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Seguito della discussione del documento: Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2008-2011 (Doc. LVII, n. 2) (ore 9,37).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2008-2011.
Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione ed hanno avuto luogo le repliche del relatore e del Governo.
(Parere sulle risoluzioni - Doc. LVII, n. 2)
PRESIDENTE. Ricordo che sono state presentate le risoluzioni Peretti ed altri n. 6-00018, Elio Vito ed altri n. 6-00019 e Ventura ed altri n. 6-00020
(vedi l'allegato A al resoconto stenografico della seduta di ieri - Doc. LVII, n. 2, sezione 1).
Chiedo, dunque, al rappresentante del Governo - che, già in sede di replica, ha preannunciato la propria posizione - di confermare quale risoluzione intenda accettare.
NICOLA SARTOR, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, confermo che il Governo accetta la risoluzione Ventura ed altri n. 6-00020.
PRESIDENTE. Ricordo che la risoluzione accettata dal Governo sarà votata prioritariamente e che, in caso di approvazione, risulteranno precluse le altre risoluzioni, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 2, del Regolamento.
(Dichiarazioni di voto - Doc. LVII, n. 2)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Elpidio. Ne ha facoltà.
DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, stiamo discutendo di un atto molto importante, non solo perché si fissano i saldi di finanza pubblica a cui poi la manovra di bilancio dovrà attenersi, ma anche perché questo DPEF, riprendendo ed ampliando quello dello scorso anno, traccia il programma della legislatura ed è l'indicatore della volontà riformatrice del Governo.
Noi, la maggioranza, abbiamo individuato e scriviamo in questo atto gli obiettivi che ci diamo, quello che intendiamo fare di qui al 2011. Nel programma della coalizione con cui ci siamo presentati agli elettori abbiamo posto la politica economica come elemento centrale della nostra proposta al Paese.
Oggi, anche attraverso questo Documento di programmazione, traduciamo il programma politico nell'azione di Governo da qui al 2011. Si stima, infatti, che nel 2007 il PIL crescerà del 2 per cento, mentre si prevede per il 2008 una crescita dell'1,9, che tenderà a rallentare per scendere all'1,7 nel 2009, con una lieve risalita all'1,8 sia nel 2010 sia nel 2011.
Le tre direttrici che avevamo caratterizzato nel Documento dello scorso anno - crescita, risanamento dei conti ed equità sociale - vengono riconfermate ed anzi, in qualche modo, rafforzate.
La politica dei due tempi, che ha caratterizzato questo primo anno di Governo, prima i sacrifici e poi le riforme, può dirsi ormai superata.
Risanamento ed equità devono camminare insieme, non solo per creare il necessario consenso, ma anche per la stessa efficacia del programma economico del Governo. Questa è l'occasione che consente, se non di imprimere una svolta, almeno di ricondurre su binari saldi l'azione riformista del nostro Esecutivo, fornendo un quadro della politica economica di medio termine che si intende portare avanti con gli impegni politici da concretizzare con la legge finanziaria per il 2008. È una scelta coraggiosa, che va verso il risanamento di quella frattura sociale fra chi ha molto e chi, invece, ha molto poco; si tratta di un intervento sulla strada di quell'equità sociale che noi Popolari-Udeur da tempo invochiamo.
Con questo DPEF si conferma il disegno del Governo di accompagnare la crescita del Paese con misure di equità che mettono al centro dello sviluppo - finalmente - le famiglie, le donne, i giovani, gli anziani e i disabili. Si mira, in pratica, a creare un welfare più moderno, giusto ed efficiente. I segnali in questo senso sono: l'accoglimento delle nostre richieste relative all'ICI, per cui si conferma l'impegno a ridurla a partire dal 2008 e si prevedono agevolazioni per i giovani che acquistano la prima casa; la centralità della famiglia, con l'introduzione anche di un istituto per il sostegno al reddito di chi ha figli minori; la giustizia, quale fattore di sviluppo.
Se con l'azione di Governo si continuerà in questa direzione, ritengo si potrà prosciugare quel rancore che indubbiamente è cresciuto a seguito delle misure pur necessarie contenute nella scorsa legge finanziaria. Queste misure, se adeguatamente attuate, potranno rappresentare un esempio di politica concreta, vicina alle esigenze dei cittadini. Per questo motivo riteniamo importante il DPEF: è importante, infatti, agire prioritariamente sul fronte dello sviluppo economico, senza tuttavia mettere a repentaglio gli equilibri di bilancio. Ma ciò che realmente interessa è che nel 2008 la manovra correttiva sarà pari a zero.
L'approccio di questo DPEF è chiaro: centrati gli obiettivi, si ridistribuisce. La manovra finanziaria per il 2007 è stata così dura in quanto è stato necessario rimettere sulla giusta via i conti pubblici dopo il disastro lasciato dal Governo di centrodestra. Quando si è insediato il Governo di Romano Prodi, l'Italia aveva già un impegno formale con l'Unione europea firmato dal Governo precedente: realizzare una manovra di almeno 15 miliardi di euro, per riportare il deficit pubblico per il 2007 al di sotto del 3 per cento rispetto al prodotto interno lordo, cioè alla ricchezza prodotta in un intero anno dal Paese. Il disavanzo era infatti più elevato di quanto permettano gli accordiPag. 3di Maastricht ed il debito pubblico era tornato a crescere fino a sfiorare il 108 per cento del PIL.
Questo però non significa essere arrivati e aver risolto i problemi economico-finanziari del Paese. Oggi tuttavia possiamo chiaramente affermare che l'emergenza dei conti è cessata. Ed è per questo che il Governo, rispondendo responsabilmente alle esigenze avvertite e chiaramente manifestate dai cittadini sfiduciati, ha inteso inserire nel DPEF misure dirette a far sì che i cittadini percepiscano concretamente i risultati della politica economica di questo Governo. Voglio ricordare l'avvio della politica delle liberalizzazioni a favore dei consumatori e degli utenti, i risultati della lotta all'evasione fiscale dopo anni di permissivismo, se non peggio, i provvedimenti sugli assegni familiari, sulle pensioni basse e per agevolare i giovani sul terreno previdenziale. Si è iniziato a stabilizzare i precari, ad iniziare da quelli delle pubbliche amministrazioni: decine di migliaia in particolare nella scuola. Tra i risultati fin qui conseguiti nel settore privato voglio citare i 94 mila lavoratori regolarizzati che sono usciti dal lavoro sommerso nel settore dell'edilizia e i 22 mila lavoratori dei call center che sono passati da collaboratori a progetto a lavoratori con contratto di lavoro subordinato. Certo sarebbe stato meglio - ma certamente lo sarà per il futuro - prevedere anche soluzioni riguardo a quei vincitori di concorso ed idonei ingiustamente penalizzati dal blocco delle assunzioni previste dal Governo di centrodestra. Ovviamente si può e si deve fare meglio, e di più, già a partire dalla prossima finanziaria; ma mi è sembrato giusto ricordare alcuni dei risultati sin qui conseguiti.
Guardando oltre, salutiamo con favore la previsione all'interno DPEF, nella parte relativa alle politiche per l'equità sociale, di un intero capitolo dedicato al Piano nazionale per la famiglia, che comprende proprio il sostegno dei redditi dei nuclei meno abbienti, l'agevolazione all'accesso dei servizi per le famiglie più numerose anche attraverso la revisione dell'ISE, la conciliazione delle responsabilità familiari con il lavoro tramite il nuovi asili nido, un istituto per il sostegno del reddito alle famiglie con figli minori.
Per tutti questi motivi e per tanti altri che nel Documento di programmazione economico-finanziaria sono stati recepiti e che sono in esso contenuti, preannuncio il voto favorevole del gruppo Popolari-Udeur sulla risoluzione presentata dalla maggioranza sul DPEF, ringraziando per il lavoro svolto il relatore e la Commissione, che ha inteso recepire molte delle istanze, dei suggerimenti e dei miglioramenti che noi abbiamo voluto fornire, anche per rafforzare un Documento già di per sé soddisfacente, che il Senato aveva approvato e che intendiamo in questa occasione migliorare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Borghesi, al quale ricordo che ha a disposizione quattro minuti. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, preannuncio intanto il voto favorevole del gruppo Italia dei Valori sulla risoluzione presentata dalla maggioranza sul Documento di programmazione economico-finanziaria.
Se si guardasse in modo asettico ai dati riportati nel documento, ci si potrebbe ritenere soddisfatti: la crescita del PIL è confermata al 2 per cento per il 2007, con una previsione non molto distante, pari cioè all'1,9 per cento, per il 2008; l'inflazione si attesta all'1,7 per cento per il 2007 e sulla stessa percentuale si colloca anche quella programmata per il 2008; l'indebitamento riporta un dato migliorato rispetto a quello previsto nel precedente Documento (là si prefigurava per il 2007 il 2,8 per cento, mentre si giungerà al 2,5). Si potrebbe insomma affermare che l'economia italiana sta conoscendo una fase di grande miglioramento.
Debbo però confessare - sia personalmente, sia a nome del gruppo che rappresento - che è sembrato che la cosiddetta manovra espansiva, prevista nel decreto-legge n. 81 del 2007, costituisse unPag. 4intervento potenzialmente problematico rispetto alla visione ottimistica emergente dal DPEF. Personalmente preferisco definire quell'intervento per quel che esso è; e se è vero che lo si può definire una manovra «espansiva» per quanto riguarda gli investimenti, più difficilmente si riesce ad adoperare tale etichetta, che abbellisce, in tema di pensioni: in questo caso parlerei dunque più propriamente di manovra «erogativa». E dal momento che giudichiamo le manovre erogative espressione di una vetero politica economica - certamente non quella relativa agli investimenti - essa ha destato in noi inizialmente una qualche perplessità. Noi avremmo preferito un'indicazione di politica economica che prevedesse una più rapida riduzione del debito pubblico, anche perché, in una fase di tassi di interesse attivi crescenti, ne sarebbe risultata una minore penalizzazione per il futuro della nostra economia.
Ciononostante, se si valuta quella manovra non di per sé e non nel quadro iniziale del Documento, ma in quello di un accordo - se di accordo si può parlare - fra Governo e parti sociali relativamente all'intera materia del welfare, e dunque alla luce dell'aspettativa di una soluzione del grave problema dello «scalone» pensionistico, credo si possa affermare che il Presidente del Consiglio è riuscito a trovare una soluzione ad una situazione che si presentava assai complessa, proprio a causa dei costi che l'abolizione di quello «scalone» avrebbe comportato.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ANTONIO BORGHESI. Complessivamente, dunque, credo che possiamo esprimere un giudizio sostanzialmente positivo, soprattutto per la prospettiva legata alla riduzione dell'ICI. Il Governo ha infatti dichiarato di poter valutare una soluzione che preveda non già un intervento diretto sull'ICI, ma un credito di imposta di ammontare corrispondente, dando corpo così ad un'ipotesi che troverebbe fra l'altro il favore dell'ANCI, che giustamente chiede che non si intervenga proprio sull'unica imposta che costituisce l'applicazione del federalismo fiscale.
Preannuncio, come detto, anche alla luce degli interventi in materia di riduzione dell'evasione fiscale, il voto favorevole del gruppo dell'Italia dei Valori sulla risoluzione presentata dalla maggioranza sul DPEF (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA. Signor Presidente, la risoluzione della maggioranza che ci apprestiamo a votare - nell'assumere integralmente quella approvata dal Senato il 26 luglio scorso - riassume in premessa, in quattro punti, le linee strategiche centrali e le priorità contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria.
Si comincia con politiche per l'equità e l'inclusione sociale che siano in grado di contrastare efficacemente - e il più velocemente possibile - povertà e situazioni di disagio ed emarginazione sociale, per giungere alla promozione dell'occupazione stabile e a tempo indeterminato, alla definizione di politiche economiche capaci di garantire la sostenibilità della crescita economica e l'attuazione degli impegni del Protocollo di Kyoto, alla selezione delle opere infrastrutturali di carattere strategico, privilegiando la mobilità urbana, il trasporto ferroviario, le vie del mare e la portualità.
Non possiamo che condividere pienamente tale impostazione, che finalmente pone il tema centrale dell'ambiente all'interno delle linee guida del Governo; Governo che si misura in modo responsabile con gli esiti, purtroppo devastanti, di uno sfruttamento furioso e dissennato del territorio e delle sue risorse, che, tuttavia, continua a sostenere un modello di sviluppo economico che rischia di dover lasciare il passo a crisi epocali e squilibri irreversibili.
Voglio soffermarmi sul tema dell'ambiente. Non intendo eccedere con i toni da catastrofe, ma misurarmi e confrontarmi razionalmente con la realtà e invito iPag. 5colleghi e i rappresentanti del Governo a fare di questo un metodo.
I segnali dei mutamenti climatici in corso sono evidenti, inequivocabili: uragani sempre più frequenti e distruttivi, desertificazione, scioglimento dei ghiacciai, dissesto idrogeologico, riduzione sempre più accelerata delle biodiversità, un vero e proprio attacco alla vita stessa del pianeta. Eppure, in Italia negli ultimi 15 anni assistiamo ad un incremento del 13 per cento complessivo delle emissioni dei gas serra. Nel 2006, come già ho avuto modo di evidenziare, vi è stato finalmente un calo dell'1,5 per cento, tutto attribuibile alla diminuzione dei consumi nel settore privato, mentre la produzione di energia, che ricorre ancora al carbone, contribuisce ad aumentare le emissioni del 5 per cento e il settore dei trasporti - udite, udite - non manifesta alcuna tendenza a ridurre la produzione di gas clima-alteranti.
È bene, quindi, che il DPEF e le risoluzioni, di Senato e Camera, impegnino il Governo ad una vera e propria svolta in materia ambientale, anche perché con il decreto-legge n. 81 del 2007 non abbiamo previsto di destinare parte delle risorse dell'extragettito a tale scopo. Noi lo denunciammo e lo denunciamo e voglio sperare, ma non ho elementi per dubitare, che con la legge finanziaria di autunno si mettano a regime gli interventi indispensabili per il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto e venga impostata una vera e propria politica di crescita ecocompatibile, che non sia solo uno slogan perché di slogan ne abbiamo avuti già abbastanza.
Per tali motivi è indispensabile introdurre un sistema di contabilità ambientale nello Stato e negli enti locali. È necessario disporre di indicatori in grado di misurare l'impatto delle politiche e una specifica sezione del DPEF, un allegato al Documento, dovrebbe fornire i dati conoscitivi relativi alle misure intraprese, gli effetti prodotti e gli ulteriori passi da compiere.
Come anticipato nell'intervento svolto nel corso della discussione, vi è, signor rappresentante del Governo, un problema che va assolutamente ed urgentemente approfondito. Il programma delle infrastrutture 2008-2011, contenuto nell'allegato al DPEF, si inserisce, nonostante gli sforzi fatti, senza una vera soluzione di continuità nell'alveo della tradizione Lunardi-berlusconiana, che prevede di definire strategiche un numero sempre crescente di opere a prescindere dalla loro effettiva utilità e qualità e senza tenere, soprattutto, in considerazione la stessa loro finanziabilità.
L'allegato Infrastrutture propone una lista di opere per una cifra complessiva di 118 miliardi nei prossimi cinque anni: 44 miliardi sono risorse da reperire pari a 8,9 miliardi l'anno. Pensate voi, quindi, come possiamo procedere con questa modalità. Nonostante la selezione effettuata dal Ministro Di Pietro, in dialogo continuo con il Parlamento, siamo di fronte ad impegni difficilmente onorabili. Inoltre, oltre il 50 per cento della spesa sarebbe indirizzata al finanziamento, ancora una volta, di strade e autostrade, quando è assolutamente indispensabile spingere l'acceleratore su una infrastrutturazione del territorio più moderna e più all'avanguardia. È un bene, quindi, che nella nostra risoluzione venga chiesto di selezionare ulteriormente le opere strategiche, che si vada a privilegiare la mobilità urbana, il trasporto ferroviario, le vie del mare e la portualità, e di destinare risorse per la costituzione di un fondo per finanziare la ristrutturazione e l'ammodernamento della rete idrica, altra grande emergenza del nostro Paese.
Per tutti gli altri punti, signor Presidente, rimando alla risoluzione e agli interventi da me già svolti in Commissione e nel corso del dibattito in aula. Confermo il voto favorevole sulla risoluzione Ventura ed altri n. 6-00020 e, pertanto, il parere positivo sul Documento di programmazione economico-finanziaria.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pagliarini. Ne ha facoltà.
GIANNI PAGLIARINI. Signor Presidente, il gruppo dei Comunisti Italiani voterà a favore della risoluzione di maggioranzaPag. 6con cui si approva il DPEF, ma vorrei, innanzitutto, contestualizzare le nostre scelte, a partire dal quadro economico e dal contesto sociale. Ci siamo lasciati alle spalle un anno, il 2006, caratterizzato dalla forte spinta al risanamento e da un auspicio per il futuro di avviare una netta inversione di tendenza sul versante della politica economica e sociale del Governo.
Possiamo ben dire che, nel corso del primo anno della legislatura, sono state costruite le condizioni che hanno portato, da un lato, a poter disporre di un consistente extragettito propedeutico ad una azione che sia davvero redistributiva e, dall'altro, a restituire credibilità al Paese al cospetto dell'Europa, che negli ultimi anni ci aveva dedicato ben poca attenzione. Il risanamento è sotto gli occhi di tutti. Pensiamo al rinnovato vigore nella lotta contro l'evasione e l'elusione fiscale. Gli indicatori economici testimoniano che il 2007 sarà l'anno del consolidamento su questo versante, dal momento che i conti pubblici sono in deciso, ulteriore miglioramento. Sono proprio i numeri della finanza pubblica in crescita a consentire di escludere il ricorso a manovre correttive, smentendo i peggiori auspici dell'opposizione.
Vorrei aggiungere che, se ci fermiamo a riflettere su un'inversione di tendenza rispetto al passato, lo dobbiamo all'azione di tutta la maggioranza e al suo impegno rivolto al cambiamento. Innanzitutto, il Documento di programmazione economico-finanziaria assume la sostenibilità ambientale come elemento fondante delle scelte di politica economica. Ciò significa che la tutela dell'ambiente, nella sua accezione più complessiva, non è soltanto un valore in se stesso, ma diventa funzionale alla competitività del Paese. L'innovazione introdotta riguarda diversi aspetti sui quali vorrei brevemente soffermarmi. Si tratta, infatti, di integrare l'ambiente con l'economia in tutti i settori, per denunciare la tendenza del pianeta a soffocare se stesso, ma anche per pretendere che in una fabbrica o in un cantiere la compatibilità ambientale sia funzionale a tutelare a fondo il lavoratore e i suoi diritti. Aver trovato il giusto nesso tra ambiente, economia e lavoro è un grande segnale innovativo e sta a tutti noi valorizzarlo appieno. Ma il Documento di programmazione economico-finanziaria assume anche la sostenibilità sociale come caratteristica saliente dell'azione di Governo. Su tale aspetto è giusto mettere l'accento anche su tutte le voci che non si sono astenute da valutazioni critiche, pur mantenendo un profilo unitario.
Mi riferisco al mio partito, i Comunisti Italiani, e a tutti coloro che hanno preteso di coniugare risanamento ed equità, nel pieno rispetto del programma condiviso da tutta l'Unione. Ora, sulla scia del risanamento, è arrivato il tempo di dare corso all'aspetto che lo rende tangibile sul terreno sociale, nel segno dell'equità. Lo abbiamo scritto tutti assieme e ora noi Comunisti Italiani lo ripetiamo con forza: risanamento ed equità non è uno slogan, bensì il patto fondativo che tiene insieme coerentemente la maggioranza di Governo. Per tale ragione, è necessario mettere in campo subito politiche adeguate che facciano seguito alla prima e importante misura redistributiva prevista dal decreto-legge n. 81 del 2007, in favore dei pensionati e dei giovani.
Invocare la svolta significa dare sostanza ad un nuovo modello sociale che rimetta al centro le condizioni di vita delle persone. Stiamo parlando di quello sviluppo di qualità, spesso enunciato, ma troppo poco praticato, uno sviluppo sociale sostenibile che metta giocoforza al centro il grande tema del lavoro, delle sue tutele e dei suoi diritti. Non va sottovalutato quanto recita la risoluzione che ci apprestiamo a votare. Investire sulla qualità dell'occupazione, sulla buona occupazione, dando segnali della volontà di affrontare con decisione il dramma del precariato significa fornire segnali che vanno nella direzione giusta. Tuttavia, noi crediamo - lo voglio dire con la dovuta forza - che non basti e aggiungo che il Governo deve compiere uno sforzo ulteriore. Proviamo ad assumere il punto di vista di chi chiede a gran voce la svolta. ScopriremoPag. 7che non è possibile dare un giudizio positivo in merito all'accordo sul welfare. Quel protocollo sul mercato del lavoro porta con sé un messaggio che va nella direzione sbagliata - bisogna avere il coraggio di dirlo -, perché sposa una logica che, nei fatti, contraddice i molti proclami sulla difesa dei giovani e del loro avvenire, destinando ogni energia sulla riduzione delle uscite, senza ragionare concretamente sull'incremento delle entrate. È proprio questo l'errore di fondo che ha portato tanta parte del mondo politico a proporre in modo quasi maniacale gli slogan sull'innalzamento dell'età pensionabile come panacea di tutti i mali, senza considerare che quegli slogan non indicano affatto la strada buona per affrontare le anomalie del sistema previdenziale italiano.
La strada per ricostruire il patto generazionale è tutt'altra e passa dall'idea di uno Stato sociale fondato su giovani lavoratori fruitori di diritti certi. Soltanto dall'allargamento della platea occupazionale stabile si ottiene lavoro sicuro e di qualità, funzionale a garantire i pensionati di oggi e di domani. Al contrario, chi pensa di tagliare diritti a chi li ha sudati in decenni di duro lavoro per riconoscere tutele ai precari di oggi, sbaglia di grosso e noi non ci asteniamo dal dirlo. Contrapponendo vecchi e giovani si rompe il patto generazionale e si illudono quelle migliaia e migliaia di ragazzi costretti a «rimpallarsi» lavori di scarsa qualità e di nessun futuro.
La nostra ossessione - vorrei utilizzare un termine volutamente forte - è rispondere alle speranze di milioni di persone, di chi è precario ed ambisce ad un lavoro stabile, di chi lavora su un ponteggio ed esige di farlo in sicurezza, di chi è donna e invoca le pari opportunità, di chi è anziano ed ha il diritto di trascorrere con dignità e serenità gli ultimi anni di vita. Noi crediamo che il Governo debba rimettere in discussione il ricordato protocollo, ma soprattutto pensiamo che il tratto distintivo dell'azione di Governo debba essere la lotta alla precarietà: così si preferisce la strenua volontà di costruire il domani del Paese (Commenti)...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Pagliarini. Colleghi, chi interviene fa fatica a parlare e, chi vuole ascoltare, altrettanto. Quindi, vi prego di parlare a bassa voce, se è proprio indispensabile.
GIANNI PAGLIARINI. Grazie, Presidente. Non possiamo esimerci dall'offrire una concreta occasione di riscatto alle milioni di donne ed ai milioni di uomini indeboliti socialmente - anche a causa di leggi inaccettabili volute dal precedente Governo - sul terreno delle tutele e della più complessiva qualità della vita.
Pensiamo alla drammatica questione salariale, ai molti che faticano ad arrivare alla fatidica quarta settimana, all'iniqua redistribuzione del reddito e anche all'imbarazzante confronto con le medie degli stipendi europei. Crediamo, in altre parole, che il Governo debba mostrare tutto il suo coraggio sul tema cruciale del cambiamento, in sintonia con le aspettative dei giovani, anche di quelli che sono scappati all'estero perché non si sentivano garantiti e non riuscivano a intravedere un futuro nel nostro Paese. Sono moltissimi gli elettori, di tutte le età, che ci chiedono di indicare la strada del cambiamento. Siamo chiamati a non deluderli, e per questo motivo voteremo a favore della risoluzione Ventura ed altri n. 6-00020
(Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Di Gioia. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, poche settimane fa abbiamo convertito in legge il decreto-legge n. 81 del 2007, che metteva a disposizione risorse per intervenire su alcuni settori importanti della nostra vita economica e sociale, utilizzando circa 4 miliardi di euro. Sono stati previsti interventi importanti da realizzare nel settore sociale. Mi riferisco all'aumento delle pensioni minime che, sebbenePag. 8non sia stato significativo, ha comunque fornito un indirizzo preciso delle scelte e delle volontà dell'attuale Governo. Vi sono stati, inoltre, interventi diretti, ad esempio, allo sblocco della legge n. 488 del 1992, che ha messo in cantiere interventi importanti per le aziende e, soprattutto, per lo sviluppo del Mezzogiorno. In buona sostanza, si è trattato di interventi che, seppur hanno fatto aumentare dello 0,4 per cento l'indebitamento, portandolo dal 2,1 al 2,5, sono stati comunque interessanti ed importanti e non hanno superato l'impegno dell'abbattimento dell'indebitamento al 2,8 per cento, assunto dal precedente Governo con l'Unione europea.
Riteniamo che la politica dell'attuale Governo sia condivisibile perché interviene sulle direttrici che abbiamo concordato; vale a dire la competitività del sistema industriale, la riduzione del debito e, quindi, l'equità all'interno del Paese. Stiamo intervenendo in tali settori e anche il DPEF al nostro esame è in linea con gli interventi e con le linee prefissate. Di fatto, come dicevo, si registra un abbattimento dell'indebitamento, una riduzione del debito e, in buona sostanza, una ripresa economica e produttiva, tanto è vero che il nostro prodotto interno lordo è del 2 per cento e dobbiamo consolidarlo su questi livelli.
Abbiamo, però, la necessità di intervenire soprattutto sulle spese correnti primarie perché, anche se abbiamo già verificato che vi sono alcune indicazioni positive, in questo modo si possono liberare risorse importanti, che vanno utilizzate per intervenire sull'indebitamento e sul debito, nonché per concretizzare quelle iniziative di ripresa, di competitività delle aziende e, quindi, di sviluppo economico più generale, previste nel DPEF. Tali iniziative sono richiamate opportunamente, con integrazioni importanti, nella relazione svolta dall'onorevole Ventura, che condividiamo. Pertanto, voteremo a favore della risoluzione Ventura ed altri n. 6-00020.
Vi sono interessanti spunti che riguardano il sistema ambientale e quello delle infrastrutture, che dobbiamo concretizzare in modo più pregnante e indicazioni importanti sulla questione dell'energia alternativa. Inoltre, noi socialisti della Rosa nel Pugno riteniamo di dover incentivare in modo forte le indicazioni in materia di ricerca, università, scuola e Mezzogiorno.
Si tratta di quattro punti collegati tra loro perché il Mezzogiorno d'Italia può crescere nella misura in cui crescono la ricerca e la cultura, e nella misura in cui il sistema diventa integrato. Noi, come nazione, investiamo poco nella ricerca e, quindi, registriamo la necessità di investire di più e di portare la percentuale del 1,2 per cento a livello dei Paesi dell'Unione europea a ventisette e oltre quei livelli. È necessario, pertanto, investire nella ricerca affinché il Paese esca definitivamente da una condizione di ripresa della possibilità economica e produttiva. Sono questi i fattori che incidono - come dicevo precedentemente - sullo sviluppo del Mezzogiorno, in quanto vi è un abbattimento profondo in ordine alla ricerca e una disuguaglianza - oserei dire - tra il centro, il nord e il sud d'Italia per ciò che riguarda la scuola. Ritengo, infatti, che la scuola debba essere capace di fornire risposte importanti da un punto di vista culturale, per far uscire il Mezzogiorno dalle sacche in cui oggi si trova. Inoltre, la scuola deve essere, soprattutto, pubblica, e deve fornire le indicazioni affinché si ci si possa inserire in un contesto di riforma complessiva che riguardi lo sviluppo del Mezzogiorno.
Il Mezzogiorno, oggi, registra una ripresa che, tuttavia, è ancora relativa nei riguardi del nord e del centro, in quanto questi ultimi crescono di più del Mezzogiorno. Quindi, se non si accelerano i processi di ricerca, della scuola e degli investimenti, che devono essere indirizzati alla portualità, alle reti ferroviarie e infrastrutturali, probabilmente, anzi sicuramente, non avremo la possibilità di recuperare il gap che, oggi, ancora divide il centro, il nord e il sud del Paese. Quindi, riteniamo che, nella prossima finanziaria, bisognerà intervenire in modo forte sui filoni dello sviluppo, della ripresa economica e sui filoni che potranno comprendere,Pag. 9in virtù delle questioni che dicevo precedentemente, ovvero l'abbattimento del debito e della spesa corrente primaria, le iniziative volte alla ripresa definitiva e al mantenimento del prodotto interno lordo.
Signor Presidente, sono queste le considerazioni che volevamo svolgere, conoscendo e condividendo la relazione del relatore per la maggioranza, onorevole Ventura, relazione cui noi diamo il convinto e sostenuto «sì», in modo che si possa determinare la ripresa e la condizione affinché i bisogni della gente possano essere esauditi. Concludo, affermando che nella prossima legge finanziaria il gruppo della Rosa nel Pugno, i socialisti della Rosa nel Pugno saranno impegnati fortemente affinché queste direttrici siano rispettate e possano, quindi, contribuire allo sviluppo del nostro Paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ossorio, al quale ricordo che ha sei minuti a disposizione. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, anch'io voglio ricordare ciò che è stato più volte detto, ovvero che il DPEF si muove lungo due direttrici: la legge finanziaria dello scorso anno e il decreto-legge sull'extragettito. Accanto ai dati incoraggianti sull'andamento della finanza pubblica, la cui bontà e attendibilità sono state confermate anche dai principali osservatori istituzionali, il Governo ha presentato un programma completo di interventi specificati per settori. Come si conviene ad ogni sistema di pluralismo democratico, il DPEF ha ricevuto anche alcune critiche da cui desidero iniziare.
Sarebbe assurdo pensare di svolgere un ragionamento sul DPEF senza tenere conto delle critiche che ci sono state. Ne voglio citare una per tutte, quella formulata dal professor Boeri e dal professor Garibaldi. Entrambi hanno detto che si rappresenta un andamento del quadro di finanza pubblica programmatico peggiore del tendenziale. Questa contestazione - che è da tenere in conto - appare tuttavia a nostro avviso, ad avviso di una componente della maggioranza, irragionevole. Infatti, lungi dall'essere volontà di questa maggioranza abbandonare l'impegno assunto a governare e a rilanciare il Paese, le motivazioni dello scostamento tra il tendenziale e il programmatico sono facilmente rintracciabili nello stesso DPEF. Sarebbe mai stato possibile - mi chiedo, e mi rivolgo agli illustri professori che hanno svolto questa critica -, giusto o equo chiedere ai cittadini italiani un ulteriore sacrificio per il solo raggiungimento anticipato di un obiettivo che comunque si otterrà entro la fine della legislatura? Dobbiamo pensare che quell'obiettivo si deve ottenere, e sarà compito di questa maggioranza sorvegliare affinché le politiche del Governo vadano nel giusto verso. Nel momento in cui si richiamano con toni allarmistici le cifre contenute nel decreto-legge del 2 luglio 2007, n. 81, bisognerebbe tener presente che grazie all'adozione di tale provvedimento, appena licenziato dalla Camera, coloro che sopravvivono con la pensione minima hanno ottenuto uno stanziamento di circa 900 milioni di euro: vogliamo dimenticarlo? Sono stati reperiti fondi per 700 milioni di euro in favore del sistema degli ammortizzatori sociali: vogliamo scordarci anche di quest'altro punto? Sono stati stanziati inoltre 600 milioni di euro per iniziative a favore dei giovani. Mi sembra che sia nel complesso un quadro che smentisce le affermazioni dagli illustri commentatori.
Certamente non si intende sottovalutare l'importanza del rispetto degli impegni assunti a livello comunitario, come del resto la manovra di giugno non ha compromesso l'andamento dei saldi in funzione dei parametri del Patto di stabilità (lo ha ben detto l'onorevole Ventura nella sua relazione, che condividiamo). Bisogna piuttosto riconoscere al Governo di aver realizzato una programmazione economica che supera il mero criterio della legislazione vigente e che in un'ottica di contenimento della spesa tiene conto di tre punti: gli impegni sottoscritti, ovvero le iniziative sulle quali è stato già raggiuntoPag. 10l'accordo; le prassi consolidate, come oneri di cui manca ancora la quantificazione; le spese eventuali di iniziativa governativa.
Il DPEF e in parte anche la legge finanziaria dello scorso anno sono stati inoltre accusati di essersi rivelati come interventi pro-ciclici, a favore di una ripresa economica già avviata da sé. Premessa la difficoltà, riconosciuta universalmente dalla teoria economica, circa la possibilità dei responsabili politici di cogliere con esattezza e con certezza il momento opportuno per l'attuazione di una manovra anticiclica, questa analisi risulta piuttosto semplicistica - a nostro avviso - per almeno due motivi. In primo luogo, la ripresa economica non è ancora ben consolidata e stabile. Dai dati contenuti nel bollettino economico pubblicato dalla Banca d'Italia, nel primo trimestre del 2007 il prodotto dell'area euro ha registrato una decelerazione. Il rallentamento, in parte atteso a causa dell'inasprimento dell'IVA in Germania, dell'indebolimento dell'attività industriale e del calo di fiducia, ha riguardato tutte le economie europee, ad eccezione della Francia, ed è stato ulteriormente aggravato dal calo delle esportazioni, punto dolente della nostra economia.
In secondo luogo, lo stesso Governatore Draghi - va ricordato - ha evidenziato come quella in corso non sia una semplice ripresa economica, ma si configuri come una vera e propria trasformazione produttiva, e ha posto in evidenza il ruolo delle esportazioni nell'economia: se non ci avviamo verso un processo di tal genere, sarà un'economia autarchica.
Quindi, annunciando il voto favorevole sul Documento in esame da parte del gruppo dell'Italia dei Valori, vogliamo tuttavia manifestare anche l'auspicio che per gli anni prossimi il Governo valorizzi il DPEF, che potrebbe essere utilizzato per organizzare gli interventi di finanza pubblica su un arco temporale superiore a quello della sessione di bilancio, così da programmare la produzione normativa in corso d'anno e consentire un esame più approfondito ed informato dei provvedimenti, tanto da parte delle Commissioni quanto da parte dell'Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pettinari. Ne ha facoltà.
LUCIANO PETTINARI. Signor Presidente, il gruppo di Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo voterà il Documento di programmazione economico-finanziaria, prima di tutto perché si tratta di un Documento chiaro e in grado di tratteggiare i contorni della futura legge finanziaria. Lo fa in modo tale da rendere esplicito che le misure che prevarranno nella futura legge finanziaria saranno dirette alla crescita e all'equità sociale. Sulla base di questo Documento si capisce che non vi sarà la correzione del deficit tendenziale a legislazione vigente per il 2008, così come non sembra delinearsi la necessità di una manovra correttiva nel corso del 2007.
Questa impostazione, obiettivamente positiva, del DPEF risulta possibile perché, una volta varata l'ultima legge finanziaria, non si è attuata la logica dei due tempi, ritenuta opportuna anche da qualcuno all'interno del Governo. In altre parole, si diceva: puntiamo tutto sul risanamento e, fatto questo, vedremo poi il da farsi. Al contrario, insieme al risanamento dei conti pubblici si è riusciti ad avviare provvedimenti per la crescita e la competitività del nostro sistema e si è operato nel senso di una maggiore equità sociale. Basti pensare che il risparmio annuo ottenuto con l'avvio - solo l'avvio - della politica delle liberalizzazioni a favore dei consumatori oscilla tra i 2,4 e i 3 miliardi di euro. Pensiamo ancora ai risultati ottenuti dalla lotta all'evasione fiscale, pur in presenza di inviti da parte di autorevoli esponenti dell'opposizione, ahimè, allo sciopero fiscale.
Si è iniziato a stabilizzare i precari nella pubblica amministrazione, in particolare nel settore scolastico, così come sono andate nella giusta direzione le misure previste dal decreto-legge n. 81 del 2007, recentemente votato da questo Parlamento,Pag. 11che finalizzano 6,5 miliardi di euro di extragettito a misure di crescita sociale, in particolare con l'innalzamento delle pensioni più basse.
In Italia, dopo alcuni anni di crescita irrilevante, nel 2006 è iniziata una significativa ripresa economica. Occorre che questa ripresa congiunturale diventi duratura e sostenibile ed è perciò necessario che il Governo sappia coniugare crescita economica con equità sociale, risanamento finanziario e sostenibilità ambientale. È un obiettivo possibile, ed è credibile puntare ad una crescita del 3 per cento, come delinea lo stesso DPEF: si può fare, perché il 2006 sembra rappresentare un punto di svolta. Si è interrotto il processo di caduta della produttività nel complesso dei suoi aspetti, e nei prossimi anni potrebbe determinarsi un processo virtuoso, basato sulle politiche della buona occupazione e su quelle tendenti a favorire un maggior tasso di partecipazione, in particolare delle donne.
Occorre quindi fare la scelta verso la qualità dello sviluppo, la qualità dell'innovazione, della ricerca, della riqualificazione del nostro terziario e del nostro sistema di welfare, che deve essere considerato come occasione per creare nuovi posti di lavoro. Occorre altresì fare la scelta dello sviluppo della domanda interna pubblica e privata ed occorre infine fare la scelta - oserei dire continuare nella scelta - di puntare ad una buona occupazione, sapendo che parlare di occupazione dei giovani non vuol dire, come ha cercato di fare in queste settimane Confindustria, contrapporre figlie e figli a madri e padri, e che - per quanto riguarda le pensioni - chi vuole garantire le pensioni ai giovani, anziché organizzare ridicole fiaccolate antisindacali, dovrebbe battersi per eliminare la precarizzazione del lavoro, cui sono costretti oggi quasi tutti i giovani.
Con un posto di lavoro sicuro, essi avrebbero più certezze per la loro vita di oggi e pensioni più alte per la loro vita di domani. Per tale motivo non riteniamo utile il protocollo presentato dal Governo sulla competitività e il mercato del lavoro, sul quale occorrerà continuare a confrontarsi. In quel protocollo si continua a pensare che una maggiore competitività si ottiene con l'abbattimento del costo del lavoro: è un'idea sbagliata. Come non capire che nel momento in cui si defiscalizza lo straordinario, facendo costare un'ora di straordinario esattamente come un'ora di lavoro normale, non si affronta affatto la precarietà, anzi la si istituzionalizza, e si fa cadere del tutto il discorso sulla qualità del lavoro e dello sviluppo? Come si può pensare, favorendo lo straordinario, di aiutare il lavoro delle ragazze e dei ragazzi?
Sinistra Democratica non intende accettare questo protocollo così com'è, e intende battersi con quella grande parte del sindacato che ha assunto verso il protocollo una posizione critica. Credo sia giusto impegnarsi per attuare il programma dell'Ulivo che, a tale proposito, diceva testualmente: «Noi siamo contrari ai contenuti della legge n. 30 del 2003 e dei decreti legislativi n. 276 e n. 368, che moltiplicano le tipologie precarizzanti. Per noi la forma normale di occupazione è il lavoro a tempo indeterminato (...). In tal senso, crediamo che il lavoro flessibile non possa costare meno di quello stabile e che tutte le tipologie contrattuali a termine debbano essere motivate sulla base di un oggettivo carattere temporaneo delle prestazioni richieste». La citazione è molto chiara: questo è quanto prevede il programma elettorale e di Governo del centrosinistra; chi vi fa riferimento non opera né ricatti né pressioni; difende, al contrario, l'intesa unitaria.
Ancora alcuni punti che crediamo importanti, il Mezzogiorno primo fra tutti. È necessario capire che anche per il sud si deve puntare ad alcuni aspetti di qualità della crescita. Si tratta di orientare la struttura produttiva verso processi di rinnovamento tecnologico dell'offerta e di sviluppo del capitale fisico e umano presente in quell'area. La possibilità di un recupero di competitività del Mezzogiorno è strettamente connessa al sostegno aPag. 12questi processi in termini di risorse finanziarie ma anche di adeguate infrastrutture per lo sviluppo.
Più in generale, sull'insieme dell'allegato per le infrastrutture bisognerà ancora lavorare: basti pensare che alle strade e autostrade viene destinato il 50 per cento delle risorse e sono invece assai ridotte le risorse destinate alle infrastrutture portuali, solo l'1,7 per cento; sono inoltre insufficienti le risorse per le ferrovie, il 32 per cento, e per i sistemi metropolitani, il 9,6 per cento.
C'è quindi molto di buono nel DPEF e ci sono comparti sui quali è opportuno, invece, continuare il confronto verso la definizione della nuova legge finanziaria. Con soddisfazione voglio infine, prima di concludere, sottolineare che su iniziativa di Sinistra Democratica al Senato si è riusciti ad inserire una riduzione delle spese per gli armamenti: è un'inversione di tendenza che salutiamo con soddisfazione.
Quindi, è in questo contesto, con il giudizio positivo e con la volontà di continuare il confronto per contribuire a migliorare la proposta economica e finanziaria del Governo, che Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo voterà a favore del DPEF e della risoluzione presentata dalla maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Garavaglia. Ne ha facoltà.
MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, il Documento di programmazione economico-finanziaria è stato già bocciato da tutti e, quindi, anche noi lo bocceremo. Lo ha bocciato la Corte dei conti, che ha come compito quello di verificare come si spendono i soldi; lo hanno bocciato il Fondo monetario internazionale, le agenzie di rating e, in maniera assolutamente drastica, la Banca d'Italia, tramite il Governatore Draghi. Qual è il motivo sostanziale alla radice di questa bocciatura? Soprattutto l'uso del cosiddetto «tesoretto», vale a dire quei 7 miliardi di euro che il Governo ha deciso di spendere tutti in una volta sola e quasi tutti in spesa corrente, quindi alzando il livello di spesa corrente e obbligando poi a rincorrere questo livello con le entrate: è molto semplice!
Oltretutto, la copertura delle spese del «tesoretto» è stata trovata, decidendo di chiudere con un «buco» più alto: si poteva chiudere con un «buco» del 2,1 per cento, ma si è deciso di sforare del 2,5 per cento. È naturale, quindi, che chi esamina con attenzione i conti pubblici non può condividere questa operazione.
Di fatto poi, nel DPEF, vi è qualcosa che prelude alla legge finanziaria. Vi è, cioè, una manovra anticiclica, nel senso che si fa l'opposto di ciò che andava fatto in un ciclo favorevole, come quello in cui ci troviamo. Vi era la possibilità di fare di più, ma si è deciso di spendere di più. Questo chiaramente non è accettabile! Consideriamo il caso del mercato del lavoro: ci troviamo in una situazione particolarmente favorevole, con la curva di Phillips che si sposta verso il basso (bassa inflazione e basso tasso di disoccupazione). Che cosa si vuole fare? Si vuole intaccare la cosiddetta legge Biagi, statalizzando migliaia e migliaia di persone. L'esatto opposto di quello che si sarebbe dovuto fare! Se in futuro dovesse crescere la disoccupazione, oggi basterebbe mettere qualche freno alle frontiere e limitare l'immigrazione; in tale maniera, la disoccupazione rientrerebbe. Tuttavia, facciamo tutto l'opposto di quello che andrebbe fatto.
Passiamo a considerare i numeri, anche perché, la si fa molto complicata, ma, alla fine, la questione è semplice: la manovra finanziaria dello Stato considera le entrate e le uscite: il totale delle entrate previsto è di 743 miliardi di euro, a fronte di un totale di uscite di 777 miliardi di euro. Abbiamo già deciso, cioè, anche l'anno prossimo, di chiudere ancora con un buco di 34 miliardi di euro. Siamo abituati a ragionare come un'azienda sempre in perdita.
Pag. 13Consideriamo ora le entrate e le uscite. Sulle entrate, continuiamo ad ascoltare dichiarazioni, francamente imbarazzanti, riguardo a ipotesi di riduzioni delle tasse. Come fate a sostenere che ridurrete le tasse, quando nel DPEF prevedete che la pressione fiscale rimarrà sostanzialmente invariata? È incredibile! Ridurre una sola tassa - per esempio, l'ICI - non significa ridurre le tasse in genere, anche perché sappiamo già che l'ipotesi di ridurre l'ICI è praticabile, perché si prevede di alzare le tasse sui BOT; si tratta, cioè, di una partita di giro, perché l'ICI e i BOT interessano il ceto medio e medio basso. Si toglie, quindi, da una parte, per dare all'altra, ma ciò non significa ridurre le tasse!
Si parla tanto di lotta all'evasione fiscale e di lavoro nero. Ebbene, cosa diavolo fa il Governo contro il lavoro nero? Di quei cento miliardi di euro di evasione fiscale non introitati dallo Stato, cinquanta derivano dal lavoro nero, cinquecento euro pro capite in Lombardia, mille euro pro capite nel Lazio (il doppio), millecinquecento euro pro capite in Calabria (il triplo). Cosa fa il Governo contro questa piaga enorme, che incide molto pesantemente sulle pensioni e sui contributi futuri? Niente di niente!
Passiamo alle uscite. Qui vi è la novità della trasparenza, e il Ministro Padoa Schioppa già afferma che esistono circa 21 miliardi di spese non coperte. Bene: ci dite in che modo intendete coprire tali spese? Non crediamo che sia possibile coprirle con la riduzione della spesa; finché governerete voi è matematicamente impossibile! Basti leggere Italia Oggi di questa mattina, per sapere che, nella scuola, vi è un taglio di quattromila cattedre, contro una previsione di 19 mila: si tratta, quindi, di un altro «buco» che emerge. Ogni giorno salta fuori un «buco»! È chiaramente impossibile prevedere la copertura di questi circa 25 miliardi di euro di «buco» e non è possibile affermare di coprirlo tagliando la spesa, perché non ne siete capaci. Tutto ciò significa che avremo un'altra manovra finanziaria da, almeno, 25 miliardi di euro e il nord non può più sopportarlo!
Per quanto riguarda, poi, la qualità delle uscite, si tratta veramente di un disastro su tutta la linea. Consideriamo le voci più consistenti della spesa pubblica: pensioni, pubblica amministrazione e sanità.
Delle pensioni abbiamo già parlato: siete riusciti nell'operazione, assolutamente geniale, di alzare l'età pensionabile e, al tempo stesso, generare un costo di 2 miliardi di euro l'anno. Ma lasciare la cosiddetta legge Maroni era così complicato?
Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, si sono continuamente aumentati sia il personale sia i salari e gli stipendi, in maniera molto più alta (circa tre volte), rispetto al settore privato. Anche questo non era quello che andava fatto.
Infine, per quanto riguarda la sanità - la voce più consistente - diamo l'esempio peggiore. La regione Lazio crea un «buco» di dieci miliardi di euro e il Governo, senza batter ciglio, copre il «buco», trasmettendo il messaggio che ogni «buco» futuro verrà coperto tranquillamente e, come al solito, pagherà Pantalone!
Per quanto riguarda, poi, la spesa per investimenti, c'è ben poco da dire; il Governo Prodi applica il blocco sistematico di ogni opera pubblica. La TAV è l'esempio più eclatante: infatti, se non si realizza il collegamento con la Francia, ci dite perché diavolo abbiamo speso tutti questi soldi per fare la TAV?
Parlate di sviluppo del Mezzogiorno, ma se i treni non arrivano dalla Francia, mi spiegate per quale motivo abbiamo fatto la TAV fino a Napoli e si prevede di arrivare fino in Sicilia? Per non parlare della Brebemi: anche in questo caso, si tratta di un'opera sostanzialmente autofinanziata dal nord, che il Senato boccia e la Camera non boccia, perché la Lega Nord Padania in Commissione trasporti tiene banco e permette di approvare l'opera.
Alla fine, cosa vi è di buono in questo Documento di programmazione? Vi è l'accenno al federalismo fiscale, ma solo l'accenno, perché il federalismo fiscale è la soluzione per ridurre e, quindi, per attaccarePag. 14l'entità della spesa pubblica e, soprattutto, per migliorarne la qualità. Lo ha spiegato molto bene il Governatore Draghi nella sua relazione al DPEF, portando l'esempio di due Stati federali: il Belgio - Stato che, come l'Italia, messo insieme, in qualche modo, si è rimesso a posto diventando uno Stato federale - e la Germania.
Al contrario, cosa prevedete in ordine al federalismo fiscale (al di là di qualche chiacchiera che ci sta anche bene)? Prevedete, per ora, solo la possibilità di aumentare ancora le addizionali. Non si arriva a dire, fino in fondo e bene, cosa si vuole fare con la compartecipazione.
Inoltre, vi è l'accenno - aspetto positivo che va approfondito - sui costi standard. Facciamo qualche esempio, perché questo è il punto chiave: gli stipendi della pubblica amministrazione non vanno valutati in base al costo (possiamo, infatti, essere tutti d'accordo sul fatto che gli stipendi devono essere sostanzialmente equivalenti, che ognuno ha diritto di prendere lo stipendio che prende un altro); il problema non riguarda il costo, bensì il valore aggiunto di quello stipendio, cioè cosa si fa con gli stipendi della pubblica amministrazione!
Facciamo due esempi. Gli impiegati postali ogni centomila lettere: nel nord sono 180 e nel sud sono 1780. Un altro esempio: i lavoratori delle Ferrovie dello Stato ogni 100 mila tonnellate di beni spediti: al nord sono 71 contro i 327 del sud. Ebbene, la questione non è nord e sud, ma come Roma ripartisce le risorse...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole, sono costretto di nuovo a chiedere di far cessare il brusio. È difficile parlare e ascoltare in queste condizioni, vi prego. Scusi ancora.
MASSIMO GARAVAGLIA. La questione è come si ripartiscono le risorse, come Roma ripartisce le risorse: questo è il federalismo fiscale! Infatti, se si va oltre i costi standard in maniera così eclatante, è evidente che quella non è più spesa pubblica produttiva, né valore aggiunto, ma è spesa sociale...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MASSIMO GARAVAGLIA. ...e, come tale, va giustamente riclassificata e fa parte della compartecipazione e della perequazione.
La Lega Nord Padania, sul federalismo fiscale, si sta dando da fare e vuole arrivare fino in fondo, con il principio dei costi standard - affinché siano chiari per tutti e si vada verso i costi standard delle regioni virtuose e non di quelle che, invece, sprecano - e con il principio della compartecipazione seria, vale a dire intaccando le tasse che si pagano già, non quelle che si pagheranno ancora!
E, comunque, alla fine - e concludo, signor Presidente - il problema è che non possiamo permetterci un'altra finanziaria da 25 miliardi di euro; quindi, se volete fare una cosa seria, intaccate davvero la spesa e smettetela di buttare via i soldi della Padania (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia e Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Peretti. Ne ha facoltà.
ETTORE PERETTI. Signor Presidente, l'Italia è un Paese fragile e malato, ha una capacità competitiva che si colloca agli ultimi posti in Europa, sulla quale pesano come una zavorra il livello del debito, l'inefficienza della spesa pubblica, l'onere della burocrazia e la bassa qualità delle istituzioni pubbliche.
Inoltre, è un Paese scarsamente innovativo, perché ha una bassa qualificazione delle risorse umane e una bassa percentuale della popolazione in possesso di un titolo di studio elevato, nonostante la percentuale della spesa pubblica in tale settore sia allineata a quella degli altri Paesi. Si trova agli ultimi posti per la spesa in materia di ricerca, per la capacità di trasferimento della conoscenza dall'università all'impresa, nonché per la dotazione di infrastrutture, l'energia, i trasporti e l'informazione.Pag. 15
È un Paese con sacche di disoccupazione molto elevate - ad esempio, la disoccupazione giovanile al sud è superiore al 21 per cento e quella femminile è ancora più alta - e in cui la ricchezza è molto mal distribuita: vi è un reddito pro capite di circa 30 mila dollari e 2 milioni e 600 mila famiglie povere - oltre l'11 per cento delle famiglie residenti - numero che cresce giorno dopo giorno.
L'Italia è il Paese più vecchio d'Europa: ogni 100 giovani sotto i 15 anni, vi sono 141 anziani oltre i 65 anni. Infine, l'Italia ha il debito pubblico più alto in rapporto alla ricchezza prodotta, debito che convive allegramente con circa 250 miliardi di evasione fiscale e circa 3 milioni di lavoratori in nero.
Signor Presidente, un Paese così non ha futuro perché tali dati segnalano una profonda crisi morale e culturale, prima ancora che economica, sociale e politica. Si tratta di una crisi profonda del sistema che sta producendo, nel Paese, tre profonde linee di rottura. In primo luogo, vi è una frattura di carattere sociale: non solo si allarga sempre di più la forbice tra le persone ricche e quelle povere ma, soprattutto, si riducono le opportunità per salire la scala sociale. Oggi, chi è povero ha molte più probabilità di rimanere tale rispetto ad un tempo.
Inoltre, vi è una frattura di carattere territoriale tra un nord che chiede più libertà e meno Stato e un sud che, invece, continua ad aggrapparsi disperatamente allo Stato, anche se quest'ultimo spesso è assente e, quando è presente, è inefficiente. Vi è un sud che perde continuamente popolazione attiva, sempre più a rischio legalità, con i cittadini che sono a rischio di assuefazione - come sta avvenendo in Campania per la vicenda dei rifiuti, - e che hanno perso la capacità di reazione e di sanzione politica anche verso le amministrazioni più inefficienti.
Infine, vi è una frattura di carattere istituzionale tra i cittadini e il ceto politico, a causa della quali questi ultimi contestano alla classe dirigente non tanto e non solo i privilegi, ma soprattutto la loro incapacità di governare e una politica che «chiacchiera» su tutto e non decide su nulla.
Signor Presidente, questo è lo stato del nostro Paese, come appare ai cittadini e a coloro che lo guardano dall'esterno. Solo il Governo finge di non vederlo e, con questo Documento di programmazione economico-finanziaria, disegna uno scenario diverso e sorprendentemente rassicurante. Il Governo vede un Paese che cresce e d'incanto trova le risorse per superare la crisi, una finanza pubblica che migliora ed esce dall'emergenza - così da spostare in avanti gli impegni assunti con l'Unione europea in relazione al pareggio del bilancio - e una dinamica sociale in miglioramento.
È bastato qualche euro del «tesoretto» per dire che stiamo uscendo anche dall'emergenza povertà. Si tratta di una situazione che evolve al meglio naturalmente, visto che il Governo in questo Documento non indica alcuna misura concreta di politica economica e finanziaria. Abbiamo un Documento di politica economica e finanziaria senza politica economica finanziaria! Noi sappiamo che le cose stanno diversamente.
L'Italia è un Paese anziano e malato che sta perdendo la fiducia in se stesso e che non ha più fiducia nella sua classe dirigente. L'Italia non può permettersi un Governo diviso al suo interno, bloccato dalle sue contraddizioni politiche e diventato ormai minoranza nel Paese, incapace di alcuna iniziativa che non sia il tirare a campare giorno per giorno.
Ma l'Italia - lo dobbiamo dire con onestà - non può permettersi nemmeno che al suo capezzale si alternino medici inadeguati e medici compiacenti. Medici inadeguati e medici compiacenti: questa è la costante di questa lunga fase di transizione.
L'Italia, invece, ha bisogno di riscrivere daccapo il patto di cittadinanza, un nuovo patto che porti a ripensare dalle fondamenta il rapporto dei cittadini tra di loro e tra i cittadini e le istituzioni nell'aspetto fiscale, con la semplicità degli adempimenti, la lotta all'evasione, la riduzione deiPag. 16livelli di tassazione, nell'aspetto redistributivo, con una profonda azione di verifica e di qualificazione della spesa pubblica, e nell'aspetto ordinamentale e di tutela dei diritti, recuperando qualità e semplicità delle leggi e fiducia nella giustizia.
Serve ritrovarsi attorno ad un'idea condivisa di interesse generale che non è l'esatta sommatoria degli interessi particolari e che ci obbliga a muovere e ad abbandonare la visione corporativa dell'impegno associativo e politico.
Servono riforme, servono cambiamenti di comportamento individuali e collettivi, cambiamenti la cui velocità e profondità non dipendono dal grado di accettazione dei cittadini e, quindi, dalla sostenibilità politica (perché, altrimenti, la velocità sarebbe pressappoco pari a zero), ma dipendono dalla velocità e profondità delle trasformazioni del mondo che ci circonda.
Serve una cultura nuova legata al merito, legata ai risultati, legata soprattutto alla responsabilità; una cultura di cui non c'è traccia nel Governo e nei suoi provvedimenti e nemmeno in questo Documento di programmazione economico-finanziaria che non avrà il nostro voto [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Andrea Ricci. Ne ha facoltà.
ANDREA RICCI. Signor Presidente, dopo la novità costituita da una «manovrina» estiva avente carattere espansivo con aumenti anziché tagli di spesa, con questo DPEF siamo di fronte ad un'altra positiva novità: per il prossimo anno non saranno necessari ulteriori interventi di correzione dei conti pubblici, così che l'entità netta della manovra finanziaria per il 2008 sarà pari a zero.
L'obiettivo concordato in sede europea di un deficit pubblico pari al 2,2 per cento del PIL nel prossimo anno risulta già tendenzialmente conseguito grazie all'aggiustamento delle finanze pubbliche realizzato nel corso dell'ultimo anno. A questo risultato hanno contribuito in maniera determinante due fattori: da un lato, una maggiore crescita economica e, dall'altro, un significativo ampliamento della base imponibile in conseguenza delle misure di lotta all'evasione e all'elusione fiscale.
In questo scenario la richiesta avanzata dalla Commissione europea di una ulteriore e forte accelerazione del percorso di risanamento finanziario appare del tutto pretestuosa ed animata da una fissità ideologica dietro cui si nascondono ben precisi interessi economici e politici.
In tal senso, bene ha fatto il Governo a non seguire tali interessati consigli. A nostro avviso, anzi, occorrerebbe fare di più aprendo finalmente un contenzioso politico con le istituzioni comunitarie, a cominciare dalla BCE, rispetto all'indirizzo di politica economica e monetaria prevalente in Europa, un indirizzo che continua ad ispirarsi ad un approccio di ortodossia monetarista e neoliberista.
Se ciò è stato fatto da un esponente genuino della destra francese come Sarkozy, crediamo che altrettanto possa e debba essere fatto dal Governo italiano dell'Unione. In questo senso, ci aspettiamo che il Governo dia seguito al punto della risoluzione che propone l'utilizzo delle riserve auree in eccesso della Banca d'Italia per la riduzione del debito pubblico.
Rispetto agli anni successivi al 2008, il DPEF prevede invece manovre correttive nette, via via crescenti. Questo è un aspetto che ci convince meno, e riteniamo che le previsioni del Governo siano viziate da un'eccessiva dose di prudenza e di pessimismo rispetto alle potenzialità di sviluppo dell'economia italiana e di ulteriore recupero dell'evasione fiscale: una dose di prudenza nelle stime e nelle previsioni è sempre necessaria, tuttavia, quando essa è eccessiva, rischia alla lunga di distorcere le aspettative degli operatori e di generare un falso allarmismo, mettendo in moto un classico effetto di profezia che si autoavvera.
La ripresa economica, che tanta parte ha nel risanamento finanziario in atto, è trainata, in Italia come in Europa, dallaPag. 17domanda interna e, in particolare, dai consumi delle famiglie. Ciò deve far riflettere sullo stretto legame che esiste tra interventi di carattere redistributivo e politiche di sviluppo economico. Nell'era della globalizzazione dei mercati, per un Paese industrialmente maturo come l'Italia è impensabile riproporre un modello di sviluppo fondato sulle esportazioni e sulla competitività di prezzo, derivante dal basso costo del lavoro. Occorre sì riqualificare l'offerta produttiva, indirizzandola verso l'innovazione, ma occorre anche assecondare tale processo dando ossigeno alla domanda, consentendo l'accesso a consumi di qualità superiore - dal punto di vista materiale e immateriale, sociale e ambientale - a larghe fasce della popolazione, che oggi ne sono escluse a causa di una distribuzione arcaica e ingiusta del reddito e della ricchezza.
E qui giungiamo al cuore, al nocciolo del confronto aspro in atto all'interno della maggioranza sul terreno della politica economica e sociale: la redistribuzione del reddito e della ricchezza - che noi proponiamo attraverso l'aumento dei salari e delle pensioni, attraverso la lotta alla precarietà e per l'estensione dei diritti sociali - non è, come si vuol fare apparire, indifferente o addirittura contraria alle esigenze di sviluppo e di modernizzazione del Paese. Al contrario, essa è il presupposto necessario per innescare un nuovo modello di sviluppo, autonomo e autocentrato, fondato sulla riconversione ecologica dell'economia, sulla diffusione del consumo e della produzione di beni ad alto contenuto di sapere e di conoscenza, sul soddisfacimento universale dei principali bisogni sociali, fra cui quello di relazioni, individuali e collettive, più solidali.
La riduzione drastica della precarietà e dell'insicurezza del lavoro, così come le difese del diritto alla pensione e ad un ampio sistema di protezione sociale, non sono costi per il sistema, ma opportunità di sviluppo della società e anche dell'economia. Il vero costo sociale che pesa sul nostro Paese è invece rappresentato dalla pervicace difesa, in nome di presunte compatibilità oggettive, dei privilegi derivanti da una distribuzione del reddito, della ricchezza e delle opportunità di vita così ingiusta come quella che esiste oggi in Italia. È in nome di tale visione, nuova, moderna e proiettata al futuro, che abbiamo espresso la nostra insoddisfazione sul protocollo proposto dal Governo su pensioni, mercato del lavoro e welfare: non è questa la sede per discuterne, ma a scanso di equivoci ribadiamo che noi quella proposta - alla cui elaborazione non siamo stati chiamati a partecipare - non la condividiamo e intendiamo modificarla profondamente, attraverso l'azione parlamentare e l'iniziativa di massa nel Paese.
Il gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea voterà senza remore la risoluzione parlamentare di maggioranza, perché riteniamo che essa migliori in maniera significativa il DPEF su alcune questioni fondamentali.
In primo luogo, nella risoluzione si conferma la centralità della lotta alla precarietà e all'insicurezza del lavoro, impegnando il Governo ad assumere le iniziative necessarie per fare del contratto di lavoro a tempo indeterminato la regola e non l'eccezione.
In tale contesto è importante il paragrafo sullo sviluppo del Mezzogiorno, laddove si impegna il Governo a definire un piano per l'occupazione all'interno di una più complessiva azione di politica industriale volta al superamento del dualismo territoriale.
In secondo luogo, la risoluzione invita il Governo a proseguire nell'opera di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, anche attraverso l'istituzione di un'aliquota unica del 20 per cento sulle rendite finanziarie e si stabilisce che la riduzione della pressione fiscale sarà prioritariamente indirizzata alle famiglie a basso reddito.
In terzo luogo, più che sulla riduzione quantitativa della spesa primaria corrente, si pone l'accento sulla sua riqualificazione, eliminando sprechi e inefficienze, a cominciare dalla sensibile riduzione dei costi della politica.Pag. 18
Infine - ma è forse l'aspetto più significativo - nella risoluzione si corregge profondamente la politica infrastrutturale delineata nell'allegato al DPEF, confermando quanto previsto nel programma dell'Unione circa la necessità di superare radicalmente la logica e la strumentazione della legge obiettivo varata dal Governo Berlusconi, in nome di un'alternativa visione strategica che assuma come vincoli invalicabili il pieno rispetto dei cicli ecologici, della tutela ambientale e paesaggistica del territorio e del consenso delle popolazioni locali interessate alla realizzazione delle opere.
In questo quadro, ci appare importante l'impegno, previsto nella risoluzione, a istituire uno specifico fondo per l'ammodernamento della rete idrica, opera molto più necessaria di tanti nuovi assi viari ad alta velocità.
In conclusione, con l'approvazione della risoluzione sul DPEF si avvia una fase decisiva sul terreno politico e sociale del Paese, che si annuncia calda e piena di insidie per la stessa prosecuzione dell'attuale esperienza di Governo. I nostri alleati sanno qual è per noi il punto irrinunciabile: il rispetto del programma dell'Unione e delle speranze di cambiamento da esso suscitate. Senza tale elemento, questo Governo non è legittimato a proseguire, non per nostra volontà, ma perché esso sarebbe travolto dalla delusione di chi in quelle idee ha creduto.
A costoro, che sono la fonte ultima della nostra legittimazione, dovremmo sempre rivolgerci in caso di difficoltà e di contrasti.
Insieme al lavoro parlamentare, è questo ciò che noi ci impegniamo a fare nei prossimi mesi, convinti come siamo che l'unico antidoto alla crisi della politica e della democrazia sia la partecipazione popolare e diretta alle decisioni fondamentali della vita di un Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.
ALBERTO GIORGETTI. Signor Presidente, il Documento di programmazione economico-finanziaria dovrebbe rappresentare quelle che sono le linee programmatiche del Governo in materia economica e finanziaria e dovrebbe essere poi sostenuto ed esplicitato, nella sua puntuale applicazione, dalle successive leggi finanziarie.
Mi pare di poter dire, alla luce delle considerazioni appena svolte dall'onorevole Andrea Ricci, esponente di Rifondazione Comunista, che tutto quanto contenuto in questo DPEF può essere considerato del tutto aleatorio, con una maggioranza che dimostra di non avere elementi di sintesi significativi. Ciò lo si comprende proprio da quanto detto dal collega di Rifondazione Comunista il quale ha posto in rilievo che si punta ad un sostegno maggiore per il lavoro a tempo indeterminato, che significa un aumento significativo dei costi del lavoro e della pressione fiscale; il messaggio molto chiaro lanciato in tema di evasione, che introduce un percorso che va ulteriormente a colpire le rendite finanziarie; così come anche il netto e chiaro «no» alla riduzione della spesa pubblica.
Si tratta di elementi che si pongono in evidente contraddizione con gli obiettivi che pone questo Documento di programmazione economico-finanziaria, il quale avrà bisogno a settembre - lo dico al relatore Ventura - di un'inesorabile nota di aggiornamento, che dovrà tenere conto anche della prossima legge finanziaria, sulla quale, al momento, non si sa nulla da parte di questa maggioranza e di questo Governo.
Il gruppo di Alleanza Nazionale denuncia questa grave situazione politica: a fronte di un DPEF, redatto in forma discorsiva, generalista, non si fa alcun riferimento puntuale agli strumenti che si attiveranno con i prossimi interventi che saranno adottati in materia economica e fiscale.
Insomma, questo Documento enuncia tante belle intenzioni che non sono però confortate dai risicati dati tecnici in esso contenuti e che in qualche modo vengonoPag. 19proposte nella risoluzione del collega Ventura, peraltro diversa dalla risoluzione presentata al Senato e che dimostra come la coesione all'interno della maggioranza sia un tema quotidiano, a fronte di una grave contraddizione presente con gli obiettivi strutturali del Paese. Tale incertezza politica è ormai percepita dal Paese e dalla stessa maggioranza di centrosinistra, in cui abbiamo un Prodi ormai chiuso all'interno del proprio percorso, che viene sistematicamente massacrato dagli operatori esterni e dalle stesse forze politiche di maggioranza.
Purtroppo in questo Documento, carente di prospettiva politica, si intravede già, senza enunciarlo, un aumento significativo della pressione fiscale a carico degli italiani, con particolare riferimento - perché sono quelli che alla fine pagheranno - alle fasce più deboli e alle imprese. È un Documento che è stato bocciato dalla Commissione europea, dal Fondo monetario internazionale, dall'OCSE, dai principali istituti di politica finanziaria e di conti pubblici e che rappresenta un ulteriore passo falso di un Governo le cui condotte in materia economica cadono costantemente sotto i colpi delle censure europee ed internazionali.
L'unico dato certo sembra essere la prospettiva di un aggravio fiscale. Lo dico senza voler fare polemica, sottosegretario Sartor, ma, alla luce delle dichiarazioni rilasciate dal Viceministro Visco nell'audizione svolta in Commissione bilancio la settimana scorsa, risulta palese come sia di fatto inaffrontabile da parte di questo Governo il tema della riduzione della spesa pubblica e quanto invece sia fondamentale, in prospettiva, la leva legata alle entrate: ciò lo ha affermato lo stesso Viceministro.
Purtroppo, l'aumento della pressione fiscale era già iniziato lo scorso luglio con il cosiddetto decreto Visco-Bersani, che introdusse circa 6 miliardi di euro di maggiori tasse, per proseguire con la legge finanziaria per il 2007 pari ad oltre 35 miliardi di euro, che ha prodotto di fatto un extragettito definito impropriamente «tesoretto» dallo stesso centrosinistra e che rappresenta a tutti gli effetti un aumento della spesa pubblica. Dal DPEF si intravedono quelle che sono le risorse necessarie per poter adempiere agli ultimatum che vengono dati dalla sinistra estrema, massimalista, e a proposito delle quali già all'interno del DPEF si intravede quella che è la cifra che si avvicina a ciò che dovremo affrontare nella legge finanziaria: impegni assunti per oltre 11 miliardi di euro, altri 10 miliardi di euro che il Governo chiede addirittura al Parlamento di reperire dopo un confronto complessivamente aperto tra maggioranza e opposizione. Oltre 21 miliardi di euro a cui si devono aggiungere le recenti riforme, contestate in quest'aula anche oggi, relativamente alla previdenza: oltre due miliardi di euro per anno, nell'ipotesi decennale, più l'intervento complessivo sul welfare. Complessivamente, una legge finanziaria di oltre 30 miliardi di euro.
E allora non si capisce come si potrà ridurre in misura significativa la spesa pubblica al fine di approvare una legge finanziaria che non vada ad aumentare la pressione fiscale. Un tema estremamente delicato, caro collega Ventura, significativamente in riferimento a quello che è l'aspetto della cosiddetta spending review, riferimento anglosassone che viene adottato dal nostro Governo incapace però poi di praticarlo concretamente. Lo stesso Viceministro Visco ha affermato proprio in audizione come addirittura quello di cui al comma 507 della legge finanziaria per il 2007 sia un esperimento sostanzialmente già morto, a fronte delle enormi pressioni portate avanti dai vari ministeri di riferimento per ottenere una spesa aggiuntiva.
E quindi ci avviamo verso un percorso, quello verso la legge finanziaria per il 2008, in cui vedremo il Governo impegnato in una sorta di caccia al tesoro - altro che «tesoretto»! - che dovranno pagare tutti gli italiani, i contribuenti, le imprese e purtroppo anche le famiglie più deboli. È evidente come la pressione fiscale, registrata oltre il 42 per cento, la più alta nella storia d'Italia, rappresenti un colpo gravissimoPag. 20nei confronti del sistema imprenditoriale e del tessuto economico e sociale italiano.
Non avete tenuto conto neppure delle indicazioni del Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che aveva suggerito correttamente di utilizzare il cosiddetto «tesoretto» per il risanamento dei conti pubblici, prevedendo di inserire tali risorse proprio nel Documento di programmazione economico-finanziaria. In realtà, riteniamo che la vostra scelta rappresenti, di fatto, un bypassare quelle che sono le indicazioni della Banca d'Italia.
Il Governatore della Banca d'Italia aveva ben suggerito, lo ripeto, di utilizzare le fasi favorevoli del ciclo economico per attuare una decisa riduzione del disavanzo pubblico. Invece, con questo DPEF si genera il rischio che si dovranno poi correggere, con estrema difficoltà, le scelte di questo Governo.
Particolarmente significativa è l'ammissione contenuta a pagina 45 del Documento, nel capitolo riguardante la finanza pubblica: «Sulla base degli obiettivi programmatici sopra indicati e tenendo conto del nuovo andamento tendenziale dei conti a legislazione vigente, (...) non risulta necessario compiere una manovra correttiva netta per il 2008». Dunque, se aveste adottato una politica di risanamento dei conti pubblici, gli andamenti tendenziali avrebbero aiutato il nostro Paese ad uscire da una congiuntura complessa; con le vostre scelte, invece, si sposta più in là l'obiettivo di rientro del debito pubblico - lo ha già sottolineato in modo assai puntuale il collega Armani - e quello di ottenere un avanzo primario della pubblica amministrazione. Si costruisce così una rete, nel controllo della spesa pubblica, attraverso la logica dei programmi e degli obiettivi, che vanifica la capacità di manovra degli stessi ministeri che infatti, non a caso, in questa fase stanno protestando in maniera significativa nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze, allo scopo di ottenere risorse aggiuntive.
Collega Ventura, nella sua risoluzione lei pone talune questioni che sono state finora completamente dimenticate da questa maggioranza. Penso in particolare al tema della sicurezza: tale tema viene infatti posto nella risoluzione (lo poniamo anche noi nella nostra, e in maniera più articolata), nel momento in cui si prevede perfino il percorso legato ai contratti in questo settore; eppure, tale questione è stata completamente dimenticata nel corso dell'esame del decreto-legge recentemente approvato da quest'Assemblea. Così è anche per altre questioni significative che sono legate al tema della ripresa e dello sviluppo: lo dimostrano le lamentele che sono giunte da parte delle associazioni di categoria, che hanno indicato con puntualità alla Commissione e al Governo quale potrebbe essere il percorso per il rilancio dello sviluppo e dunque per l'ottenimento delle risorse necessarie al mantenimento delle logiche di attenzione ai soggetti deboli, logiche che saranno in realtà penalizzate anche nei prossimi mesi.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ALBERTO GIORGETTI. Si tratta di ricette semplici: occorre avere il coraggio di ridurre la pressione fiscale, di intervenire con misure significative sulla spesa (obiettivo che viene ancora una volta vanificato, come emerge alla luce delle dichiarazioni di esponenti di Rifondazione Comunista) e di avviare una politica di riforme degne di questo nome.
In questo DPEF, invece, si intravede un messaggio evanescente: non si affrontano i nodi strutturali del Paese e vi sono posizioni contraddittorie all'interno della stessa maggioranza. Concludo con una battuta: l'onorevole Ventura rispondeva ieri ad alcuni parlamentari affermando che lui stesso si sarebbe occupato, con l'attuale maggioranza, dei DPEF fino al 2011. Noi ci auguriamo invece che, già in settembre, questo Governo cada, per risollevare così in tempi brevi il governo della Nazione e lo sviluppo dell'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, a nome del gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI intendo esprimere un «no» alto e forte al DPEF relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2008-2011.
Per ricollegarmi al collega che ha appena concluso il suo intervento, che si rivolgeva al relatore, devo dire che noi crediamo che, quando l'onorevole Ventura ha letto tale documento, egli debba aver avuto un sobbalzo e debba avere affermato anche lui che tale testo è impresentabile. Ma, da buon chierichetto, egli ha dovuto, obtorto collo, fare il suo compitino, ed ha dovuto così dichiarare, prima alla Commissione e poi all'Assemblea, che si tratta di un buon testo. Ovviamente, però, non lo crede nemmeno lui: e lo si capisce dall'intervento svolto dallo stesso collega ieri.
Si parlava della piccola ripresa che l'Italia ha vissuto nell'ultimo anno.
Abbiamo trovato una ripresa ma abbiamo trovato l'Italia impreparata a causa della sudditanza della maggioranza alla sinistra radicale e massimalista e al sindacato, soprattutto alla CGIL. Come lo scorso anno il sindacato ha stabilito il contenuto della legge finanziaria, anche quest'anno il sindacato ha ricoperto un ruolo importante e poi, con il gioco delle parti, fanno finta di non essere d'accordo. Vi è una situazione simile a quanto avvenuto per la modifica dell'ordinamento giudiziario, approvata venerdì scorso. Allo stesso modo, i magistrati hanno fatto il teatrino di annunciare lo sciopero, per dare l'opportunità al Ministro Mastella di poter dire: avete visto, non sta bene neanche ai magistrati, però erano d'accordo. Si può dire che sono come i cosiddetti ladri di Pisa: bisticciano di giorno e vanno rubare assieme di notte.
È ovvio che è necessaria una nuova politica dello sviluppo al di fuori dell'emergenza. Bisogna, ovviamente, mettere mano all'alto livello di evasione ed elusione fiscale ed all'enorme incidenza del debito pubblico rispetto al PIL, quali punti di debolezza strutturale del nostro bilancio, che il provvedimento in esame non prevede assolutamente. Il Documento è bocciato dal nostro gruppo, ma credo anche da tutti gli italiani perché la Corte dei Conti ha già affermato che non è approvabile, la Banca d'Italia, con il suo massimo esponente, Draghi, ha ampiamente detto di cosa si tratta, le principali - e numerose - agenzie internazionali di rating stanno deridendo il nostro Paese, il Fondo monetario internazionale ci ha bocciati senza appello. Di cosa abbiamo bisogno di più rispetto a tali esempi? È errato continuare a sperperare denaro pubblico. Si parla di una manovra da 25 miliardi di euro, si continua con lo Stato assistenziale, voluto dalla sinistra massimalista, e non si ha cura, né si fa alcunché al riguardo, dello Stato sociale. Altro che inversione di tendenza! Con voi, con il DPEF in esame, aumentano gli indigenti e le famiglie povere in Italia, le famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese, le famiglie che non si possono più permettere di far andare i figli a scuola, i ricercatori che emigrano all'estero, perché non si fa niente e nulla si prevede per la ricerca e, comunque, quel poco che si fa è solo riservato ai figli dei figli di papà, che però hanno la tessera giusta. Aumentano gli sperperi nella sanità e il deficit è in aumento in quasi tutte le regioni, ma solo in alcune di esse arriva la mamma-Stato, gli amici degli amici e Prodi, che pianifica il debito. È una vergogna ciò che è stato fatto per la Campania e per Napoli in particolare! Aumentano gli sperperi degli enti inutili, lasciati ancora in vita per fornire un reddito a nullatenenti con tessera giusta, aumentano i privilegi delle cooperative rosse, delle banche, delle assicurazioni e dei sindacati che eludono ed evadono continuamente le tasse. Diminuisce - paradosso dei paradossi - l'età pensionabile, in controtendenza con la situazione europea. Vi era una buona legge, anzi ottima, ossia la legge n. 243 del 2004, la cosiddetta legge Maroni, ma la circostanza che sia stata adottata dal precedentePag. 22Governo e dal Ministro Maroni vi ha fatto andare su tutte le furie e l'avete abrogata. Si tratta della tendenza del Governo e della maggioranza di cancellare tutto ciò che di buono è stato fatto dal precedente Governo, ossia le leggi Biagi, Moratti e Castelli. Lo abbiamo constatato riguardo a tutte.
Quindi, state andando avanti facendovi del male e facendoci del male. L'esigenza è mantenere in vita l'attuale Esecutivo. Come ho già detto, i maggiori oneri per il bilancio pubblico sono conseguenti alle prospettate modifiche del sistema previdenziale. Ipotizzate di utilizzare parte delle riserve della Banca d'Italia per l'abbattimento del debito pubblico. Ciò sarebbe praticabile solo in presenza di una credibile e strutturale riduzione della spesa della quale non si intravede, ovviamente, alcun tipo di segnale.
Ciò detto, non ci rimane che concludere con un'ultima considerazione, che mi sembra abbastanza ovvia. Su questa politica economica e sul DPEF è lapalissiana la totale impotenza della maggioranza. Lo dicono, con onestà, alcuni gruppi massimalisti che non la condividono. La crescita tendenziale è uguale alla crescita programmatica e, solo nell'ultimo anno, nel ben lontano 2011, ci dite che l'Italia avrà lo 0,1 per cento di crescita. Ovviamente, non è possibile andare in una simile direzione. Ci regalerete, per Natale, un'altra finanziaria da 25 o 30 miliardi di euro, con una vera e propria schizofrenia interna alla maggioranza e tra quest'ultima e il Governo. Siete uno contro l'altro tutti i giorni, con il ricatto ignobile e ignominioso, che il Paese non merita, di una sinistra massimalista che in Italia praticamente non esiste più e che, invece, continua a dettare le regole del gioco.
Concludendo il mio intervento, la componente Repubblicani, Liberali, Riformatori del gruppo Misto dirà un «no» alto e forte al Documento di programmazione economico-finanziaria in esame, che riteniamo una iattura per la traballante economia del Paese che, dopo l'approvazione di tale Documento, sarà ancora più traballante. Ne avranno giovamento soltanto le imprese vicine e amiche di questa maggioranza, le quali hanno un nome e un cognome: le cooperative rosse.