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Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione A.C. 3025-A.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3025-A)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Li Causi. Ne ha facoltà.
VITO LI CAUSI. Signor Presidente, Viceministro Bastico, onorevoli colleghi, come Popolari-Udeur sosteniamo con convinzione il provvedimento oggi in esame alla Camera dei deputati. Personalmente, avendo già esposto in sede di discussione sulle linee generali la mia personale adesione al testo che stiamo per approvare, vorrei cogliere questa occasione per esprimere precisi appunti in merito ad alcune questioni che sono state già oggetto di forte discussione in Assemblea.
Fra i colleghi dell'opposizione sono stati, infatti, in tanti a pronunciarsi sfavorevolmente in merito alla norma riguardante la reintroduzione del tempo pieno nelle scuole. L'argomentazione principale che motivava il dissenso era che la nuova norma violasse, da una parte, l'autonomia scolastica obbligando gli istituti ad adeguarsi ai parametri indicati e, contemporaneamente, l'autonomia delle famiglie imponendo loro di passare più tempo con i figli. Questo tipo di argomentazioni appaiono - permettetemi di dirlo - fortemente strumentali e anche contrarie al comune sentire degli italiani e alle loro concrete esigenze.
È, infatti, opportuno ricordare che le più rappresentative associazioni e quasi tutti i movimenti legati al comparto scuola facevano della reintroduzione del tempo pieno l'oggetto principale delle loro rivendicazioni.
Allo stesso tempo, sarebbe opportuno sottolineare un altro fatto oggettivo volutamente dimenticato dall'opposizione, ovvero che molti dei lavoratori, nell'Italia di oggi, sono donne, di cui la maggior parte mamme e che proprio queste ultime individuano nel tempo pieno, e nel conseguente affidamento dei propri figli ad operatori ed educatori qualificati, uno degli strumenti più idonei per conciliare le loro esigenze lavorative ed affettive.
La limitazione di tale strumento, in mancanza di un supporto parentale, si tradurrebbe quindi per molte famiglie in un aggravio del bilancio obbligando i genitori a pagare altri che, senza adeguati titoli, si prendano cura dell'educazione (e io direi anche) dell'assistenza dei propri figli. Mi si consenta, inoltre, di affermare che non è sicuramente il tempo pieno nelle scuole a tenere lontani genitori e figli, ma ritengo che questo sia un altro problema.
Aggiungo che accusare la maggioranza di voler demolire, con il provvedimento in esame, quella che dall'opposizione veniva definita la migliore riforma che sia stata varata negli ultimi anni significa, per i nostri colleghi dell'opposizione, non voler comprendere quanto importante sia il settore istruzione per lo sviluppo del nostro Paese.
Mi sia consentito, altresì, di ricordare un commento di uno degli operatori più qualificati del settore rilasciato a seguito di quanto stabilito con la riforma del precedente Governo: giova riflettere sul contenuto di fondo del decreto sul ciclo primario in cui si prevede una sensibile riduzione del tempo scuola per tutti; in un Paese in cui il corso di studi è ancora determinato dalla condizione sociale e dalle culture familiari di provenienza, questa scelta avrà un solo effetto, quello di riprodurre una nuova stratificazione sociale, di riconsegnare integralmente all'individuo le sorti della propria vita.
Ciò accade in un contesto lontano da quello degli anni Settanta, nel corso dei quali gli enti locali hanno integrato con i loro interventi le debolezze della scuola. Ancora pare, purtroppo, che siamo estremamente lontani da quella politica chePag. 81vedeva nella cultura e nel progresso sociale il segno tangibile di una politica di cambiamento.
Vorrei soffermarmi a questo proposito, su un punto oggetto di dibattito serrato in Assemblea. Il Ministro Fioroni ha affermato di volere rafforzare la preparazione dei nostri studenti con particolare riguardo alla matematica, le cosiddette tabelline, e alla lingua italiana. Mi è sembrata un'affermazione estremamente importante perché, onorevoli colleghi, le difficoltà incontrate da sempre dagli studenti in queste due materie sono note e non riguardano solo gli studenti stranieri.
A chi fa mera demagogia è opportuno ricordare che siamo, è vero, il Paese di Dante e di Enrico Fermi, ma siamo lo stesso Paese che, appena cinquant'anni fa, aveva bisogno del maestro Manzi e delle sue lezioni in televisione proprio per superare una condizione di analfabetismo generalizzato che, all'epoca, frenava visibilmente lo sviluppo italiano e che oggi, per fortuna, non appartiene più al nostro presente.
Tuttavia, ancor di più oggi, la padronanza della lingua italiana, la capacità di sapersi esprimere, di articolare correttamente un concetto, di catturare l'attenzione di uno o di molti con una lettera, con una relazione o con un post su un blog, come le capacità logiche potenziate da un corretto studio della matematica non possono e non devono per un Paese democratico rimanere un privilegio riservato a pochi, che hanno magari la possibilità di integrare le probabili lacune del sistema scolastico pubblico attraverso quello privato.
Davanti alle grandi sfide che la società impone ai nostri studenti uno dei più grandi errori che potremmo fare nei loro confronti sarebbe quello di negare loro la possibilità di formare il più idoneo bagaglio culturale che consenta di sviluppare al massimo il proprio talento, affrontando nel migliore dei modi il futuro.
Sono consapevole anch'io che le difficoltà che affliggono la scuola italiana, in particolare la carenza strumentale di fondi che mi auguro possa trovare una parziale soluzione già con la prossima legge finanziaria, e che impegnano in maniera così consistente il domani dei nostri studenti, non possano trovare in questo unico provvedimento piena soluzione. Ma siamo sicuramente sulla buona strada.
Pienamente consapevole dell'imprescindibile valore della cultura come pilastro della democrazia e della scuola, intesa come sistema e metodo con cui potenziare le eccellenze dei nostri ragazzi, a nome del gruppo parlamentare Popolari-Udeur preannuncio il nostro voto favorevole al provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, sollecitato dall'implicita richiesta dei deputati presenti, sarò breve, limitandomi a richiamare le due ragioni che mi impediscono di accordare un voto favorevole alla conversione in legge di questo decreto, presentato dal Ministro della pubblica istruzione.
La prima ragione è di carattere metodologico. Si insiste ad affrontare la questione della politica scolastica con interventi parziali, settoriali, frammentari. Si è iniziato con il decreto sugli esami di Stato, per introdurre ancora una volta i commissari esterni nelle commissioni di esame. Si è continuato con interventi parziali all'interno di decreti, quali il Bersani-bis e il Bersani-ter. Si prosegue in questi giorni con due decreti omnibus, uno dei quali è all'approvazione dell'Assemblea.
Credo sarebbe giusto, invece, che il Parlamento potesse esaminare, con un dibattito di carattere generale, una proposta di riforma della scuola all'interno della quale il Ministro ci sottoponesse le sue idee di politica scolastica, che potrebbero anche essere opposte o radicalmente diverse da quelle del precedente Ministro Moratti ma che potrebbero consentirci di intervenire sulle linee generali di orientamento della proposta ministeriale. Così, invece, siamo costretti a inseguire i singoliPag. 82argomenti oppure una somma di questioni contenute in un singolo decreto-legge.
Dal momento che molto spesso apprendiamo la politica ministeriale dai giornali, sarebbe interessante conoscere, ad esempio, se vale ancora quella «trilogia» che in qualche misura è stata sottoposta all'attenzione di noi tutti e che animava il dibattito sulla pubblica istruzione fino a qualche anno fa - vale a dire: inglese, Internet e italiano -, o se invece non si abbia (e a me pare che sia così) l'intenzione di far regredire l'istituzione scolastica ad una sorta di passato stile anni Cinquanta.
Si parla, infatti, di reintrodurre gli esami di riparazione; si è prevista la presenza dei commissari esterni agli esami di Stato; si polemizza implicitamente con le nuove tecnologie e si sottolinea il valore delle tabelline. Vorrei, dunque, sapere se esiste una politica di riforma della scuola che ci porta verso il futuro o se, invece, esiste una proposta di riforma dell'istituzione scolastica che ci riporta al passato.
Sono convinto del fatto che nella scuola sono importanti lo studio della lingua straniera e il dominio delle nuove tecnologie, in particolare, del computer e di Internet e che i ragazzi non possono imparare l'uso di tali strumenti, spesso micidiali, da soli, senza qualcuno che li guidi, perché anche le nuove tecnologie possono rappresentare un rischio e una deformazione.
Ritengo, inoltre, che sia importante insistere soprattutto sulla diffusione della conoscenza italiana; basta con i quiz all'interno delle scuole! È necessario che i ragazzi imparino a scrivere i temi, a parlare in italiano, a scrivere le lettere senza farsi suggestionare dalla nuova terminologia degli SMS o delle e-mail. In questo senso dobbiamo poter conciliare l'uso della lingua italiana con il dominio delle nuove tecnologie.
Signor Viceministro, per risolvere tali problemi bisognerebbe affrontare un discorso di carattere generale sul modo con il quale il Ministero intende riformare la scuola italiana, sui principi generali e sugli orientamenti di fondo attorno ai quali vuole inserire un percorso di riforma. Purtroppo non ci è consentito, e questa è la prima ragione della mia obiezione a una politica fatta per decreti-legge, per interventi omnibus e a comparti separati.
Vi è anche una seconda ragione, di merito, che mi induce a guardare con una certa diffidenza al decreto-legge in esame. Viceministro Bastico, ho apprezzato la sua presenza continua in aula e la delicatezza delle sue proposte, però, non posso non ribadire la mia personale perplessità rispetto alle norme che riguardano i provvedimenti disciplinari. Il mio voto a favore di una delle proposte emendative presentate dal collega Schietroma sta a testimoniare come la sensibilità verso la libertà dell'insegnamento possa non essere tutelata da norme che, generiche come sono, possono determinare un arbitrio per quanto riguarda la libertà d'insegnamento dei docenti, nonché da provvedimenti disciplinari che vengono adottati solo da una persona (il dirigente scolastico provinciale), e che possono essere revocati soltanto da un'altra persona (il dirigente scolastico regionale).
In questo senso mi pare che il provvedimento contenga un vulnus che, a mio giudizio, andava - come è stato - individuato e che, ribadisco, insieme ad una valutazione di carattere generale sulla metodologia d'impatto parlamentare del nuovo Ministero, mi impedisce di esprimere un voto favorevole.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Schietroma. Ne ha facoltà.
GIAN FRANCO SCHIETROMA. Signor Presidente, signor Viceministro, colleghi, come è noto la nostra parte politica ritiene la scuola pubblica una priorità assoluta. Auspichiamo, quindi, che già con la prossima legge finanziaria sia possibile riservare più risorse alla scuola pubblica per migliorarne il livello qualitativo e per fornire così anche agli studenti provenienti dalle famiglie con minori disponibilità economiche la possibilità di acquisire un grado di conoscenza adeguato ai rapidiPag. 83processi di modernizzazione della nostra società. I giovani debbono avere la consapevolezza che la cosa più importante nella vita è ciò che ciascuno sa: la conoscenza e il sapere costituiscono la migliore garanzia di indipendenza e per acquisire maggiori certezze per l'avvenire.
Quindi, è necessario che il Governo decida di stanziare più risorse per la scuola pubblica, per la ricerca e per l'università, con l'obiettivo di strutture scolastiche davvero di qualità ed al passo con i tempi.
Altrettanto rilevante è la questione annosa delle retribuzioni dei lavoratori della scuola, certamente inadeguate sia per ciò che concerne gli insegnanti, sia per il personale ATA. Anche in questo caso il Governo dovrebbe intervenire tenendo presente che la professione più importante in assoluto è quella degli insegnanti: al riguardo, basti pensare a quante generazioni di giovani sono educate nel corso della vita di un solo insegnante.
Quindi, in via generale, per la nostra parte politica è essenziale che il Governo si impegni per la predisposizione di un piano pluriennale di investimenti per la scuola pubblica e per la ricerca che recuperi il differenziale che vi è in Italia rispetto alla media dei Paesi dell'OCSE quanto ad investimenti rispetto al prodotto interno lordo e all'insieme della spesa pubblica.
Per ciò che concerne il presente provvedimento, manifestiamo viva preoccupazione innanzitutto per il metodo, in quanto sarebbe stato opportuno limitare il testo del decreto-legge alle questioni veramente urgenti. Tuttavia, anche il merito costituisce un motivo di perplessità ed è per questo che il nostro capogruppo, l'onorevole Villetti, molto opportunamente aveva presentato in Commissione alcuni emendamenti soppressivi con l'intento costruttivo di migliorare il testo. Tali emendamenti, riproposti in Assemblea, sono stati respinti e ciò rappresenta, a nostro avviso, un elemento di notevole preoccupazione per le conseguenze che ne derivano.
In particolare, riteniamo molto pericolosa la nuova norma relativa al trasferimento degli insegnanti per incompatibilità ambientale, anche perché, tra l'altro, può portare ad abusi e a processi di discriminazione veramente inaccettabili, come hanno sottolineato in aula anche gli onorevoli Franco Grillini e Mauro Del Bue.
Un collega dell'opposizione, commentando in modo sprezzante il nostro emendamento soppressivo e il mio intervento in aula, tra l'altro, si è chiesto in che mondo io viva. Sorvolo sull'ineleganza dell'espressione e rispondo volentieri: caro collega, vivo in un capoluogo di provincia nel quale la lista dello SDI, Socialisti Democratici Italiani e Unità socialista, ha ottenuto il 15 per cento dei voti e, quindi, vivo con molta soddisfazione.
Al di là delle battute, debbo ammettere, in via più generale, che vivo in un mondo che mi piace sempre meno. Lo affermo con grande rispetto per coloro che la pensano diversamente da noi, però il fatto che soltanto 27 deputati si siano opposti ieri in Assemblea all'approvazione di una norma che lede gravemente i diritti degli insegnanti è per me e per noi motivo di profondo sconcerto e di notevole preoccupazione. Gli insegnanti rappresentano una professione fondamentale, che deve essere tutelata e, soprattutto, deve essere difesa la libertà di insegnamento, così come prescrive la nostra Costituzione.
Con l'approvazione della nuova norma, invece, relativa al trasferimento per incompatibilità ambientale, e con un voto impressionante per compattezza, da destra e sinistra, avete sottoposto gli insegnanti alla gogna del giudizio dei familiari degli alunni in base a criteri di estrema genericità che, in quanto tali, possono essere l'anticamera dell'arbitrio, dell'abuso e della discriminazione.
Peraltro, non essendo stata accettata da questa maggioranza alcuna delle nostre proposte emendative, di conseguenza, dovremmo votare contro il provvedimento in esame, tanto più che è stato accettato l'ordine del giorno Volpini n. 9/3025/1, sul quale non siamo assolutamente d'accordo.Pag. 84
Tuttavia, poiché il nostro gruppo parlamentare appartiene alla maggioranza di Governo, i deputati socialisti e i deputati radicali si asterranno, nel rispetto di uno spirito di coalizione al quale, com'è ben noto, teniamo fortemente (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Porfidia. Ne ha facoltà.
AMERICO PORFIDIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, il provvedimento all'esame della Camera dei deputati interviene in un ambito nevralgico del sistema del nostro Paese, quello, importantissimo, della scuola.
La maggior parte delle norme inserite nel provvedimento in esame ha già costituito oggetto di una lunga discussione nella VII Commissione (Cultura), perché contenuta nel disegno di legge atto Camera 2272-ter-A (che è in discussione in questo ramo del Parlamento e rappresenta il prossimo punto all'ordine del giorno), recante «Disposizioni urgenti in materia di pubblica istruzione»: il protrarsi dell'iter parlamentare, però, ha reso necessaria l'adozione del presente testo (recante, come dicevo, norme di necessità e di urgenza), affinché si desse inizio all'anno scolastico nel modo migliore.
Devo ammettere che tutta la Commissione ha cercato di condividere e trattare le ripetute modifiche del testo: era anche giusto che ciò avvenisse per un argomento così importante come la scuola, tenendo presenti i principi dell'autonomia delle istituzioni scolastiche e della libertà di insegnamento sanciti dalla Costituzione.
A mio parere, il testo non vuole essere una vera e propria riforma della scuola, ma è intervenuto su alcuni punti fondamentali, cercando di renderli più fruibili, più chiari e soprattutto più spediti. In sostanza, si è cercato di armonizzare il sistema scuola per adattarlo ad un contesto che - dobbiamo prenderne atto - è profondamente cambiato.
Già dalla prima lettura il testo in esame presenta lati positivi e, soprattutto, punti concreti. Devo prendere atto, infatti, che è stato introdotto un elemento fondamentale, ossia le classi funzionanti a tempo pieno, che rappresentano un punto di riferimento in ordine alla richiesta di moltissime famiglie e che, soprattutto, consentono un'organizzazione della scuola in rapporto agli alunni nettamente migliore: il tempo pieno, infatti, fornisce risposte mirate ai bisogni formativi degli alunni, trovando in ogni bambino un canale privilegiato per comunicare ed esprimersi, fermo restando il principio, ormai riconosciuto e fondamentale, della pluralità delle intelligenze.
È stato inoltre previsto, perché fortemente voluto dalla Commissione, un piano triennale di intervento del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, affinché il tempo pieno sia migliorato nel corso degli anni a venire.
Un'importante novità è costituita dalla modifica di alcuni elementi fondamentali, quale l'ammissione di candidati esterni agli esami di Stato. Secondo tale norma, la richiesta di ammissione viene presentata agli uffici regionali che, questa volta, sia in base alla richiesta, sia, soprattutto, alla residenza del candidato, individuano l'istituto in cui dovrà essere svolto l'esame di Stato. Ciò è importante, perché fa venire meno alcuni inconvenienti e, in certi casi, alcuni abusi che sono stati perpetrati nel passato.
Sempre nell'ottica di un maggiore rigore, va sottolineato il comma 4 dell'articolo 1, che detta nuove norme per l'esame della scuola secondaria di primo grado: da quest'anno si può accedere all'esame soltanto a seguito di una valutazione positiva del consiglio di classe e non vi si accede solo in caso di giudizio negativo. È prevista, inoltre, una prova scritta. Ciò non significa che si tratti di un'azione punitiva: si è voluto dare una maggiore serietà e una maggiore credibilità ad un percorso di studi che non deve essere assolutamente considerato scontato.
La valutazione dello stato dell'efficienza del sistema formativo del Paese è stato uno dei punti fondamentali studiatiPag. 85da questo provvedimento. Il comma 5, infatti, dispone che, già a partire dall'anno scolastico 2007-2008, il Ministro della pubblica istruzione fissa, con direttiva annuale, gli obiettivi della valutazione esterna sul sistema scolastico e il livello di apprendimento degli studenti, che vengono affidati al comitato di indirizzo, che è composto da un presidente e da due membri, e non più da otto membri come previsto in precedenza. Anche questo è un aspetto fondamentale. È importante anche che un membro del comitato provenga dal mondo della scuola. Si ribadisce, quindi, la necessità di un sistema formativo efficiente e competitivo.
Desidero soffermarmi anche su un altro punto fondamentale, quello dell'introduzione delle sezioni primavera per i bambini dai due ai tre anni in servizio educativo sperimentale integrativo dell'offerta dell'asilo nido e della scuola dell'infanzia, che è stato accolto con grande benevolenza, non solo dalle famiglie, ma anche dalle scuole. Sono pervenuti, infatti, ben 2.800 progetti, anche se ne sono stati approvati, perché degni in base ai requisiti, 2.024.
Il comma 8, dispone che il diploma magistrale degli insegnanti delle scuole materne attualmente in servizio venga riconosciuto come titolo abilitante all'insegnamento anche se conseguito dopo l'assunzione e dopo l'entrata in vigore della legge n. 62 del 2000.
Un punto importante, su cui si è molto dibattuto in sede di Commissioni riunite, ma che credo sia fondamentale, è quello relativo all'aspetto sanzionatorio nei confronti del personale scolastico. Si è tenuto conto dell'urgenza dei casi, ma soprattutto dei casi di grave e «comprovato» - è una parola importante, che è stata aggiunta in un secondo momento - turbamento dell'ambiente scolastico e di pregiudizio del rapporto fiduciario tra l'istituzione scolastica le famiglie degli alunni. Era un elemento necessario, perché in alcuni casi occorrevano alcuni provvedimenti tempestivi da parte dei dirigenti.
Desidero, quindi, sottolineare che molte delle disposizioni contenute nel testo sono qualificanti e sono previste anche nel DPEF: qualità della scuola, sistema nazionale di valutazione, programmazione a medio e lungo termine dei periodi di fabbisogno di insegnamento e, di conseguenza, una maggiore efficacia ed efficienza nell'allocazione delle risorse, nonché maggiore certezza soprattutto per gli insegnanti, funzionale quest'ultima allo sviluppo dell'autonomia scolastica e alla continuità dell'educazione.
Ritengo, quindi, che sia indispensabile - e con questo provvedimento credo che abbiamo posto dei paletti fondamentali - dare maggiore certezza e motivazione a chi insegna e a chi studia.
L'impegno, secondo me e il gruppo che rappresento, deve essere rivolto a far tornare la scuola il centro di una promozione culturale, relazionale e di cittadinanza attiva nella società civile in cui si opera. Il provvedimento, dunque, alla nostra attenzione rappresenta un passo significativo da questo punto di vista.
Alla luce di tutte queste considerazioni, ritengo che il provvedimento vada approvato al più presto e, pertanto, annuncio il voto favorevole da parte del mio gruppo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Frassinetti. Ne ha facoltà.
PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di iniziare il mio intervento vorrei rivolgere un ringraziamento alle Commissioni, al Comitato dei diciotto e a chi, in questi giorni, ci ha aiutato a trovare il bandolo della matassa in questo iter complicato e un po' schizofrenico al quale ci obbliga il Ministro Fioroni.
È proprio facendo un appunto e una riflessione sul metodo, con il rischio di essere anche ripetitiva, che voglio iniziare questo mio intervento. È un metodo che ci costringe ad analizzare provvedimenti presentati in modo frammentario. Basti pensare che, dopo la conclusione dell'esame di questo provvedimento, è previsto il seguitoPag. 86della discussione di un disegno di legge dal quale il Governo ha dovuto anticipatamente - ve lo dichiaro - espungere alcuni articoli e commi che erano già contenuti ed erano discussi nell'ambito di questo provvedimento.
Inoltre, mentre noi stamattina - ringrazio il viceministro Bastico per la sua presenza assidua - eravamo qui in aula a discutere il provvedimento, il Ministro Fioroni si prodigava in conferenze stampa annunciando la reintroduzione degli esami a settembre.
Mi pare che il quadro sia quanto meno confuso e caotico e registriamo una grave lesione del dibattito parlamentare, che è ciò che più ci preme, anche perché per anni e anni, nella scorsa legislatura, abbiamo ascoltato levarsi proprio dai banchi dell'opposizione di allora le proteste relative all'operato del Ministro Moratti.
Mi chiedo come si debba giudicare ora questa situazione nella quale la decretazione d'urgenza diventa ordinarietà, dove il decreto-legge in esame contiene materie talemente disomogenee tra loro (è un cosiddetto decreto omnibus) che è stato addirittura difficile trovare e seguire gli emendamenti, perché si è passati dall'analisi della questione del tempo pieno al caso dell'agenzia degli Invalsi, fino al problema dei ricercatori universitari, passando attraverso i temi dell'esame di terza media e delle sanzioni disciplinari per i docenti.
Ciò è sufficiente a tratteggiare il quadro di una situazione che, sicuramente, non ha facilitato il lavoro della Camera in questi giorni.
Quindi, ancor prima di entrare nel merito del provvedimento, sottolineo che queste contestazioni, oltre che di forma, sono di sostanza e determineranno, già da sole, il voto contrario del gruppo di Alleanza Nazionale.
Si tratta di un provvedimento che, a nostro avviso, presenta l'aspetto più abnorme proprio nella reintroduzione del tempo pieno, prevista dal comma 1 dell'articolo 1. Non torno sull'argomento, sul quale ci siamo già dilungati sia in sede di discussione sulle linee generali, sia nell'esame degli emendamenti presentati. Mi limito a ricordare che il ripristino del tempo pieno sicuramente ci riporta a un vecchio metodo, superato, con il quale si viola l'autonomia organizzativa delle scuole e non viene permesso alle famiglie di effettuare un'opzione libera per quanto riguarda il tempo che i loro figli devono trascorrere nelle sedi scolastiche.
Non mi soffermo sui problemi che, indubbiamente, comporterà il doppio organico (anche relativamente alle risorse), ma sottolineo nuovamente il comma 1 dell'articolo 1 (al quale il gruppo di Alleanza Nazionale aveva presentato un emendamento), nel quale riscontriamo il punto più critico di tutto il provvedimento.
Sicuramente, nel provvedimento in esame vi sono anche aspetti positivi, partendo dalla parte finale. Mi riferisco all'articolo 3, relativo agli incentivi ai ricercatori universitari e all'assunzione dei ricercatori.
Però, tornando all'articolo 2, che sicuramente costituiva un passaggio che avrebbe potuto essere condiviso da tutti, la maggioranza è riuscita a complicarsi la vita introducendo delle precisazioni - a mio parere, non richieste e superflue - che, oltre ad avere evidenziato le lacerazioni interne alla maggioranza (nel caso specifico, si trattava di un emendamento presentato dai colleghi della Rosa nel Pugno), hanno dato l'opportunità di trattare argomenti relativi all'eventuale discriminazione di alcuni docenti che sarebbero stati sottoposti alle sanzioni, a nostro avviso, del tutto inutili.
Per colpa del succitato emendamento - che non riteneva sufficiente la garanzia dell'aderenza ai principi costituzionali - il gruppo di Alleanza Nazionale e anche gli altri partiti della Casa delle libertà sono stati costretti ad astenersi sul punto. Lo sottolineo perché, invece, ritengo importante lo sforzo attuato per ripristinare le sanzioni disciplinari in un tale momento di emergenza in cui, durante tutto l'anno, abbiamo sentito parlare di episodi di bullismo.
Auspico che, oltre alla previsione di sanzioni disciplinari per gli insegnanti, vi sia anche una previsione di riordino delle loroPag. 87competenze, soprattutto per quanto riguarda l'introduzione dello stato giuridico.
Infatti, il docente in questo momento, senza dubbio, ha bisogno di un nuovo stato giuridico. È necessario offrire ai professori nuove prospettive, attualmente inesistenti, con la consapevolezza fondamentale che lo studente percepisce il modo in cui un professore è stato formato e se esista una riqualificazione. Bisogna evitare che si ripetano ancora episodi come quello della lettera degli studenti di Catania agli insegnanti, dove di fronte a problemi legati a un vuoto esistenziale, a un accorato appello e ad una richiesta di aiuto, i professori hanno risposto che non era loro compito né loro competenza dare risposte al riguardo.
Noi non vogliamo che nella scuola italiana si ripetano episodi del genere e, quindi, quando abbiamo a che fare con provvedimenti sugli insegnanti dobbiamo inquadrarli in un contesto più completo.
Concludendo, con rammarico preannuncio il voto contrario del mio gruppo, e non può essere altrimenti. Infatti, Alleanza Nazionale ha presentato pochi emendamenti, e non a scopo ostruzionistico: tutti avevano un grande significato e l'accoglimento degli stessi avrebbe portato all'effettivo miglioramento del testo.
Ritenendo dirimente il rigetto di questi emendamenti a nostro avviso migliorativi del testo, siamo obbligati, purtroppo - anche se l'intento su un tema come la scuola è sempre quello di unire e non di dividere - a esprimere un voto contrario sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia, Lega Nord Padania e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Trepiccione. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE TREPICCIONE. Signor Presidente, il decreto-legge che ci apprestiamo a convertire in legge è sicuramente condivisibile perché si pone l'obiettivo primario di consentire alle istituzioni scolastiche di meglio programmare le attività e lo svolgimento dell'anno scolastico appena iniziato.
Diverse sono le norme in esso contenute, molte delle quali ci vedono convintamente favorevoli. Per altre - vogliamo dirlo - abbiamo avuto qualche perplessità.
Certamente positivo è il ripristino dell'organizzazione delle classi a tempo pieno nella scuola primaria, ritornando così alle quaranta ore, secondo una logica di ampliamento del diritto allo studio e di una maggiore attenzione alle necessità e alle esigenze di integrazione di molti giovani e dei minori immigrati. Una norma che ci permette finalmente di superare positivamente le disposizioni introdotte dal Ministro Moratti con il decreto legislativo n. 59 del 2004. È una richiesta attesa: tempo pieno significa diritto allo studio, all'educazione e alla crescita dei ragazzi, nonché un aiuto concreto e reale per molte famiglie.
Questa attesa norma, per essere effettivamente applicata su tutto il territorio nazionale, richiede nuove e più consistenti risorse che dovranno essere reperite. Ci auguriamo che la prossima legge finanziaria fornisca un'adeguata risposta a tale esigenza.
Ma non vi è solo il ritorno al tempo pieno: è previsto un aumento di fondi per oltre 40 milioni di euro per i compensi ai commissari degli esami di Stato, anche se avremmo preferito che queste risorse fossero nuove e non reperite nell'ambito degli stanziamenti complessivi per la scuola. Viene previsto lo sblocco di quasi 10 milioni di euro messi a disposizione dal Ministero della solidarietà sociale per le classi primavera, rivolte ai bambini dai due ai tre anni di età.
Allo stesso modo, un importante contributo per un migliore funzionamento della scuola viene dalle norme relative al pagamento da parte delle direzioni provinciali del Ministero dell'economia e delle finanze delle retribuzioni per le supplenti in sostituzione di insegnanti in astensione per maternità. In pratica, il pagamento delle supplenze in sostituzione di insegnanti in astensione per maternità nonPag. 88graverà più sulle scuole ma passerà direttamente al Ministero della pubblica istruzione e, quindi, a quello dell'economia e delle finanze. Finora, infatti, lo stipendio dei docenti veniva pagato direttamente dallo Stato, mentre le supplenti in sostituzione di insegnanti in maternità erano pagate direttamente dalla scuola. Ciò sicuramente era ingiusto e rappresentava, altresì, un onere pesante sul bilancio della scuola stessa.
Sono, inoltre, previste disposizioni per l'assunzione di ricercatori e, in particolare, la possibilità di utilizzare le somme previste a tal fine dalla scorsa legge finanziaria, che rischiavano di non poter essere più utilizzate.
La parte del decreto-legge più delicata è certamente quella contenuta nell'articolo 2 relativa al personale scolastico e, in particolare, ai procedimenti disciplinari a carico del personale docente. Vengono previste sanzioni più rapide e certe per i professori inadempienti o che sono coinvolti in indagini per reati gravi.
Intanto, va chiarito che si tratta di disposizioni disciplinari già esistenti e questo decreto-legge non fa altro che introdurre procedure che semplificano e rendono più rapida l'applicazione di tali disposizioni. Certamente, è giusta la necessità che i tempi dei procedimenti siano quanto più possibile abbreviati e rapidi, ma è indispensabile che vengano comunque sempre assicurate le massime garanzie di difesa e di tutela della persona previste dalla nostra Costituzione.
Dobbiamo evitare di introdurre norme di tipo «giustizialista» che non portano alcun beneficio alla scuola nel suo complesso né alla società. Per questo motivo, è necessario ridurre il più possibile interventi e soluzioni che rischiano di lasciare ampio spazio alla discrezionalità. Riteniamo, infatti, che 90 giorni siano pochi per completare tutta l'istruttoria e, nel caso di uffici lenti, il dipendente ne può essere penalizzato.
Sempre in questa direzione, abbiamo proposto, nell'ambito della possibile sospensione cautelare disposta nei confronti del personale docente, di sentire obbligatoriamente il collegio dei docenti. In questo modo, non si esautora completamente il collegio e, considerati i pochi giorni in cui si può convocare il medesimo, non viene neppure compromessa la tempestività del procedimento.
Si tratta, pertanto, nel suo complesso, di un provvedimento positivo per il quale preannuncio il voto favorevole dei deputati Verdi (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Capitanio Santolini. Ne ha facoltà.
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, intervengo per dichiarare che il gruppo dell'UDC esprimerà un voto contrario sul disegno di legge in esame. La ragione di tale voto - come ebbi già a dire in precedenza e me ne rammarico certamente - risiede sia nel metodo adottato sia nel contenuto di questo decreto-legge.
Per quanto riguarda il metodo - è già stato detto, ma vale la pena ribadirlo - ci sembra ingiustificato aver presentato un provvedimento con carattere di urgenza, in quanto ci saremmo aspettati dal Governo una trattazione del problema della scuola più degna del ruolo decisivo che la scuola stessa riveste nella società.
In particolare, il carattere di urgenza - è stato già rilevato da molti - pur giustificabile in alcuni passaggi del decreto-legge, è indiscriminatamente e strumentalmente transitato su altri fondamentali aspetti organizzativi e progettuali che, invece, avrebbero richiesto il coinvolgimento ragionato e dibattuto da parte di tutti i soggetti della scuola, tra cui le istituzioni scolastiche stesse, le famiglie, i rappresentanti dei vari comparti del mondo del lavoro, sindacati e organi di stampa.
La scuola passa sempre sotto silenzio, mentre meriterebbe un'attenzione certamente maggiore di quanto pare abbia voluto riservarle questo Governo.
Inoltre, la strada che il Governo si appresta a intraprendere con questo decreto-legge stile omnibus sembra volerne sancire il declassamento ad un ruolo marginale che non possiamo accettare.Pag. 89
Vorrei ricordare - è già stato detto e proseguirò, quindi, velocemente - la genesi di questi provvedimenti che ora la maggioranza si appresta ad approvare: è vero che, prima dell'estate, non era stato possibile approvare alcun provvedimento in materia, ma molte cose già si sapevano. Improvvisamente, il 7 settembre, il Ministro si è accorto di avere il dovere di assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico e ha varato questo decreto-legge. A meno di tre settimane il Parlamento è stato chiamato ad esprimersi al riguardo e non si può dire - onestamente nessuno lo può affermare - che lo stesso abbia avuto a disposizione il tempo giusto, doveroso e sufficiente per discutere di questi argomenti sia nelle Commissioni che in Assemblea.
È vero che alcune questioni rivestivano carattere di urgenza (come le risorse dell'Unione europea da erogare agli enti di ricerca e ai ricercatori), su questo non ci sono dubbi; ma le altre questioni emerse durante l'anno si conoscevano e, probabilmente, non c'era bisogno di costringere il Parlamento a trattare argomenti così diversi, così vasti e così importanti in due settimane.
Do atto alle Commissioni competenti in materia di aver lavorato con impegno e di aver cercato di rispondere a questa esigenza tardiva del Ministro. Tuttavia mi domando: siamo sicuri, colleghi, che questo basti per garantire un ordinato avvio dell'anno scolastico in corso? Come si può pensare che basti questo frettoloso decreto-legge per dare alla scuola serenità, stabilità, impegno e risultati? Sulla scuola sono state compiute scorribande che ritengo ingiustificate ed improvvisate, per le quali - a mio avviso - la famiglia e la scuola hanno pagato un caro prezzo.
Mi riferisco non solamente a questo decreto-legge, ma anche alla legge finanziaria, al decreto-legge Bersani e a tutto quanto è stato fatto, che riguardava altre materie e in cui si infilava, in maniera surrettizia, il problema della scuola.
In realtà, stiamo assistendo ormai, dall'inizio della legislatura, ad una sistematica controriforma che questo decreto-legge conferma, con l'inserimento dei provvedimenti più svariati e che riguardano moltissimi aspetti della vita della scuola.
Quanto poi ai contenuti, l'approvazione da parte nostra dell'articolo 3, in riferimento alle norme sul personale scolastico e sull'assunzione dei ricercatori, mostra esclusivamente il senso di responsabilità del nostro gruppo di fronte ad un'esigenza reale, ma il complesso del decreto-legge non ci consente di esprimere il nostro voto favorevole.
In particolare, ribadiamo le nostre riserve sull'articolo 1, per quello che riguarda il tempo pieno, l'Invalsi e le classi primavera, come è emerso dagli ordini del giorno che abbiamo presentato. Si tratta di un articolo 1 inutile, probabilmente con pericoli insiti nella sua formulazione e che ha mostrato tutti i suoi limiti, non solo nei confronti dei temi più diversi, ma occupandosi più di ingegneria politica che di formazione e di educazione.
Per quanto se ne dica, il tempo pieno non è la risposta all'esigenza delle famiglie, tanto è vero che - come ho ricordato - viene richiesto da meno del 50 per cento di esse. E il tempo pieno - so che al Governo non piace questa formulazione - rischia di essere un tempo vuoto, che non si sostanzia in un piano dell'offerta formativa articolato ed esaustivo.
Ho ricordato e ricordo ancora, in sede di dichiarazione di voto, il convegno dell'OCSE in cui è emerso inequivocabilmente che, in tutti i Paesi europei, si sta cercando di diminuire le ore che gli studenti passano a scuola. I risultati positivi, infatti, non si ottengono dalla quantità delle ore, ma dalla loro qualità. Né vale l'obiezione che le famiglie non saprebbero dove mettere questi ragazzi, perché la scuola non è un parcheggio e, dunque, occorre provvedere con alternative serie rispetto alla riduzione dell'orario scolastico.
Qualcuno ha correttamente sottolineato che i ragazzi passano più tempo a scuola di quanto ne trascorrano i loro genitori negli uffici, nelle aziende e nelle fabbriche. Il tempo pieno, dunque, non è un'emergenza nazionale, non fa che avallare l'idea che le famiglie vengano a volte espropriatePag. 90del loro ruolo educativo e che la scuola si sostituisca impropriamente al primario compito educativo dei genitori.
Vorrei, inoltre, ricordare che la scuola non è un fine, ma è un mezzo; e il fine è la formazione integrale degli studenti in costante collaborazione con la famiglia. Ci siamo già espressi per quanto riguarda le classi primavera; ribadiamo tutte le nostre perplessità e riteniamo che non porteranno ad un miglioramento qualitativo del livello di accoglienza e di formazione, tanto più che si sottraggono risorse al sociale instaurando una prassi molto seria e grave e, soprattutto, facendo una guerra tra poveri. Sappiamo quanto il sociale abbia bisogno di risorse e non si capisce perché il Ministero vada a prendere risorse e fonti per finanziare queste sperimentazioni proprio nel comparto del sociale.
Infine, per quanto riguarda l'Invalsi - ne abbiamo già parlato - anche in questo caso, l'ente dovrebbe avere certezza di alti compiti, una valutazione scientifica, oggettiva e in ultima analisi terza rispetto all'operato della scuola come istituzione fondamentale della nostra società. Ebbene, il suo organico ridotto da otto a tre componenti, così come il ruolo del Ministero che deve dare indicazioni, con direttive annuali, degli obiettivi della valutazione esterna condotta dal servizio nazionale di valutazione, ci sembrano, oggettivamente, una regressione.
Vi sarebbero molte cose da dire parlando di scuola - Viceministro Bastico e colleghi - considerazioni che sono state anche richiamate in questi giorni di dibattito pur essendo «fuori tema».
Si dovrebbe discutere dei disabili, dei docenti di sostegno, degli immigrati e della loro integrazione, nonché del livello raggiunto dalla scuola italiana nei paesi OCSE, dei crediti formativi, della mancanza di regole e di discipline in molte scuole. Si dovrebbe discutere, poi, della droga, delle aspettative delle famiglie, delle scuole di eccellenza, che pure esistono nel nostro Paese, della libertà di scelta educativa delle famiglie, che in Italia è un tabù.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 18,40)
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Non c'è il tempo per farlo, e probabilmente questa non è neanche la sede appropriata, ma sappiamo bene che questi sono tutti elementi che qualificano l'offerta formativa; e non basta un provvedimento come questo per garantirla.
Abbiamo bisogno di una scuola seria, non solo al passo con i tempi, ma che non si ripieghi su se stessa, che si apra ad un progetto educativo con una forte valenza di rigore, di regole, di preparazione e di studio. Una scuola che non sia un parcheggio per gli studenti e una semplice occupazione per i docenti, ma si metta al passo con quei Paesi che hanno fatto della formazione il punto centrale della loro politica.
L'educazione non è e non può essere neutra, come non può essere immaginata la neutralità dello Stato davanti alle scelte di fondo che vengono fatte nelle scuole.
PRESIDENTE. Onorevole Capitanio Santolini, concluda.
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Concludo, Presidente. Allora occorre assumersi il rischio educativo da parte di chi fa le leggi, così come da parte di chi le deve applicare, così come da parte delle componenti della scuola, dal punto di vista dei valori e della formazione.
La scuola non è solo fatta di regole, di organici, di circolari e di meccanismi burocratici; la scuola ha un compito altissimo: consegnare al futuro del nostro Paese cittadini all'altezza delle sfide che abbiamo davanti.
In questa legislatura, durante i dibattiti in aula ed altrove, non mi pare di avere ascoltato argomentazioni in questo senso.
L'auspicio è che, sulla scuola, si apra un dibattito serio che coinvolga il Paese, che i media non ignorino il mondo della scuola e le famiglie divengano coprotagoniste nel rispetto dei ruoli della formazione dei loro figli.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà.
PAOLA GOISIS. Signor Presidente, pensavo di dover intervenire per ultima e, invece, è già il mio turno.
Il provvedimento che stiamo esaminando denota come questa maggioranza di Governo consideri l'istruzione un metodo per erogare il sapere piuttosto che un sistema che richiede partecipazione anche per acquisire e produrre il sapere.
In Paesi dove la scuola conta molto la scelta è stata quella di interfacciare le istituzioni scolastiche con il potere locale, con il trasferimento forte di poteri; da noi è ormai tempo che ciò avvenga in maniera risoluta.
È, quindi, necessario che il progetto educativo si trasformi nel progetto di una comunità educante in cui, poi, possa risiedere la sostanza dell'autonomia.
In Europa esistono diverse tendenze verso l'autonomia e il cambiamento nel governo delle scuole ha assunto molte forme; ma una tendenza costante in tutti i Paesi europei è quella di una maggiore autonomia e responsabilità per enti locali e dirigenti scolastici, oltre che una maggiore libertà di trattare i contenuti educativi e di variare i curricula scolastici.
Inoltre, è stata attribuita alle scuole la responsabilità locale di gestire sia le risorse umane che finanziarie.
Oltre a ciò, si nota una sempre maggiore accentuazione degli standard dell'istruzione e della valutazione esterna condotta da agenzie centrali e indipendenti per garantire che il processo venga svolto in modo efficace, nella sua interezza e per il vantaggio dei soggetti interessati.
Si è anche assistito all'aumento dei finanziamenti. In molti casi, come ad esempio in Finlandia, in Svezia ed in Inghilterra, gran parte delle decisioni sono assunte al livello delle municipalità in collaborazione con le scuole.
In Inghilterra, nei Paesi Bassi e in Svezia anche le decisioni sul personale e sulle risorse umane sono prese a livello di scuole e queste ultime hanno la possibilità di licenziare ed assumere personale. In Italia ciò avviene solo nell'8 per cento dei casi. Solo l'8 per cento delle scuole è coinvolto nella scelta degli insegnanti, in rapporto alla media OCSE che è, invece, del 64 per cento.
Per quanto riguarda i livelli retributivi degli insegnanti in tutta Europa, gli stipendi degli insegnanti sono negoziati a livello centrale: viene stabilito un minimo stipendiale, ma poi è all'interno delle scuole che i dirigenti scolastici decidono i diversi livelli retributivi.
In Svezia, ad esempio, il mercato degli insegnanti è molto vasto: gli insegnanti più richiesti possono chiedere retribuzioni molto elevate rispetto agli altri. Ciò è consentito per garantire retribuzioni adeguate ed i migliori professionisti. In questi Paesi le scuole hanno anche l'autorità di sviluppare le carriere dei docenti e di decidere sulla loro formazione all'interno e all'esterno degli istituti.
In Italia solo il due per cento delle scuole è coinvolto nella determinazione degli aumenti di stipendi. Se consideriamo, poi, come sono distribuite le risorse finanziarie e umane, c'è un grande margine di manovra. Le scuole in Europa possono prendere decisioni autonome, hanno un'indipendenza notevole a livello di organizzazione finanziaria e una quasi totale responsabilità nello stanziamento e nella gestione delle risorse.
In questi Paesi spesso sono i comuni a rivestire un ruolo importante, laddove si determina una combinazione tra comuni e scuole. Vale la pena di segnalare due casi emblematici.
In Svezia i comuni hanno assunto la responsabilità per quanto riguarda la scuola, esercitando non solo il compito di disporre delle risorse a livello scolastico, ma anche la flessibilità necessaria per adattare i corsi educativi che possono offrire. Ad esempio, possono accettare lo studio di certe discipline rispetto ad altre ed escluderne altre ancora.
In Svezia alcuni degli aspetti relativi alla valutazione delle scuole e del sistema dell'istruzione sono delegati alle scuole stesse e ai comuni, i quali sono poi obbligatiPag. 92a riferire annualmente al Governo centrale sul successo o insuccesso in questo ambito.
Comunque, nei Paesi europei dove l'attribuzione dell'autonomia alle scuole ha lo scopo di migliorare la qualità dell'istruzione questo obiettivo è stato colto. Molte ricerche, in particolare l'indagine Pisa dell'OCSE, indicano che il miglioramento della qualità della scuola è strettamente collegato all'autonomia, ma tale autonomia comporta anche la realizzazione di un sistema fidato di valutazione dei risultati delle scuole e degli studenti per garantire il raggiungimento degli obiettivi educativi fissati e il rispetto dei curricula nazionali.
Per concludere, l'autonomia in questi Paesi è una questione di leadership: le scuole e i sistemi scolastici che tendono a produrre le migliori performance sono quelli in cui la leadership è legittimata, in cui vi sono capi di istituto o consigli di amministrazione pronti ad assumere queste leadership.
La scuola italiana, invece, è diversa dagli altri contesti europei ed è una diretta emanazione della concezione ereditata dallo Stato liberale, secondo cui l'istruzione rientra nella piena attribuzione non delegata della sovranità statale.
Questo spiega anche la bassissima incidenza nel nostro Paese di istituzioni educative non statali e non è un caso che molte di esse abbiano avuto un'origine alternativa allo Stato liberale, come ad esempio le istituzioni educative promosse da enti locali o le istituzioni educative cattoliche.
Ciò ha determinato una diffidenza dello Stato nei confronti dell'istruzione non statale, che è continuata anche nel secondo dopoguerra fino agli anni Ottanta, quando hanno cominciato a prodursi le prime fratture profonde in questa concezione statocentrica, derivate in larga misura da un nuovo protagonismo degli enti locali, dai processi di partecipazione sociale e dalla crescita di soggettività delle stesse istituzioni scolastiche.
Il processo ormai è evoluto in termini costituzionali, legislativi ed amministrativi, in maniera ormai irreversibile, nonostante non sia chiaramente compiuto e si assista periodicamente a sussulti e ripensamenti.
I possibili sviluppi per la scuola si possono delineare in direzione della parità delle istituzioni, in relazione all'assorbimento di pubbliche funzioni per l'autonomia degli stessi, in seguito all'accentuazione della loro responsabilità, mentre per le regioni e gli enti locali si deve prefigurare rispettivamente un progressivo aumento delle funzioni legislative e gestionali.
In questo mondo in cui i cambiamenti crescono rapidamente, ci troviamo a confrontarci con la sfida delle specificità, della diversità culturale e della identità della periferia come valore umano. L'apprendimento e la conoscenza stanno guidando questo vento di cambiamento. Il ruolo dell'educazione nel trasformare la società è evidente: la trasmissione di conoscenza e di valori, l'educazione è diventato lo strumento per raggiungere cambiamenti e trasformazioni; è il mezzo per potenziare gli individui e la loro collettività; è un necessario principio di guida e di organizzazione per le riforme educative. La globalizzazione ha reso importante l'apprendimento di nuove abilità e competenze. La capacità di vivere insieme, il pensiero critico, la comunicazione e la creatività, l'abilità nel dirigere e nell'anticipare i cambiamenti sono solo alcune delle abilità e delle competenze richieste. Questo fenomeno condiziona i costumi, le abitudini, l'ambiente di vita e i rapporti umani. Ciò nonostante, crediamo che sarebbe un errore ritenere che la cultura globalizzata debba portare alla rimozione delle singole identità. L'educazione deve cercare di rendere gli individui coscienti delle proprie radici e di fornire specifici punti di riferimento che consentano loro di definire la loro collocazione nel mondo.
In quest'aula si è dibattuto molto sull'importanza di insegnare la tradizione culturale cristiana ai minori immigrati inseriti nelle scuole di ogni ordine e grado. Gli interventi educativi devono essere modelli di integrazione, ma nel campo dell'insegnamento non si può subire la pressione dei movimenti immigratori nel momentoPag. 93in cui si intende passare dalle identità separate alla comunità plurale. Quindi, sul versante didattico, è necessario attivare tutte le esperienze di educazione linguistica, scambi, pedagogia comparata, formazione degli insegnanti, ma è altrettanto importante - per creare un processo osmotico con i bambini italiani e trasmettere un messaggio importante a chi, provenendo da altre civiltà, si sente schiacciato dall'Occidente - che costoro sappiano che l'Occidente ha il cristianesimo tra le proprie principali matrici storiche e culturali.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
PAOLA GOISIS. Devo dire però che il provvedimento in esame purtroppo è viziato dalla cultura di sinistra che sottende a tutto ciò che è stato deliberato. In modo particolare voglio riportare un esempio, in particolare uno studio realizzato qualche tempo fa sulla base di un'esperienza con insegnanti e mediatori culturali, nel tentativo di individuare i criteri per determinare cosa fosse il meglio e il peggio nelle culture fisicamente contigue nel nostro territorio: si è tentato di individuare a livello scolastico alcune tematiche giuridiche, per trovare esperienze culturali ed esistenziali comuni. Il gruppo di lavoro ha individuato poi alcuni aspetti, non solo giuridicamente rinunciabili: la separazione tra religione e Stato, tra religione e diritto, tra ciò che si comprende e ciò in cui si crede; l'habeas corpus, i diritti costituzionali italiani, il diritto di cittadinanza ed i doveri ad esso correlati.
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, onorevole, cortesemente.
PAOLA GOISIS. Ancora due minuti.
PRESIDENTE. No, due minuti non è possibile, mi consenta, onorevole.
PAOLA GOISIS. Ma è questa la cosa grave: purtroppo in questi studi si parla della gente del nord nei termini seguenti. Lo studio infatti dice: i concetti di laicità dello Stato, l'habeas corpus, tutti i principi che abbiamo ricordato sono davvero valori conosciuti dagli indigeni della bassa padana? O i nativi di nazionalità italica conoscono il significato di questi nobili diritti? Volevo arrivare a questo punto: purtroppo questo provvedimento è il frutto di questa mentalità, una mentalità di sinistra che, purtroppo, ci ha dato come risultato un decreto prima di tutto in cui...
PRESIDENTE. Onorevole Goisis!
PAOLA GOISIS. ...una volta di più il nord viene trattato da colonia. E lo vediamo subito: tempo pieno; ci si è dimenticati...
PRESIDENTE. Onorevole Goisis, stiamo cercando di venirle incontro, ma dovrebbe concludere l'intervento, per cortesia!
PAOLA GOISIS. Concludo immediatamente: questo decreto-legge, purtroppo, finge di venire incontro ai nostri bambini e alle nostre famiglie, ma in realtà va contro le nostre famiglie, poiché il tempo pieno non è garanzia di conoscenza.
PRESIDENTE. Onorevole, mi costringe a toglierle la parola. Vorrei evitarlo.
PAOLA GOISIS. Un solo momento ancora. Con questo decreto-legge, infatti, i portatori di handicap sono stati penalizzati, sacrificati, purtroppo, agli immigrati. Per queste ragioni, preannunzio il nostro voto contrario sul provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Simone. Ne ha facoltà.
TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, svolgo tre considerazioni finali che si aggiungono a quelle già espresse nel corso della discussione sulle linee generali ed in generale nel dibattito. Questo decreto-legge presenta un elemento senz'altro molto positivo contenuto nell'articolo 1, con il ripristino del tempo pieno abrogatoPag. 94dalla riforma Moratti. Il tempo pieno è infatti una straordinaria esperienza pedagogica ed educativa e non un parcheggio per i bambini, come si è erroneamente affermato: esso rappresenta un pezzo della storia italiana, della scuola pubblica e del movimento democratico che l'ha costruita, e costituisce dunque un patrimonio importante.
Fra l'altro, nella scorsa legislatura, l'abrogazione del tempo pieno e lo spezzettamento compiuto dalla riforma Moratti erano stati contrastati da un movimento importantissimo di genitori ed insegnanti che mirava al ripristino del tempo pieno. Dovrebbero ricordarsene coloro che demagogicamente, alla destra di quest'aula, spesso si appellano alla difesa della famiglia: i genitori sono stati protagonisti di una battaglia importantissima per il ripristino del tempo pieno. Tempo pieno che - lo voglio ripetere - costituisce un'esperienza pedagogica ed educativa che coinvolge l'intero mondo della scuola e del territorio, e che anzi andrebbe esteso oltre le regioni in cui esiste, anche in quelle che purtroppo ancora non lo prevedono nel loro sistema della scuola: questa è una prospettiva verso cui bisogna naturalmente lavorare.
Devo ricordare peraltro che il ripristino del tempo pieno era oggetto di un emendamento presentato dal gruppo di Rifondazione Comunista al disegno di legge il cui esame ha preceduto in Commissione quello del presente decreto-legge successivamente, però, il Governo assorbì il contenuto di quell'emendamento trasferendolo nel decreto-legge. Siamo dunque soddisfatti di una simile norma, che peraltro possedeva carattere d'urgenza poiché era importante che l'avvio dell'anno scolastico tenesse conto anche del ripristino del tempo pieno.
Certo, avremmo preferito che questo decreto-legge disponesse anche le risorse per il tempo pieno, poiché sappiamo che quello delle risorse è un tema importante. Tale tema dovrà essere affrontato in sede di esame del disegno di legge finanziaria, certamente con riferimento al tempo pieno, ma in generale a tutto il sistema scolastico, alla sua qualità, agli organici, nonché alla questione degli insegnanti di sostegno. Tale questione è stata ricordata in quest'aula e dovrà essere affrontata in modo congruo nell'ambito dell'esame della manovra finanziaria, prevedendo risorse che mettano a disposizione delle scuole gli organici necessari al loro fabbisogno reale.
Quest'ultima questione, peraltro, è stata affrontata da un ordine del giorno che abbiamo presentato e che è stato accolto dal Governo: tale ordine del giorno - che, nelle nostre intenzioni, deve essere un'indicazione anche per il lavoro da svolgere con la legge finanziaria - tende sostanzialmente ad affermare che è necessario riavvicinarsi all'organico funzionale; è necessario riequilibrare l'organico di diritto e l'organico di fatto. Occorre quindi che il contingentamento degli organici si basi non - come accade oggi - su previsioni che poi di anno in anno vanno riaggiustate in base alle esigenze: la ridefinizione dell'organico funzionale si deve, infatti, basare su una previsione delle reali esigenze delle scuole.
Dunque, le esigenze di risparmio non sono politicamente accettabili quando si affronta la questione strategica della scuola e della formazione. La precedente legge finanziaria - lo dobbiamo ricordare - ha purtroppo introiettato il principio del risparmio, incrementando il rapporto tra alunni e classi. Noi riteniamo che tale elemento vada, comunque, riesaminato, poiché un conto è eliminare gli sprechi o la sottoutilizzazione delle risorse - su cui siamo, naturalmente, tutti assolutamente d'accordo -, un altro è colpire negativamente l'intero sistema in funzione di una logica del risparmio che non è assolutamente condivisibile.
Pertanto, tali aspetti dovranno essere affrontati con la lente d'ingrandimento, sia nelle Commissioni competenti sia in Assemblea in sede di discussione del disegno di legge finanziaria.
Il secondo aspetto che vorrei sottolineare riguarda le questioni disciplinari (lo faccio per una ragione di mero chiarimento).Pag. 95
Su tale questione sono state espresse, infatti, affermazioni erronee e sbagliate. Il decreto-legge che ci apprestiamo a convertire in legge non ha introdotto nuove sanzioni disciplinari: il Governo in particolare, che ha proposto il relativo articolo, si è prefissato di introdurre, a proposito delle sanzioni disciplinari già esistenti, alcuni elementi di semplificazione delle procedure per questioni di grave e comprovata turbativa della regolare attività didattica.
Devo aggiungere - estendendo il mio ringraziamento anche alle relatrici ed alle Commissioni - che la norma in parola è stata migliorata molto nel corso della discussione prima nelle Commissioni e poi in Assemblea, e ciò è un fatto estremamente positivo, perché il testo è stato radicalmente migliorato rispetto alla formulazione originaria, riequilibrandolo nettamente in direzione delle necessarie condizioni garantiste ed introducendo anche elementi a mio avviso molto significativi, come quello del richiamo alle norme ed ai principi di parità di trattamento contenuti nella direttiva europea 78/2000/CE recepita dal Parlamento nella scorsa legislatura.
Questo riferimento introduce una tutela in più per i docenti - che potrebbero essere soggetti ad eventuali discriminazioni per l'orientamento sessuale o per questioni attinenti alla religione, l'età o all'handicap - ma anche per gli studenti. Quindi, si è prevista una tutela in più, non in meno. Ciò costituisce un risultato, e dispiace che qualcuno, anche nella maggioranza, non abbia compreso, percepito e colto tale elemento, come dispiace che il centrodestra non abbia condiviso tale riferimento. Noi pensiamo, invece, che si tratti di un risultato importante.
La terza ed ultima questione che desidero sottolineare si riferisce al mio ordine del giorno n. 9/3025/5, accettato dal Governo, che riguarda il contrasto all'omofobia (anche questo è un risultato molto positivo). Nelle premesse del citato ordine del giorno abbiamo voluto ricordare che nel nostro Paese, soprattutto in quest'ultimo anno, sono emersi gravissimi fatti di omofobia nelle scuole, che hanno coinvolto gli studenti (adolescenti, ragazze e ragazzi omosessuali).
Pensiamo che sia necessario introdurre nelle scuole e nella formazione dei docenti programmi e progetti che vadano nella direzione di inserire nel corpo della scuola e del sistema scolastico quegli strumenti culturali che servano a neutralizzare gli elementi dell'omofobia o del razzismo in generale.
Quindi l'ordine del giorno impegna il Governo a stabilire un protocollo con le associazioni che si occupano specificamente del contrasto all'omofobia (come la Gedo, l'associazione dei genitori di persone omosessuali, le associazioni omosessuali e altre associazioni che hanno esperienze comprovate) e che vogliono spendersi in un progetto che riteniamo possa fare della scuola, anche in questo caso, un'importante avamposto di una cittadinanza migliore di cui abbiamo bisogno (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, L'Ulivo e Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pettinari. Ne ha facoltà.
LUCIANO PETTINARI. Signor Presidente, il gruppo della Sinistra Democratica per il Socialismo europeo voterà a favore del disegno di legge in esame perché si tratta di un provvedimento d'urgenza dettato dall'esigenza di dare risposte immediate e consentire alle scuole di programmare efficacemente la propria attività nel momento delicato e complesso dell'avvio dell'anno scolastico.
Per esempio, viene modificata la normativa in materia di ammissione dei candidati esterni agli esami di Stato, viene incrementata la spesa destinata agli oneri per lo svolgimento degli stessi esami, viene ripristinato l'esame di terza media, viene modificata la composizione degli organi di gestione dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e formazione, viene sbloccato parte del finanziamentoPag. 96destinato all'attivazione delle cosiddette «sezioni primavera».
In particolare, tra le norme più importanti, vi è quella del ripristino del tempo pieno, una necessità urgente di fronte alla sempre crescente domanda da parte delle famiglie, secondo il modello pedagogico delle 40 ore inteso come progetto unitario e non come mera sommatoria aritmetica di ore.
C'è da augurarsi che nella prossima legge finanziaria vi siano maggiori risorse anche per il tempo pieno che - lo ricordiamo - costituisce una spesa qualificante per la scuola, per la sua qualità e per il diritto allo studio. Nel provvedimento, poi, sono inserite norme disciplinari che hanno avuto un grande risalto mediatico, oltre che nel nostro dibattito in Assemblea. Va precisato, tuttavia, che si tratta di disposizioni già esistenti. Il decreto-legge che voteremo tra poco semplicemente introduce procedure che snelliscono e velocizzano tali norme.
Vorrei esprimere l'auspicio che il necessario rigore e la necessaria serietà con cui affrontare tali questioni nell'interesse primario di chi ha diritto ad una scuola seria e di qualità, cioè delle studentesse e degli studenti, non diventino, ancora una volta, l'occasione per gettare fango sulla scuola pubblica e sui docenti perché sicuramente, in questo momento, ciò non serve al Paese.
Vengono infine sbloccati i finanziamenti per i concorsi per ricercatori, per le università e per gli enti di ricerca. Nel complesso sono state approvate una serie di disposizioni assai urgenti per la scuola, ma su molte altre - vogliamo dirlo con forza - bisognerà al più presto intervenire, come sottolinea anche il recente libro bianco sull'istruzione.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 19,05)
LUCIANO PETTINARI. La scuola italiana ha certamente bisogno urgente di semplificazione legislativa, di norme snelle e comprensibili per poter migliorare la sua efficienza, la sua efficacia e il suo buon funzionamento, ma essa ha bisogno anche di politiche di lungo respiro che garantiscano nel tempo efficacia e qualità e che siano frutto di attenzione e di impegno da parte della società e della politica.
Il disegno di legge in esame è un primo passo in questa direzione. Per tali motivi ribadisco che il gruppo della Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo voterà a favore del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benzoni. Ne ha facoltà.
ROSALBA BENZONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la scuola ci chiede, in primo luogo, di discutere dei suoi problemi (che non sono pochi) e di assumere decisioni (che sono urgenti) mettendo da parte pregiudiziali ideologiche e argomenti strumentali, riconoscendone la centralità per lo sviluppo del Paese, la coesione sociale, la capacità di competere e l'equità, guardando ai suoi bisogni di buona quotidianità, di buone prassi, di serenità e di autonomia.
Con questo spirito ritengo sia opportuno affrontare anche il tema del tempo pieno, modello organizzativo a cui il decreto-legge restituisce, dopo anni di incertezza, piena cittadinanza tra le forme in cui si costruisce e si eroga l'offerta formativa della scuola primaria.
Durante il dibattito molti interventi dell'opposizione lo hanno rappresentato come un modello vecchio e superato, il simbolo dell'appiattimento e dello statalismo rigido di una scuola del secolo scorso, di cui non trovo traccia se ripenso a questa grande esperienza. Se così fosse, sarebbero peraltro incomprensibili le iniziative messe in campo, non solo dagli operatori della scuola, ma anche dalle famiglie e dagli amministratori locali che costantemente lo hanno difeso come risorsa ed esperienza preziosa da salvaguardare. Non si capirebbe perché, in molte realtà, scuole ed enti locali si siano attivatiPag. 97per costruire, attraverso convenzioni e concertazioni, modalità organizzative ispirate al modello di un tempo scuola lungo, integrato e disteso che offra alle famiglie migliori opportunità di conciliazione dei tempi di lavoro e di cura, ai ragazzi modalità di apprendimento più efficace e flessibile, più opportunità di costruzione di competenze sociali, ai docenti maggiori possibilità di sperimentare e di innovare.
Se il tempo pieno ha un limite, come è emerso dal dibattito, è quello di non essere diffuso in misura pari al fabbisogno espresso dai territori. Ma è stato e rimane un laboratorio, un motore di innovazione, di spinta al cambiamento che ha avuto, e continua ad avere, ricadute positive anche sulle scuole che adottano modelli organizzativi diversi. Ha anticipato e contribuito alla elaborazione di riforme fondamentali e allo sviluppo della cultura pedagogica e didattica del nostro Paese.
Per questo sottolineiamo la positività della modifica introdotta in sede di conversione del decreto-legge, durante il dibattito nelle Commissioni, che prevede la realizzazione di un piano triennale di sviluppo del tempio pieno e la garanzia di condizioni di accesso omogenee su tutto il territorio nazionale, di intesa con la Conferenza unificata Stato-regioni.
Questo segnale costituisce un altro aspetto che voglio sottolineare. A questo decreto-legge non può essere attribuito il carattere di strumento normativo calato dal Governo a schiacciare il dibattito parlamentare, perché il provvedimento assume pienamente e valorizza i risultati della lunga trattazione in Commissione del disegno di legge A.C. 2272-ter espungendone i contenuti urgenti e trasformandoli in legge in tempo utile perché possano avere effetti a partire dall'anno scolastico appena iniziato.
Oltre a quella sul tempo pieno altre norme, lungamente discusse ed affinate nelle Commissioni, sono entrate nel decreto-legge e sono fortemente attese dal mondo della scuola, dagli operatori e dagli utenti. Anzitutto quella che riguarda il passaggio dell'imputazione delle spese per la sostituzione del personale assente per maternità. Può apparire una norma marginale, ma non è così. Le contabilità delle singole scuole, che per pagare le supplenze dispongono di budget rigidi, saranno depurate da spese rilevanti e soprattutto non programmabili, che hanno determinato disequilibri pesanti, sperequazioni, difficoltà nella gestione delle supplenze brevi, ritardi o impossibilità di effettuare pagamenti ed hanno dato un'immagine negativa della scuola di fronte all'opinione pubblica quando, lo scorso anno, i deficit accumulati si sono resi evidenti fino al rischio di una grave compromissione del servizio.
Altrettanto significative per l'immagine pubblica della scuola e la sua funzionalità e serenità sono le norme del decreto-legge che riguardano lo snellimento delle procedure relative alle sanzioni per il personale scolastico. Non si tratta di ridurre le garanzie (su questo aspetto si è raggiunto nel corso del dibattito un delicato e positivo equilibrio), ma di rendere efficaci e certe le procedure, soprattutto quando ricorrono ragioni di particolare urgenza ed esistono fattori di grave turbamento dell'ambiente scolastico, tali da creare pregiudizio nel rapporto con le famiglie degli alunni. Sono modifiche che non solo tutelano gli alunni, le famiglie e la qualità del servizio, ma gli stessi operatori della scuola coinvolti dal rischio di logoramento della propria immagine e dall'esasperazione delle reazioni dell'opinione pubblica.
Ulteriori norme del decreto-legge riguardano gli esami di Stato nelle scuole secondarie, di primo e secondo grado, le modalità di assunzione dei collaboratori scolastici e di comunicazione ai centri per l'impiego dei contratti posti in essere, il finanziamento delle cosiddette «sezioni primavera» attivate nel corrente anno che ampliano i servizi educativi per l'infanzia e che, insieme con le azioni previste dal Governo tramite il piano per gli asili nido, consentono al nostro Paese un avvicinamento agli obiettivi di Lisbona di copertura del 30 per cento del fabbisogno.
Infine, con questo atto approviamo disposizioni urgenti e innovative per l'assunzionePag. 98di ricercatori e per la valutazione dell'attività scientifica e didattica da essi svolta da parte dell'ANDU.
Dall'iter del disegno di legge n. 2272 non sono state assunte, invece, le parti prive del carattere di urgenza; nei prossimi giorni il Parlamento sarà impegnato a convertire in legge, in tempi brevi, anche tali disposizioni, che hanno anche l'obiettivo di assicurare maggiore funzionalità e razionalità al governo e alla gestione del servizio scolastico.
Con la conversione in legge del decreto-legge n. 147, anche grazie ai contributi emersi dal dibattito, credo che abbiamo fornito risposte utili ed equilibrate a problemi che richiedevano soluzioni urgenti e il più largamente possibile condivise. Con questa convinzione, preannuncio il voto favorevole dei deputati del gruppo dell'Ulivo (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.
VALENTINA APREA. Signor Presidente, il Ministro Fioroni ha tentato il triplo salto mortale: alla Camera approva uno sgangherato decreto-legge omnibus, alla Corte costituzionale presenta un ricorso avverso la legge sull'istruzione cosiddetta Formigoni e, infine, con un provvedimento amministrativo annuncia di sfiduciare gli insegnanti e gli studenti sulla valutazione, e tutto ciò è avvenuto nelle ultime ore!
Peccato che abbia snobbato questo ramo del Parlamento! È vero che ha presenziato alla discussione sull'articolo 1 del provvedimento, ma non ha concesso nessun intervento all'Assemblea, non ha preso la parola, né ha risposto alle questioni e agli interrogativi che abbiamo posto; ha lasciato tale compito al Viceministro Bastico che, per la verità, lo ha svolto con competenza e attenzione.
I nostri lavori di questi giorni testimoniano una scelta pasticciata. Pertanto, Forza Italia non può fare altro che confermare il voto contrario e bocciare il Governo nel metodo e nel merito, anche perché, quando avremo concluso l'esame di questo decreto-legge, saremo già pronti, anzi, saremo chiamati ad approvare la parte del disegno di legge che ne è rimasta fuori, relativa ad altre materie che evidentemente, secondo la determinazione del Ministro, non rivestivano più il carattere dell'urgenza e della necessità, ma che ugualmente pendono e sicuramente vanno affrontate.
Allora, la domanda sorge spontanea: non avremmo potuto concludere i lavori regolarmente avviati un mese fa in questo ramo del Parlamento, piuttosto che lacerarci vicendevolmente ed essere lacerati da scelte del Governo, da scontri e contrapposizioni che certamente non giovano né ai lavori parlamentari, né alle relazioni tra i gruppi parlamentari, e che, soprattutto, non depongono bene rispetto a quest'anno scolastico, che è iniziato in modo tormentato e che prosegue allo stesso modo?
Restano, invece, soprattutto nell'opinione pubblica, gli annunci fatti dal Ministro Fioroni in modo continuo, come ho appena finito di ricordare riferendomi al triplo salto mortale. Ho utilizzato, infatti, quella immagine per spiegare tutta l'attività del Ministro Fioroni, che definirei pericolosa perché, considerando anche la mole del Ministro, diventa veramente avventuroso fare un triplo salto mortale!
Mi domando il motivo della fretta e dell'ansia di comparire e di apparire, soprattutto per via mediatica. Conosciamo la risposta politica; infatti, il Ministro Fioroni ha pochi giorni per imporsi nel nuovo Partito Democratico e per aggiungere, evidentemente, al ruolo svolto finora altri meriti presunti, perché noi non li valutiamo tali. Ciò accade, naturalmente, quando si decide in tutta fretta di assemblare insieme quattordici materie diverse per iniziare l'anno scolastico che - come avete visto in questi giorni di lavoro - spaziano dall'organizzazione del tempo scuola alla revisione delle sanzioni disciplinari, da maggiori stanziamenti per gli esami di Stato a rinnovati esami di terza media o allaPag. 99revisione del Servizio nazionale di valutazione. Tutto ciò, naturalmente, dopo aver sospeso per tre anni l'attività del Servizio nazionale di valutazione, così come avevamo cominciato a fare con il decreto Moratti.
Insomma, si tratta di uno stop and go, di una scuola che sta diventando il megafono di una persona sola. Il Ministro, infatti, in solitudine - ma parlando al grande mondo delle televisioni - decide ogni giorno cosa e come cambiare. Noi siamo tutti spettatori, anzi siamo costretti a subire tali scelte, anche rispetto ai nostri lavori parlamentari, visto che abbiamo dovuto prevedere una sessione speciale per l'esame del decreto-legge dentro la sessione ordinaria dell'esame del disegno di legge del Ministro. E immaginiamo che sia solo l'inizio.
Vi chiedo ora, davvero senza pregiudizi, dato che nel decreto-legge abbiamo riformato gli esami di terza media e la valutazione esterna, se non sarebbe stato più giusto esaminare in Parlamento anche il famoso caso degli esami di riparazione inseriti nel provvedimento ministeriale finalizzato a recuperare i cosiddetti debiti scolastici. La risposta è stata negativa. Per affrontare questa situazione si sceglie «un altro giro, un'altra corsa», insomma un altro strumento. E guarda caso, lo strumento scelto dal Ministro questa volta non prevede neppure il passaggio parlamentare.
Quindi, mi chiedo che cosa dobbiamo pensare, forse che il Ministro Fioroni stia riformando la scuola secondo il famoso, vecchio e antico vestito di Arlecchino? Quest'ultimo, però, era stato costretto a costruirsi un abito di tanti colori e con tante pezze perché non aveva le possibilità. Ma queste possibilità mancano al Ministro Fioroni? Cominciamo a credere fermamente in un'unica tesi, ovvero che al Ministro Fioroni manca il progetto globale, in quanto sta usando la riforma Moratti e le leggi organiche approvate nella scorsa legislatura come spunti per modificare un giorno una cosa e un giorno un'altra.
Tutto ciò non depone a favore, ripeto, dei lavori nelle scuole e del lavoro dell'anno scolastico appena iniziato. Ricordo, infatti, che tutte queste misure hanno immediata efficacia, ovvero sono già vigenti per questo anno scolastico, incluso il recupero dei debiti scolastici.
Chiedo alla sinistra, in tutta sincerità: se fossimo stati noi a compiere scelte di questo genere, anche solo dal punto di vista temporale - mi fermo all'aspetto più oggettivo - cosa sarebbe successo? Posso darvi anche la risposta, perché abbiamo visto cosa è successo di fronte a scelte ragionate, che erano state confortate dai voti espressi dal Parlamento: un rifiuto sistematico di tutte le nostre riforme.
Ora, guarda caso, il Ministro Fioroni «riscodella» alla scuola e al Parlamento le stesse riforme, cambiando il nome e, in modo molto abile, divide i luoghi e i tempi di questi interventi, escludendo, il più delle volte, la Commissione cultura: quando è costretto ad interloquire con la medesima, sceglie i temi. Certamente mancano, comunque, un progetto organico ed una vera possibilità di confronto.
È per queste ragioni, per il metodo e per il merito, che Forza Italia, in modo convinto, conferma il voto contrario sul decreto-legge Fioroni (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bianco. Ne ha facoltà.
GERARDO BIANCO. Signor Presidente, confesso che avrei desiderato che una discussione così rilevante su un provvedimento che riguarda la scuola (ossia uno dei settori più delicati della vita nazionale) si potesse sviluppare in modo diverso, con un tentativo di reciproca comprensione: ritengo che la scuola abbia bisogno di riforme e di interventi, ma anche e soprattutto di un'atmosfera e di un clima di dialogo e di approfondimento dei temi.
Ho preso la parola perché la settimana scorsa, con grande amabilità, la collegaPag. 100Aprea ha voluto ricordare la mia esperienza di precario presso il Ministero della pubblica istruzione. Erano anni dimenticati ed esperienze sepolte nella memoria, ma è riemerso qualcosa.
Vorrei dunque consegnare una mia testimonianza e una breve riflessione su questo tema, che rimane cruciale e al quale, soprattutto negli altri Paesi d'Europa, si dedica costantemente - penso ai grandi giornali - la prima pagina. Sono passati tanti anni e ho ricavato la sensazione che nei nostri insegnanti e nell'apparato della scuola esista un deposito di conoscenze, di cultura e di sapienza che deve essere rivitalizzato: le riforme sono importanti, ma devono essere capite nella loro capacità e nei loro effetti.
Ricordo che, nel 1962, si approvò la grande riforma della scuola media, ma uno studio effettuato dieci anni dopo dimostrò che quella riforma non era stata ancora assorbita dagli insegnanti: un corpo così massiccio e incardinato con la propria cultura e con le proprie tradizioni, infatti, ha bisogno di assorbire con consapevolezza le riforme al proprio interno; la scuola media è ancora rimasta, come sappiamo, il punto debole della scuola. Stiamo attenti, pertanto, a non sovraccaricare la scuola di sperimentalismi e di riformismi costanti: essa ha bisogno, soprattutto, di stabilizzazione e di cultura, la quale si deve innervare nelle discipline.
Negli anni Sessanta, negli Stati Uniti d'America vi fu una delle più grandi inchieste mondiali per comprendere le ragioni del declino della scuola.
In quella occasione, in cui furono consultate migliaia e migliaia di insegnanti di quasi tutte le università e scuole, si arrivò alla conclusione che noi conoscevamo già da qualche decennio, ossia che, quando si toglie alla scuola il valore delle discipline e quando la scuola medita sempre e soltanto in modo autoreferenziale sulle modalità della didattica, senza rivolgersi alle discipline, cioè alle materie di conoscenza, prima o poi quella scuola rimane disarmata.
C'è un libro che ha commentato questo problema. Abbiamo bisogno soprattutto, come diceva Alan Bloom, che non vengano strappati i classici dalla scuola. Abbiamo strappato il latino ed è stato un errore, ma non possiamo strappare i classici, perché - lo dico ai colleghi che questa mattina hanno reagito al mio intervento - è in quella cultura che si crea davvero il senso della tradizione.
La tradizione non è qualcosa di concluso, non è un monolite. Quando la tradizione diventa un monolite, primo o poi decade. Lo dicono gli studi: la scuola ha bisogno di un fervore culturale, di fermenti e di creatività. Non a caso, negli anni passati, concepimmo l'autonomia della scuola, perché da quella autonomia doveva sorgere, per dir così, l'empito culturale e la creatività dei nostri insegnanti, che esiste.
Non voglio dilungarmi. Voglio dire soltanto che forse dobbiamo creare intorno alla scuola un'atmosfera, che non può essere creata con gli integralismi di chi ritiene di dover imporre una civiltà: le civiltà sono grandi quando sanno confrontarsi e noi abbiamo l'opportunità di saperci confrontare con queste civiltà. Né l'integralismo può essere l'idea del laicismo esasperato, che ritiene che la cultura cattolica debba sparire (Applausi dei deputati Brigandì e Goisis). Vorrei ricordare, come ha scritto un grande filologo, che la lingua italiana - certo, la lingua italiana - è frutto soprattutto delle grandi predicazioni che sono state fatte. Parlo di Serianni.
La cultura italiana è ciò che unisce il nostro Paese ed è frutto anche di quella presenza. Non possiamo eliminarla, ma dobbiamo farla vivere secondo un principio. Mi permetto di concludere ricordando un pensiero di uno dei più grandi maestri spirituali del nostro tempo: «E ho pure affermato, a proposito della necessità di imparare a convivere tra diversi (...) che non dobbiamo tanto insistere sulla ortodossia religiosa (...). Le tradizioni, comprese le nostre, possono conoscere infatti anche delle forme di decadenza. Occorre piuttosto fermentarci e vivificarci a vicenda, al di là dell'appartenenza religiosa (...)».Pag. 101
Questo è il punto: nella scuola dobbiamo fermentarci e vivificarci a vicenda. Questo è il clima di libertà, che significa fare esplodere le capacità ancora forti e creative che esistono nella scuola italiana. (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e di deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Satta. Ne ha facoltà.
ANTONIO SATTA. Signor Presidente, va bene la conversione del decreto: il collega Li Causi ha annunciato il voto favorevole del nostro gruppo. Peccato però, signor Presidente, che, ancora una volta, anche in questo decreto paghino il loro pegno i comuni. A poco serve che i colleghi parlamentari, rientrando nei propri territori e incontrando i sindaci, sempre più agguerriti e inviperiti per la situazione finanziaria, possano dire, con la solita pacca sulle spalle: non preoccuparti, ci pensiamo noi a mettere a posto le cose.
Condivido, inoltre, quanto ha detto l'onorevole Bianco con la sua saggezza: aggiungo che finché nel processo formativo e culturale della scuola non ci sarà al centro l'alunno, il ragazzo, non ci sarà un futuro per una scuola che è chiamata doverosamente a preparare i giovani alla vita.
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
ALBA SASSO, Relatore per la VII Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALBA SASSO, Relatore per la VII Commissione. Signor Presidente, anche a nome della relatrice Motta, voglio ringraziare tutti i componenti della VII e della XI Commissione per aver lavorato con serenità, anche se con discussioni difficili, a questo provvedimento.
Voglio anche ringraziare gli uffici della Camera, che ci sono stati vicini in momenti anche di grande difficoltà e di fretta e che, con competenza, ci hanno fornito un aiuto prezioso.
Voglio ringraziare, infine, la Viceministro Bastico per la sua presenza costante, per la sua competenza e per la sua capacità di affrontare e risolvere le situazioni (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).