riprese ha tergiversato. Vi sono state tante richieste da parte nostra e, alla fine, la notificazione è stata fatta nel mese di aprile.
Nessun imprenditore oggi avrebbe potuto fruire della deduzione per il cuneo fiscale. Non potendo usufruire della deduzione per il cuneo fiscale, il Governo è intervenuto con un decreto-legge. Così si aggiunge il male al peggio, poiché con un decreto-legge si stabilisce che non è necessaria nessuna preventiva autorizzazione da parte dell'Unione europea.
Si tratta di un atteggiamento totalmente irriguardoso nei confronti dell'Unione europea. Si può affermare che l'agevolazione viene concessa solo a talune imprese e non a tutte e, perciò, siamo dinanzi ad un aiuto selettivo privo della necessaria autorizzazione dell'Unione europea? Non so cosa dirà il commissario Kroes quando esaminerà il decreto-leggePag. 41di recente approvato e che sarà all'esame della Commissione finanze la prossima settimana.
Si tratta di una situazione a dir poco risibile. Chi scrive queste disposizioni? Siamo in presenza di persone che non sanno assolutamente come è strutturato l'ordinamento tributario, persone che farebbero rigirare nella tomba i Vanoni, i Cosciani, i Visentini, ossia gli studiosi di questa materia che hanno dato un notevole contributo allo studio della scienza delle finanze e del diritto tributario.
Chiudo con altre due questioni importanti: dapprima gli adempimenti. Siamo tutti convinti che bisogna combattere l'evasione fiscale ed effettivamente tale lotta è necessaria, ma non siamo d'accordo sulle metodologie. Possiamo essere sicuri che si combatte l'evasione fiscale introducendo nuovamente l'elenco clienti e fornitori, che sicuramente non ha dato buona prova negli anni passati e non la darà neanche negli anni futuri?
A proposito della tracciabilità dei compensi, abbiamo assistito a tanti professionisti che continuano a percepire somme senza alcun bonifico, né alcun conto corrente o assegno bancario. Questi soggetti, se hanno evaso prima, continueranno a farlo anche dopo. Le misure sulla tracciabilità dei compensi non hanno funzionato e semplicemente generano problemi ai contribuenti.
Invece, quanto si doveva fare non è stato compiuto. Come spieghiamo ciò alle migliaia di piccoli professionisti che non sono organizzati e per i quali la Corte costituzionale nel 2001 affermò che, in mancanza di organizzazione, non erano tenuti all'assolvimento dell'IRAP? Come mai non è stata ancora introdotta una disposizione che puntualmente disciplini questa fattispecie, stabilendo chiaramente che questi contribuenti non sono tenuti al pagamento del tributo regionale?
Proprio ieri in Commissione finanze è giunta una presa di posizione del ministero che afferma: «Stiamo studiando, stiamo vedendo, dobbiamo approfondire». Ma, mentre Cartagine brucia, ancora si sta approfondendo! Ciò mi ricorda quanto si verificò dopo la fine della seconda guerra mondiale, allorché i soldati giapponesi continuavano a combattere pur essendo finite le ostilità.
La Corte di cassazione ha sancito che non si devono far pagare le imposte a questi soggetti e, invece, si dispone che essi devono continuare a pagare, addirittura non consentendo loro la presentazione delle dichiarazioni per via telematica. Questa è arroganza! Questa è arroganza pura, questo atteggiamento non comprende i problemi reali delle piccole imprese e dei professionisti.
Infine, vi è l'incertezza normativa. Abbiamo assistito a decreti-legge che sono stati adottati e poi modificati con una legge di conversione. Come è possibile - lo affermo dinanzi a persone che legiferano - che si stabilisca una disciplina in un decreto-legge e che, poi, con la legge di conversione, il Governo faccia una sorta di ravvedimento operoso e corregga la disposizione del decreto-legge, con la conseguenza che le norme della legge di conversione producono effetti dal giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, lasciando sostanzialmente prive di una disciplina tutte le disposizioni applicabili nel lasso temporale di vigenza del decreto-legge.
Questa situazione come può essere gestita dai contribuenti? Come si comporta il contribuente che ha venduto un immobile in vigenza del decreto-legge che non è stato convertito? Ha fatto bene o ha fatto male? Siamo dinanzi ad un'incertezza normativa che deriva da disposizioni quali il cosiddetto decreto Visco-Bersani, il collegato fiscale e la legge finanziaria.
A fronte di tutto ciò, la richiesta dei dottori commercialisti e dei ragionieri - del tutto giustificata - è quella di chiedere, in un momento di confusione normativa, la concessione per il primo anno di una proroga del termine di presentazione della dichiarazione al 31 ottobre, come già avvenuto in passato.
Questo è, come lo definisco io, un annus horribilis. Se è tale, consentiamo, almeno per il primo anno, di presentare la dichiarazione il 31 ottobre.Pag. 42
Sottosegretario Grandi, come si può consentire ai professionisti la presentazione della dichiarazione il 10 settembre? Tale data è immediatamente a ridosso della pausa estiva! Se durante il mese di agosto si recheranno in ferie (ne avranno pur diritto!), come potranno attivarsi per la presentazione delle dichiarazioni entro i dieci giorni successivi al 31 agosto? Il differimento della scadenza, dal 31 luglio al 10 settembre, è praticamente inconcludente e non offre alcun tipo di agevolazione ai professionisti, perché i medesimi saranno costretti a tenere aperti gli studi nel mese di agosto, a lavorare, nonché a tenere il personale negli studi per presentare le dichiarazioni dei redditi e seguire tutti gli altri adempimenti. Tutto ciò dimostra in quale situazione di incertezza ci troviamo!
Per non parlare dei dipendenti! Si stanno accorgendo adesso, con le buste paga del mese di marzo, di non aver ricevuto, anche in presenza di redditi inferiori ai 40 mila euro, alcun vantaggio dalla revisione del sistema di tassazione Irpef, con il passaggio dalle deduzioni decrescenti alle detrazioni di imposta. Perché non hanno ricevuto alcun vantaggio? Perché hanno dovuto pagare addizionali locali (addizionale regionale e comunale) ben più alte di quelle pagate in precedenza!
Dovremmo spiegare a tali contribuenti che da gennaio non hanno conseguito alcun beneficio! Altro che benefici! Hanno subito enormi penalizzazioni - mi riferisco a contribuenti con redditi inferiori ai 40 mila euro - per effetto del cambiamento delle deduzioni in detrazioni d'imposta.
Non è questa una politica tesa a favorire la famiglia, i nuclei numerosi o le famiglie monoreddito!
Ho delineato uno scenario a tinte fosche, pertanto voglio concludere il mio intervento ricordando le parole dello studioso Vanoni. Egli fece importanti affermazioni nel cosiddetto codice di Camaldoli elaborato negli anni tra il 1941 e il 1944.
Vanoni affermò che «è dovere morale, oltre che giuridico, di soddisfare alle imposte esattamente entro i limiti fissati dalle leggi. L'evasione tributaria contrasta a tale dovere e deve essere condannata. La legge non deve però, nell'ordinamento del tributo e, soprattutto, nella fissazione delle aliquote, essere ispirata al pensiero che le evasioni sono inevitabili, ma deve stabilire aliquote giuste e provvedere ad accertamenti regolari. In caso contrario, l'ipocrisia del legislatore giustifica l'evasione e l'inadempienza del contribuente e mette in pericolo l'ordinata disciplina del tributo, che viene sopportato in misura diversa dai contribuenti onesti o timidi e da contribuenti scaltri o poco coscienziosi. Le sperequazioni che nascono in tal modo tra contribuente e contribuente inficiano nella sua applicazione qualsiasi piano, per quanto ben congegnato, di distribuzione delle imposte».