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Discussione del disegno di legge: S. 1214 - Delega al Governo in materia di riordino degli enti di ricerca (Approvato dal Senato) (A.C. 2599) (ore 16,05).
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2599)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, onorevole Ghizzoni.
MANUELA GHIZZONI, Relatore. Signor Presidente, le chiedo quanto tempo ho a disposizione.
PRESIDENTE. Lei ha ancora sei minuti a disposizione, considerato che ne aveva complessivamente trenta.
MANUELA GHIZZONI, Relatore. Mi era stato detto che ne avevo venti. Comunque, va bene.
Vorrei iniziare la replica con alcune considerazioni di carattere generale. In primo luogo, mi ha molto colpito il modo in cui questo dibattito si è svolto, sia in Commissione, sia in Assemblea. Mi è parso che si sia svolto un po' stancamente. Ciò è accaduto anche in Commissione, credo che i colleghi possano concordare. Peraltro, ciò è avvenuto nelle settimane in cui la Lega Nord non poteva partecipare ai lavori, quindi abbiamo avuto diversi gruppi che non hanno preso parte alla discussione ed alla elaborazione del testo in Commissione. Anche oggi molti gruppi non hanno avuto iscritti a parlare. La cosa mi colpisce perché ritengo, come ho detto all'inizio della mia relazione, che oggi ci stiamo occupando di un tema strategico per lo sviluppo del Paese e per l'innovazione. Inoltre, si tratta di un settore che riguarda i giovani e quindi, davvero, il futuro del nostro Paese.
Un altro elemento di straniamento che mi ha colpito molto, forse anche in considerazione del fatto che sono alla miaPag. 34prima esperienza di parlamentare ed anche alla prima esperienza di relatrice, è rappresentato dal fatto che ho ascoltato autorevoli esponenti di gruppi parlamentari smentire completamente propri colleghi di partito che siedono nell'altro ramo del Parlamento. Mentre ascoltavo con attenzione questi interventi, che certamente mi interessano molto, non potevo fare a meno di riflettere sul fatto che deve essere molto difficile per un cittadino che ci sta seguendo in questo momento, o che magari ha seguito il dibattito in Senato, capire realmente gli estremi del nostro dibattito: di cosa stiamo parlando e chi sta dicendo cosa.
È vero che i partiti non sembrano più in grado di rispondere ai problemi della società contemporanea ma, certamente, oggi abbiamo mostrato come, più che di partiti - quali intesi dalla nostra Costituzione, cinghie di trasmissione che consentono la partecipazione popolare -, forse si può parlare di gruppi di individui dei quali, francamente, non si comprendono gli obiettivi e le strategie perseguite. Il collega Tocci ha fatto riferimento alle parole della collega Titti De Simone che, di fatto, ha smentito proposte emendative presentate dalla sua collega di partito Rina Gagliardi. Il medesimo episodio è avvenuto, ad esempio, nel gruppo di Forza Italia dove il collega Garagnani - in linea, in realtà, con il pensiero del senatore Possa - ha smentito l'attività che in Commissione il collega di partito Asciutti ha svolto insieme agli altri membri della Commissione.
Se mi permette, signor Presidente, tenterei invece una replica tenendo il filo inverso degli interventi, iniziando dal collega Tocci che ha lavorato tanto - questo è un tema a lui carissimo - anche nella passata legislatura, mentre lo seguivo, allora, da cittadina e da elettrice. Credo, però, rispetto alle parole del collega Tocci, che questo sia un buon disegno di legge, in quanto fornisce finalmente qualche certezza agli enti pubblici. Ritengo, inoltre, che la domanda con cui il collega ha concluso l'intervento fosse retorica e che, quindi, valga la pena effettuare qualche modifica e proseguire i lavori.
Sarà forse per l'ottimismo della volontà, però, tra il non fare alcunché o il cambiare tutto, sono per una terza via anche in questo in caso, ovvero procedere speditamente. Possiamo agire in tal modo, infatti, pur rivedendo, magari insieme, con una larga intesa che potremmo trovare in sede di Assemblea (ma anche in Commissione), le maggiori criticità del testo che - continuo a ritenere - si trovano, come molti interventi hanno confermato, soprattutto nella formulazione dei commi 3 e 4 dell'articolo 1 (non ne riprendo i contenuti perché ne ho parlato anche nel mio intervento a cui rimando). Ritengo, quindi, che si debba intervenire in tale modo. Con queste parole, peraltro, rispondo anche al collega Baldelli, sottolineando che il testo non è blindato e convenendo con il collega Tocci sul fatto che si debba andare avanti, pur modificando i punti veramente più difficili e meno felici nella formulazione data al Senato. In tale modo, si potrà approvare il disegno di legge, anche se in terza lettura, e dare seguito ai decreti legislativi attuativi, così da attribuire finalmente agli enti uno strumento straordinario, che attendono da sessanta anni, ovvero l'autonomia statutaria, esattamente come previsto dal dettato costituzionale all'articolo 33. Peraltro, intervenendo sui comma 3 e 4 risolveremmo quel profilo di incostituzionalità che qualcuno ha rilevato...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MANUELA GHIZZONI, Relatore. Signor Presidente, ho già concluso i sei minuti a disposizione?
PRESIDENTE. Concluda pure il pensiero.
MANUELA GHIZZONI, Relatore. Signor Presidente, in realtà ho perso il filo del mio pensiero, ma leggerò il resoconto stenografico. Dunque, concludo con unaPag. 35battuta. Il collega Tocci ha fatto riferimento ad un passo indietro nella gestione da parte della politica. Sono assolutamente d'accordo e credo che questo provvedimento aiuti la politica a compiere un passo indietro sul versante della gestione e, quindi, esprimo un pensiero esattamente contrario a quanto, invece, illustrato dalla collega Goisis. Comunque, credo che avrò modo di tornare su questi temi durante l'iter parlamentare.
PRESIDENTE. Nel corso dell'esame del provvedimento, lei avrà modo sicuramente di completare il discorso che non è riuscita a concludere oggi.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Signor Presidente, è mio compito replicare brevemente agli interventi svolti nella discussione sulle linee generali che, sebbene non abbia avuto una grande partecipazione di onorevoli deputati, ha, comunque, avuto il merito di entrare con molta franchezza - e mi riferisco a tutti gli intervenuti - nei punti forti e deboli del disegno di legge in esame.
Ripercorrerò brevemente, nel mio intervento, lo stesso ordine con cui si sono svolti gli interventi precedenti, ad iniziare da quello della relatrice, l'onorevole Ghizzoni: condivido tutto quello che la stessa ha affermato, ma vorrei focalizzare l'attenzione su due aspetti. Il Governo auspica che anche alla Camera si possa realizzare un'intesa larga, con un voto ben oltre i limiti dell'attuale maggioranza, perché il tema non riguarda questo od un altro Governo, ma il futuro del Paese.
La ricerca, l'innovazione e la cultura sono temi talmente trasversali che dovrebbero sempre vedere l'accordo almeno della gran parte del Parlamento - se non è possibile di tutto - nello stabilire le regole fondamentali. Il Governo dà, sin d'ora, la disponibilità ad esaminare proposte emendative del testo che possano migliorarlo, ben sapendo, ovviamente, che non si deve inseguire - come sosteneva poc'anzi l'onorevole Tocci - il testo perfetto, che è irraggiungibile: si possono realizzare miglioramenti che diano maggiore coerenza e leggibilità al testo stesso e che, se limitati agli aspetti di cui si è parlato, possono trovare in Senato un'altrettanto rapida approvazione in terza lettura.
Riprendo un aspetto fondamentale, dapprima sottolineato dall'onorevole Sasso nel suo intervento, ma poi ripreso da tutti gli altri colleghi intervenuti: la vera novità è rappresentata dall'autonomia statutaria. Non mi stanco di dire - ma credo che siamo tutti d'accordo, ad eccezione, forse, dell'onorevole Garagnani - che questo è il vero punto di innovazione del disegno di legge in esame, un punto atteso, importante, che fornisce - e mi auguro che sia così - spunti di innovazione ancora maggiori rispetto a quelli che il provvedimento stesso sembra fornire. Sono d'accordo con l'onorevole Sasso: se non si riesce in questo momento, certamente a questo provvedimento dovrà seguire un'altro, riguardante anche gli enti di ricerca non vigilati dal Ministero dell'università e della ricerca, perché il comparto della ricerca è unitario, anche se sottoposto alla vigilanza di differenti Ministeri.
Il comparto degli enti di ricerca, inoltre, dal punto di vista dell'organizzazione del personale, comprende anche enti non strettamente di ricerca, i quali, oltre alla ricerca, hanno compiti maggiori, più ampi e anche diversi: occorre avvicinarsi a questo tema, pertanto, con grande attenzione. Riporto l'esempio, sollevato dall'onorevole Tocci, dell'ISTAT, che è certamente un ente di ricerca: il suo personale appartiene al comparto degli enti di ricerca, ma non credo che esso possa essere considerato, anche per ragioni di normativa europea, esclusivamente come un ente di ricerca con autonomia statutaria. L'ISTAT, oltre ad avere compiti propri degli enti di ricerca, ha anche, nei confronti dello Stato, compiti diversi da questi. Lo dico per sottolineare la difficoltà di affrontare un tema generale con un'unica normativa.
L'onorevole Filipponio Tatarella, nel suo intervento, ha notato per prima - ma lo hanno fatto anche molti altri e, daPag. 36esponente del Governo, riconosco che c'è qualche ragione in ciò - la differenza tra l'autonomia statutaria, come affermata dal comma 1 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame, e quanto disposto dai commi 3 e 4 del citato articolo, che non introducono contraddizioni all'autonomia, ma - come hanno rivelato la Commissione Affari costituzionali ed il Comitato per la legislazione - introducono fuori delega argomenti che dovrebbero, più ragionevolmente, essere inseriti nella delega, oltre a contenere - riconosco che l'onorevole Tocci ha ragione - alcuni errori tecnici.
Dico subito - anche se ciò farebbe parte della replica all'onorevole Tocci - che è vero che, in un regime di autonomia statutaria, l'emanazione degli statuti spetterebbe al presidente dell'ente, mentre per le università dovrebbe essere garantita, come avviene, l'approvazione degli statuti da parte del Ministro. Non vi è contraddizione, quindi, nell'approvazione degli statuti con autonomia, bensì un leggerissimo - ma, lo riconosco, esistente - contrasto, che potrebbe essere risolto anche in via interpretativa, sull'istituzione che deve emanare lo statuto. Tutto ciò potrebbe avvenire più facilmente se la relativa norma fosse contenuta nella delega e non, curiosamente, fuori dalla stessa.
Non vedo, invece, a differenza dell'onorevole Filipponio Tatarella, contraddizione tra il fatto che sia il Governo a nominare i comitati di selezione. L'autonomia statutaria, laddove prevede nomine governative di componenti o di presidenti degli enti, necessariamente ha bisogno di comitati di selezione che vengano nominati dallo stesso organo che poi effettuerà la nomina. Infatti, si fa riferimento esclusivamente ai componenti di nomina governativa.
Del lungo, documentato e appassionato intervento dell'onorevole Garagnani non riesco a condividere l'aspetto fondamentale. Egli descrive il mondo scientifico come entusiasta della riforma Moratti e contrario ad ulteriori chiarimenti. Francamente, non ho visto questo entusiasmo qualche anno fa e non vedo nemmeno adesso un così ampio consenso a lasciare tutto allo stato attuale.
Semmai, anzi, vedo una continua richiesta da parte degli enti di ricerca di un'organizzazione interna diversa da quella stabilita con i decreti delegati emanati in attuazione della legge delega Moratti.
Fra l'altro, l'onorevole Garagnani fa osservare, giustamente, che gli enti hanno compiti, una missione, un'organizzazione interna, ma l'autonomia statutaria è tale se tali compiti non vengono stabiliti da una legge delega o da una qualunque altra legge, bensì dall'ente stesso, che gode dell'autonomia statutaria.
È curioso, quindi, che l'onorevole Garagnani insista nel dire che il provvedimento in esame manchi di indicazioni fondamentali sugli statuti, perché l'autonomia è tale quando, come prevede la Costituzione, sono stabiliti con legge solo i principi generali, che il provvedimento in discussione prevede. Occorre evidenziare, in particolare, che, nella fase di transizione a cui stiamo contribuendo, è una garanzia che la missione dell'ente, cioè la definizione del compito principale dell'ente, continui ad essere affidata al Governo, piuttosto che all'ente stesso, in una fase di passaggio da statuti interamente definiti dalla legge a statuti che saranno definiti dagli organi di governo dell'ente.
È giusto affermare che il sistema di governo dell'ente è collegato alla missione, ma non è corretto, a mio giudizio, sostenere che per questo motivo spetti al Governo anche indicare la struttura di governo. Al contrario, il Governo indica la missione e gli enti, con loro autonomia, si costruiscono il loro sistema di governo. Questo è il nocciolo dell'autonomia statutaria, che mi sembra di dover difendere con forza, credendo di incontrare anche il favore del mondo della ricerca.
L'onorevole Garagnani ha, infine, descritto il sistema della ricerca, così come modificato dai decreti legislativi emanati dal Governo nella XIV legislatura, a tinte molto rosa. Gli consiglierei amichevolmente, come ho già fatto al Senato, di nonPag. 37pronunciare la parola «reparti» o l'espressione «trasferire reparti». Gli enti di ricerca non sopportano di essere considerati come reparti che si trasferiscono, si uniscono e si accorpano. Un ente è molto più complesso. La libertà di ricerca, come diceva l'onorevole Filipponio Tatarella, è qualcosa di più profondo e connaturato al lavoro di un ricercatore di quanto non sia la visione un po' «industriale» - l'industria peraltro è qualcosa di diverso - di chiamare reparti le parti del CNR accorpate o disaccorpate.
A parte questa battuta, che riguarda forse un lessico che giudico non perfettamente felice, come ha già affermato l'onorevole Tocci, l'onorevole Garagnani è rimasto l'ultimo a difendere l'accorpamento dell'INFN con il CNR. Lo stesso suo collega, onorevole Asciutti, presidente di Commissione nella scorsa legislatura, ha firmato un ordine del giorno in cui ha sostenuto, già nella precedente legislatura, l'inopportunità di far confluire l'INFN nel CNR. Questa scelta, quindi, è curiosa.
Sull'Istituto italiano di tecnologia, affinché rimanga anche agli atti, vorrei ricordare all'onorevole Garagnani che il Governo non ha intenzione di chiudere tale Istituto, ma di riordinarlo, in quanto rappresenta una vera anomalia: è un ente di ricerca che dipende dal Ministero dell'economia e delle finanze ed è una fondazione che riceve un finanziamento stabile dallo Stato, normalmente maggiore di quello di tutte le unità del settore ricerca messe insieme, che non ha affatto ricercatori né una sede, che non ha quindi natura di ente di ricerca, che si dedica a un tema importantissimo, come la robotica umanoide, ma che è solo un tema, e che non è assolutamente - mi dispiace che lo dica l'onorevole Garagnani - l'unico ente di ricerca che sia technology driven, cioè guidato dalla tecnologia, in quanto vi sono decine di enti di ricerca e di laboratori universitari e non universitari, che fanno ricerca guidati dalla tecnologia. Non è l'unico modo di fare ricerca, ma è assurdo affermare che solamente l'Istituto italiano di tecnologia lo faccia.
Infine, un tema che è tornato più volte anche in altri interventi è lo stato giuridico - così chiamato - dei ricercatori. Si chiede, da parte dell'onorevole Garagnani, ed è più che legittimo, che i ricercatori degli enti abbiano uno statuto giuridico definito per legge e non per contratto. È un tema aperto e il Parlamento può naturalmente legiferare nel merito. Mi preme però affermare che non è vero che in Europa avviene sempre così, anzi siamo l'eccezione al contrario, normalmente - come è scritto nella Carta dei ricercatori - lo stato giuridico del lavoro di un ricercatore è definito da un contratto e non da una legge, è il contrario! Semmai, l'anomalia in campo europeo è quella dei ricercatori universitari non quella dei ricercatori degli enti e, comunque, non credo sinceramente che questo sia il punto cruciale della riforma per il miglior funzionamento degli enti.
L'onorevole De Simone ha presentato una serie di proposte emendative volte a garantire più spazio - sono d'accordo - alla democrazia all'interno degli enti. Sono meno convinto che ci debba essere un gradimento del personale di ricerca di un ente rispetto al direttore. Si possono trovare metodi più validi del gradimento, che riescano a far esprimere i ricercatori riguardo ai direttori (almeno a certi livelli) degli organi di ricerca.
Rispondo subito all'onorevole Baldelli che la Camera naturalmente ha la possibilità di modificare il provvedimento - l'ho già detto, ma lo voglio ripetere a lui direttamente - e trovo, a differenza di quanto ritiene lo stesso onorevole Baldelli, che non c'è affatto contraddizione tra autonomia e valutazione, anzi c'è una concordanza: l'autonomia si fonda sulla valutazione e la valutazione per essere significativa ha bisogno di essere fatta nei confronti di enti che hanno autonomia di ricerca, altrimenti non ci sarebbe nulla da valutare.
Sulla meritocrazia, sul merito da anteporre a qualunque altro ragionamento sono d'accordo ma non posso dimenticare che le norme antidiscriminatorie tra uomini e donne non riguardano il merito oPag. 38la meritocrazia, riguardano l'effettiva presenza negli organi di governo e nelle strutture direttive degli enti di esponenti dell'uno e dell'altro genere.
Trasmetterò con piacere al Ministro Mussi il desiderio dell'onorevole Baldelli di una partecipazione diretta del Ministro al dibattito.
Inoltre vorrei ricordare in questa sede che purtroppo i costi di gestione di apparato degli enti di ricerca sono veramente esigui, in quanto l'intero pianeta statale è quasi interamente assorbito dagli stipendi del personale degli enti stessi; è un dato negativo non è positivo, ma chi immagina chissà quale specie di apparato esistente si sbaglia. Devo, al contrario, ricordare all'onorevole Baldelli che il denaro che la legge finanziaria stanzia per l'assunzione di personale non riguarda personale a contratto, ma personale a tempo indeterminato, i 20 e i 30 milioni di euro del 2008 non sono un Fondo di garanzia di stabilizzazione, ma un fondo per assumere persone attraverso concorso. Giustamente - colgo l'occasione per dirlo in questa sede - l'onorevole Tocci ha sollecitato - sarà mia cura farlo nei confronti del Ministero dell'università e della ricerca - ad operare la ripartizione dei fondi agli enti perché si possa procedere alle ricordate assunzioni.
L'onorevole Goisis ha esposto varie perplessità, alcune sinceramente non le condivido: ad esempio, non condivido l'affermazione che è stato vietato ai ricercatori di partecipare ai consigli degli enti; questa norma non esiste. È stata posta la regola che i ricercatori degli enti non possano partecipare ai comitati di selezione che scelgono la terna delle persone su cui poi il Ministro sceglierà il presidente, ma non ai consigli degli enti, ai quali possono benissimo partecipare (dipenderà dai singoli statuti stabilirlo). Sinceramente, non mi sembra neppure di poter condividere - pur in un anno difficile come l'attuale - l'idea che nel 2007 si siano ridotti di molto i finanziamenti degli enti di ricerca, perché in realtà tali fondi sono aumentati più di qualunque altro anno precedente, certo non abbastanza, ma certamente non sono diminuiti come affermato dall'onorevole Goisis.
Meriterebbe tutto un altro e più ampio dibattito - ma non è questo il momento di farlo, però mi piace citare questa possibilità - l'idea interessante dell'onorevole Goisis sul rapporto tra valutazione quantitativa e valutazione «di contesto» - come si dice in gergo - che dipende dalle condizioni e dall'humus, come diceva l'onorevole Goisis, ovverosia dalle condizioni in cui un ricercatore lavora: è molto interessante e sono anche molti gli studi sull'argomento.
Dissento invece dall'onorevole Goisis sul fatto che servano non meno di otto-dieci anni per stabilire se un ente o una persona siano produttivi o meno: se così fosse, non saremmo in grado di fare una valutazione stringente, perché i tempi di risposta, di feedback, come si dice in gergo, sarebbero talmente lenti da risultare totalmente inutili. Vi è il problema opposto, di accelerare i tempi di risposta alle valutazione delle strutture di ricerca. Sono d'accordo comunque con l'onorevole Goisis, sul fatto che vi è un problema di infrastrutture, certamente non tutte aggiornate, e che vi è anche un problema di burocrazia che purtroppo ci ostacola.
Sugli interventi che i Governi Berlusconi hanno compiuto a favore della ricerca devo solo ricordare che nessuno degli interventi citati dall'onorevole Goisis ha provocato grandi vantaggi: la detassazione non è stata praticamente usata, così come molte altre scelte. Alcune di tali scelte, poi, appartenevano al Governo precedente: i distretti tecnologici e di eccellenza erano frutto di interventi dei Governi della XIII legislatura e non di quelli della XIV; si tratta di interventi che comunque i Governi Berlusconi - meritoriamente - hanno continuato.
Infine, l'onorevole Tocci ha esposto una serie di argomentazioni, alcune delle quali pienamente condivisibili. Sono sinceramente meno convinto, onorevole Tocci, del fatto che non si possa produrre una legge discreta con il testo in esame, e che non si possa correre anche l'alea - se così devoPag. 39chiamarla - di un passaggio breve al Senato, quando il provvedimento in esame fosse migliorato e tale miglioramento avesse ad oggetto soltanto alcuni punti tecnici. Certamente si poteva fare diversamente, si poteva emanare una legge ordinaria, si poteva intervenire in altra forma, ma non sono sicuro, sinceramente, che un'altra forma avrebbe avuto tempi di esame più brevi. Ritengo che una legge ordinaria, in cui tutti dati fossero stati, per fortuna, «messi in fila» e avessero riguardato l'intero sistema, avrebbe avuto grandi difficoltà nel suo iter all'interno del Parlamento, sia alla Camera sia al Senato.
Sono comunque d'accordo sul trinomio formato dal delegificare, valutare ed investire, ma sulla delegificazione vorrei affermare - almeno, spero di non sbagliarmi - che i decreti delegati dovranno abrogare - ed automaticamente abrogheranno - le norme in contrasto con l'autonomia statutaria: se faccio l'esempio, che conosco meglio, dell'autonomia statutaria delle università, l'approvazione degli statuti ha automaticamente generato l'abrogazione delle norme in contrasto con l'autonomia stessa. Quindi i decreti legislativi - che hanno valore di legge come ognuno di noi sa - opereranno quella delegificazione che giustamente l'onorevole Tocci chiede con grande forza.
È vero che il tempo è stato - ed è ancora - lungo, e tutti i nostri tempi sono molto lunghi (su tale argomento dobbiamo fare una riflessione generale come politici); non so però se il sistema spagnolo, che pur tanto ammiriamo, avrebbe funzionato in Italia e - lo sa, onorevole Tocci - lo abbiamo già verificato in Italia: il ministro Moratti con il suo primo atto faticosamente si liberò, se mi permette il verbo che non è elegante, del presidente, professor Lucio Bianco, e pose, esattamente come il Governo spagnolo, un commissario, una persona fuori dalla politica, un ex-rettore, un grande tecnologo come il professor De Maio per operare la riforma del CNR. Dopo un anno di commissariamento ciò che si ottenne anche allora - questo forse è l'errore ma non so se era possibile ripercorrere perfettamente la stessa strada - è stato operare ed indirizzarci verso una legge delega, i decreti legislativi, e quanto ne è seguito.
Comunque, per quanto riguarda gli INFM, considerato che l'onorevole Tocci ha chiesto che si apra su tale argomento un tavolo di confronto...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. ...comunico che questo tavolo già esiste e concludo, signor Presidente. Credo che esso si sia già riunito (o si riunirà nei prossimi giorni); non ne faccio parte, ma sono sicuro che è stato già convocato dal Ministro.
Infine, concludendo, volevo ricordare che nulla osta - come sostiene l'onorevole Tocci, a mio parere giustamente - al fatto che gli enti di ricerca che non abbiano una pluralità di campi di interesse possano avere consigli scientifici o di amministrazione di natura scientifica. Nel disegno di legge in esame la nomina governativa della metà dei membri è prevista solo per il CNR; per gli altri enti è affidato all'autonomia degli statuti il compito di stabilire come saranno organizzati i consigli di amministrazione. Quindi, è una soluzione ancora aperta, che speriamo di potere introdurre al più presto.