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Discussione della proposta di inchiesta parlamentare: Palumbo ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario (Doc. XXII, n. 8-A) (ore 9,38).
(Discussione sulle linee generali - Doc. XXII, n. 8-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore per la maggioranza, onorevole Di Girolamo, ha facoltà di svolgere la relazione.
LEOPOLDO DI GIROLAMO, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi deputati, il Doc. XXII, n. 8-A, all'odierna attenzione dell'Assemblea, propone l'istituzione di una Commissione parlamentare monocamerale di inchiesta sugli errori in campo sanitario.
La Costituzione prevede all'articolo 82, primo comma, che ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. L'inchiesta può, dunque, essere deliberata anche da una sola Camera, con atto non legislativo. Nell'ambito degli strumenti volti a consentire lo svolgimento dell'attività di controllo del Parlamento, l'inchiesta rappresenta quello più incisivo e penetrante del quale le Camere possono avvalersi per acquisire conoscenze. La Commissione di inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria, propri della fase istruttoria, in quanto la Commissione è priva di poteri giudicanti e non può, quindi, accertare reati ed irrogare sanzioni.
La questione della sicurezza delle cure e degli errori in campo sanitario è sempre più all'attenzione dell'opinione pubblica e dei decisori politici e riveste sempre più importanza nella stessa organizzazione e qualità dei servizi sanitari. Ciò è dovuto non tanto ad un aumento del numero degli incidenti che, anzi, secondo i dati forniti dall'ANIA, negli ultimi anni sono in costante diminuzione, essendo passati dai 33.648 del 2001 ai 27.953 del 2004, ultimo anno per cui i dati integrali sono disponibili, quanto alla spettacolarizzazione che spesso ne viene fatta dai mezzi di informazione.
Da una ricerca svolta dal Censis nel 2000 emerge, infatti, che stampa e televisione prestano una notevole attenzione a questo tema e descrivono gli eventi in modo da colpire l'attenzione degli utenti e dare luogo ad un forte coinvolgimento emotivo, che spesso genera anche una condanna aprioristica. Tale condanna è quanto mai inopportuna, in quanto due terzi dei professionisti sottoposti a giudizio dalla magistratura con denuncia di malpractice ne escono riconosciuti innocenti. Tuttavia, non c'è dubbio che il problema esista, abbia dimensioni importanti e che su di esso sia necessario intervenire.
Le ricerche internazionali, condotte con metodologie diverse, in relazione anche alle diverse modalità con le quali gli Stati esercitano l'assistenza sanitaria, ci danno percentuali di errori che vanno da un minimo intorno al 4 per cento ad un massimo di poco superiore al 10 per cento. Questi ultimi sono probabilmente da considerare quelli più vicini alla realtà, in quanto provengono da dati raccolti in Australia e Nuova Zelanda, che, a partire dal 1996, hanno attivato un sistema di monitoraggio degli errori denominato AISM, che si basa sulla segnalazione spontanea, con una tutela legislativa specifica, che garantisce la confidenzialità dei dati raccolti.
Dopo quella positiva esperienza, un sistema simile è stato implementato in Gran Bretagna nel 2000 e così pure in Danimarca ed Irlanda a partire dal 2001, mentre negli Stati Uniti, dopo un rapporto curato dall'IOM, Institute of medicine, un'agenzia no profit di ricerca, rapporto che nel 1999 stimava in circa un milione gli americani danneggiati ogni anno da errori nelle cure, con probabili centomilaPag. 4decessi, fu lanciato nel 2000 un piano nazionale per la prevenzione degli errori medici, che sta dando positivi risultati.
In Italia i dati sono molto variabili, non esistendo ancora un sistema di raccolta unico ed omogeneo, e vanno dai 14 mila incidenti mortali previsti dall'AAROI ai 50 mila previsti da Assinform. Standardizzandola per popolazione e sistema, la cifra più vicina al reale è quella più bassa, avvalorata anche da una ricerca del Cineas, Consorzio universitario per l'ingegneria delle assicurazioni del politecnico di Milano, che giunge alla conclusione che circa il 4 per cento degli otto milioni di italiani ricoverati è vittima di errori medici. Si tratterebbe, quindi, di circa 320 mila casi l'anno, che comportano all'incirca 14 mila decessi.
L'emergere degli errori sanitari, veri o presunti che siano, ha anche comportato un notevole incremento delle spese, sia per i risarcimenti, sia per il contenzioso, sia per i costi assicurativi, che sono in crescita esponenziale, tanto da creare difficoltà ai singoli professionisti e alle aziende sanitarie.
Recentemente, la questione della sicurezza delle cure è stata oggetto di una discussione molto pertinente ed approfondita del Consiglio nazionale della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, che, all'unanimità, ha licenziato un documento su «Errori umani ed errori dei sistemi: le responsabilità del medico», che sottopone all'attenzione delle istituzioni e di tutti i soggetti coinvolti alcune proposte operative, raccolte in cinque blocchi, volte a ridurre gli errori e a garantire più qualità e sicurezza delle cure ai cittadini.
Infine, i Governi succedutisi alla guida del Paese negli ultimi anni non sono stati insensibili sull'argomento. Nel 2003 fu istituita la Commissione tecnica nazionale sul rischio clinico, che elaborò, in un documento intitolato «Risk management in sanità. Il problema degli errori», una raccolta di riflessioni e raccomandazioni utili agli operatori sanitari. È stata anche attivata una rilevazione nazionale sulle iniziative per la sicurezza del paziente nelle strutture del Servizio sanitario nazionale e il Piano sanitario nazionale 2006-2008, inoltre, fornisce indicazioni sulle strategie da adottare per la gestione del rischio clinico. Nel 2005 è stato avviato il progetto di ricerca «La promozione dell'innovazione e la gestione del rischio», finanziato dal Ministero della salute con la partecipazione di nove regioni, due aziende ospedaliere, un ateneo universitario ed un soggetto privato, che ne è anche cofinanziatore.
Lo scorso 11 maggio, inoltre, Il Consiglio dei ministri ha approvato, su proposta del Ministro della salute, un disegno di legge che introduce nell'ordinamento disposizioni in materia di sicurezza delle strutture sanitarie e gestione del rischio clinico: tale disegno di legge è attualmente in discussione presso la 12a Commissione (Igiene e sanità) del Senato.
In questi mesi, la XII Commissione della Camera ha lungamente discusso della proposta in maniera approfondita e appassionata e, con un voto a maggioranza, ha dato mandato al relatore a riferire negativamente all'Assemblea, sulla base di due principali valutazioni. Innanzitutto, il Senato, con deliberazione del 19 luglio 2006, ha istituito la Commissione parlamentare d'inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale. Ricordo che analoghe Commissioni di inchiesta sono state istituite in Senato sia nella XIII, sia nella XIV legislatura.
La delibera istitutiva della citata Commissione monocamerale prevede, all'articolo 2, comma 6, l'acquisizione di elementi conoscitivi sul risk management, la gestione del rischio in medicina nei suoi aspetti scientifici ed organizzativi e la predisposizione di un sistema di identificazione tempestiva degli eventi avversi e dei dati sulle infezioni ospedaliere.
È indubbio che la creazione di una seconda Commissione che eserciti le sue funzioni su questo argomento potrebbe comportare il sovrapporsi di competenze ed azioni che, considerati i poteri giuridici conferiti alla Commissione, rischiano di creare confusione e disorientamento. Inoltre, come affermato nel documento dellaPag. 5Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, la complessità tecnico-organizzativa delle attività, la molteplicità delle relazioni intraprofessionali ed interprofessionali e l'invasività delle nuove tecniche e tecnologie di diagnosi e cura definiscono un sistema che tende a produrre, al suo interno, condizioni che favoriscono il manifestarsi degli errori.
In tal senso, senza nulla voler sottrarre agli ambiti di responsabilità individuale - laddove presenti -, l'errore in sanità modifica sostanzialmente la propria natura. Un'analisi dell'errore adeguata, quindi, necessita di una conoscenza accurata dei modelli organizzativi, delle complessità tecnico-strutturali delle attività e dei processi decisionali che solo una Commissione che lavori sul terreno globale della conoscenza approfondita dell'organizzazione dei servizi sanitari può fornire.
È pur vero che il Regolamento stabilisce, all'articolo 141, comma 3, che due Commissioni di Camera e Senato che agiscono sullo stesso terreno possono coordinarsi nei lavori, ma noi crediamo che ciò debba essere più cogente, al fine di consentire un lavoro proficuo.
La seconda valutazione è stata svolta con riferimento alla questione dei cosiddetti costi della politica, che è ai primi posti dell'attenzione dell'opinione pubblica e delle istituzioni, tanto che lo stesso ufficio stampa della Camera ha ritenuto opportuno documentarla in un dossier. Si tratta di un problema che ha acquisito una forza tale che una sua correzione è ritenuta vitale per lo stesso futuro della democrazia italiana.
A tale proposito, il Consiglio dei ministri lo scorso 13 luglio ha approvato un disegno di legge di venticinque articoli che, attraverso processi di riorganizzazione istituzionale e tagli di spese, permetterà a regime un risparmio di 1,3 miliardi di euro.
Anche a livello parlamentare si stanno facendo lodevoli tentativi di limitare le spese di funzionamento. Il bilancio discusso nella giornata di ieri ne è un esempio, ma l'evidenza è che, malgrado queste misure, il Parlamento italiano comunque costa ancora molto di più delle analoghe Camere di Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna.
Credo, quindi, che dobbiamo avere il massimo senso di responsabilità nell'uso delle risorse pubbliche che ci vengono destinate.
Proprio partendo da queste due considerazioni, è stata presentata una proposta di legge sull'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale e sulla sicurezza delle cure prestate, di tipo bicamerale. Tale proposta di legge ha iniziato il suo iter presso la XII Commissione e, se approvata da Camera e Senato, permetterebbe di riassorbire in una bicamerale sia la Commissione di inchiesta già operante al Senato sia la Commissione prevista dalla proposta che oggi è alla nostra attenzione.
Ciò sicuramente permetterebbe anche ai deputati di avvalersi di strumenti che, come già accade per i senatori, consentano l'esercizio pieno di quel ruolo di controllo approfondito che viene esplicato normalmente con l'attività di sindacato ispettivo. Si tratta di un controllo che permette di avere piena consapevolezza dei fenomeni di criticità del sistema in generale e nelle sue diversificate realizzazioni regionali, in modo da acquisire quegli elementi indispensabili a suggerire le idonee correzioni in sede sia normativa sia gestionale.
Solo da un'analisi attenta, approfondita e rigorosa del contesto e delle modalità che determinano l'errore possono essere estrapolate quelle misure correttive che consentono di migliorare e rendere più sicure le prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale. Una collaborazione e interazione strutturata tra deputati e senatori, inoltre, non può che migliorare la capacità di analisi e proposta.
Facendo ciò, credo che daremo prova di responsabilità politica e di sana e buona amministrazione.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, deputato Palumbo.
GIUSEPPE PALUMBO, Relatore di minoranza. Signor Presidente, il mio interventoPag. 6di questa mattina ripercorrerà l'iter della proposta di inchiesta parlamentare in discussione ed i motivi per cui, insieme a numerosi colleghi di maggioranza, ma anche di opposizione, abbiamo proposto l'istituzione della Commissione d'inchiesta parlamentare in questione.
Ho apprezzato molto la relazione dell'onorevole Di Girolamo, soprattutto nella sua premessa, in quanto in essa si rilevano i profili di urgenza e di importanza dell'istituzione di una Commissione di inchiesta.
Le notizie di stampa di questi ultimi periodi hanno denunciato frequentemente il consistente fenomeno che normalmente viene chiamato malasanità, derivato spesso da presunti errori medici e paramedici che avrebbero provocato un numero impressionante di morti - il collega Di Girolamo ha dichiarato circa quindicimila morti l'anno - o comunque di danni gravi ai pazienti ricoverati.
Tali dati sono emersi anche in un convegno dell'AIOM, organizzato presso l'Istituto tumori di Milano, ma in realtà si tratta probabilmente di stime eccessive, dal momento che in Italia non esistono dati ufficiali su tale fenomeno. Disponiamo, come già è stato detto, di studi internazionali molto difformi tra loro, riferiti al sistema sanitario di altri Paesi, che sicuramente non è paragonabile né simile a quello italiano. Forse dallo studio relativo alla Gran Bretagna emerge un Paese simile al nostro per quanto riguarda la popolazione. I dati epidemiologici e del servizio sanitario pubblico potrebbero, quindi, essere simili ai nostri.
Le stime, invece, che spesso vengono diffuse dei giornali e dai mass media si rivolgono a studi riferiti soprattutto agli Stati Uniti, che hanno un sistema sanitario molto più dispendioso del nostro - quasi il doppio delle risorse di finanza pubblica viene destinato alla sanità rispetto all'Italia - e un sistema organizzativo completamente diverso da quello italiano. Quindi, i dati degli errori in campo sanitario riferiti agli Stati Uniti non possono sicuramente essere paragonati a quelli italiani.
Tuttavia, al di là del sapore più o meno scandalistico delle denunce, non si può nascondere che una parte di verità, anche in Italia, vi sia.
È pur vero che la durata della vita media ha subito un incremento dovuto in parte all'aumento del reddito e, dunque, al miglioramento delle condizioni economiche e di vita dei cittadini; tuttavia, parte del merito è anche ascrivibile alla qualità dell'assistenza medico-ospedaliera di cui godono i cittadini italiani.
Pertanto, se, da un lato, vi è sicuramente un aumento delle cause giudiziarie per il risarcimento dei danni dovuti ad errori medici nell'assistenza sanitaria in Italia, dall'altro, grazie all'assistenza sanitaria, abbiamo registrato un notevole incremento della durata della vita media.
Secondo due importanti demografi (Jim Oeppen, dell'Università di Cambridge e James Vaupel dell'Istituto Max Planck di Rostock, in Germania), negli ultimi cento anni l'allungamento dell'aspettativa della vita media è stato assai regolare, con un incremento di tre mesi ogni anno, e non vi è nulla che lasci pensare che tale incremento debba arrestarsi. Quindi, pur non negando l'esistenza del problema sanitario - senza dubbio di notevole entità - non è giusta, a nostro modo di vedere, la generalizzazione che spesso viene operata dai mass media.
Data la delicatezza della questione, si impone un approfondimento in sede parlamentare e si propone l'istituzione di una Commissione monocamerale di inchiesta (spiegherò poi il motivo del carattere monocamerale, pur essendo pienamente d'accordo, in linea di principio, anche sulla istituzione di una Commissione bicamerale) per distinguere i cosiddetti casi di «malpractice» da quelli di «errore» vero e proprio e per approfondire anche in sede scientifica le cause dei cosiddetti errori sanitari.
In questa sede, mi permetto di presentare un testo alternativo a quello proposto nella prima relazione: la proposta di tale testo alternativo è dovuta alla discussione - ampia e collaborativa, devo dire - che si è svolta in Commissione affari socialiPag. 7della Camera, tra le varie componenti della Commissione stessa, ed è, come potete sicuramente constatare, il risultato dell'integrazione del testo originariamente presentato da me, come primo firmatario, con le principali disposizioni contenute nella proposta di legge n. 2814, di cui è primo firmatario l'onorevole Di Girolamo, presentata successivamente a questa (riguardante, in pratica, l'istituzione della Commissione bicamerale), e con quanto contenuto soprattutto negli emendamenti, riferiti alla originaria proposta di legge, presentati in Commissione affari sociali dagli onorevoli Astore, Montani e da altri, volti ad attribuire alla Commissione d'inchiesta anche compiti di verifica dell'appropriatezza delle prestazioni ospedaliere, della qualificazione dell'assistenza ospedaliera in direzione dell'alta specialità, nonché di controllo - è questo il vero fatto nuovo - della spesa sanitaria sostenuta dai cittadini nelle aziende sanitarie locali e, in generale, nelle strutture accreditate presso il Servizio sanitario nazionale.
Inoltre la Commissione di inchiesta - nel testo alternativo che propongo - ha il compito di indagare lo stato di attuazione e di reale funzionamento, nonché la realizzazione, degli obiettivi nell'ambito delle ASL e dei distretti socio-sanitari. Ulteriore obiettivo della Commissione - come è stato giustamente sottolineato più volte in Commissione dagli onorevoli Astore e Montani nei loro emendamenti - è anche quello di acquisire, con la collaborazione delle regioni interessate, tutte le informazioni per valutare le condizioni politiche, amministrative e gestionali che hanno contribuito a provocare i disavanzi regionali.
L'ultima legge approvata in questa Camera è stata proprio quella volta a ripianare i disavanzi fino al 2005, e la proposta di ripiano avanzata, riferita soprattutto a quelle quattro o cinque regioni che registravano disavanzi notevoli, prevedeva che queste ultime presentassero dei piani di rientro chiari ed attuabili; altrimenti, il disavanzo non sarebbe stato ripianato.
Conseguentemente, quindi, la Commissione avrà il compito di verificare, nelle regioni interessate dai maggiori disavanzi sanitari, l'esistenza di sprechi nell'utilizzo delle risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, l'adeguatezza delle strutture e delle tecnologie, valutando anche l'attuazione degli adempimenti relativi al programma straordinario di ammodernamento tecnologico a livello regionale e la trasparenza ed efficienza del sistema regionale di finanziamento delle ASL e delle strutture erogatrici.
Vorremmo cercare, in pratica, di valutare come vengono amministrati i fondi del sistema del Servizio sanitario nazionale che, come voi tutti sapete, rappresentano la più grossa percentuale di spesa delle regioni (circa il 70-80 per cento della spesa regionale). Ciò per me rappresenta un fatto nuovo e molto importante che ci permetterà finalmente di fare chiarezza su molte delle strutture presenti a livello regionale e che spesso poi - diciamolo tranquillamente - possono essere anche causa della cosiddetta malasanità.
In particolare, l'articolo 1 della nuova proposta di legge prevede l'istituzione di una Commissione di inchiesta monocamerale e definisce lo scopo a cui è diretta.
L'articolo 2 definisce i criteri di composizione della Commissione e la durata della stessa. L'articolo 3, modificato in massima parte, definisce i compiti precipui della Commissione che, oltre ad indagare sugli errori sanitari delle strutture pubbliche e private, ha il compito di individuare le cause di tali errori, di indagare su eventuali carenze nella formazione del personale medico e paramedico, nonché di individuare eventuali correttivi da apportare nel percorso formativo delle suddette categorie e di definire i criteri per il rafforzamento della responsabilità dei direttori sanitari. Ha, inoltre, il compito di migliorare i controlli delle strutture sanitarie e di individuare ogni correttivo utile a migliorare il servizio sanitario.
Come ho già affermato, i compiti della Commissione sono stati implementati seguendo sia le indicazioni contenute nella proposta di legge n. 2814, di cui l'onorevole Di Girolamo è primo firmatario, sia quelle contenute nelle proposte emendativePag. 8degli onorevoli Astore e Montani che hanno ottenuto il parere favorevole della Commissione.
L'articolo 4 individua i poteri e i limiti della Commissione, che sono quelli - come ha già ricordato l'onorevole Di Girolamo - dell'autorità giudiziaria. La Commissione deciderà anche sulla necessità di segretare gli atti e i documenti utilizzati ai fini dell'indagine.
L'articolo 5 disciplina l'obbligo del segreto e l'articolo 6 prevede l'adozione di un regolamento interno per i lavori della Commissione, che sia comunque conforme alle norme del Regolamento della Camera dei deputati relative alle inchieste parlamentari, e pone a carico del bilancio della Camera dei deputati le spese per il funzionamento della Commissione.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIUSEPPE PALUMBO, Relatore di minoranza. Vorrei concludere su questo punto, dato che l'onorevole Di Girolamo ha accennato ai problemi dei costi della politica. Faccio presente che, mentre la Commissione monocamerale, in considerazione delle sue modalità di attuazione e del presupposto della collaborazione con l'omologa Commissione esistente al Senato, necessita di un contributo di 100 mila euro l'anno, per una Commissione bicamerale normalmente è richiesto un contributo di 250 mila euro. Due Commissioni che collaborano, una alla Camera e una al Senato, comporterebbero una spesa di 200 mila euro; mentre una Commissione bicamerale costerebbe circa 250 mila euro.
Non si tratta di risparmiare 50 mila euro (penso che tale cifra non incida eccessivamente sul bilancio della Camera), ma è un problema di funzionalità e, soprattutto, di urgenza dell'istituzione della Commissione. Se non dovesse essere approvata la forma monocamerale, l'istituzione di una Commissione bicamerale al Senato sicuramente richiederebbe tempi maggiori e questo ramo del Parlamento non potrebbe sicuramente acquisire dati importanti e necessari in un settore così rilevante quale quello concernente la salute dei cittadini.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
ANTONIO GAGLIONE, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevoli deputati, il Governo si rimette all'Assemblea per quanto riguarda l'istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario.
Intervengo solo per esporre una semplice osservazione che ho svolto in Commissione e che sento il dovere di riproporre in Assemblea. Il sistema sanitario italiano nel suo complesso opera non bene ma benissimo e gli errori sono un evento eccezionale e straordinario. Statistiche internazionali pongono il nostro sistema nei primissimi posti e mi permetto di dire che, se consideriamo il rapporto costo-benefici, esso può essere collocato al primo posto in campo mondiale.
Paragono il sistema sanitario nazionale ad una foresta che quando cresce non fa rumore. Un albero che cade fa molto rumore. Per un albero che cade, però, ci sono tanti alberi che crescono in silenzio, e li paragono a molti medici, infermieri, insomma a molte persone che lavorano con sacrificio nell'ambito del sistema sanitario nazionale, nei confronti delle quali il Governo esprime apprezzamento.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mazzaracchio. Né ha facoltà.
SALVATORE MAZZARACCHIO. Signor Presidente, prendo atto con soddisfazione che sia il relatore per la maggioranza sia quello di minoranza avvertono una particolare sensibilità per la problematica sanitaria, e ciò è importante. Tuttavia, non vorrei che, trovandoci di fronte a due iniziative, facessimo la fine dell'asino di Buridano che, per non scegliere tra paglia e fieno, alla fine morì di fame. Spero che ciò non avvenga in un settore così importante e delicato.
È vero, come ha affermato il sottosegretario, che in definitiva la sanitàPag. 9italiana non è poi tra le peggiori e vi si riscontrano delle punte di eccellenza. Però - attenzione - quando l'Organizzazione mondiale della sanità dichiara che siamo al secondo posto dopo la Francia, si riferisce soprattutto al fatto che offriamo tutto a tutti e, probabilmente, non lo facciamo molto bene. In altre parole, vi sono carenza di strutture (ciò è innegabile) ed insufficienza di tecnologie, e vi è confusione nel mondo del personale: tutto il pianeta della sanità si trova, in fondo, in uno stato confusionale.
Allora, credo che, qualunque iniziativa si intraprenda in questo campo, essa possa costituire un valido contributo per migliorare la situazione.
Certamente mi sembra inconcepibile che un ramo del Parlamento, la Camera dei deputati, non si debba occupare di sanità come sta facendo il Senato.
Il Senato ha costituito la sua Commissione speciale in materia di sanità. È vero, come sostiene il collega Di Girolamo, che nessuno impedisce ad un ramo del Parlamento di costituire una Commissione d'inchiesta; tuttavia, una cosa è una Commissione di inchiesta occasionale, altro una Commissione d'inchiesta permanente.
A mio avviso, non possiamo esimerci dall'occuparci in maniera permanente di sanità, perché è vero - lo ricordo a me stesso - che l'organizzazione della sanità spetta alle regioni, però è altrettanto vero che la tutela della salute pubblica è compito dello Stato.
Quindi, lo Stato non può erogare in continuazione risorse finanziarie senza verificare successivamente come vengono impiegate, e l'attuale organizzazione delle regioni (chi più, chi meno) è molto deficitaria, non tanto per colpa di Tizio o Caio, quanto per la normativa, di per sé sbagliata.
Come è concepibile che migliaia e migliaia di miliardi vengano in definitiva affidati ad una sola persona, ad un certo direttore generale, di cui si ignora la provenienza (perché anche i titoli richiesti sono minimali)? Ci troviamo di fronte a professionisti che non hanno mai letto in vita loro una delibera, che non hanno mai letto un trattato di diritto amministrativo, che non sanno nulla di nulla; eppure maneggiano migliaia di miliardi! Questo non è più possibile! È di tali questioni che la Camera, il Senato e il Parlamento nel suo complesso si devono occupare, se si vuole dare una sterzata.
Lo so che vi sono i centri di eccellenza. Certo, non siamo ancora arrivati al punto di usare protesi provenienti non so da quali Paesi sudamericani e non abbiamo utilizzato i cristallini provenienti dalla Cina! Il che significa che abbiamo ottime professionalità: è vero. Professionalità che anche esportiamo; ma ciò non è sufficiente per garantire ai cittadini un servizio adeguato. Perciò, se siamo tutti convinti delle inefficienze che ho descritto, facciamo il primo passo!
La proposta dell'onorevole Palumbo di istituire una Commissione di inchiesta sugli errori in campo sanitario - parliamoci chiaro - è il primo passo per arrivare all'istituzione di una Commissione di inchiesta bicamerale: infatti il Senato, dopo avere istituito la sua Commissione, logicamente non ha più alcun interesse a dialogare con la Camera per cercare di trovare un punto d'incontro. Nel momento in cui dovessimo approvare la proposta di legge in esame, mi piacerà vedere se il Senato assumerà o meno l'iniziativa di dialogare anche con l'altro ramo del Parlamento, ossia con la Camera. Infatti, si tratterà di vedere, poi, chi arriverà prima a condurre l'indagine.
Quindi, per non creare confusione, credo che sarà molto più facile trovare un punto di intesa. Oggi non ci siamo riusciti e, al riguardo, non si può non chiamare in causa anche la responsabilità dei Presidenti dei due rami del Parlamento, per la loro sensibilità in materia: non è, infatti, concepibile non occuparsi di un problema così delicato, di un settore così delicato come la sanità.
In questa sede si sono costituite Commissioni di inchiesta di tutti i tipi, perfino per i rifiuti! Siamo d'accordo che si tratta di un problema importante, ma la vita umana è certamente molto, ma molto più importante!Pag. 10
Credo che l'istituzione della Commissione sia un passo che va compiuto; dopodiché, il dialogo diventerà più facile anche con il Senato. Teniamo presente che stiamo parlando dell'80 per cento dei bilanci della sanità, rispetto ai quali, peraltro, le regioni non sono autosufficienti. Sono risorse finanziarie - tutti lo sappiamo - che vengono distribuite in prevalenza dallo Stato.
Lo Stato, quindi, non può restare indifferente, anche perché questa cifra - è inutile farci illusioni - è destinata ad aumentare ogni giorno, perché cresce la tecnologia, crescono le esigenze e le sensibilità dell'utenza. Essa, infatti, in precedenza trascurava la salute, mentre oggi si reca dal medico; auspichiamo, tra l'altro, che ci si rechi sempre di più, anche in modo preventivo, per evitare le cure e per prevenirle. Per tali ragioni, la spesa è destinata ad aumentare.
È necessario porre un rimedio serio e fare il primo passo in questa direzione, e vedrà, onorevole di Girolamo, che il Senato troverà con noi un punto di incontro e insieme svolgeremo veramente un lavoro serio. C'è molto lavoro da fare, a cominciare - ripeto - dall'organizzazione, che è insufficiente, da coloro che dirigono la sanità nelle regioni, dalla normativa che li pone nelle condizioni di esercitare un potere troppo forte, senza possedere le basi giuridiche, amministrative e storiche per poter affrontare la complessità di problemi così seri e delicati.
C'è un lavoro serio da compiere. Ritengo che sia possibile prepararci ad agire insieme in un'unica direzione e che riusciremo ad ottenere risultati, probabilmente, mai raggiunti in precedenza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Zanotti. Ne ha facoltà.
KATIA ZANOTTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo a nome del gruppo Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo. Abbiamo condotto una discussione lunga in Commissione e avanzo alcune considerazioni, anche alla luce delle due relazioni, di maggioranza e di minoranza, presentate questa mattina.
La malasanità e gli errori in sanità sono una realtà - lo abbiamo ripetutamente affermato - che desta molta preoccupazione fra i pazienti del sistema sanitario. È vero che la stampa offre di tale realtà una lettura spesso emergenziale e allarmista, ma è altrettanto vero - lo voglio sottolineare - che è attraverso lo spazio che essa dedica a tali temi che l'agenda politica li ha assunti. Infatti, li ha assunti alla luce delle denunce e per fornire una risposta attivando un governo degli errori in sanità in grado di ridurre in modo drastico i danni per i pazienti che, ovviamente, sono sempre più preoccupati. A tale proposito, ricordo l'episodio di Castellaneta, in cui è difficile ragionare solo in termini di errore sanitario.
Proprio per il senso di responsabilità che richiede un tema di tale rilevanza e delicatezza, affermo subito che, pur accogliendo e condividendo le questioni sollevate anche con la proposta della minoranza - l'atto a firma dell'onorevole Palumbo, oggi all'esame dell'Assemblea -, il gruppo Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo non condivide la costituzione di una Commissione monocamerale sugli errori in campo sanitario.
La ragione è molto semplice e la esporrò. Desidero altresì affermare che è la ragione che mi ha portato a sottoscrivere con gli altri capogruppo di maggioranza della XII Commissione, poiché ne condivido l'obiettivo, la proposta di legge per l'istituzione di una Commissione bicamerale di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale e sulla sicurezza delle cure prestate. Tale proposta, come sappiamo, è già in discussione in Commissione.
Infatti, a differenza di quanto proposto dall'onorevole Palumbo, l'obiettivo della proposta di legge della maggioranza (atto Camera 2814) è creare - in ciò risiede l'argomentazione più convincente - uno strumento che non si sovrapponga all'opera svolta dalla Commissione di inchiesta già istituita sulla stessa materia al Senato ma che, al contrario, possa unificarePag. 11in un'unica sede il lavoro dei due rami del Parlamento su tale tema, al fine di evitare una disarticolata duplicazione di interventi, con evidente spreco di energie e di risorse pubbliche. La Commissione bicamerale di inchiesta, così come proposta nel progetto di legge della maggioranza, a prima firma dell'onorevole Di Girolamo, non si limiterà, tra l'altro, alla sola indagine sugli errori in sanità ma, ampliando il campo del suo lavoro, intende approfondire gli aspetti più complessi relativi all'organizzazione sanitaria stessa per affrontare le vicende di malasanità nel modo più approfondito possibile e trovare risposte strutturali al problema.
Ogni anno vi sono 32 mila morti in ospedale causate da errore medico; si tratta di una stima proveniente dall'ISTAT e pertanto ritengo sia credibile. Infatti, sappiamo che i dati nazionali disponibili hanno origine da diverse fonti e spesso non sono coincidenti, oppure rappresentano una proiezione della letteratura internazionale - a partire dal rapporto degli Stati Uniti del 2000, più volte citato - oppure ancora si riferiscono a studi e sperimentazioni condotti in grandi o piccoli centri di cura italiana. Pertanto, tali dati si presentano molto diversificati. Secondo l'ISTAT, a tali 32 mila morti bisogna aggiungere 300 mila casi di danni alla salute più o meno gravi, con un danno economico di circa 260 milioni di euro all'anno. Uno su sei di tali errori non è frutto di negligenza o incompetenza, bensì della fallibilità del ragionamento umano. Riporto un giudizio dell'ISTAT ed aggiungo una considerazione relativa a dati più recenti. Sotto accusa è persino la compilazione di ricette e prescrizioni mediche. La proverbiale brutta scrittura dei medici è responsabile di circa il 61 per cento degli errori negli ospedali statunitensi. Sotto accusa è, ripeto, la compilazione di ricette e prescrizioni ma i camici bianchi - secondo tale lavoro americano - adesso possono trovare nelle tecnologie un prezioso alleato. Infatti, grazie all'uso dei palmari in corsia tale tipo di errore è diminuito di ben il 66 per cento. Eppure, gli errori in ospedale causati dalla scrittura incomprensibile dovrebbero far alzare enormemente la guardia. Si pensi che è sufficiente un semplice decimale fuori posto per sbagliare il dosaggio; si pensi altresì a medicine che hanno un nome molto simile e a come tutto ciò possa provocare conseguenze gravi per la salute del paziente.
Per contrastare tale problema, la comunità scientifica internazionale propone come efficace l'approccio che attribuisce prevalentemente al sistema organizzativo, oltre che ai singoli, la responsabilità di fornire sicurezza ai pazienti, sebbene in un contesto culturale rinnovato, aperto alla trasparenza, al riconoscimento dell'incidente ed al coinvolgimento di tutte le parti in causa: i gestori, gli operatori e i pazienti. Mi limito solo a fare un inciso sul consenso informato, che dovrebbe essere maggiormente applicato e reso molto più efficace. Il cuore del problema risiede nella circostanza che le cure vengono progettate, proposte e offerte da sistemi orientativi complessi, che si relazionano con il paziente, il quale, tuttavia, molte volte si trova in condizioni di impedimento a causa della malattia o comunque spesso è solo parzialmente informato. Esiste tale sistema complesso, che si relaziona con il paziente attraverso persone, ovviamente competenti e in buona fede. Tuttavia, può verificarsi anche l'errore.
È evidente però che il rischio in ambito sanitario non è esclusivamente legato all'errore umano, ma è un problema vecchio e gestirlo comporta attività innovative e specifici strumenti di governo.
È anche vero che la cultura imperante è più spesso orientata all'isolamento e alla punizione dei colpevoli, piuttosto che alla costruzione di sostegni organizzativi. Incentiva l'adozione di comportamenti professionali difensivi, spesso inappropriati - lo sappiamo - motivati anche dalla tendenza della giurisprudenza in atto che, per facilitare la risarcibilità, riconosce la responsabilità in maniera assai estesa.
Il tema è troppo serio - i colleghi ne sono consapevoli, è inutile sottolinearlo - per diventare oggetto di strumentalizzazione di parte e non c'è dubbio che l'iniziativaPag. 12dei colleghi dell'opposizione colga il problema in tutta la sua rilevanza; tuttavia lo strumento non è convincente, per le ragioni che ho poc'anzi esposto e che illustrerò rapidamente alla fine del mio intervento.
Voglio peraltro sottolineare a questo riguardo - i colleghi ugualmente ne sono ampiamente informati - che sia il precedente Governo che l'attuale non se ne sono stati, per così dire, con le mani in mano di fronte a questo problema.
Ricordo il progetto di ricerca avviato nel 2005, finanziato dal Ministero della salute relativo alla gestione del rischio. Ricordo ancora - a conferma del fatto che il Governo non è rimasto inerte, fermo a guardare - la rilevazione nazionale, in ragione anche dei dati recenti emersi, sulle iniziative per la sicurezza del paziente nelle strutture del sistema sanitario. È un'indagine che è stata svolta con questionari ad hoc ai quali hanno risposto 213 strutture pubbliche, dalle aziende sanitarie ai policlinici e agli istituti di cura e ricerca, distribuite su tutto il territorio. Da tale indagine si rileva che di lavoro ne è già stato fatto: fra le misure adottate, al primo posto si trovano quelle volte a prevenire le infezioni ospedaliere, seguite dall'utilizzo sicuro del sangue, dagli aspetti ambientali, dalla sicurezza nell'uso dei farmaci, dalla gestione delle informazioni, dall'organizzazione nel lavoro, dai rischi evitabili nell'attività diagnostica e negli interventi chirurgici.
Dall'indagine emerge, inoltre, che il 43 per cento delle strutture dispone di un sistema di segnalazione o rilevazione di eventi avversi evitabili. Al primo posto figurano le strutture del nord-est, seguite da quelle del nord-ovest, dal centro e poi dal sud e dalle isole.
Dico ciò per rilevare che attività, iniziative e interventi ad hoc sono già in corso nel nostro sistema sanitario, tant'è che alla luce di questi risultati gli esperti ministeriali sostengono la necessità di promuovere la gestione del rischio clinico e diffondere la cultura della sicurezza basata sul principio di imparare dall'errore, rafforzare i meccanismi di tutela dei cittadini, dare impulso alla formazione continua sul tema e definire un linguaggio omogeneo sul territorio nazionale.
L'evento scandaloso di Castellaneta ha dato indubbiamente un ulteriore impulso al Ministero della salute e a maggio il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge - oggi in discussione al Senato, ma verrà poi trasmesso alla Camera - sulla qualità e la sicurezza delle cure. Tale provvedimento peraltro stabilisce l'istituzione di specifiche unità per la sicurezza in ogni azienda sanitaria e ospedale, introducendo in tal modo in via permanente tali strutture e funzioni all'interno del sistema sanitario. Ritengo che tutto ciò vada rilevato e sottolineato per la sua importanza.
Questo disegno di legge - mi avvio alla conclusione - è motivato dall'esigenza di assicurare criteri di maggior rigore nei controlli delle attività e delle apparecchiature destinate agli interventi e alle prestazioni erogate dalle strutture del sistema sanitario. Voglio dire questo perché il Governo si sta muovendo, anche con questo provvedimento, in un'ottica di intervento molto più ampia.
Condivido anch'io l'opportunità dell'attivazione di uno strumento di conoscenza delle criticità all'interno del Servizio sanitario e condivido altresì l'importanza di prevedere un terreno di indagine più ampio rispetto a quello prospettato dalla proposta oggi in esame, a firma dell'onorevole Palumbo, perché consideriamo più efficace e più incisivo indagare sul contesto dato dall'interazione fra le diverse professionalità, dalle modalità delle decisioni e dalla complessità tecnico-organizzativa del sistema. Per questo motivo, un'unica Commissione bicamerale d'inchiesta appare indubbiamente più utile ed efficace.
In conclusione, poiché tutti condividiamo la questione e la delicatezza del tema e l'idea di intervenire, attivando strumenti ad hoc che accompagnino il lavoro del Governo ma servano anche per aggiornare, a conclusione di questa indagine, la strumentazione normativa, è auspicabile,Pag. 13ragionevole e possibile che possa esserci una mediazione fra maggioranza e opposizione.
Naturalmente si tratta di un auspicio, con il quale concludo questo intervento. In ogni caso ribadisco che, se rimarrà all'esame dell'Assemblea la proposta a prima firma dell'onorevole Palumbo, per quanto ci riguarda, come gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, esprimeremo un voto contrario.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Ulivi. Ne ha facoltà.
ROBERTO ULIVI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come si può facilmente evincere dai resoconti della Commissione, la mia posizione è assolutamente favorevole all'istituzione di una Commissione d'inchiesta. Nella passata legislatura ho fatto parte di una Commissione di inchiesta del Senato, anzi, proprio di quella sul sistema sanitario, di cui spesso abbiamo parlato e di cui - credo - parleremo in questa occasione. Pertanto, so quali siano le possibilità che un tale strumento offre a scopo di indagine.
In questo caso, il «qualcosa» riguarda davvero tutti e, al di là di una semplice ricognizione di quanto avvenuto finora, l'attività sanitaria, intesa come atto medico, merita qualcosa di più di una semplice indagine conoscitiva.
Ritengo che l'indagine conoscitiva sia lo strumento adatto quando si tratti di sapere quanti adolescenti fumano o quante donne ricorrano al parto cesareo; ma quando parliamo di attività sanitarie che dovrebbero curare e al contrario si rivelano dannose o fatali, sia ciò legato all'imponderabile o ad un errore per negligenza o imperizia dell'operatore o della struttura in assoluto, non credo ci sia qualcuno che possa dire che l'istituzione di una Commissione di inchiesta sia uno sperpero di denaro, anche in tempi di particolare oculatezza da parte delle istituzioni.
Gli strumenti che una Commissione di inchiesta offre sono praticamente pari a quelli in possesso delle procure della Repubblica, uffici, come ben sappiamo, davvero oberati. Pertanto, che senso avrebbe semplicemente indagare su quanti e quali casi di morte o danno si siano verificati in Italia se non potessimo andare a verificare, con mezzi e metodi adeguati, dove e perché si è verificato l'errore? Se si sia trattato di puro errore umano o, ad esempio, di una negligenza che avrebbe potuto essere evitata?
Ricorderete certamente tutti il caso di Castellaneta: pensate che, benché passati inosservati all'opinione pubblica, altri casi simili si sono verificati in ospedali italiani! Si pensi all'applicazione erronea di un protocollo o alla sua erronea interpretazione o, semplicemente, alla leggerezza di un tecnico nel collegare o scollegare un tubo.
Cercate solo di pensare alla differenza sostanziale che intercorre tra questi parametri: sarà facile comprendere l'enormità della differenza, quindi la necessità di uno strumento adeguato. In questo caso, stiamo parlando di indagare sugli errori e non semplicemente di individuarli e conteggiarli. È vero che il sistema sanitario italiano si avvale di personale tra i più qualificati e culturalmente preparati, ma, purtroppo, ciò non ci ha evitato tragedie gravissime quanto inaspettate: cito, solo per fare un esempio, il caso dei pazienti che hanno contratto il virus HIV, a causa del trapianto di organi infetti.
Nel corso della discussione in Commissione è stato affermato che esiste già una Commissione d'inchiesta presso il Senato; tuttavia, mi pare non solo che i suoi compiti siano diversi, ma anche che non possa farcela da sola ad indagare, controllare e valutare tutto, a parte il fatto che non ritengo opportuno che sia un solo ramo del Parlamento ad occuparsi di situazioni così delicate come quelle che si creano in ambito sanitario.
È anche stata proposta la creazione di una Commissione bicamerale, ma credo che ciò causerebbe la soppressione della Commissione istituita presso il Senato, che lavora già da tempo e che ha intrapreso strade tali che sarebbe davvero un danno aggiunto eliminarla. Inoltre, l'istituzionePag. 14della Commissione bicamerale comporterebbe tempi talmente lunghi da rendere quasi superflua e non più utile l'istituzione della Commissione stessa.
Per tali motivi è mia intenzione perorare la costituzione di questa Commissione d'inchiesta, che certamente si rivelerà uno strumento fattivo, efficace e non dispendioso, per uno scopo utile e doveroso come quello di cui stiamo parlando, oltre che rivelarsi probabilmente un deterrente per eventuali negligenze ancora di là da venire.
Concludo rilevando che, se pure è vero che il sistema sanitario italiano è uno dei migliori del mondo, ciò non vuol dire che esso non possa essere migliorato, individuando le cause ed i possibili rimedi di certe disfunzioni od errori tramite l'istituzione della Commissione di indagine in discussione.
Credo che la relazione di minoranza presentata dall'onorevole Palumbo colga quanto da me proposto; pertanto, credo sia giusto discutere il provvedimento in esame ed, in secondo luogo, dopo tutti gli atti dovuti, approvarlo. Questo è il mio auspicio e spero che, a differenza della Commissione, il Parlamento capisca l'importanza di tale Commissione di inchiesta, quindi approvi il provvedimento concernente la sua istituzione (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Affronti. Ne ha facoltà.
PAOLO AFFRONTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la necessità di istituire una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli errori commessi in campo sanitario appare oggi, alla luce dei dibattiti svoltisi proprio in quest'aula, una esigenza.
Tutti i colleghi ricorderanno - ne sono certo - il dibattito che l'Assemblea ha svolto nella seduta del 16 maggio 2007 (quindi, soltanto un paio di mesi fa), in occasione dell'informativa urgente del Governo in merito alla vicenda dei decessi verificatisi presso l'ospedale di Castellaneta e sulle misure da adottare, avuto riguardo di quanto accaduto anche negli altri ospedali italiani.
Premetto che, come responsabile del settore sanità per il mio partito, i Popolari-Udeur, sono personalmente favorevole all'istituzione di una Commissione parlamentare, magari anche di questo tipo. Lo sono, perché negli anni, nonostante molti provvedimenti assunti, non si è riusciti a dare una risposta rassicurante alle problematiche che si sono presentate a volte in maniera inquietante.
Non occorre fare strumentalizzazioni di tali eventi, anche se si chiede spesso conto direttamente alle istituzioni centrali; tuttavia, il Ministero spesso non dispone di informazioni da monitorare, perché l'informazione verso il livello centrale è scarsa. Ci si dimentica che il servizio sanitario è nazionale e, quindi, deve essere garantito in tutte le strutture delle diverse regioni italiane, pur nel rispetto della autonomia regionale.
Assistiamo ormai costantemente, colleghi, ad una sorta di incapacità da parte delle istituzioni di far fronte ai problemi del servizio sanitario nazionale. Vorrei sottolineare, se mi è concesso, nonostante l'evidenza dell'affermazione, che il sistema sanitario non è un servizio del quale ci si possa limitare ad osservare il lento declino. Come più volte ho già affermato (lo si legge sui giornali e lo si apprende dai telegiornali) e come abbiamo sostenuto tutti noi in quest'aula, la sanità non è materia da sottovalutare. Gli errori e gli eccessivi risparmi, le inefficienze ed i ritardi, le negligenze da parte sia degli operatori sanitari sia delle istituzioni, le crescenti somme di denaro pubblico spese per il settore (a tale proposito, si deve sottolineare che i risparmi in questo settore non possono scendere oltre il livello che garantisce la sicurezza delle cure) ci impongono di considerare seriamente la necessità di provvedere ad individuare le cause del decadimento del nostro sistema sanitario e di porvi rimedio con urgenza.
Come ricordavo all'inizio del mio intervento, appena due mesi fa il Governo si è presentato in quest'aula per riferire sulPag. 15caso gravissimo avvenuto a Castellaneta, ove - tutti lo ricorderete - otto pazienti ricoverati presso l'unità di terapia intensiva coronarica sono deceduti a causa dell'erronea erogazione di protossido di azoto (cioè di un anestetico) proveniente dalla bocchetta destinata all'erogazione dell'ossigeno. Tale errore è costato la vita a ben otto persone: otto vite che hanno dimostrato l'inadeguatezza dell'attività di verifica e controllo da parte delle strutture pubbliche quali la ASL. È emerso, dunque, in modo chiaro - non solo in questa occasione: se ne potrebbero citare molte altre, ma evito di stilare un elenco - che, negli anni, un numero troppo elevato di decessi o danni anche permanenti verificatisi nella nostra penisola sono stati prodotti sia dall'errore umano, sia dai carenti controlli preventivi da parte di chi gestisce l'organizzazione degli ospedali italiani, sia - perché non dirlo? - dalle carenze di organico nelle strutture sanitarie.
Tutti sappiamo che, per quanto riguarda la prevenzione del rischio clinico, il Ministero della salute si è attivato con serietà: di ciò occorre dare atto al Ministro Turco.
Con riguardo, in particolare, al monitoraggio degli eventi avversi - come già ricordava il Ministro della salute - è in corso di revisione il protocollo sperimentale per il monitoraggio dei cosiddetti «eventi sentinella» ovvero di eventi che, sebbene rari, rivestono una particolare gravità. Sono state poi implementate le raccomandazioni e le linee guida dirette agli operatori del settore sanitario. Mi riferisco, in particolare, a quelle relative alla prevenzione degli eventi sentinella; alla comunicazione dell'errore; al corretto utilizzo dei farmaci; alla morte o alla grave disabilità del neonato; alla corretta gestione dei dispositivi medici; alla caduta del paziente; alla morte o al grave danno conseguente ad un malfunzionamento del sistema di trasporto; alla morte o al grave danno conseguente all'inadeguata attribuzione dell'urgenza in sede di selezione del paziente quando egli arriva al pronto soccorso; alla morte o al grave danno da inattesa complicazione post-chirurgica. Tutto ciò è in fase di elaborazione presso il Ministero.
Ricordo poi che il piano sanitario nazionale per gli anni 2006-2008 fornisce le strategie da adottare per la gestione del rischio clinico, per il quale deve essere utilizzato un approccio preventivo e multidisciplinare di sistema, prevedendo attività di formazione e monitoraggio degli eventi avversi. In particolare, la formazione - articolata a livello nazionale, regionale ed aziendale - deve consentire a tutti gli operatori di acquisire la consapevolezza del problema del rischio clinico, in modo da incentivare la cultura della sicurezza.
Il piano prevede, altresì, che le attività di monitoraggio siano condotte secondo un criterio graduato di gravità degli eventi, stabilendo che i tre livelli (nazionale, regionale ed aziendale) possano promuovere le rispettive azioni secondo un disegno coerente e praticabile.
Anche in ambito comunitario, la questione della sicurezza delle cure prestate ai cittadini è, ormai da tempo, uno dei punti fermi degli investimenti.
L'Unione europea, infatti, negli ultimi anni ha avviato diverse iniziative come, ad esempio, l'adozione nel 2005 della Dichiarazione di Lussemburgo sulla sicurezza dei pazienti, con la quale sono state enumerate diverse raccomandazioni a livello europeo, nazionale e di aziende sanitarie in tema di sicurezza delle cure.
In Italia non mancano, peraltro, iniziative parlamentari afferenti ai problemi relativi alla sicurezza dei pazienti come, ad esempio, la proposta di legge (A.C. 2814) presentata dal collega Di Girolamo, oggi relatore di maggioranza del provvedimento riguardante l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale.
Presso l'altro ramo del Parlamento è, invece, all'esame un disegno di legge presentato dal Governo (A.S. 1598), recante disposizioni in materia di sicurezza delle strutture sanitarie e gestione del rischio clinico; si tratta di un provvedimento che miraPag. 16ad introdurre, appunto, nell'ordinamento disposizioni in materia di sicurezza delle strutture sanitarie e gestione del rischio clinico e la cui approvazione consentirà di fornire un sicuro contributo nell'interesse dei cittadini e degli operatori.
Ritengo, dunque, di poter affermare che si sta lavorando, a livello sia governativo - in particolare, da parte del Ministero della salute - sia parlamentare, al fine di porsi nella direzione di migliorare la sicurezza dei pazienti, riducendo al massimo, ove possibile, tanto l'errore umano quanto l'inefficienza del sistema sanitario.
Malgrado, però, le numerose iniziative, riteniamo che molti degli errori accaduti avrebbero potuto essere evitati. A ben vedere, dunque, il lavoro da svolgere è ancora molto. Sappiamo che non è possibile eliminare del tutto gli errori in campo sanitario, da un lato perché la medicina è comunque legata al fattore umano, e perciò spesso fallibile, dall'altro perché, in molti casi, la sempre maggiore complessità tecnologica rende l'errore sempre più presente.
In ultima analisi, vorrei evidenziare ancora un aspetto piuttosto importante e sovente anche determinante nell'analisi delle problematiche afferenti la tematica, che ci vede impegnati nella odierna discussione generale.
Si tratta di un aspetto di cui peraltro mi sono occupato di recente, a nome del mio gruppo dei Popolari-Udeur, attraverso la presentazione di una interrogazione a risposta immediata in Assemblea non più tardi di due settimane fa.
Accade, infatti, sin troppo spesso che le responsabilità per i gravi incidenti occorsi negli ultimi anni negli ospedali italiani vengano imputate quasi esclusivamente ai medici e agli operatori sanitari in generale.
È bene, invece, non tralasciare il fatto, non di poco rilievo, che l'informativa sulla gestione delle strutture sanitarie - i cui direttori sanitari sono tenuti a rendere conto sia alle regioni sia al Ministero della salute - non avvenga in modo costante a livello centrale.
Mi riferisco, in modo particolare, alla cosiddetta esternalizzazione dei servizi sanitari, che non si limita solamente a quelli espressamente non sanitari, i cosiddetti no core: faccio riferimento al fatto che, ad esempio, in situazioni di emergenza, il personale di assistenza viene reclutato da agenzie esterne di lavoro temporaneo, mentre per il personale medico si ricorre troppo spesso a contratti di consulenza.
Meno personale interno, ma più consulenze e ricorso a personale esterno temporaneo comportano sia una minore fidelizzazione sia una minore conoscenza dei protocolli delle singole aziende sanitarie.
I servizi esternalizzati sono poi, in pratica, soggetti a scarsi controlli, poiché la routine impone, di fatto, l'erogazione immediata dei servizi, mentre i controlli effettuati dalle aziende sanitarie spesso si rivelano insufficienti, anche perché manca, all'interno dell'azienda sanitaria stessa, una struttura organizzata con professionalità in grado di controllare e monitorare quotidianamente la qualità delle prestazioni esternalizzate.
Senza considerare, infine, che spesso il principio del contenimento dei disavanzi, cui si richiamano, a volte in maniera esasperata, alcuni direttori generali delle aziende ospedaliere, guidate da un manager diverso da quello che immaginava Donat Cattin al momento della presentazione della riforma, se da un lato produce, come conseguenza immediata, maggiori risparmi, dall'altro comporta anche livelli di assistenza spesso inadeguati o strumentazioni spesso impiegate da personale non sempre preparato e sufficientemente aggiornato.
Come abbiamo visto, dunque, il problema è estremamente delicato. La delicatezza e, al contempo, la complessità della questione relativa agli errori in campo sanitario, che possono provenire sia da un errore propriamente umano sia da scarsa qualità nell'erogazione dei servizi - molti dei quali esternalizzati - richiedono, pertanto, a parere di chi parla, che si approfondisca la questione.
Si avverte, comunque, l'esigenza di una Commissione parlamentare della CameraPag. 17dei deputati o di una Commissione bicamerale, al fine di individuare le cause e la responsabilità degli errori sanitari nelle strutture pubbliche e private del nostro Paese e ciò al fine di evitare che la sequenza negativa degli eventi - senza per questo tralasciare i grandi casi di eccellenza che la sanità italiana presenta - continui. Occorre, quindi, fornire una risposta puntuale all'utenza che attende certezze in termini di efficienza e garanzie dal servizio sanitario nazionale, che deve assicurare livelli essenziali delle prestazioni, ma anche di buon livello in tutte le regioni italiane.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Montani. Ne ha facoltà.
ENRICO MONTANI. Signor Presidente, la Lega Nord è sicuramente favorevole all'istituzione di una Commissione di inchiesta sugli errori in campo sanitario. Bisogna affrontare tale questione, perché, nel recente passato alcuni cosiddetti casi di «malasanità» hanno sicuramente preoccupato l'opinione pubblica. Inoltre, tali vicende sono state trattate in maniera un po' particolare dagli organi di informazione, che prima creano l'allarme nell'opinione pubblica e poi non si interessano più del fatto così come realmente accaduto. Pertanto, nella gente rimane il comune sentire che la sanità, nella nostra nazione, presenta grandi problemi. Però, a nostro avviso non è così, perché vi sono regioni che funzionano, che forniscono servizi efficienti, altre che, purtroppo, non offrono servizi ai cittadini o li forniscono, comunque, in modo carente. Ho letto negli ultimi tempi la relazione della Corte dei conti sulla sanità in Sicilia: sicuramente si tratta di un dato preoccupante.
La Lega Nord è favorevole alla proposta di istituire una Commissione, sia monocamerale sia bicamerale. L'importante, per il nostro gruppo, è che vi sia la volontà politica di approfondire tale situazione, di toccare con mano ciò che i cittadini vivono tutti i giorni sulla loro pelle, al fine di fornire risposte certe. Infatti, crediamo che la politica non debba mirare solo all'erogazione dei fondi che servono alle regioni per mantenere e far funzionare gli ospedali, dovendo rappresentare anche una fase di controllo sulle modalità di spesa delle risorse. Ovviamente su tale punto devo richiamare il decreto-legge cosiddetto «salva deficit», n. 23 del 20 marzo 2007, con il quale il Governo ha - di fatto - pagato i debiti solo di alcune regioni. Infatti, vi sono regioni del nord - come la mia - che hanno tagliato le spese e attualmente stanno affrontando un piano sanitario in consiglio regionale che oso definire «lacrime e sangue» per la sanità del Piemonte: sono, infatti, previsti tagli di spese, chiusure di ospedali e comunque difficoltà oggettive per la sanità della mia regione, ma ritengo anche per le altre regioni del nord. Oltretutto, la presidente Bresso ha annunciato tante volte che avrebbe presentato ricorso alla Corte costituzionale, come la Lombardia ed il Veneto, ma attualmente non mi risulta che abbia presentato il ricorso per cercare di bloccare, attraverso la Corte Costituzionale, tale decreto-legge.
Dunque, esprimo una nota di demerito nei confronti della presidente della regione Piemonte, che, invece di unirsi in una giusta battaglia insieme alla Lombardia e al Veneto, ha preferito in un primo momento dichiarare sui giornali che si sarebbe impegnata in tale direzione e poi, invece, ha fatto finta di niente e proprio ora si affronta tale questione in consiglio regionale.
Siamo sicuramente favorevoli all'istituzione di una Commissione, sia monocamerale sia bicamerale, tuttavia vogliamo aggiungere - proprio in virtù di ciò che ho detto poc'anzi - che abbiamo presentato degli emendamenti, di cui uno è davvero di buon senso - per noi importante - sulle cause dei disavanzi sanitari regionali relativi al periodo 2001-2005.
Dobbiamo capire se vi siano errori umani o se i servizi erogati non siano all'altezza, ma dobbiamo anche capire come vengono spesi i soldi, perché si tratta di una conseguenza che può portare ad incidenti spiacevoli per le persone chePag. 18devono usufruire dei servizi sanitari. Per noi questo punto è veramente importante.
Speriamo che oggi i nostri emendamenti saranno accolti - soprattutto quello a cui ho appena fatto riferimento - perché dobbiamo verificare dove vi siano precise responsabilità. In ogni caso, non è possibile pagare sempre «a piè di lista» (come si suol dire) i debiti che qualcuno fa, mentre vi sono regioni, come ho ricordato, tra le quali la mia, che tirano la cinghia, aprono mutui e chiudono gli ospedali. Si tratta di regioni - mi viene da dire - di fessi. Non so ancora quanto i cittadini del nord siano disposti a passare per fessi, perché mi sembra che una risposta l'abbiano data alle ultime elezioni amministrative, dicendo chiaramente che non sono contenti di come si sta gestendo il Paese.
Il tema della sanità è un tema sicuramente fondamentale perché tutti teniamo alla salute. Ciò mi sembra evidente, anche se spesso viene dato per scontato. Tuttavia, la realtà è che abbiamo tre o quattro regioni con una sanità efficiente ed altre in forte difficoltà che continuano a spendere senza il minimo controllo e poi alla fine non riescono neanche ad erogare una sanità decente. Tale situazione è sicuramente preoccupante.
Ricordo quando, un anno fa, bisognava votare il referendum e qualcuno affermava di temere che si creassero venti sanità nella nostra nazione. Il problema è che vi sono soltanto due sanità: una che funziona, quella di tre o quattro regioni del nord, dove c'è anche un capillare controllo della spesa - anche se vi sono delle sacche, ovviamente anche nelle nostre regioni, sulle quali sarebbe necessario un maggiore controllo - e un'altra sanità di quelle regioni che spendono e non offrono servizi. Si registra, infatti, un'alta mobilità di persone che si fanno curare negli ospedali del nord ponendo in difficoltà tali strutture, tanto che i cittadini, che pagano le tasse per la sanità, si mettono in coda, con liste di attesa sterminate, trovandosi poi nella necessità di fare ricorso al privato. Si tratta di un meccanismo che a noi sicuramente non può far piacere.
Dunque il voto del gruppo della Lega Nord Padania è favorevole alla proposta di istituire la Commissione. Lo ripeto: non è importante se sia monocamerale o bicamerale. Per noi è importante che si faccia e che vi sia la volontà politica di affrontare le questioni.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Di Virgilio. Ne ha facoltà.
DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi sia permesso fare una premessa. Duole che la presente discussione sulle linee generali, di così elevato contenuto e di così delicata importanza per tutti i cittadini, avvenga in un'aula vuota. Mi domando come voteranno nel pomeriggio e su quali elementi baseranno il loro voto i colleghi. Probabilmente il Regolamento dovrà essere rivisto affinché la discussione generale assuma una maggiore importanza. Fatta questa premessa, per correttezza, ma anche per delicatezza e per convinzione, svolgerò il mio intervento, anche se credo cadrà nel vuoto.
Onorevoli colleghi, quotidianamente, dagli organi di stampa apprendiamo di decessi o di gravi conseguenze per la salute dei cittadini determinati da presunti errori medici, oppure da una cattiva organizzazione del sistema sanitario, che fanno registrare, specialmente negli ultimi anni, un forte incremento del contenzioso in materia di responsabilità medica. Si tratta di un allarme crescente e di una sfiducia dei cittadini verso il Servizio sanitario nazionale con la conseguente caduta verticale del rapporto di fiducia medico-paziente.
Questo fenomeno investe aspetti importanti per la sicurezza dei nostri cittadini per cui si rende necessaria l'adozione di soluzioni immediate e concrete, come rafforzare la tutela dei pazienti eventualmente danneggiati da interventi compiuti con negligenza, proteggere la classe media e tutti gli operatori sanitari da procedimenti giudiziari pretestuosi, prevedere, sia a livello ministeriale centrale, sia in ogni struttura ospedaliera, unità operative conPag. 19competenze interdisciplinari per lo studio, la verifica, l'analisi ed il monitoraggio miranti alla prevenzione di tali allarmanti fenomeni.
Non si può certamente negare la possibilità di errori medici imprevedibili e comunque involontari, ma è necessario evidenziare che essi non sono valutabili secondo le dimensioni allarmistiche di dati spesso diffusi con una certa superficialità e che non fanno altro che provocare stupore e preoccupazione tra i cittadini, minando in modo irreversibile il rapporto di fiducia tra medico e paziente, che è alla base da sempre di una medicina a misura d'uomo.
Vanno altresì ricordate le condizioni non ottimali in cui a volte gli operatori sanitari e il medico sono obbligati a lavorare: organici insufficienti, basse risorse economiche e inadeguatezza delle strutture. D'altro canto, il malato va comunque difeso e deve avere un equo indennizzo, qualora incorra in qualche errore (non lui, ma la struttura o gli operatori).
Va altresì ribadito che è opportuno intervenire per ridurre i tempi delle cause legali, che attualmente superano il decennio. Nello stesso tempo, i cittadini possono divenire oggetto della medicina «difensiva», ossia di quella serie di scelte diagnostiche o terapeutiche che i medici operano a volte più per cautela giudiziale, che per reale convincimento scientifico. Nel 2004, la Commissione tecnica sul rischio clinico istituita dal Ministero della salute elaborò una classifica negativa sulle cause di malasanità che vedeva ai primi quattro posti, nel 16,5 per cento dei casi ortopedia e traumatologia, nel 13 per cento oncologia, nel 10,8 per cento ostetricia e ginecologia, nel 10,6 per cento chirurgia generale.
Nel contratto dei medici firmato nel 2005 - sono purtroppo passati oltre diciassette mesi e il rinnovo non è ancora avvenuto - si parla del problema della responsabilità professionale del medico. Cito testualmente il comma 1 dell'articolo 21: «Le aziende garantiscono un'adeguata copertura assicurativa della responsabilità civile di tutti i dirigenti della presente area, ivi comprese le spese di giudizio, ai sensi dell'articolo 25 del contratto nazionale di lavoro, per le eventuali conseguenze derivanti dalle azioni giudiziarie dei terzi». Il comma 5, inoltre, recita: «Le aziende attivano sistemi e strutture per la gestione dei rischi, anche tramite sistemi di valutazione e certificazione della qualità, volti a fornire strumenti organizzativi e tecnici adeguati per una corretta valutazione delle modalità di lavoro da parte dei dirigenti dei quattro ruoli, nell'ottica di diminuire le potenzialità di errore e, quindi, la responsabilità professionale, nonché di ridurre la complessiva sinistrosità delle strutture sanitarie, consentendo anche un più agevole confronto con il mercato assicurativo».
Quanto di ciò che è previsto nelle norme contrattuali è stato realizzato? E perché non lo è stato? Intanto, in questo campo si sta realizzando un autentico business da milioni di euro. Del resto, chi denuncia un medico innocente non rischia proprio nulla. Quindi, perché non investire in un business così promettente? Tale business è ancor più vantaggioso, per il fatto che le assicurazioni - che nella maggior parte dei casi non sono condannate a pagare nulla, poiché fortunatamente due medici su tre vengono assolti - offrono un risarcimento in via extragiudiziale, prima della sentenza, favorendo così involontariamente una corsa al risarcimento facile.
Si stima che l'80 per cento dei chirurghi abbia ricevuto almeno una richiesta di risarcimento o un avviso di garanzia per presunta malasanità e che i sanitari italiani trascorrano un terzo della propria vita lavorativa sotto processo. Sono pochissimi i provvedimenti giudiziari che finiscono con una condanna: due medici su tre, dopo un lungo calvario giudiziario, verranno riconosciuti innocenti, con una pronuncia di assoluzione o di rigetto della domanda avanzata per infondatezza dell'azione e il medico sotto accusa non ha alcun modo per rivalersi, oltre ad aver subito danni anche morali incalcolabili.
Secondo l'Associazione italiana oncologia medica, i costi di tale macchina su base annuale sarebbero pari all'1 per cento del PIL,Pag. 2010 miliardi di euro l'anno, e le denuncie ammonterebbero, secondo i dati diffusi dall'Associazione nazionale tra le imprese assicuratrici, a 7.500 dirette alle strutture sanitarie, a 8.500 ai medici, per un totale di 16 mila l'anno.
L'incremento dei procedimenti legali nei confronti dei sanitari ha fatto aumentare i prezzi della responsabilità civile professionale, per i chirurghi e per le aree chirurgiche, di circa il 600 per cento. Ne consegue che i nostri specialisti siano tentati di rifugiarsi sempre più spesso, come dicevo, nella cosiddetta medicina «difensiva», ossia di procedere a scelte terapeutiche condizionate da cautela giudiziaria, piuttosto che dettate da effettivo convincimento scientifico, con grave ricaduta economica e assistenziale per la sovraprescrizione di esami, farmaci e ricoveri. Eppure, a detta dell'OMS, come abbiamo ascoltato, il Servizio sanitario nazionale italiano è il secondo al mondo per efficienza e qualità dell'assistenza sanitaria erogata. Tutto ciò è assolutamente vero, ma sappiamo benissimo tutti - non nascondiamolo - che vi sono delle aree e dei «buchi neri» da evitare in ogni modo.
Il 25 ottobre 2006, ho presentato un'interrogazione a risposta immediata in Commissione, indirizzata al Ministro della salute, al fine di accertare in modo inequivocabile la portata del fenomeno e chiedendo l'istituzione di un Osservatorio nazionale, che procedesse ad una mappatura del fenomeno sul territorio italiano. È inutile dire che non ho ricevuto risposta.
Anche l'Associazione medici accusati di malpractice ingiustamente (AMAMI), preoccupata soprattutto per i dati diffusi - spesso errati - e per valutare l'effettiva entità degli errori umani, in una lettera al Ministro della salute del 26 ottobre 2006 ha chiesto l'urgente istituzione di un Osservatorio del contenzioso dell'errore medico: uno strumento che raccoglierebbe tutte le segnalazioni di contenzioso civile e penale sui sospetti errori medici da parte di aziende ospedaliere, medici, ordini dei medici, associazioni di tutela dei cittadini, magistratura e associazioni di cittadini.
È senza dubbio opportuna, però, l'approvazione di una legge - della quale si parla da tempo in Parlamento - sul rischio professionale dei medici nelle strutture ospedaliere pubbliche e private, con l'obiettivo di approntare una rete di protezione assicurativa efficiente sia per il cittadino sia per il medico e, nello stesso tempo, priva di oneri eccessivi per il Fondo sanitario nazionale. È auspicabile anche l'istituzione di un giudice di pace, che possa risolvere in via breve molti di questi contenziosi che si prolungano per anni, con insoddisfazione sia dei cittadini sia dei medici.
Signor sottosegretario, la recente - e, ahimè, già dimenticata - tragedia di Castellaneta non solo ha capovolto le urgenze della nostra agenda in materia di sanità, ma ci ha permesso anche di intendere che, in alcune realtà ospedaliere italiane, i problemi di sicurezza per i pazienti sono di una gravità inaudita, che merita un'attenzione del tutto speciale.
La gravità del caso di Castellaneta non risiede solo nella questione dei tubi scambiati. Questo madornale errore - se di errore si tratta - di cui si sta occupando la magistratura ordinaria, ha fatto emergere in tutta la sua tragicità che in un reparto di rianimazione - peraltro nuovissimo - di un ospedale italiano si possono susseguire e verificare tanti decessi anomali senza che nessuno degli addetti avverta l'anomalia.
Il timore, inoltre, è che le statistiche più veritiere siano, purtroppo, quelle più pessimistiche, perché il sistema ospedaliero italiano, di fronte alla tematica degli errori in campo sanitario, tende a chiudersi in difesa e a rifiutare di affrontare pubblicamente il problema, che, però, non ha carattere solo giudiziario, ma anche politico. Molti errori infatti, sono spesso attribuiti ai medici ed ai paramedici, a causa del fatto che questi, per timore politico, indugiano a rappresentare, in alto loco, la necessità di rinnovare attrezzature, di adottare nuove procedure che richiedono il monouso (e quindi maggiori costi), di effettuare nuovi investimenti e di rimpiazzare personale indispensabile.Pag. 21
Il Parlamento non deve fare lo stesso errore, chiudendosi in difesa e sminuendo la portata dei fatti, ma deve coraggiosamente cercare di comprendere, in modo mirato, se la situazione dell'ospedale di Castellaneta o di altri nosocomi - soprattutto per gli aspetti organizzativi delle rianimazioni, delle urgenze e delle emergenze delle sale operatorie - non sia, in realtà, la punta di un iceberg, in particolare delle aree più periferiche rispetto ai centri urbani.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 11,10)
DOMENICO DI VIRGILIO. Gli italiani, non solo i cittadini di Castellaneta, hanno diritto di essere rassicurati subito sulla possibilità che, nei loro ospedali, siano commessi altri catastrofici errori e sul fatto che il rischio che ciò avvenga sia scongiurato.
Nello stesso tempo, solo il Parlamento, per i suoi poteri costituzionali, può procedere a tali accertamenti nell'intero territorio nazionale, in modo unitario e attraversando rapidamente ogni livello di responsabilità (medico, tecnico e amministrativo). Il Parlamento, quindi, ha il dovere di procedere all'istituzione di una specifica Commissione d'inchiesta (come da noi fortemente richiesto, considerata la natura politico-giudiziaria della principale fonte di questo errore), sia per tutelare i cittadini più indifesi, sia per permettere ai modelli organizzativi ospedalieri più arretrati di avanzare.
È dall'analisi degli errori medici e paramedici e delle alterazioni che si risale all'adeguatezza dell'organizzazione e alla sua complessità: non viceversa. Non possiamo, infatti, seppellire gli errori che provocano innumerevoli e immotivate morti sotto la complessità tecnica e organizzativa dell'attività ospedaliera: sarebbe il colmo, oltre che una grave sconfitta per tutti noi! La situazione di emergenza richiede al Parlamento tale sforzo. Le stesse proposte del Governo (di cui si parla da qualche mese) di modifica del decreto legislativo n. 229 del 1999, con le sue norme sulla sicurezza dei pazienti, rischiano di rimanere grida manzoniane se, in parallelo, non viene condotta una seria inchiesta indipendente sulla situazione reale in tutto il Paese, in modo mirato sullo specifico tema. La situazione organizzativa e strutturale dei nostri servizi sanitari non può lasciare la politica e, quindi, il Parlamento, indifferenti e, di fatto, rassegnati all'invincibile fatalità di chi non ha occhi per vedere e orecchie per intendere.
È necessario, invece, un Parlamento che si impegni, attraverso la Commissione di inchiesta che chiediamo di istituire immediatamente nel campo ospedaliero per rassicurare i cittadini e gli operatori, con un preciso compito: comprendere fino in fondo l'estensione e la gravità di tali fenomeni e dei ricorrenti episodi di cosiddetta malasanità, in modo che la conclusione dell'inchiesta possa segnare l'inizio di una nuova cultura e di una nuova era per la sicurezza dei pazienti, soprattutto di quei cittadini le cui famiglie, per debolezza economica, sono meno in grado di difendersi e di ottenere la ricerca delle responsabilità.
Contemporaneamente, occorre ripristinare serenità, fiducia e motivazione negli operatori sanitari, che si sentono trascurati e talora ingiustamente chiamati in causa. Il relatore per la maggioranza, onorevole Di Girolamo, ha esposto con precisione alcune analisi statistiche del fenomeno in oggetto sia nel nostro Paese sia in altri Paesi europei e, per brevità, rinvio alla sua relazione per l'analisi dei dati numerici.
Non è vera, però, la conclusione secondo la quale, esistendo una Commissione di inchiesta del Senato sull'efficacia ed efficienza del Servizio sanitario nazionale, non vi sia la necessità di istituire la Commissione da noi proposta presso questo ramo del Parlamento, che è autonomo, ha un Regolamento che prevede ciò e può decidere in base alle proprie norme.
La Commissione d'inchiesta in esame, infatti, è certamente utile, in quanto più specifica nelle finalità, più incisiva per iPag. 22tempi che si dà e certamente più utile rispetto a quanto previsto dal dispositivo di legge che il Governo ha presentato pochi giorni or sono sul risk management, che sappiamo essere stato accantonato dalla Commissione igiene e sanità del Senato e che certamente avrà, quindi, un lungo iter nei due rami del Parlamento e un'attuazione pratica troppo lontana, ripeto troppo lontana, nel tempo per giungere a fornire i dati indispensabili per attuare in modo concreto le iniziative legislative, organizzative e strutturali che i cittadini attendono, invece, in tempi brevi.
A voi della maggioranza, evidentemente, non bastano le migliaia di morti all'anno per la cosiddetta malasanità. Infatti, con la sola esclusione dell'Italia dei Valori, avete fatto muro in Commissione affari sociali contro l'istituzione dell'organismo di inchiesta parlamentare che proponiamo per fare luce su un fenomeno di così vasta portata, che crea un grande allarme sociale in Italia. Sono del tutto strumentali le scuse con le quali soprattutto i parlamentari della maggioranza che avevano sottoscritto la nostra proposta di una Commissione di inchiesta monocamerale hanno cercato di giustificare il loro voto contrario.
La proposta in alternativa di una Commissione bicamerale suona come un tentativo di spostare nel tempo la decisione e di non affrontare il problema. Non siamo contrari alla Commissione bicamerale, ma la sua istituzione ci sembra troppo lontana. Ci domandiamo inoltre: perché il Senato non ha avvertito la stessa esigenza ed ha istituito una Commissione monocamerale anziché bicamerale?
Ora la decisione definitiva passa a quest'Assemblea e confidiamo che nelle fila della maggioranza prevalga un minimo di responsabilità verso la salute pubblica e che finalmente anche alla Camera, come già avviene al Senato, si possa indagare sul fenomeno della malasanità nel nostro Paese.
Il nostro senso di responsabilità e la nostra determinazione di offrire al Paese uno strumento che fotografi, finalmente ed in maniera chiara, la realtà vera delle nostre strutture sanitarie, senza esagerazioni o grida manzoniane non sostenute da dati di fatto, ma anche senza reticenze e infingimenti, sono anche dimostrati dal fatto che offriamo all'attenzione di questo Parlamento l'istituzione di una Commissione di inchiesta monocamerale ad ampio raggio, come suggerito anche da voi dell'attuale maggioranza. Per questo abbiamo previsto l'ampliamento dei compiti della stessa, recependo alcuni vostri emendamenti, come esplicitato dall'articolo 3.
Perché la Camera dei deputati dovrebbe proporre l'istituzione di una Commissione d'inchiesta bicamerale, quando ne esiste una con compiti diversi al Senato, che non ha avvertito questa stessa esigenza? Perché non offrire ai cittadini subito e in modo chiaro uno strumento valido, che porti non solo alla diagnosi di eventuali storture, deficienze ed inadempimenti anche colpevoli, ma anche ad un'adeguata terapia, che ponga rimedio ai fatti accertati e dia ai cittadini e agli operatori sanitari, spesso vessati e colpevolizzati, fiducia, serenità, consapevolezza e speranza, ed ancora certezza di ricevere, da qualsiasi struttura alla quale venga affidata la propria salute, prestazioni rapide, efficaci, giuste, senza correre rischi?
Diciamo basta, quindi, alle situazioni anomale e ai rischi legati a incapacità e mancanza di mezzi diagnostici efficienti in tutti i luoghi di ricovero e cura.
Riscopriamo anche la meritocrazia nella scelta degli operatori sanitari a tutti i livelli e cacciamo dai nostri ospedali i favoritismi e le degenerazioni della politica (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lionello Cosentino. Ne ha facoltà.
LIONELLO COSENTINO. Signor Presidente, colleghi, le considerazioni svolte questa mattina dall'onorevole Palumbo modificano in misura, che mi sembra significativa, il quadro del dibattito che abbiamo svolto in Commissione nelle scorse settimane.Pag. 23
Infatti, la proposta di modifica dell'articolo 3 comporta un ampliamento del campo di azione di questa Commissione che, superando il tema della «malasanità», dovrà affrontare i nodi del funzionamento del sistema ospedaliero e delle ASL nel nostro Paese, le responsabilità e i ruoli di amministrazione, i problemi del bilancio, della finanza e dei debiti.
Dunque, ci troviamo di fronte ad un tema in qualche misura nuovo, in una discussione che, in questo quadro, spero possa trovare le convergenze necessarie a dar vita a strumenti - monocamerali o bicamerali - che, per essere effettivi e funzionanti, dovranno nascere con il consenso del Parlamento, non sulla base di una scelta di maggioranza o di minoranza. Infatti, l'esperienza delle scorse legislature ha dimostrato che, quando si procede all'istituzione di una Commissione ad opera di una parte del Parlamento contro l'altra, gli esiti sono sempre disastrosi, peggiori della «malasanità».
Vedremo, dunque, se nel dibattito di queste ore riusciremo a trovare i punti di intesa necessari. Vorrei anche dire, affinché resti agli atti del dibattito che stiamo svolgendo e che anch'io considero importante, che sarei stato contrario a una Commissione che avesse unicamente il compito (leggo il testo dell'articolo 3, comma 1, lettera a), del progetto di legge all'esame dell'Assemblea) di «indagare sulla quantità e sulla gravità degli errori sanitari compiuti dal personale medico e paramedico nelle strutture pubbliche e private».
Colleghi, tale mia contrarietà non nasce solo dalla convinzione (come già affermato dal Governo, ma anche da molti colleghi) che è sbagliato dare ai cittadini italiani l'immagine di una sanità costituita da medici e professionisti incapaci, inadeguati e allo sbando. Non è così nella realtà. Non è giusto lanciare, come Parlamento, o fornire un'indicazione - lo ricordava poco fa anche il collega Di Virgilio - secondo la quale l'intervento di esso servirà ad infliggere punizioni o a indagare su una situazione di disastro professionale.
Abbiamo medici certamente non peggiori di quelli francesi, inglesi o americani, spesso migliori: credo che questo sia un riconoscimento che dobbiamo loro, proprio per la serietà dei lavori di questa Camera.
Aggiungo anche che troverei francamente ingiusto che una Commissione di politici, magari travestiti da anatomo-patologi, si mettesse a indagare sulle valutazioni di ordine tecnico, scientifico e medico che sono alla base della decisione sulla gravità degli errori: non spetta a noi decidere quale comportamento clinico possa considerarsi un errore e quale non lo sia. Lo sottolineo perché credo che la politica debba mostrare sensibilità su questo punto per rispetto della diversità dei valori professionali e scientifici di tanti operatori.
A me è capitato, nel corso della mia attività, di dover valutare una situazione complessa nella quale un'indagine svolta da medici, da società scientifiche e da scienziati, aveva portato alla registrazione di tassi medi di mortalità, «pesata» a 30 giorni, intra ed extraospedaliera, successiva a interventi di bypass aortocoronarici, risultati molto differenti tra le varie unità di cardiochirurgia della mia regione. La valutazione non era del politico, ma scientifica e tecnica, operata da medici. Alla politica, successivamente, restava il compito di intervenire e correggere le cause che mostravano un forte differenziale tra la migliore e la peggiore di quelle strutture (quindi, intervenire al fine di modificare l'organizzazione, la formazione, le scelte, fino a portare tutti su uno stesso piano di qualità).
Vorrei che la medesima cosa avvenisse anche nel lavoro che ci accingiamo a compiere.
Guai se la politica si sostituisse a tale valutazione! In Italia manca un sistema di valutazione ex post (e temo che tale conclusione sarà il risultato di uno, due o tre anni di lavoro di questa Commissione, risultato però che è già davanti a noi): esso è invece presente in Inghilterra, in Francia, negli Stati Uniti.Pag. 24
Lei, collega Palumbo - mi rivolgo anche a ciascun componente di questa Camera e al rappresentante del Governo - saprebbe indicare oggi il differenziale nella mortalità per interventi di bypass coronarici nelle varie cardiochirurgie italiane? Saprebbe dire, almeno, se il rapporto sia uno su due, uno su tre, uno su quattro? Non lo sappiamo. E non lo appurerà la Commissione, che non ha né gli strumenti né la possibilità per appurarlo. Eppure servirebbe!
Dal punto di vista del cittadino, servirebbe sapere che esiste un organo (un'agenzia nazionale o l'Istituto superiore della sanità: ciò si deciderà in seguito), in grado di effettuare una valutazione sulla base delle informazioni, del lavoro delle società scientifiche, di una valutazione tecnico-scientifica che consenta al cittadino di essere informato e alla politica di valutare ed intervenire.
Un collega ha affermato che i poteri della Commissione di inchiesta dovrebbero essere quelli di un procuratore della Repubblica: questi poteri non ci servono, ma occorre ascoltare le società scientifiche, osservare i bravissimi medici che lavorano nei nostri ospedali e trovare soluzioni che possano essere messe in «cantiere» oggi.
Non c'è nulla che impedisce di dar vita a un sistema di valutazione nelle ASL. Cosa avviene di fronte a un caso clinico contestato? Che si fa? Si istituisce una commissione di audit con altri medici che valutano i percorsi e da lì scaturisce una valutazione generale; penso a quanto avvenuto in occasione della definizione delle linee guida, che si sono formate in questo modo in tanti casi.
Pur condividendo l'istituzione di questa Commissione di inchiesta, anche modificandone lo spirito per evitare che appaia punitiva e sbagliata nei confronti dei medici italiani, invito il Governo a non attendere gli esiti del lavoro della stessa e le relazioni cartacee che ne scaturiranno, ma a decidere - se lo ritiene - sulla necessità in Italia di istituire un sistema di valutazione degli esiti nelle ASL e negli ospedali, basato sui diritti informativi centralizzati che valuti la qualità dell'assistenza e che sia un servizio per i cittadini. Si può fare oggi, non occorre aspettare tre anni per farlo!
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.