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Seguito della discussione della proposta di legge: Norme in materia di conflitti di interessi dei titolari di cariche di Governo. Delega al Governo per l'emanazione di norme in materia di conflitti di interessi di amministratori locali, dei presidenti di regione e dei membri delle giunte regionali (A.C. 1318-A) (ore 17,18).
(Esame dell'articolo 1 - A.C. 1318-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1318 sezione 2).
Ha chiesto di parlare il deputato Bruno. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO. Signor Presidente, sia in sede di discussione generale sia nella Commissione abbiamo fatto presente la diversa filosofia che l'odierna maggioranza ha adottato per arrivare ad un testo, che la stessa ha approvato e che oggi è all'esame dell'Assemblea.
Mi riferisco soprattutto al cambiamento sostanziale tra la scorsa legislatura e quella attuale, laddove nella scorsa legislatura con la legge Frattini si è inteso dare al conflitto di interesse una risposta, che prendeva in considerazione innanzituttoPag. 79l'atto eventualmente confliggente o a favore di taluni soggetti, il che poteva portare a determinate conseguenze. Oggi, invece, discutiamo di un provvedimento che vede una serie di soggetti che per censo, trovandosi in una determinata situazione di carattere patrimoniale ed economico, debbono ab initio avere cura di non compiere determinati atti perché potrebbero andare a vantaggio proprio, della propria famiglia, dei parenti entro il secondo grado e, ai sensi dell'articolo 1, anche del convivente. Questa è una novità di questa proposta di legge: si è voluto inserire anche i conviventi tra i soggetti che in qualche modo possono avere vantaggi dovuti a un provvedimento di colui che è chiamato a svolgere o ad assumere una carica di Governo; tale soggetto deve stare attento, perché nell'emettere un provvedimento legislativo deve controllare se questo può essere a vantaggio o meno anche della persona che con lui convive. Questo è lo stato in cui si è potuto e dovuto lavorare.
Non siamo assolutamente d'accordo sulla proposta di legge in esame per una serie di valutazioni: innanzitutto, per la stridente violazione di norme costituzionali. L'Assemblea ha ritenuto di non approfondire questo aspetto e non ci torno volutamente, perché già è stato oggetto di discussione. Credo però che nella fase emendativa il relatore dovrà valutare tali questioni; certamente lo ringrazio per l'attività che ha svolto e anche per la disponibilità che ha dimostrato nel valutare talune proposte emendative, che la minoranza ha avanzato e che hanno reso il testo, come si usa dire, un po' più digeribile. Però credo che il risultato dell'intero complesso articolato sottoposto all'Assemblea, in primo luogo troverà delle serie difficoltà attuative, in secondo luogo, non va - credo - nel segno delle democrazie più avanzate.
Avremo modo, nel prosieguo dell'esame degli emendamenti, di sottolineare gli aspetti che non condividiamo. In questo momento stiamo parlando dell'articolo 1 e credo che da subito vada chiarito che esso risente di quello che sommariamente ho detto. Voglio brevissimamente soffermarmi su quelli che avrebbero dovuto essere i principi generali, che avrebbero dovuto sovrintendere alla stesura del provvedimento in esame. Ciò, purtroppo, non è avvenuto.
Sul piano dei principi generali riteniamo che sarebbe stato necessario contemperare il principio di esclusività della cura dell'interesse pubblico da parte dei titolari di cariche di Governo con le prerogative costituzionali del Parlamento e indirettamente del corpo elettorale derivanti dal rapporto fiduciario, oltre che con i poteri del Presidente della Repubblica.
Inoltre, crediamo che avrebbero dovuto essere evitate le discriminazioni tra i cittadini relativamente alla possibilità di accedere a cariche di Governo collegate alla consistenza del loro patrimonio, perché esse risulterebbero in stridente contrasto con il principio di uguaglianza. Circa quest'ultimo punto, riteniamo ancora che avrebbe dovuto essere evitata ogni definizione di conflitto di interesse preventivo, fonte di incompatibilità basata su meri elementi di natura patrimoniale (in fondo, si parla della proprietà), anziché su attività svolte dal titolare di cariche di Governo, la cui natura sia tale da fondare una presunzione insuperabile di idoneità a generare conflitti di interesse da cui sorge l'incompatibilità.
Per intenderci, il conflitto di interesse si caratterizza per due elementi fondamentali: la sussistenza di un interesse privato del titolare di cariche di Governo e il pregiudizio o il pericolo di pregiudizio per l'interesse pubblico. Quindi, si ha un conflitto di interesse quando un provvedimento è tale da attribuire al titolare di cariche di Governo un vantaggio rilevante e differenziato rispetto alla generalità dei consociati o all'insieme dei destinatari del provvedimento con danno per l'interesse pubblico, appunto tramite l'atto viziato da conflitto di interesse.
Quanto all'organo da preporre alla verifica, noi avevamo prefigurato l'istituzione di una commissione parlamentare ed insisteremo su questo punto quando vi arriveremo. Comunque, tale organo - qualunquePag. 80sia la forma che l'Assemblea deciderà - dovrebbe essere chiamato a verificare che non siano stati adottati atti viziati da conflitto di interessi.
Il quadro costituzionale impone di contemperare il principio di esclusività della cura dell'interesse pubblico da parte dei titolari di cariche di Governo con quello di uguaglianza, che riguarda naturalmente anche la parità di opportunità di accesso di tutti cittadini alle cariche pubbliche (comprese le più alte cariche di Governo), a prescindere dall'entità del loro patrimonio; con le prerogative costituzionali del Parlamento, e indirettamente del corpo elettorale, derivanti dal rapporto fiduciario; infine - come già detto - con i poteri del Presidente della Repubblica.
Discriminazioni fra i cittadini quanto alla possibilità di accedere alle cariche di Governo, collegate alla consistenza del loro patrimonio, risulterebbero in stridente contrasto con il principio di uguaglianza e sarebbero particolarmente odiose: esse presupporrebbero, infatti, che il censo costituisca elemento rilevatore dell'idoneità o meno di un cittadino a svolgere alcune fra le più importanti funzioni dello Stato, curando l'interesse pubblico con fedeltà ed equanimità.
Per tali ragioni, credo vada evitata ogni definizione di conflitto di interessi preventivo, che potrebbe costituire una fonte di incompatibilità rispetto all'assunzione di cariche di Governo: l'incompatibilità rispetto all'assunzione di tali cariche dovrebbe cioè derivare esclusivamente dallo svolgimento, da parte del loro titolare, di prestazioni o attività la cui natura sia tale da fondare una presunzione insuperabile di idoneità a generare conflitto di interesse (da cui sorge l'incompatibilità).
Le incompatibilità quindi dovrebbero riguardare le sole ipotesi di: prestazione di lavoro subordinato pubblico o privato; titolarità di imprese individuali; cariche che comportino attribuzioni di natura gestionale o di controllo, in società o enti di qualsiasi tipo, esclusi gli enti pubblici; esercizio di attività professionali. Per regola generale, il titolare di cariche di Governo dovrebbe essere libero di valutare, sotto la propria responsabilità politica, l'opportunità di spogliarsi di interessi privati, che, pur senza generare una situazione di incompatibilità strutturale con la cura esclusiva dell'interesse pubblico, potrebbero condizionarne oltremisura l'agire.
Così posta la questione, abbiamo provveduto a presentare una serie di emendamenti che vanno nel senso di effettuare una correzione dell'articolo 1 nel testo proposto all'Assemblea. Mi auguro che essi possano essere valutati favorevolmente dall'Assemblea, al fine quantomeno di trovare un accordo sulla nozione e sulla definizione di conflitto di interessi. Credo infatti che, se partissimo con un disaccordo su questo punto, il prosieguo dell'iter di questo provvedimento ci vedrebbe davvero contrapposti, poiché non saremmo più in condizione di poter aderire a nessuna richiesta, che ci viene rivolta da parte della maggioranza, di collaborare al fine di migliorare il testo al nostro esame (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Gardini. Ne ha facoltà.
ELISABETTA GARDINI. Signor Presidente, ci troviamo a discutere di un testo che manifesta le proprie caratteristiche sin dalle prime righe: l'articolo 1, infatti, già ci convince che si sta per imboccare una strada che noi non ci sentiamo di condividere.
Si è parlato molto di questo testo, sia all'interno sia all'esterno delle aule parlamentari: si è sostenuto che esso presenta l'utilità immediata di mettere d'accordo, almeno momentaneamente, le diverse anime di questa maggioranza, che - mi sembra - ha difficoltà sempre più frequenti a trovare l'accordo su qualsiasi punto.
Ecco allora risorgere un punto sul quale, storicamente, la sinistra, le sinistre, riescono a ritrovare l'unità.
Ma questa volta ci troviamo su un territorio particolarmente delicato, perché si va a toccare il cuore della democraziaPag. 81di un Paese - del nostro Paese -, della vita politica, della rappresentatività.
Se eliminare dalla scena politica Silvio Berlusconi, il leader gradito alla maggioranza degli italiani, può diventare un momento transitorio di unità, noi siamo molto preoccupati. L'«antiberlusconismo» non può continuare ad essere l'unico cemento di questa compagine al Governo che, mi creda, signor Presidente, abbiamo qualche difficoltà - io, almeno, ho qualche difficoltà - a chiamare ancora maggioranza.
Questa volta, forse, vi siete spinti un po' troppo oltre. Del resto, abbiamo visto, proprio in quest'aula, come le divisioni esistano anche tra di voi: abbiamo assistito, direi, ad un vero e proprio scontro tra quella che possiamo chiamare l'ala giustizialista, che cerca l'affondo finale contro Silvio Berlusconi, e la parte più realista, che invece, e giustamente, non ritiene possibile eliminare per via legislativa il capo dell'opposizione.
A noi piacerebbe che questa volta prevalesse il buon senso, e per questa ragione abbiamo più volte insistito e più volte vi abbiamo invitato a non ripetere errori che già sono stati compiuti nel passato, a non cercare scorciatoie per la conquista del potere.
Pensate soltanto agli errori compiuti ai tempi di tangentopoli, quando vi siete illusi di poter arrivare al Governo senza fare i conti con la vostra storia: quegli errori sono ricaduti sull'intero Paese e ne scontiamo ancora il prezzo, come continuano a ricadere sull'intero Paese gli errori che continuate a commettere, sempre in ragione del fatto che imboccate strade apparentemente più comode o, semplicemente, demagogiche.
Oggi su Il Corriere della Sera Pietro Ichino dice cose che dovrebbero farvi riflettere: egli vi ricorda che, tutte le volte che avete scelto di difendere qualcuno dei vostri punti fermi ricorrendo ad uno slogan tassativo, quasi un precetto catechistico, vi siete cacciati in un vicolo cieco. E non vi è dubbio che quello del conflitto di interessi è uno dei vostri dogmi e, quindi, un ennesimo vicolo cieco.
La verità - lo vediamo già dall'articolo 1 - è che la proposta di legge al nostro esame è anticostituzionale, poiché essa è nata per colpire il leader dell'opposizione, ma, in realtà, colpisce una gran parte dei cittadini italiani, impedendo loro di operare per il bene della collettività, mettendo la propria esperienza al servizio del bene comune.
Ci troviamo di fronte ad una palese violazione del principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della nostra Costituzione. È una manifestazione di quella stessa cultura che aveva portato una forza politica di Governo a stampare quei famigerati manifesti recanti la scritta «anche i ricchi piangano», una cultura di «comunistissima» memoria, la stessa che ha ispirato anche la vostra legge finanziaria, la quale, vi ricordo, è arrivata a penalizzare anche le fasce più deboli.
In effetti, proprio le fasce più deboli siete riusciti a «far piangere»!
Insomma, è la stessa anacronistica ed obsoleta forma mentis che vi porta a credere che l'Italia sia una Repubblica fondata sul lavoro dipendente, mentre chiunque produce ricchezza sarebbe un nemico del popolo ed un pericolo per la democrazia.
Leggendo il testo in esame, si comprende che per voi il pericolo non è costituito da chi nasconde deliberatamente i propri interessi o li favorisce e promuove in modo fraudolento o illegittimo, abusando delle proprie funzioni di Governo. No, per voi il pericolo è costituito dal fatto stesso che qualcuno abbia degli interessi, anche se tali interessi sono pubblici, chiari e sotto gli occhi di tutti!
Oggi sappiamo - e tutti ne siamo a conoscenza - che il conflitto di interessi non si può circoscrivere in questo modo. Il professor Guido Rossi ci ha spiegato che il conflitto di interessi, ormai, è epidemico e si può presentare in molte forme diverse.
In un bell'articolo di Oscar Giannino, pubblicato il 6 maggio scorso, sono stati citati magistralmente alcuni esempi, che vorrei sottoporvi per un'ulteriore riflessione. Leggo testualmente: un Premier, che ha banche amiche di cui benedice laPag. 82crescita e riservatamente consiglia le acquisizioni, è in conflitto di interessi. Un Ministro dell'economia, che telefona al presidente di Generali, invitandolo ad entrare nella nuova cerchia dei padroni di Telecom Italia, è in conflitto di interessi, visto che le improprie dichiarazioni del suo Premier e dei suoi colleghi di Governo hanno depresso il titolo di Telecom per mesi. Il Ministro delle infrastrutture, che esercita poteri sull'ANAS, che è insieme autorità di vigilanza sulle concessionarie autostradali e concessionaria - a sua volta - in concorrenza ai privati, è in palese conflitto di interessi, quando per decreto blocca l'intesa tra privati che avrebbe dato vita alla fusione fra l'italiana Autostrade e la spagnola Abertis.
In questi, come in molti altri casi, vi domando: trovate che sia onorato l'articolo 54 della Costituzione, che l'onorevole Luciano Violante cita nella sua relazione, laddove si stabilisce che i cittadini, cui sono affidate le funzioni pubbliche, hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore? Mi sembra una domanda su cui bisognerebbe anche riflettere.
In realtà, gli spunti di riflessione sono tanti, perché sono state tante le voci, in queste settimane e in questi mesi, che hanno bocciato tale proposta di legge. Franco Debenedetti, ad esempio, che certo non è uomo di centrodestra, visto che è stato per più di 10 anni senatore della sinistra, ha scritto che «più che la cecità, è la visibilità il vero rimedio, la vera garanzia». Voi, invece, continuate a camminare su un percorso opposto (basti pensare al blind trust) e ragionate su una proposta di legge che è disastrosa per il sistema e che andrebbe a colpire tutti coloro che nelle loro professioni, con il loro lavoro, facendo impresa, hanno costruito qualcosa di buono.
Se ragionassimo avendo presente il bene comune e senza pregiudizi ideologici, oggi dovremmo discutere partendo dalla cosiddetta legge Frattini, per introdurre le correzioni e le migliorie che l'esperienza dell'applicazione della legge suggerirebbe di apportare, tenendo presenti anche gli aggiustamenti che le autorità competenti hanno introdotto in sede di interpretazione.
Vorrei ricordare brevemente la storia della legge sul conflitto di interessi. Si tratta di una storia che, anche in sintesi, dice molto. La discussione sul primo testo di legge fu avviata nel 1994, proprio su iniziativa del presidente Berlusconi. Tale testo fu approvato in Senato, ma non ci fu il tempo per approvarlo nell'altro ramo del Parlamento, perché nel 1996 si andò a elezioni anticipate.
Nella XIII legislatura, Franco Frattini presentò un progetto di legge che la Camera approvò, praticamente all'unanimità: 461 voti a favore, nessuno contrario e un solo astenuto. Ma quando la legge arrivò al Senato fu congelata, bloccata. Viene logico chiedersi perché fu bloccata, se non per trarne un vantaggio in campagna elettorale, come argomento di polemica e di battaglia politica contro Silvio Berlusconi. Perché i vari Governi di sinistra, che si sono succeduti in quella legislatura, non hanno provveduto?
Finalmente, nella XIV legislatura, il Ministro Franco Frattini presentò una nuova proposta di legge, che venne approvata definitivamente il 13 luglio del 2004. Signori, la legge Frattini è una buona legge, non perché lo diciamo noi, ma perché concilia il rispetto del diritto costituzionale di tutti i cittadini di accedere alle cariche elettive con il necessario collegamento di ogni attività di governo all'interesse pubblico. Già all'epoca vi furono molte persone, con articoli sui giornali, che riconobbero la bontà della legge Frattini. Porto solo qualche esempio. Il 1o marzo del 2002 Il Corriere della Sera titolava un articolo di Stefano Vannoni: «Soluzione accettabile, all'estero non c'è di meglio».
Stefano Mannoni riconosce che Frattini si è fatto carico di presentare un progetto che concilia il rispetto dei diritti politici, la forma di governo - che in Italia affida al Parlamento il controllo sull'Esecutivo - e l'indipendenza di un'Authority destinata a rafforzare il monitoraggio sugli atti sensibili. Egli sostiene che «in quella terraPag. 83incognita che ovunque nel mondo è la disciplina del conflitto di interessi questo rappresenta un punto di riferimento solido». Inoltre, Piero Ostellino, su Il Corriere della Sera del 3 marzo 2002, cita nel suo articolo la seguente frase di Sabino Cassese: «Se dobbiamo giudicare prescindendo dallo specifico caso del Presidente del Consiglio è giusto dire che si tratta di un'ottima legge». Ma poi Piero Ostellino propone anche alcuni argomenti sui quali sostiene che si possa soltanto convenire.
In primo luogo, in nessun Paese liberaldemocratico la proprietà è preclusiva dell'attività politica, il che esclude la non eleggibilità per conflitto di interessi.
In secondo luogo, è costituzionalmente impraticabile obbligare qualcuno a vendere i propri beni, il che esclude la loro alienazione come soluzione del conflitto di interessi.
In terzo luogo, in un regime di mercato la vendita e l'acquisto sono atti liberi e volontari che determinano il prezzo del bene, il che rende l'obbligo di vendere un controsenso economico distorsivo dei mercati.
In quarto luogo, negli Stati Uniti la legge impone l'obbligo di dichiarazione patrimoniale, ma non detta al Presidente e al Vicepresidente alcuna soluzione per risolvere l'eventuale conflitto di interessi che ne derivi, il che implica la convinzione che la loro situazione patrimoniale non sia disciplinabile per via normativa. Da Carter in poi la decisione dei Presidenti di affidare i propri beni ad un blind trust, cioè ad un fondo cieco, è stata una loro libera scelta.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 17,50)
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Gardini.
ELISABETTA GARDINI. Mi scusi..
PRESIDENTE. Mi scusi lei.
ELISABETTA GARDINI. Vorrei ribadire che, quindi, non siamo i soli a non condividere quanto espresso dall'onorevole Violante durante la seduta del 15 maggio, quando ha definito la legge Frattini sostanzialmente inefficace. Questo è l'ultimo punto che volevo condividere e sul quale volevo invitare i colleghi - soprattutto della maggioranza - ad una riflessione.
Vi è un problema culturale che è serio e ci divide in modo evidente. Si tratta di un problema culturale che bisogna sottolineare e affrontare in quest'aula. Nella relazione dell'onorevole Violante, in più punti, egli stesso sottopone alla nostra attenzione il problema di due culture che si affrontano. Dalle primissime pagine l'onorevole Violante fa risalire la necessità di affrontare il problema del conflitto di interessi già a partire dal 1994 (al termine della cosiddetta prima Repubblica) affermando: «Sino a quel momento il personale politico accedeva alle più alte cariche dello Stato attraverso una selezione operata dai partiti che privilegiavano coloro che si erano dedicati professionalmente alla politica».
Si tratta di un punto importante perché sembra quasi - così l'ho interpretato - che si senta una sorta di difficoltà nel plaudire ad un cambiamento che, a nostro avviso, è stato molto positivo, mentre sembra di vedere una sorta di nostalgia per il cosiddetto Parteienstaat, lo Stato dei partiti.
Allora, quella che è stata la novità vera, buona e voluta dagli italiani assume connotati addirittura negativi. Si tratta, in ogni caso, di una situazione che preoccupa e che pone problemi enormi sui quali è giusto riflettere.
L'onorevole Violante, in una trasmissione televisiva di qualche settimana fa, ha affermato che questa è una delle differenze sostanziali che esistono tra la vita democratica dell'Italia e dell'Europa in generale, rispetto alla vita degli Stati Uniti, dove la società civile entra storicamente da sempre. Tuttavia, noi, molte volte, invidiamo quella democrazia proprio per la capacità che ha di mettere a frutto le risorse più importanti.
Ma come potremo mai diventare un Paese competitivo se non liberiamo le risorse umane del nostro Paese? NonPag. 84credo - onorevole Violante, mi scusi se mi rivolgo a lei che stimo tantissimo - che le segreterie dei partiti siano in grado di selezionare il meglio della nostra società civile. Mi preoccupa che si sottolinei la grande novità che noi abbiamo visto come una possibilità reale per il nostro Paese di approdare finalmente ad una democrazia compiuta e moderna.
È, infatti, ovvio che questo è un dibattito - o comunque un pensiero - su cui da millenni l'uomo sia arrovella. In tal senso, forse noi ci sentiamo più aristotelici. Aristotele aveva già ragionato sull'alternanza delle cariche e scriveva: «Poiché ogni comunità politica consta di governanti e di governati, bisogna vedere se, vita natural durante, essi debbano essere persone diverse oppure se debbano essere le stesse persone». È ovvia la risposta che noi diamo: a noi piace l'alternanza e la rotazione delle cariche!
Credo, tuttavia, che gli italiani stessi abbiano espresso chiaramente il loro parere in proposito e che preferiscano di gran lunga la rotazione delle cariche, piuttosto che ritornare alla partitocrazia o vedere la casta politica che si perpetua e si riproduce in splendida e oligarchica solitudine, prima e vera causa di una società bloccata. Questo è il problema dell'Italia: una società bloccata, in cui o si nasce dalla parte giusta o si è cooptati dalla parte giusta o si resta inchiodati per sempre al proprio destino (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, intervenire sul provvedimento in esame significa toccare tante questioni, che attengono alla vita democratica del Paese. Vi è, infatti, in gioco il principio della libertà e della possibilità di ognuno di noi di partecipare alla vita politica e, quindi, contribuire a migliorare il Paese. Stiamo parlando della possibilità di portare con sé, all'interno del mondo della politica, il proprio bagaglio di esperienze personali, la propria vita vissuta e tutto ciò che ha permesso a ognuno di noi di affermarsi nel lavoro che in precedenza svolgeva, prima di ricoprire l'incarico parlamentare o incarichi governativi o relativi al governo di realtà non centrali, quindi territoriali, del Paese. Questo può essere un limite, perché comunque tutti noi dobbiamo riconoscere che la politica non può rinchiudersi in sé stessa.
Credo che tutti gli apporti provenienti dall'esterno, dalla cosiddetta società civile (anche se parlare di società civile, escludendo i politici, significa automaticamente definire i politici società incivile e ciò, almeno da parte nostra, non può essere accettato), siano positivi e da tenere in considerazione, anzi da agevolare e incentivare.
Ci si riferisce spesso a situazioni di altri Paesi. Se guardiamo all'estero, tuttavia, ci rendiamo conto che, tra i candidati alle prossime elezioni presidenziali degli Stati Uniti, ci potrebbe essere anche il sindaco di New York, Bloomberg, il quale è titolare di un'attività nel campo dell'informazione, sicuramente non di secondo piano nello scenario mondiale.
Noi, invece, effettuiamo un'operazione che limita la partecipazione alla vita politica degli imprenditori, che in questo Paese sono coloro che «tirano la carretta». Lo facciamo anche in modo un po' maldestro. Credo, infatti, che una legge esista già: mi riferisco alla legge Frattini, che, volendolo, può essere migliorata. Se, tuttavia, la si vuole stravolgere, affrontando la questione dal punto di vista ideologico, non possiamo che scendere nell'agone politico e combattere una battaglia, poiché si tratta di una questione di tutela della democrazia.
Se dovessimo affrontare in questa sede la tematica svestendola dalla contrapposizione politica oggi in atto e svestendola dalla preoccupazione e dalla paura del centrosinistra relativamente alla figura di un candidato premier che concentra su di sé tanta condivisione nell'elettorato, saremmo tutti più tranquilli, e certe previsioni, contenute all'interno della propostaPag. 85di legge al nostro esame, sarebbero inesistenti e non troverebbero spazio tra i vari commi e i vari articoli.
Purtroppo ciò non accade, perché vi è la logica non dell'avversario politico da sconfiggere con i voti, ma quella del nemico politico da sconfiggere, o sarebbe meglio dire, a cui impedire di partecipare alla competizione elettorale. Sono convinto che siano i cittadini a dover decidere liberamente chi deve governare un Paese. Certamente delle regole vanno fissate, lo abbiamo fatto con la legge Frattini; alcuni paletti devono essere messi, perché potrebbero verificarsi degli «sconfinamenti». Ma non possiamo essere faziosi e partigiani, e guardare solamente al proprio tornaconto elettorale e al proprio tornaconto politico (mi riferisco, naturalmente, alla maggioranza) quando si presentano proposte di legge e si cerca di portare a casa un risultato.
Non è questa la strada che deve essere perseguita in democrazia, altrimenti finiremo per copiare altri modelli e altri Paesi. I cittadini che stanno dalla parte del centrosinistra, come quelli che sono dalla parte del centrodestra, forse non vedono questo tema come un problema importante, guardano ad altri problemi che sono sul piatto. Noi, invece, concentriamo l'attenzione su questo provvedimento e svolgiamo questa discussione imitando forse anche il comportamento di altre realtà che con la democrazia hanno poco a che fare. Non vorrei, insomma, che si andasse nella direzione di copiare quanto accade, ad esempio, in Venezuela, dove alcuni componenti del centrosinistra hanno anche applaudito il Presidente Chavez, che ha fatto chiudere una televisione scomoda, per avere solamente canali di Stato. Ebbene, non credo che sia questa la strada da perseguire, e non credo nemmeno che sia quella di impedire la pluralità dell'informazione.
Qualcuno sostiene che c'è un problema di monopolio dell'informazione, un problema di presenza dominante all'interno del mercato pubblicitario, un problema di controllo dei mezzi di informazione. Può anche darsi, ma una norma equilibrata che affronti questo tema probabilmente c'è, e potrebbe essere presa come base di riferimento e migliorata solamente in alcuni punti, ma non intervenendo con un provvedimento così drastico. Esso, tra l'altro, riguarda anche realtà territoriali molto piccole, in cui forse il potere reale non è esercitato da chi fa l'imprenditore, ad esempio in un comune di 20 mila abitanti, ma è esercitato da chi ha qualche incarico particolare all'interno della comunità, che non deriva da un'attività imprenditoriale, ma magari da un'attività come quella del libero professionista. Esistono situazioni che devono essere analizzate singolarmente.
Il provvedimento in esame, invece, cerca di fare di tutta l'erba un fascio, e questo non è un modo corretto per proseguire i nostri lavori e per cercare di dare risposte alle problematiche del Paese. Se seguiamo la linea tracciata ci troveremo tra qualche settimana - mi riferisco alla Camera, naturalmente - con un provvedimento approvato che faticherà a trovare una condivisione, per quanto riguarda la sua urgenza, all'interno dell'opinione pubblica.
Ci troveremo con un provvedimento che non sapremo se riuscirà a trovare la medesima condivisione, per quanto riguarda i numeri al Senato e, sicuramente, ci troveremo con i cittadini che richiameranno la nostra attenzione su altre tematiche.
Forse il rincorrere il tema posto dalla proposta di legge in esame poteva essere una scelta comprensibile all'inizio della legislatura, ma se oggi si vuole modificare l'azione del Governo e della maggioranza credo sia inutile insistere su basi di partenza che si sono dimostrate sbagliate. Sarebbe più logico che il Governo guardasse veramente alle problematiche reali del Paese e non continuasse, invece, a proseguire sulla linea di azione di netta contrapposizione che non favorisce nemmeno il dialogo, poiché è logico che se da una parte si riceve uno schiaffo, non si può pretendere di ricevere una carezza dalla parte opposta. Il mondo della politica è fatto anche di botta e risposta, diPag. 86azioni e reazioni e, quindi, non credo che la proposta di legge in esame, almeno in questo momento, possa contribuire a rasserenare un po' il clima politico. Fra l'altro, gli elettori ci hanno fatto capire bene alle ultime elezioni amministrative da che parte stia andando tale clima.
Se in tale occasione il risultato elettorale dell'Unione è stato disastroso, la ragione non risiede nel fatto che non è stata approvata la legge sul conflitto di interessi; il risultato è stato disastroso perché è stata disastrosa l'azione del Governo e, quindi, i cittadini hanno bocciato l'attività di un anno del Governo Prodi ed hanno cambiato idea rispetto a quello che avevano pensato, un anno prima, sull'azione del Governo Berlusconi. Gli elettori hanno capito che era meglio riporre nuovamente la fiducia nella coalizione della Casa delle libertà, e questo - lo ripeto - non perché il Parlamento non abbia approvato la normativa sul conflitto di interessi (che ai cittadini interessa veramente poco!), ma semplicemente perché tutta una serie di fattori che riguardano la vostra attività governativa si sono ritorti contro i cittadini stessi.
Invece di far tesoro di questa indicazione elettorale, si è sostenuto che, visto che il conflitto di interessi era previsto all'interno delle oltre 287 pagine del programma dell'Unione, andava comunque affrontato. Tra l'altro, viene affrontato nel peggiore dei modi, evitando di ascoltare esimi esperti ed illustri personaggi che hanno fornito indicazioni importanti che vanno nella direzione opposta rispetto a quella delineata dal contenuto della proposta di legge in esame. E viene fatto in un modo che, utilizzando un termine forte, può essere definito «cocciuto», da persone ostinate che credono di avere la verità in tasca e non accettano il confronto.
Questo non è il modo di procedere su una materia di tal genere e non è sicuramente il modo scelto dalla Lega per affrontare il provvedimento in esame. Non abbiamo presentato emendamenti ostruzionistici, né una valanga di proposte emendative, perché ci interessava discutere della proposta di legge in esame e formulare emendamenti che ne modificassero l'impianto, per ridare un po' di democrazia e di libertà al Paese.
Ritengo che quando si affrontano questioni attinenti alla libertà e all'impegno nella politica di tutti i cittadini, a prescindere dalla professione che essi svolgono, dovremmo essere così intelligenti da agevolare la partecipazione di tutte le persone che intendano dedicarvisi, senza cercare di escludere l'uno o l'altro, perché magari un soggetto potrebbe riscuotere un consenso maggiore rispetto al politico che è nato tale perché fa politica da tutta una vita e che, magari, gli elettori vorrebbero sostituire con altri ma non possono farlo perché, con leggi di questo tipo, viene impedito ad altri di entrare nell'arena politica. Questo è il problema su cui riflettere. Le condizioni capestro che vengono poste dalla proposta di legge in discussione scoraggeranno - è inutile negarlo - l'ingresso in questa Assemblea, in quella del Senato o a Palazzo Chigi, di soggetti che oggi potrebbero dare un apporto importante al rinnovamento della politica nel nostro Paese.
Infatti, un imprenditore si chiederà il motivo per cui dovrebbe assumere la carica non solo di parlamentare, di membro del Governo, di presidente della regione, ma anche di sindaco della sua città, se in cambio deve rinunciare a tutto il lavoro svolto in trent'anni o in quarant'anni di carriera imprenditoriale, magari non avendo dietro, purtroppo, dei figli cui poter delegare la gestione dell'attività. Con questo progetto di legge ci priviamo di esperienze e di un apporto che potrebbero essere risolutivi di tanti problemi e tanti mali del mondo politico italiano. Eppure agiamo in modo cosciente, anzi, siete voi ad agire così, perché voi voterete la proposta di legge. Agite in modo cosciente di questo risultato e a cuor leggero, perché questo è, comunque, il vostro obiettivo, legato ad una scelta di contrapposizione politica dura e ad una scelta ideologica, ma che non ha alcuna base logica per poter essere sostenuta in una discussione che, oggi, deve essere ben più ampia, e nonPag. 87può riguardare solamente alcuni aspetti, che sono contenuti in questa proposta di legge.
Credo che vi sia la necessità, all'interno del mondo della politica, di inserire delle nuove persone, di far governare chi merita e chi ha dimostrato di saper governare anche grandi imprese e di saper far crescere le comunità: non solo loro, sia chiaro, perché non voglio gettare nel mare tutti coloro che fanno politica. Non è questo l'obiettivo, ma è quello di aprire la classe politica a tutti coloro che possono contribuire, per la propria esperienza di vita, a migliorare la situazione di tutti noi. Tuttavia, non stiamo agendo in tal senso.
La volontà punitiva contenuta all'interno del provvedimento in esame è chiara. La scelta intrapresa, infatti, probabilmente causerà una serie di conseguenze, ma deve essere chiaro a tutti che è una scelta antidemocratica, che non va nella direzione di favorire il confronto democratico e non va nella direzione di favorire la libertà (parola che ho utilizzato all'esordio del mio intervento). Anzi, è una scelta che, purtroppo, si avvicina - come ho già osservato - ad alcune situazioni di regime, perlomeno di fatto, perché non consente a tutti di partecipare sullo stesso piano di parità alla competizione politica e di nutrire le stesse legittime aspettative. Ciò costituisce un altro aspetto importante, su cui riflettere, perché le condizioni poste all'interno di questa proposta di legge limitano estremamente la capacità e le possibilità di determinati soggetti di partecipare, come noi o come tante altre persone che possono fare altrettanto, alla gestione e al governo della cosa comune.
Ciò non è corretto, non è assolutamente democratico e, quindi, è inaccettabile. Se, poi, la proposta di legge viene letta all'interno di un discorso complessivo - dobbiamo anche considerare tutto ciò che viene fatto verso colui che è l'obiettivo della proposta stessa e di tante altre che oggi sono in discussione - comprendiamo che questa operazione, creata attorno ad un solo soggetto che si chiama Silvio Berlusconi, il leader della Casa delle libertà, è solo un'operazione di natura politica.
La Lega Nord non vuole difendere a tutti i costi il Presidente Berlusconi, ma crede nella difesa della democrazia. Il fattore fondamentale è questo: tutti devono essere liberi di intraprendere un'attività politica, di presentarsi ai cittadini, di poter competere e fornire il proprio contributo per far crescere il Paese e farlo tornare a «correre», anche sulla base delle esperienze maturate. Tutti, in qualsiasi modo si chiamino! Mi sembra, invece, che l'intera operazione sia condotta solo contro una persona: questo non è accettabile, perché - ripeto - la contrapposizione deve essere sempre politica e non può mai essere personale.
Di fronte a un simile atteggiamento, non potremo far altro che sostenere i nostri emendamenti, che non hanno una finalità ostruzionistica ma, nel merito, hanno la finalità di migliorare il testo: ritengo che, durante l'esame degli emendamenti, si avrà la possibilità di «stanare» la maggioranza e il Governo e di far capire ai cittadini qual è l'obiettivo reale. I cittadini, tra l'altro, lo hanno già capito, perché, quando sono andati a votare, hanno dato un'indicazione chiara: questo, però, non è stato sufficiente.
Continuate a presentare proposte di legge di questo tipo, ad operare in senso opposto rispetto a quello che vuole la gente e a dare indicazioni sbagliate ai cittadini: continuate su questa strada e noi ve ne saremo grati, perché, con provvedimenti di questo tipo, non farete altro che incrementare il consenso al centrodestra. Quest'ultimo, è vero, si vedrà naturalmente penalizzato - perché questa è la verità - in ordine alle possibilità di esercitare una futura azione governativa, ma anche questo sarà sottoposto a giudizio degli elettori, perché i cittadini, sia di destra sia di sinistra, non sono disposti ad accettare né scelte antidemocratiche né l'attuazione di indirizzi lesivi della libertà dei singoli (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Bodega. Ne ha facoltà.
LORENZO BODEGA. Signor Presidente, spero di non far «scappare» più nessuno con il mio intervento, perché c'è un «fuggi-fuggi» generale!
Ritengo che il tema del conflitto di interessi non appassioni il Paese, ma ciò non significa che non ci spetti intervenire ed occuparcene in tutte le sue implicazioni, che sono molteplici e diffuse e riguardano un numero di soggetti, reali e potenziali, che devono essere esaminati e giudicati con una legislazione certa, che sappia cogliere la singolarità di ogni posizione e di ogni condizione.
Il collega Stucchi, nel suo intervento, ha ricordato che siamo abituati - forse un po' meno nell'ultimo periodo - a trasformare il conflitto di interessi in una sorta di referendum pro o contro Berlusconi. Se questo è l'argomento più forte, ciò non toglie che la proposta di legge sia stata «costruita» a misura di una figura che, tra l'altro, è protagonista della vita politica italiana ormai da quasi tre lustri.
Va considerato anche che, in questo periodo, si sono succeduti più governi di diverso segno: viene da chiedersi come mai nessuno abbia mai provveduto, con determinazione, a colmare questo vulnus normativo.
Ho l'impressione che ragioni tattiche, contingenti e legate a diverse stagioni politiche, abbiano influenzato il comportamento anche degli stessi Governi di centrosinistra. Si chiede cioè se l'urgenza di oggi corrisponda ad una volontà di dar corso ad una promessa elettorale o di dare attuazione ad un impegno programmatico o non sia, piuttosto, frutto di una volontà di intervenire in un quadro politico nazionale estremamente fluido e nel quale alla maggioranza di Governo non corrisponde la maggioranza nel Paese.
Siccome ritengo che la soluzione del conflitto di interessi, così com'è prospettata non sia risolutiva del fenomeno Berlusconi - mediatico e politico - né concorra a risolvere alla radice la miriade di potenziali conflitti di interesse che possono manifestarsi in forma più o meno acclarata, sostengo che in un dibattito parlamentare approfondito e non caratterizzato da voglie punitive e liquidatorie, sia necessario procedere con cautela, approfondendone tutti gli aspetti e, soprattutto, pensando che - come per la riforma elettorale - il conflitto di interessi dovrebbe essere affrontato e risolto con un voto il più ampio e rappresentativo possibile.
A questo punto occorre chiarire se l'obiettivo della legge sia quello di colpire la figura dell'imprenditore, cioè di colui che, rischiando in proprio, produce reddito. Penso alla miriade di soggetti che, soprattutto al nord, coltivando la sana voglia dell'intraprendere e coniugandola con la cultura del lavoro, sono la spina dorsale del Paese, della società economica e della società civile. Non dimentichiamo che l'imprenditore - dalla bottega alla fabbrica, dall'artigianato all'industria - è portatore di valori forti ed è modello, ad esempio, per le giovani generazioni.
Con questa legge, che assume sempre più carattere punitivo e liberticida, sembra che vogliamo demonizzare ed escludere dalla vita pubblica persone e cittadini che sono invece la spinta economica e morale, gente che non fa dell'arricchimento personale uno scopo della vita, ma che, producendo ricchezza, cambia la qualità della vita sua e degli altri. Non dobbiamo pensare ai patrimoni miliardari - e mi esprimo in euro - ma di valori che equivalgono a una piccola parte di certe liquidazioni dei boiardi di Stato o degli amministratori delegati delle banche, che hanno fra l'altro un reddito annuo pari al fatturato di tante piccole aziende messe insieme.
Vale la pena, a questo punto, ricordare come proprio le banche sono diventate soggetti di enormi conflitti di interessi e sono loro che dettano le regole del gioco, che «dirigono il traffico», e ogni giorno sottraggono alla politica terreno e primato. Perché la grande stampa, anche quella soggetta ai giochi e agli umori degli interessi dei banchieri, tace su questo enorme conflitto di interessi?Pag. 89
Leggiamo di operazioni, di matrimoni tra colossi del mondo bancario che si alleano e mettono insieme capitali che fanno impallidire le cifre delle nostre finanziarie. Poi la maggioranza propone una legge che vuole liquidare chi possiede 15 milioni di euro.
Se non si tiene conto di questo quadro si rischia veramente di sparare ai moscerini con il bazooka o con la fionda agli elefanti: uno sport sul quale la Lega Nord Padania non concorda perché al gioco dei poteri forti non ci stiamo, sia quelli visibili sia quelli invisibili, e soprattutto non ci alleeremo mai con chi vuole mettere in un angolo le risorse più sane del Paese, ovverosia quelli che dell'iniziativa e della proprietà privata fanno una leva per lo sviluppo ed il progresso, e non per farsi tesoretti all'estero.
Tra l'altro vi è un disegno, neppure sottile, di sconfiggere la politica e di impoverire il Parlamento, chiamando in causa mostri giuridici esterni, entità perse che espropriano la politica e i suoi legittimi rappresentanti. Il fatto che sia lo stesso Parlamento a spogliarsi dei suoi poteri democratici di controllo mi pare un esercizio autolesionistico, che va nella direzione di una deriva antiparlamentare dal sapore propagandistico. In tale direzione non vedo orizzonti di crescita e di garanzia democratica, ma solo una proposta di legge che non risolve la questione del conflitto di interessi ma obbedisce soltanto alla voglia di regolare qualche conto e di liberarsi di avversari scomodi in modo capzioso e fortemente punitivo.
Le leggi, cari colleghi, non devono mai essere liste di proscrizione, ma devono liberare spazi di democrazia nel rispetto delle regole e nel rispetto dei cittadini che compiono il loro dovere, mettendosi in gioco in prima persona.
Concludo, affermando che non ci piace che, con la scusa del conflitto di interessi, la partita venga giocata su altri tavoli e che siano i banchieri a distribuire le carte (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Nicchi. Ne ha facoltà.
MARISA NICCHI. Signor Presidente, c'è attesa nel Paese per il provvedimento che stiamo esaminando, anche da parte di un'opinione pubblica democratica internazionale.
Il gruppo Sinistra Democratica, nell'intervenire sul complesso degli emendamenti, vuole esprimere il suo apprezzamento per il lavoro svolto dalla Commissione Affari costituzionali, ed in particolare dal suo presidente, perché il testo che stiamo discutendo rappresenta un passo importante in avanti rispetto alla cosiddetta legge Frattini, considerata carente - onorevole Gardini - in numerosi punti propria dalle stesse authority preposte alla sua applicazione.
Si tratta di un testo che va reso più efficace e penetrante. A questo scopo abbiamo presentato un ristretto numero di emendamenti che vogliamo brevemente illustrare e sottolinearne il significato. Poniamo l'esigenza di affrontare in modo più stringente la situazione di un eventuale silenzio o inerzia del titolare della carica di governo, coinvolto nell'incompatibilità, e per questo ci sembra opportuno inserire una disposizione che chiuda con un'esplicita decadenza il procedimento, e consenta di uscire da quel limbo che si creerebbe se il testo rimanesse così.
Non possiamo infatti affidare alla sola buona volontà del titolare la felice soluzione del caso, o lasciare la situazione in sospeso. Il tema è già all'attenzione, e siamo consapevoli della delicatezza della questione, ma riteniamo che la riflessione in Assemblea debba risolvere il problema.
Abbiamo poi presentato un emendamento che riduce dal 4,99 al 2 per cento la soglia minima di partecipazione rilevante, a partire dalla quale scatta l'incompatibilità.
Vogliamo che l'Assemblea rifletta sul concetto di concreto pericolo: in molti casi e in molti Paesi si agisce anche in riferimento alla mera potenzialità di esso, non solo in relazione al pericolo concreto. Abbiamo presentato un altro emendamentoPag. 90che modifica la copertura del provvedimento. Attualmente la copertura finanziaria grava su dicasteri fondamentali per il futuro del nostro Paese, lavoro e previdenza, solidarietà sociale, beni culturali: chiediamo invece che la copertura del provvedimento in esame, per gli anni successivi al 2007, sia indicata nel bilancio tra le leggi di spesa permanente, la cui quantificazione è demandata alla legge finanziaria.
L'emendamento su cui voglio soffermarmi di più riguarda il tema della ineleggibilità. Abbiamo presentato un emendamento che intende dare un'interpretazione più precisa alla regola di ineleggibilità, che è stata stabilita dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361. Lo scopo è quello di chiarire che l'ineleggibilità, già prevista - senza che questo abbia suscitato particolare scandalo - per il soggetto vincolato con lo Stato da autorizzazioni o concessioni, va riferita a persona fisica o alle persone fisiche che ne detengono direttamente o indirettamente il controllo. Riteniamo, infatti, che l'ipotesi di ineleggibilità non esuli dal campo del provvedimento alla nostra attenzione, il quale interviene per prevenire, non punire, l'incompatibilità che riguarda la sfera di Governo, in primo luogo perché in Italia è operante una forma di Governo parlamentare che rende possibile il passaggio al Governo di parlamentari eletti; in secondo luogo perché non possiamo trascurare che chi svolge la funzione legislativa non è affrancato dall'essere coinvolto dal conflitto di interessi, come dimostrano le numerose leggi ad personam varate dal precedente Parlamento.
Per noi del gruppo Sinistra Democratica, la misura della ineleggibilità - certamente forte e da usare in modo eccezionale - è uno strumento complementare al provvedimento in discussione. È il rimedio più efficace per prevenire e fronteggiare il conflitto, che si determina nel caso in cui un privato, per la natura delle proprie attività, sia in grado di conquistare e controllare potere pubblico; una situazione di conflitto inversa rispetto a quella che sorge ogni volta che il titolare di una carica pubblica e detentore di un interesse proprio orienta i suoi doveri pubblici per perseguire un vantaggio personale o familiare.
Le recenti campagne elettorali hanno reso evidente che i mezzi di comunicazione di massa incidono sugli orientamenti del suffragio. Il soggetto che detiene una posizione dominante nel mercato dei mezzi di comunicazione di massa, titolare di concessioni o autorizzazioni radiotelevisive gioca in netto vantaggio nella competizione elettorale. Ha il potere di alterare le regole proprie della competizione democratica. È una grave lesione del principio di eguaglianza sancito dall'articolo 51 della Costituzione, in base al quale tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive.
Non è per caso che l'esigenza di disciplinare anche in Italia il conflitto di interessi - lo sottolineava molto bene l'onorevole Violante nella sua relazione - si è resa più che matura dopo le elezioni del 1994, quando cioè ha vinto una personalità proveniente dal mercato. È questo evento che ha evidenziato in Italia un'inedita forma di conflitto di interessi, non tanto perché la personalità era un ricco e potente imprenditore, ma per la sua posizione di proprietario dominante nel mercato dei media, un settore speciale, la cui indipendenza e pluralità è fondamentale per la nostra democrazia. È una questione democratica di prima grandezza, che riteniamo possa essere affrontata già in questo testo. La via maestra per affrontare questo nodo è l'ineleggibilità, l'istituto a cui si ricorre ogniqualvolta siano concretamente possibili condizionamenti sulla libera manifestazione della volontà degli elettori.
Infatti, secondo l'articolo 65 della Costituzione, le cause di ineleggibilità perseguono lo scopo di evitare un'indebita influenza sulla libera manifestazione di volontà dell'elettore, oppure presumono una capacità di influenza sull'elettorato, che altera quelle condizioni di eguaglianza, di cui parla l'articolo 51 della Costituzione.Pag. 91
Abbiamo posto questo tema animati da uno spirito democratico, non punitivo. Non pensiamo di risolvere le questioni politiche per legge, tantomeno il nostro rapporto con l'opposizione e il suo leader. Vogliamo chiarire anche, soprattutto a coloro che si richiamano ai valori della libera impresa, che la nostra preoccupazione riguarda, in particolare, l'imprenditore che controlla i media.
Per le altre figure di imprese private la questione si pone diversamente, soprattutto per quelle medie e piccole. Infatti, concordiamo su quelle misure puntuali previste nel testo, che non aggravano la posizione per l'impresa individuale, la piccola impresa, per chi voglia accedere alle cariche pubbliche. Il principio di uguaglianza, per noi, vale per tutti.
La questione che si è posta nel nostro Paese, tuttavia, non è riconducibile ai nodi dell'antico e cruciale rapporto tra ricchezza e potere, tra censo e rappresentanza, tra mercato e politica, insomma, tra società politica e società civile. Essa chiama in causa - l'onorevole Violante ha posto anche questa problematica nella relazione - una nuova e più incisiva separazione tra economia, mezzi di informazione e politica.
Una buona normativa sul conflitto di interessi non può prescindere dal ristabilire e rafforzare la separazione netta tra queste sfere. È un architrave delle democrazie più consolidate e dovrebbe stare a cuore a chi si definisce liberale, visto che da questa separazione passa la possibilità del buon funzionamento del libero mercato e della libera concorrenza. A noi preme particolarmente, perché è la condizione per garantire il pluralismo e l'imparzialità dell'informazione. A tale proposito, il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha messo in luce la situazione critica del nostro Paese in ben due raccomandazioni, in cui si chiede agli Stati membri di disegnare, attraverso una legislazione adeguata, una separazione netta tra l'esercizio del potere politico, la proprietà e l'influenza dei media, oltre a vietare posizioni dominanti che possano annullare la pluralità delle fonti di informazione.
Salvaguardare e promuovere il pluralismo dei mezzi di informazione è un compito democratico fondamentale. Sappiamo bene che risolvere il nodo che affrontiamo oggi è arduo, in tempi così conflittuali, di cui abbiamo ascoltato l'eco anche in quest'aula. Il testo in esame è una buona occasione e il lavoro unitario degli emendamenti può dare al nostro Paese una legge all'altezza delle democrazie liberali più evolute (Applausi dei deputati dei gruppi della Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e dei Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Franco Russo. Ne ha facoltà.
FRANCO RUSSO. Signor Presidente, l'onorevole Gardini, prima di lei l'onorevole Bruno e a seguire i rappresentanti della Lega Nord Padania hanno portato avanti, per contestare il provvedimento sul conflitto di interessi - in particolare l'articolo 1 - due argomenti. Il primo può essere definito di natura storico-politica, l'altro di natura giuridica.
Riassumo l'argomento storico-politico in questo modo: dopo il crollo della prima Repubblica negli anni 1992-1994, si è fatta avanti una nuova classe dirigente politica, governante del Paese, che si è alimentata non attraverso i partiti di massa tradizionali, l'oligarchia politica (il Parteienstaat, come lo ha definito l'onorevole Gardini), ma attraverso la società civile e, fondamentalmente, come sostiene l'onorevole Stucchi, attraverso gli imprenditori. Questo è l'argomento storico-politico, con cui si sostiene che la nuova classe dirigente affonda le sue radici nella società civile e, soprattutto, nel mondo imprenditoriale o finanziario in generale.
L'argomento giuridico, portato avanti soprattutto dall'onorevole Bruno, sostiene che esiste una legge Frattini e, in generale, Forza Italia condivide il fatto che il conflitto di interessi non debba essere regolamentato in via preventiva, ma successiva, cioè quando il fatto è avvenuto.Pag. 92
Onorevole Presidente, molto rapidamente - in quanto già sono intervenuto a nome di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea nel corso della discussione sulle linee generali - vorrei tentare di contraddire queste due posizioni e «portare acqua al mulino» del testo predisposto dalla Commissione, su impulso del presidente Violante.
Per quanto riguarda l'argomento storico-politico, onorevole Gardini, lo rovescio in questo modo: è vero - e non ho nulla al contrario, come già detto durante la discussione sulle linee generali - che nuove forze sociali, anche imprenditoriali, si affacciano sulla scena politica, formino partiti o movimenti politici e conquistino, non il potere, onorevole Gardini, come lei si è espressa in termini leninisti, ma la maggioranza politica e, dunque, stiano al Governo.
Benissimo! Credo che questo sia un dato di novità della situazione politica italiana, non giudico se negativo o positivo, ma è un dato di fatto. Tuttavia, onorevole Gardini, proprio questo fatto dovrebbe indurre Forza Italia a sostenere la necessità di una legge sul conflitto di interessi, tanto è vero che voi avete varato tale legge. Pertanto, l'argomento storico-politico - il fatto, cioè, che esiste l'anti-berlusconismo, vale a dire che questa legge vuole andare contro un unico imprenditore, Silvio Berlusconi, che si intenda fare una campagna contro di lui - è contraddetto dalla legge Frattini, da voi varata. E poiché oggi vi è una nuova leva della classe politica italiana imprenditoriale che, specificamente, controlla anche i media, ritengo che si debba intervenire con una legge sul conflitto di interessi. Non stiamo facendo una legge contro Silvio Berlusconi, perché altrimenti anche la vostra legge dovrebbe essere stata contro di lui.
Ciò detto, giungo alla conclusione del mio ragionamento: abbiamo bisogno di una legge sul conflitto di interessi; esiste già la legge Frattini la quale, secondo noi, è insufficiente e a breve ne esporrò le ragioni. Non stiamo approntando, lo ripeto, una legge contro Berlusconi. Vi è invece la necessità nelle democrazie occidentali, compresa quella italiana, di disciplinare il conflitto di interessi, proprio perché vi sono queste nuove leve nelle forze politiche.
L'onorevole Bruno sostiene - entriamo, così, nella tematica più costituzionale e giuridica - che l'articolo 51 della Costituzione afferma che tutti i cittadini dell'uno o dall'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. Ora, ciò che contestiamo alla legge Frattini è la sua capacità di porre i cittadini italiani di entrambi i sessi su un piano di parità per accedere alle cariche pubbliche. Nella situazione che si è venuta a creare in Italia, e che già era esistente negli Stati Uniti d'America, in Inghilterra e in Germania, dobbiamo creare le condizioni di eguaglianza e di parità nell'accesso alle cariche pubbliche. Esattamente come prescrive l'articolo 51 della nostra Carta costituzionale!
Pertanto, non vi è da parte nostra anti-berlusconismo, né la volontà di colpire gli imprenditori in quanto classe politica. Abbiamo appreso ciò - onorevole Gardini - sulla nostra pelle di persone di sinistra, con la rivoluzione leninista: in quanto portatori di una qualità sociale, l'esclusione dal diritto elettorale, sia passivo, sia attivo, si sarebbe rivelata negativamente. Abbiamo appreso questa lezione; però non vogliamo neanche che gli imprenditori - soprattutto quelli che gestiscono i media - possano partire in condizione di diseguaglianza e di privilegio nella conquista del potere politico - come l'ha definito l'onorevole Gardini - o, come invece dico io, molto più laicamente, della maggioranza politica e del Governo.
È sufficiente la legge cosiddetta Frattini? Si tratta di una domanda che dobbiamo porci e a cui nessuno oggi ha risposto perché - ripeto - tutte le affermazioni fatte dall'onorevole Stucchi e dalla Lega Nord Padania e anche dagli altri colleghi che mi hanno preceduto mettono in discussione il ruolo degli imprenditori nella vita politica. Noi non lo mettiamo in discussione; dovete semplicePag. 93mente spiegarci se la legge cosiddetta Frattini risolva o meno il conflitto di interessi; io mi sforzerò di dimostrare che non lo risolve.
Prima di passare a tale dimostrazione, onorevoli colleghi e signor Presidente, vorrei sottolineare che se leggete la relazione presentata da Lamberto Cardia, presidente della Consob, relativamente al conflitto di interessi, scoprirete che nel diritto civile, nel diritto societario, già si è intervenuti in materia molto massiccia e molto pesante per prevenire - non intervenire successivamente, onorevole Bruno - i conflitti di interessi.
Non voglio sottrarvi troppo tempo e rinvio, quindi, all'articolo 2391 del codice civile, che disciplina appunto i conflitti di interessi degli amministratori e all'articolo 239-bis del medesimo codice che tratta il conflitto di interessi in materia di operazioni con le parti correlate. Esiste un'intera disciplina sul conflitto di interessi degli amministratori i quali devono svelare preventivamente in consiglio di amministrazione, quando si trovano a votare in situazioni di conflitto di interessi. Lo devono fare, ripeto, preventivamente!
La proposta di legge elaborata dalla Commissione affari costituzionali - ripeto su impulso del relatore e presidente Violante - vuole appunto motivare il cambio di passo che vogliamo attuare nella regolazione del conflitto di interessi passando da una regolazione del conflitto successiva ad una preventiva.
Vi chiederete come mai: il motivo è che della legge cosiddetta Frattini, ossia la legge n. 215 del 2004, non ci soddisfano l'articolo 3 che contiene la definizione del conflitto di interessi e i relativi meccanismi, a partire dall'articolo 6, vale a dire le funzioni attribuite all'autorità garante della concorrenza e del mercato in materia di conflitto di interessi.
Non mi dilungo se non riportandovi - siete qui presenti, onorevoli colleghi, in numero abbastanza nutrito rispetto a quando si è tenuta la discussione sulle linee generali - quello che dice l'autorità chiamata dalla legge cosiddetta Frattini a risolvere i conflitti di interessi. Antonio Catricalà nella sua audizione del 19 settembre 2006 in Commissione affari costituzionali (Catricalà è presidente dell'autorità garante della concorrenza e del mercato) afferma che: «Quando si pensa ad un conflitto di interessi verificatosi nel momento del compimento di un atto attribuibile ad un autorità di Governo ci troviamo dinnanzi ad una condotta, un evento, un evento indiretto, che devono essere del tutto provati». Ciò si può provare? Continua Catricalà: «La prova di questi tre fattori costituenti l'illecito è estremamente difficile». Questo lo afferma Catricalà, ossia l'autorità chiamata, secondo la legge cosiddetta Frattini, a risolvere il conflitto di interessi; chiamata cioè a sanzionare, facendo intervenire il Parlamento, il conflitto di interessi!
Continua ancora Catricalà: «La prova di questi tre fattori costituenti illecito è estremamente difficile soprattutto prima che venga verificato il conflitto di interessi il quale, in fondo, in tutte le situazioni rappresenta solo uno dei pericoli. Si sarebbero già verificati ben altri illeciti specialmente di carattere penale». Catricalà sostiene, in sostanza, che per provare il conflitto di interessi, l'illecito che sottostà alla fattispecie del conflitto interessi, dovremmo provare degli illeciti penali. Catricalà continua dicendo: «È per questo che l'attività dell'autorità ha registrato con successo un folto numero di procedimenti per quanto attiene alle questioni di incompatibilità e una grande collaborazione anche da parte dell'autorità di Governo ottenendo così dimissioni da alcuni incarichi o attività». Tutto ciò per quanto riguarda le incompatibilità.
Afferma ancora Catricalà: «Per quanto concerne l'attività di accertamento del conflitto di interessi, però, non siamo riusciti ad accertarne nessuno». Onorevole Bruno, onorevole Gardini a questo dovete rispondere non con l'ideologia dell'anti-berlusconismo! Ci dovete dire, nel corso della discussione e dell'esame degli emendamenti, se è possibile, attraverso la legge Frattini, rilevare il conflitto di interessi e risolverlo. Catricalà sostiene di non essere riuscito ad accertarne nessuno!Pag. 94
Poichè non voglio farla lunga, vi potrei ricordare i numerosi casi di conflitti di interessi rilevati dalla stampa nazionale: il caso Lunardi o quello relativo alla stampa e distribuzione di libri. Ne ricordo solo due! La stampa ha rilevato numerosi conflitti che però, per come è strutturata la legge Frattini, il dottor Catricalà dell'Antitrust non è riuscito ad individuarne alcuno. Su questi aspetti dobbiamo discutere, al di là degli ideologismi, delle accuse politiche o dei richiami storici, su cui pure spero di aver dato il mio contributo di risposta e - spero anche - di convincimento.
Per tali motivi, la scelta di fondo insita in questa proposta di legge è quella della prevenzione dei conflitti. Ciò non significa che non avremo l'oligarchia o i ricchi al potere governativo e politico. La legge sul conflitto di interessi non risolve questo problema, non impedisce ai ricchi di formare un'oligarchia. Guardate quanto avviene negli Stati Uniti d'America: anche i Clinton, che sono la nuova generazione politica, hanno le mani ammanicate dentro i consigli di amministrazione. Hanno fatto affari nell'Arkansas e sono stati presi con le mani nel sacco, anche negli affari edilizi. Le oligarchie politiche - che richiamava anche l'onorevole Stucchi (ad esempio, Bloomberg che si candida a sindaco di New York) -, e i ricchi non avranno alcun impedimento da questa legge sul conflitto di interessi ad accedere alle cariche pubbliche.
Cos'è che chiediamo semplicemente? Che i ricchi, nel momento in cui accedono a cariche pubbliche, distinguano gli interessi privati e personali da quelli pubblici. Questo mi pare il minimo che si possa richiedere a una democrazia avanzata (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le parole che ho ascoltato proprio adesso dall'onorevole Franco Russo, che hanno sempre - gliene do atto - il pregio dell'onestà, sono proprio, in quanto tali, molto chiare nel definire il madornale equivoco di concetto nel quale si cala, più o meno consapevolmente, questo «conato» normativo.
L'onorevole Russo ha portato degli esempi e scandito dei concetti che rivelano in sé il limite dei criteri informatori. Il collega in questione ha, infatti, concluso il suo intervento facendo riferimento proprio ai ricchi che farebbero incursioni, entrerebbero a gamba tesa nell'agone politico, alterando la condizione di parità e violando le pari opportunità nell'ingresso, nella carriera e nell'influire in politica, ai sensi della vigente Costituzione e di quei concetti che ormai permeano il nostro intendimento, anche al di là dello stretto dettato costituzionale, determinando, quindi, un'alterazione di tali rapporti e della gara democratica.
Ebbene, è troppo facile rispondere a lui e agli altri colleghi che gli fanno eco. Mi chiedo perché colui che ha un patrimonio più consistente entrando in politica altera le regole della parità e delle opportunità nella gara della democrazia, mentre chi fa il segretario generale o regionale o locale di una camera o di un'organizzazione sindacale, entrando in campo, forte di ciò che si è costruito in termini di consenso, non altera le pari opportunità. È solo il censo - stiamo parlando di una parola ottocentesca - solo la ricchezza, o peggio ancora, la consistenza patrimoniale, quindi, il quadro relativo alla denunzia dei redditi a poter innescare un conflitto di interessi.
Altre innumerevoli situazioni, che sono quelle che realmente preoccupano il cittadino italiano, non alterano la situazione, non possono creare una situazione di conflitto di interessi! Ci stiamo preoccupando con una legge di scandire che il governante, nazionale e locale, non debba avere la possibilità, anche remota, e la potenzialità di questo che chiamiamo conflitto, di far cose che vadano ad influire sugli interessi suoi, lo dico proprio col linguaggio crasso, o della moglie o dei figliPag. 95o dell'affine fino al secondo grado. È una visione estremamente semplicistica, la più banale, di quello che può essere un conflitto di interessi; ma non è in conflitto di interessi uno dei nostri sindaci o dei nostri amministratori regionali, che consentono di violentare le norme di un piano regolatore o che lo disegnano ad usum delphini, per favorire quella determinata cooperativa rossa, commerciale o d'altro genere, sventrando colline, alterando piani regolatori e facendo cose che dal punto di vista formalistico, meramente formalistico, possono rispettare anche i canoni della legittimità, ma che creano un madornale conflitto di interessi con la posizione politica e sindacale di quell'amministratore, che tutto sta facendo in quel caso fuorchè perseguire interessi di carattere generale e pubblico. E però, sinché un procuratore della Repubblica particolarmente libero, preciso e rigoroso non lo incastra, quello la fa franca, la fa franca il suo partito, la fa franca il suo sindacato, la fra franca quella cooperativa, la fanno franca quegli interessi costituiti, ed è ciò che indigna i cittadini e l'opinione pubblica delle nostre città, grandi e piccole. Altro che porre il limite di 15 mila abitanti, o di 20 mila, o di 100 mila: a volte gli interessi in questo momento più torbidi trovano puntuale localizzazione in piccoli centri di 5 mila-6 mila abitanti, che sono magari il crocevia dove quella catena commerciale, che può essere o meno una cooperativa, di qualunque genere, trova comodo e fruttuoso insediarsi, perché è il fondovalle di un bel bacino di 100, 200, 600, 800 mila abitanti. E si stravolge un piano regolatore, perché naturalmente lo si piazza davanti al grande ospedale: potrei ricorrere a numerosi esempi.
Colleghi, sto esponendo, in modo genuino, il mio pensiero riguardo alla normativa in esame e quello del gruppo di Alleanza Nazionale, che è sicuramente immune da conflitti di interessi attuali o potenziali, e che non ha il compito di difendere nessuno, né attuale né potenziale confliggente di interessi. Esso è da un certo punto di vista più restrittivo, e da un certo punto di vista più critico in senso opposto, rispetto a una normativa di questo genere. Per un verso saremmo portati a fare l'analisi parola per parola, e a dire che il testo può essere troppo restrittivo, che rischia di buttar fuori dalla possibilità di accedere alle cariche persone che invece, indipendentemente dal censo, o, se preferite, dalla dichiarazione dei redditi, hanno tutto il diritto di partecipare alla cosa pubblica; per altro verso invece il testo rischia, di fronte a questa severità, di essere troppo largheggiante, e di non andare a colpire quei veri conflitti di interessi che sono quelli più occulti, quelli più sofisticati, quelli più ipocriti, quelli più striscianti.
Un collega che mi ha preceduto ha reso un'affermazione estremamente incisiva: qui - ha detto - c'è bisogno di maggiore evidenziazione, di maggiore pubblicità. Il primo controllo rispetto all'attuale o potenziale conflitto di interessi lo deve fare il popolo, lo deve fare l'opinione pubblica, proprio in quanto si rovesci e si squaderni la situazione e la gente sia nella condizione di percepire per chi va a votare, chi va ad investire di funzioni pubbliche, di Governo nazionale o anche locale.
Come cittadino, non vedrei particolarmente problematico o preoccupante il fatto che sia eletto sindaco del mio comune o presidente della mia provincia qualcuno che detenga vasti possedimenti, belle tenute agricole o - perché no? - sia padrone di una catena di esercizi commerciali: sol che io lo sappia, e sia in grado di verificare il suo agire, di stargli con il fiato sul collo e di controllarlo.
Alcuni colleghi hanno fatto riferimento alle esperienze di democrazie moderne di altri Paesi, anche di altre latitudini e di culture lontane. Tali colleghi farebbero bene a tenere conto proprio di tali differenze di culture e tradizioni: si tratta infatti di democrazie che si basano sul principio della trasparenza. Onorevoli colleghi, nei casi importanti, starei per dire che la normativa sul conflitto di interessi è concepita quasi più nell'interesse di chi rischia di essere accusato di conflitto di interessi che non per prevenire il danno che tale conflitto può provocare. Lo scopo di tale normativa è infatti la trasparenza,Pag. 96cioè tranquillizzare tutti: il protagonista della vicenda, i suoi concorrenti, i suoi elettori, debbono sapere come stanno le cose. Ecco perché, in alcune democrazie, non solo anglosassoni, non vi è alcun timore che sia eletto un miliardario o un milionario. Addirittura, in alcune società - ma si tratta di culture diverse dalla nostra (storicamente e, sotto alcuni aspetti, anche eticamente) - la ricchezza e la consistenza patrimoniale vengono valutate positivamente, con un approccio anti-demagogico che contrasta con il populismo di risulta che abbonda qui da noi. Tali aspetti vengono infatti considerati come elementi positivi del curriculum del soggetto cui affidare la gestione degli interessi pubblici, cioè come segnale della sua credibilità. Come si vede, su questo terreno occorre muoversi con libertà, senza freni ed impacci ideologici: altrimenti si rischia di cadere, nel passaggio fra la Scilla di un rigore inutile e la Cariddi di un permissivismo insignificante.
Al comma 1 dell'articolo 1 del testo al nostro esame - là dove si afferma che i titolari di cariche pubbliche sono chiamati «ad operare esclusivamente per la cura degli interessi pubblici» - si utilizza certo una forma che è stata richiamata più volte. Arrivo a dire che non meno scandalo se, da parte di un amministratore locale, ci si prende cura anche di un interesse che potremmo definire individuale. Se si riscontra che vi è una famiglia o un cittadino che versano in una condizione di particolare sfavore e bisogno, che male, che illegittimità e che anti-democraticità c'è se il sindaco, come spesso accade, agisce? Oggi tutti noi invochiamo costantemente i nostri sindaci: chiamiamo il sindaco se manca la luce, chiamiamo il sindaco se non troviamo casa. Dunque, purché gli atti non siano viziati da una deviazione (che però l'opinione pubblica è in grado di monitorare e di controllare), per quale ragione non ci si può far carico anche di interessi che potremmo definire non rigorosamente pubblici o di rilievo pubblicistico? Non è questo il pericolo.
I colleghi che hanno preso la parola hanno tenuto a sottolineare la propria attività emendativa volta allo scopo di appesantire e stringere le maglie dell'ineleggibilità, o peggio ancora dell'incandidabilità. Ciò dimostra che il progetto al nostro esame, nel suo procedere, ha introitato norme che non hanno a che fare col suo tema e che lo allargano. S'intende che non è che non vi sia alcuna attinenza, poiché è ovvio che l'incompatibilità in senso lato attiene sempre alla preoccupazione di evitare situazioni di sovrapposizione non corrette o comunque devianti rispetto ai criteri che debbono informare l'attività di un governante o di un amministratore; ma è chiaro che il tema è altro: non si tratta della normativa del conflitto di interessi, così come voi la avete intesa (o tutti la abbiamo intesa) in partenza.
Per queste ragioni, perlomeno noi, come forza politica aliena e scevra, con il privilegio della massima libertà, non abbiamo difficoltà a denunziare naturalmente il fatto che, a prima vista, si comprende che, non solo per la storia o l'iter, si tratta certamente di una normativa intesa contra personam. È inutile negarlo, anche perché più lo neghiamo più ci rendiamo conto che è così, e se ne rende conto il cittadino che ci sta ascoltando o legge i giornali: è così, c'è poco da fare, e comunque nessuno ce lo toglierà dalla testa.
Ma la questione non è tanto o soltanto questa. Il problema è che una normativa di questo genere rischia di adottare il criterio della consistenza patrimoniale del soggetto, traendone poi, a modo suo, conseguenze aberranti, per quanto logiche e coerenti, quali la previsione di una vendita forzosa come mezzo estremo, consentendo che si vada ad incidere in maniera sicuramente censurabile dal punto di vista della correttezza costituzionale. Ma il fatto che si va ad incidere è conseguente, poiché si è adottato, a monte, tale criterio della consistenza patrimoniale, che rappresenta quanto di più fuorviante e deviante rispetto alla situazione di una società moderna e articolata, propria di Paesi ad elevata consistenza economica, come sono quelli tra i quali, fino a prova contraria, noi ci troviamo ad essere.Pag. 97
Le considerazioni che, nella loro genuinità, ho voluto svolgere «a braccio», spiegano per quale motivo, anche da parte di una forza politica pur così libera rispetto agli interessi costituiti o a lobby di qualsiasi genere, come è Alleanza Nazionale, vi sia un atteggiamento non favorevole rispetto all'impostazione della proposta di legge al nostro esame.
Questa è la ragione dell'emendamento soppressivo 1.50 a mia prima firma, sul quale non mi soffermerò ulteriormente. Non vi nascondo, infatti, che ci siamo trovati e ci troviamo in difficoltà rispetto al testo della proposta di legge che ci viene sottoposto: un'attività emendativa ci risulta difficile, non facilmente praticabile. Diventa infatti difficile proporre emendamenti che non siano la mera soppressione di un intero articolo o di un'intera parte della proposta di legge, e ciò non perché non avremmo l'intenzione o la volontà di dare un contributo ad una normativa su un tema appassionante come questo, ma perché quando vi è un vizio concettuale che riaffiora, in maniera carsica, continuamente, dai vari passaggi del testo in discussione, diventa difficile un'attività emendativa che non sia fortemente interdittiva o mutilante in alcuni aspetti. Ciò, naturalmente, è ben lungi dall'autorizzare chicchessia a pensare che noi si voglia, in qualche modo, lasciare libera prateria alle scorrerie di interessi organizzati che deviino rispetto all'interesse generale dell'amministrazione della cosa pubblica.
Questo è il significato dell'emendamento soppressivo 1.50 a mia prima firma. Avrete notato che il gruppo di Alleanza Nazionale non ha presentato altri emendamenti all'articolo 1, ma credo che le ragioni che ho succintamente offerto alla vostra cortese attenzione siano più che sufficienti per motivarlo.
Ciò non ci impedirà, naturalmente, di prendere la parola anche sui singoli emendamenti presentati dai colleghi di maggioranza e di opposizione all'articolo 1, il quale - pur non nascondendo il fatto che è l'articolo 2 a costituire il cuore del problema - già ci mette in condizione di affrontare alcuni quesiti di principio che ci sembrano tuttora irrisolti.
PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo 1.
Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
LUCIANO VIOLANTE, Relatore. Signor Presidente, intendo rivolgere un pensiero grato ai colleghi che si sono trattenuti, e a lei che presiede.
La Commissione formula parere contrario sugli identici emendamenti Bruno 1.1 e Benedetti Valentini 1.50. Quanto all'emendamento Cota 1.52 - il «maxiemendamento» della Lega -, dichiarato inammissibile dal Presidente sulla base di un'interpretazione molto interessante dal punto di vista parlamentare, che potrebbe avere anche effetti significativi nel futuro, voglio solo rilevare che si tratta di un emendamento interessante, perché istituisce il blind trust e fa riferimento ad un patrimonio pari a 50 milioni di euro come tetto dal quale scatta una serie di verifiche e di controlli.
Stabilisce per il trust il potere di trasformazione, gestione e disposizione. Quindi il trust, sulla base di tale emendamento, può anche vendere i beni. Sono dati, naturalmente, di un certo interesse che vale la pena esaminare con attenzione successivamente. Non solo, vi è anche una norma, quella di cui al comma 48, che punisce il sostegno privilegiato a titolari di cariche di Governo (altro aspetto significativo che troveremo dopo). Si tratta, quindi, di un impianto importante con norme che ritroveremo anche in proposte della maggioranza.
La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Cota 1.51, Bruno 1.2 e 1.55. Il parere è favorevole sull'emendamento Bruno 1.56, mentre è contrario sull'emendamento Bruno 1.58. La Commissione formula un invito al ritiro per l'emendamento Licandro 1.60, che estende i controlli dal secondo al terzo grado diPag. 98parentela e di affinità. Il terzo grado di parentela e di affinità sono un grado molto lontano, pertanto preferirei mantenere il secondo, anche perché la norma fa riferimento ad altri soggetti legati alla carica di Governo da rapporti di interesse.
Si invitano i presentatori a ritirare gli emendamenti Bruno 1.63 e 1.54. Riguardo a quest'ultima proposta emendativa, non si comprende bene dato che si chiede di sostituire la parola: «vantaggio» con la parola: «profitto». Mi pare che si tratti di una formulazione esclusivamente formale, però magari a suo tempo ...
GABRIELE BOSCETTO. Il profitto è più patrimoniale.
LUCIANO VIOLANTE, Relatore. Non c'è problema; ne discuteremo quando arriveremo all'esame di tale emendamento.
La Commissione invita l'onorevole Zaccaria a riformulare il suo emendamento 1.64; la riformulazione di tale emendamento sarà esplicitata nel momento in cui lo esamineremo.
Il parere, infine, è contrario sugli emendamenti Bruno 1.53 e 1.61. Per quanto riguarda l'emendamento Costantini 1.62, invitiamo i presentatori a riformularlo; anche per tale emendamento la riformulazione sarà esplicitata nel momento in cui lo esamineremo.
PRESIDENTE. Il Governo?
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse, il seguito dell'esame è rinviato ad altra seduta.