Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Informativa urgente del Governo sulla vicenda dell'arresto di Cristoforo Piancone, detenuto per reati di terrorismo in regime di semilibertà, e sulle eventuali iniziative in merito alla riforma della cosiddetta legge Gozzini (ore 9,38).
(Intervento del sottosegretario di Stato per la giustizia)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, nell'immediatezza dei gravissimi fatti accaduti a Siena, che hanno visto il diretto coinvolgimento dell'ex brigatista Cristoforo Piancone, detenuto in regime di semilibertà, il Ministro della giustizia ha avuto modo di rimarcare che tale beneficio penitenziario è un istituto previsto dalla legge e che può essere applicato in presenza di determinati presupposti dalla magistratura nell'esercizio dei poteri di sua competenza.
Proprio per tale ragione, ma soprattutto per la gravità dell'episodio criminoso in questione, il Ministro, nell'esercizio dei poteri di sua spettanza, ha inteso disporre il 3 ottobre ultimo scorso preliminari accertamenti a mezzo dell'ispettorato generale al fine di verificare se la decisione adottata l'11 febbraio 2004 di concedere la semilibertà all'ex brigatista Piancone sia stata assunta previa attenta e completa valutazione delle condizioni richieste.
La procedura che il Ministero ha inteso adottare è, quindi, un atto destinato ad accertare, ora per allora, se quel provvedimentoPag. 2del 2004 rispettasse i requisiti di legge e di valutare anche eventuali inerzie da parte degli organi deputati a controllare i provvedimenti abnormi della magistratura.
Peraltro, non risulta al Ministero che al momento dell'adozione del provvedimento del tribunale di sorveglianza di Torino dell'11 febbraio 2004 la vicenda sia stata materia di attenzione particolare da parte degli organi del Ministero né, peraltro, risultano altre iniziative in questa direzione.
La procedura attivata due giorni fa dal Ministero, quindi, cerca eventualmente di colmare una lacuna verificatasi nel febbraio 2004.
In linea generale, prima di prendere in considerazione l'eventualità di apportare modifiche alla normativa in vigore e prima di illustrare le principali ragioni che hanno indotto il tribunale di Torino ad assumere la decisione di concedere il beneficio penitenziario al Piancone, è utile ricordare che l'istituto della semilibertà è disciplinato dalla legge n. 354 del 1975 e successive modifiche e può essere considerato come una misura alternativa impropria, in quanto, rimanendo il soggetto in stato di detenzione, il suo reinserimento nella libera collettività è ovviamente parziale.
La semilibertà è, invero, regolata dall'articolo 48 dell'ordinamento penitenziario e consiste nella concessione al condannato e all'internato di trascorrere parte del giorno fuori dall'istituto di pena per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale, in base ad un programma di trattamento la cui responsabilità è affidata al direttore dell'istituto di pena.
Per la concessione del beneficio stabilito dall'articolo 48 dell'ordinamento penitenziario sono previsti determinati requisiti. Per i delitti più gravi - come quello che, nel caso specifico, ha attirato l'attenzione e sul quale sto attualmente riferendo - ossia quelli puniti con la pena dell'ergastolo, il beneficio può essere concesso dopo l'espiazione di almeno venti anni di pena.
Nel caso specifico, Cristoforo Piancone è stato ammesso al beneficio della semilibertà dopo venticinque anni di detenzione effettiva in carcere.
Per la concessione del beneficio sono previsti determinati requisiti soggettivi: aver dimostrato la propria volontà di reinserimento nella vita sociale e aver compiuto dei progressi nel corso del trattamento.
Sono, altresì, previsti limiti precisi alla concessione di tale beneficio per quanto riguarda i detenuti e gli internati per i delitti di cui all'articolo 416-bis (associazione mafiosa) e 630 (sequestro di persona) del codice penale, nonché quelli di cui all'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (traffico internazionale di sostanze stupefacenti). I detenuti per questi particolari reati possono ottenere la semilibertà solo se collaborano con la giustizia, requisito non richiesto negli altri casi.
I detenuti e gli internati per i delitti di omicidio o di partecipazione a banda armata, per fatti commessi con finalità di terrorismo, possono essere ammessi alla semilibertà solo se non vi sono elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva.
Il decreto-legge n. 306 del 1992 aveva, altresì, introdotto altri limiti e divieti relativi alla concessione delle misure alternative, con l'aggiunta di nuovi commi all'articolo 4-bis e all'articolo 58-quater dell'ordinamento penitenziario, per i casi di commissione di un delitto doloso di una certa entità perpetrato durante un'evasione, un permesso premio, il lavoro all'esterno o durante una misura alternativa.
La platea dei soggetti nei confronti dei quali si prevedono delle limitazioni è individuata, quindi, da queste fattispecie con le modifiche intervenute nel tempo.
Il beneficio può essere concesso con ordinanza adottata dall'organo collegiale del tribunale di sorveglianza, e la semilibertà ha inizio con l'approvazione da parte del magistrato di sorveglianza del piano di trattamento provvisorio che il direttore dell'istituto di pena deve predisporrePag. 3entro 5 giorni dall'arrivo dell'ordinanza. Nel programma di reinserimento vengono indicate le prescrizioni che il soggetto dovrà sottoscrivere e rispettare in ordine alle attività cui dovrà dedicarsi fuori dal carcere.
Ai soggetti destinatari di questo beneficio - quello della semilibertà prevista dall'articolo 48 dell'ordinamento penitenziario - sono altresì concessi, essendo detenuti a tutti gli effetti, gli altri benefici previsti dalla normativa penitenziaria, ossia la liberazione anticipata in considerazione del comportamento tenuto, i benefici dei permessi premio per una durata non superiore, così come prescrive l'ordinamento penitenziario, a quarantacinque giorni l'anno.
L'ufficio di esecuzione penale esterna nel corso dell'applicazione della misura deve svolgere nei confronti dei soggetti in semilibertà una serie di interventi: vigilanza e assistenza del soggetto nell'ambiente libero, collaborazione con la direzione dell'istituto di pena che rimane titolare della responsabilità del trattamento, con obbligo di riferire periodicamente al direttore dell'istituto di pena sull'andamento della semilibertà e sulla situazione di vita del soggetto, nonché di fornire al direttore dell'istituto di pena ogni informazione rilevante ai fini di un'eventuale modifica del programma di trattamento.
Passando allo specifico caso del detenuto Cristoforo Piancone, si può comunicare che sono già pervenuti dal tribunale di Torino, e sono attualmente all'esame delle articolazioni ministeriali competenti, gli atti riguardanti la concessione della semilibertà.
È stata, in particolare, acquisita l'ordinanza dell'11 febbraio 2004, con la quale veniva disposta la concessione del beneficio, e la relativa istanza avanzata dallo stesso Piancone il 2 agosto del 2003, nonché le relazioni di sintesi sul conto del detenuto e aggiornamenti ad opera del gruppo di osservazione.
Questi atti verranno ovviamente anche esaminati nel corso del giudizio, che viene svolto ora per allora, al fine di verificarne eventuali sconfinamenti nel campo dell'abnormità.
Sulla base di un primo esame, comunque, si può evidenziare che il tribunale - nel provvedimento adottato l'11 febbraio 2004 - ha dato atto che detto beneficio non può concedersi sulla base di una generale presunzione di meritevolezza, ma solo nei casi in cui, alla luce di una penetrante ed approfondita istruttoria, si sia ragionevolmente accertato che il soggetto non è socialmente pericoloso o, comunque, è portatore di una pericolosità sociale adeguatamente contenibile attraverso le penetranti restrizioni inerenti il regime di semilibertà.
Nello stesso provvedimento, il tribunale ha altresì dato atto che il Piancone stava scontando la pena dell'ergastolo e che il suo certificato penale descriveva un passato di spessore criminale eccezionale: egli risultava infatti condannato, fra l'altro, a titolo di concorso, per sei omicidi consumati e per due tentati omicidi; risultavano, inoltre, sette condanne per detenzione di armi, banda armata e per rapina, cui si aggiungevano due condanne per sequestro di persona.
Il tribunale ha poi rilevato che, sul piano formale, avendo il Piancone espiato venticinque anni effettivi di pena, la domanda di semilibertà era ammissibile, e che costui, al momento dei fatti, era portatore di una pericolosità sociale elevatissima non solo nella forma dell'elaborazione dei fatti criminosi, ma anche in quella della loro materiale attuazione. Detti fatti, però, con una sola eccezione, erano accaduti non meno di venticinque anni prima e, al momento della concessione della semilibertà, il Piancone era stato ininterrottamente detenuto per tale durata di tempo, ossia cinque lustri. Nel dare atto che tutti i delitti commessi dal Piancone, con un'unica eccezione, erano maturati nel contesto della lotta armata, il tribunale osservava che tale circostanza, pur non diminuendone in alcun modo la gravità, ne contestualizzava la realizzazione, il movente e il significato criminologico.Pag. 4
Il collegio di Torino analizzava, quindi, il percorso del Piancone nei venticinque anni di detenzione. Tale analisi, per il tribunale, risultava rilevante sotto un duplice ordine di aspetti. Il primo specifico aspetto concerneva l'eventuale permanenza di collegamenti con la criminalità eversiva, proprio ai fini dell'applicazione delle limitazioni previste dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario. Il secondo, più generico, aspetto concerneva la valutazione della residua pericolosità sociale.
In questo senso, il tribunale osservava che, dalle informazioni acquisite con laboriosa ed accurata istruttoria, emergeva alternativamente solo uno dei due aspetti seguenti: alcune informazioni valorizzavano le condanne sopra citate per desumerne la generica affermazione della pericolosità del condannato; altre informazioni, posta la medesima premessa, negavano la conoscenza di elementi attuali che, saldandosi ai precedenti, facessero desumere l'attualità di collegamenti con la criminalità eversiva e l'attuale pericolosità del detenuto. In nessuno dei due corpi di relazioni venivano evidenziati collegamenti connotati da attualità, così come prevede la normativa ai fini della non concessione del beneficio.
Il tribunale, inoltre, motivava con ulteriore argomentazione, fondata sulla considerazione che il condannato avesse già usufruito di benefici penitenziari (i condannati all'ergastolo, dopo dieci anni di condanna espiata in carcere, sono ammessi al beneficio dei permessi premio), che presupponevano l'esclusione di tali collegamenti, cioè i collegamenti rivestiti di attualità con gruppi criminali eversivi o, comunque, con gruppi criminali organizzati.
Il tribunale specificava che non poteva assumersi valore di congrua motivazione il riferimento esclusivo alla capacità criminale manifestata nell'ambito del percorso criminale per il quale erano intervenute le condanne, se non incorrendosi in una violazione del principio costituzionale in tema di trattamento penitenziario.
Invero, i collegamenti di cui all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario devono essere rivestiti da attualità e non può fondarsi, invece, una prognosi negativa sull'esclusivo riferimento al percorso criminale ormai datato nel tempo (come ha, del resto, statuito la nostra Corte costituzionale).
Pertanto, in detto provvedimento si osservava che, nonostante il passato criminale, il condannato aveva usufruito di permessi premio e lavoro all'esterno - l'ultimo risaliva al 1997 -, sicché, essendo già intercorsa una serie di processi valutativi e non essendo intervenuti elementi nuovi, non poteva negarsi l'accoglimento del beneficio richiesto in presenza dei presupposti imposti dalla legge.
Il collegio, peraltro, esaminava con molta attenzione un episodio distonico rispetto alla condotta oggetto di valutazione nel corso dei venticinque anni pregressi, ossia la commissione di una rapina avvenuta nel 1998 che, se valutata nella sua realtà comportamentale, avrebbe potuto portare all'evidenziazione di indici qualificanti ai fini del giudizio sull'attualità di collegamenti con soggetti criminali o di indici rivelatori di un percorso rieducativo non completato.
Senonché, il tribunale di Torino, proprio dall'esame della sentenza di condanna per tale ultimo episodio criminoso - la rapina del 1998 - riteneva di poter addivenire a una diversa soluzione.
È stato, infatti, messo in luce nel provvedimento che si trattava di una rapina impropria, consistita in uno spintonamento all'interno di un supermercato dopo l'impossessamento di valori, nella specie un capo di biancheria ed un piccolo attrezzo per l'igiene personale.
L'oggetto del furto, poi qualificato rapina impropria a seguito dello spintonamento, aveva un valore risibile (circa 27 mila lire), ed il Piancone non risultava armato.
Da tali elementi, uniti alla considerazione del tempo trascorso dalla rapina, datata 1998, senza ulteriori episodi di segno negativo, il tribunale traeva la conseguenza che tale episodio delittuoso non potesse costituire indice del ritorno delPag. 5condannato nell'area dell'eversione, proprio per la specificità dell'atto compiuto.
Sicché, tenendo conto dell'ulteriore periodo di carcerazione sofferto, dal 1998 al 2006, il tribunale metteva in evidenza il giudizio ottimo dato dagli esperti del trattamento che, univocamente, sino all'epoca della concessione, si erano pronunziati per la meritevolezza della semilibertà. Peraltro, il tribunale valorizzava un ulteriore elemento, ossia che non sussistesse il pericolo di fuga ed il fatto che il detenuto non si era mai sottratto al regime di detenzione durante la fruizione dei benefici di cui aveva goduto in precedenza, ossia i permessi premio.
Queste sono le ragioni poste a fondamento del provvedimento del tribunale di Torino che, peraltro, cogliendo esattamente il senso del beneficio della semilibertà, ossia l'espressione di una valutazione prognostica, contemplante - proprio in quanto prognosi - una percentuale di rischio, riteneva che il provvedimento adottando non superasse la quota ragionevole, fisiologica e propria di un istituto che è stato previsto dall'ordinamento anche per la messa alla prova del detenuto. L'interpretazione di tale passaggio è corretta secondo i canoni giurisprudenziali, ossia il giudizio prognostico, proprio perché finalizzato a una possibile messa alla prova, contiene nella sua portata interpretativa proprio il dato del possibile rischio, il cui livello però deve essere rapportato all'entità del beneficio. Il livello del rischio era ritenuto dal tribunale insito nella norma e nel beneficio; era considerato dal tribunale fisiologico, cioè attinente al tipo del provvedimento.
Per completezza di informazione sul caso specifico deve dirsi che il prossimo 16 ottobre il tribunale di Torino ha fissato l'udienza per la revoca del beneficio della semilibertà al detenuto Cristoforo Piancone.
Infine, per quanto attiene alla discussione che inevitabilmente è scaturita da questo episodio, deve riferirsi che l'istituto, che è stato applicato in Italia, attraverso le modifiche intervenute nel 1986, la cosiddetta legge Gozzini, ha prodotto dei risultati statisticamente molto importanti e significativi, se si considera che il picco di revoca del beneficio per comportamenti recidivanti, da parte dei fruitori del beneficio stesso, ha registrato, nel 2003, una percentuale di revoche dello 0,58 per cento.
TEODORO BUONTEMPO. È ovvio! Se uno come Piancone viene lasciato libero, è ovvio che la Gozzini ha una percentuale bassa!
PRESIDENTE. Onorevoli, cerchiamo di non interloquire con il Governo. In seguito avrete tempo per intervenire.
LUCA VOLONTÈ. Non interrompa, non interrompa!
TEODORO BUONTEMPO. È un'aula del Parlamento, mica siamo in carcere!
PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, lei avrà la facoltà di intervenire. È iscritto a parlare, quindi potrà parlare; onorevole, nessuno la vuole chiudere in carcere.
TEODORO BUONTEMPO. Questo è il Parlamento, mettetevelo in testa!
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Negli anni successivi la percentuale di revoca del beneficio è andata gradualmente calando, attestandosi, nel 2006, alla percentuale dello 0,16 per cento.
Devo richiamare qualcosa che ho già detto, perché mi rendo conto della serietà delle osservazioni.
OLGA D'ANTONA. Sottosegretario, la pregherei di ripetere quest'ultima frase perché c'è un po' di confusione.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Sì, voglio dire che nel 2003 si è tenuto il picco delle revoche: lo 0,58 per cento, mentre negli anni a seguire questa percentuale è scemata e nel 2006 si è attestata allo 0,16 per cento.Pag. 6
Il beneficio si applica ai detenuti per qualunque reato, perché così prevede la legge, ritenendosi contraria al principio costituzionale l'esclusione del beneficio per talune categorie di reato, con l'unica eccezione imposta dall'articolo 416-bis (sequestro di persone e traffico internazionale di stupefacenti).
Per la nostra Costituzione la pena ha due contenuti: uno afflittivo - non bisogna dimenticarsene - nel senso che è prevista una sanzione per un comportamento tenuto, e l'altro, come la nostra Costituzione precisa, attiene al fatto che la pena deve tendere alla rieducazione. Pertanto, una pena considerata esclusivamente per il primo dei due aspetti, ossia per l'afflittività, sarebbe una pena contraria al principio costituzionale. Proprio in questo spirito deve rilevarsi che nel 2003 - anno in cui si raggiunse il massimo picco di revoca del beneficio - il Parlamento, cogliendo lo spirito presente in questa legge adottava un ulteriore provvedimento, con una convergenza penso totalizzante, approvando la legge n. 207 del 1o agosto 2003, con cui si concedeva la sospensione di due anni di pena (il cosiddetto indultino) per qualunque reato, anche se nella legge era stabilita l'esclusione per i reati previsti dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario.
Successivamente è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale del 7 luglio 2005 (sentenza n. 278/2005) che ha dichiarato l'incostituzionalità dell'applicazione del beneficio introdotto nel 2003 dal Parlamento con l'indultino nella parte in cui escludeva l'applicabilità del beneficio a determinate categorie di soggetti. All'epoca noi vi furono dibattiti sul problema dei benefici concessi ai detenuti.
Oggi stiamo parlando di un provvedimento adottato nel 2004. Ricordo che, quando esso fu adottato e i giornali ne riferirono, non vi furono particolari reazioni. Oggi siamo chiamati, comunque, a valutare ciò che nel 2004 venne compiuto. Lo faremo con estrema attenzione e, qualora dovessimo ravvisare elementi di abnormità nel provvedimento o anche elementi diversi da parte ministeriale rispetto a quel provvedimento adottato nel febbraio del 2004, noi li saneremo oggi.