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Si riprende la discussione.
(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 1496-B)
PRESIDENTE. Il relatore, Presidente della VII Commissione, deputato Folena, ha facoltà di svolgere la relazione.
PIETRO FOLENA, Relatore. Signor Presidente, torniamo ad esaminare il disegno di legge che la Camera aveva giàPag. 87approvato il 23 gennaio scorso e che è stato modificato dal Senato il 9 maggio.
Ricordo all'Assemblea che esso reca la delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti radiotelevisivi e su reti di trasmissione elettroniche di tutti gli eventi sportivi professionistici (per dirla semplicemente, oltre al calcio, anche il basket).
Il testo si compone di un solo articolo che reca i principi, i criteri direttivi e le modalità per l'esercizio della delega da parte del Governo.
Avevamo già compiuto un buon lavoro alla Camera, che aveva permesso di definire molti punti di accordo. Il Senato ha apportato alcune modifiche tese, sostanzialmente, a realizzare tre obiettivi: il primo, evitare che il nuovo meccanismo introdotto dalla commercializzazione centralizzata possa determinare effetti distorsivi della libera concorrenza e situazioni di monopolio, in modo particolare riguardo alla particolarissima situazione della piattaforma satellitare, che sappiamo essere gestita da un solo assegnatario; secondo, favorire le emittenti locali; terzo, assegnare un ruolo specifico alla Federazione gioco calcio, nell'ambito della gestione della quota per la mutualità sportiva.
Lascio agli atti alcune motivazioni più tecniche di tali modifiche, mentre vi è qualche problema interpretativo sulla prima di queste norme su cui, come relatore, se vi sarà un consenso da parte delle colleghe e dei colleghi, mi riprometto di presentare un ordine del giorno.
Vorrei solo sottolineare che, al Senato è positivamente cresciuto il consenso sul provvedimento in discussione e che, grazie alle modifiche introdotte, vi è stato un voto non unanime ma larghissimamente unitario, il che mi fa sperare che nelle prossime ore la Camera possa approvare definitivamente il provvedimento, facendolo così diventare legge.
Se vi fosse, infatti, un ulteriore rinvio dell'esame del provvedimento rischieremmo di trovarci in una condizione, in cui le singole squadre definirebbero i contratti con le emittenti televisive anche per il periodo successivo al 2010; se interveniamo subito, invece, se la normativa in questione diventa legge, saremo in grado di aiutare la nota - e ben esaminata da questo Parlamento - redistribuzione delle risorse a vantaggio delle squadre minori della serie A e della serie B, delle altre squadre delle serie inferiori, del calcio dilettantistico e, più in generale, di un meccanismo più solidale che diminuisca il peso dell'aspetto business, per dirla in modo un po' rozzo, del mercato ed aumenti quello, invece, volto a garantire una redistribuzione, una competizione più equilibrata e, soprattutto, la possibilità che le società siano incentivate a sviluppare i loro settori giovanili, che il dilettantismo venga privilegiato e che, insomma, il calcio torni ad essere uno sport condiviso.
Ci siamo occupati di questo tema anche in occasione dell'esame del decreto-legge sulla violenza negli stadi. Voglio ricordare, inoltre, che nelle prossime ore la Commissione cultura esaminerà anche il testo definitivo del documento conclusivo dell'indagine che ha dedicato a tali temi, che sarà un'ulteriore occasione di intervento e di sollecitazione riformatrice in questa direzione.
Per tale ragione esprimo pertanto l'auspicio che il Parlamento possa concludere molto rapidamente l'esame del testo in esame.
Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative della mia relazione.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente sulla base di criteri costantemente seguiti. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, Luigi Vimercati.
LUIGI VIMERCATI, Sottosegretario di Stato per le comunicazioni. Signor Presidente, intervengo molto rapidamente per concordare con l'impostazione del relatore. Abbiamo lavorato molto bene sia alla Camera, sia al Senato; il disegno di legge è stato migliorato in modo significativo e anch'io mi auguro che, nelle prossime ore, l'esame di esso si possa concludere con l'approvazione definitiva da parte della Camera.
Pag. 88PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata De Biasi. Ne ha facoltà.
EMILIA GRAZIA DE BIASI. Signor Presidente, signor sottosegretario e colleghi, abbiamo già discusso, durante la prima lettura, del valore del provvedimento al nostro esame, le cui finalità, è bene ricordarlo, sono volte principalmente a garantire l'equilibrio competitivo dei soggetti partecipanti alle competizioni sportive; a realizzare un sistema coerente, efficace, trasparente del mercato dei diritti di trasmissione attraverso la contrattazione collettiva e non più individuale dei diritti; a riconoscere attraverso una mutualità più diffusa la missione sociale dello sport attraverso il sostegno esplicito alle società dilettantistiche, a quell'aspetto, cioè, che riporta lo sport alla sua vocazione originaria, quella della competizione amatoriale, allontanandolo dal rischio di rapporto esclusivo con il mercato che, nel momento in cui è diventato distorto e opaco, tanto lo ha danneggiato.
Da ciò deriva l'importanza di misure che responsabilizzano le società e le leghe sportive e nel contempo pongono le basi per la lotta alla corruzione e scommettono sulla capacità di autoriforma del sistema. Ed è significativa la sintonia, oltre che naturalmente la conformità, con gli orientamenti comunitari in materia emersi in relazione alle decisioni della Commissione europea del luglio 2003 sulla vendita congiunta dei diritti della UEFA-Champions league del gennaio 2005 relative al caso Bundesliga, del marzo 2006 concernente il caso Premier league.
In quelle occasioni, infatti, la Commissione europea ha riconosciuto che i club calcistici sono avvantaggiati dalla vendita congiunta e che pertanto gli eventuali effetti negativi, derivanti dall'accordo comune di vendita, sono controbilanciati dalla maggiore quantità di contenuti resi disponibili per una più ampia distribuzione, promuovendo così il progresso tecnico ed economico dei contenuti mediati stessi e dei nuovi vettori mediatici che li distribuiscono.
Inoltre, il «Rapporto indipendente sul calcio europeo 2006», adottato al termine di un'indagine conoscitiva proposta dalla Presidenza dell'Unione europea, ha individuato, tra le misure volte a garantire l'equilibrio tra le squadre partecipanti ad una stessa competizione, la redistribuzione delle risorse mediante la vendita dei diritti commerciali.
Da ciò deriva l'importanza di norme che, lungi dall'essere indirettamente una riforma del sistema della comunicazione, rispondano all'esigenza di disciplinare in tempi rapidi il settore con flessibilità ed equilibrio, nella consapevolezza che la fase di transizione tecnologica (penso ad esempio alle piattaforme attuali, alla transizione al digitale, alle piattaforme emergenti, all'inedito che comporterà la convergenza multimediale) in ogni caso richiederà una revisione normativa.
Mi riferisco, in particolare, alla definizione di posizione dominante, di efficacia della disciplina antitrust, del rispetto della libera concorrenza.
Il testo licenziato dal Senato ha accolto dubbi e proposte scaturiti sia nella prima lettura della Camera sia dal lavoro di Commissione al Senato, consegnandoci un testo che ritengo equilibrato e attento alle diverse esigenze, fra le quali l'allargamento dell'ambito oggettivo della disciplina a tutti gli eventi sportivi, la destinazione di una parte delle risorse rientranti nella quota di mutualità generale allo sviluppo dei settori giovanili, alla valorizzazione delle categorie dilettantistiche, al sostegno degli investimenti strutturali per garantire la sicurezza degli impianti sportivi, al finanziamento di progetti volti al sostegno delle discipline sportive diverse da quella calcistica sull'esempio del modello inglese.
Ritengo che siano di grande rilievo anche le modifiche relative all'agevolazione della fruibilità, da parte dell'emittenza locale, anche attraverso la possibilità di acquisire diritti su singoli eventi, se rimasti invenduti o non trasmessi da chi li ha acquisiti in origine. Trovo rilevanti anche le modifiche relative al sostegno alla concorrenza per le piattaforme emergentiPag. 89e quella relativa al limite di tre anni per la durata dei contratti riguardanti lo sfruttamento dei prodotti audiovisivi di vendita dei diritti.
Si tratta di passi in avanti verso l'allargamento delle opportunità di trasmissione e di liberalizzazione del mercato, ma anche di nuove possibilità di fruizione da parte dei cittadini. Ritengo che, dal punto di vista sistemico, i cambiamenti più rilevanti siano quelli relativi al rapporto tra la contrattazione collettiva e l'insieme delle piattaforme (onde evitare rischi di posizione dominante su ogni singola piattaforma) e il nuovo potere di regolazione di vigilanza del settore da parte della Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dell'Autorità garante della concorrenza, in modo che siano garantiti pari diritti agli operatori della comunicazione.
Parliamo di innovazioni di sistema, dunque, per riequilibrare la distribuzione delle risorse e, nel contempo, per porre rimedio alle diseguaglianze fra società, per essere al passo con le trasformazioni tecnologiche, senza ricreare antiche ingiustizie, per raggiungere un nuovo equilibrio fra riforma e autoriforma che si sostanzia in una legislazione flessibile, ma certa nei principi. Avremo altre sedi per discutere della transizione di sistema nella comunicazione.
Il disegno di legge in esame si colloca in sintonia con i cambiamenti, ma soprattutto è utile - e per certi versi urgente - al fine di fornire una risposta certa allo smarrimento di tanti cittadini di fronte alla perdita di trasparenza e di pulizia del calcio, che ha rischiato di travolgere l'ideale stesso dello sport come competizione disinteressata e umana. Quando si legifera, occorre cogliere lo spirito del proprio tempo, interpretarne la parte migliore, ovvero quella che unisce diverse culture e appartenenze in nome dell'interesse generale e di tutti.
Siamo favorevoli al provvedimento in esame anche perché riaccende la speranza che la storia possa non essere sempre la stessa, ma possa essere migliore. Riguarda il calcio, ma è un buon esempio per tutto il Paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bono. Ne ha facoltà.
NICOLA BONO. Signor Presidente, onorevoli colleghi. Le modifiche che sono state apportate al Senato al provvedimento sui diritti televisivi delle società sportive lo hanno certamente migliorato, ma non per questo lo hanno reso valido e positivo in tutte le sue articolazioni. La verità è che dalla Camera era uscito un pessimo prodotto legislativo perché dove vi è un'ampia maggioranza, viene evidentemente compressa la qualità dei provvedimenti approvati. Al Senato c'è una maggioranza più risicata e si è, pertanto, costretti a confrontarsi in maniera più attenta.
Questo effetto può essere dimostrato con un veloce esame delle novità introdotte al Senato, alcune persino positive. Il lavoro di miglioramento è oggettivo. Una delle proposte sicuramente più gradite, almeno alla mia parte politica, è stato l'inserimento (non a caso l'emendamento cui mi riferisco è stato presentato dal gruppo di Alleanza nazionale al Senato della Repubblica) dell'esplicitazione dei criteri di applicazione della quota di mutualità generale del sistema. Mi riferisco all'inserimento, all'articolo 1, comma 3, lettera l), il cui contenuto avevo proposto in prima lettura con molta determinazione, ma senza successo.
Gli emendamenti del gruppo di Alleanza nazionale, in prima lettura, si riferivano proprio alla necessità di prevedere un'articolazione cogente delle norme relative alla mutualità del sistema, proprio per evitare che tale aspetto venisse lasciato alla libera interpretazione.
Dal Senato è arrivato un'articolazione che, pur non ricalcando l'aspetto metodologico che avevamo proposto di introdurre nel corso della prima lettura, tuttavia si pone l'obiettivo - che credo raggiunga - di rendere più concrete le utilizzazioni delle risorse per quanto attiene alla mutualità generale del sistema.
Un'altra modifica positiva è quella che riguarda la lettera c) del comma 3, almeno per la parte che sopprime il limite relativo alle singole piattaforme, sanando un gravePag. 90errore che la Camera aveva commesso, vale a dire quello di considerare la possibilità di divieto della concorrenza per ogni singola piattaforma, consentendo quindi di assicurare una condizione di monopolio di fatto, almeno in un settore specifico, alla piattaforma satellitare, dove, come è noto, c'è un solo operatore nel mercato. È un peccato, devo dire, che alla successiva lettera d) del comma 3, sia stata prodotta una soluzione «pasticciata» che rende incomprensibile la stessa norma, così com'è stato rilevato nel corso dell'esame in Commissione anche dallo stesso relatore di maggioranza.
Ci troviamo, in altre parole, davanti ad un'affermazione che è stata introdotta dal Senato e che viene smentita nel passaggio successivo. L'affermazione positiva è voler rendere quanto più competitivo il mercato dei diritti televisivi, non solo a beneficio degli utenti, ma anche del soggetto organizzatore del campionato. Evidentemente, maggiore è la concorrenza, maggiore si presume l'introito e quindi le risorse che dovranno essere utilizzate per essere distribuite fra le società che effettuano il campionato, anche ai fini di mutualità.
L'impianto di miglioramento, che il Senato ha introdotto nel rendere più competitiva la gara dei diritti, viene però a cadere nel momento in cui viene lasciato inalterato il principio, affermato dalla Camera, che in ogni caso non si può derogare alla trattazione per ogni singola piattaforma, se non nei confronti dei soggetti in possesso delle relative autorizzazioni. Questo è, di fatto, un elemento dirimente rispetto al principio della pluralità della concorrenza, perché, torno a dire, ci sono piattaforme televisive, in particolare quella satellitare, in cui non esiste la pluralità dei soggetti gestori e quindi si va, almeno limitatamente a tale aspetto, ad una sorta di gara con un unico concorrente. Ebbene, una gara con un unico concorrente non è una gara! Una gara con un unico concorrente rende ininfluente la forza contrattuale del soggetto che cede i diritti, perché qualunque offerta avanzata dall'unico concorrente sarebbe l'unica.
Questa è la ragione per la quale l'impianto è «pasticciato» e non sono risolte le questioni fondamentali poste a suo tempo per affrontare in maniera corretta la questione. Le modifiche introdotte dal Senato hanno una valenza unicamente di facciata, sono norme manifesto che affermano principi che vengono smentiti immediatamente dopo.
In tal senso, Presidente, mi rivolgo a lei e alla sua responsabilità, ho presentato anche degli emendamenti, tra i quali ve ne è uno riferito, in particolare, alla lettera d) del comma 3, con il quale propongo una riformulazione al fine di assicurare il principio della pluralità, anche in deroga alle previsioni contenute nella seconda parte della stessa lettera; mi rendo conto che l'emendamento in sé appare anomalo, ma anomala è la lettera di un comma dell'articolo che esprime un principio e lo smentisce immediatamente dopo, nello stesso contesto. Quindi, a fronte di una contraddizione di fatto, è necessario che agli operatori venga offerta una chiave di lettura puntuale.
In tal senso il relatore aveva proposto in Commissione - e immagino che lo farà nuovamente anche in Assemblea - l'ipotesi di ricorrere a un ordine del giorno che, a mio avviso, rappresenta una metodologia non opportuna, perché quando l'operatore applica una legge non va a leggere gli atti parlamentari, ma lo fa nella «letteralità» delle norme, senza considerare le dichiarazioni del Governo, dei relatori di maggioranza, dei deputati di opposizione, né, tanto meno, gli ordini del giorno.
Si tratta di una norma scritta male e vi era un fondamento di malafede nella sua articolazione sin dall'inizio, in quanto la questione è stata dibattuta per mesi, ripresa in Assemblea e oggetto di confronto politico; nessuno può dire di aver operato nella mancanza di conoscenza della ricaduta reale della norma, che era «pasticciata» ed è stata resa ancora più incomprensibile dal Senato. Noi abbiamo, dunque, il dovere di rendere chiaro il contenuto di una norma che ha in sé una contraddizione e, a tal fine, ho presentatoPag. 91un emendamento che, come riferitomi dagli uffici, è stato riformulato e, senza anticipare una questione che eventualmente porrò domani, mi auguro non venga dichiarato inammissibile.
È positiva l'attenuazione anche del divieto di rivendere ad altri operatori le licenze - ossia le sublicenze originariamente acquisite - nonché l'introduzione del limite di tre anni alla durata dei contratti.
Ci troviamo davanti ad una norma che il Senato ha reso meno draconiana e meno imperfetta rispetto al testo approvato dalla Camera, ma che mantiene tutte - o quasi - le problematicità che avevamo evidenziato nel corso della prima lettura, a partire dalla mancata approvazione della soppressione dei fini di lucro, e conseguente approvazione in borsa delle società sportive, che, come noto, era stato uno dei «cavalli di battaglia» di Alleanza Nazionale nel corso della prima lettura, oltre alla mancata previsione di una decorrenza più ravvicinata degli effetti della legge. Infatti, non si è risolto il problema di quando verrà applicata questa norma. Noi stiamo esaminando una norma che rischia di restare una sorta di grida manzoniana, poiché afferma un principio da tutti condiviso, ma la sua decorrenza probabilmente avverrà nel 2010. È una vicenda kafkiana.
Si è detto che vi sono contratti in corso che termineranno, ad esempio, nel 2009 o nel 2010: come verranno gestiti tali contratti, visto che vi sono quelli che scadono nel 2010 e comunque l'organizzatore del campionato non potrà effettuare la trattativa in maniera centralizzata? Molti problemi sono rimasti irrisolti a causa della mancanza di coraggio nell'affrontare le questioni.
Noi abbiamo iniziato la discussione di questo provvedimento perché eravamo sotto la spinta dell'ennesima grave vicenda di malcostume che aveva attraversato il calcio italiano e anche perché, in questo senso, sin dalla passata legislatura vi erano proposte di legge - guarda caso anch'esse proposte da Alleanza Nazionale - che individuavano nel meccanismo della cessione individuale dei diritti televisivi uno degli aspetti, che determinava una condizione di permeabilità del sistema al malaffare e all'insorgenza di vicende illecite.
Allora davanti alla corale volontà del Parlamento, già espressa alla fine della passata legislatura e ripresa all'inizio di questa, si sarebbe dovuti giocoforza arrivare a una norma condivisa, equilibrata, capace di affrontare le problematiche per le quali era nata, ma anche in grado di poter, finalmente e in tempi veloci, essere applicata.
Non abbiamo risolto neanche questo problema. Abbiamo adottato una norma che lascia in piedi l'incertezza sul periodo in cui potrà manifestare i suoi effetti concreti.
Ribadiamo il nostro giudizio negativo, a maggior ragione alla luce della manifestata intenzione - almeno in Commissione, ma spero che in Assemblea ci sia un ripensamento e mi rivolgo al Governo e al relatore di maggioranza - sull'emendabilità del provvedimento. Se la maggioranza manterrà il suo atteggiamento di «blindatura» sostanziale del provvedimento, pensando di ricorrere agli ordini del giorno per risolvere i problemi più eclatanti che emergono dalla «letteralità» della norma, Alleanza Nazionale non potrà manifestare il suo consenso. Abbiamo presentato, infatti, soltanto sei emendamenti, volti a migliorare davvero il testo e a renderlo addirittura leggibile e applicabile (caratteristiche che la norma in esame, in alcune parti, non ha).
Davanti a una posizione di chiusura da parte della maggioranza, rispetto a un testo che non è condiviso e che non lo è stato in prima lettura, ma che oggi si presenta mantenendo la norma quasi del tutto inalterata o con qualche leggero miglioramento (in alcuni casi inefficace nei fatti), è chiaro che Alleanza Nazionale non potrebbe che ribadire il suo atteggiamento negativo, che mi auguro, invece, possa evolversi in una posizione diversa, davanti ad un comportamento della maggioranza più aperto alle proposte migliorative dell'opposizione.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Ciocchetti. Ne ha facoltà.
LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, colleghi, il gruppo dell'UDC ha lavorato sia in aula, in prima lettura, sia durante l'esame al Senato, per cercare di migliorare e far migliorare il testo del provvedimento legislativo.
Abbiamo lavorato con apertura, con disponibilità e con un percorso trasparente. Nell'esame alla Camera il nostro intervento affrontò direttamente nel merito la questione del rispetto dell'autonomia dello sport; l'Assemblea lo approvò con una priorità, assegnando alla Lega calcio la possibilità di stabilire i criteri di riparto delle risorse destinate alle società di calcio e a tutte le realtà che rientrano nelle previsioni di questa norma.
Tale discorso causò il nostro voto di astensione alla Camera, un voto di apertura, con un dibattito e una discussione aperta da portare avanti e da affrontare ancora nell'aula del Senato dove è stato approvato un nostro emendamento, a seguito di una discussione ampia svoltasi all'interno della Commissione e nella stessa aula, che consisteva nella riformulazione della lettera c) del comma 3. Tale emendamento aveva, anche se riformulato, lo stesso testo e la stessa origine di quello presentato alla Camera, ma in quella fase non era stato recepito da parte del Governo, quindi non era stato approvato della maggioranza.
Riteniamo che questo sia un passaggio fondamentale. Non condivido alcune affermazioni formulate da chi mi ha preceduto: la lettura combinata delle lettere c) e d) del comma 3 consente di prevedere finalmente un sistema flessibile, in grado di fornire risposte in rapporto a una serie di paletti e di esigenze. I paletti sono chiaramente costituiti, dalla necessità di non continuare a formare posizioni dominanti, di risolvere il problema della piattaforma unica (quindi delegare per singola piattaforma, come era stato previsto dal testo della Camera), di aprire il mercato anche sulle piattaforme satellitari, di consentire la richiesta - nell'interesse preminente del soggetto organizzatore delle competizioni sportive - di deroghe limitate, attraverso due organismi, l'Autorità garante della concorrenza e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Queste sono le due Autorità che nel nostro Paese possono regolare in maniera flessibile - secondo l'evoluzione tecnologica del sistema televisivo e della diffusione degli eventi attraverso Internet, il satellite, i telefonini ed altri meccanismi che si stanno inserendo nel mercato - le opportunità per gli utenti, per i cittadini e per i consumatori di vedere le partite di calcio, di basket e di tutto quanto attiene allo sport professionistico: credo che questo meccanismo consenta, nel tempo, di assicurare flessibilità, pur stabilendo e garantendo una serie di paletti abbastanza forti.
La previsione di cui alla lettera c) «nonché limitate deroghe da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in modo da assicurare pari diritti agli operatori della comunicazione e il non formarsi di posizioni dominanti ed anche al fine di meglio tutelare gli interessi del soggetto preposto all'organizzazione della competizione sportiva» si sposa perfettamente con l'espressione contenuta nella lettera d) «e anche attraverso divieti». Quest'ultima non è un'espressione perentoria, ma rappresenta un termine di riferimento preciso, che porterà a stabilire, nel decreto legislativo che il Governo emanerà, una serie di regole e di paletti, che però potranno subire, da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, su motivata richiesta del soggetto organizzatore dei campionati e delle competizioni sportive, deroghe che consentano tali opportunità.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 20,20).
LUCIANO CIOCCHETTI. Sinceramente non capisco quale sia la vera preoccupazione. Credo che il Senato abbia completatoPag. 93il lavoro che la Camera ha iniziato, modificando sostanzialmente - è la mia valutazione politica - il testo che il Governo aveva presentato, che era molto dirigista e forte e penalizzava soltanto alcuni soggetti.
Il testo che oggi esaminiamo è sicuramente molto più equilibrato e flessibile e risponde anche alle condizioni dell'evoluzione di un settore, che subirà nei prossimi anni - come ha subito negli ultimi anni - un'ulteriore evoluzione tecnologica, che fornisce risposte ad una serie di esigenze dello sport di base (cioè quello al di sotto dei campionati, in particolare di calcio, di serie A e B) e può dare un'impostazione diversa soprattutto al sistema del calcio professionistico del nostro Paese.
Ribadisco, quindi, che il nostro voto al Senato è stato positivo. Confermo anche alla Camera il voto favorevole al provvedimento da parte del gruppo dell'UDC: siamo favorevoli all'approvazione del testo senza altre modifiche, che impedirebbero di dare certezze al settore.
Un ulteriore rinvio dell'approvazione del provvedimento, infatti, prolungherebbe ulteriormente la situazione di incertezza nel settore, tenuto conto della presenza di diritti individuali e collettivi e della volontà di cambiamento in atto. La Lega e la Federazione italiana giuoco calcio stanno, infatti, già lavorando, anche con il Governo e con le altre parti in campo, per definire i necessari meccanismi e tutto quanto sia di loro competenza.
Se però il provvedimento non sarà approvato, il processo in atto non andrà mai avanti. Ritengo, inoltre, che il testo all'esame dell'Assemblea, modificato dal Senato della Repubblica, sia il massimo dell'equilibrio e della flessibilità raggiungibile in questo momento.
Inoltre, nell'ambito dell'esame dei decreti legislativi che il Governo sottoporrà alle competenti Commissioni parlamentari per i prescritti pareri, vi sarà la possibilità di lavorare ulteriormente alla elaborazione e alla definizione di meccanismi non dirigistici, che garantiscano il conseguimento dell'obiettivo, perseguito da tutti i gruppi politici di maggioranza e di opposizione, fin dalla passata legislatura, di tornare alla gestione centralizzata dei diritti sportivi.
Confermo, quindi, il voto favorevole dell'UDC sul provvedimento, che ribadiremo nella dichiarazione di voto finale. Ritengo, infine, che il lavoro svolto sia molto positivo ed apprezzabile.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Beltrandi, che era iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunciato.
È iscritto a parlare l'onorevole Pescante. Ne ha facoltà.
MARIO PESCANTE. Signor Presidente, nel riprendere in seconda lettura la discussione sulle linee generali del provvedimento in esame, non posso che richiamare alcune considerazioni che Forza Italia ha già svolto allorché il provvedimento fu portato all'esame della Camera in prima lettura. In quella occasione avevamo affermato che condividevamo la sostanza del provvedimento, ma che vi erano serie perplessità per quanto riguardava alcuni aspetti: le procedure e altri attinenti a contenuti certamente non marginali del provvedimento.
Per quanto riguarda le procedure, il problema riguarda il conferimento della delega al Governo per l'adozione di decreti legislativi di attuazione del presente provvedimento, che ha trovato motivazioni assolutamente inconsistenti.
La prima motivazione riguardava una presupposta urgenza del provvedimento, che, al di là delle considerazioni che ebbi a svolgere già nel mese di gennaio quando il provvedimento era all'esame dell'Assemblea in prima lettura, è stata smentita dai fatti. Ricordo alcune date: alla fine del mese di gennaio vi è stata l'approvazione del provvedimento in prima lettura alla Camera, mentre l'approvazione in seconda lettura vi sarà, nella migliore delle ipotesi, solo alla metà di giugno.
Il provvedimento prevede, poi, un termine di sei mesi per l'adozione dei decreti legislativi da parte del Governo, al quale occorre aggiungere ulteriori dodici mesi per l'adozione di eventuali decreti integrativiPag. 94o correttivi dei decreti legislativi adottati.
Complessivamente, se il Governo utilizzerà i termini a disposizione, il provvedimento in esame sarà esecutivo tra un anno e mezzo. Ripeto quello che avevo sostenuto allora: un dibattito parlamentare molto probabilmente avrebbe richiesto tempi molto più ridotti.
Una ulteriore motivazione che ha giustificato la delega e l'urgenza del provvedimento si ricava dalla relazione al provvedimento a firma del Ministro Melandri, che - cito testualmente - ha definito i diritti televisivi l'«architrave dello sport italiano».
Badate bene: «architrave dello sport italiano», non del calcio. Ammettiamo pure che si sia trattato di un lapsus, ma non è proprio così, perché in altri documenti - sui quali mi accingo ad intervenire domani, in altra sede, perché riguardano l'indagine sulla Federcalcio, che stanno sapientemente portando avanti il presidente Folena e la Commissione - questo equivoco, questa confusione tra il calcio e lo sport italiano è ricorrente.
Vi sono provvedimenti legislativi, a firma di partiti dell'opposizione, che si riferiscano genericamente ad interventi sull'impiantistica sportiva. In realtà si tratta di interventi solo sugli stadi di calcio delle società professionistiche. Questo è un equivoco ricorrente nel nostro Paese, dove si confonde - lo dico con grande banalità - la partita di calcio della domenica con lo sport.
È indiscutibile che lo sport professionistico sia un settore vitale, di grande impatto sociale, di importanza anche nel contesto dell'organizzazione sportiva italiana. Tuttavia il calcio professionistico non è lo sport italiano.
Possiamo ritenere che lo sport italiano - questo «sconosciuto pianeta» frequentato da oltre 15 milioni di praticanti sportivi, 40 federazioni sportive, con 80 mila società sportive dilettantistiche e 800 mila dirigenti dilettanti - trovi la sua architrave appunto nei numeri che ho citato, in particolare quelli relativi alle società sportive e ai dirigenti.
Pertanto, trovo impreciso, inesatto, sproporzionato prendere come punto di riferimento i diritti televisivi per affermare che è urgente intervenire con la delega al Governo, affinché costruisca un'architrave dello sport italiano.
Una ulteriore motivazione, assai poco pertinente, rilevata sempre nella relazione del Ministro Melandri - ma anche questo, devo dire, è un argomento ricorrente - è che la crisi, lo scandalo del mondo del calcio sia dipeso dalla sperequazione nella distribuzione dei proventi derivanti dai diritti radiotelevisivi. Signor Presidente, non è così. La sperequazione ha sicuramente influenzato la competitività del campionato di calcio, ma ha poco a che vedere e a che fare con quanto è accaduto, con lo scandalo del mondo del calcio, che è uno scandalo «di palazzo», cioè rinchiuso nelle mura del palazzo, dove si è gestito il calcio italiano.
A tal punto esso non ha avuto riflessi sui campi sportivi che, in contemporanea con lo scandalo, ci siamo trovati con un titolo mondiale - scusate se è poco - e poi, nel prosieguo dell'attività, con un titolo prestigiosissimo di club conseguito dal Milan.
È uno scandalo «di palazzo», di un palazzo che ha tollerato violazioni di regole (qualcuno aggiunge anche manipolazioni di regole); di un palazzo che ha tollerato applicazioni di uno statuto assolutamente inadeguato a regolamentare la vita federale; di un palazzo che ha tollerato un controllo assolutamente inefficace dei bilanci di società per azioni, alcune operazioni, le società con fini di lucro e così via. I motivi dello scandalo del calcio erano ben altri, ben altri!
A tal proposito - presidente Folena, scusi se apro questa parentesi, ma siamo talmente pochi da poterne approfittare - aggiungo che anche nella relazione finale dell'indagine conoscitiva della Commissione vi è sempre un parallelo fra lo scandalo del calcio e i diritti televisivi oppure fra lo scandalo del calcio e la crisi dello sport italiano.
Ho fatto questi riferimenti, Presidente, che sembrano ripetitivi rispetto a quantoPag. 95abbiamo già detto (e poi è un ritornello molto noto al presidente Folena e ai membri della Commissione) perché mi sto preoccupando del futuro. Siamo tutti d'accordo, soprattutto al termine dell'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione - la quale, devo dire, ha svolto un eccellente lavoro e di ciò voglio dare atto al presidente Folena e ai suoi collaboratori - che sicuramente il Governo sarà chiamato a legiferare.
Ci preoccupiamo che simili precedenti possano provocare una politica di interventismo e di accentramento da parte del Governo, che per la verità andrebbe in controtendenza su tutto quello che sta accadendo nel nostro Paese, dove si parla di liberalizzazioni. Dunque, se da una parte c'è la stagione delle liberalizzazioni, qui viene introdotta la stagione di un interventismo non accettabile per un discorso non solo politico, ma anche istituzionale.
L'autonomia del CONI vuol dire autogoverno, autogoverno vuol dire autogestione: al Governo spetta unicamente la vigilanza sul CONI e sulle federazioni, che è di merito e non di legittimità. Ovviamente il Parlamento, ci mancherebbe altro, ha tutti i titoli e i compiti istituzionali per modificare le leggi già esistenti, ma allora lo si dica chiaramente: se si decide di fare una politica interventista, si modifichi la legge istitutiva del CONI che sancisce l'attuale tipo di autonomia, perché - insisto su questo tema - il Governo precedente all'attuale legislatura ha rigorosamente rispettato per cinque anni siffatta autonomia: non un solo provvedimento di legge toccò l'autonomia o le competenze di autogestione del CONI. Richiamo le tre principali iniziative legislative poi tradotte in legge: la prima - non lo ricordo per polemica - la cosiddetta riforma della cosiddetta riforma Melandri sullo sport, era una richiesta prorompente del mondo dello sport poiché il precedente intervento era stato approvato in due o tre giorni senza consultare la base e aveva reso praticamente non amministrabile la gestione del CONI e delle Federazioni. La seconda legge, voluta e invocata dalla base da anni, riguardò le società sportive dilettantistiche. La terza tracciò la delimitazione dei compiti - quanto meno un tentativo di delimitazione di compiti - tra giustizia ordinaria e giustizia sportiva. Già dai titoli di tali iniziative legislative si capisce molto bene che non abbiamo mai e poi mai toccato l'ambito di autonomia dello sport. Qui invece non ci si è limitati all'articolo 1 a fissare per legge dei principi di carattere generale, ma all'articolo 3, con dei criteri specifici, si è passati ad una ripartizione dei fondi; addirittura nel provvedimento originario era presente una percentuale di ripartizione dei fondi.
Faccio siffatte osservazioni dirette non solamente al Governo o al suo provvedimento ma - devo dirlo con un certo disagio - anche ai partiti dell'opposizione, che negli emendamenti presentati al testo del provvedimento in esame non si curano di tali nostre indicazioni.
Per concludere, sull'argomento relativo alla pretesa di voler ripartire i fondi devo dare atto alla Commissione cultura che c'è stato qualche ripensamento, che ha in ogni caso tenuto conto delle richiamate preoccupazioni e che in qualche modo ha fatto rientrare le competenze in via prioritaria della Federcalcio e della Lega sulla ripartizione.
Voglio anche sottolineare che il Governo si era attribuito la pretesa di stabilire destinazioni preferenziali dei fondi, quasi si trattasse di una regolamentazione per la concessione di fondi pubblici a soggetti pubblici. I fondi in esame sono privati, la loro titolarità - lo sostiene l'Authority, non io - fa capo alle singole società sportive, seppure poi in fase di contrattualità sono riunite nella Lega calcio. È assolutamente impropria tale pretesa, come è improprio ogni riferimento al campo internazionale, perché non si tiene conto che solo due Paesi nel contesto europeo hanno legiferato la centralizzazione, ma nessuno con legge nazionale ha stabilito quali dovessero essere i criteri di ripartizione.
Lo hanno fatto autonomamente gli organi e, comunque, il Governo aveva titolo,Pag. 96nei suoi compiti di vigilanza, di potere intervenire a posteriori e non a priori.
Siamo, insomma, anche con le modifiche apportate dal Senato - molte delle quali condivisibili, soprattutto per quanto riguarda l'aspetto della comunicazione televisiva - di fronte a una palese violazione del principio base dell'autonomia dello sport, cioè quello dell'autogoverno.
Mi accingo a concludere, signor Presidente. Tale posizione non è solo di Forza Italia; riteniamo di interpretare la posizione e le preoccupazioni dell'intero mondo sportivo su questo provvedimento. Esso, considerato di per sé, limita i danni ad una questione di principio, ma - ripeto - si stabilisce un precedente che non vorremmo fosse poi recuperato nei giorni prossimi, quando si inizierà a discutere delle Spa, della riforma della legge 23 marzo 1981, n. 91 sulle professioni sportive e così via.
In conclusione, come sapete, Forza Italia si è astenuta sia alla Camera, sia al Senato. Restando le perplessità che prima ho citato, non avendo particolare osservazioni da fare, a differenza di altri colleghi, per quanto riguarda gli emendamenti che sono stati approvati dal Senato - a parte uno, che non a caso rientra sempre in queste considerazioni - credo che Forza Italia parteciperà al dibattito con grande disponibilità. Accettiamo il confronto; vedremo al termine del dibattito la posizione che assumeremo; quanto è certo è che Forza Italia, signor Presidente, vigilerà sempre e comunque affinché i confini tra politica e sport siano ben delimitati.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, esprimerò poche parole, perché è già stato detto molto, tutto, dalla equilibrata relazione del presidente Folena, dagli interventi che mi hanno preceduto e, soprattutto, dall'amico e collega Pescante, che con la sua esperienza e il suo impegno ha individuato alcuni punti fondamentali nel modo di vedere, che sono imprescindibili in un dibattito come questo.
Ho raccolto dal suo intervento una frase che faccio mia: «l'autonomia dello sport in ogni caso». Proprio nel momento in cui ci accingiamo a confrontarci e a votare su questo testo (approvato con modifiche dal Senato) e nel momento in cui si tratta di conferire una delega al Governo su una materia delicata come questa, che si propone di garantire l'equilibrio fra i soggetti partecipanti alle competizioni sportive, per realizzare un sistema, cito testualmente «idoneo, di trasparenza, di efficienza del mercato dei diritti di trasmissione»; in un momento in cui noi valutiamo e ci confrontiamo sull'ipotesi migliore per realizzare questo obiettivo (contenuto nell'articolo 1, non modificato dal Senato), ritengo sia indispensabile effettuare un riferimento preciso e puntuale all'autonomia dello sport e alla necessità che ogni Governo si faccia carico di questa autonomia evitando interferenze, palesi od occulte.
Tale riferimento è indispensabile perché - è stato detto in precedenza e lo ribadisco anch'io - ci sono stati alcuni atti (che mi auguro siano modificati e ripensati) del Governo in carica, che hanno lasciato molte perplessità, soprattutto dal punto di vista di un dirigismo, che in un settore delicato come quello delle attività sportive e dilettantistiche in genere, non può assolutamente trovare alcuna giustificazione.
È stato detto - lo ripeto, e il collega Pescante in modo preciso e puntuale lo ha ribadito - che al Governo spetta solo la vigilanza del settore; egli ha fatto benissimo a rammentare ciò che si è verificato nella precedente legislatura. Non lo dico per amore di polemica, ma perché siamo di fronte a un punto fondamentale, ad uno snodo sul quale dobbiamo misurarci con la consapevolezza che vi è un punto di non ritorno, cioè non confondere determinate deviazioni con lo sport soprattutto non pensare che determinate deviazioni possano essere risolte con un interventismo del Governo fuori luogo. Per questo mi rivolgo a quest'ultimo, pensando che condivida questa impostazione, che nel dibattito ha caratterizzato un po' tutti gli interventi.Pag. 97Da sempre sono un sostenitore del principio di sussidiarietà (non solo nel campo educativo, ma anche in quello sociale e sportivo) e credo che esso debba essere fatto proprio dal Governo in senso lato.
Stiamo parlando di grandi competizioni sportive, di uno spirito agonistico di un certo tipo. Questo disegno di legge si propone obiettivi come la destinazione di una quota di riserve economiche, derivanti dalla commercializzazione, per favorire la mutualità generale del sistema, l'equa ripartizione tra i soggetti partecipanti alle competizioni sportive: si tratta di punti (ne ho annotato alcuni) su cui ritengo che tutti possiamo e dobbiamo riconoscerci e che vanno commisurati. Non a caso il nostro atteggiamento non è negativo e sono state apportate modifiche da parte del Senato. Esiste una comune preoccupazione di fare in modo che lo sport riesca ad «uscire dalle secche» in cui è caduto; mi riferisco non a tutto lo sport, ma ad una determinata competizione sportiva come il calcio e soprattutto a determinate squadre e non al calcio in quanto tale.
Il discorso ci potrebbe portare lontano; ho vissuto in prima persona esperienze non sportive, ma di collegamento con associazioni sportive, calcistiche ed altre (anche se la mia predilezione va ad altri tipi di sport) e mi rendo conto che esiste questa domanda, precisa e incessante, di garantire forme di trasparenza e di partecipazione, di evitare interferenze da parte del Governo, degli enti locali - chiunque essi siano - e di favorire, invece, la diffusione della pratica sportiva secondo il più puro spirito agonistico.
È poi chiaro che, in tale contesto - evitiamo di essere o di apparire ingenui - non dico che il meccanismo economico sia determinante, ma entra. Ognuno di noi conosce società sportive - piccole, medie e grandi - e sa benissimo che una qualche forma di contribuzione è necessaria. Occorre, tuttavia, porre un limite a determinate deviazioni che si sono verificate. In tale contesto il provvedimento, pur con alcune ambiguità - non vorrei che si facesse di ogni erba un fascio - si fa carico di alcune preoccupazioni.
Non dobbiamo concepire - ribadisco - lo sport come unica manifestazione sportiva: la crisi del mondo del calcio non è la crisi dello sport. Dobbiamo preoccuparci, tuttavia, che lo sport che ha il maggiore consenso, abbia anche la maggiore possibilità di essere visto, di essere (non mi scandalizzo) «commercializzato» e di essere, tuttavia, sottoposto ad una forma di controllo che ne garantisca la diffusione, la partecipazione e la fruizione, anche in termini economici (non a caso si parla proprio della fruizione), salvaguardando la libera concorrenza dei diritti di trasmissione, evitando discriminazioni (su questo siamo d'accordo) e, soprattutto, coinvolgendo in prima persona - come è stato ribadito - le società direttamente interessate alla competizione sportiva.
Credo di non dover aggiungere altro; potrei dilungarmi sulle modifiche introdotte dal Senato alle lettere g) ed h) dell'articolo 1, ma sarebbero osservazioni che sono già state fatte e ribadirei i punti fermi che, credo, ci trovano tutti d'accordo.
La mia segnalazione al Governo è di tenere conto, in questo contesto, delle esigenze dello sport, di tutti gli sport di base e, soprattutto, di vigilare sulla corretta applicazione di tali meccanismi - una volta che il disegno di legge sarà stato approvato - garantendo, nel periodo di transizione, una sorta di cautela nell'osservare tali fenomeni e nel dare la possibilità a tutti i soggetti competitori di usufruire realmente delle disposizioni di legge. Ciò dovrebbe essere fatto senza penalizzare nessuno e senza introdurre, in forma surrettizia, una centralizzazione che, di fatto, significherebbe introdurre un meccanismo obbligatorio, che finirebbe col vincolare particolarmente la trasmissione di questi diritti, impedendo di fatto il libero svolgimento di una competizione sportiva in un'economia sociale e di mercato, qual è la nostra.
Forse sono stato un po' contorto. Tuttavia, la mia preoccupazione è che l'obiettivoPag. 98del provvedimento in discussione - che prevede e revisiona la disciplina relativa alla titolarità del mercato dei diritti di trasmissione, obiettivo giusto in se stesso, in quanto prevede di rendere maggiormente fruibile da parte di un pubblico più vasto possibile, meccanismi di diffusione di tutti gli eventi sportivi, non soltanto, ovviamente, del calcio - non si risolva, successivamente, in un monopolio pubblico del medesimo.
Ritengo sia nota a tutti l'esperienza trascorsa. È necessario essere cauti nel considerare scontato un orientamento che, così come fissato nel disegno di legge in discussione, ci trova relativamente consenzienti, sebbene con le preoccupazioni già espresse, che ritengo vadano ribadite anche in questa sede.
Non aggiungo altro, perché la mia riflessione è stata preceduta da altri, i quali hanno individuato a fondo i temi fondamentali e lo snodo sul quale ci siamo soffermati nel corso dei lavori in Commissione e sui quali si tornerà in sede di esame del provvedimento. Ritengo che, con le modifiche apportate e le preoccupazioni espresse, questo disegno di legge vada seguito con particolare attenzione.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1496-B)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, presidente della VII Commissione, onorevole Folena.
PIETRO FOLENA. Relatore. Vorrei constatare il clima molto costruttivo con il quale si è svolta la discussione sulle linee generali e far presente al collega Pescante che condivido la sua analisi - sulla quale avrò modo di tornare in occasione dell'esame, mi auguro comune e unitario, del documento conclusivo sull'indagine da lui citata - secondo la quale sarebbe improprio far discendere gli scandali dalla distribuzione dei diritti televisivi.
Lei sostiene che affermare che la «madre» del finanziamento delle società di calcio è rappresentata dalla distribuzione dei diritti televisivi - cosa che costituisce un dato di fatto, perché la maggior parte dei finanziamenti proviene da lì - non autorizza ad approdare ad un'analisi che si rivela non fondata. Onorevole Pescante, lei ha fornito un'interpretazione, sulla quale avremo modo di tornare. In altre occasioni, non solo da parte sua, è stato sottolineato come la norma, che ha trasformato le società di calcio in società per azioni, successivamente anche quotate in borsa, sebbene non possa esserne considerata la causa diretta, sicuramente rappresenta la rottura degli argini che, fino ad allora, avevano consentito di temperare alcuni effetti negativi, i quali, da quel momento in poi, sono diventati maggiormente evidenti.
Inoltre, prendo atto, positivamente, del contributo che, nel corso della discussione, si è cercato di fornire con riferimento al calcio dilettantistico, il calcio minore. Alcuni colleghi, fra i quali l'onorevole Pescante, nei giorni passati, hanno sollevato, giustamente, il tema della necessità dei finanziamenti al calcio femminile. Approfitto per dire che sono d'accordo con chi ha sollevato tale tematica e che occorre sollecitare il Governo a prestare attenzione alla questione.
I contributi, forniti nelle diverse letture del provvedimento in esame, alla Camera e al Senato, hanno permesso di correggere sostanzialmente il disegno di legge originario del Governo. Il tema dell'autonomia dello sport, sollevato dai colleghi Pescante e Ciocchetti, è stato riconosciuto in sede di prima lettura. Il cambiamento è stato sostanziale ed il testo è stato successivamente migliorato.
In questa sede vorrei far presente che condivido la necessità di tempi più brevi per l'esercizio della delega nelle forme dovute.
Pertanto vorrei sollecitare il Governo a esercitare questa delega non intendendo i sei mesi come il tempo necessario per portare i decreti all'esame del Parlamento ma come un tempo limite, visto che c'èPag. 99stato modo di lavorare sul contenuto dei decreti in questione nel corso delle ultime settimane, anche attraverso l'audizione e l'ascolto che vi sono stati. Sarebbe molto importante che tali decreti potessero essere portati al nostro esame a tamburo battente, poiché credo che bisogna intervenire molto rapidamente in tale direzione. Né ritengo che le osservazioni fatte dal collega Bono, che ho ascoltato con attenzione, siano tali da doverci costringere ad un intervento legislativo; in realtà la questione di fondo che ha sollevato ha natura interpretativa e può quindi essere risolta con un ordine del giorno che ho intenzione di presentare.
Siamo in condizione di poter dire con orgoglio che il movimento del calcio italiano è sano, è sano nei punti alti, dalla vittoria dei mondiali di calcio alla recente affermazione del Milan come campione d'Europa, già ricordata, fino all'andamento molto positivo delle competizioni calcistiche nazionali. Mi riferisco non solo a quelle professionistiche, che si sono concluse e hanno avuto andamenti molto importanti, molto soddisfacenti, ma anche a tutto quel calcio minore che vede impegnate piccole società, associazioni, fino alle famiglie e che ha una vitalità smisurata.
È stata la migliore risposta a «calciopoli» e credo che se approveremo, nelle prossime ore, nei prossimi giorni, il provvedimento in esame, facendolo diventare definitivamente legge dello Stato, avremo messo una piccola base per una diversa forma di finanziamento, una diversa equità nella distribuzione dei finanziamenti nel settore del calcio, nell'assoluto rispetto dell'autonomia dello sport, che è sancita dalla nostra Costituzione e che, per quanto mi riguarda, è un valore assolutamente intangibile e che il potere politico deve rispettare con grande determinazione.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
LUIGI VIMERCATI, Sottosegretario di Stato per le comunicazioni. Signor Presidente, vorrei replicare molto rapidamente anche perché ci siamo confrontati a lungo sul provvedimento in esame con l'onorevole Pescante e con tutti gli altri deputati che sono voluti intervenire. Voglio ringraziare per il lavoro proficuo svolto e che esalta il ruolo del Parlamento, di confronto e di vera elaborazione delle leggi.
Sulle questioni di merito mi pare che avevamo sostanzialmente due problemi. Il primo riguardava la considerazione che, pur non esistendo un rapporto meccanico tra i fatti di corruzione e le questioni della vendita dei diritti, vi era, però, un nesso o quanto meno da lì era partita la scintilla per ridiscutere sulla necessità di una maggiore equità, di maggiori criteri di mutualità all'interno del mondo del calcio.
L'altra questione riguardava fenomeni di accaparramento dei diritti televisivi, che mettevano in discussione il mercato specifico dei diritti televisivi.
Mi pare che abbiamo discusso, in modo molto aperto, su come rispondere alle due esigenze citate. Il punto finale del nostro lavoro mi sembra condiviso assolutamente da tutti: si vuole cioè un maggiore equilibrio dal punto di vista della mutualità, con un'attenzione ai temi dell'autonomia dello sport. Se non ricordo male, proprio alla lettera i) del provvedimento in esame si afferma che le regole vengono date prioritariamente dal soggetto proponente. Quindi abbiamo condiviso la sollecitazione dell'onorevole Pescante a favore di una spiccata autonomia dello sport; analogamente, per ciò che riguarda le questioni relative al mercato televisivo, abbiamo superato alcune misure che a nostro giudizio erano necessarie a causa dell'asimmetria del sistema radio televisivo italiano ma insieme abbiamo convenuto, durante la discussione qui alla Camera, e nella formulazione degli emendamenti al Senato, che fosse opportuno superare la dizione di «singola piattaforma», per condividere fino in fondo la necessità di allargare il più possibile il mercato televisivo verso una vera e più ampia competizione tra tutte le piattaforme.
Da questo punto di vista, mi pare che il testo esca rafforzato; abbiamo, infatti,Pag. 100un testo che è davvero in grado di essere più concorrenziale e più aperto al mercato, come è stato riconosciuto anche prima dall'onorevole Ciocchetti per ciò che riguarda l'equilibrio tra la lettera c), modificata con una proposta di emendamento dell'UDC, e la lettera d), che tiene fermi alcuni paletti che a nostro giudizio vanno mantenuti, dando invece all'Antitrust e all'Autorità per le comunicazioni il compito di individuare eventuali deroghe, ma sempre nel senso di rafforzare la possibilità di competere sul mercato.
Credo che alla fine la norma, frutto di questa elaborazione comune, sia equilibrata e ci aiuterà a seguire anche l'evoluzione tecnologica. Ricordo che vi è un punto specifico che consentirà di legare la trasmissione, e quindi il tema dei diritti, anche alle nuove piattaforme emergenti (quelle su Internet, sui telefonini e così via).
Mi pare, pertanto, che, complessivamente, abbiamo elaborato un provvedimento che accompagnerà il mondo del calcio, insieme con lo sviluppo tecnologico, nel futuro. Ritengo, quindi, che sia un lavoro positivo e mi auguro che si concluda con l'approvazione definitiva della Camera.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.