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Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1136 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica popolare di Cina per la cooperazione scientifica e tecnologica, con Allegato, fatto a Pechino il 9 giugno 1998 (Approvato dal Senato) (A.C. 2266) (ore 17,27).
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2266)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rivolta. Ne ha facoltà.
DARIO RIVOLTA. Signor Presidente, riteniamo doveroso siglare questo Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica con la Repubblica popolare cinese, risalente al lontano 1998.
È giusto che l'Assemblea, anche se con notevole ritardo, lo ratifichi. Il gruppo di Forza Italia, lo preannuncio, voterà a favore. Tuttavia, non vogliamo esimerci dall'esprimere formalmente al Governo alcune nostre preoccupazioni che riteniamo debba far proprie e procedere conseguentemente.
Le preoccupazioni vertono sul fatto che, trattandosi di un Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica, noi conosciamo - come chiunque abbia avuto a che fare in anni recenti con la Cina in grande sviluppo - la scarsa capacità - forse, dovrei dire la scarsa volontà - di protezione della proprietà intellettuale da parte dei cinesi. Pertanto, quello che possono essere degli scambi di tecnologia potrebbero anche diventare un qualcosa che finirebbe in alcuni casi per rivoltarsi contro di noi.
Ne sanno qualcosa le numerose aziende italiane che si sono trovati falsificati i propri prodotti, magari con estrema precisione, ed i propri macchinari ed il proprio frutto di elaborazioni e di esperienze, e che, quand'anche rivoltesi alla magistratura cinese, ben raramente hanno potuto averne soddisfazione.
È vero, a volte la magistratura cinese si è espressa a favore di società di altri Paesi, a volte anche di società italiane: ad esempio, un caso famoso ha riguardato la Ferrero, società non più italiana con sede legale in Belgio, ma notoriamente legata all'Italia. Tuttavia, abbiamo dovuto constatare che tutte le volte in cui in casi importanti si è data ragione alla parte straniera, ciò è avvenuto con grande cancan, per creare l'impressione che, per così dire, si fosse voltata pagina, ma ahimé, il giorno dopo, gli stessi tribunali cinesi emettevano una sentenza che colpiva volutamente e pesantemente le società straniere.
Allora, riteniamo che sia giusto, davanti allo sviluppo di questo Paese e all'impossibilità di sottrarsi al procedere della storia, che l'Italia, qualunque sia il Governo in carica, vada avanti su questa strada. Tuttavia riteniamo che il Governo italiano contemporaneamente debba, con grande senso di responsabilità, procedere sulla strada dello scambio tecnologico, avendo sempre molta cura dell'interesse del produttore italiano, dei prodotti scientifici e tecnologici italiani, in altre parole della proprietà intellettuale, che ci riguarda in particolar modo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zacchera. Ne ha facoltà.
MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, come prima affermavo, il trattato inPag. 69sé è tecnicamente corretto, tuttavia presenta taluni punti deboli.
In primo luogo, come sosteneva Rivolta, il trattato è stato concluso nel 1998, e ciò già fotografa la situazione; immaginatevi come è cambiata la realtà in Cina nei dieci anni dal 1998 al 2007 e considerate che l'Italia deve ancora ratificare tale accordo del 1998: nel frattempo, i cinesi avranno fatto qualcosa di meglio!
In secondo luogo, pur essendo tecnicamente corretto, mi chiedo seriamente come il trattato possa essere applicato. Si considerino infatti le notizie di tutti giorni, come quella dell'altro ieri relativa al presunto dentifricio cinese per così dire copiato, che si è rivelato anche pericoloso per la salute. Mi chiedo dunque come tale trattato venga applicato, poi, nell'ambito della Cina.
Da questo punto di vista, se è scontato il voto favorevole sul provvedimento in esame - non potrebbe essere altrimenti da parte del Parlamento -, chiedo che il Governo si impegni seriamente per garantire l'applicazione corretta di tali accordi: altrimenti, a rimetterci, saranno sempre le aziende italiane, in questo caso non tanto per gli investimenti - non si tratta, infatti, di un accordo in materia di investimenti in Cina - quanto per il fatto - come sosteneva prima Rivolta - che sovente vengono copiati marchi, brevetti, nomi e confezioni, e che si arriva veramente ad una distorsione della concorrenza.
Pertanto dichiaro il voto favorevole sul provvedimento in esame, ma con un reiterato e forte impegno da parte del Governo ad intervenire per vigilare sia a livello nazionale sia nell'ambito dell'Unione europea affinché la Cina si comporti correttamente.
È stato questo il motivo per cui si è deciso che anche la Cina dovesse far parte del WTO: proprio per inserirla in una «gabbia di controllo»; se i controlli non vengono effettuati è ovvio che la Cina approfitta del vantaggio di essere parte del WTO, ma non applica le regole che devono essere osservate. Ciò vale per l'aspetto commerciale e industriale, ma anche per l'aspetto scientifico, in quanto molte volte vengono copiati brevetti italiani, europei e americani e poi tali brevetti vengono applicati ovviamente senza pagare il dovuto, comportando così l'avvento sul mercato di prodotti con prezzi più bassi, quindi concorrenziali.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantovani. Ne ha facoltà.
RAMON MANTOVANI. Signor Presidente, ho sottoscritto l'ordine del giorno Mellano e mi rallegro del fatto che il collega abbia accettato la riformulazione suggerita dal Governo.
L'onorevole Zacchera non me lo ha chiesto, ma comunque non avrei sottoscritto il suo ordine del giorno, che sostanzialmente nelle premesse - mi permetto di riassumere - afferma che poiché in Cina è stata costruita una ferrovia che attraversa il Tibet e che tale ferrovia potrebbe trasportare passeggeri da altre province per la colonizzazione del Tibet, ciò dimostra che vi sarebbe una violazione dei diritti storici fondamentali della comunità tibetana.
La ferrovia sarebbe dissesto antropologico, ecologico, idrogeologico, culturale. Debbo constatare che le ferrovie in Italia appaiono come il futuro, il progresso, la scienza che avanza, indipendentemente dagli effetti socio-politici, idrogeologici ed altro. In ogni caso, ora mi atterrò al merito della questione: stiamo discutendo di un Trattato di cooperazione scientifica e tecnologica. La questione della pirateria e dell'imitazione di prodotti stranieri non ha nulla a che vedere con la cooperazione tecnologica e scientifica. Del resto, l'onorevole Zacchera sa che la Cina solo di recente ci ha superato nell'industria della contraffazione, che notoriamente aveva il primato nel nostro Paese. Ancora oggi il nostro Paese rappresenta perlomeno la seconda potenza mondiale nel sistema produttivo di contraffazione di marchi, in gran parte stranieri. Non si capisce, allora, perché dovremmo sollecitare altri Paesi a stipulare con noi accordi di cooperazione scientifica e tecnologica: in realtà si tratta di aspetti diversi.Pag. 70
Infine, voglio dire che voterò convintamente a favore di questo provvedimento, per il merito del contenuto dell'Accordo in esame. Sono lieto che il Parlamento, nella legislatura in corso abbia invece bloccato - credo di poterlo dire, definitivamente - la ratifica di un Trattato di cooperazione nel campo cinematografico tra Italia e Cina che incorporava la censura: le autorità italiane, in questo caso il Governo Berlusconi, avevano firmato nella scorsa legislatura un trattato internazionale con la Cina, che prevede che la Cina possa sottoporre a censura le coproduzioni cinematografiche tra l'Italia e la stessa Cina. Per fortuna, in Commissione affari esteri ne abbiamo bloccato la ratifica e possiamo dire che quel Trattato non vedrà mai la luce del sole, a meno che i colleghi di centrodestra non tornino in maggioranza e agiscano con l'ubbidienza che hanno sempre dimostrato di avere nei confronti del loro Governo; sono gli stessi che oggi si scagliano con tanta facilità contro questa ratifica, sollevando peraltro problemi non pertinenti; i medesimi, di solito, hanno sempre ubbidito a indicazioni di voto favorevole a trattati come quello che ho appena citato, che è scandaloso.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Apprezziamo il testo e il significato di questo Accordo per la cooperazione scientifica e tecnologica bilaterale tra l'Italia e la Cina e lo separiamo dalle considerazioni politiche e dai giudizi di merito sul sistema cinese, così lontano da quello italiano e da quello europeo. Personalmente, ritengo che la grande crescita che la Cina ha avuto e che tanti problemi ha dato all'Occidente, anche al nostro Paese, per quanto riguarda la produzione a così basso costo di lavoro, possa - e debba - in qualche modo essere governata anche attraverso scambi bilaterali con Paesi occidentali e quindi anche con il nostro Paese, per fornire conoscenze ed opportunità, in modo tale da evitare che il sistema cinese diventi un pericolo per l'intero Occidente, come per alcuni aspetti sta diventando oggi sul mercato internazionale la produzione a basso costo del lavoro che viene svolta in quel lontano Paese.
Recentemente ho ascoltato il Ministro Amato, nel corso di un dibattito svolto alla festa della CISL, affermare che il rapporto tra l'Europa e la Cina non può essere organizzato sulla base di veti e di chiusure a quel mercato, ma che anzi favorire la possibilità di una crescita del mondo del lavoro in Cina e della coscienza democratica e sindacale in quel Paese può consentire ai prodotti italiani ed europei di essere più competitivi di quanto non lo siano stati nel corso di questi ultimi anni.
Il problema non è ridurre il costo del lavoro in Italia, ma aumentare il costo del lavoro in Cina. Se questo, quindi, è il grande dilemma che si affaccia di fronte all'Occidente europeo e anche all'Italia, ogni possibilità di favorire scambi, accordi bilaterali, conoscenze reciproche - in questo caso, a livello scientifico e tecnologico - può contribuire ad una maggiore crescita di quel Paese, non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo. Per tale motivo, non voglio mettere sotto processo - come si fa tutte le volte che si parla di Paesi simili - il sistema cinese, ma desidero salutare positivamente questi accordi, nella speranza che, anche attraverso accordi di carattere scientifico e tecnologico, il sistema economico di quel Paese possa far sì che il nostro sistema resti ancora competitivo, o ritorni ad esserlo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marcenaro. Ne ha facoltà.
PIETRO MARCENARO. Signor Presidente, vorrei sottolineare che stiamo compiendo un atto importante, che consiste, in primo luogo, nell'approvazione nel merito del Trattato in esame. Vorrei che si sapesse e che si ricordasse che oggi non c'è un'università né un'impresa importante italiana che non cerchi una relazione o un rapporto con la Cina, perché ciò rappresentaPag. 71un elemento essenziale per la costruzione di una prospettiva di scambi e di sviluppo in uno dei mercati e dei Paesi più grandi del mondo. Ritengo sia abbastanza ovvio e naturale pensare che anche i problemi che sono stati posti - come quelli della contraffazione e della concorrenza sleale - trovino maggiore spazio in una situazione di deregolazione e di mancanza di regole. Nel momento in cui si costruiscono intese, regole e trattati, a mio parere si mette anche un freno a questo tipo di possibilità.
La seconda questione che vorrei affrontare è che non esiste alcuna contraddizione fra questo aspetto e una politica di difesa dei diritti umani. Ritengo che, da tempo, abbiamo tutti compreso che non è attraverso il blocco e la sospensione delle relazioni che si possono condurre politiche di sviluppo e di sostegno della democrazia e dei diritti umani. È un fronte sul quale siamo impegnati. Ero relatore in Commissione del provvedimento in discussione - lo ricordava l'onorevole Mantovani - e nello stesso giorno in cui ho dato parere favorevole su di esso, sempre in Commissione affari esteri abbiamo espresso parere negativo su un altro Accordo con la Cina, ma non perché fosse stipulato con tale Paese. Se detto Accordo avesse rispettato gli standard che regolano i rapporti di scambio culturale con gli altri Paesi - come quelli che sono stati fatti con l'India e con la Turchia - l'avremmo approvato. Nel momento in cui il rapporto con la Cina implicava l'introduzione di elementi di censura o costrizione, che esulano dai rapporti normali, abbiamo affermato che quella strada non era percorribile. Ritengo che finché non cambierà non ci saranno le condizioni perché il Parlamento italiano dia la sua approvazione ad un Trattato con quei contenuti.
Ho detto tutto ciò per affermare che ci troviamo nelle condizioni di esercitare un'azione che guardi al merito e su tale base si pronunci. Per tale motivo, a mio parere, il Trattato che oggi stiamo per approvare ha un significato positivo e possiamo esprimere un voto in piena coerenza sia con gli interessi materiali sia con i principi. Ritengo si tratti di un caso nel quale l'equilibrio - che sempre regola la politica in generale e la politica estera in particolare - fra realismo politico e principi sia pienamente salvaguardato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, vorrei riprendere due argomenti. Il primo è quello proposto dall'onorevole Marcenaro, che sottolinea come non esista contraddizione tra l'approvazione del Trattato in esame e la difesa dei diritti umani. Vorrei, però, far mia anche la preoccupazione che proveniva da numerosi colleghi (tra cui quelli di Rifondazione Comunista), per cogliere un'occasione particolare, nel dibattito sul Trattato in esame e sull'accezione positiva dell'espressione del nostro voto.
Vorrei ricordare all'Assemblea che negli ultimi mesi due Parlamenti - quello degli Stati Uniti (repubblicani e democratici) e quello della Germania (socialisti, popolari, verdi e liberali) - hanno approvato risoluzioni pressoché identiche e che, negli ultimi mesi, documenti simili sono stati presentati anche presso il Parlamento italiano, con i quali si stigmatizza e si assume una posizione chiara, precisa, determinata e innovativa rispetto alle parole che anche io stesso ho ascoltato in questa sede per moltissimi anni, affermando con chiarezza che rappresenta la regola per tali paesi il rispetto dei diritti umani e la non importazione di prodotti provenienti dai campi di concentramento, che a tale rispetto è collegata.
Pertanto, ritengo che nell'esprimere il voto positivo sul disegno di legge di ratifica in discussione, sia anche utile sottolineare, a lei e all'intera Assemblea, che probabilmente è giunto il momento in cui anche il Parlamento italiano debba affrontare quel tema che altri parlamenti dell'Europa, non solo occidentale, stanno affrontando con determinazione, uscendo dalla retorica ed entrando nel merito di alcune questioni che riguardano il futuro della Cina e laPag. 72libertà e serietà della difesa dei diritti umani anche nei nostri Paesi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Spini. Ne ha facoltà.
VALDO SPINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, purtroppo, al di là delle emergenze che si verificano in politica internazionale, a volte per l'Assemblea è difficile affrontare i problemi dei rapporti bilaterali, dei diritti umani e i grandi problemi di politica estera. Pertanto, in mancanza di meglio - ed è giusto che sia così - li affrontiamo allorquando vengono alla luce i problemi connessi alle ratifiche dei trattati con i relativi Paesi. Tuttavia, vorrei far presente che una sistemazione organica dell'intervento italiano dovrebbe avere uno svolgimento di tipo diverso. Pertanto, ritengo che, per esempio, quando lodevolmente la Commissione affari esteri si è dotata di un sottocomitato per i diritti umani, ciò non è avvenuto affinché tale sottocomitato rimanesse, per così dire, un luogo in cui confinare ed emarginare i ricordati problemi. Ritengo che sia necessario trovare un modo per investire maggiormente l'Assemblea di tali questioni. Ciò naturalmente vale anche in rapporto a tutti gli spunti, molto positivi, provenuti da parte dei colleghi che ci hanno preceduto, circa l'assoluta necessità che l'Italia abbia una politica estera di principi e nella quale sia previsto il rispetto dei diritti umani a trecentosessanta gradi.
Nell'ambito specifico del disegno di legge di ratifica in discussione, siamo confortati dall'accoglimento di ordini del giorno - sia pure nell'ambito in cui è avvenuto - che implicano una attività del Governo, che confidiamo verrà senz'altro svolta e sulla quale naturalmente il Parlamento non potrà che esercitare la propria attività di controllo.
Tuttavia, per quanto riguarda l'Accordo in esame, sarebbe sufficiente un articolo per raccomandarne un'approvazione più sollecita possibile. Si tratta dell'articolo 7, ove è previsto che ciascuna parte faciliterà l'entrata e l'uscita dal proprio territorio del personale qualificato dell'altra parte, atto necessario per la realizzazione dei progetti e dei programmi previsti dall'Accordo. Pertanto, in questo articolo - e in altri - vi sono possibilità di movimento e scambio, assolutamente preziosi nei rapporti tra i due Paesi. Lo affermo anche per quel che riguarda la parte italiana, perché alcune volte ci siamo lamentati delle difficoltà dello scambio tra studiosi e ricercatori dei vari Paesi dovuti ad una determinata legislazione sull'immigrazione. Pertanto, da tale punto di vista, questo Accordo non può che giovare nel portare avanti elementi interessanti, evitando che si creino dei ghetti in cui determinati diritti umani o possibilità di ricerca non vengano praticati come sarebbe necessario.
Per tali ragioni, preannuncio che voteremo senz'altro in modo convinto a favore del disegno di legge di ratifica in discussione. Così come è stato giustamente ricordato dall'onorevole Mantovani, ma anche da altri colleghi, non abbiamo fatto altrettanto, invece, in relazione ad accordi che avrebbero potuto implicare la rinuncia da parte dell'Italia a perseguire i ricordati obiettivi. Per il resto, ritengo che senz'altro ci troveremo d'accordo, qualora successivamente vengano indette sessioni in cui il Governo possa riferire sull'attività svolta nei riguardi del Tibet o di altre aree in cui il problema dei diritti umani si pone all'attenzione e necessita di un'iniziativa attiva da parte del Governo italiano. Approfittiamo pure delle ratifiche per sollevare tali problemi ma, come Parlamento, dovremmo organizzarci per fornire un'attenzione sistematica ai diritti umani, che non tragga origine soltanto dal fatto episodico della ratifica di trattati internazionali.
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.