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Sull'ordine dei lavori (ore 15,03).
LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, ho chiesto di parlare a nome del mio gruppo a proposito delle espressioni usate dall'onorevole Bossi a Vicenza nel corso di un raduno del suo partito. In quella sede l'onorevole Bossi ha posto due questioni: il ricorso alla violenza nella lotta politica e la secessione.
La Padania, che è l'organo d'informazione della Lega, ha scritto che il ricorso alla violenza («il ricorso alla violenza» è una mia espressione, l'onorevole Bossi parlava di «lotta di liberazione») è stato effettuato - cito - «per avere una terra libera, non più legata a un Paese che ha perso ormai ogni barlume di lucidità democratica». Verrebbe da chiedere chi ha perso lucidità democratica, ma non è questo il tema e non intendo fare polemiche che scivolerebbero nell'insulto.
Innanzitutto, signor Presidente, vi è un punto che riguarda la nostra identità nazionale: la categoria della «liberazione». Nella cultura nazionale italiana e nella cultura delle regioni del nord liberazione vuol dire una cosa sola: abbattimento della dittatura fascista e nazista e conquista della libertà; nella grammatica repubblicana liberazione è stata quello e solo quello. Lo dico perché vi sono parole che nella storia di un popolo diventano sacre perché fondamento del sacrificio stesso della vita compiuto da migliaia di donne e di uomini.Pag. 2
Dobbiamo prendere sul serio queste parole o sono parte di una sorta di espressione colorita, com'è stato detto? Allora, se dobbiamo prenderle sul serio, le espressioni sono preoccupanti per la democrazia; se non dobbiamo prenderle sul serio, questa seconda ipotesi è offensiva per lo stesso Bossi, che è parificato dai suoi stessi colleghi della coalizione a un qualsiasi giullare che afferma ciò che gli pare, tanto non succede nulla.
Il problema non è questo, sappiamo bene che Bossi è un dirigente politico avveduto, che è stato Ministro della Repubblica, leader di uno dei partiti che ha come obiettivo legittimo quello di tornare al Governo del Paese; il problema sono gli effetti delle dichiarazioni e delle parole che noi politici pronunciamo nei confronti della società. Quando si parla prima di fucilate, poi di violenze e poi di scissione, si pone un problema, Presidente; la classe politica dirigente ha un dovere d'indirizzo nei confronti della società? Ha il dovere di indicare obiettivi, metodi, questioni? E, se ciò che si propone è la secessione e la violenza, quali conclusioni dobbiamo trarre tutti noi?
Tali dichiarazioni sono dovute a malessere e a impotenza? Lo dico perché posso anche comprendere che vi è un'escalation di dichiarazioni in una coalizione che, dal giorno dopo le elezioni, ha vissuto nel miraggio della spallata, dell'acquisto di parlamentari, dello sfascio del Governo e vede, invece, che tali obiettivi non si realizzano e che il Governo va avanti. Ma a questo punto ad un'opposizione che abbia progetti diversi serve - per il bene del Paese e per se stessa - che si misuri sui contenuti specifici del lavoro politico e che passi al setaccio impietoso del rapporto con la maggioranza perché, rifugiandosi nella speranza della spallata, nell'inventiva o nell'invocazione della violenza, non serve a nulla.
Il capo dell'opposizione ha affermato che garantisce lui. Ci chiediamo, Presidente, se nella Casa delle libertà vi siano partiti sotto tutela; se cioè vi sia un partito che, pur se si esprime attraverso il suo massimo dirigente, non ha alcun peso perché chi deve rispondere è un altro soggetto.
Concludo dicendo che ci ha impressionato il silenzio degli altri partiti della Casa delle libertà; chiedo scusa perché so che non è così, ma la raffigurazione scenica che è stata data è stata quella di un sovrano, di un giullare e di una corte silenziosa, muta e ossequiente.
La Casa delle Libertà non è questo, sappiamo che è una coalizione dignitosa, forte e radicata nel Paese; tuttavia è necessario essere coerenti. Ritengo che chi sinora ha rivendicato l'interesse e l'unità nazionale come elemento caratteristico della propria azione politica dovrebbe parlare. Credo, inoltre, che chi ha fatto della moderazione - a parole almeno - l'essenza stessa del proprio impegno politico non possa tacere.
Abbiamo tutti, signor Presidente, il dovere di difendere i nostri valori anche quando riteniamo che non sia conveniente. Quella liberazione cui si accennava prima fu caratterizzata da chi, anche se non era conveniente, rischiò la vita. Dunque, signor Presidente, l'Italia, in un momento difficile della propria storia politica come questo di oggi, ha bisogno di chiarezza e di sapere chi sta dalla parte delle violenze e della secessione e chi, invece, dalla parte della lotta politica democratica. È un aspetto determinante, soprattutto se vi sarà uno scontro tra le coalizioni.
Quindi, siccome vi è bisogno di questa chiarezza, se essa non vi sarà il nostro gruppo presenterà un documento parlamentare per aprire un dibattito, affinché ciascuno possa pronunciarsi su tale questione e il Paese possa sapere chi sta da una parte e chi dall'altra. Credo, infatti, che legittimamente si possa sostenere che si sta nel centrodestra, ma non con le dichiarazioni di Bossi. Noi ci aspettiamo che tutti i dirigenti del centrodestra lo facciano (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).
FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.
Pag. 3PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo per associarmi all'intervento del collega, soprattutto per quanto riguarda l'ultima richiesta, anche se - lo dico con estrema franchezza - da ultimo vi è stato un riferimento; qui non siamo allo Sparafucile, sicario di professione, dell'opera verdiana: qui siamo passati dall'opera all'operetta!
Per una volta tanto sono d'accordo con un fondo del giornale La Nazione, dove si scrive: dovesse davvero mettersi a cercare migliaia di uomini da lanciare per la liberazione del nord, oggi, Umberto Bossi ne recupererebbe solo poche decine.
Tuttavia, non è questo il punto. Quanto preoccupa - e mi sembra che sia stato rilevato con forza - è che di fronte a tali espressioni vi sia un silenzio assordante da parte, ad esempio, del Presidente di Forza Italia, l'onorevole Berlusconi, che, addirittura, oltre al silenzio, è costretto a tagliare una torta per il suo compleanno con il sole celtico, ad indossare una maglietta da calcio padana facendo buon viso a cattiva sorte nel pagare il prezzo di alleanze politiche. Inoltre, il senatore Calderoli si è reso protagonista di un fotomontaggio che definire volgare è quanto di meno si possa fare.
Quindi, si sta lentamente scivolando in un clima in cui vi è non più il confronto politico ma il degrado politico. Dunque, chiedo agli amici e ai colleghi, associandomi anche in questo alle espressioni serie dell'onorevole Violante e sapendo di quale cultura e serietà sono portatrici anche le forze del centrodestra, di pronunciarsi e di intervenire. Non ci si può alzare e stracciare le vesti quando parla l'onorevole Caruso - usando espressioni inqualificabili che tutto il centrosinistra condanna - quando loro, invece, di fronte alla gravità di queste affermazioni sanno solo usare la strada del silenzio (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori, L'Ulivo e Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).
ANTONELLO FALOMI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONELLO FALOMI. Signor Presidente, ho chiesto la parola per associarmi alla richiesta avanzata dal Presidente Violante di svolgere in quest'aula una discussione e un dibattito dopo le gravi dichiarazioni del leader della Lega Nord Umberto Bossi.
Penso che quando si rilasciano dichiarazioni inaccettabili e sbagliate ciò sia sempre grave, chiunque le rilasci e le pronunci (un semplice esponente politico o un semplice parlamentare).
Tuttavia, credo che tali dichiarazioni siano ancora più gravi quando a pronunciarle non è un politico qualsiasi, ma il capo di un movimento politico che ha una sua rappresentanza parlamentare che è parte di una coalizione di forze che nel nostro Paese, in questo momento, è all'opposizione.
Tali dichiarazioni sono di una gravità particolare.
Certamente, non possiamo più accettare l'idea dell'abitudine, ossia che ormai il processo di degrado della politica e del confronto politico faccia parte dello scenario. Credo che il Parlamento italiano faccia bene a discuterne e a far chiarezza, come invocava prima il presidente Violante; a mio avviso, infatti, il veleno inoculato costantemente nel corpo del Paese produrrà danni non per questo o quel partito, ma per la democrazia italiana, e questi danni debbono essere evitati alla democrazia italiana.
È quindi necessaria una reazione di tutte le forze politiche democratiche, affinché non si accetti più la logica del folclore leghista, delle frasi dai toni forti, degli sproloqui che spesso vengono pronunciati o del linguaggio colorito. Non ritengo accettabili, nel confronto politico, queste tipologie di linguaggi, di affermazioni e di posizioni, molto pericolose per la democrazia italiana.
È bene che le forze politiche, in particolare quelle alleate con il partito di Bossi, dichiarino con chiarezza, di fronte al Parlamento, qual è la loro posizione. Non si può accettare, ad esempio, come ho letto sui giornali, che il collega Ronchi, portavoce di uno dei principali partiti rappresentati in Parlamento, affermi: nonPag. 4possiamo polemizzare con Bossi, perché in realtà è un nostro alleato e faremmo un favore alla sinistra. Si tratta di fare favori non alla sinistra, ma alla democrazia italiana e alla difesa della medesima! È importante, quindi, che il Parlamento torni su questo argomento e ne discuta: ne discuta con sobrietà e senza toni esacerbati, ma fissando un argine e ponendo un «alt» a una deriva molto pericolosa per il Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, L'Ulivo e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Prendo atto delle considerazioni svolte. La Presidenza della Camera non può che richiamare i valori fondamentali che sono alla base della nostra Costituzione, tra cui quello dell'unità e dell'indivisibilità della Repubblica, nonché quello del metodo democratico come strumento unico e imprescindibile attraverso il quale tutti i cittadini possono concorrere a determinare la politica nazionale. Si tratta di valori fondanti delle nostre istituzioni, che devono essere ribaditi con salda e serena fermezza a fronte di qualsiasi intervento inteso a porli in discussione.